82
English Italiano Português L’Ambasciata d’Italia a Brasilia Poetiche dell’architettura italiana in Brasile

L'Ambasciata d'Italia a Brasilia Poetiche dell'architettura

Embed Size (px)

Citation preview

English Italiano Português

L’Ambasciata d’Italia a Brasilia

Poetiche dell’architettura italiana in Brasile

L’Am

basciata

d’Italia a B

rasiliaPoetiche dell’architettura italiana in B

rasileEnglish Italiano Português

L’Ambasciata d’Italia a Brasilia Poetiche dell’architettura italiana in Brasile

A Embaixada da Itália em Brasília Poéticas da arquitetura italiana no Brasil

The Italian Embassy in Brasília Poetics of Italian architecture in Brazil

L’Ambasciata d’Italia a Brasilia

The Italian Embassy in Brasília

A Embaixada da Itália em Brasília

Poetiche dell’architettura italiana in Brasile

Poéticas da arquitetura italiana no Brasil

Poetics of Italian architecture in Brazil

ContentsSumárioIndice

Introduction Francesco Azzarello

The Italian Embassy in Brasília

The story

The building

Candido Portinari and the Italian Embassy João Candido Portinari

Design: the project for the halls of Residence Instituto Campana

2011–2021. A decade of green records

Ancestral house Sylvia Ficher Andrey Rosenthal Schlee Danilo Matoso Macedo

Structure and nature in the works of Pier Luigi Nervi: a symphony Irene Nervi Clara Nervi

The palace in the trees Joana França

Credits

Introdução Francesco Azzarello

A Embaixada da Itália em Brasília

A história

O edifício

Candido Portinari e a Embaixada da Itália João Candido Portinari

Design: o projeto para os salões da Residência Instituto Campana

2011–2021. Uma década de recordes verdes

Casa ancestral Sylvia Ficher Andrey Rosenthal Schlee Danilo Matoso Macedo

Estrutura e natureza nas obras de Pier Luigi Nervi: uma sinfonia Irene Nervi Clara Nervi

O palácio nas árvores Joana França

Créditos

Introduzione Francesco Azzarello

L’Ambasciata d’Italia a Brasilia

La storia

L’edificio

Candido Portinari e l’Ambasciata d’Italia João Candido Portinari

Design: il progetto per i saloni della Residenza Instituto Campana

2011–2021. Un decennio di primati verdi

Casa ancestrale Sylvia Ficher Andrey Rosenthal Schlee Danilo Matoso Macedo

Struttura e natura nelle opere di Pier Luigi Nervi: una sinfonia Irene Nervi Clara Nervi

Il palazzo sugli alberi Joana França

Credits

6

13

14

19

27

33

36

41

85

111

158

6 7

Questa pubblicazione nasce per celebrare e divulgare presso il più ampio pubblico brasiliano ed italiano una delle principali opere realizzate all’estero dall’ingegnere Pier Luigi Nervi – l’Ambasciata d’Italia a Brasilia – fornendo un inquadramento per molti versi inedito di un edificio di straordinario pregio architettonico ed artistico, sede dal 1977 della nostra Missione Diplomatica.

Pier Luigi Nervi, l’ingegnere italiano più celebrato al mondo negli anni successivi al Secondo Dopoguerra, nel corso della sua lunga ed intensa carriera ha collaborato con archi-tetti di fama internazionale, quali Le Corbusier e Louis Kahn, e progettato celebri e numerose opere realizzate in Italia e nel mondo, tra cui il Palazzetto dello Sport e lo Stadio Flaminio di Roma, la Sala delle udienze pontificie in Vaticano (Sala Nervi), lo Stadio Giovanni Berta (oggi Artemio Franchi) a Firenze, il grattacielo Pirelli di Milano, il Palazzo dell’Unesco a Parigi, l’Australian Square di Sydney, la Torre della Borsa di Montreal e la Cattedrale di St Mary a San Francisco.

Ma non tutti sanno del suo particolare rapporto con il Brasile, grazie all’amicizia con due protagonisti del mondo culturale ed architettonico della San Paolo dell’epoca, Lina Bo ed il marito Pietro Maria Bardi, che lo portò più volte nella capitale paulista, ed al rapporto professionale con Oscar Niemeyer e con l’urbanista Lúcio Costa, con il quale lavorò all’epoca del progetto per il Palazzo

Unesco. In questo contesto l’Ambasciata è una delle ultime opere che testimoniano l’attività internazionale dello Studio Nervi.

L’Ambasciata d’Italia a Brasilia è considerata uno dei monumenti più belli della capitale federale, meta di turisti ed appassionati di architettura, testimonianza dell’eccellenza italiana, della sua creatività e bellezza. Ma è anche un museo a cielo aperto, per le sue caratteristiche architettoniche, artistiche e paesaggistiche che chiunque abbia avuto la fortuna di visitarla ha potuto ammirare. Essa sorge su un terreno di particolare pregio per via della vista sulla conca del Lago Paranoá. Gode di un’area di 25.000 metri quadri, occupati da un giardino progettato, all’epoca, dall’architetto di esterni Ney Dutra Ururahy, ove piante e fiori furono scelti sulla base delle loro combinazioni di colori.

È testimonianza viva del percorso creativo di Nervi e della tipicità dei suoi lavori, caratterizzati dall’energia strutturale del cemento armato, dai tavelloni in ferrocemento e dell’espressività della faccia a vista, nonché dalla volontà di sfuggire a tentativi di standar-dizzazione e ripetizione, come nel caso del tetrapode, pilastro ottagonale sulle cui braccia poggia la pianta degli Uffici e della Residenza.

Ospita un’importante collezione, italiana e brasiliana, di arte e disegno industriale contemporanei, la cui valorizzazione nei Saloni della Residenza è stata recentemente curata dai designer italo-brasiliani Humberto e Fernando Campana.

È oggi “Ambasciata Verde” e prima missione diplomatica al mondo ad aver ricevuto la certificazione “Lixo Zero” (Zero Rifiuti) dell’I-stituto Lixo Zero Brasil, per il suo impegno nella conversione e sostenibilità energetica e nell’attuazione di una strategia di gestione dei rifiuti che si propone di riprogettarne il ciclo vitale, considerandoli non come scarti, bensì risorse da riutilizzare.

Tutti aspetti che il lettore potrà approfondire nelle pagine di questo libro, corredato da un servizio fotografico realizzato per l’occasione.

L’Ambasciata d’Italia è già protagonista di un’opera monografica, “Pier Luigi Nervi. L’Ambasciata d’Italia a Brasilia”, di Tullia Iori e Sergio Poretti, pubblicata da Electa Mondadori nel 2008 e riedita nel 2018. L’opera – di cui consigliamo la lettura a chi interessato agli aspetti storico-architettonici del progetto, alla biografia ed all’itinerario professionale di Nervi – ricostruisce le vicende dell’edificio, dalle primissime fasi (la donazione del lotto al Governo italiano e la scelta di Pier Luigi Nervi per l’affidamento dell’importante incarico), sino all’inaugurazione della Sede.

Questa pubblicazione vuole arricchire ed integrare la ricostruzione storica e la memoria dell’Ambasciata d’Italia a Brasilia, con uno sguardo rivolto soprattutto al contemporaneo. A differenziarla dalla precedente vi sono l’enfasi sugli interventi di design ed arte contemporanea ospitati negli ambienti interni, e le pagine che ripercorrono le sperimenta-zioni, il ruolo pioneristico e le realizzazioni della Sede diplomatica nel corso di un

Introduzione

decennio di “primati verdi” e di impegno ambientale (2011-2021), dall’esecuzione dell’innovativo progetto “Ambasciata Verde” sino all’ottenimento della certificazione “Lixo Zero”.

Il libro, inoltre, contiene tre del tutto inediti contributi, preziosi e di grandissimo spessore. Agli autori la nostra più viva gratitudine.

Il primo è opera degli architetti, storici e docenti di architettura Sylvia Ficher, Andrey Rosenthal Schlee e Danilo Matoso Macedo. Essi ci regalano una ricca ricerca che, sotto forma di passeggiata architettonica, a partire dall’Ambasciata di Nervi ripercorre la presenza e l’influenza di architetti e ingegneri italiani in Brasile dal XVI secolo in poi, con particolare attenzione alle figure dei coniugi Bo Bardi e della loro relazione con Nervi, sino a ricongiungere, con un approccio affascinante, la tradizione architettonica italiana dei grandi palazzi nobiliari rinascimentali e barocchi con la rilettura delle forme proposte dal moder-nismo nerviano nella savana dell’altipiano centrale del Brasile.

Il secondo testo è una testimonianza inedita di Clara ed Irene Nervi, nipoti di Pier Luigi e figlie di Antonio, anch’egli protagonista, insieme al padre, del progetto e della costruzione dell’Ambasciata. Oggetto della loro riflessione è l’interessantissima relazione che intercorre tra la natura – intesa come osservazione delle leggi fisiche sottese alle meravigliose forme del creato – ed i principi strutturali incorporati da Nervi nelle proprie creazioni. Lo sguardo sull’autore del progetto

della Sede diplomatica di Brasilia, dunque, si allarga alla sua “poetica” costruttiva, oltre il luogo e l’edificio specifici, sino a compren-derne motivi ideativi, filosofici e, potremmo dire, metarchitettonici.

Il terzo contributo – “Candido Portinari e l’Ambasciata d’Italia” – è di João Candido Portinari, figlio del pittore, di origini venete, considerato uno dei più grandi artisti brasiliani ed internazionali del XX secolo. Val la pena ricordare che l’enorme, famoso e significativo dipinto “Guerra e Pace”, pilastro emotivo e culturale del pittore, è esposto nell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York. All’amico João l’inestimabile merito di aver dedicato, dirigendo dal 1979 il Progetto Portinari, tanta parte della sua vita al riordino del lavoro del padre ed alla valorizzazione della straordinaria figura umana e poetica di Candido, insita nelle sue mirabili opere, di cui dal 1934 l’Ambasciata ha l’onore di possederne ben quattro, tutte splendide e per certi versi inedite. Ma João ci racconta molto di più sui rapporti di Candido con la Sede diplomatica!

In conclusione, la costruzione dell’Ambasciata richiese sforzi notevoli ed incontrò varie difficoltà. Non fu un cantiere facile quello voluto da Nervi, sia per la distanza dall’Italia sia per la molteplicità dei materiali scelti, caratterizzanti l’opera. Mentre i marmi ed i pregiati legnami utilizzati sono brasiliani, molti altri elementi di arredo furono fatti venire dall’Italia. Solo la presenza assidua sul posto di ingegneri dello Studio e di tecnici

della Nervi & Bartoli risolse le principali difficoltà. Il risultato fu notevolissimo, espressione eloquente delle tendenze della tecnica dell’architettura e dell’ingegneria moderna, che hanno visto l’Italia eccellere a livello internazionale.

La nostra Ambasciata, magnificata dalla critica anche per la sua armonica collocazione nel contesto architettonico e stilistico di Brasilia, città pensata e creata con una visione futuristica e di felice integrazione socio-am-bientale, è una testimonianza “vivente” degli straordinari ed articolati legami fra l’Italia ed il Brasile.

Buona lettura!

Francesco Azzarello Ambasciatore d’Italia a Brasilia

8 9

Esta publicação nasce com o intuito de divulgar, entre o amplo público brasileiro e o italiano, uma das principais obras realizadas no exterior pelo engenheiro Pier Luigi Nervi – a Embaixada da Itália em Brasília –, proporcionando um enquadramento em muitos aspectos inéditos de um edifício de extraordinário valor artístico e arquitetônico: o prédio da Embaixada da Itália em Brasília, sede da nossa Missão Diplomática desde 1977.

Pier Luigi Nervi, o engenheiro italiano mais celebrado do mundo nos anos que se seguiram à Segunda Guerra Mundial, durante sua longa e intensa carreira, colaborou com arquitetos de renome internacional, como Le Corbusier e Louis Kahn e, entre muitas outras importantes obras realizadas na Itália e no mundo, projetou o ginásio Palazzetto dello Sport e o Estádio Flaminio em Roma, a Sala das audiências pontifícias do Vaticano (Sala Nervi), o Estádio Giovanni Berta (hoje Artemio Franchi) em Florença, o arranha-céu Pirelli em Milão, a sede da UNESCO em Paris, a Australian Square em Sydney, a Torre da Bolsa de Valores de Montreal e a Catedral de St. Mary em São Francisco.

Mas nem todos conhecem sua relação especial com o Brasil, criada graças à sua amizade com dois protagonistas do mundo cultural e arquitetônico de São Paulo da época: Lina Bo e seu marido Pietro Maria Bardi, que o levou várias vezes à capital paulista, e sua relação profissional com Oscar Niemeyer e com o urbanista Lúcio Costa, com quem trabalhou nos anos do projeto para o Palácio da UNESCO

em Paris. Neste contexto, a Embaixada é uma das últimas obras que atestam a atividade internacional do Studio Nervi.

A Embaixada da Itália em Brasília é considerada um dos mais belos monumentos da capital federal, um destino para turistas e entusiastas da arquitetura, testemunho da excelência italiana, de sua criatividade e beleza. Mas é também um museu a céu aberto, por suas características arquitetônicas, artísticas e paisagísticas que qualquer pessoa que tem a sorte de visitá-la pode admirar. Foi construída em um terreno de valor paisagístico especial, devido à vista para a bacia do Lago Paranoá. Goza de uma área de 25.000 metros quadrados, ocupada por um jardim cujo projeto original é do paisagista Ney Dutra Ururahy, onde plantas e flores foram escolhidas com base em suas combinações de cores.

É um testemunho vivo da trajetória criativa de Nervi e da tipicidade de suas obras, caracte-rizadas pela energia estrutural do concreto armado, pelos brises em ferrocimento e a expressividade da “face à vista”, bem como pelo desejo de escapar das tentativas de padronização e repetição, como mostra o caso do tetrápode, isto é, o pilar octogonal sobre cujos braços repousa o plano dos Escritórios e da Residência.

A Embaixada abriga um importante acervo de arte contemporânea e desenho industrial italianos e brasileiros, cujo aprimoramento no espaço dos Salões de Recepção da Residência

foi recentemente curadoria dos designers ítalo-brasileiros Humberto e Fernando Campana.

Hoje é “Embaixada Verde” e a primeira missão diplomática no mundo a receber a certificação “Lixo Zero” do Instituto Lixo Zero Brasil, pelo seu compromisso com a conversão e sustentabilidade energética e a adoção de uma estratégia de gestão de resíduos que visa redesenhar seu ciclo de vida, considerando-os não como lixo, mas como recursos a serem reutilizados.

Esses são os aspectos que o leitor poderá explorar nas páginas do livro, enriquecido por um ensaio fotográfico realizado para a ocasião.

A Embaixada da Itália já foi objeto de um trabalho monográfico, “Pier Luigi Nervi. L’Ambasciata d’Italia a Brasilia”, de Tullia Iori e Sergio Poretti, publicado por Electa Mondadori em 2008 e reeditado em 2018. O livro – que recomendamos aos interessados nos aspectos históricos e arquitetônicos do projeto e na biografia e carreira profissional do Nervi – reconstrói a história do edifício, desde as primeiras etapas (a doação do lote ao Governo italiano e a escolha do Pier Luigi Nervi para realizar esta importante missão) até a inauguração do edifício.

Esta publicação, portanto, visa enriquecer e integrar a reconstrução histórica e a memória da Embaixada da Itália em Brasília, com um olhar direcionado, sobretudo, ao contemporâneo. O que a diferencia da publicação anterior é a ênfase nas intervenções

Introdução

de design e arte contemporânea, alojadas nos espaços internos, e as páginas que relatam as experiências, o papel pioneiro e as conquistas conseguidas pela Sede diplomática ao longo de uma década de “recordes verdes” e compro-misso ambiental (2011-2021), desde a execução do inovador projeto “Embaixada Verde” até a obtenção da certificação “Lixo Zero”.

Além disso, o livro contém três contribuições completamente inéditas, preciosas e de grande profundidade. Aos autores nosso mais profundo agradecimento.

A primeira é obra dos arquitetos, historiadores e professores de arquitetura Sylvia Ficher, Andrey Rosenthal Schlee e Danilo Matoso Macedo. Por meio de um passeio arquitetô-nico, eles oferecem-nos um rico estudo que, a partir da Embaixada de Nervi, traça a presença e influência dos arquitetos e engenheiros italianos no Brasil desde o século XVI – com particular atenção às figuras do casal Bo Bardi e sua relação com Nervi – até reunir, de forma fascinante, a tradição arquitetônica italiana dos grandes palácios nobres renascentistas e barrocos com a reinterpretação das formas propostas pelo modernismo de Nervi no cerrado do planalto central brasileiro.

O segundo texto é um testemunho inédito de Clara e Irene Nervi, netas de Pier Luigi e filhas de Antonio, também protagonista, junto com seu pai, do projeto e da construção da Embaixada. O objeto da reflexão das autoras é a interessantíssima relação entre a natureza – entendida como observação das leis físicas subjacentes às maravilhosas formas da criação –

e os princípios estruturais incorporados por Nervi em suas construções. Dessa forma, o olhar sobre o autor do projeto da Sede diplomática de Brasília estende-se até sua “poética” de construção para além do lugar e edifício específicos, a ponto de levar-nos a entender seus motivos ideológicos, filosóficos e, poderíamos dizer, metarquitetônicos.

A terceira contribuição – “Candido Portinari e a Embaixada da Itália” – é de João Candido Portinari, filho do pintor, de origem vêneta, considerado um dos maiores artistas brasileiros e internacionais do século XX. Vale lembrar que a enorme, famosa e significativa obra “Guerra e Paz”, pilar emocional e cultural do pintor, está exposta na Assembleia Geral das Nações Unidas, em Nova Iorque. Ao amigo João, o mérito inestimável de ter dedicado, ao dirigir o Projeto Portinari desde 1979, tanto de sua vida à reorganização do trabalho de seu pai e à valorização da extraordinária figura humana e poética de Candido, inerente às suas admiráveis obras. Desde 1934, a Embaixada tem a honra de possuir quatro delas, todas esplêndidas e, em alguns aspectos, inéditas. Mas João, em seu testemunho, conta muito mais sobre as relações de Candido com a Sede diplomática!

Em conclusão, a construção da Embaixada exigiu esforços consideráveis e encontrou várias dificuldades. A obra do projeto de Nervi não foi fácil, tanto por causa da distância da Itália como pela multiplicidade de materiais escolhidos que caracterizaram a construção. Enquanto as valiosas madeiras e os mármores

utilizados são brasileiros, muitos outros elementos para a decoração foram trazidos da Itália. Apenas a presença constante no local de engenheiros do Estúdio e técnicos da Nervi & Bartoli resolveu as principais dificuldades. O resultado foi notável, uma expressão eloquente das tendências da técnica da arquitetura e engenharia modernas, nas quais a Itália tem se destacado em nível internacional.

Nossa Embaixada, enaltecida pelos críticos também por sua colocação harmoniosa no contexto arquitetônico e estilístico de Brasília, uma cidade concebida e criada com uma visão futurista e uma feliz integração socioambiental, é um testemunho “vivo” dos extraordinários e articulados laços entre a Itália e o Brasil.

Boa leitura!

Francesco Azzarello Embaixador da Itália em Brasília

10 11

This publication aims to present to the Brazilian and Italian publics one of the major works carried out abroad by the engineer Pier Luigi Nervi – the Italian Embassy in Brasília. It addresses previously unrevealed aspects of a building of extraordinary artistic and architectural value, which has served as the headquarters of our Diplomatic Mission in Brasília since 1977.

Pier Luigi Nervi, the most celebrated Italian engineer of the period following the Second World War, collaborated throughout his long and intense career with internationally renowned architects such as Le Corbusier and Louis Kahn. He designed the Palazzetto dello Sport gymnasium and Flaminio Stadium in Rome, the Vatican’s Pontifical Audience Hall (Nervi Hall), Giovanni Berta Stadium in Florence (now Artemio Franchi), the Pirelli skyscraper in Milan, the UNESCO headquarters in Paris, the Australian Square in Sydney, the Montreal Stock Exchange Tower and St. Mary’s Cathedral in San Francisco, together with many other projects carried out in Italy and throughout the world.

His special relationship with Brazil, however, is not so widely known. It was established thanks to his friendship with two protagonists of the cultural and architectural world of São Paulo at the time, Lina Bo and her husband Pietro Maria Bardi, who took him to the city of São Paulo on several ocasions. His professional relationships with Oscar Niemeyer and the urban planner Lúcio Costa, with whom he worked on the UNESCO Palace in Paris,

contributed to his bond with Brazil. The Embassy is one of the final and most signifi-cant showcases of the international activity of Studio Nervi.

The Italian Embassy in Brasília is considered one of the most beautiful monuments of the federal capital, a destination for tourists and architecture enthusiasts, a testimony to Italian excellence, creativity and beauty. It is also an open-air museum, thanks to architectural, artistic and landscape features that anyone fortunate enough to visit can admire. It was built on an exceptional site with a view of the Paranoá Lake basin. The Embassy is situated on a plot of 25,000 square meters, occupied by a garden created by the landscape designer Ney Dutra Ururahy, with plants and flowers chosen based on their color combinations.

The Italian Embassy is living testimony to Nervi’s creative trajectory, characterized by the structural energy of reinforced concrete, by the ferrocement brises and the expressiveness of exposed walls; it shows a desire to escape from attempts at standardization and repeti-tion, visible in its tetrapod – octagonal pillar that supports the Offices and the Residence.

The Embassy houses an important collection of Italian and Brazilian contemporary art and industrial design, recently updated by the Italian-Brazilian designers Humberto and Fernando Campana.

Today it is a “Green Embassy” and the first diplomatic mission in the world to receive “Zero Waste” certification from the Zero Waste Brazil Institute, thanks to its commitment to energy conversion and sustainability and the adoption of a waste management strategy based on reuse.

These are aspects of the design that the reader will be able to explore in the pages of the book, enriched by a photo essay created for the occasion.

The Italian Embassy has already been the subject of a monographic work, “Pier Luigi Nervi. L’Ambasciata d’Italia a Brasilia”, by Tullia Iori and Sergio Poretti, published by Electa Mondadori in 2008 and reissued in 2018. The book – which we recommend to those interested in the historical and architectural aspects of the project and in Nervi’s biography and professional career – reconstructs the history of the building, from its early stages (the donation of the plot to the Italian government and the choice of Pier Luigi Nervi) to the inauguration of the building.

This publication aims to enrich and integrate the historical reconstruction and the memory of the Italian Embassy in Brasília with an emphasis on contemporary aspects of the building. What makes it different from the previous publications is the attention paid to design interventions and the contemporary art housed in the internal spaces. The story of the pioneering role and the achievements of the diplomatic Headquarters over a decade of “green accomplishments” and environmental

Introduction

commitment (2011-2021) is also told here, from the implementation of the innovative “Green Embassy” project to the achievement of “Zero Waste” certification.

In addition, the book contains three completely new, valuable contributions of great depth. To the authors, our deepest thanks.

The first is the work of the architects, historians and architecture professors Sylvia Ficher, Andrey Rosenthal Schlee and Danilo Matoso Macedo. By way of an architectural tour, they offer us a rich study that, starting from the Nervi Embassy, traces the presence and influence of Italian architects and engineers in Brazil from the sixteenth century onwards – with particular attention to the figures of the Bo Bardi couple and their relationship with Nervi. They bring together, in fascinating fashion, the Italian architectural tradition of the great Renaissance and Baroque noble palaces with the reinterpretation of the forms proposed by Nervi’s modernism in the savannah of the Brazilian central plateau.

The second text is the heretofore unpublished testimony of Clara and Irene Nervi, Pier Luigi’s granddaughters, daughters of his son Antonio, who was also a protagonist, together with their father, in the design and construction of the Embassy. The object of the authors’ reflection is the interesting relationship between nature – understood as an observation of the physical laws underlying the wonderful forms of creation – and the structural principles incorporated by Nervi in his buildings. In

this way, an examination of the author of the Brasília diplomatic headquarters project extends to his “poetics”, beyond the specific place and building, helping us to understand his ideological, philosophical and, we could say, metarchitectural motives.

The third contribution – “Candido Portinari and the Italian Embassy” – is by João Candido Portinari, son of the painter of Venetian origin, considered one of the greatest Brazilian and international artists of the 20th century. It is worth remembering that the enormous and celebrated work, “War and Peace”, the paint-er’s emotional and cultural pillar, is on display at the United Nations General Assembly, in New York. Our friend João can claim the inestimable merit of having dedicated much of his life to the reorganization of his father’s work. As the director of the Portinari project since 1979, he has contributed immensely to the appreciation of the extraordinary human and poetic figure of Candido, inherent in his admirable works. Since 1934, the Embassy has had the honor of owning four of them, all splendid and, understudied. But João, in his text, tells us much more about Candido’s relations with the diplomatic Headquarters!

In conclusion, the construction of the Embassy required considerable effort and encountered various difficulties. Building Nervi’s project was not easy, both because of the distance from Italy and the multiplicity of chosen materials that characterized the construction. While the valuable woods and marble used are Brazilian, many other decorative elements

were brought from Italy. The construction challenges were overcome thanks to the constant presence on site of Studio engineers and Nervi & Bartoli technicians. The result is remarkable, an eloquent expression of the trends in modern architecture and engineering techniques in which Italy has excelled at international level.

Our Embassy, praised by critics for its harmo-nious placement in the architectural and stylistic context of Brasília, a city conceived and created with a futuristic vision and an eye towards socio-environmental integration, is “living” testimony to the extraordinary and highly articulated ties between Italy and Brazil.

Enjoy the book!

Francesco Azzarello Ambassador of Italy in Brasília

12 13

L’Ambasciata d’Italia a Brasilia

The Italian Embassy in Brasília

A Embaixada da Itália em Brasília

14 15

Brasilia, Settore delle Ambasciate Sud: lotto donato al Governo italiano e destinato alla costruzione dell’Ambasciata d’Italia. Foto: Archivio dell’Ambasciata.

Brasília, Setor de Embaixadas Sul: o lote doado ao Governo italiano e destinado à edificação da Embaixada da Itália. Foto: Acervo da Embaixada.

Brasília, South Embassies Sector: the lot donated to the Italian Government and destined for the construction of the Italian Embassy. Photo: Embassy collection.

Pier Luigi Nervi all’interno del Palazzo dello Sport (1954-1960) situato nel piazzale che porta il suo nome, a Roma. Foto inedita appartenente alla collezione della famiglia Nervi; per gentile concessione di Irene e Clara Nervi.

Pier Luigi Nervi dentro do Palazzo dello Sport (1954-1960) localizado na praça que leva seu nome, em Roma. Foto não publicada pertencente à coleção da família Nervi; cortesia de Irene e Clara Nervi.

Pier Luigi Nervi inside Palazzo dello Sport (1954-1960) located in the square that bears his name in Rome. Unpublished photo from the Nervi family collection; courtesy of Irene and Clara Nervi.

Brasilia, 1958. Il Presidente della Repubblica Federativa del Brasile, Juscelino Kubitschek, sta realizzando quanto scritto nella Costituzione brasiliana circa la nuova capitale del paese: nell’altopiano centrale fervono i lavori per l’edificazione di Brasilia. Ai paesi con cui il Brasile intrattiene relazioni diplo-matiche sono donati lotti di terreno di uguale dimensione (25.000 m2), affinché possano essere costruite le nuove sedi delle rispettive ambasciate.

Nel novembre del 1959 il Ministro Consigliere dell’Ambasciata d’Italia a Rio de Janeiro, Carlo Enrico Figlioli, sceglie il lotto numero 30 del blocco 807, situato nel Settore delle Ambasciate Sud.

Su questo terreno con vista sul lago Paranoá, all’epoca poco più di un campo coperto da vegetazione nativa, è costruito un primo, simbolico fabbricato: una piccola casa per il custode.

Ma la storia dell’edificazione della nuova sede dell’Ambasciata d’Italia a Brasilia inizia soltanto alla fine del 1966, quando l’Itamaraty (il Ministero degli Affari Esteri del Brasile) si trasferisce da Rio de Janeiro a Brasilia.

Concepito e costruito in un clima di grandi aspettative, l’edificio dell’Ambasciata d’Italia è il risultato di circostanze peculiari che lo rendono unico per significato e valore storico.

Al momento della donazione dei lotti, infatti, il Governo brasiliano ha chiesto che le costru-zioni delle ambasciate fossero monumentali,

Brasília, 1958. The President of the Federative Republic of Brazil, Juscelino Kubitschek, is fulfilling the promise in the Brazilian Constitution regarding the country’s new capital: on the central plateau the works for the construction of Brasilia are in full swing. The countries with which Brazil has diplomatic relations are provided plots of land, all of the same size (25,000 m2), so that their new embassies can be built.

In November 1959, Carlo Enrico Figlioli, then Minister Counselor of the Italian Embassy in Rio de Janeiro, chooses lot 30 of the 807 block, located in the South Embassy Sector.

On this land near the Paranoá Lake – a field covered with native vegetation, at the time – the first symbolic construction was built: a small house for the caretaker.

But the real story of the construction of the new Italian Embassy in Brasília begins only at the end of 1966, when Itamaraty (the Ministry of Foreign Affairs of Brazil) moved from Rio de Janeiro to the new capital city of the country.

Designed and built in a climate of great expectations, the construction of the Italian Embassy is the result of peculiar circum-stances that make it unique for its significance and historical value.

When it donated the plots, the Brazilian Government hoped that the Embassy buildings would be monumental, in sync with the architectural and stylistic context of Brasília and that they would show the work of the best architects from each country. The

Brasília, 1958. O Presidente da República Federativa do Brasil, Juscelino Kubitschek, está cumprindo o que está escrito na Constituição brasileira a respeito da nova capital do país: no planalto central as obras para a construção de Brasília estão a todo vapor. Aos países com os quais o Brasil mantém relações diplomáticas são doados lotes de terras, todos do mesmo tamanho (25.000 m2), para que sejam construídas as novas sedes de suas respectivas embaixadas.

Em novembro de 1959, Carlo Enrico Figlioli, então Ministro Conselheiro da Embaixada da Itália no Rio de Janeiro, escolhe o lote 30 do bloco 807, localizado no Setor de Embaixadas Sul.

Nesse terreno com vista para o Lago Paranoá – na época é pouco mais que um campo coberto de vegetação nativa – é edificada a primeira construção simbólica: uma pequena casa para o caseiro.

Mas a história da construção da nova sede da Embaixada da Itália em Brasília começa apenas no final de 1966, quando o Itamaraty (o Ministério das Relações Exteriores do Brasil) muda-se do Rio de Janeiro para Brasília.

Idealizada e construída em um clima de grandes expectativas, a construção da Embaixada da Itália é o resultado de circuns-tâncias peculiares que a tornam única por significado e valor histórico.

Ao doar os lotes, o Governo brasileiro expressou o desejo de que as construções das embaixadas fossem monumentais,

La storia The storyA história harmonizadas com o contexto arquitetônico e estilístico de Brasília e que fossem obras dos melhores arquitetos de cada país. A intenção é respeitar e expressar da melhor forma as tradições arquitetônicas dos países amigos e contribuir de forma marcante para o embele-zamento da nova cidade, tornando-a ponto de encontro da obra dos maiores arquitetos ativos na cena internacional da época.

Em julho de 1969, o então chanceler italiano, Pietro Nenni, escreve ao engenheiro Pier Luigi Nervi para confiar-lhe o projeto da futura Embaixada da Itália em Brasília.

Na época, Pier Luigi Nervi (Sondrio, 1891 - Roma, 1979) é o engenheiro italiano mais conhecido e celebrado do mundo. Ele é o autor do projeto para a Sala Paulo VI, hoje Sala Nervi, no Vaticano, o Palazzo dello Sport em Roma e o Palazzo del Lavoro em Turim, apenas para citar alguns dos mais conhecidos. Trabalhou no projeto do Palácio da Unesco em Paris. Construiu em Montreal, Sidney e San Francisco. Suas numerosas obras, assim como o resto da produção da engenharia nacional do segundo pós-guerra, representam um dos símbolos mais eloquentes da reconstrução e do milagre econômico italiano daqueles anos.

No tempo da construção de Brasília e das novas embaixadas, o engenheiro, quase octogenário, já obtivera todos os prêmios que a comunidade internacional pode atribuir. Há décadas, suas patentes e seu imenso trabalho têm sido objeto de exposições, motivo de títulos honorários concedidos por todas as universidades do mundo e objeto de teses e pesquisas traduzidas para diferentes idiomas.

Nervi aceita a tarefa. Assim, começa uma de suas últimas grandes aventuras projetuais e construtivas.

A obra foi concluída e entregue ao Embaixador Maurizio Bucci em janeiro de 1977. A primeira recepção oficial na Embaixada foi realizada em 2 de junho de 1977, por ocasião do Dia da República.

intention was to respect and best express the architectural traditions of the fellow countries and to contribute in a remarkable way to the beautification of the new city, making it a showcase for the work of the greatest archi-tects on the international scene at the time.

In July 1969, the then Italian Chancellor, Pietro Nenni, wrote to the engineer Pier Luigi Nervi to entrust him with the project of the future Italian Embassy in Brasília.

At the time, Pier Luigi Nervi (Sondrio, 1891 - Rome, 1979) was the most celebrated Italian engineer in the world. He is the author of the design for the Paul VI Hall, now the Nervi Hall, in the Vatican, the Palazzo dello Sport in Rome and the Palazzo del Lavoro in Turin, just to name a few of the best known. He worked on the design of the Unesco Palace in Paris. He built in Montreal, Sydney and San Francisco. His numerous works, as well as the rest of the national engineering production of the second post-war period, represent one of the most eloquent symbols of reconstruction and the Italian economic miracle of those years.

At the time of the construction of Brasília and the new embassies, the engineer, almost in his eighties, had already gained every award the international community could give him. For decades, his patents and immense work had been the subject of exhibitions, motives for honorary degrees awarded by universities everywhere and the subject of theses and research translated into different languages.

Nervi accepted the task, nonetheless. Thus begins one of his last great design and construction adventures.

Construction was completed and the building handed over to Ambassador Maurizio Bucci in January 1977. The first official reception at the Embassy was held on June 2nd, 1977, on the occasion of Republic Day.

si armonizzassero al contesto architettonico e stilistico di Brasilia e fossero opera dei migliori architetti di ogni paese.

L’intento è quello di rispettare ed esprimere al meglio le tradizioni architettoniche dei paesi amici e di contribuire in maniera decisiva all’abbellimento della nuova città, facendone il punto d’incontro del pensiero dei più grandi architetti attivi sulla scena internazionale del tempo.

Nel luglio del 1969 l’allora Ministro degli Esteri italiano Pietro Nenni scrive all’ingegnere Pier Luigi Nervi per affidargli l’incarico del progetto della futura Ambasciata italiana a Brasilia.

In quegli anni Pier Luigi Nervi (Sondrio, 1891 - Roma, 1979) è forse l’ingegnere italiano più conosciuto e celebrato al mondo. È autore dei progetti dell’Aula Paolo VI, oggi denominata Sala Nervi, in Vaticano, del Palazzo dello Sport a Roma e del Palazzo del Lavoro a Torino, solo per citare alcuni tra i più noti. Ha lavorato al progetto del Palazzo dell’Unesco a Parigi. Ha costruito a Montreal, Sidney e San Francisco. Le sue numerose opere, così come il resto della produzione ingegneristica nazionale del secondo dopoguerra, rappresentano uno dei simboli più eloquenti della ricostruzione e del miracolo economico italiano di quegli anni.

All’epoca dell’edificazione di Brasilia e delle nuove ambasciate l’ingegnere, ormai quasi ottantenne, ha già ottenuto tutti i riconosci-menti che la comunità internazionale può attribuire. I suoi brevetti e la sua immensa opera sono da anni oggetto di esposizioni, motivo di lauree honoris causa rilasciate da tutte le università del mondo e argomento di tesi e ricerche tradotte in diverse lingue.

Nervi accetta l’incarico. Inizia così una delle sue ultime, grandi avventure progettuali e costruttive.

L’opera è conclusa e consegnata all’Ambascia-tore Maurizio Bucci nel gennaio del 1977. Il primo ricevimento ufficiale in Ambasciata è realizzato il 2 giugno del 1977, in occasione della Festa della Repubblica.

16 17

Il 24 novembre del 1978 è firmato il certificato finale di collaudo.

L’Ambasciata è oggi meta di turisti che visitano la capitale brasiliana, appassionati di architet-tura, studenti e ingegneri che vengono da tutto il mondo per apprezzare la bellezza e il valore storico dell’opera architettonica.

Oltre alla firma e alla maestria di Pier Luigi Nervi, però, l’edificio racchiude anche altro. Nel 2012 due celebri designer brasiliani di origine italiana, i fratelli Humberto e Fernando Campana, si sono occupati dei lavori di ristrutturazione e arredamento di alcuni spazi interni, avvalendosi di pezzi di design della migliore tradizione italiana e di opere originali create appositamente per questi ambienti.

Così, anche grazie all’architettura e al design, lo stretto legame tra Italia e Brasile, fondato sulla storia dei moltissimi italiani emigrati a partire dagli anni 1870 e delle decine di milioni di brasiliani loro discendenti, si riflette nella speciale relazione tra le due capitali, Roma e Brasilia, che celebrano l’anniversario della propria fondazione nello stesso giorno: il 21 aprile.

A sancire questo collegamento ideale tra la più antica capitale del mondo e quella che allora era l’ultima nata, a Brasilia è stata collocata una copia della famosa scultura della Lupa Romana che allatta i gemelli Romolo e Remo, donata dal Governo italiano. L’opera è oggi esposta nello spazio antistante al Palazzo Buriti, sede del Governo del Distretto Federale.

Sono passati circa 45 anni dalla sua inaugurazione. L’edificio dell’Ambasciata continua a suscitare gli sguardi ammirati di chi percorre i suoi spazi alzando gli occhi verso la sommità degli enormi pilastri ottagonali e le nervature dei soffitti. Palazzo nobile in stile modernista: fin dalla sua costruzione e grazie alla lungimiranza dei protagonisti di quel tempo, l’Ambasciata d’Italia ha contribuito e contribuisce con orgoglio al ricco patrimonio architettonico della capitale del Brasile.

On November 24, 1978, the final operating report was signed.

The Embassy is today a destination for tourists visiting the Brazilian capital, as well as for architecture lovers, students and engineers who come from all over the world to appreciate the beauty and historical value of its architecture.

The building contains even more than Pier Luigi Nervi’s brand and mastery, however. In 2012, two celebrated Brazilian designers of Italian origin, the brothers Humberto and Fernando Campana, were put in charge of the renovation and decoration of some of the interior spaces, using design pieces from the best Italian tradition and original works created specifically for these places.

Architecture and design reveal the close connection between Italy and Brazil, developed by the multitudes of Italians who emigrated from the 1870s and the tens of millions of Brazilians who descend from them. It is reflected in the special relationship between the two capitals, Rome and Brasília, which celebrate the anniversary of their founding on the same day: April 21st.

To strengthen the connection between the oldest capital in the world and the then-new-born city, a copy of the famous sculpture of the Capitoline Wolf nursing the twins Romulus and Remus, donated by the Italian government, was placed in Brasília. Today, the work is exhibited in front of the Buriti Palace, seat of the Federal District Government.

Almost 45 years have passed since the inauguration of the Italian Embassy. The Embassy building continues to arouse the gaze of admiration of those who walk through its spaces raising their eyes to the top of the huge octagonal pillars and the ribbed ceilings. It is a noble palace in modernist style. Ever since its construction, and thanks to the vision of the protagonists of the time, the Italian Embassy has contributed and continues to contribute proudly to the rich architectural heritage of the Brazilian capital.

Em 24 de novembro de 1978, foi assinado o laudo final de funcionamento.

A Embaixada é hoje destino de turistas que visitam a capital brasileira, bem como de apaixonados por arquitetura, estudantes e engenheiros que vêm de todo o mundo para apreciar a beleza e o valor histórico da obra arquitetônica.

Além da marca e da maestria de Pier Luigi Nervi, no entanto, o prédio também contém mais. Em 2012, dois célebres designers brasileiros de origem italiana, os irmãos Humberto e Fernando Campana, cuidaram da reforma e decoração de alguns espaços interiores, utilizando peças de design da melhor tradição italiana e obras originais criadas especificamente para esses locais.

Destarte, também graças à arquitetura e ao design, a estreita ligação entre Itália e Brasil, alicerçada na história de tantos italianos que emigraram a partir da década de 1870 e das dezenas de milhões de brasileiros que deles descendem, reflete-se na relação especial entre as duas capitais, Roma e Brasília, que comemoram o aniversário de sua fundação no mesmo dia: 21 de abril.

Para fortalecer essa conexão ideal entre a capital mais antiga do mundo e a então recém-nascida, em Brasília foi colocada uma cópia da famosa escultura da loba romana que amamenta os gêmeos Rômulo e Remo, doada pelo Governo italiano. Hoje, a obra está exposta no espaço em frente ao Palácio do Buriti, sede do Governo do Distrito Federal.

Passaram quase 45 anos desde sua inaugu-ração. O edifício da Embaixada continua a despertar o olhar de admiração de quem percorre os seus espaços erguendo os olhos para o topo dos enormes pilares octogonais e as nervuras dos tetos. Nobre palácio em estilo modernista: desde sua construção e graças à visão dos protagonistas da época, a Embaixada da Itália tem contribuído e continua contri-buindo com orgulho para o rico patrimônio arquitetônico da capital brasileira.

Copia della scultura della Lupa Capitolina che allatta i gemelli Romolo e Remo, Palazzo Buriti, Brasilia. Foto: Per gentile concessione del GDF.

Cópia da escultura da Loba Romana que amamenta os gêmeos Rômulo e Remo, Palácio do Buriti, Brasília. Foto: Cortesia do GDF.

Copy of Capitoline Wolf sculpture breastfeeding the twins Romulus and Remus, Buriti Palace, Brasília. Photo: Courtesy of the GDF.

1971–1973

1973–1976

1976–1979

1979–1983

1983–1986

1986–1990

1990–1994

1994–1997

1997–2000

2000–2004

2004–2009

2009–2012

2013–2016

2016–2020

2020–

Ludovico Barattieri di San Pietro

Carlo Enrico Giglioli

Maurizio Bucci

Giuseppe Jacoangeli

Vieri Traxler

Antonio Ciarrapico

Paolo Tarony

Oliviero Rossi

Michelangelo Jacobucci

Vincenzo Petrone

Michele Valensise

Gherardo La Francesca

Raffaele Trombetta

Antonio Bernardini

Francesco Azzarello

Tavola originale del progetto. Archivio dell’Ambasciata.

Prancha original do projeto. Acervo da Embaixada.

Original table of the project. Embassy collection.

Gli ambasciatori d’Italia a Brasilia

The ambassadors of Italy in Brasília

Os embaixadores da Itália em Brasília

18 19

L’esterno L’Ambasciata esprime in modo eloquente le migliori tendenze della tecnica dell’architet-tura moderna che, principalmente con l’uso del cemento armato, ha visto l’Italia eccellere a livello internazionale. Il suo edificio costituisce uno splendido esempio di architettura brutalista.

Lo spazio occupato dal corpo principale si offre agli occhi del visitatore come un’arieg-giata alternanza di pieni e vuoti, distribuiti secondo una scansione orizzontale e verticale chiara e geometrica. La costruzione si sviluppa su più livelli e sfrutta in modo scenografico la naturale pendenza del terreno, che degrada verso il lago Paranoá.

Il livello inferiore, seminterrato rispetto al piano della strada dell’ingresso principale, ospita lo specchio d’acqua, i giardini, il monumentale auditorio e salone degli eventi (ribattezzato Sala Nervi), e parte della Residenza dell’Ambasciatore (sale dei ricevi-menti, cucine e ambienti di servizio).

Dai pavimenti del livello inferiore e dallo spec-chio d’acqua emergono ordinate e maestose file di pilastri, che attraversano il livello centrale – in gran parte aperto e caratterizzato dalla suddivisione in quattro settori, ognuno dei quali occupato da un diverso elemento decorativo o funzionale – per poi diramarsi in quattro bracci (tetrapodi), aperti a sostenere l’edificio posto al livello più alto. Questo ospita gli uffici e altri ambienti della Residenza dell’Ambasciatore. I tetrapodi sostengono, come sulla punta delle dita di gigantesche

The exterior spaces The Embassy eloquently expresses some of the best trends in modern architectural techniques which, particularly in the use of reinforced concrete, saw Italy stand out internationally. The building is a splendid stylistic example of brutalist architecture.

The space occupied by the main body is offered to the visitor’s eyes as an airy alternation of solids and voids, distributed according to a clear and geometric horizontal and vertical pattern. The building develops in levels and takes spectacular advantage of the natural incline of the terrain, which slopes down towards Lake Paranoá.

The lower level, lower in relation to the main entrance level, houses the water mirror, the gardens, the monumental auditorium and events hall (nicknamed Sala Nervi), and part of the Ambassador’s Residence (reception rooms, kitchens and service areas).

From the lower level floors and the water mirror emerge orderly and majestic rows of pillars, which cross the central level – mostly open and characterized by the subdivision into four sectors, each of which is occupied by a different decorative or functional element – and then branch out into four arms (tetra-pods), opened to support the building at the highest level. This area houses the offices and other quarters of the Ambassador’s Residence. The tetrapods support, as if on the fingertips of gigantic hands, what appears to be a subtle

Espaços externos A Embaixada expressa com eloquência as melhores tendências da técnica arquitetônica moderna que, principalmente com o uso do concreto armado, viu a Itália sobressair-se em nível internacional. Seu edifício constitui um esplêndido exemplo estilístico da assim chamada arquitetura brutalista.

O espaço ocupado pelo corpo principal é oferecido aos olhos do visitante como uma alternância arejada de sólidos e vazios, distribuídos de acordo com uma repartição horizontal e vertical nítida e geométrica. A construção desenvolve-se em níveis e aproveita de forma espetacular a inclinação natural do terreno, que desce em direção ao lago Paranoá.

O nível inferior, rebaixado em relação ao nível da entrada principal, abriga o espelho d’água, os jardins, o auditório monumental e salão de eventos (chamado de Sala Nervi), e parte da Residência do Embaixador (salas de recepção, cozinhas e áreas de serviços).

Dos pavimentos do nível inferior e do espelho d’água emergem fileiras ordenadas e majes-tosas de pilares, que cruzam o nível central – em sua maioria aberto e caracterizado pela subdivisão em quatro setores, cada um dos quais ocupado por um elemento decorativo ou funcional diferente – para, em seguida, rami-ficar-se em quatro braços (tetrápodes), abertos para apoiar o edifício do nível mais alto. Este abriga os escritórios e outros aposentos da Residência do Embaixador. Os tetrápodes sustentam, como nas pontas dos dedos de

L’edificio The buildingO edifício

Foto: Joana França

Photo: Joana França

20 21

mani, quella che si presenta come una sottile placca dalle facciate esterne inclinate. Si tratta, in realtà, di un edificio costituito da un corpo perimetrale quadrato e da due gallerie perpendicolari che si incrociano al centro. I quattro quadranti che ne risultano sono patii sospesi, sui quali si affacciano finestre e balconi, cui corrispondono i quattro differenti settori del livello sottostante.

Nonostante la grandiosità, il ritmo dei pilastri e dei tetrapodi, che scandiscono lo spazio e attraversano, unificandoli, i vari livelli e pavi-menti, conferisce al complesso straordinaria leggerezza. Il corpo superiore dell’edificio, così sostenuto e proiettato verso l’alto, sembra fluttuare. Sotto di lui, la trasparenza del portico favorisce la circolazione di luce e aria, apre la vista verso il lago e dà spazio a porzioni di cielo e di verde.

Le linee dell’edificio sono esatte. Le incli-nazioni molteplici. I volumi hanno contorni grafici e, al contempo, così inusitati e curati nei dettagli da rendere dispensabile la presenza di qualsiasi altro elemento decorativo.

Il complessivo e perfetto equilibrio chiaroscu-rale e il gioco di alternanze tra riflessi luminosi e parti in ombra contribuiscono alla sensazione di organica armonia. La gradinata in marmo chiaro che guarda l’edificio dal livello inferiore è una fontana, la cui discesa d’acqua si dà per piccole, consecutive cascate, fino allo specchio d’acqua. Amplificando la luce e duplicando le forme, questo esalta la leggerezza della costruzione e l’altezza dai pilastri. Al livello centrale, un’altra struttura in marmo, anch’essa una fontana composta da gradini, ma questa volta in senso ascendente: il grande tronco di piramide che occupa uno dei quattro quadranti (per una superficie corrispondente a quella dell’apertura del patio sovrastante) riceve tagli diagonali e mutevoli di luce solare e ospita la scultura metallica “Nucleo”, opera dell’artista italo-brasiliano Moriconi.

Il progetto originale dei giardini è dell’ar-chitetto paesaggista brasiliano Ney Dutra Ururahy, autore del disegno degli spazi verdi di importanti edifici pubblici e di rappresentanza

mãos gigantescas, o que parece ser uma placa sutil de faces externas inclinadas. Na verdade, o edifício consiste em um perímetro quadrado e duas galerias perpendiculares que se cruzam no centro do quadrado. Os quatro quadrantes resultantes são pátios suspensos, que hospedam janelas e varandas e correspondem aos quatro setores do nível inferior.

Apesar da grandiosidade, o ritmo dos pilares e tetrápodes, que marcam o espaço e perpassam, unindo-os, os vários níveis e pisos, confere ao complexo uma leveza extraordinária. A parte superior do edifício, assim sustentada e projetada para cima, parece flutuar. Abaixo, a transparência do pórtico favorece a circulação de luz e ar, abre a vista para o lago e dá espaço a porções de céu e vegetação.

As linhas do edifício são exatas. As inclinações são múltiplas. Os volumes têm contornos gráficos e, ao mesmo tempo, tão inusitados e refinados nos detalhes que a presença de qualquer outro elemento decorativo torna-se dispensável.

O equilíbrio geral e perfeito do claro-escuro e o jogo de alternâncias entre reflexos de luz e partes sombreadas contribuem para a sensação de harmonia orgânica. A escadaria de mármore claro que, desde o nível inferior, olha para o edifício é, na verdade, um chafariz, cujo fluxo de água é dado por pequenas cascatas consecutivas que descem até ao espelho de água. Ampliando a luz e duplicando as formas, este último ressalta a leveza da construção e a altura dos pilares. No nível central, outra estrutura de mármore, também um chafariz composto por degraus, mas desta vez em sentido ascendente: a grande pirâmide truncada que ocupa um dos quatro quadrantes (para uma área correspondente à da abertura do pátio acima) recebe cortes diagonais e cambiantes de luz solar e abriga a escultura de metal “Núcleo”, do artista ítalo-brasileiro Moriconi.

O projeto original dos jardins é do arquiteto paisagista brasileiro Ney Dutra Ururahy, autor do desenho dos espaços verdes de importantes prédios públicos e representativos da capital,

slab of sloping outward looking faces. In fact, the building consists of a square perimeter and two perpendicular galleries that intersect at the center of the square. The resulting four quadrants are suspended courtyards, which host windows and balconies and correspond to the four sectors of the lower level.

Despite its grandiosity, the rhythm of the pillars and tetrapods, which mark the space and unite the various levels and floors, gives the complex an extraordinary lightness. The upper part of the building, thus supported and projected upwards, seems to float. Below, the transparency of the portico helps the circulation of light and air, opens up the view to the lake and makes room for portions of sky and vegetation.

The lines of the building are exact. The slopes are multiple. The volumes have graphic contours and, at the same time, are so unusual and refined in detail that the presence of any other decorative element becomes dispensable.

The overall and perfect balance of light and darkness and the interplay between reflections of light and shade contribute to the feeling of organic harmony. The light marble staircase that, from the lower level, looks out onto the building is actually a fountain, with a flow of water made up of small consecutive cascades that descend to the water mirror. Magnifying the light and doubling the shapes in its reflection, the latter emphasizes the lightness of the construction and the height of the pillars. At the central level there is another marble structure, also a fountain composed of steps, but this time in an upward direction: the large truncated pyramid that occupies one of the four quadrants (for an area corresponding to that of the patio opening above) receives diagonal and shifting cuts of sunlight and houses the metal sculpture “Núcleo” (Nucleus) by the Italian-Brazilian artist Moriconi.

The original landscaping project was created by the Brazilian landscape architect Ney Dutra Ururahy, who designed the outdoor green spaces of important public and representative

della capitale, quali le sedi della Banca Centrale, Banca del Brasile (Banco do Brasil) e Caixa Económica Federal, il Clube das Nações, le Ambasciate di Germania, Austria e Regno Unito e l’Università di Brasilia. Dutra Ururahy ha inoltre collaborato con Burle Marx nel progetto per il Palazzo Itamaraty, sede del Ministero degli Affari Esteri del Brasile.

Secondo l’idea originaria del paesaggista, nei giardini dell’Ambasciata d’Italia decine di bouganville e di arbusti di tibouchina, congea tomentosa, stelle di natale messicane, azalee, hibiscus, orchidee purpuree di Hong Kong e spettacolari flamboyant avrebbero regalato allo spettatore fioriture in molteplici sfumature di rosso e rosa. Inevitabilmente, con il passare del tempo, alcune essenze e dettagli del progetto hanno subito modifiche. Ma i giardini dell’Ambasciata continuano ad essere riccamente adornati da una selezione di specie vegetali native e prevalentemente brasiliane e a stupire per i colori delle loro splendide fioriture.

Il busto in bronzo di Amerigo Vespucci Secondo storici e ricercatori, il navigatore fiorentino Amerigo Vespucci sarebbe stato il primo a scoprire “scientificamente”, ovvero per mezzo di calcoli, il Brasile e, conseguentemente, I’emisfero sud. Durante uno dei suoi viaggi si imbatté nell’isola più tardi battezzata Fernando de Noronha e, dalle descrizioni contenute in una sua lettera a Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, sembra proprio che fosse arrivato fino alle foci del Rio delle Amazzoni. Anche se costretto dalla storia a dividere onori e fama con un altro illustre italiano, Cristoforo Colombo, le spedizioni di Vespucci hanno sicuramente il merito di aver dato vita alle prime mappe delle Americhe. Quando si rese conto di essere approdato in terre sconosciute, infatti, Vespucci si preoc-cupò di registrare il Nuovo Mondo e produsse corrispondenze di valore: non solo dettagliò la cartografia delle regioni toccate, ma scrisse anche resoconti e trattati sul viaggio e sugli itinerari intrapresi.

como a sede do Banco Central, do Banco do Brasil e da Caixa Econômica Federal, o Clube das Nações, as Embaixadas da Alemanha, Áustria e Reino Unido e a Universidade de Brasília. Dutra Ururahy também colaborou com Burle Marx no projeto do Palácio do Itamaraty, sede do Ministério das Relações Exteriores do Brasil.

Segundo a ideia original do paisagista, nos jardins da Embaixada da Itália, dezenas de buganvílias e arbustos de tibouchina, congea tomentosa, poinsétias mexicanas, azaléias, hibiscos, orquídeas roxas de Hong Kong e espetaculares flamboyants teriam doado ao espectador florações em vários tons de vermelho e rosa. Inevitavelmente, com o passar do tempo, algumas essências e detalhes do projeto sofreram modificações. Mas os jardins da Embaixada continuam ricamente adornados com uma seleção de espécies de plantas nativas e principalmente brasileiras e, ainda hoje, encantam com as cores de suas esplêndidas flores.

O busto de Américo Vespúcio Segundo historiadores e pesquisadores, o navegador florentino Américo Vespúcio foi o primeiro a descobrir o Brasil “cientifica-mente”, ou seja, por meio de cálculos e, consequentemente, o primeiro a descobrir o hemisfério sul. Em uma de suas viagens, encontrou a ilha posteriormente batizada de Fernando de Noronha e, pelas descrições contidas em uma de suas cartas a Lorenzo de Pierfrancesco de’ Medici, parece que ele havia chegado à foz do rio Amazonas. Ainda que forçado pela história a compartilhar honras e fama com outro ilustre italiano, Cristóvão Colombo, as expedições de Vespúcio certamente têm o mérito de terem dado vida aos primeiros mapas das Américas. Ao perceber que havia desembarcado em terras desconhecidas, de fato, Vespúcio preocupou-se em registrar o Novo Mundo e produziu valiosas correspondências: não só detalhou a cartografia das regiões que tocou, mas também escreveu relatórios e tratados sobre as viagens e os itinerários realizados.

buildings of the capital, such as the headquar-ters of the Central Bank, Banco do Brasil and Caixa Econômica Federal, the Nations Club, the German, Austrian and United Kingdom Embassies and the University of Brasília. Dutra Ururahy also collaborated with Burle Marx on the design of the Itamaraty Palace, headquar-ters of the Brazilian Ministry of Foreign Affairs.

According to the original idea of the landscape designer, in the gardens of the Italian Embassy, dozens of bougainvilleas and tibouchina bushes, congea tomentosa, Mexican poinsettias, azaleas, hibiscus, purple orchids from Hong Kong and spectacular flamboyants offered the visitor flowers in various shades of red and pink. Inevitably, with the passage of time, some of the details of the design have undergone modification. But the Embassy gardens are still richly adorned with a selection of mostly Brazilian plant species and, even today, they enchant with the colors of their splendid flowers.

The bust of Amerigo Vespucci According to historians and researchers, the Florentine navigator Amerigo Vespucci was the first to discover Brazil “scientifically”, that is, by means of calculations and, consequently, the first to discover the southern hemisphere. On one of his trips, he found the island later named Fernando de Noronha and, from the descriptions contained in one of his letters to Lorenzo de Pierfrancesco de’ Medici, it appears that he reached the mouth of the Amazon River. Although forced by history to share honors and fame with another celebrated Italian, Christopher Columbus, the expeditions of Vespucci resulted in the first maps of the Americas. Upon realizing that he had landed in unknown lands, in fact, Vespucci took it upon himself to make a record of the New World and produced valuable correspondence: not only did he detail the cartography of the regions he touched, but he also wrote reports and treatises on the trips and itineraries undertaken.

22 23

L’Ambasciata d’Italia a Brasilia ospita un busto bronzeo di Amerigo Vespucci. La scultura, realizzata con il patrocinio del Comune e della Provincia di Viterbo e dell’Università degli Studi della Tuscia, è opera dell’artista italiano Roberto Joppolo (nato a Siena nel 1939) e si trova nel giardino presso l’ingresso principale. È stata inaugurata il 19 settembre del 2000, in occasione del V Centenario della Scoperta del Brasile.

Testimoni e fonti dell’epoca narrano che, per conferire al bronzo le fattezze del navigatore, Joppolo si sia dedicato per un intero anno a fare ricerche presso musei e biblioteche, consultando tutti i documenti storici dei secoli XV e XVI relativi a Vespucci.

La base del busto, opera dell’architetta italo-brasiliana Dulcinea Fontana, è rivestita in granito e riproduce una caravella e la mappa mundi.

In occasione della cerimonia di inaugurazione della scultura l’Ambasciata ha inaugurato anche l’esposizione temporanea “Amerigo Vespucci tra Firenze e Brasile”, che ha portato per la prima volta nel paese opere di proprietà della famiglia Vespucci, dipinti di Sandro Botticelli, riproduzioni di Domenico Ghirlandaio e Filippino Lippi, il ritratto origi-nale di Amerigo Vespucci opera di Cristofano dell’Altissimo e riproduzioni delle mappe originali dei viaggi del navigatore fiorentino.

Gli interni Gli spazi interni dell’Ambasciata d’Italia sono un meraviglioso esempio di fusione tra design d’epoca, con pezzi originali del periodo della costruzione dell’edificio, e tendenze contemporanee.

Il progetto originale per l’arredamento e la decorazione degli interni dell’Ambasciata è opera dello Studio Nervi.

Alcuni dei materiali e degli elementi sono di provenienza italiana, mentre per altri si è scelto di ricorrere ad eccellenze locali. I marmi e i graniti usati per la decorazione degli interni dell’edificio, ad esempio, sono il

A Embaixada da Itália em Brasília abriga um busto de bronze de Américo Vespúcio. A escultura, realizada também graças ao patro-cínio do Município e da Província de Viterbo e da Universidade da Tuscia, é obra do artista italiano Roberto Joppolo (nascido em Siena em 1939). Está localizada no espaço verde próximo à entrada principal. Foi inaugurada em 19 de setembro de 2000, por ocasião do V Centenário do Descobrimento do Brasil.

Testemunhas e fontes da época narram que, para conferir ao bronze as feições do navegador, Joppolo dedicou-se durante um ano inteiro à pesquisa em museus e bibliotecas, consultando todos os documentos históricos dos séculos XV e XVI relativos a Vespúcio.

A base do busto, obra da arquiteta ítalo-brasi-leira Dulcinea Fontana, é revestida de granito e reproduz uma caravela e o mappa mundi.

Por ocasião da solenidade de inauguração da escultura, a Embaixada também inaugurou a exposição temporária “Américo Vespúcio entre Florença e o Brasil”, que trouxe pela primeira vez ao país obras da família Vespucci, pinturas de Sandro Botticelli, reproduções de Domenico Ghirlandaio e Filippino Lippi, o retrato original de Américo Vespúcio obra de Cristofano dell’Altissimo e reproduções dos mapas originais das viagens do navegador florentino.

Os espaços internos Os espaços internos da Embaixada da Itália são um exemplo maravilhoso de fusão entre o design dos anos da construção do edifício, graças às peças originais da época, e tendên-cias contemporâneas.

O projeto original dos móveis e da decoração de interiores da Embaixada foi realizado pelo escritório Nervi.

Alguns dos materiais e elementos de decoração são de origem italiana, enquanto para outros foram escolhidas as excelências locais. Os mármores e granitos utilizados na decoração de interiores do prédio, por exemplo, são

The Italian Embassy in Brasília houses a bronze bust of Amerigo Vespucci. The sculpture, made possible by the sponsorship of the Municipality and the Province of Viterbo and the University of Tuscia, is the work of the Italian artist Roberto Joppolo (born in Siena in 1939). It is located in the green space near the main entrance. It was inaugurated on September 19, 2000, on the occasion of the 5th Centennial of the Discovery of Brazil.

Witnesses and sources from the time say that, in order to give the bronze statue the features of the navigator, Joppolo spent an entire year researching in museums and libraries, consulting all the historical documents of the 15th and 16th centuries concerning Vespucci.

The base of the bust, the work of Italian-Brazilian architect Dulcinea Fontana, is covered in granite and reproduces a caravel and the mappa mundi.

On the occasion of the inauguration of the sculpture, the Embassy presented the temporary exhibition “Amerigo Vespucci between Florence and Brazil”, which brought to the country for the first time works of the Vespucci family, paintings by Sandro Botticelli, reproductions of Domenico Ghirlandaio and Filippino Lippi, the original portrait of Amerigo Vespucci by Cristofano dell’Altissimo and reproductions of the original maps of the Florentine navigator’s voyages.

The interior spaces The interior spaces of the Italian Embassy are a wonderful example of fusion between the design of the years of the building’s construction, thanks to original period pieces, and contemporary trends.

The original design of the furniture and interior decoration of the Embassy was carried out by the Nervi office.

Some of the materials and decorative elements are of Italian origin, while for others local pieces of high quality were chosen. The marble and granite used in the interior decoration of

Busto bronzeo di Amerigo Vespucci, opera di Roberto Joppolo. Foto: Joana França.

Busto brônzeo de Américo Vespúcio, obra de Roberto Joppolo. Foto: Joana França.

Bronze bust of Amerigo Vespucci, by Roberto Joppolo. Photo: Joana França.

24 25

granito Verde Ubatuba, il Rosa Imperiale, l’Az-zurro di Bahia, il Rosato Jacarandá e il Grigio Andorinha. Per i pavimenti e i rivestimenti delle pareti di alcune sale sono stati impiegati legno Sucupira e Jacarandá Paulista.

Di origine italiana sono i mobili antichi – già presenti nell’Ambasciata di Rio de Janeiro – e gli elementi disegnati appositamente dallo Studio Nervi per la Sede all’epoca della sua inaugurazione. Tra questi vale la pena ricordare tavoli, sedie, consolle e panche. Il loro disegno è immediatamente riconoscibile per via delle linee: d’epoca, ma allo stesso tempo sempre originali e attuali.

I saloni della Residenza dell’Ambasciatore Gli ambienti dei saloni della Residenza dell’Ambasciatore meritano una menzione speciale: le opere, gli interventi e il progetto estetico che essi racchiudono sono un vero e proprio condensato di bellezza. Questi spazi percorrono e sintetizzano in sé, come in una breve, magistrale lezione, nomi importanti della storia dell’arte contemporanea e del design italiani e brasiliani.

Nel 2012 i due celebri designer brasiliani di origini italiane Fernando e Humberto Campana hanno realizzato il progetto di arredamento d’interni dei saloni, che ha riguardato sia la scelta e la disposizione dei pezzi d’arredamento, sia quella dei colori delle pareti e delle tappezzerie dei diversi ambienti, nonché delle opere pittoriche da esporvi. Per l’occasione, inoltre, i Fratelli Campana hanno creato appositamente per l’Ambasciata pezzi unici e creazioni inedite, che arricchiscono le sale affiancando elementi preesistenti e pezzi di design della più rinomata produzione nazionale. Il tutto in perfetta sintonia croma-tica e stilistica con le opere d’arte pittorica acquisite dalla Sede diplomatica a partire dagli anni Settanta del secolo scorso e oggi parte della sua collezione d’arte contemporanea, la quale comprende, tra le altre, opere di Franco Angeli, Mario Schifano, Tano Festa, Pietro Consagra, Carla Accardi, Giulio Turcato e Massimo Livadiotti.

the building, for example, are granite Verde Ubatuba, Rosa Imperial, Azul Bahia, Vermelho Jacarandá and Cinza Andorinha. The woods used in the floors and coverings are Sucupira and Jacarandá-Paulista.

The antique furniture – already present in the Rio de Janeiro Embassy – is of Italian origin, as are the elements designed by Studio Nervi especially for the Embassy premises at the time of its inauguration. The tables, chairs, consoles and benches deserve mention: their design is immediately recognizable thanks to their vintage lines but are, at the same time, always original and up-to-date.

The halls of the Ambassador’s Residence The halls of the Ambassador’s Residence merit a special mention: the works, interventions and aesthetic projects they house are a true synthesis of beauty. These dazzling environments present, as if in a master class, important names in the history of contempo-rary Italian and Brazilian art and design.

In 2012, two celebrated Brazilian designers of Italian origin, Fernando and Humberto Campana, prepared the project for the decoration of the halls, which included both the choice and arrangement of furniture, the choice of colors of the walls and tapestries of the different rooms, as well as the paintings to be exhibited. For the occasion, the Campana Brothers created, especially for the Embassy, unique pieces and original creations, which enrich the halls alongside pre-existing elements and design pieces of the most renowned national production. All of them come together in perfect chromatic and stylistic harmony with the pictorial works acquired by the diplomatic Headquarters since the seventies of last century and are today part of its collection of contemporary art, which includes works by Franco Angeli, Mario Schifano, Tano Festa, Pietro Consagra, Carla Accardi, Giulio Turcato and Massimo Livadiotti, among others.

granito Verde Ubatuba, Rosa Imperial, Azul Bahia, Vermelho Jacarandá e Cinza Andorinha. As madeiras utilizadas nos pisos e revesti-mentos são Sucupira e Jacarandá-Paulista.

Os móveis antigos – já presentes na Embaixada do Rio de Janeiro – são de origem italiana, assim como os elementos desenhados pelo Studio Nervi especialmente para os locais da Embaixada na época de sua inauguração. Entre eles, vale a pena mencionar as mesas, cadeiras, consoles e bancos: seu desenho é imediatamente reconhecível por causa das linhas vintage mas, ao mesmo tempo, sempre originais e atuais.

Os salões da Residência do Embaixador Os salões da Residência do Embaixador merecem uma menção especial: as obras, intervenções e projetos estéticos que abrigam são uma verdadeira síntese de beleza. Esses deslumbrantes ambientes percorrem e condensam em si, como em uma aula magistral e concentrada, nomes importantes da história da arte contemporânea e do design italianos e brasileiros.

Em 2012, os dois famosos designers brasileiros de origem italiana Fernando e Humberto Campana elaboraram o projeto de decoração dos salões, o qual incluiu tanto a escolha e a disposição dos móveis, quanto a escolha das cores das paredes e as tapeçarias das dife-rentes salas, bem como as pinturas a serem expostas. Para a ocasião, os Irmãos Campana criaram especialmente para a Embaixada peças únicas e criações inéditas, que enriquecem os salões ao lado de elementos preexistentes e de peças de design da mais renomada produção nacional. Tudo em perfeita harmonia cromática e estilística com as obras pictóricas adquiridas pela Sede diplomática a partir dos anos setenta do século passado e hoje parte de seu acervo de arte contemporânea, que inclui obras de Franco Angeli, Mario Schifano, Tano Festa, Pietro Consagra, Carla Accardi, Giulio Turcato e Massimo Livadiotti, entre outros.

Foto: Joana França

Photo: Joana França

26 27

Oltre alle opere di questi importanti artisti italiani contemporanei, i saloni della Residenza ospitano quattro pannelli del celebre pittore brasiliano Candido Portinari (Brodowski, 1903 - Rio de Janeiro, 1962). Si hanno pochissime notizie circa la storia dei quadri. Datati 1934, appartengono all’Ambasciata d’Italia sin dai tempi in cui questa risiedeva nella vecchia capitale, Rio de Janeiro. Per via dei temi rappresentati e per il fatto di essere abitual-mente esposti in serie, sono ormai considerati un quadrittico, nel tempo ribattezzato “Natura tropicale”. Risalgono alla fase delle nature morte, una tra le più brevi di Portinari e quella che forse vanta il minor numero di opere. Secondo alcune fonti, altre due nature morte della stessa preziosa fase si troverebbero a Rio de Janeiro e farebbero parte di un’importante collezione privata.

L’Italia è il paese del design: all’interno dell’Ambasciata non poteva mancare una speciale attenzione agli oggetti d’arredamento. Elementi per l’illuminazione di FontanaArte, divani Edra, tavoli e sedie di Pier Luigi Nervi, lampade e sculture dei Fratelli Campana, elementi in vetro della designer brasiliana Jaqueline Terpins: i pezzi d’autore che arredano i saloni della Residenza e gli altri ambienti dell’Ambasciata portano la firma di grandi nomi e di celebri aziende del design italiano, ma anche di designer, artigiani e artisti brasiliani (tra cui Galeno), ancora una volta in una felice fusione tra tradizioni, eccellenze e anima artistica dei due paesi.

Além de obras desses importantes artistas contemporâneos italianos, os salões da Residência hospedam quatro painéis do insigne pintor brasileiro Candido Portinari (Brodowski, 1903 - Rio de Janeiro, 1962). Há pouquíssimas notícias sobre a história dos quadros. Teriam sido realizados em 1934 e pertencem à Embaixada da Itália desde a época em que esta residia na antiga capital, o Rio de Janeiro. Pelos temas representados e pelo fato de serem habitualmente exibidos em série, passaram a ser considerados um quadríptico, com o tempo rebatizado de “Natureza Tropical”. Remontam à fase das naturezas mortas – a mais curta de Portinari – que conta com um número muito reduzido de obras. Segundo algumas fontes, outras duas naturezas mortas da mesma preciosa fase encontram-se no Rio de Janeiro e fazem parte de um importante acervo particular.

A Itália é o país do design: na Embaixada não poderia faltar atenção especial aos objetos de decoração. Elementos de iluminação FontanaArte, sofás Edra, mesas e cadeiras de Pier Luigi Nervi, luminárias e esculturas dos Irmãos Campana, elementos de vidro da designer brasileira Jaqueline Terpins: as peças de design que decoram os salões da Residência e os demais ambientes da Embaixada trazem a assinatura de grandes nomes e empresas famosas do design italiano, mas também de designers, artesãos e artistas brasileiros (entre eles, Galeno), mais uma vez unidos na fusão exitosa entre tradições, excelências e almas artísticas dos dois países.

In addition to works by these important Italian contemporary artists, the halls of the Residence house boast four panels by the eminent Brazilian painter Candido Portinari (Brodowski, 1903 - Rio de Janeiro, 1962). There is not a lot of information about the history of these paintings. They are thought to have been painted in 1934 and have belonged to the Italian Embassy since its days in the former capital, Rio de Janeiro. Due to the themes depicted and the fact that they were usually exhibited in series, they came to be considered a quadriptych, later renamed “Natureza Tropical”. They date back to the still life phase – Portinari’s shortest – which includes a very small number of works. According to some sources, two other still lives from the same precious phase can be found in Rio de Janeiro and are part of an important private collection.

Italy is the country of design: the Embassy gives special attention to decorative objects. FontanaArte lighting elements, Edra sofas, tables and chairs by Pier Luigi Nervi, lamps and sculptures by the Campana Brothers, glass elements by Brazilian designer Jaqueline Terpins: the design pieces that decorate the halls of the Residence and other environments of the Embassy bear the signature of important names and celebrated companies of Italian design, but also Brazilian designers, craftsmen and artists (including Galeno), once again united in the successful fusion between traditions, excellence and artistic souls of the two countries.

È un grande onore e un piacere molto speciale rispondere all’invito dell’Ambasciata d’Italia in Brasile e scrivere alcune righe sul rapporto di mio padre con l’Italia e, in particolare, sui suoi quattro pannelli che fanno parte della collezione dell’Ambasciata sin dal 1934.

Innanzitutto vorrei sottolineare le parole con cui il nostro caro amico Ambasciatore Francesco Azzarello ha descritto i legami che uniscono i nostri due popoli, le nostre due Nazioni:

“... più che profondi legami di amicizia, sono legami di sangue”.

Credo che mio padre sia una perfetta illustrazione di questo strettissimo legame, che indubbiamente emana non solo dalle nostre rispettive storie, ma anche dai nostri cuori, italiani e brasiliani, come mi accingo a spiegare.

I miei nonni, Domenica e Giovan Battista, entrambi veneti, lei di Bassano, lui di Chiampo, provincia di Vicenza, arrivarono in Brasile alla fine dell’Ottocento, con quel nutrito contingente di oltre 1,3 milioni di italiani sbarcati in Brasile alla ricerca di una vita migliore, al tempo della grande crisi economica che attanagliava l’Italia.

La testimonianza di João Candido Portinari

O testemunho de João Candido Portinari

The testimony of João Candido Portinari

It is an honor and a very special pleasure for me to accept the invitation of the Italian Embassy in Brazil and to write a few lines about my father’s relationship with Italy, in particular about his four panels that have belonged to the Embassy’s collection since 1934.

First of all, I would like to highlight the words with which our dear friend, Ambassador Francesco Azzarello, referred to the ties that unite our two peoples, our two Nations:

“... more than deep bonds of friendship, they are bonds of blood.”

I believe that my father is a perfect illustration of this strong bond, which undoubtedly emanates not only from our respective histories, but also from our hearts, Italian and Brazilian, as explained below.

My grandparents, Domenica and Giovan Battista, both originally from Veneto – she came from Bassano, and he came from Chiampo, Province of Vicenza – arrived in Brazil at the end of the 19th century, in that great contingent of more than 1.3 million Italians who landed in Brazil in search of a better life, in those times of great economic crisis that had been devastating Italy.

É para mim uma honra e um prazer muito especial atender ao convite da Embaixada da Itália no Brasil para que eu escreva algumas linhas sobre a relação de meu pai com a Itália, e em particular sobre seus quatro painéis que pertencem ao acervo da Embaixada desde 1934.

Em primeiro lugar, gostaria de destacar as palavras com que o nosso querido amigo, Embaixador Francesco Azzarello, referiu-se aos laços que unem nossos dois povos, nossas duas Nações:

“... mais do que profundos laços de amizade, eles são laços de sangue”.

Creio que meu pai é uma perfeita ilustração desse vínculo tão forte, que, sem dúvida, emana, não somente de nossas respectivas histórias, mas também de nossos corações, italianos e brasileiros, como exposto adiante.

Meus avós, Domenica e Giovan Battista, ambos originários do Vêneto, ela de Bassano, ele de Chiampo, Província de Vicenza, chegaram ao Brasil em fins do século XIX, naquele grande contingente de mais de 1,3 milhões de italianos que desembarcaram no Brasil em busca de uma vida melhor, naqueles tempos de grande crise econômica que vinha assolando a Itália.

Candido Portinari e l’Ambasciata d’Italia

Candido Portinari and the Italian Embassy

Candido Portinari e a Embaixada da Itália

Foto: Joana França

Photo: Joana França

28 29

Chegando aqui, foram logo encaminhados para as imensas plantações de café do interior paulista, na região conhecida como “Alta Mogiana”, terra cafeeira da melhor qualidade.

Ali se instalaram e plantaram não apenas café, mas também 12 filhos, o segundo dos quais, Candido Portinari (1903-1962), viria a ser um dos mais importantes pintores do século XX.

Antonio Callado, escritor e jornalista dos mais eminentes, foi biógrafo de Portinari. Em seu livro “Retrato de Portinari”, ele declara:

“... Na esplêndida força com que Candinho construiu seu latifúndio de pintura havia qual-quer coisa de seu pai seu Baptista e sua mãe dona Dominga, lavradores de café. Portinari pintava uma lavoura como se a trabalhasse de enxada e a regasse e cuidasse”.

Se tivéssemos de resumir em uma única frase os laços que uniam Portinari à terra de seus antepassados – conjectura-se que entre estes figurava a “Bice”, musa de Dante Alighieri, Beatrice Portinari – bastaria recordar que suas últimas palavras, segundo seu médico Mem Xavier da Silveira, que estava à cabeceira de seu leito de morte, foram proferidas em dialeto vêneto.

Pesquisei nos 30 mil documentos do acervo do Projeto Portinari para elucidar a questão de como aqueles quatro painéis passaram a integrar o acervo da Embaixada da Itália.

A ligação de Portinari com a Embaixada da Itália começa no início dos anos 30, por sua amizade com Francesco Lequio (Franco), encarregado de Negócios da Embaixada da Itália. Franco chega no dia seguinte ao da partida do então Embaixador Cerruti e passa a frequentar a casa de Portinari na Lapa, e depois no Cosme Velho, onde minha mãe oferecia macarronadas memoráveis a um grupo de poetas, escritores, artistas, músicos, políticos, jornalistas, educadores ilustres, como Manuel Bandeira, Jorge Amado, Carlos Drummond de Andrade, Mário de Andrade, Villa-Lobos, Francisco Mignone, Murilo Mendes, Lúcio Costa, entre muitos

Upon their arrival here, they were soon directed to the immense coffee plantations in the interior of São Paulo, in the region known as “Alta Mogiana”, coffee-growing land of the highest quality. There they settled and planted not only coffee, but they also raised 12 children, the second of whom, Candido Portinari (1903-1962), would become one of the most important painters of the 20th century.

Antonio Callado, one of the most eminent writers and journalists, was Portinari’s biographer. In his book “Retrato de Portinari” he states:

“... In the splendid strength with which Candinho built his latifundium of painting there was something of his father Baptista and his mother Dominga, coffee farmers. Portinari painted a crop as if he worked it with a hoe and watered and tended it.”

If we had to sum up the ties that bound Portinari to the land of his ancestors – it is conjectured that these included “Bice”, Dante Alighieri’s muse, Beatrice Portinari – it would suffice to recall that his last words, according to his doctor Mem Xavier da Silveira, who was at his deathbed, were uttered in Veneto dialect.

I searched through the 30,000 documents in the Portinari Project’s collection to elucidate the question of how those four panels became part of the Italian Embassy’s collection.

Portinari’s connection with the Italian Embassy in Rio de Janeiro began in the early 1930s, through his friendship with Francesco Lequio (Franco), Chargé d’Affaires of the Italian Embassy. Franco arrived the day after the departure of the then Ambassador Cerruti and began to frequent Portinari’s house in Lapa, and then in Cosme Velho, where my mother offered memorable pasta to a group of poets, writers, artists, musicians, politicians, journalists, genius educators, such as Manuel Bandeira, Jorge Amado, Carlos Drummond de Andrade, Mário de Andrade, Villa-Lobos, Francisco Mignone, Murilo Mendes, Lúcio Costa, among many others. Portinari became

Giunti in Brasile, furono subito indirizzati alle immense piantagioni di caffè dell’entroterra dello stato di San Paolo, nella regione conosciuta come “Alta Mogiana”, terra del caffè della migliore qualità.

Lì si stabilirono e piantarono non solo caffè, ma anche 12 figli, il secondo dei quali, Candido Portinari (1903-1962), sarebbe diventato uno dei pittori più importanti del XX secolo.

Antonio Callado, scrittore e giornalista tra i più eminenti, fu biografo di Portinari. Nel suo libro “Ritratto di Portinari” dichiara:

“... Nella splendida forza con cui Candinho ha costruito il suo latifondo di pittura c’era qualcosa di suo padre Baptista e sua madre Donna Dominga, contadini delle terre del caffè. Portinari dipingeva un campo come se lo lavorasse con la zappa e l’annaffiasse e lo curasse”.

Se dovessimo riassumere in una sola frase i legami che univano Candido Portinari alla terra dei suoi avi – si ipotizza che tra loro vi fosse “Bice”, la musa di Dante Alighieri, Beatrice Portinari – basterebbe ricordare che le sue ultime parole in punto di morte, secondo il suo medico Mem Xavier da Silveira, al suo capezzale, furono pronunciate in dialetto veneto.

Ho cercato tra i 30.000 documenti che compongono l’archivio del Progetto Portinari per chiarire la questione di come i quattro pannelli siano entrati a far parte della collezione dell’Ambasciata italiana.

Il legame di Portinari con l’Ambasciata d’Italia inizia nei primi anni ‘30, grazie alla sua amicizia con Francesco Lequio (Franco), Incaricato d’Affari presso l’Ambasciata d’Italia. Lequio arriva all’indomani della partenza dell’allora Ambasciatore Cerruti e inizia a frequentare la casa di Portinari, prima nel quartiere carioca della Lapa, e poi a Cosme Velho. Qui mia madre soleva offrire memora-bili pastasciutte al gruppo di poeti, scrittori, artisti, musicisti, politici, giornalisti e illustri educatori che frequentavano la casa. Tra questi

Candido Portinari, Ritratto di Francesco Lequio, 1933

Candido Portinari, Retrato de Francesco Lequio, 1933

Candido Portinari, Portrait of Francesco Lequio, 1933

outros. Portinari torna-se uma espécie de polo de captação e irradiação das principais preocupações estéticas, artísticas, culturais, sociais e políticas daquela geração, o que leva o historiador de arte Clarival do Prado Valladares a afirmar:

“… Portinari participou da elite intelectual brasileira, ao lado dos mais consagrados nomes, no exato momento em que todos eles promoviam uma notável mudança na estética e na cultura dos grandes centros brasileiros”.

Neste momento, Portinari pinta o retrato de Lequio, o que viria a ter grande importância para sua carreira de artista.

A história deste retrato está no depoimento que Antonio Portinari, irmão do pintor, deu ao Projeto Portinari. Segundo relatado por Antonio Portinari, durante uma recepção na casa de Jorge Castro, ao ver o retrato que o Candido Portinari realizara para o anfitrião, Franco Lequio exclamou: “Mas é uma beleza! Eu queria fazer um retrato com ele, pode ser?”. Eram umas nove, dez horas da noite. Telefonaram para o Candido Portinari e marcaram para o dia seguinte. Lequio foi e o Portinari fez o retrato.

Vale aqui lembrar que naquela época não havia ainda um “mercado de arte”, marchands e galerias, e a sobrevivência financeira era um grande desafio.

Quando o Projeto Portinari, em 2004, após 25 anos de trabalho em tempo integral e dedi-cação exclusiva, publicou os cinco volumes do Catálogo Raisonné, “Candido Portinari: Obra Completa”, com as quase 5 mil obras dispostas pela primeira vez por ordem cronológica, veio à luz um fato que comprova essa observação: percorrendo as páginas do Catálogo, sobretudo aquelas que cobrem os anos iniciais da carreira do pintor, nota-se que, de quando em quando, o que se vê é uma sequência de retratos, uns

a kind of hub for capturing and irradiating the main aesthetic, artistic, cultural, social and political concerns of that generation, which led art historian Clarival do Prado Valladares to state:

“... Portinari was part of the Brazilian intellectual elite, alongside the most renowned names, at the exact moment when they were all promoting a notable change in the aesthetics and culture of the major Brazilian urban centers.”

At this time, Portinari painted a portrait of Lequio, which was to have great importance for his career as an artist.

The story of this portrait is told in the statement that Antonio Portinari, the painter’s brother, gave to the Portinari Project. As reported by Antonio Portinari, during a reception at Jorge Castro’s house, on seeing the portrait that Candido Portinari had done for the host, Franco Lequio exclaimed: “But it’s beautiful! I would like to do a portrait with him”. It was about nine or ten o’clock at night. They called Candido Portinari and set up an appointment for the next day. Lequio accepted and Portinari painted the portrait.

It is worth remembering here that at that time there was not yet an “art market”, art dealers and galleries, and financial survival was a great challenge.

When the Portinari Project, in 2004, after 25 years of full-time work and exclusive dedication, published the five volumes of the Catalogue Raisonné, “Candido Portinari: Obra Completa”, with the almost 5 thousand works arranged in chronological order for the first time, a fact that proves this observation came to light: going through the pages of the Catalogue, especially those covering the early years of the painter’s career, one notices that, from time to time, what one sees is a sequence

vi erano Manuel Bandeira, Jorge Amado, Carlos Drummond de Andrade, Mário de Andrade, Villa-Lobos, Francisco Mignone, Murilo Mendes, Lúcio Costa e molti altri. Portinari era una sorta di polo di attrazione e diffusione delle principali tensioni estetiche, artistiche, culturali, sociali e politiche di quella genera-zione. Il che ha fatto sì che lo storico dell’arte Clarival do Prado Valladares affermasse:

“... Portinari ha fatto parte dell’élite intellettuale brasiliana, accanto ai personaggi più illustri, nel momento esatto in cui tutti loro promuo-vevano un grande cambiamento nell’estetica e nella cultura dei grandi centri brasiliani”.

In quegli anni Portinari dipinse il ritratto di Lequio, che avrebbe avuto grande importanza per la sua carriera di artista.

La storia di questo ritratto si trova nella testimonianza che Antonio Portinari, fratello del pittore, ha dato al Progetto Portinari. Secondo quanto riferito da Antonio Portinari, durante un ricevimento a casa di Jorge Castro, di fronte al ritratto che Candido Portinari aveva dipinto per il padrone di casa, Franco Lequio avrebbe esclamato: “Ma è una bellezza! Vorrei farmi dipingere un ritratto da lui. Sarebbe possibile?”. Erano circa le nove, le dieci di sera. Telefonarono subito a Candido Portinari e fissarono un appuntamento per l’indomani. Lequio si presentò e Portinari fece il ritratto.

Vale la pena ricordare che a quel tempo non esisteva ancora un “mercato dell’arte”, né commercianti o gallerie, e la sopravvivenza finanziaria era una grande sfida.

Quando nel 2004, dopo 25 anni di lavoro a tempo pieno e dedizione esclusiva, il Progetto Portinari ha pubblicato i cinque volumi del Catalogo ragionato “Candido Portinari: Opera completa”, con quasi cinquemila opere disposte per la prima volta in ordine cronolo-gico, è venuto alla luce un fatto che conferma questa osservazione: sfogliando le pagine del Catalogo, soprattutto quelle che riguardano i primi anni di carriera del pittore, si nota che, di tanto in tanto, appare una sequenza di

30 31

emendados nos outros. Em seguida, vemos pinturas com outra temática, durante um período. Prosseguindo, encontramos mais uma “batelada” de retratos, e assim por diante.

Não é necessário ser Sherlock Holmes para deduzir a razão destas “faixas” cronológicas de retratos: era quando o pintor ganhava o seu sustento, e sua liberdade para pintar o que lhe aprouvesse.

Voltando ao retrato de Lequio, aqui repro-duzido – uma pintura magnífica, um retrato psicológico – o que ocorreu é que este retrato provocou um verdadeiro furor nos círculos da sociedade brasileira de maior poder aquisitivo. Como afirma o jornalista Marcos André em sua coluna “Bazar”, no “O Jornal” de 12 de fevereiro de 1962 (alguns dias após a morte de Portinari):

“… após a apresentação deste quadro na residência do diplomata italiano, logo no dia seguinte havia uma fila de carros defronte à residência de Candinho e Maria: toda a gente, na maior parte diplomatas, desejava ser retratada por Portinari! Seguiram-se retratos que ficaram famosos, como o da Condessa Gioia Gaetani, com um olho só, misterioso como a cabeça de Nefertiti; os da Embaixatriz Sofia Cantalupo e tantos, tantos outros…”

Portinari tornou-se muito amigo do casal Roberto e Sofia Cantalupo, realizando vários retratos da Embaixatriz Sofia e um retrato do Embaixador Roberto Cantalupo.

No que diz respeito aos quatro painéis das paisagens tropicais – que desde 1934 decoram a belíssima sede que o grande engenheiro italiano Pier Luigi Nervi projetou para aquela que é considerada a joia das embaixadas de Brasília – até hoje a equipe do Projeto Portinari ainda não conseguiu obter informações que comprovem que esses painéis foram de fato encomendados pelo Embaixador Roberto Cantalupo, nem sobre como essas importantes – e atípicas! – obras teriam chegado à Embaixada da Itália (mas sabemos com certeza que as pinturas foram exibidas

of portraits, one spliced into the other. Then we see paintings with another theme, during a period. Then we find another “batch” of portraits, and so on.

You don’t have to be Sherlock Holmes to deduce the reason for these chronological “ranges” of portraits: this was when the painter earned his living, and his freedom to paint whatever he pleased.

Returning to the portrait of Lequio, reproduced here – a magnificent painting, a psychological portrait – what occurred was that this portrait provoked a veritable furor in the circles of Brazilian society with greater buying power. As journalist Marcos André states in his column “Bazar”, in “O Jornal” of 12 February 1962 (a few days after Portinari’s death):

“... after the presentation of this painting at the residence of the Italian diplomat, the very next day there was a queue of cars outside the residence of Candinho and Maria: everyone, mostly diplomats, wanted to be portrayed by Portinari! There followed portraits that became famous, like that of Countess Gioia Gaetani, with one eye, mysterious like Nefertiti’s head; those of Ambassadress Sofia Cantalupo and many, many others...”

Portinari became close friends with the couple Roberto and Sofia Cantalupo, making several portraits of Ambassadress Sofia and a portrait of Ambassador Roberto Cantalupo.

As regards the four panels of tropical land-scapes – which since 1934 have decorated the beautiful headquarters that the great Italian engineer Pier Luigi Nervi designed for what is considered the jewel of the Brasília embassies – to this day the Portinari Project team has not been able to obtain information proving that these panels were in fact commissioned by Ambassador Roberto Cantalupo, nor how these important – and atypical! – works would have arrived at the Italian Embassy (but we know for sure that the paintings were shown at

ritratti, realizzati uno di seguito all’altro. Poi, durante un altro periodo, appaiono dipinti con tutt’altro tema. Proseguendo troviamo un altro “lotto” di ritratti, e così via.

Non è necessario essere Sherlock Holmes per dedurre il motivo di questi blocchi cronologici di ritratti: avveniva quando il pittore aveva bisogno di guadagnarsi da vivere (e, al contempo, “pagarsi” la libertà per poter tornare a dipingere ciò che desiderava).

Tornando al ritratto di Lequio qui riprodotto – un magnifico dipinto, un ritratto psicologico – accadde che tale ritratto causò un vero e proprio furore negli ambienti e nei salotti della società brasiliana più abbiente. Come scrisse il giornalista Marcos André nella sua rubrica “Bazar”, sulle pagine de “O Jornal” del 12 febbraio 1962 (pochi giorni dopo la morte di Portinari):

“… dopo la presentazione di questo dipinto presso la residenza del diplomatico italiano, già dal giorno successivo vi era una fila di auto davanti alla casa di Candinho e Maria: tutti, per lo più diplomatici, volevano essere ritratti da Portinari! Seguirono ritratti divenuti famosi, come quello della Contessa Gioia Gaetani con un occhio solo, misteriosa come la testa di Nefertiti; quelli dell’Ambasciatrice Sofia Cantalupo e tanti, tanti altri...”

Portinari strinse amicizia con i coniugi Roberto e Sofia Cantalupo. Realizzò diversi ritratti dell’Ambasciatrice Sofia e un ritratto dell’Ambasciatore Roberto Cantalupo.

Per quanto riguarda i quattro pannelli di paesaggi tropicali - che dal 1934 decorano la splendida sede progettata dal grande ingegnere italiano Pier Luigi Nervi per quello che sarebbe stato considerato il gioiello delle ambasciate di Brasilia - ad oggi l’equipe del Progetto Portinari non è ancora riuscita a ottenere informazioni che dimostrino che i pannelli siano stati effettivamente commissionati dall’Ambasciatore Roberto Cantalupo, né su come queste importanti - e atipiche! - opere sarebbero arrivate all’Ambasciata d’Italia (sappiamo per certo, però, che i dipinti furono

Candido Portinari, Ritratto di Sofia Cantalupo, 1933

Candido Portinari, Retrato de Sofia Cantalupo, 1933

Candido Portinari, Portrait of Sofia Cantalupo, 1933

Candido Portinari, Ritratto di Sofia Cantalupo, 1934

Candido Portinari, Retrato de Sofia Cantalupo, 1934

Candido Portinari, Portrait of Sofia Cantalupo, 1934

Candido Portinari, Ritratto di Sofia Cantalupo, 1936

Candido Portinari, Retrato de Sofia Cantalupo, 1936

Candido Portinari, Portrait of Sofia Cantalupo, 1936

Candido Portinari, Ritratto di Roberto Cantalupo, 1933

Candido Portinari, Retraato de Roberto Cantalupo, 1933

Candido Portinari, Portrait of Roberto Cantalupo, 1933

32 33

na exposição promovida pela Associação dos Artistas Brasileiros, no Palace Hotel do Rio de Janeiro, cujo vernissage ocorreu em 17 de julho de 1934).

Continuaremos pesquisando...

Aproveito o ensejo para reiterar os meus sensibilizados agradecimentos pelo carinho dedicado à memória de meu pai, ao trabalho do Projeto Portinari, e a mim pessoalmente. Desejo longa, próspera e feliz vida ao Embaixador e a toda a equipe da Embaixada da Itália!

Sobre Portinari, assim se pronunciou um dos grandes homens da Itália do século XX, Giuseppe Eugenio Luraghi, presidente da Alfa Romeo, inventor do carro “Giulietta”, que harmonizava sua ação como grande “capo d’azienda” à de poeta, escritor e crítico de arte, e um dos mais fraternais amigos de Portinari:

“Nestes dias de desorientação, de funam-bolismos e de anemia, o exemplo da arte poderosa de Candido Portinari, tão rica de significado, de matéria e de sólida técnica, chega a nós como um bom vento vivificante, a demonstrar-nos que a grande veia latina não se exauriu, mas, ao contrário, enriquecida de novos temas, continua viva, também pelo mérito de um filho de emigrantes que ainda acredita que a pintura seja um ofício sério, árduo e útil aos homens”.

João Candido Portinari, setembro de 2021

the exhibition promoted by the Association of Brazilian Artists at the Palace Hotel in Rio de Janeiro, with a vernissage on July 17th, 1934).

We’ll keep searching...

I take this opportunity to reiterate my heartfelt thanks for the affection dedicated to the memory of my father, to the work of the Portinari Project, and to me personally. I wish a long, prosperous and happy life to the Ambassador and the entire team of the Italian Embassy!

One of the great men of Italy of the twentieth century, Giuseppe Eugenio Luraghi, president of Alfa Romeo, inventor of the “Giulietta” car, who harmonized his work as a great “capo d’azienda” with that of poet, writer and art critic, and one of Portinari’s most fraternal friends, said this about Portinari:

“In these days of disorientation, funambolisms and anaemia, the example of the powerful art of Candido Portinari, so rich in meaning, material and solid technique, comes to us like a good vivifying wind, showing us that the great Latin vein has not been exhausted, but, on the contrary, enriched with new themes, continues alive, also by the merit of a son of emigrants who still believes that painting is a serious craft, arduous and useful to men”.

João Candido Portinari, September 2021

esposti alla mostra promossa dalla Associação dos Artistas Brasileiros, inaugurata il 17 luglio 1934 presso il Palace Hotel di Rio de Janeiro).

Continueremo a fare ricerche.

Colgo l’occasione per rinnovare il mio sentito ringraziamento per l’affetto dedicato alla memoria di mio padre, al lavoro del Progetto Portinari e a me personalmente. Auguro all’Ambasciatore e tutto il personale dell’Am-basciata d’Italia una vita lunga, prospera e felice!

A proposito di Portinari, Giuseppe Eugenio Luraghi, uno dei grandi uomini del Novecento italiano, presidente dell’Alfa Romeo, inventore dell’auto “Giulietta”, che conciliava il suo ruolo di grande “capo d’azienda” con quella di poeta, scrittore e critico d’arte, nonché uno degli amici più fraterni di Portinari, ha detto:

“In un periodo di smarrimento, di funambo-lismi e di anemia, l’esempio della forte arte di Candido Portinari, così piena di significati, di materia e di solida tecnica, giunge a noi come un buon vento vivificatore a dimostrarci che la grande vena latina non si è inaridita, ma, arricchita di nuovi motivi, seguita viva anche per merito di un figlio di emigrati che crede ancora che la pittura sia un mestiere serio, faticato e utile agli uomini”.

João Candido Portinari, settembre 2021

Giuseppe Eugenio Luraghi e Candido Portinari, 1950

Giuseppe Eugenio Luraghi and Candido Portinari, 1950

Il progetto curatoriale di Fernando e Humberto Campana per la ristrutturazione degli interni dei Saloni della Residenza risale al 2012, anno in cui i designer ricevono l’invito dell’Ambasciata. L’edificio, inaugurato nel 1978 e progettato dall’ingegnere italiano Pier Luigi Nervi, è considerato un “edificio verde”: già dalla fase della sua concezione denota una certa preoccupazione per la sostenibilità, grazie alla particolare attenzione data all’uso della luce naturale e alla ventilazione, con l’aggiunta, in epoche successive, di un sistema di generazione di energia solare e di ulteriori installazioni volte all’efficienza energetica, alla riduzione dei rifiuti e al rispetto dell’ambiente. Sostenuta su pilotis di cemento a vista, la struttura esalta la leggerezza delle linee moderniste, enfatizzate da giardini e specchi d’acqua, evocando grandi alberi dell’Amazzonia.

“La prima cosa che desideravamo fare era recuperare le caratteristiche originali dell’architettura modernista, valorizzando il design italiano, con tutta la sua raffinatezza e contemporaneità, e bilanciando il linguaggio visivo esterno e interno”, ricorda Humberto Campana. Per fare questo è stata realizzata un’ampia ricerca sull’intera collezione dell’Ambasciata, che riunisce mobili originali degli anni ‘70 e pezzi di artisti come Maria Bonomi e Candido Portinari. Le pareti di cemento, che erano coperte di tessuto, sono state esposte di nuovo, rivelando le linee originali e permettendo, secondo il punto di vista dei Campana, “un dialogo genuinamente italiano”. Marchi come Edra e FontanaArte

The curatorial project of Fernando and Humberto Campana for the interior renovation of the Halls of Residence of the Italian Embassy in Brasília came about thanks to the invitation the designers received in 2012. The building that houses the Embassy, opened in 1978 and designed by the Italian engineer Pier Luigi Nervi, is considered a “green building” because, already in its conception, it shows a concern with sustainability, giving special attention to the use of natural light and ventilation, with the addition, in later periods, of a solar power generation system and other facilities aimed at energy efficiency, waste reduction and respect for the environment. Supported on exposed concrete pilotis, the structure values the lightness of modernist lines, reinforced by gardens and water mirrors, reminiscent of an Amazon tree.

“The first thing we wanted to do was to rescue the original characteristics of the modernist architecture, valuing Italian design with all its sophistication and contemporaneity, balancing the external and internal visual language”, recalls Humberto Campana. For this, extensive research was carried out on the entire collection of the Embassy, which brings together original furniture from the 70s and pieces by artists such as Maria Bonomi and Candido Portinari. The concrete walls, which were covered in fabric, were exposed again, revealing the original lines and allowing a genuine Italian dialogue, from the perspective of the Campana Brothers. Brands such as Edra and FontanaArte kindly donated pieces selected by Fernando and Humberto, including

O projeto de curadoria de Fernando e Humberto Campana para a renovação do inte-rior dos Salões da Residência da Embaixada da Itália em Brasília aconteceu a partir do convite que os designers receberam em 2012. O edifício que hospeda a Embaixada, inaugurado em 1978 e projetado pelo engenheiro italiano Pier Luigi Nervi, é considerado um “edifício verde” porque, já em sua concepção, mostra uma preocupação com a sustentabilidade, dando especial atenção ao uso da luz natural e da ventilação, com a adição, em períodos posteriores, de um sistema de geração de energia solar e outras instalações que visam à eficiência energética, à redução de resíduos e ao respeito ao meio ambiente. Apoiado em pilotis de concreto aparente, a estrutura valoriza a leveza das linhas modernistas, reforçada pelos jardins e espelhos d’água, lembrando uma árvore amazônica.

“A primeira coisa que quisemos fazer foi resgatar as características originais da arquite-tura modernista, valorizando o design italiano com toda a sofisticação e contemporaneidade, equilibrando a linguagem visual externa e interna”, lembra Humberto Campana. Para isso, foi feita uma extensa pesquisa de todo o acervo da Embaixada, que reúne mobiliário original dos anos 70 e peças de artistas como Maria Bonomi e Candido Portinari. As paredes de concreto, que estavam cobertas em tecido, voltaram a ser expostas, revelando as linhas originais e permitindo um diálogo genuina-mente italiano, a partir do olhar dos Campana. Marcas como Edra e FontanaArte gentilmente doaram peças selecionadas por Fernando e

Design: il progetto per i saloni della Residenza

Design: the project for the halls of Residence

Design: o projeto para os salões da Residência

La testimonianza dei Fratelli Campana

O testemunho dos Irmãos Campana

The testimony of the Campana Brothers

34 35

hanno gentilmente donato pezzi selezionati da Fernando e Humberto, tra cui divani, lampade e tavoli che hanno composto vari ambienti, come la sala riunioni, la sala da pranzo e i saloni di rappresentanza.

Lo studio Campana ha anche donato un paravento disegnato appositamente per l’Ambasciata, fatto di bacchette di alluminio, il quale ha in seguito dato origine alla collezione “Blow Up” della marca Alessi.

Ricordando l’invito e il progetto realizzato per l’Ambasciata, Fernando Campana afferma: “Per noi è stato un lavoro molto interessante e ne siamo stati onorati. Affidarci uno spazio così importante, che rappresenta la diplomazia e la cultura italiana, è stato un riconoscimento del nostro lavoro e un vero e proprio regalo”.

Instituto Campana, giugno 2021

Humberto, incluindo sofás, luminárias e mesas que compuseram diversos ambientes, desde sala de reuniões, sala de jantar e salão de eventos.

O estúdio Campana também doou um biombo desenhado especialmente para a Embaixada, feito de varetas de alumínio, que mais tarde deu origem à coleção “Blow Up” para a Alessi.

Ao relembrar o convite e o projeto realizado para a Embaixada, Fernando Campana afirma: “Para nós foi um trabalho muito interessante e ficamos honrados. Confiar-nos um espaço tão importante, que representa a diplomacia e a cultura italiana, foi um reconhecimento ao nosso trabalho e um presente”.

Instituto Campana, junho de 2021

sofas, lamps and tables that composed various environments, including a meeting room, dining room and event hall.

The Campana studio also donated a screen designed especially for the Embassy, made of aluminum rods, which later originated the “Blow Up” collection for Alessi.

Recalling the invitation and the project carried out for the Embassy, Fernando Campana says: “For us it was a very interesting job and we were honored. Entrusting us with such an important space, which represents Italian diplomacy and culture, was a recognition of our work and a gift”.

Campana Institute, June 2021

Foto: Joana França

Photo: Joana França

36 37

Sin dall’inizio del decennio scorso la Sede diplomatica ha iniziato ad adottare importanti misure volte a migliorare la sostenibilità energetica dell’edificio e a sensibilizzare il proprio personale al rispetto dell’ambiente tramite l’impiego di buone pratiche. Si può affermare che l’Ambasciata d’Italia a Brasilia è stata ed è pioniera per quanto riguarda l’attenzione e l’innovazione a favore della sostenibilità ambientale.

Nel 2010 la Sede ha deciso di trasformarsi in un laboratorio di esperienze ecosostenibili aderendo alla campagna ambientale, promossa dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale italiano, denomi-nata “Farnesina Verde”.

Tra il 2011 e il 2012 l’Ambasciata ha realizzato il progetto “Ambasciata Verde”, articolato in due ambiti, energia e acqua.

Dopo una fase preliminare di studi e ricerche, il 4 aprile 2012 è stata avviata la fase esecutiva del progetto. Nello stesso anno l’Ambasciata ha ricevuto dal Ministero degli Esteri il titolo di “Ambasciata Verde”.

È stata la prima Sede diplomatica italiana al mondo ad essere insignita del titolo e una delle prime, fra quelle europee di Brasilia, ad utilizzare energia rinnovabile e sistemi di rici-claggio dell’acqua per il proprio rifornimento. Grazie al progetto, la Sede ha ricevuto la certificazione di edificio ecosostenibile “Green Building Plus Rina”, rilasciata dal Gruppo Rina (Registro Italiano Navale). Da allora si è aperto un cammino per successive esperienze e si

Since the beginning of the last decade, the diplomatic Headquarters has taken important measures to improve the energy sustainability of the building and help encourage its employees to have respect for the environment and walk the talk of sustainablity. The Italian Embassy in Brasília was and is a pioneer with regard to attention and innovation in favor of environmental sustainability.

In 2010, the Headquarters decided to become a laboratory for eco-sustainable experiments, joining the environmental campaign called “Green Farnesina”, promoted by the Italian Ministry of Foreign Affairs and International Cooperation.

Between 2011 and 2012, the Embassy carried out the “Green Embassy” project, focused on two areas: energy and water.

After a preliminary phase of studies and research, on 4 April 2012 the executive phase of the project was launched. In the same year, the Embassy was awarded the title of “Green Embassy” by the Italian Ministry of Foreign Affairs.

It was the first Italian diplomatic Headquarters in the world to obtain this recognition and one of the first among the European embassies in Brasília to use renewable energy and water recycling systems for its own supply. Thanks to the project, the Embassy received the “Green Building Plus Rina” eco-sustainable construction certification, issued by the Rina Group (Italian Naval Register). From then on, the way was paved for successive experiences

Desde o início da década passada, a Sede diplomática vem adotando medidas importantes para melhorar a sustentabilidade energética do edifício e conscientizar seus funcionários para o respeito ao meio ambiente a partir da aplicação de boas práticas. Pode-se dizer que a Embaixada da Itália em Brasília foi e é pioneira no que diz respeito à atenção e à inovação em prol da sustentabilidade ambiental.

Em 2010, a Sede decidiu transformar-se num laboratório de experiências ecossustentáveis, aderindo à campanha ambiental denominada “Farnesina Verde”, promovida pelo Ministério das Relações Exteriores e Cooperação Internacional da Itália.

Entre 2011 e 2012, a Embaixada realizou o projeto “Embaixada Verde”, articulado em duas áreas: energia e água.

Após uma fase preliminar de estudos e pesquisas, em 4 de abril de 2012 foi lançada a etapa executiva do projeto. No mesmo ano, a Embaixada recebeu do Ministério das Relações Exteriores italiano o título de “Embaixada Verde”.

Foi a primeira Sede diplomática italiana no mundo a obter esse reconhecimento e uma das primeiras, entre as embaixadas europeias em Brasília, a utilizar energia renovável e sistemas de reciclagem de água para seu próprio abastecimento. Graças ao projeto, a Sede recebeu a certificação de construção ecossustentável “Green Building Plus Rina”, emitida pelo Grupo Rina (Registro Naval

2011–2021 Un decennio di primati verdi

2011–2021 A decade of green records

2011–2021 Uma década de recordes verdes

è affermata la vocazione ecologica dell’Am-basciata che, grazie alle innovazioni e ai suoi primati, è giunta a rappresentare un modello virtuoso cui ispirarsi, dentro e fuori il Brasile.

Nell’ambito del progetto “Ambasciata Verde” sono stati installati due impianti: un sistema di pannelli fotovoltaici e un circuito di fitodepura-zione delle acque reflue.

L’impianto ad energia solare è stato progettato e realizzato grazie alla collaborazione dell’Enel Green Power e al supporto delle Autorità brasiliane competenti nel campo dell’energia elettrica (Agenzia Nazionale per l’Energia Elettrica Aneel e Compagnia Energetica di Brasília CEB). Sulla copertura dell’Ambasciata sono stati installati 405 pannelli fotovoltaici a film sottile, per una potenza installata pari a 49,01 kW, che producono energia elettrica per il fabbisogno di uffici, abitazioni del personale e Residenza dell’Ambasciatore.

Il sistema integrato di fitodepurazione e riutilizzo delle acque reflue è stato realizzato da un gruppo di aziende italiane e brasiliane (Ecomachine, Texep, CMO, Edilbras e Idéias) riunite nella società Ecoideias.

Le acque reflue prodotte dalla Sede, anziché confluire direttamente nella rete fognaria locale, vengono raccolte e trattate nell’im-pianto di depurazione installato nel giardino. Qui, in apposite fosse di decantazione, i residui solidi sedimentano. L’acqua passa poi al serbatoio in cui ha inizio la fase organica della fitodepurazione: seguendo un percorso discendente, l’acqua attraversa diversi strati

Italiano). A partir de então, foi pavimentado o caminho para as experiências sucessivas e afirmou-se a vocação ecológica da Embaixada que, graças às inovações e às suas conquistas, passou a representar um modelo virtuoso ao qual se inspirar, dentro e fora do Brasil.

No âmbito do projeto “Embaixada Verde”, foram instalados dois sistemas: um sistema de painéis fotovoltaicos e um circuito de fitodepuração das águas residuais.

A planta de geração de energia solar foi projetada e construída graças à colaboração da Enel Green Power e ao apoio das Autoridades brasileiras competentes na área de energia elétrica (Agência Nacional de Energia Elétrica e Companhia Energética de Brasília). Na cobertura da Embaixada, foram instalados 405 painéis fotovoltaicos de película fina, para uma potência instalada de 49,01 kW, que produzem energia elétrica para as necessidades dos escritórios, das habitações dos funcionários e da Residência do Embaixador.

O sistema integrado de fitodepuração e reutili-zação das águas residuais foi desenvolvido por um grupo de empresas italianas e brasileiras (Ecomachine, Texep, CMO, Edilbras e Idéias) unidas na sociedade Ecoideias.

As águas residuais produzidas pela Sede, em vez de escoar diretamente para o sistema de esgoto local, são coletadas e tratadas na estação de purificação instalada no jardim. Aqui, em fossas sépticas específicas, os resíduos sólidos sedimentam. Sucessivamente, a água passa para o reservatório onde começa a fase

and the ecological vocation of the Embassy was reaffirmed which, thanks to the innovations and its achievements, came to represent a virtuous model inside and outside Brazil.

Under the “Green Embassy” project, two systems were installed: a photovoltaic panel system and a wastewater purification circuit.

The solar power generation plant was designed and built thanks to the collaboration of Enel Green Power and the support of the Brazilian Authorities specialized in the field of electric energy (Agência Nacional de Energia Elétrica e Companhia Energética de Brasília). On the roof of the Embassy, 405 thin-film photovoltaic panels were installed, for an installed power of 49.01 kW, which produce electricity for the needs of the offices, staff housing and the Ambassador’s Residence.

The integrated phyto-purification and wastewater reuse system was developed by a group of Italian and Brazilian companies (Ecomachine, Texep, CMO, Edilbras e Idéias) united in the Ecoideias group.

The wastewater produced by the Head Office, instead of flowing directly into the local sewage system, is collected and treated in the purification plant installed in the garden. Here, in specific septic tanks, the solid waste settles. The water then runs through the tank where the organic phase of phytodepuration begins: following a downward path, the water continues on through several layers of gravel and sand, which allow a first mechanical filtration. At this stage, the water comes into

Logo Ambasciata Verde. Logotipo Embaixada Verde. Green Embassy logo.

38 39

contact with the bacteria present in the tank, which breaks down the organic waste into simpler molecules (nitrates, phosphates, carbon dioxide). At this point, the water reaches the roots of the plants that naturally absorb the compounds present. Since it is a treatment carried out underground and based on totally natural processes, phytodepuration does not produce unpleasant odours or require the use of chemical substances.

The water that passes through the phytodep-uration plant contains no pollutants; it is reintroduced into the environment and used for garden irrigation.

In addition to the important environmental benefits arising from the photovoltaic and water purification system, it is also worth highlighting the value of collecting and validating technical data, used to profile the technical and economic feasibility of these initiatives. In fact, the Green Embassy project was also created with the objective of stimu-lating behaviors and technological solutions capable of reducing environmental impact and providing models that can be replicated on a larger scale.

In recent years, this commitment has inten-sified, giving rise to increasingly significant actions and results.

orgânica de fitodepuração: seguindo uma trajetória descendente, a água passa por várias camadas de cascalho e areia, que permitem uma primeira filtragem mecânica. Nesta fase, a água entra em contato com as bactérias presentes no tanque, que decompõem os resíduos orgânicos em moléculas mais simples (nitratos, fosfatos, dióxido de carbono). Em seguida, a água chega às raízes das plantas que absorvem naturalmente os compostos presentes. Por ser um tratamento realizado no subsolo e baseado em processos totalmente naturais, a fitodepuração não produz odores desagradáveis nem requer o uso de substâncias químicas.

A água que passa pela planta de fitodepuração não contém poluentes, é reintroduzida no meio ambiente e utilizada para irrigação do jardim.

Além dos importantes benefícios ambientais decorrentes do sistema fotovoltaico e de purificação de água, cabe também destacar o valor da coleta e validação dos dados técnicos, utilizados para traçar os perfis de viabilidade técnica e econômica dessas iniciativas. De fato, o projeto Embaixada Verde foi criado também com o objetivo de estimular comportamentos e soluções tecnológicas capazes de reduzir o impacto ambiental e fornecer modelos que possam ser replicados em escala maior.

Nos últimos anos, este compromisso tem se intensificado, dando origem a ações e resultados cada vez mais significativos.

costituiti da ghiaia e sabbia, che consentono un primo filtraggio meccanico. In questa fase l’acqua entra in contatto con i batteri presenti nel serbatoio, che decompongono i rifiuti organici in molecole più semplici (nitrati, fosfati, anidride carbonica). Quindi l’acqua arriva alle radici delle piante che assorbono naturalmente i composti presenti. Trattandosi di un trattamento effettuato nel sottosuolo e basato su processi totalmente naturali, la fitodepurazione non produce cattivi odori né richiede l’utilizzo di sostanze chimiche.

L’acqua che attraversa l’impianto di fitode-purazione non contiene sostanze inquinanti, viene reimmessa nell’ambiente e utilizzata per l’irrigazione del giardino.

Oltre agli importanti benefici ambientali derivanti dall’impianto fotovoltaico e dal sistema di fitodepurazione delle acque, vale la pena evidenziare anche il valore della raccolta e validazione dei dati tecnici, utilizzati per tracciare il profilo di fattibilità tecnica ed economica di tali iniziative. Il progetto Ambasciata Verde, infatti, è stato realizzato anche allo scopo di costituire uno stimolo a comportamenti e soluzioni tecnologiche in grado di ridurre l’impatto ambientale e capaci di fornire modelli replicabili su più ampia scala.

Negli ultimi anni questo impegno si è intensi-ficato, dando vita ad azioni e risultati sempre più significativi.

On April 12th, 2021, the Italian Embassy in Brasília was the first diplomatic mission in the world to receive the certification “Lixo Zero” (Zero Waste) of the Lixo Zero Brasil Institute, recognized by the Zero Waste International Alliance (ZWIA).

Thanks to past and present initiatives, the Italian Embassy has achieved the following results:

• installation of an internal solar energy generation system responsible for more than 36% of the Embassy’s consumption;

• replacement of the internal lamps and part of the external poles with low consumption LED lamps;

• environmentally correct disposal of 97% of the solid waste produced by the Embassy;

• composting of 100% of organic waste thanks to the on-site composting system; end product is used as fertilizer within the Embassy itself;

• abolition of the use of disposable cups (the Embassy is single-use plastic free);

• recycling of discarded electronic material, through donations to partnered social cooperatives that, from the commercial-ization and reuse of the material, generate jobs and income for families in vulnerable situations;

• phytodepuration and reuse of 100% of the building’s wastewater;

• replacement of old electrical systems and equipment with new low-consumption systems.

No dia 12 de abril de 2021, a Embaixada da Itália em Brasília foi a primeira Missão diplomática no mundo a receber a certificação “Lixo Zero” do Instituto Lixo Zero Brasil, reconhecida pela Zero Waste International Alliance (ZWIA).

Graças a iniciativas passadas e presentes, a Embaixada da Itália alcançou os seguintes resultados:

• instalação de um sistema interno de geração de energia solar, que atende mais de 36% do consumo da Embaixada;

• substituição das lâmpadas internas e parte dos postes externos por lâmpadas LED de baixo consumo;

• destinação ambientalmente correta de 97% dos resíduos sólidos produzidos pela Sede;

• compostagem de 100% dos resíduos orgânicos graças ao sistema de compos-tagem presente no local, cujo produto final é utilizado como fertilizante dentro da própria Embaixada;

• abolição do uso de copos plásticos (hoje a Embaixada é single-use plastic free);

• reciclagem do material eletrônico descar-tado, por meio de doações a cooperativas sociais parceiras que, a partir da comer-cialização e reaproveitamento do material, geram empregos e renda para famílias em situação de vulnerabilidade;

• fitodepuração e reaproveitamento de 100% das águas residuais do prédio;

• substituição de sistemas e equipamentos elétricos antigos por novos sistemas de baixo consumo.

Il 12 aprile 2021 l’Ambasciata d’Italia a Brasilia ha ricevuto, prima Missione diplomatica al mondo, la certificazione “Lixo Zero” (Zero Rifiuti) dall’Istituto Lixo Zero Brasil, ricono-sciuta da Zero Waste International Alliance (ZWIA).

Grazie alle iniziative passate e presenti l’Ambasciata d’Italia ha raggiunto i seguenti risultati:

• installazione di un sistema interno di generazione di energia solare che provvede a più del 36% del consumo della Sede;

• sostituzione delle lampade interne e di parte dei lampioni esterni con lampade a LED a basso consumo;

• smaltimento ecologicamente corretto del 97% dei rifiuti solidi prodotti dalla Sede;

• compostaggio del 100% dei rifiuti organici grazie alla compostiera in loco, il cui prodotto finale è utilizzato come fertiliz-zante per i giardini;

• abolizione dell’uso di bicchieri di plastica (oggi l’Ambasciata è single-use plastic free);

• riciclaggio delle strumentazioni elettroniche dismesse, che vengono donate a locali cooperative sociali partner che provvedono, grazie alla vendita del materiale, alla generazione di posti di lavoro e di reddito per famiglie in situazione di vulnerabilità;

• fitodepurazione e riutilizzazione del 100% delle acque reflue dell’edificio;

• sostituzione degli impianti e delle appa-recchiature elettriche con nuovi sistemi e tecnologie a basso consumo.

L’Ambasciatore Francesco Azzarello riceve da Rodrigo Sabatini, Presidente dell’Istituto Lixo Zero Brasil e Direttore della Zero Waste International Alliance, la certifica-zione Lixo Zero durante la cerimonia tenutasi presso l’Ambasciata il 12 aprile 2021. Foto: Archivio dell’Ambasciata.

O Embaixador Francesco Azzarello recebe a certificação Lixo Zero de Rodrigo Sabatini, Presidente do Instituto Lixo Zero Brasil e Diretor da Zero Waste International Alliance, durante a cerimônia realizada na Embaixada no dia 12 de abril de 2021. Foto: Acervo da Embaixada.

Ambassador Francesco Azzarello receives Zero Waste certification from Rodrigo Sabatini, President of the Institute Zero Waste Brazil and Director of Zero Waste International Alliance, during the ceremony held at the Embassy on April 12th, 2021. Photo: Embassy collection.

Centro di compostaggio e raccolta dei rifiuti all’interno del compound dell’Ambasciata. Foto: Archivio dell’Ambasciata.

Centro de compostagem e coleta seletiva dentro do complexo da Embaixada. Foto: Acervo da Embaixada.

Composting and selective collection center inside the Embassy complex. Photo: Embassy collection.

40 41

Sylvia Ficher Andrey Rosenthal Schlee Danilo Matoso Macedo

Casa ancestrale Ancestral houseCasa ancestral

42 43

In memoria di Paulo Roberto Alves dos Santos

Em memória de Paulo Roberto Alves dos Santos

In memory of Paulo Roberto Alves dos Santos

As relações entre dois países não são estáticas e a arquitetura das embaixadas, projetada ou apropriada, não deixa de exprimir de certa forma esse dinamismo. A arquitetura perma-nece, cristaliza circunstâncias, sedimenta estruturas sociais, mas também se acumula em configurações urbanas dinâmicas, adapta-se aos usos, envelhece – como tudo o que a nossa sociedade metaboliza em sua relação com a natureza. Como grande parte da obra de Pier Luigi Nervi (1891-1979), o edifício da Embaixada da Itália em Brasília exprime essa dualidade entre crescimento orgânico e permanência. Seu elemento marcante, qual opera di natura, são os pilares quadrifurcados à guisa de galhos que erguem sobre o nível de acesso uma generosa copa reticulada que provê a sombra imprescindível nos trópicos. Sua geometria rígida, plasmada “pedra artificial” de concreto armado, celebra o racionalismo da opera di mano, uma casa ancestral compatível com o gesto de ocupação territorial que a própria capital brasileira constitui.

Brasil e Itália, natureza e obra do homem, ideia e construção, são algumas dicotomias expressas no edifício como uma síntese em seu tempo de uma relação complexa. Muitos arquitetos, engenheiros, construtores – como Nervi – deram sua contribuição nesse diálogo de mais de cinco séculos entre a outrora América Portuguesa que hoje se chama Brasil e entre as regiões que hoje se chamam Itália. Desnecessário lembrar que se escrevem essas linhas num idioma levado há dois milênios do Lácio para a Península Ibérica. Teriam os romanos chegado diretamente ao Brasil nos tempos do Império? O médico da Lorena, Antoine Le Pois (1525-1578), relatou que “na terra nova do Brasil” se encontrou um meda-lhão de cobre com “efígie e rosto do impe-rador Augusto César”.1 Ainda sem comprovação científica, manteve-se sempre viva a tese de que a América – o Continente que leva o nome do florentino Américo Vespúcio (1454-1512) – teria abrigado na antiguidade uma civilização perdida, em contato com povos mediterrâneos ou da Mesopotâmia.

Relations between two countries are not static and the architecture of embassies, whether designed or appropriated, never fails to express this dynamism. Architecture endures, crystallizes circumstances, sediments social structures, but it also accumulates in dynamic urban configurations, adapts to different uses and ages – and in the same fashion as everything in our society metabolizes its relationship with nature. Like the majority of the work of Pier Luigi Nervi (1891-1979), the building of the Italian Embassy in Brasília expresses this duality between organic growth and permanence. Its striking element, an opera di natura, are the quadrifurcated pillars which, like branches, raise above the access level a generous reticulated canopy that provides indispensable shade in the tropics. Its rigid geometry, molded “artificial stone” of reinforced concrete, celebrates the rationalism of the opera di mano, an ancestral house compatible with the gesture of territorial occupation that the Brazilian capital itself constitutes.

Brazil and Italy, nature and man-made, idea and construction, are some of the dichotomies expressed in the building as a synthesis in its time of a complex relationship. Many architects, engineers, builders – like Nervi – have made their contribution to this dialogue of over five centuries between the once Portuguese America that is now called Brazil and the regions that are now called Italy. We don’t need to remember that these lines are written in a language brought to the Iberian Peninsula two millennia ago from Lazio. Could the Romans have arrived directly in Brazil during the time of the Empire? The physician from Lorraine, Antoine Le Pois (1525-1578), reported that “in the new land of Brazil” a copper medallion with “effigy and face of the emperor Augustus Cesar”1 was found. The thesis that America – the continent that bears the name of the Florentine, Amerigo Vespucci (1454-1512) – would have sheltered a lost civilization in antiquity, in contact with Mediterranean or Mesopotamian peoples, has always been kept alive, even without scientific proof.

Le relazioni tra due Paesi non sono statiche e l’architettura delle ambasciate, progettate o appropriate, non si esime dall’esprimere in un certo qual modo questo dinamismo. L’architettura perdura, cristallizza circostanze, sedimenta strutture sociali, ma si accumula anche nelle configurazioni urbane dinamiche, si adatta agli usi, invecchia, come tutto quello che la nostra società metabolizza nella sua relazione con la natura. Come gran parte dell’opera di Pier Luigi Nervi (1891-1979), l’edificio dell’Ambasciata d’Italia a Brasilia esprime questa dualità tra crescita organica e permanenza. Il suo elemento marcante, quale opera di natura, sono i pilastri quadriforcati a forma di rami che si ergono al di sopra del livello d’accesso, una generosa chioma reticolata che provvede all’ombra, indispen-sabile ai tropici. La sua geometria rigida, plasmata “pietra artificiale” di calcestruzzo armato, celebra il razionalismo dell’opera di mano, una casa ancestrale compatibile con il gesto dell’occupazione territoriale che la stessa capitale brasiliana costituisce.

Brasile e Italia, natura e opera dell’uomo, estro e costruzione, sono alcune dicotomie espresse nell’edificio come una sintesi, a suo modo, di una relazione complessa. Molti architetti, ingegneri, costruttori, come Nervi, hanno dato il loro contributo a questo dialogo, di più di cinque secoli, tra quella che un tempo era l’America Portoghese, che oggi si chiama Brasile, e le regioni che oggi si chiamano Italia. Sembra superfluo ricordare che scriviamo queste righe in una lingua trasportata due millenni fa dal Lazio alla Penisola Iberica. I romani sarebbero forse arrivati direttamente in Brasile ai tempi dell’Impero? Il medico della Lorena, Antoine Le Pois (1525-1578), raccontava che “nella terra nuova del Brasile” era stato trovato un medaglione di rame con la “effigie e volto dell’imperatore Cesare Augusto”.1 Anche se non ne esiste una prova scientifica, si è sempre mantenuta viva l’ipotesi che l’America, il Continente che porta il nome del fiorentino Amerigo Vespucci (1454-1512), avrebbe ospitato, nell’antichità, una civiltà perduta in contatto con le popolazioni mediterranee o della Mesopotamia.

1 “Ie suis venu à parler par occasion de ces Indes, et singulierement de la terre neuve du Bresil: en laquelle s’est trouvée medalle de cuivre, a l’effigie et visage de l’Empereur Auguste Cesar”. Antoine Le Pois, apud Rubens Borba de Moraes, Bibliographia brasiliana: livros raros sobre o Brasil publicados desde 1504 até 1900 e obras de autores brasileiros do período colonial, 3. ed (São Paulo: Edusp; Fapesp, 2010), 1/529.2 “Primumque furcis erectis et virgulis interpositis luto parietes texerunt”. In: Marcus V. Pollio Vitruvius, De Architectura = on Architecture: books I-V, trad. Frank Granger, Loeb Classical Library 251 (Cambridge / London: Harvard University Press, 1931), lv. 2, cap.1, § 3.3 Beatriz Piccolotto Siqueira Bueno, Desenho e desígnio: o Brasil dos engenheiros militares (1500-1822) (São Paulo: Edusp; Fapesp, 2011), 83.4 Francisco de Sousa Viterbo, Dicionário histórico e documental dos arquitectos, engenheiros e construtores portugueses, 3 vols. (Lisboa: Imprensa Nacional - Casa da Moeda, 1988), II/27.5 Lígia de Azevedo Martins e Teresa A. S. Duarte Ferreira, orgs., A ciência do desenho: a ilustração na colecção de códices da Biblioteca Nacional, Bibliografias BN (Lisboa: Biblioteca Nacional, 2001), 88.

Deixando de lado especulações, fato é que o contato dos europeus com os povos nativos aqui residentes influenciaria profundamente o imaginário em ambos os lados do Atlântico. Se por um lado na América os portugueses e espanhóis construíam e fortificavam trazendo sua tradição, por outro, a analogia dos indígenas com antigas civilizações estimulou a imaginação dos arquitetos do Velho Mundo. Nas moradas tropicais vivas que encontraram, passaram a enxergar a concretização coeva de uma cabana primitiva, uma casa ancestral, descrita na antiguidade por Marcus Vitruvius Pollio (séc. I a.C.) em seu De architectura libri decem. Para ele, os povos primitivos “primeiro com forquilhas eretas e varas interpostas teceram paredes com barro”.2

No que concerne à arquitetura, o intercâmbio constante entre Brasil e Itália pode ser atestado pelas próprias edificações, pela circulação da literatura técnica e artística e, sobretudo, pelos muitos profissionais que viajaram entre as duas nações. De modo a demonstrar a riqueza desse diálogo, vale a pena pontuar alguns exemplos dentre os muitos que concretizaram essa intensa relação.

Italianos na construção da América Portuguesa Os italianos estiveram junto aos povos ibéricos na navegação atlântica e na ocupação das terras – quer fosse na construção de aldeias, quer fosse na fortificação frente às hostilidades de outros povos. No mundo luso-brasileiro, encontramos desde o século XVI, nas ilhas atlânticas,3 a presença dos urbineses Tommaso Benedetto da Pesaro e Pompeo Arditti, além de outros que trabalharam em Portugal, como um certo Alexandre Italiano – nomeado em 1588 para trabalhar no Brasil –,4 Pietro Vignarelli de Urbino ou o bolonhês Filippo Terzi (1520-1597), “Mestre das Obras de el-Rei” em 1590, “Mestre das Obras de Fortificações” e professor de arquitetura no Paço da Ribeira em Lisboa.5 O “Tércio”, como era chamado, legou à posteridade obras como o Convento

Speculations aside, the fact is that the contact between Europeans and native peoples living here had a profound influence on the imagi-nation on both sides of the Atlantic. If, on one hand, the Portuguese and Spanish built and fortified their colonies in America, bringing their traditions with them, on the other, the analogy of the indigenous peoples with ancient civilizations stimulated the imagination of the architects of the Old World. In the living tropical dwellings they found, they began to see the contemporary realization of a primitive hut, an ancestral house, described in antiquity by Marcus Vitruvius Pollio (1st century BC) in his De architectura libri decem. For him, primitive peoples “first with upright pitchforks and interposed sticks wove walls with clay”.2

In terms of architecture, the constant exchange between Brazil and Italy can be seen in the buildings themselves, in the circulation of technical and artistic literature and, above all, in the many professionals who have travelled between the two nations. To demonstrate the richness of this dialogue, it is worth pointing out examples among the many that materialized this intense relationship.

Italians in the construction of Portuguese America The Italians were together with the Iberian peoples in the Atlantic navigation and the occupation of the lands – whether in the construction of villages or the fortification against the hostilities of other peoples. In the Luso-Brazilian world, we find since the 16th century, in the Atlantic islands,3 the presence of Tommaso Benedetto da Pesaro and Pompeo Arditti, from Urbino, besides others who worked in Portugal, such as a certain Alexandre Italiano – appointed in 1588 to work in Brazil –,4 Pietro Vignarelli from Urbino or the Bolognese Filippo Terzi (1520-1597), “Mestre das Obras de el-Rei” (Master of the King’s Works) in 1590, “Mestre das Obras de Fortificações” (Master of Fortification Works) and architecture professor at Paço da Ribeira in Lisbon.5 “Tércio”, as he was called, bequeathed to posterity works such as the

Lasciando da parte le speculazioni, è un fatto che il contatto degli europei con i popoli nativi qui residenti ha influenzato profondamente la fantasia di entrambi i lati dell’Atlantico. Se da un lato in America i portoghesi e gli spagnoli hanno costruito e fortificato portando la loro tradizione, dall’altro, l’analogia degli indigeni con antiche civiltà ha stimolato l’immagina-zione degli architetti del Vecchio Mondo. Nelle residenze tropicali vive che hanno trovato, hanno iniziato ad intravedere la concretiz-zazione coeva di una capanna primitiva, una casa ancestrale, descritta nell’antichità da Marcus Vitruvius Pollio (sec. I A.C.) nel suo De architectura libri decem. Secondo Vitruvio, i popoli primitivi “dapprima eretti sostegni a forca ed interposti ramoscelli costruirono pareti col fango”.2

Per quanto riguarda l’architettura, l’inter-scambio costante tra Brasile e Italia può essere provato dagli edifici stessi, dalla circolazione della letteratura tecnica e artistica e, soprattutto, dai molti professionisti che hanno viaggiato tra le due nazioni. Per dimostrare la ricchezza di questo dialogo, vale la pena evidenziare alcuni esempi tra i tanti che hanno concretizzato questa intensa relazione.

Gli italiani nella costruzione dell’America Portoghese Gli italiani erano a fianco dei popoli iberici nella navigazione atlantica e nell’occupazione delle terre, tanto nella costruzione di villaggi, quanto nella fortificazione a fronte delle ostilità degli altri popoli. Nel mondo luso-brasiliano, troviamo fin dal XVI secolo, nelle isole atlantiche,3 la presenza degli urbinati Tommaso Benedetto da Pesaro e Pompeo Arditti, tra gli altri che lavorarono in Portogallo, come un certo Alexandre Italiano, nominato nel 1588 per aver lavorato in Brasile,4 Pietro Vignarelli di Urbino o il bolognese Filippo Terzi (1520-1597), “Mestre das Obras de el-Rei” (Sovrintendente generale del Re) nel 1590, “Mestre das Obras de Fortificações” (Sovrintendente delle Opere di Fortificazione) e professore di architettura presso la Paço da Ribeira a Lisbona.5 “Tercio”, come era chiamato, lasciò alla posterità opere

44 45

de Cristo em Tomar, bem como um pequeno caderno intitulado Filippo Terzi architetto e ingegnere militare in Portogallo 1578 (Estudos sobre embadometria, estereometria e as ordens de arquitectura).

Sucedeu-o o cremonês Leonardo Torriani (1559-1628), o primeiro “Engenheiro-mor do Reino”, que teria projetado fortificações em diversas colônias portuguesas, inclusive a defesa das cidades de Recife e Salvador, em 1604-16056 – papel similar ao do “Engenheiro-mor das conquistas”, o contem-porâneo sienense Tibúrcio Spanochi.7 Era comum, portanto, não apenas que arquitetos italianos se estabelecessem em terras lusas, como também que fossem ali destacados profissionais. Uma prática cujo exemplo mais célebre talvez tenha sido o toscano Niccolò Nasoni (1691-1773), responsável por edifícios de destaque na região do Porto, incluindo a Igreja dos Clérigos.8

O “primeiro engenheiro-mor do Brasil”, esta-belecido na Bahia, foi o florentino Baccio da Filicaia (1565-1628),9 encarregado de “visitar todo o Estado e suas fortalezas”, ocupando-se de “restaurar muitas delas e outras edificar novamente”.10 A presença italiana em todo o período colonial pode ser atestada, por exemplo, pela expedição demarcatória no Sul do Brasil enviada pela Coroa portuguesa após o tratado de Madri (1750),11 tendo à frente o engenheiro genovês “Michelangelo Blasco, tendo entre seus componentes os astrônomos italianos Braniere da Piacenza, Brunelli de Bolonha, Pincete de Gênova, Panicai de Veneza, o cirurgião Polianni, o geógrafo Michele Antonio Ciera de Padua, autor de uma carta do Brasil de 1772, e o engenheiro Giuseppe Maria Cavagna”,12 além do mantuano Enrico Antonio Galluzzi (1720-1769), que atuou no norte do país, erigindo a fortaleza de São José em Macapá. Nessa última tarefa, seria sucedido pelo engenheiro genovês Domenico Sambucetti, responsável pelo projeto da cidade de Mazagão e pelo famoso forte Príncipe da Beira – inacabado –, em Rondônia.

6 Alicia Cámara et al., Leonardo Turriano ingeniero del rey (Madrid: Fundación Juanelo Turriano, 2010), 153.7 Bueno, Desenho e desígnio, 84.8 Viterbo, Dicionário histórico e docu-mental dos arquitectos, engenheiros e construtores portugueses, II/189.9 Bueno, Desenho e desígnio, 84.10 Pietro Maria Bardi, Itália - Brasil: relações desde o século XVI [São Paulo]: Museu de Arte de São Paulo Assis Chateaubriand; Fondazione Giovanni Agnelli, 1980), 18.11 Bueno, Desenho e desígnio, 321.12 Bardi, Itália - Brasil, 22.

Convent of Christ in Tomar, as well as a small notebook entitled Filippo Terzi architetto e ingegnere militare in Portogallo 1578 (Estudos sobre embadometria, estereometria e as ordens de arquitectura).

He was succeeded by the Cremonian Leonardo Torriani (1559-1628), the first “Engenheiro-mor do Reino” (Senior Engineer of the Kingdom), who designed fortifications in several Portuguese colonies, including the defenses of the cities of Recife and Salvador, in 1604-16056 – a role similar to that of the “Engenheiro-mor das conquistas” (Senior Engineer of the Conquests), the Sienese Tiburcio Spanochi.7 It was common, therefore, not only for Italian architects to settle in Lusitanian lands, but also for them to be outstanding professionals. Perhaps the most famous example of this practice was the Tuscan Niccolò Nasoni (1691-1773), respon-sible for important buildings in the Oporto region, including the Igreja dos Clérigos.8

The “Primeiro engenheiro-mor do Brasil” (first senior engineer of Brazil), established in Bahia, was the Florentine Baccio da Filicaia (1565-1628),9 in charge of “visiting the whole State and its fortresses”, “restoring many of them and building others again”.10 The Italian presence throughout the colonial period can be attested, for example, by the expedition of demarcation in the South of Brazil sent by the Portuguese Crown after the treaty of Madrid (1750),11 led by the Genoese engineer “Michelangelo Blasco, having among its components the Italian astronomers Braniere da Piacenza, Brunelli of Bologna, Pincete of Genoa, Panicai of Venice, the surgeon Polianni, the geographer Michele Antonio Ciera of Padua, author of a map of Brazil in 1772, and the engineer Giuseppe Maria Cavagna”,12 as well as the Mantuan Enrico Antonio Galluzzi (1720-1769), who worked in the north of the country, erecting the fortress of São José in Macapá. In this last task, he would be succeeded by the Genoese engineer Domenico Sambucetti, responsible for the design of the city of Mazagão and the famous fort Príncipe da Beira – unfinished –, in Rondônia.

come il Convento de Cristo a Tomar, ed anche un piccolo quaderno intitolato Filippo Terzi architetto e ingegnere militare in Portogallo 1578.

Gli succedette il cremonese Leonardo Torriani (1559-1628), il primo “Engenheiro-mor do Reino” (Ingegnere maggiore delle opere del Regno), che avrebbe progettato fortificazioni in diverse colonie portoghesi, incluse la difesa delle città di Recife e Salvador, nel 1604-16056, incarico simile a quello di “Engenheiro-mor das conquistas” (Ingegnere maggiore delle terre conquistate), del suo contemporaneo senese Tiburzio Spanochi.7 Era comune quindi, non solo che architetti italiani si stabilissero in terre lusitane, ma anche che lì si distinguessero come professionisti. Una consuetudine il cui esempio più celebre, forse, fu il toscano Niccoló Nasoni (1691-1773), responsabile per la costruzione di edifici di rilievo nella regione di Porto, inclusa la Igreja dos Clérigos.8

Il “Primeiro engenheiro-mor do Brasil” (Ingegnere maggiore delle opere del Brasile), istituito in Bahia, fu il fiorentino Baccio da Filicaia (1565-1628),9 incaricato di “visitare tutto lo Stato e le sue fortezze” e di occuparsi di “restaurarne molte e altre edificarle nuovamente”.10 La presenza italiana in tutto il periodo coloniale può essere dimostrata, per esempio, dalla spedizione di demarcazione nel Sud del Brasile inviata dalla Corona portoghese dopo il trattato di Madrid (1750),11 che aveva come capo l’ingegnere genovese “Michelangelo Blasco e che aveva tra i suoi componenti gli astronomi italiani Braniere da Piacenza, Brunelli di Bologna, Pincete di Genova, Panicai di Venezia, il chirurgo Polianni, il geografo Michele Antonio Ciera da Padova, autore di una mappa del Brasile del 1772, e l’ingegnere Giuseppe Maria Cavagna”,12 oltre al mantovano Enrico Antonio Galluzzi (1720-1769), che avrebbe lavorato nel nord del Paese e avrebbe eretto la fortezza di São José a Macapá. In questo ultimo compito, sarebbe stato succeduto dall’ingegnere genovese Domenico Sambucetti, responsabile del progetto della città di Mazagão e del famoso forte Príncipe da Beira, incompiuto, a Rondônia.

Em consonância com a atuação desses profissionais, a tratadística de arquitetura mais corrente do outro lado do Atlântico não era estilística ou religiosa, mas aquela ligada à chamada Arte Militar. Juntamente aos colégios jesuítas, as academias militares de fato se tornariam as escolas de formação de arquitetos e engenheiros na América Portuguesa e por isso os livros da Escola Italiana de fortificação abaluartada constariam nas bibliografias e bibliotecas locais. Era o caso de Della fortifi-catione delle citta (1564), de Girolamo Maggi (1523-1572) e Iacomo Fusti – il Castriotto – (c.1501-1563) ou da Corona imperiale dell’Architettura militare (1618), de Pietro Sardi (1560-1642).13 A longevidade da influência dessa escola é atestada, por exemplo, pela tradução para o português (1790) da Arquitetura Militar de Alessandro Vittorio Papacino d’Antoni (1714-1786). O avanço da artilharia e das táticas de guerra, porém, tornaria as fortificações abaluartadas obsoletas no início do século XIX. Naquele momento, o engenheiro metalúrgico turinês Carlo Antonio Napione (1757-1814), autor de Experiências, e Observações sobre a liga dos bronzes (1801), viria ao Brasil junto à comitiva de Dom João VI em 1808, implementando a indústria de material bélico em nosso território.

No que concerne à importação de modelos formais e decorativos amplamente utilizados, talvez a obra mais significativa seja a Regola delli cinque ordini d’architettura, de Iacomo Barozzi da Vignola (1507-1573) – impresso em 1562 e com mais de quinhentas edições até o século XIX. Por Vignola designava-se não apenas o autor de Il Gesù em Roma. “Vinhola” passou a ser substantivo comum pelo qual tratados de arquitetura eram referidos entre nós. Provavelmente a primeira tradução do Regola para o português seria preparada em 1787 pelo ítalo-português Jozé Carlos Binhetti (m.1816).14 No século seguinte, nada menos que sete “vinholas” seriam impressos entre Portugal e Brasil, nenhum correspondendo a uma fiel reprodução do original.15 Também o

13 Mário Mendonça de Oliveira, As fortificações portuguesas de Salvador quando Cabeça do Brasil (Salvador: Fundação Gregório de Mattos, 2004), 46; Danilo Matoso Macedo, “Biblioteca brasileira de Arquitetura : 1551-1750” (Tese de Doutorado em Arquitetura e Urbanismo, Brasília, Faculdade de Arquitetura e Urbanismo, Universidade de Brasília, 2017), cap. 1, 1748, https://repositorio.unb.br/handle/10482/24932/1.14 Cyrillo Volkmar Machado, Collecção de memórias relativas às vidas dos pintores, e escultores, architetos, e gravadores portuguezes, e dos estrangeiros, que estiverão em Portugal, Subsídios para a história da arte portuguesa (Coimbra: Imprensa da Universidade, 1922), 190–91.15 1. Binhetti, Jozé Carlos, Fernando Galli Bibiena, e Giacomo Barozzi Vignola. Regras das cinco ordens de architectura de Jacomo Barozio de Vinhola, com hum Acrecentamento de geometria pratica e regras de prespectiua de Fernando Galli Bibiena, traduzids por Joze Carlos Binhetti. Lisboa: Na officina de Joze D’Aquino Bulhoens, 1787. 2. Andrade, José Calheiros de Magalhães e, Jacques Chereau, e Giacomo Barozzi Vignola. Regras das sinco ordens de architectura segundo os principios de Vignhola […]. Coimbra: Na Real Imprensa da Universidade, 1787. 3. Sequeira, José da Costa. Noções theo-ricas de architectura civil: seguidas de um breve tractado das cinco ordens de J. B. de Vinhola. Lisboa: Typographia de Jose Baptista Morando, 1858. 4. Thiollet, A. O Vinhola dos proprietarios, ou as Cinco ordens de architectura segundo J. Barrozio de Vinhola […]. Paris: T. Lefèvre, 1879. 5. Léveil, Jean-Arnould, e Iacomo Barozzio da Vignola. Vinhola: tratado pratico elementar de architectura ou estudo das cinco ordens segundo Jacques Barozzio de Vinhola […]. Rio de Janeiro / Paris: Livraria Garnier, 1893. 6. Rainville, César de. O Vinhola brazileiro: novo manual pratico do engenheiro, architecto, pedreiro, carpinteiro, marceneiro e serralheiro. Em que são ensinadas as principaes regras de construcção conforme os principios da arte, elucidados por numerosas estampas intercaladas no texto […]. Rio de Janeiro: Eduardo & Henrique Laemmert, 1880. 7. Speltz, Alexandre. Novo Vinhola brazileiro ao alcance de todos: a Architectura Classica no Brazil […]. Rio de Janeiro: Propriedade do autor, 1898.

In line with the work of these professionals, the most common architectural treatise on the other side of the Atlantic was not stylistic or religious, but that linked to the so-called Military Art. Together with the Jesuit colleges, the military academies would become the training schools for architects and engineers in Portuguese America, and therefore the books of the Italian School of fortification would appear in the bibliographies and local libraries. It was the case of Della fortificatione delle citta (1564), by Girolamo Maggi (1523-1572) and Iacomo Fusti – il Castriotto – (c.1501-1563) or Corona imperiale dell’Architettura militare (1618), by Pietro Sardi (1560-1642).13 The longevity of the influence of this school is attested, for example, by the translation into Portuguese (1790) of Arquitetura Militar by Alessandro Vittorio Papacino d’Antoni (1714-1786). The advance of artillery and war tactics, however, would make fortifications obsolete in the early nineteenth century. At that time, the Turinese metallurgical engineer Carlo Antonio Napione (1757-1814), author of Experiências, e Observações sobre a liga dos bronzes (1801), came to Brazil with the entourage of Dom João VI in 1808, installing a military hardware industry in our territory.

Regarding the import of widely used formal and decorative models, perhaps the most significant work is the Regola delli cinque ordini d’architettura, by Iacomo Barozzi da Vignola (1507-1573) – printed initially in 1562 and reprinted in over five hundred editions by the 19th century. Vignola was not only designated as the author of Il Gesù in Rome. “Vinhola” became the common noun by which treatises on architecture were referred to among us. Probably the first translation of Regola into Portuguese would be prepared in 1787 by the Italian-Portuguese Jozé Carlos Binhetti (m.1816).14 In the following century, no less than seven “vinholas” would be printed between Portugal and Brazil, none of them corresponding to a faithful reproduction of the original.15 The treatise – related to painting,

In conformità al lavoro di questi professionisti, la trattatistica dell’architettura più corrente dall’altro lato dell’Atlantico non era stilistica o religiosa, ma quella legata alla chiamata Arte Militare. Insieme ai collegi gesuiti, le accademie militari diventarono, di fatto, le scuole di formazione di architetti e ingegneri nell’America Portoghese e per questo motivo i libri della Scuola Italiana di fortificazione abaluartada erano presenti nelle bibliografie e biblioteche brasiliane. Era il caso di Della forti-ficatione delle citta (1564), di Girolamo Maggi (1523-1572) e Iacomo Fusti – il Castriotto – (c. 1501-1563) o della Corona imperiale dell’Architettura militare (1618), di Pietro Sardi (1560-1642).13 La longevità dell’influenza di questa scuola è dimostrata, per esempio, dalla traduzione in portoghese (1790) del Dell’Architettura Militare di Alessandro Vittorio Papacino d’Antoni (1714-1786). Il migliora-mento dell’artiglieria e delle tattiche di guerra, però, fecero diventare le fortificazioni alla moderna o all’italiana obsolete all’inizio del XIX secolo. In quel periodo, l’ingegnere di metallurgia torinese Carlo Antonio Napione (1757-1814), autore di Experiências, e Observações sobre a liga dos bronzes (1801), venne in Brasile insieme alla corte di Dom João VI nel 1808, implementando l’industria di materiale bellico nel nostro territorio.

Per quanto riguarda l’importazione di modelli formali e decorativi ampiamente utilizzati l’opera, forse, più significativa è la Regola delli cinque ordini d’architettura, di Iacomo Barozzi da Vignola (1507-1573) – stampato nel 1562 e ristampato più di cinquecento volte fino al XIX secolo. Con il termine Vignola si designava non solo l’autore de Il Gesù a Roma. La parola “Vinhola” passò ad essere un sostantivo comune che indicava i trattati di architettura in Brasile. Probabilmente la prima traduzione del Regola in portoghese sarebbe stata preparata nel 1787 dall’italo-portoghese Jozé Carlos Binhetti (m. 1816).14 Nel secolo successivo, niente meno che sette “vinholas” sarebbero stati stampati tra Portogallo e Brasile, nessuno di loro che corrispondesse ad una fedele riproduzione dell’originale.15

46 47

but also used in architecture – Perspectiva pictorum et architectorum (1693), by the Trentino Jesuit Andrea Pozzo (1642-1709), was also frequent in our libraries.16

Pilgrimage guides – more specifically the Guias de Roma, whose prototype was the 12th century manuscript Mirabilia Urbis Romæ – often circulated in Brazil, a literature that would influence, for example, Andrea Palladio (1508-1580). In the genre, the Brazilian Franciscan Pantaleão Batista would publish in 1655 the book Ramalhete espiritval. Also present in Brazilian libraries was Descrizione di Roma antica e moderna (1643), by Giovanni Domenico Franzini – with successive editions full of illustrative prints.17

The Italian craftsmen of the Society of Jesus were present in the missions of the Provincia Paraquaria, in what is now part of Brazil. The ruins of St. Michael’s Church, designed by the Milanese Giovanni Battista Primoli (1673-1747) and the sculptural and architectural works of his fellow countryman Giuseppe Brasanelli (1653-1728)18 constitute important testimony to the constructive genius of those communities. The evident prevalence of Portuguese and Spanish Jesuits in Portuguese America did not prevent, for instance, the Tuscan Giovanni Antonio Andreoni (1649-1716) from being Provincial of the Society in Brazil and publishing in 1711 the controversial Cultura e opulência do Brasil por suas drogas e minas, with valuable descriptions of woods and techniques used in the construction of engenhos de cana de açúcar (sugar cane mills) in Bahia. The Italian Jesuits were likewise in demand as military engineers, such as the Neapolitans Domenico Capasso (1694-1736) and Giovanni Battista Carbone (1694-1750), who taught and researched astronomy and cartography in Portugal – having been in Brazil on extensive surveys related to the border disputes with Spain in the first half of the 18th century – or the Piscean “Mathematical Father” Giovanni Angelo Brunelli (1722-1804), in charge of similar tasks.

16 Cf. Macedo, “Biblioteca brasileira de Arquitetura”, Apêndice B, verbete “Pozzo”.17 Macedo, 44–47.18 Pietro Maria Bardi, Contribuições dos italianos na arquitetura brasileira (Fiat do Brasil; Fondazione Giovanni Agnelli, 1981), 8.

tratado – voltado para a pintura, mas usado na arquitetura – Perspectiva pictorum et architec-torum (1693), do jesuíta trentino Andrea Pozzo (1642-1709), era presença frequente em nossas bibliotecas.16

Com frequência circulavam no Brasil guias de peregrinação – mais especificamente os Guias de Roma, cujo protótipo era o manuscrito do século XII Mirabilia Urbis Romæ – uma literatura que influenciaria, por exemplo, Andrea Palladio (1508-1580). No gênero, o franciscano brasileiro Pantaleão Batista publicaria em 1655 o livro Ramalhete espiritval. Presente em bibliotecas brasileiras estava também o Descrizione di Roma antica e moderna (1643), de Giovanni Domenico Franzini – com sucessivas edições replenas de estampas ilustrativas.17

Os artífices italianos da Companhia de Jesus estiveram ainda nas missões da Provincia Paraquaria, no que hoje é parte do Brasil. As ruínas da Igreja de São Miguel, projetada pelo milanês Giovanni Battista Primoli (1673-1747) e as obras escultóricas e arquitetônicas de seu conterrâneo Giuseppe Brasanelli (1653-1728)18 constituem um importante testemunho do gênio construtivo daquelas comunidades. A evidente prevalência de jesuítas portugueses e espanhóis na América Portuguesa tampouco impediria, por exemplo, que o toscano Giovanni Antonio Andreoni (1649-1716) fosse Provincial da Companhia no Brasil e publicasse em 1711 o controverso Cultura e opulência do Brasil por suas drogas e minas, com valiosas descrições de madeiras e técnicas usadas na construção de engenhos de cana de açúcar na Bahia. Os jesuítas italianos eram tão demandados quanto os engenheiros militares, como os napolitanos Domenico Capasso (1694-1736) e Giovanni Battista Carbone (1694-1750), que lecionavam e pesquisavam astronomia e cartografia em Portugal – tendo estado no Brasil em extensos levantamentos relacionados às disputas fronteiriças com a Espanha na primeira metade do século XVIII –, ou o “Padre Matemático” pisano Giovanni Angelo Brunelli (1722-1804), encarregado de tarefa análoga.

Anche il trattato, dedicato alla pittura, ma usato in architettura, Perspectiva pictorum et architectorum (1693), del gesuita trentino Andrea Pozzo, (1642-1709), era una presenza frequente nelle biblioteche brasiliane.16

Frequentemente circolavano in Brasile guide di pellegrinaggio, più specificatamente le Guias de Roma, il cui prototipo era il manoscritto del XII secolo Mirabilia Urbis Romæ un tipo di letteratura che influenzò, per esempio, Andrea Palladio (1508-1580). Di questo genere il francescano brasiliano Pantaleão Batista avrebbe pubblicato nel 1655 il libro Ramalhete espiritval. Presente nelle biblioteche brasiliane c’era anche il Descrizione di Roma antica e moderna (1643), di Giovanni Domenico Franzini, con successive edizioni ricolme di stampe illustrative.17

Gli artisti italiani della Compagnia di Gesù si insediarono nel territorio delle missioni della Provincia Paraquaria, che è oggi parte del Brasile. Le rovine della Igreja de São Miguel, progettata dal milanese Giovanni Battista Primoli (1673-1747) e le opere scultoree e architettoniche del suo conterraneo Giuseppe Brasanelli (1653-1728)18 costituiscono un’importante testimonianza dell’estro costruttivo di quelle comunità. L’evidente prevalenza di gesuiti portoghesi e spagnoli nell’America Portoghese non impedì, per esempio, che il toscano Giovanni Antonio Andreoni, (1649-1716) divenisse Preposito dei Gesuiti in Brasile e pubblicasse nel 1711 il controverso Cultura e opulêcia do Brasil por suas drogas e minas, con preziose descrizioni dei legnami e delle tecniche usate nella costruzione di engenhos de cana de açúcar (luoghi di lavorazione della canna da zucchero) in Bahia. I gesuiti italiani erano tanto richiesti quanto gli ingegneri militari, come i napole-tani Domenico Capasso (1694-1736) e Giovanni Battista Carbone (1694-1750) che insegnavano ed erano ricercatori di astronomia e cartografia in Portogallo ed erano stati in Brasile per effettuare estesi rilievi relativi alle dispute di confine con la Spagna nella prima metà del XVIII secolo, o come il “Prete matematico” pisano, Giovanni Angelo Brunelli (1722-1804) con l’analogo incarico.

Filippo Terzi. Ordine composta a partire da Vignola, conforme annotato nel quaderno Filippo Terzi architetto e ingegnere militare in Portogallo 1578. Fonte: Biblioteca Nazionale di Portogallo.

Filippo Terzi. Ordem compósita a partir de Vignola, conforme anotado no caderno Estudos sobre embado-metria, estereometria e as ordens de arquitectura, 1578. Fonte: Biblioteca Nacional de Portugal.

Filippo Terzi. Composite order from Vignola, as annotated in the notebook Studies on embadometry, stereometry and the orders of architecture, 1578. Source: National Library of Portugal.

Dentre os italianos presentes na América Portuguesa no período colonial, talvez aquele com maior contribuição em arquitetura tenha sido o bolonhês Giuseppe Antonio Landi (1713-1791), que viveu no Estado do Grão-Pará e Maranhão a partir de 1753. Hábil desenhista, chegaria a produzir ao menos três álbuns de gravuras em sua fase italiana, bem como mapas, desenhos e sobretudo projetos de arquitetura na cidade de Belém. “Na capital do Pará, a presença de Landi provocará depois a vinda de numerosos artistas italianos, como se nota nas obras da Catedral de N. S. das Graças: o altar mor é do arquiteto e escultor Luca Carimini, 1867; assentado por Ludovico Perfetti em 1881; o pintor Domenico de Angelis executa as pinturas, 1886; os acaba-mentos em mármore são de Sperandio Aliverti

Among the Italians present in Portuguese America in the colonial period, perhaps the one with the greatest contribution in architecture was the Bolognese Giuseppe Antonio Landi (1713-1791), who lived in the state of Grão-Pará and Maranhão from 1753. A skilled draftsman, he would produce at least three albums of engravings in his Italian phase, as well as maps, drawings and especially architectural projects in the city of Belém. “In the capital of Pará, Landi’s presence will lead to the arrival of numerous Italian artists, as we can see in the works of the Cathedral of N. S. das Graças: the main altar is designed by the architect and sculptor Luca Cariemini, 1867; it was built by Ludovico Perfetti in 1881; the painter Domenico de Angelis did the paintings in 1886; the marble finishes are by Sperandio

Tra gli italiani presenti nell’America Portoghese nel periodo coloniale, forse quello che diede la maggior contribuzione all’archi-tettura fu il bolognese Giuseppe Antonio Landi (1713-1791), che visse nello Stato di Grão-Pará e Maranhão a partire dal 1753. Abile disegna-tore produsse almeno tre album di incisioni nella sua fase italiana, oltre a mappe, disegni e soprattutto progetti di architettura nella città di Belém. “Nella capitale del Pará, la presenza di Landi provocherà, in un secondo tempo, l’arrivo di numerosi artisti italiani, come si può notare nelle opere della Cattedrale di N. S. das Graças: l’altare maggiore è dell’architetto e scultore Luca Carimini, 1867; installato da Ludovico Perfetti nel 1881; il pittore Domenico de Angelis esegue i dipinti, 1886; le rifiniture in marmo sono di Sperandio Aliverti

48 49

Aliverti and Antonio Urtis; the architect Nagele Aghemo and the painters Lottini and Silverio Capparoni worked on the cathedral”.19

Italian technicians were not the only ones working in Brazil. Luso-Brazilian engineers and architects also worked, taught or studied in Italy. By way of illustration, it is worth citing the cases of Baltasar de Arruda, João Baptista Lavanha, Baltasar Álvares or António Rodrigues, who studied there as early as the 16th century.20 In the 18th century, Manuel de Azevedo Fortes (1660-1749), “Senior Engineer of the Kingdom” and famous author of Engenheiro portuguez (1728-1729), is said to have taught in Siena.21 The mineiro (from the state of Minas Gerais) draughtsman and engraver Antônio Fernandes Rodrigues (1724-1770), apprentice of João Gomes Baptista (also cited as the teacher of Alejadinho), would have studied in Rome before returning to Lisbon, where he was appointed “Mestre-desenhista da Casa Pia” (master-designer of the Casa Pia). The author of the São Pedro Theater of Lisbon, José da Costa e Silva (1747-1819), graduated in 1779 in Bologna.22 The Portuguese architect was of special importance to Brazilian architecture for having brought to Rio de Janeiro his extensive bibliographical collection – with valuable copies of Italian and French treatise books – during the presence of the Portuguese Court. Its acquisition by the Royal Library, today the National Library, in 1818, was available for the disciples of the Royal School of Sciences, Arts and Crafts which was being installed among us in Brazil. In fact, “soon after the ports were opened, we became acquainted with peninsular architects or builders in Rio, such as Carlo Zucchi” (m.1849).23

Empire and Old Republic: the exodus Between 1860 and 1930, there was an exten-sive emigration of Italians to Brazil. From the unification of the European country until the eve of the Second World War, more than one and a half million Italians arrived in Brazil. Evidently, among this enormous contingent there were many artists, master builders, architects, engineers, etc. The contribution of

e Antonio Urtis; trabalham na catedral o arquiteto Nagele Aghemo e os pintores Lottini e Silverio Capparoni”.19

Não apenas os técnicos italianos trabalharam no Brasil naqueles tempos. Também os engenheiros e arquitetos luso-brasileiros trabalharam, lecionaram ou estudaram na Itália. A título de ilustração, vale citar os casos de Baltasar de Arruda, João Baptista Lavanha, Baltasar Álvares ou António Rodrigues, que lá estudaram ainda no século XVI.20 No século XVIII, Manuel de Azevedo Fortes (1660-1749), “Engenheiro-Mor do Reino” e célebre autor do Engenheiro portuguez (1728-1729), teria lecionado em Siena.21 O desenhista e gravador mineiro Antônio Fernandes Rodrigues (1724-1770), aprendiz de João Gomes Baptista (citado como professor do Alejadinho), teria estudado em Roma antes de voltar a Lisboa, onde foi nomeado “mestre-desenhista da Casa Pia”. O autor do Teatro São Pedro de Lisboa, José da Costa e Silva (1747-1819), formou-se em 1779 em Bolonha.22 O arquiteto português teria especial importância para a arquitetura brasileira por ter trazido para o Rio de Janeiro seu extenso acervo bibliográfico – com valiosos exemplares da tratadística italiana e francesa –, durante a presença da Corte. Sua venda à Real Biblioteca, hoje Biblioteca Nacional, em 1818 franquearia o acesso dos discípulos da nascente Escola Real de Ciências, Artes e Ofícios que se instalava entre nós. De fato, “logo depois da abertura dos portos, sabe-se de arquitetos ou construtores peninsulares no Rio, como Carlo Zucchi” (m.1849).23

Império e República Velha: o êxodo Como se sabe, entre 1860 e 1930, ocorreu uma extensa emigração de italianos. Da unificação do país europeu até as vésperas da Segunda Guerra Mundial, mais de um milhão e meio deles chegaram ao Brasil. Evidentemente, desse enorme contingente uma significativa parcela era de artistas, mestres de obra, arquitetos, engenheiros etc. O contributo dos

19 Bardi, Itália - Brasil, 24.20 Bueno, Desenho e desígnio, 83.21 Viterbo, Dicionário histórico e docu-mental dos arquitectos, engenheiros e construtores portugueses, I/79.22 Viterbo, I/244.23 Bardi, Contribuições dos italianos na arquitetura brasileira, 71.

e Antonio Urtis; lavorano nella cattedrale l’architetto Nagele Aghemo e i pittori Lottini e Silverio Capparoni“.19

Non solo i tecnici italiani lavorarono nel Brasile di quel tempo. Anche gli ingegneri e gli architetti luso-brasiliani lavorarono, insegna-rono o studiarono in Italia. A titolo di esempio, vale citare i casi di Baltasar de Arruda, João Baptista Lavanha, Baltasar Álvares o António Rodrigues, che là studiarono nel XVI secolo.20 Nel XVIII secolo, Manuel de Azevedo Fortes (1660-1749), “Engenheiro-Mor do Reino” e celebre autore di Engenheiro portuguez (1728-1729), avrebbe insegnato a Siena.21 Il disegnatore e incisore mineiro (dello Stato di Minas Gerais) Antônio Fernandes Rodrigues (1724-1770), apprendista di João Gomes Baptista (citato come professore di Alejadinho), avrebbe studiato a Roma prima di fare ritorno a Lisbona, dove fu nominato “Mestre-desenhista da Casa Pia” (Maestro disegnatore della Casa Pia). L’autore del Teatro São Pedro di Lisbona, José da Costa e Silva (1747-1819), si laureò nel 1779 a Bologna.22 L’architetto portoghese avrebbe avuto una particolare importanza per l’architettura brasiliana avendo portato a Rio de Janeiro il suo esteso patri-monio bibliografico, con preziosi esemplari di trattatistica italiana e francese, durante la sua presenza presso la Corte. La sua vendita alla Real Biblioteca, oggi Biblioteca Nacional, nel 1818 ne rese disponibile l’accesso ai discepoli della nascente Escola Real de Ciências, Artes e Ofícios che si stava installando in Brasile. Di fatto, “subito dopo l’apertura dei porti, si ha conoscenza di architetti o costruttori peninsu-lari a Rio, come Carlo Zucchi” (m.1849).23

Impero e Repubblica Vecchia: l’esodo Come è risaputo, tra il 1860 e il 1930, sarebbe avvenuta una estesa emigrazione di italiani. A partire dall’unificazione del Paese europeo fino alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, ne arrivarono in Brasile più di un milione e mezzo. Evidentemente, in questo enorme contingente, una significativa parte era di artisti, capimastri, architetti, ingegneri, ecc. Il contributo degli italiani in particolare

the Italians in particular to the architecture of the South and Southeast of the country, in this period, involves thousands of works and hundreds of professionals.

However, it should be noted that “the Italian presence in Brazil did not depend exclusively on large scale immigration: when the muratori, artisans, master builders arrived [...], they found Italian names of great prestige”.24 The fact is that “the bonds of friendship between Italy and Brazil were strengthened through the marriage of Dom Pedro II with Teresa Cristina, sister of Ferdinand II, King of the Two Sicilies”, in 1843, resulting in the arrival of artists such as the painter Alessandro Cicarelli (1811-1889), who would remain here for eight years. Adolfo José del Vecchio (1848-1927), for example, a descendant of Italians, would become Diretor de Obras do Ministério da Fazenda do Império (Director of Works of the Ministry of Treasury of the Empire). He designed in 1885 the neogothic palace of Ilha Fiscal – which earned him the Medalha de Ouro na Exposição Geral da Academia Imperial de Belas Artes (Gold Medal in the General Exhibition of the Imperial Academy of Fine Arts).25

The Turinese living in Rio de Janeiro, Tommaso Gaudenzio Bezzi (1844-1915), was the architect in charge of designing the neoclassical Museu do Ipiranga in São Paulo. Work on the museum began in 1882, on the occasion of the sixtieth anniversary of the call for Independence. The Tuscan Luigi Pucci (b.1853), who built it, would also design and set up the Santa Casa de Misericórdia of the São Paulo capital. Also in the capital, architect Giovanni Rossi would stand out for his work with the Spaniard Adolfo Morales de los Ríos (1858-1928) on the Banco Iberamericano, Banco Portugal and Banco do Brasil and other works ranging from the palaces on Avenida da Graça, in Salvador, to the Railroad of Espírito Santo.26

The Calabrian Filinto Santoro (1863-1927), graduated in physics, mathematics and engi-neering, arrived in Brazil in 1890, maintaining

italianos em especial para a arquitetura do Sul e Sudeste do país, nesse período, envolve milhares de obras e centenas de profissionais.

Ressalve-se porém que “a presença italiana no Brasil não dependeu exclusivamente da grande imigração: quando os muratori, artesãos, mestres-de-obras [sic] chegaram [...], encontraram aqui nomes italianos de grande prestígio”.24 Fato é que “os laços de amizade ítalo-brasileiros se estreitam através do casa-mento de Dom Pedro II com Teresa Cristina, irmã de Ferdinando II, rei das Duas Sicílias”, em 1843, ensejando a vinda de alguns artistas como o pintor Alessandro Cicarelli (1811-1889), que aqui permaneceria por oito anos. O descendente de italianos Adolfo José del Vecchio (1848-1927), por exemplo, chegaria a ser Diretor de Obras do Ministério da Fazenda do Império, tendo projetado em 1885, o neogótico palácio da Ilha Fiscal – o que lhe rendeu Medalha de Ouro na Exposição Geral da Academia Imperial de Belas Artes.25

O turinês radicado no Rio de Janeiro, Tommaso Gaudenzio Bezzi (1844-1915), foi o arquiteto encarregado de projetar, o neoclássico Museu do Ipiranga em São Paulo – iniciado em 1882, por ocasião dos sessenta anos do grito da Independência. O toscano Luigi Pucci (n.1853), que o construiu, também projetaria e ergueria a Santa Casa de Misericórdia da capital paulista. Também na Capital, o arquiteto Giovanni Rossi ganharia destaque por seus trabalhos junto ao espanhol Adolfo Morales de los Ríos (1858-1928) no Banco Iberamericano, Banco Portugal e Banco do Brasil e outras obras que vão dos palacetes na Avenida da Graça, em Salvador, à Ferrovia do Espírito Santo.26

O calabrês Filinto Santoro (1863-1927), formado em física, matemática e engenharia, chegou ao Brasil em 1890, mantendo uma

24 Bruno Giovannetti, Arquitetura italiana em São Paulo (São Paulo: Consulado Geral da Itália, 1994), 10.25 Luiza de C. A. Ferreira, “Del Vecchio, Adolfo José”, Dicionário biográfico da Administração Pública Municipal: Arquivo Geral da Cidade do Rio de Janeiro, 2020, http://expagcrj.rio.rj.gov.br/del-vecchio-adolfo-jose/.

all’architettura del Sud e Sud-est del Paese, in quel periodo, include migliaia di opere e centinaia di professionisti.

Bisogna evidenziare però che “la presenza italiana in Brasile non è dipesa esclusivamente dalla grande immigrazione: quando i muratori, artigiani, capimastri arrivarono […], trovarono qui nomi italiani di grande prestigio”.24 È un fatto che “i legami di amicizia italo-brasiliani si rinsaldano grazie al matrimonio di Dom Pedro II con Teresa Cristina, sorella di Ferdinando II, re delle Due Sicilie”, nel 1843, permettendo la venuta di alcuni artisti come il pittore Alessandro Cicarelli (1811-1889), che qui sarebbe rimasto per otto anni. Il discen-dente di italiani Adolfo José del Vecchio (1848-1927), per esempio, sarebbe arrivato ad essere nominato Diretor de Obras do Ministério da Fazenda do Império (Direttore delle Opere del Ministero delle Entrate dell’Impero); progettò nel 1885 il palazzo neogotico della Ilha Fiscal, che gli rese la Medalha de Ouro na Exposição Geral da Academia Imperial de Belas Artes (Medaglia d’Oro nell’Esposizione Generale dell’Accademia Imperiale di Belle Arti).25

Il torinese radicato a Rio de Janeiro, Tommaso Gaudenzio Bezzi (1844-1915), fu l’architetto incaricato di progettare il neoclassico Museu do Ipiranga a San Paolo, iniziato nel 1882 in occasione del sessantennio dal grido all’In-dipendenza brasiliana. Il toscano Luigi Pucci (n. 1853), che lo costruì, avrebbe progettato e eretto anche la Santa Casa de Misericórdia della capitale, dello Stato di San Paolo. Sempre nella Capitale, l’architetto Giovanni Rossi si mise in evidenza per i suoi lavori insieme allo spagnolo Adolfo Morales de los Ríos (1858-1928) presso il Banco Iberamericano, Banco Portugal e Banco do Brasil e altre opere che vanno dalle palazzine nella Avenida da Graça, a Salvador, fino alla Ferrovia do Espírito Santo.26

Il calabrese Filinto Santoro (1863-1927), laureato in fisica, matematica e ingegneria, che sarebbe arrivato in Brasile nel 1890,

50 51

trajetória nômade que o levaria a projetar edifícios tão diversos quanto a Central do Brasil no Rio de Janeiro,27 um hospital em Vitória, o Palácio do Governo de Manaus, o Mercado São Braz em Belém do Pará. Tendo se estabelecido em Salvador, projetou o Palácio Rio Branco (sede do governo do Estado), o Palácio da Aclamação (residência do governador), o quartel do corpo de bombeiros na Baixa do Sapateiro e o Cine-Teatro da Praça Castro Alves.28

Com o grande fluxo migratório, a arquitetura popular trazida pelos italianos comporia um cenário tão diverso quanto suas origens – naturais de diferentes nações da península itálica – e sua adaptação aos diferentes climas e relevos de regiões de dimensões continentais no Brasil, predominando em grande medida a autoconstrução e o anonimato – já que os nomes dos artífices foram infelizmente esquecidos. Restariam as edificações como testemunhos de um modo de viver e de cons-truir que, embora mantivessem os materiais e processos construtivos europeus, forçosamente se adaptavam a um padrão de distribuição da terra, um clima e uma topografia que não eram os de sua pátria de origem.

Hábeis construtores, esses pioneiros por vezes ascendiam socialmente. “O trentino Feliciano Bertoldi, após uma experiência na Rússia onde trabalha aos vinte anos na construção de uma estrada de ferro por três anos, em ’93 emigra para o Brasil, sendo ajudante de pedreiro e, depois, construtor do Aqueduto de Agudos, SP, de trechos das Estradas de Ferro Mogiana e Paulista no percurso de Barretos aos limites com Minas Gerais. Constrói também a Igreja de Santa Lúcia, perto de São Carlos, resolve complexo problema de pavimentação em Mococa, SP”.29

Em São Paulo, o “arquiteto construtor” Carlo Milanese se destacaria pelo grande número de projetos, chegando a projetar uma “Casa de Saúde” e ingressando como Engenheiro na Seção de Obras da Intendência Municipal. Em 1896, “Giulio Saltini e o seu mestre-de-obra [sic] Luigi Mancini são chamados para

a nomadic trajectory that would lead him to design buildings as diverse as the Central Station in Rio de Janeiro,27 a hospital in Vitória, the Government Palace in Manaus, and the São Braz Market in Belém do Pará. After settling in Salvador, he designed the Palácio Rio Branco (seat of the state government), the Palácio da Aclamação (governor’s residence), the fire station in Baixa do Sapateiro and the Cine-Theater in Castro Alves Square.28

With such a large flow of immigrants, the popular architecture brought by the Italians would compose a scenario as diverse as their origins. They were natives of different nations of the Italian peninsula and their adaptation to the distinct climates and characteristics of regions of continental dimensions in Brazil was carried out predominantly by way of self-construction in anonymity since the names of the craftsmen were unfortunately forgotten. The buildings would remain as testimonies of a way of living and building that, although they maintained European materials and construction processes, were necessarily adapted to a pattern of land distribution, climate and topography that were not those of their homeland.

Skilled builders, some of these pioneers gained social status. “The Trentino Feliciano Bertoldi, after an experience in Russia where he works at the age of twenty in the construc-tion of a railroad for three years, immigrates to Brazil in 1893, as a bricklayer’s helper and then builder of the Aqueduct of Agudos, São Paulo, of stretches of the Mogiana and Paulista Railways in the route from Barretos to the border with Minas Gerais. He also builds the Santa Lúcia Church, near São Carlos, and solves a complex paving problem in Mococa, São Paulo”.29

In São Paulo, the “architect-builder” Carlo Milanese would stand out for the large number of projects, even designing a “Casa de Saúde” (Health Center) and joining the Seção de Obras da Intendência Municipal (Municipal Government’s Works Section) as an Engineer. In 1896, “Giulio Saltini and his foreman

26 Bardi, Contribuições dos italianos na arquitetura brasileira, 72.27 Bardi, 72.28 Vittorio Cappelli, “Architetti e costruttori italiani nelle città brasiliane (e altrove) tra XIX e XX secolo”, in Olhares sobre a história: culturas, sensibilidades, sociabilidades (São Paulo: Hucitec; PUC-GO, 2010), 49-72, https://www.academia.edu/12364061/Architetti_e_costrut-tori_italiani_nelle_citt%C3%A0_brasi-liane_e_altrove_tra_XIX_e_XX_secolo.29 Bardi, Contribuições dos italianos na arquitetura brasileira, 44.30 Anita Salmoni e Emma Debenedetti, Arquitetura italiana em São Paulo, Debates 173 (São Paulo: Perspectiva, 1981), 63.31 Salmoni e Debenedetti, 63.32 Salmoni e Debenedetti, 60.

seguì un cammino che l’avrebbe portato a progettare edifici molto differenti tra loro come la Central do Brasil a Rio de Janeiro,27 un ospedale a Vitória, il Palácio do Governo di Manaus, il Mercado São Braz a Belém do Pará. Stabilitosi a Salvador, progettò il Palácio Rio Branco (sede del governo dello Stato), il Palácio da Aclamação (residenza del governatore), la caserma del corpo dei vigili del fuoco nella Baixa do Sapateiro e il Cine Teatro della Praça Castro Alves.28

Dato il grande flusso migratorio, l’architettura popolare portata dagli italiani avrebbe composto uno scenario tanto diverso quanto le loro origini, provenienti da differenti luoghi della penisola italiana, e il loro adattamento ai differenti climi e rilievi delle regioni di dimensioni continentali in Brasile, con predominanza dell’autocostruzione e l’anoni-mato, visto che i nomi degli artefici furono, sfortunatamente, dimenticati. Rimasero gli edifici a testimonianza di un modo di vivere e di costruire che, nonostante mantenessero i materiali ed i procedimenti costruttivi europei, forzatamente si adattavano ad un tipo di distribuzione del territorio, un clima e una topografia che non erano quelli della loro patria originaria.

Abili costruttori, questi pionieri a volte ascen-devano socialmente. “Il trentino Feliciano Bertoldi, dopo un’esperienza in Russia dove lavora a vent’anni nella costruzione di una ferrovia per tre anni, nel ’93 emigra in Brasile, dove lavora prima come aiutante di muratore e, dopo, come costruttore dell’Acquedotto di Agudos, SP, di alcuni tratti della Ferrovia Mogiana e Paulista nel tratto da Barretos fino ai confini con Minas Gerais. Costruisce anche la Igreja de Santa Lúcia, vicino a São Carlos, e risolve il complesso problema della pavimenta-zione a Mooca, SP”.29

A San Paolo, lo “architetto costruttore” Carlo Milanese si sarebbe messo in evidenza per il grande numero di progetti, arrivando a proget-tare una “Casa de Saúde” e entrando come Engenheiro na Seção de Obras da Intendência Municipal (Ingegnere nella Sezione di Opere

“L’ingegneria brasiliana, opere pubbliche, ferrovie, strade rotabili, navigazione fluviale”, con foto della Estação Central do Brasil progettata da Filinto Santoro, conforme quanto pubblicato in Il Brasile e gli Italiani. San Paolo: Fanfulla, 1906. Fonte: Wikimedia Commons.

“A engenharia brasileira, obras públicas, ferrovias, estradas de rodagem, navegação fluvial”, com fotos da Estação Central do Brasil projetada por Filinto Santoro, conforme publicado em Il Brasile e gli Italiani. San Paolo: Fanfulla, 1906. Fonte: Wikimedia Commons.

“Brazilian engineering, public works, railways, highways, river navigation”, with photos of the Central Station of Brazil designed by Filinto Santoro, as published in Il Brasile e gli Italiani. San Paolo: Fanfulla, 1906. Source: Wikimedia Commons.

dell’Intendenza Municipale). Nel 1896, “Giulio Saltini ed il suo capomastro Luigi Mancini sono chiamati per costruire una palazzina nella avenida Paulista per Francisco Matarazzo, un altro italiano che si era affermato e aveva creato un’industria efficiente e molto attiva”,30 costruirono un bell’esemplare di architettura eclettica che sarebbe stata mantenuta fino alla ristrutturazione di Piacentini, decenni dopo, come vedremo più avanti. In quell’ultimo decennio del XIX secolo, avrebbero costruito altre palazzine di qualità altri italiani come Narciso Frediani o Eugenio Turini. Li affiancano, con una notevole quantità di opere “Martini e Masini, Domenico Citti, i due fratelli Calcagno, che furono i primi ad usare, nella loro targa, l’espressione “ingegneri-archi-tetti”, e moltissimi altri.”31

A cavallo dei due secoli, “sempre più le grandi famiglie brasiliane chiamano i capomastri italiani per lavorare per loro; dapprima per piccoli ripari, poi, per edifici di una certa importanza”.32 Era tanto grande la loro

construir um palacete na avenida Paulista para Francisco Matarazzo, outro italiano que tinha se afirmado e havia criado uma indústria eficiente e muito ativa”,30 construindo um belo exemplar de arquitetura eclética que perdu-raria até sua reforma por Piacentini, décadas mais tarde, como veremos adiante. Naquela última década do século XIX, construiriam palacetes de boa qualidade outros italianos como Narciso Frediani ou Eugenio Turini. Ao lado deles, é notável o volume de obras de “Martini e Masini, Domenico Citti, os dois irmãos Calcagno, que foram os primeiros a usar, em sua placa, a expressão ‘engenheiros--arquitetos’, e muitíssimos outros”.31

Na virada do século, “cada vez mais as grandes famílias brasileiras chamam os capomastri italianos para trabalharem para elas; antes, pequenos consertos, depois, edifícios de certa importância”.32 Tamanha era sua contribuição,

Luigi Mancini were called to build a palace on Paulista Avenue for Francisco Matarazzo, another Italian who had established himself and had created an efficient and very active industry,”30 building a beautiful example of eclectic architecture that would endure until its renovation by Piacentini, decades later, as we shall see below. In that last decade of the 19th century, other Italians such as Narciso Frediani and Eugenio Turini would build fine palaces. Alongside them is a remarkable volume of work by “Martini and Masini, Domenico Citti, the two Calcagno brothers, who were the first to use, the expression ‘engineer-architects’ on their design studio sign, and many others”.31

At the end of the century, “increasingly large Brazilian families called the Italian capomastri to work for them; first in small remodels, then in buildings of a certain importance”.32 Their

52 53

problema das habitações no Rio em 1915. Marini era “engenheiro-arquiteto pela Escola de Belas Artes de Milão”, com obras em São Paulo, Belo Horizonte e Rio de Janeiro, tendo projetado túneis submarinos do Rio a Niterói e de Santos ao Guarujá. Em 1935, quando da quarta edição da publicação, contava “com cerca de 1.200 prédios já edificados no Brasil e milhares projetados”, encarregando-se “de qualquer construção: econômica ou de Estilo, na Capital ou Estados; por empreitada ou administração”.39 Marini publicaria ainda um pequeno Diccionario da nomenclatura technologica do constructor (1925), com cerca de 2.500 verbetes.

Como o Rio de Janeiro, São Paulo passava por significativas reformas urbanas, abrindo campo para a atuação do bem-sucedido escritório do florentino Giulio Micheli (m.1919), que se associaria a Giuseppe Chiappori e Aldo Lanza, tornando-se responsáveis por diversos edifícios residenciais e comerciais de “Estilo Floreal” – ou Art Nouveau – de certo relevo na capital paulista, além de expressivas obras de infraes-trutura como o Viaduto Santa Efigênia (1911). Também de projeção nesse cenário seria o lombardo Giuseppe Battista Bianchi (n.1885), à frente da Diretoria das Obras Públicas e depois encarregado de edificações da burguesia local, como os Matarazzo e os Crespi. Bianchi já assumiria um estilo francamente moderno em obras da década de 1930, como a residência do Senador Andrea Matarazzo no Guarujá ou a Creche “Maria Crespi”, na Mooca, ambas de 1938.40 O genovês Domiziano Rossi (1865-1920), junto ao escritório brasileiro de Francisco de Paula Ramos de Azevedo (1851-1928), seria responsável em São Paulo pelos edifícios do Palácio das Indústrias e do Palácio da Justiça, além de ter participado dos projetos do Teatro Municipal e do inacabado Liceu de Artes e Ofícios – hoje Pinacoteca do Estado.

Italian Eneas Marini, in his work O problema das habitações no Rio in 1915. Marini was “engineer-architect by the School of Fine Arts of Milan”, with works in São Paulo, Belo Horizonte and Rio de Janeiro, having designed underwater tunnels from Rio to Niterói and from Santos to Guarujá. In 1935, when in the fourth edition of the publication, he had “about 1,200 buildings already built in Brazil and thousands projected”, being in charge of “any construction: economic or of Style, in the Capital or States; by contract or adminis-tration”.39 Marini would also publish a small Diccionario da nomenclatura technologica do constructor (1925), with about 2,500 entries.

Like Rio de Janeiro, São Paulo was undergoing significant urban reforms, opening the field to the successful work of the Florentine office of Giulio Micheli (m.1919), which would partner with Giuseppe Chiappori and Aldo Lanza, becoming responsible for several residential and commercial buildings of “Style Floreale” – or Art Nouveau – of some relevance in the capital of São Paulo, as well as significant infrastructure works such as the Santa Efigênia Viaduct (1911). Lombard Giuseppe Battista Bianchi (b.1885) was a part of this scene, as the Head of the Board of Public Works and later in charge of the buildings of the local bourgeoisie, such as the Matarazzo and the Crespi. Bianchi presented a frankly modern style in works of the 1930s, visible in the residence of Senator Andrea Matarazzo in Guarujá or the “Maria Crespi” Day Care Center, in Mooca, both from 1938.40 The Genovese Domiziano Rossi (1865-1920), with the Brazilian office of Francisco de Paula Ramos de Azevedo (1851-1928), would be responsible in São Paulo for the buildings of the Palace of Industries and the Palace of Justice, besides having participated in the projects of the Municipal Theater and of the unfinished Lyceum of Arts and Crafts – today the State Picture Gallery.

39 Enéas Marini, O problema das habitações no Rio: antigos e novos projetos de ’Casas para Todos‘, estudos generalizados sobre construccções, preceitos imprescindiveis pro-lar, 4. ed (Rio de Janeiro, 1935).40 Salmoni e Debenedetti, Arquitetura italiana em São Paulo.

Eneas Marini, nell’opera O problema das habitações no Rio del 1915. Marini era “ingegnere-architetto presso la Scuola di Belle Arti di Milano”, con opere a San Paolo, Belo Horizonte e Rio de Janeiro, progettò i tunnel sottomarini da Rio a Niterói e da Santos a Guarujá. Nel 1935, quando, secondo la quarta edizione della pubblicazione, poteva contare su “circa 1.200 edifici già costruiti in Brasile e migliaia progettati” si incaricò “di qualsiasi costruzione: economica o di Stile, nella Capitale o negli Stati; tramite contratti o amministrativi”.39 Marini avrebbe pubblicato ancora un piccolo Diccionario da nomenclatura technologica do constructor (1925), con circa 2.500 vocaboli.

Come Rio de Janeiro anche San Paolo passava per significative ristrutturazioni urbane, lasciando spazio al lavoro dello studio del fiorentino Giulio Micheli (m. 1919) che ebbe gran successo, che si sarebbe associato a Giuseppe Chiappori e Aldo Lanza, costruendo diversi edifici residenziali e commerciali in “Stile Floreale” o Art Nouveau, di un certo rilievo nella capitale dello stato di San Paolo, oltre ad importanti opere di infrastrutture come il Viadotto di Santa Efigênia (1911). A spiccare in questo scenario sarebbe stato anche il lombardo Giuseppe Battista Bianchi (n. 1885), a capo della Diretoria das Obras Públicas e incaricato, poi, di effettuare varie costruzioni per la borghesia locale, come i Matarazzo e i Crespi. Bianchi avrebbe già assunto uno stile apertamente moderno nelle opere degli anni ’30, come la residenza del Senatore Andrea Matarazzo a Guarujá o la Scuola Materna “Maria Crespi”, a Mooca, entrambe del 1938.40 Il genovese Domiziano Rossi (1865-1920), che lavora nello studio brasiliano di Francisco de Paula Ramos de Azevedo (1851-1928), sarebbe stato responsabile a San Paolo degli edifici del Palácio das Indústrias e del Palácio da Justiça, oltre ad aver partecipato ai progetti del Teatro Municipal e dell’incompiuto Liceu de Artes e Ofícios, oggi Pinacoteca do Estado.

que São Paulo causava ao visitante “no início de 1900 a impressão de ser mesmo uma cidade italiana e do período neoclássico”.33

No Rio de Janeiro, destacou-se então a trajetória dos irmãos calabreses Antonio (1856-1949) e Giuseppe Jannuzzi, chegados em 1875. “Aprendem o ofício de pedreiro e tornam-se bons mestres-de-obra [sic], construindo, inclusive, o plano inclinado da ferrovia de Santa Teresa. Chamam da Calábria mais dois irmãos para trabalhar, Francisco e Camillo. Conquistam extraordinária freguesia, edificando igrejas, armazéns, palacetes, projetando conforme o gosto eclético dos fins do Século, balanceado entre o classicista e o gótico”.34 Na abertura da Avenida Central, a construtora dos Jannuzzi seria responsável por nada menos que 14 edifícios e pelos projetos de diversas obras, como o Edifício Guinle e o Jornal do Commercio.

A Avenida Central era parte de uma radical reforma urbana no centro da Capital, promo-vida pelo prefeito Pereira Passos a partir de 1904. A nova via seria talvez a maior coleção de edifícios ecléticos do país – cujo concurso de fachadas seria vencido pelo italiano Raffaele Rebecchi.35 O arquiteto teria uma profícua carreira, tendo projetado nove edifícios no local,36 bem como os pavilhões de Minas Gerais e da Bahia na Exposição Nacional de 1908 em Botafogo, e o Tribunal de Justiça de Belo Horizonte em 1911.37 Além dos Jannuzzi e Rebecchi, também se destacaria Ludovico Berna como autor do edifício do Jornal do Brasil.

Essas grandes obras eram parte de um novo ciclo de urbanização no Brasil em que o surgimento do proletariado urbano tornaria a questão da moradia algo premente. Antonio Jannuzzi trataria do tema em seu livro Pelo povo: monographia sobre casas operarias (1909).38 O assunto seria abordado pelo também italiano Eneas Marini, na obra O

contribution was so great that São Paulo gave visitors “in the early 1900s the impression of being a real Italian city of the neoclassical period”.33

In Rio de Janeiro, the career of the Calabrian brothers Antonio (1856-1949) and Giuseppe Jannuzzi, who arrived in 1875, stood out. “They learned the mason’s trade and became good foremen, even building the Santa Teresa railroad. They called on two more brothers, Francisco and Camillo, of Calabria, to work there. They had extraordinary influence, building churches, warehouses, palaces, designing according to the eclectic taste of the end of the century, balanced between Classicism and Gothicism”.34 When Central Avenue opened, the Jannuzzi construction company was responsible for no fewer than 14 buildings and for the designs of various projects, such as the Guinle Building and the Jornal do Commercio newspaper.

Central Avenue was part of a radical urban reform in the center of the then capital city, promoted by Mayor Pereira Passos starting in 1904. The new thoroughfare would be home to perhaps the largest collection of eclectic buildings in the country – and to a façade competition won by the Italian Raffaele Rebecchi.35 The architect would have a fruitful career, having designed nine buildings on the site,36 as well as the pavilions of Minas Gerais and Bahia at the 1908 National Exhibition in Botafogo, and the Courthouse of Belo Horizonte in 1911.37 Besides the Jannuzzi and Rebecchi, Ludovico Berna would also stand out as the author of the Jornal do Brasil building.

These major works were part of a new cycle of urbanization in Brazil in which the emergence of the urban proletariat would make the issue of housing acute. Antonio Jannuzzi would deal with the subject in his book Pelo povo: monographia sobre casas operarias (1909).38 The subject would be approached by the also

33 Salmoni e Debenedetti, 33.34 Bardi, Contribuições dos italianos na arquitetura brasileira, 71-72.35 Paulo F. Santos, “Quatro séculos de arquitetura na cidade do Rio de Janeiro”, in Quatro séculos de cultura: ciclo de conferências comemorativas do IV Centenário da Cidade do Rio de Janeiro, aprovado pelo Conselho Universitário em 28 de novembro de 1864, org. Pedro Calmon ([Rio de Janeiro]: Universidade do Brasil, 1966), 139.36 Vittorio Cappelli, “Architetti e costruttori italiani nelle città brasiliane (e altrove) tra XIX e XX secolo”, in Olhares sobre a história: culturas, sensibilidades, sociabilidades (São Paulo: Hucitec; PUC-GO, 2010), 55, https://www.academia.edu/12364061/Architetti_e_costrut-tori_italiani_nelle_citt%C3%A0_brasi-liane_e_altrove_tra_XIX_e_XX_secolo.37 Marie (Robinson) Mrs. Wright, The Brazilian National Exposition of 1908 in Celebration of the Centenary of the Opening of Brazilian Ports to the Commerce of the World by the Prince Regent Dom João VI. Of Portugal, in 1808 (Philadelphia: G. Barrie & sons, 1908), 130, 136, http://archive.org/details/braziliannationa00wrig.38 Cappelli, “Architetti e costruttori italiani nelle città brasiliane (e altrove) tra XIX e XX secolo”, 6–65.

contribuzione, che San Paolo provocava ai visitanti “all’inizio del 1900 l’impressione di essere proprio in una città italiana del periodo neoclassico”.33

A Rio de Janeiro, si evidenzia la traiettoria dei fratelli calabresi Antonio (1856-1949) e Giuseppe Jannuzzi, arrivati nel 1875. “Apprendono il lavoro di muratori e diventano ottimi capimastri, costruendo, anche, il piano inclinato della ferrovia di Santa Teresa. Chiamano dalla Calabria altri due fratelli per lavorare con loro, Francisco e Camillo. Ottengono clienti straordinari, edificando chiese, magazzini, palazzine, progettandoli conforme il gusto eclettico di fine secolo, in bilico tra lo stile classicista e quello gotico”.34 All’apertura della Avenida Central, la società di costruzioni degli Jannuzzi sarebbe stata responsabile per la costruzione di niente meno che 14 edifici e per il progetto di diverse opere, come l’Edifício Guinle e il Jornal do Commercio.

La Avenida Central era parte di una radicale ristrutturazione urbana del centro della Capitale, promossa dal sindaco Pereira Passos a partire dal 1904. La nuova strada fu, forse, la maggior collezione di edifici eclettici del Paese, il cui concorso per la facciata migliore sarebbe stata vinta dall’italiano Raffaele Rebecchi.35 L’architetto avrebbe avuto una proficua carriera, avendo progettato nove edifici in quella Avenida,36 così come i padiglioni di Minas Gerais e di Bahia per l’Exposição Nacional del 1908 a Botafogo, e il Tribunal de Justiça di Belo Horizonte nel 1911.37 Oltre agli Jannuzzi e a Rebecchi, si sarebbe messo in evidenza anche Ludovico Berna come autore dell’edificio del Jornal do Brasil.

Queste grandi opere erano parte di un nuovo ciclo di urbanizzazione in Brasile in cui la nascita del proletariato urbano fece diventare il problema della residenza una questione prioritaria. Antonio Jannuzzi, avrebbe trattato il tema nel suo libro Pelo povo: monographia sobre casas operarias (1909).38 L’argomento sarebbe stato trattato da un altro italiano

54 55

Numa versão mais decorada do “Estilo Floreal” construía à mesma época no Rio de Janeiro o siciliano Antonio Virzi (1882-1954). O arquiteto formado em Nápoles e Milão teria chegado ao Brasil em 1910 e projetado diversos casarões entre Copacabana e a Glória, onde construiria o emblemático laboratório do “Elixir de Nogueira” em 1916.

No Rio Grande do Sul, importante destino dos imigrantes no Brasil, “a Catedral Metropolitana foi obra do professor Giovanni Battista Giovenale (1849-1934), da Academia di San Luca de Roma, e vários são os elementos peninsulares, desde os tempos das primeiras emigrações, como Mario Zambelli, Domenico Bertolotti, arquiteto, pintor e bom fotógrafo”,41 o sardo Giuseppe Obino (1835-1879) construiu a catedral de Bagé e realizou diversas obras em Porto Alegre. Na próspera Pelotas, foram os italianos Guilherme Marcucci (1838-1901), José Isella (1843-1931), Carlos Zanotta (1845-1931) e o descendente de italiano Caetano Casaretto (1862-1942) os responsáveis pela arquitetura eclética que ainda hoje caracteriza o centro histórico local.42 O caxiense Vitorino Zani (1900-1960), filho de italianos do Vêneto, teria projetado e construído mais de setenta igrejas no estado, incluindo templos em Porto Alegre, Caxias do Sul, Ivorá, Nova Palma, Nova Treviso, Garibaldi, Farroupilha entre outras.43

Após a Proclamação da República, Minas Gerais mudou sua capital da colonial Ouro Preto para a moderna e projetada Belo Horizonte, compondo um relevante acervo de arquitetura eclética. O arquiteto italiano Luiz Olivieri (1869-1937), formado em Florença, trabalharia na Comissão Construtora da Nova Capital para, em seu escritório particular, projetar palacetes, bancos, a estação de trem e um sem-número de residências nas primeiras décadas da nova urbe.44 Provavelmente, com tal experiência, recebeu reconhecimento nas

The Sicilian Antonio Virzi (1882-1954) was building in Rio de Janeiro at the same time in a more decorated version of the “Style Florale”. The architect graduated in Naples and Milan, arrived in Brazil in 1910 and designed several houses between the Copacabana and Glória districts of Rio de Janeiro, where he would build the emblematic “Elixir de Nogueira” laboratory in 1916.

In Rio Grande do Sul, an important destination for immigrants to Brazil, “the Metropolitan Cathedral was the work of Professor Giovanni Battista Giovenale (1849-1934), of the Academia di San Luca of Rome, and there are several peninsular elements, from the time of the first emigrations, such as Mario Zambelli, Domenico Bertolotti, architect, painter and good photographer”,41 the Sardinian Giuseppe Obino (1835-1879) built the cathedral of Bagé and carried out several works in Porto Alegre. In prosperous Pelotas, the Italians Guilherme Marcucci (1838-1901), José Isella (1843-1931), Carlos Zanotta (1845-1931) and the Italian descendant Caetano Casaretto (1862-1942) were responsible for the eclectic architecture that still characterizes the local historic center today.42 Vitorino Zani (1900-1960), son of Italians from Veneto, designed and built over seventy churches in the state, including temples in Porto Alegre, Caxias do Sul, Ivorá, Nova Palma, Nova Treviso, Garibaldi, Farroupilha among others.43

After the Proclamation of the Republic in 1822, Minas Gerais moved its capital city from the colonial Ouro Preto to the modern and planned Belo Horizonte, which boast a relevant collection of eclectic architecture. The Italian architect Luiz Olivieri (1869-1937), graduated in Florence, worked in the Comissão Construtora da Nova Capital (Construction Commission of the New Capital) and, in his private office, designed palaces, banks, the train station and countless residences in the first decades of the new city.44 He received recognition at the international exhibitions in Rio de Janeiro, Turin, Rome and Florence; as

41 Bardi, Contribuições dos italianos na arquitetura brasileira, 80.42 Andrey Rosenthal Schlee, “O ecletismo na arquitetura pelotense até as décadas de 30 e 40” (Dissertação de Mestrado em Arquitetura e Urbanismo, Porto Alegre, Faculdade de Arquitetura e Urbanismo, Universidade Federal do Rio Grande do Sul, 1993).43 Günter Weimer, “A fase historicista da arquitetura no Rio Grande do Sul”, in Ecletismo na arquitetura brasileira, por Annateresa Fabris (São Paulo: Nobel / Edusp, 1987), 256–179; Andrey Rosenthal Schlee, “Construtores de sonhos. O ecletismo na arquitetura erudita da Quarta Colônia de Imigração Italiana” (Relatório de Pesquisa, Universidade Federal de Santa Maria/Fapergs, 1999).44 Dicionário biográfico de construtores e artistas de Belo Horizonte, 1894-1940 (Belo Horizonte: IEPHA/MG, 1997), 185.

In una versione più decorata dello “Stile Floreale” costruiva nella stessa epoca a Rio de Janeiro il siciliano Antonio Virzi (1882-1954). L’architetto laureato a Napoli ed a Milano sarebbe arrivato in Brasile nel 1910 e avrebbe progettato diverse ville lussuose tra Copacabana e Glória, dove costruì l’emblematico labora-torio del “Elixir de Nogueira” nel 1916.

Nel Rio Grande do Sul, importante destina-zione degli immigrati in Brasile, “la Catedral Metropolitana fu opera del professore Giovanni Battista Giovenale (1849-1934), dell’Accademia di San Luca di Roma, e vari sono gli esponenti della penisola italiana che qui lavorano, fin dai tempi delle prime immigrazioni, come Mario Zambelli, Domenico Bertolotti, architetto, pittore e ottimo fotografo”,41 il sardo Giuseppe Obino (1835-1879) che costruì la cattedrale di Bagé e realizzò diverse opere a Porto Alegre. Nella prospera Pelotas, furono gli italiani Guilherme Marcucci (1838-1901), José Isella (1843-1931), Carlos Zanotta (1845-1931) e il discendente di italiani Caetano Casaretto (1862-1942) i responsabili per l’architettura eclettica che ancora oggi caratterizza il centro storico locale.42 Nato a Caxias do Sul Vitorino Zani (1900-1960), figlio di italiani del Veneto, avrebbe progettato e costruito più di settanta chiese nello stato, inclusi templi a Porto Alegre, Caxias do Sul, Ivorá, Nova Palma, Nova Treviso, Garibaldi e Farroupilha tra le altre.43

Dopo la proclamazione della Repubblica, Minas Gerais cambiò la sua capitale dalla coloniale Ouro Preto alla moderna e pianificata Belo Horizonte, componendo una rilevante collezione di architettura eclettica. L’architetto italiano Luiz Olivieri (1869-1937), laureato a Firenze, avrebbe lavorato nella Comissão Construtora da Nova Capital (Commissione Costruttrice della Nuova Capitale) per progettare, nel suo studio privato, palazzine, banche, la stazione del treno e innumerevoli residenze nei primi decenni della nuova urbe.44 Probabilmente, grazie a tale esperienza, ricevette vari riconoscimenti nelle esposizioni

exposições internacionais do Rio de Janeiro, Turim, Roma e Florença; conforme consta no rosto da segunda edição de seu livro monográ-fico O architecto moderno no Brasil: edificios publicos e particulares (1922).

Como se vê, na transição do século XIX para o XX, os italianos estiveram presentes em todos os aspectos da construção de nossas cidades: foram operários, artistas, capomastri, engenheiros, arquitetos, incorporadores. Se São Paulo parecia uma cidade italiana, com um aporte insuperável de imigrantes dessa origem, outras cidades brasileiras também tiveram contribuições desses trabalhadores incansáveis. Na história da arquitetura local de cada capital do país, consta sempre um nome italiano.

Tecnologia e modernidades Embora com origens na antiguidade, o concreto armado com cimento Portland e aço é uma invenção de meados do século XIX. Somente na década de 1870 iniciaram-se estudos teóricos que possibilitariam seu uso estrutural, a partir dos estudos de Joseph Monier (1823-1906). No Brasil, “há informa-ções de que em 1883 o empreiteiro italiano Giuseppe Rossetti teria apresentado à Câmara Municipal de São Paulo, por ocasião de uma concorrência pública, o projeto de uma ponte de concreto armado” que não teria sido aceita devido ao desconhecimento generalizado da técnica.45 Seu uso amplo teria início no bojo das grandes renovações urbanas do início do século XX, a partir de pesquisas realizadas no Gabinete de Resistência dos Materiais da Escola Politécnica de São Paulo, criado em 1896 por Antônio Francisco de Paula Souza, posteriormente reorganizado por Hyppolyto Gustavo Pujol.46

Em São Paulo, o primeiro edifício com esque-leto de concreto armado teria sido projetado em 1909 pelo arquiteto italiano Francesco Notaroberto,47 “mas também eram executados projetos brasileiros, como o viaduto em Itaipú (1907) de autoria de Ximeno de Villeroy, a ponte sobre o rio Maracanã (1908) de autoria de Carlos Euler (1908), ou a ponte sobre o

stated on the front of the second edition of his monographic book O architecto moderno no Brasil: edificios publicos e particulares (1922).

As we can see, in the transition from the 19th to the 20th century, Italians were present in all aspects of the construction of our cities: they were workers, artists, capomastri, engineers, architects, developers. If São Paulo looked like an Italian city, with a major contribution from immigrants of this origin, other Brazilian cities also had contributions from these tireless workers. In the history of local architecture in each of the country’s capitals, there is always an Italian name.

Technology and modernities Although with origins in antiquity, concrete reinforced with Portland cement and steel is an invention of the mid-nineteenth century. Theoretical studies that would enable its structural use began in the 1870s, in the works of Joseph Monier (1823-1906). In Brazil, “there is information that in 1883 the Italian contractor Giuseppe Rossetti presented to the City Council of São Paulo, during a public bidding process, the design of a reinforced concrete bridge” that was not accepted due to widespread ignorance of the technique. 45 Its widespread use started during the great urban renovations of the early twentieth century, based on research conducted at the Office of Strength of Materials of the Polytechnic School of São Paulo, created in 1896 by Antônio Francisco de Paula Souza, later reorganized by Hyppolyto Gustavo Pujol.46

In São Paulo, the first building with a reinforced concrete skeleton was designed in 1909 by the Italian architect Francesco Notaroberto,47 “but Brazilian projects were also executed using the technique, such as the viaduct in Itaipú (1907) by Ximeno de Villeroy, the bridge over Maracanã River (1908) by Carlos Euler, or the bridge over the Ribeirão

45 Pedro Carlos da Silva Telles, História da engenharia no Brasil, volume 2, (século XX) (Rio de Janeiro: Clavero Editoração; Clube de Engenharia, 1993), 473.46 Danilo Matoso Macedo, Da matéria à invenção: as obras de Oscar Niemeyer em Minas Gerais, 1938-1955, Arte e cultura 5 (Brasília: Câmara dos Deputados, Coordenação de Publicações, 2008), 71.47 Augusto Carlos Vasconcelos, O concreto no Brasil: recordes, realizações, história, vol. 1 (São Paulo: Copiare, 1985), 15.

internazionali di Rio de Janeiro, Torino, Roma e Firenze; conforme quanto risulta dal frontespizio della seconda edizione del suo libro monografico O architecto moderno no Brasil: edificios publicos e particulares (1922).

Come si può notare, nel passaggio dal XIX al XX secolo, gli italiani furono presenti in tutti gli aspetti della costruzione delle nostre città: furono operai, artisti, capomastri, ingegneri, architetti, imprenditori edili. Se San Paolo sembrava una città italiana, grazie all’apporto insuperabile degli immigrati di questa origine, anche altre città brasiliane ebbero la contri-buzione di questi lavoratori infaticabili. Nella storia dell’architettura locale di ogni capitale del Paese, si trova sempre un nome italiano.

Tecnologia e modernità Nonostante fosse originario dell’antichità, il calcestruzzo armato con cemento Portland e acciaio è un’invenzione della metà XIX secolo. Soltanto dal 1870 iniziarono gli studi teorici che avrebbero reso possibile il suo uso strutturale, partendo dagli studi di Jospeh Monier (1823-1906). In Brasile, “esistono informazioni che nel 1883 l’imprenditore italiano Giuseppe Rossetti avrebbe presentato alla Câmara Municipal di San Paolo, in occasione di una gara d’appalto pubblica, il progetto di un ponte in calcestruzzo armato” che non sarebbe stato accettato a causa della ignoranza generalizzata della tecnica.45 Il suo ampio uso avrebbe avuto inizio all’interno dei grandi rinnovamenti urbani dell’inizio del XX secolo, a partire dalle ricerche realizzate nel Gabinete de Resistência dos Materiais della Escola Politécnica di San Paolo, creato nel 1896 da Antônio Francisco de Paula Souza, posteriormente riorganizzato da Hyppolyto Gustavo Pujol.46

A San Paolo, il primo edificio con scheletro in calcestruzzo armato sarebbe stato progettato nel 1909 dall’architetto italiano Francesco Notaroberto,47 “ma erano eseguiti anche progetti di brasiliani, come il viadotto a Itaipú (1907) di Ximeno de Villeroy, il ponte sul fiume Maracanã (1908) di Carlos Euler (1908),

56 57

ribeirão dos Machados (1910) de autoria de Guilherme Ernesto Winter”.48 Seu uso em pontes ferroviárias prontamente se estenderia. Arquitetos como Victor Dubugras (1868-1933) – encarregado de projetar estações ferroviárias entre outras coisas – fariam uso da plasticidade do material em obras de estilo Art Nouveau.49

O uso sistemático de estruturas de concreto armado foi difundido sobretudo pelas empresas Hennebique, francesa; e Wayss & Freytag, alemã. François Hennebique (1842-1921), que patenteara a partir da década de 1880 diversos sistemas de laje-viga-pilar de concreto armado. “De 1893 a 1908 abriu quarenta e três escritórios em diferentes cidades do mundo, entre as quais o Rio de Janeiro, onde eram realizados projetos estruturais de edifícios difundindo suas patentes de aplicação do concreto armado”.50 Já a Wayss & Freytag chegou ao país em 1913, incorporando empresas e técnicos germânicos como a Companhia Construtora em Cimento Armado, de Lambert Riedlinger.51

Foi, porém, uma geração de engenheiros civis brasileiros cujo maior expoente era Emílio Baumgart (1889-1943), que levou o país à vanguarda tecnológica do uso do concreto. Em 1926, o engenheiro Ary Torres transformou o Gabinete de Resistência dos Materiais em Laboratório de Ensaios de Materiais (LEM), criando-se ainda em 1933 o Instituto Nacional de Tecnologia (INT), com chefia de Fernando Luiz Lobo Carneiro na área de concreto armado. Esses laboratórios desenvolveriam tecnologias como “o processo de determinação da resistência à tração empregando corpos de prova cilíndricos, o chamado Brazilian test”,52 como ficaria conhecido em publicações internacionais.

A partir da década de 1930, seria constante a presença de matérias sobre tecnologias, projetos e obras brasileiras em revistas técnicas internacionais – como a francesa Technique des Travaux, a alemã Beton und Eisen ou a estadunidense Engineering News Record. Simultaneamente, o país acumulava

dos Machados (1910) by Guilherme Ernesto Winter”.48 Its use in railway bridges would soon become common. Architects such as Victor Dubugras (1868-1933) – in charge of designing railway stations, among other things – would make use of the material’s plasticity in Art Nouveau-style works.49

The systematic use of reinforced concrete structures was spread mainly by the companies Hennebique, French; and Wayss & Freytag, German. François Hennebique (1842-1921), patented, from the 1880s onwards, various reinforced concrete slab-beam-pillar systems. “From 1893 to 1908 he opened forty-three offices in different cities around the world, including Rio de Janeiro, where structural building projects were carried out based on his patents on the application of reinforced concrete”.50 Wayss & Freytag arrived in the country in 1913, incorporating German companies and technicians, such as Lambert Riedlinger’s Companhia Construtora em Cimento Armado.51

It was, however, a generation of Brazilian civil engineers, the greatest exponent of which was Emílio Baumgart (1889-1943), who took the country to the technological forefront of concrete use. In 1926, engineer Ary Torres transformed the Gabinete de Resistência dos Materiais into Laboratório de Ensaios de Materiais (LEM), and in 1933 the Instituto Nacional de Tecnologia (INT) was created, headed by Fernando Luiz Lobo Carneiro, specialized in the area of reinforced concrete. These laboratories would develop technologies such as “the process of determining tensile strength using cylindrical specimens, the so-called Brazilian test”,52 as it would become known in international publications.

Starting in the 1930s, articles on Brazilian technologies, projects and construction works would be constantly published in international technical magazines – such as the French Technique des Travaux, the German Beton und Eisen or the American Engineering News Record. At the same time, the country was accumulating successive records in

48 Sylvia Ficher, “Edifícios altos no Brasil”, Espaço & Debates, no 37 (1994), 62.49 Silva Telles, História da engenharia no Brasil, volume 2, (século XX).50 Sylvia Ficher, “Edifícios altos no Brasil”, Espaço & Debates, no 37 (1994), 73.51 Vasconcelos, O concreto no Brasil - V.1, 1:17.52 Ficher, “Edifícios altos no Brasil”, 63.53 Augusto Carlos Vasconcelos, O concreto no Brasil: recordes, realizações, história, vol. 1 (São Paulo: Copiare, 1985), 168–87.

o il ponte sul torrente dos Machados (1910) di Guilherme Ernesto Winter”.48 Il suo uso si sarebbe rapidamente esteso ai ponti ferroviari. Architetti come Victor Dubugras (1868-1933), incaricato di progettare, tra le altre cose, stazioni ferroviarie, avrebbe fatto uso della plasticità del materiale in opere in stile Art Nouveau.49

L’uso sistematico di strutture di calcestruzzo armato fu diffuso soprattutto dalle aziende Hennebique, francese; e Wayss & Freytag, tedesca. François Hennebique (1842-1921) aveva brevettato a partire dal 1880 diversi sistemi di soletta-trave-pilastro in calcestruzzo armato. “Dal 1893 al 1908 aprì quarantatré uffici in differenti città del mondo, tra le quali Rio de Janeiro, dove erano realizzati progetti strutturali di edifici che diffondevano i suoi brevetti di applicazione del calcestruzzo armato”.50 Mentre la Wayss & Freytag arrivò nel Paese nel 1913, accorpando aziende e tecnici tedeschi come la Companhia Construtora em Cimento Armado, di Lambert Riedlinger.51

Fu, però, una generazione di ingegneri civili brasiliani, il cui maggior esponente era Emílio Baumgart (1889-1943), che portò il Paese all’avanguardia tecnologica nell’uso del calcestruzzo. Nel 1926, l’ingegnere Ary Torres trasformò il Gabinete de Resistência dos Materiais in Laboratório de Ensaios de Materiais (LEM), creando, sempre nel 1933, l’Instituto Nacional de Tecnologia (INT), sotto il comando di Fernando Luiz Lobo Carneiro nell’area del calcestruzzo armato. Questi laboratori svilupparono varie tecnologie come “il processo di determinazione della resistenza a trazione utilizzando corpi di prova cilindrici, il chiamato Brazilian test”,52 come sarebbe stato conosciuto nelle pubblicazioni internazionali.

A partire dal 1930, era costante la presenza di testi sulle tecnologie, progetti e opere del Brasile in riviste tecniche internazionali, come la francese Technique des Travaux, la tedesca Beton und Eisen o la statunitense Engineering News Record. Contemporaneamente, il Paese

reinforced concrete constructions, including the unprecedented 22.4-meter marquee over the Jockey Club grandstand in Gávea (1924), built by the Christiani & Nielsen construction company and the engineers Lino de Sá Pereira and Mário de Azevedo Ribeiro; the Presidente Sodré Bridge (1926), with a record 67-meter parabolic arch; the Herval Bridge (1930), designed by Emílio Baumgart in Santa Catarina, the first bridge to use concrete staves in successive overhangs.53

recordes sucessivos em realizações de concreto armado, como o balanço inédito de 22,4 metros da marquise sobre a tribuna do Jockey Clube na Gávea (1924), obra da construtora Christiani & Nielsen, pelos engenheiros Lino de Sá Pereira e Mário de Azevedo Ribeiro; a ponte Presidente Sodré (1926), sobre arco parabólico recorde de 67 metros; a Ponte do Herval (1930), projetada por Emílio Baumgart em Santa Catarina, primeira com aduelas de concreto em balanços sucessivos.53

collezionava record successivi in realizzazioni in calcestruzzo armato, come lo sbalzo di 22,4 metri della tettoia sulla tribuna del Jockey Clube a Gávea (1924), opera degli ingegneri Lino de Sá Pereira e Mário de Azevedo Ribeiro, dell’impresa edile Christiani & Nielsen; il ponte Presidente Sodré (1926), con un arco parabolico da primato di 67 metri; il Ponte do Herval (1930), progettato da Emílio Baumgart in Santa Catarina, la prima con conci di calcestruzzo a sbalzi successivi.53

Ponte Presidente Sodré a Cabo Frio, Rio de Janeiro, 1926. Record dei ponti ad arco in calcestruzzo armato. Calcolo di A. Ostenfeld costruzione di Felippe dos Santos Reis e Lino Collet della Christiani & Nielsen. Fonte: Wikimedia Commons.

Ponte Presidente Sodré em Cabo Frio, Rio de Janeiro, 1926. Recorde de pontes em arco de concreto armado. Cálculo de A. Ostenfeld, construção da Christiani & Nielsen, construção de Felippe dos Santos Reis e Lino Collet. Fonte: Wikimedia Commons.

Presidente Sodré Bridge in Cabo Frio, Rio de Janeiro, 1926. Record for reinforced concrete arch bridges. Calculation by A. Ostenfeld, construction by Christiani & Nielsen, construction by Felippe dos Santos Reis and Lino Collet. Source: Wikimedia Commons.

58 59

Os arquitetos, engenheiros e construtores no Brasil eram parte desse avanço tecnológico, desenvolvendo não apenas uma miríade de realizações condizentes com a crescente urbanização do país, mas também investindo em vertentes estilísticas originais da arquitetura moderna – e com participação da comunidade ítalo-brasileira. Apenas em São Paulo, aproximadamente um terço de todos os construtores registrados na Prefeitura no início do século era de italianos ou de seus descen-dentes.54 Dentre os 120 engenheiros-arquitetos graduados na Escola Politécnica entre 1899 e 1954, eles eram pelo menos 29. Entre os 89 arquitetos e engenheiros-arquitetos entre 1919 e 1946, 34 eram italianos ou oriundi.55

Também entre os professores da Poli, essa comunidade destacava-se. O já mencionado Domiziano Rossi, por exemplo, lecionaria em diversas disciplinas de desenho e composição, enquanto seguia trabalhando no Escritório Técnico Ramos de Azevedo e dava aulas no Liceu de Artes e Ofícios; pelas mesmas instituições passaria o lombardo Felisberto Ranzini (1881-1976), que assumiria o escri-tório de Ramos de Azevedo após sua morte, elaborando diversos projetos de destaque, sobretudo na área residencial; o veneziano Enrico Vio (1874-1960) lecionaria desenho de 1913 a 1936 e tinha um estúdio no Liceu; o veronês Caetano Fraccaroli (1911-1987), escultor, responsável por diversas obras integradas a edifícios e espaços públicos, lecionaria em diversos colégios regulares e técnicos, além da Politécnica, onde chegaria a criar o Laboratório de Modelos e Ensaios, que dirigiria de 1971 a 1985.

Entre os descendentes de italianos temos, por exemplo, o paulista Affonso Iervolino (n.1910) lecionaria desenho na Poli, trabalhou na Diretoria de Obras Públicas, projetaria o Mercado Municipal de Sorocaba e o Paço Municipal de Taquaritinga, dirigiria a seção de projetos na Severo, Villares & Cia., onde desen-volveria vários edifícios; o também paulista de Botucatu Zenon Lotufo (1911-1986) lecionaria

Architects, engineers and builders in Brazil were part of this technological advance, developing not only myriad achievements consistent with the growing urbanization of the country, but also investing in original stylistic strands of modern architecture – and with the participation of the Italian-Brazilian community. In São Paulo, approximately one-third of all builders registered with the City Council at the beginning of the century were Italian or of Italian descent.54 Of the 120 engineer-architects who graduated from the Polytechnic School between 1899 and 1954, there were at least 29 Italians. Of the 89 architects and engineer-architects between 1919 and 1946, 34 were Italian or of Italian descent.55

Among the professors at Poli (the Polytechnical School), this community stood out. The aforementioned Domiziano Rossi, for instance, taught several disciplines of drawing and composition, while working at the Escritório Técnico Ramos de Azevedo and teaching at the Liceu de Artes e Ofícios; Lombard Felisberto Ranzini (1881-1976), who would take over Ramos de Azevedo’s office after his death, elaborating several outstanding projects, especially in residential areas, was affiliated with the same institutions; the Venetian Enrico Vio (1874-1960) taught design from 1913 to 1936 and had a studio at the Liceu; the Veronese Caetano Fraccaroli (1911-1987), a sculptor, responsible for several works integrated into buildings and public spaces, taught in several regular and technical schools, as well as at the Politécnica, where he would create the Laboratório de Modelos e Ensaios, which he would direct from 1971 to 1985.

Among the Italian descendants there are, for example, the paulista Affonso Iervolino (b.1910), who taught design at the Polytechnical school, known by all as Poli, worked at the Board of Public Works, designed the Sorocaba Municipal Market and the Taquaritinga Municipal Palace, directed the design section at Severo, Villares & Cia, where he designed several buildings; Zenon Lotufo (1911-1986), also from Botucatu, São Paulo,

54 Cf. Lindener Pareto Jr., “Pândegos, rábulas, gamelas: os construtores não diplomados entre a engenharia e a arquitetura (1890-1960)” (Tese de Doutorado em Arquitetura e Urbanismo, São Paulo, Faculdade de Arquitetura e Urbanismo, Universidade de São Paulo, 2016), https://www.teses.usp.br/teses/disponiveis/16/16133/tde-19122016-181951/pt-br.php.55 Sylvia Ficher, Os arquitetos da Poli: ensino e profissão em São Paulo (São Paulo: Edusp, 2005).

Gli architetti, ingegneri e costruttori in Brasile erano parte di questo avanzamento tecnologico, sviluppando non solo una miriade di realizzazioni confacenti alla crescente urba-nizzazione del Paese, ma anche investendo in prospettive stilistiche originali dell’architettura moderna, con la partecipazione della comunità italo-brasiliana. Solo a San Paolo circa un terzo di tutti i costruttori registrati al Comune all’inizio del secolo era di italiani o di loro discendenti.54 Dei 120 ingegneri-architetti laureati alla Escola Politécnica tra il 1899 e il 1954, erano almeno 29. Degli 89 architetti e ingegneri-architetti dal 1919 al 1954, 34 erano italiani o oriundi.55

Anche tra i professori del Poli, questa comu-nità era in evidenza. Il già citato Domiziano Rossi, per esempio, insegnò diverse discipline di disegno e composizione, mentre continuava a lavorare nell’Escritório Técnico Ramos de Azevedo e insegnava anche nel Liceu de Artes e Ofícios; per le stesse istituzioni sarebbe passato il lombardo Felisberto Ranzini (1881-1976), che avrebbe diretto lo studio di Ramos de Azevedo dopo la morte di Domiziano Rossi, elaborando diversi progetti di rilievo, soprattutto nell’area residenziale; il veneziano Enrico Vio (1874-1960) insegnò disegno dal 1913 al 1936 e aveva uno studio nel Liceu; il veronese Caetano Fraccaroli (1911-1987) scultore, responsabile per diverse opere integrate agli edifici e spazi pubblici, insegnò in diversi collegi regolari e tecnici, oltre alla scuola Politécnica, dove sarebbe arrivato a creare il Laboratório de Modelos e Ensaios, che avrebbe diretto dal 1971 al 1985.

Tra i discendenti di italiani abbiamo, per esempio, Affonso Iervolino (n. 1910) dello Stato di San Paolo che insegnò disegno al Poli, lavorò nella Diretoria de Obras Públicas, progettò il Mercado Municipal di Sorocaba e il Paço Municipal di Taquaritinga, diresse la sezione di progetti nella Severo, Villares & Cia., dove progettò vari edifici; Zenon Lotufo (1911-1986) nato a Botucatu, nello Stato di São

Paulo, insegnò ‘Composição Geral, Estética, Urbanismo’, oltre a Storia, Igiene delle abitazioni e alte materie diverse, elaborando diversi progetti di rilevanza nazionale e internazionale, considerato “uno dei primi moderni” di San Paolo; Ariosto Mila (1911-1987) nato a Jundiaí, nello Stato di San Paolo, insegnò diverse materie relative alla progetta-zione e costruzione, arrivando ad essere socio di due imprese di costruzioni edili, per le quali eseguì diversi edifici.56

Un’opera, allo stesso tempo curiosa e rilevante, che in un certo qual modo testimonia gli avanzamenti tecnologici dell’epoca fu la costruzione dell’Edifício Martinelli, oggi una attrazione turistica della città di San Paolo. La sua costruzione fu incentivata dall’imprenditore toscano Giuseppe Martinelli (1870-1946), che fece fortuna con i trasporti marittimi. Il Commendatore Martinelli ingaggiò l’ingegnere ungherese Vilmos Fillinger (1888-1968) per progettare un grande edificio di 14 piani, il cui calcolo strutturale fu affidato all’italo-brasiliano Amleto Nipote. Dopo l’inizio dell’opera, nel 1924, Martinelli cambiò idea varie volte in relazione all’altezza dell’edificio, che sarebbe passato ad avere 24 e poi 30 piani. Il motivo sarebbe stato la competizione, per il titolo di edificio più alto del Paese, con l’edificio A Noite in costruzione a Rio de Janeiro. L’ingegnere-architetto Italo Martinelli, nipote di Giuseppe, seguiva l’opera, ma fu ingaggiato un gruppo di calcolo di Rio de Janeiro, che emise una relazione tecnica favorevole e la costruzione proseguì fino a raggiungere l’obiettivo richiesto, con la villa del commendatore in cima.57

Nel 1921, Rino Levi (1901-1965) figlio di italiani nato nello Stato di San Paolo, andò a Milano per studiare nella Scuola Preparatoria di Applicazione per gli Architetti Civili e in seguito nella Scuola Superiore di Architettura di Roma, creata da Gustavo Giovannoni (1873-1947). Insegnavano lì, tra gli altri, Luigi Piccinato (1899-1983), Arnaldo Foschini (1884-1968) e Marcello Piacentini (1881-1960), di cui Levi sarebbe stato un tirocinante.58 Un percorso simile era stato fatto alcuni anni

‘Composição Geral, Estética, Urbanismo’, além de história, higiene das habitações e outras matérias diversas, elaborando diversos projetos de destaque nacional e internacional, considerado “um dos primeiros modernos” de São Paulo; o paulista de Jundiaí Ariosto Mila (1912-1987), tendo lecionado diversas matérias relacionada a projeto e construção, chegando a ser sócio de duas construtoras, pelas quais executaria diversos edifícios.56

Uma ao mesmo tempo curiosa e relevante empreitada que de certa forma testemunha os avanços tecnológicos da época foi a construção do Edifício Martinelli – hoje um dos cartões postais de São Paulo. Sua construção foi promovida pelo empresário toscano Giuseppe Martinelli (1870-1946), que fizera fortuna no meio dos transportes marítimos. O Comendador Martinelli contratou o engenheiro húngaro Vilmos Fillinger (1888-1968) para projetar um grande edifício de 14 andares, cujo cálculo estrutural coube ao ítalo-brasileiro Amleto Nipote. Após o início da obra, em 1924, Martinelli mudou de ideia sucessivas vezes a respeito da altura do empreendimento, que passaria a ter 24 e depois 30 andares. O motivo teria sido a competição pelo título de prédio mais alto do país com o edifício A Noite, em construção no Rio de Janeiro. O engenheiro-arquiteto Italo Martinelli, sobrinho de Giuseppe, acompanhava a obra, mas contratou-se uma equipe de calculistas do Rio de Janeiro, que emitiu um laudo favorável e a construção prosseguiu até atingir o objetivo pretendido, com a mansão do comendador no alto.57

Em 1921, o paulistano filho de italianos Rino Levi (1901-1965) foi a Milão para estudar na Escola Preparatória de Aplicação para os Arquitetos Civis e em seguida na Escola Superior de Arquitetura de Roma, criada por Gustavo Giovannoni (1873-1947). Lecionavam ali, entre outros, Luigi Piccinato (1899-1983), Arnaldo Foschini (1884-1968) e Marcello Piacentini (1881-1960), com quem Levi estagiaria.58 Percurso similar havia feito alguns anos antes o ucraniano Gregori Ilitch Warchavchik (1896-1972), que estudara no

taught ‘General Composition, Aesthetics, Urbanism’, besides history, hygiene of houses and several other subjects, elaborating several projects of national and international promi-nence, considered “one of the first moderns” of São Paulo; Ariosto Mila (1912-1987), from Jundiaí, São Paulo, taught several subjects related to design and construction, becoming a partner in two construction companies, for which he executed several buildings.56

A curious and relevant undertaking that presents the technological advances of the time was the construction of the Martinelli Building – today one of São Paulo’s postcards. Its construction was promoted by the Tuscan businessman Giuseppe Martinelli (1870-1946), who had made his fortune in the shipping industry. Comendador Martinelli hired the Hungarian engineer Vilmos Fillinger (1888-1968) to project a great building of 14 floors, whose structural calculation was the responsibility of the Italian-Brazilian Amleto Nipote. After the beginning of the work, in 1924, Martinelli changed his mind successively about the height of the enterprise, which would have 24 and then 30 floors. The reason was the competition for the title of the tallest building in the country with the building A Noite, under construction in Rio de Janeiro. The engineer-architect Italo Martinelli, Giuseppe’s nephew, accompanied the work, but a team of calculators from Rio de Janeiro was hired, which issued a favorable report and the construction proceeded until it reached the desired goal, with the commander’s mansion on top.57

In 1921, the Paulistano son of Italians, Rino Levi (1901-1965), went to Milan to study at the Preparatory School of Application for Civil Architects and then at the School of Architecture in Rome, created by Gustavo Giovannoni (1873-1947). Luigi Piccinato (1899-1983), Arnaldo Foschini (1884-1968) and Marcello Piacentini (1881-1960) – with whom Levi did his internship – taught there.58 A few years earlier, a similar path had been taken by Ukrainian Gregori Ilitch Warchavchik (1896-1972), who had studied in the same

56 Cf. Ficher, Os arquitetos da Poli: ensino e profissão em São Paulo (São Paulo: Edusp, 2005).57 Silva Telles, História da engenharia no Brasil, volume 2, (século XX), 528.58 Renato Anelli, Rino Levi: arquitetura e cidade., org. Abilio Guerra (São Paulo: Romano Guerra, 2001), 25-35.

60 61

e os cortili tão caros aos italianos, concluindo sua estada com um grande projeto para um “Orfanato da Liga das Senhoras Católicas” de 1947. Este edifício, por sua vez, teve como coautor o milanês Giancarlo Palanti (1906-1977), que chegara ao país naquele ano a convite de Calabi. Sobrinho do também célebre Mario Palanti (1885-1978) – que tinha obras no Uruguai e na Argentina – o arquiteto fizera parte “daquele grupo de ‘neoclassicistas novecentistas’ milaneses, do qual participaram também Portaluppi, Muzio e Gio Ponti. Com os melhores arquitetos de Milão e Bérgamo, entre os quais citamos Bottoni, Peressuti e Rogers, aderiu ao movimento racionalista”.61 Palanti juntou-se a Lina Bo Bardi no nascente – e efêmero – Studio Palma e alavancou uma profícua carreira que incluiria residências, edifícios comerciais, residenciais e institucio-nais. Em 1956, estabeleceu sociedade com o brasileiro Henrique Mindlin (1911-1971), com quem projetaria, por exemplo, a sede do Banco de Londres em São Paulo (1959) e a sede do Banco do Estado da Guanabara, no Rio de Janeiro (1963), além do Pavilhão permanente do Brasil na Bienal de Veneza (1963).

Fora do eixo Rio-São Paulo, em Belo Horizonte estabeleceu-se em 1929 o pisano formado em Carrara Raffaello Berti (1900-1972). O arquiteto seria responsável por diversas importantes obras Art Déco – muitas proje-tadas com o mineiro, descendente de italianos, Luiz Signorelli (1896-1944) –, como a feira de amostras, a sede dos Correios, a Santa Casa de Misericórdia e outros hospitais.62 Berti seria ainda um dos artífices da fundação da Escola de Arquitetura – hoje da Universidade Federal de Minas Gerais. Foi a primeira a ser criada ex-nihilo no país, sem filiação prévia a um curso de Engenharia ou Belas-Artes. Merece destaque ainda a interessante trajetória do piemontês Roberto Capello (1901-1985), graduado em 1925 no Instituto Politécnico de Turim e emigrado ao Rio de Janeiro no início da década de 1930. A partir de um projeto em

to the Italians, concluding his stay with a major project for a “Catholic Ladies League Orphanage” of 1947. This building, in turn, had as co-author the Milanese Giancarlo Palanti (1906-1977), who arrived in the country that year at Calabi’s invitation. Nephew of the also well-known Mario Palanti (1885-1978) – who had built projects in Uruguay and Argentina – the architect was part of “that group of ‘neoclassicist nineteenth-cen-tury’ Milanese, which also included Portaluppi, Muzio and Gio Ponti. With the best architects of Milan and Bergamo, including Bottoni, Peressuti and Rogers, he joined the rationalist movement”.61 Palanti joined Lina Bo Bardi in the recent – and ephemeral – Studio Palma and leveraged a fruitful career that would include residences, commercial, residential and institutional buildings. In 1956 he established a partnership with the Brazilian Henrique Mindlin (1911-1971), with whom he would design, for example, the headquarters of the Bank of London in São Paulo (1959) and the headquarters of the Bank of Guanabara State in Rio de Janeiro (1963), as well as the permanent Brazilian Pavilion at the Venice Biennale (1963).

Outside the Rio-São Paulo axis, in 1929, the Pisan trained in Carrara Raffaello Berti (1900-1972) established himself in Belo Horizonte. The architect would be responsible for several important Art Déco works – many of them designed with Luiz Signorelli (1896-1944), native of the state of Minas Gerais and of Italian descent – such as the Municipal Market (feira de amostras), the Post Office headquarters, the Santa Casa de Misericórdia and other hospitals.62 Berti was also one of the architects who founded the School of Architecture – today part of the Federal University of Minas Gerais. It was the first ex-nihilo in the country, without prior affiliation to a course in Engineering or Fine Arts. The interesting trajectory of Roberto Capello (1901-1985), a Piedmontese architect who graduated in 1925 from the Turin Polytechnic Institute and emigrated to Rio de Janeiro in the early 1930s, also deserves a

61 Salmoni e Debenedetti, Arquitetura italiana em São Paulo, 158.62 Maria Alice de Barros Marques Fonseca, Raffaello Berti: arquiteto, org. Mario Berti e Silma Mendes Berti, Projeto Memória (Belo Horizonte: AP Cultural, 2000).

il suo soggiorno con un grande progetto per un “Orfanato da Liga das Senhoras Católicas” del 1947. Questo edificio, a sua volta, ebbe come coautore il milanese Giancarlo Palanti (1906-1977), che era arrivato nel Paese in quell’anno su invito di Calabi. Nipote dell’al-trettanto celebre Mario Palanti (1885-1978), che aveva effettuato delle opere in Uruguay e in Argentina, l’architetto fece parte “di quel gruppo di ‘neoclassici del novecento’ milanesi, a cui parteciparono anche Portaluppi, Muzio e Gio Ponti. Insieme ai migliori architetti di Milano e Bergamo, tra i quali citiamo Bottoni, Peressuti e Rogers, aderì al movimento razionalista”.61 Palanti si unì a Lina Bo Bardi nel nascente, e effimero, Studio Palma e ebbe una proficua carriera che avrebbe incluso la progettazione di residenze, edifici commer-ciali, residenziali e istituzionali. Nel 1956, avrebbe fondato una società con il brasiliano Henrique Mindlin (1911-1971), con cui avrebbe progettato, per esempio, la sede del Banco de Londres a San Paolo (1959) e la sede del Banco do Estado da Guanabara, a Rio de Janeiro (1963), oltre al Padiglione permanente del Brasile alla Biennale di Venezia (1963).

Al di fuori dell’asse Rio de Janeiro-San Paolo, a Belo Horizonte si sarebbe stabilito il pisano, laureato a Carrara, Raffaello Berti (1900-1972). L’architetto sarebbe stato responsabile per diverse importanti opere Art Déco, molte progettate con il mineiro, discendente di italiani, Luiz Signorelli (1896-1944), come la feira de amostras, la sede del Correios, la Santa Casa de Misericórdia e altri ospedali.62 Berti fu anche uno degli artefici della fondazione della Escola de Arquitetura, oggi Universidade Federal de Minas Gerais. Fu la prima ad essere creata ex-nihilo nel Paese, senza affiliazione preventiva ad un corso di Ingegneria o Belle Arti. Merita risalto ancora l’interessante traiettoria del piemontese Roberto Capello (1901-1985), laureato nel 1925 allo Istituto Politecnico di Torino e emigrato a Rio de Janeiro all’inizio degli anni ’30. Partendo da un progetto a Curitiba, nel

mesmo curso – então do Instituto Superior de Belas-Artes de Roma – e trabalhara com o mesmo arquiteto. Imigrara para o Brasil em 1923, publicando dois anos depois um dos primeiros manifestos da arquitetura “funcional” no país,59 ao que se seguiria uma influente carreira que perduraria até o final da década de 1960.

Já Rino Levi, retornando ao Brasil em 1926, iniciaria uma bem-sucedida carreira como um dos principais artífices da geração que, no final da década de 1930, projetaria a arquitetura brasileira no mundo – Affonso Eduardo Reidy (1909-1964), Lucio Costa (1902-1998), Oscar Niemeyer (1907-2012) etc. Embora houvesse se especializado em arquitetura hospitalar, Levi elaboraria projetos de todo tipo de programa, estaria em todas as organizações profissionais, participaria de todas as mostras e publicações conjuntas, seu nome estaria nas principais publicações internacionais de arquitetura.

O próprio professor Piacentini esteve no Brasil, em 1935, convidado a fazer uma proposta para a Universidade do Brasil, no Rio de Janeiro, e a contribuir no projeto que o Escritório Ramos de Azevedo fizera para um edifício das Indústrias Reunidas F. Matarazzo – que hoje abriga a prefeitura da cidade. Em 1937, seu sócio Vittorio Ballio Morpurgo (1890-1966) viria ao Brasil, apresentando desenhos com o aporte dos italianos. Os Matarazzo contratariam o escritório italiano ainda para a realização de intervenções na reforma e ampliação em sua residência e, dez anos depois, para elaboração dos anteprojetos da Universidade Commercial Conde Francisco Matarazzo e de um edifício de escritórios na Praça da Misericórdia.60

Conhecido de Levi, o veronês Daniele Calabi (1906-1964) esteve no Brasil entre 1939 e 1949, após uma carreira de uma década entre o norte da Itália e Paris. Projetou inúmeras residências em São Paulo com feição moderna

course – then at the Higher Institute of Fine Arts in Rome – and worked with the same architect. He immigrated to Brazil in 1923, publishing two years later one of the first manifestos of “functional” architecture in the country,59 enjoying an influential career that would last until the late 1960s.

Rino Levi returned to Brazil in 1926 and began a successful career as one of the principal architects of the generation that, in the late 1930s, would project Brazilian architecture around the world. His generation included Affonso Eduardo Reidy (1909-1964), Lucio Costa (1902-1998), and Oscar Niemeyer (1907-2012), among others. Although he specialized in hospital architecture, Levi would design all kinds of projects, participate in profes-sional organizations, exhibitions and joint publications, and his name was a constant in international architecture publications.

In 1935, Professor Piacentini himself was invited to make a proposal for the University of Brazil, in Rio de Janeiro, and to contribute to the project that the Office Ramos de Azevedo had made for a building of the Indústrias Reunidas F. Matarazzo – which today houses the City Hall. In 1937, his partner Vittorio Ballio Morpurgo (1890-1966) came to Brazil. The Matarazzo family would hire the Italian office to carry out interventions in the renovation and expansion of their residence and, ten years later, to prepare the preliminary designs of the Conde Francisco Matarazzo Commercial University and an office building in the Praça da Misericórdia.60

Levi’s acquaintance, the Veronese Daniele Calabi (1906-1964) was in Brazil from 1939 to 1949, after a decade-long career between northern Italy and Paris. He designed numerous residences in São Paulo with modern features and the cortili so dear

59 Salmoni e Debenedetti, Arquitetura italiana em São Paulo, 132.60 Cf. Marcos Tognon, “Marcello Piacentini : arquitetura no Brasil”, 1993, http://repositorio.unicamp.br/jspui/handle/REPOSIP/280824.

prima dall’ucraino Gregori Ilitch Warchavchik (1896-1972), che aveva studiato nello stesso corso, dell’allora Istituto Superiore di Belle Arti di Roma, e aveva lavorato con lo stesso architetto. Era immigrato in Brasile nel 1923, pubblicando, due anni dopo, uno dei primi manifesti dell’architettura “funzionale nel Paese”,59 a cui seguì una influente carriera che sarebbe durata fino alla fine degli anni ’60.

Rino Levi, invece, ritornò in Brasile nel 1926, dove avrebbe iniziato una carriera di successo come uno dei principali artefici della generazione che, alla fine degli anni ’30, avrebbe proiettato l’architettura brasiliana nel mondo, insieme a Affonso Eduardo Reidy (1909-1964), Lucio Costa (1902-1998), Oscar Niemeyer (1907-2012) ecc. Nonostante si fosse specializzato in architettura ospedaliera, Levi avrebbe elaborato progetti di vari tipi, si sarebbe iscritto a tutte le organizzazioni professionali, avrebbe partecipato a tutte le mostre e pubblicazioni congiunte ed il suo nome sarebbe stato indicato nelle principali pubblicazioni internazionali di architettura.

Lo stesso professor Piacentini sarebbe stato in Brasile, nel 1935, invitato a fare una proposta per l’Universidade do Brasil, a Rio de Janeiro, e a contribuire al progetto che lo Escritório Ramos de Azevedo aveva fatto per un edificio delle Indústrias Reunidas F. Matarazzo, che oggi ospita il municipio della città. Nel 1937, il suo socio Vittorio Ballio Morpurgo (1890-1966) sarebbe venuto in Brasile, per presentare dei disegni con il contributo degli italiani. I Matarazzo avrebbero ingaggiato lo studio italiano anche per la realizzazione di interventi di ristrutturazione e ampliamento della loro residenza e, dieci anni dopo, per l’analisi preparatoria del progetto dell’Universidade Commercial Conde Francisco Matarazzo e un edificio di uffici nella Praça da Misericórdia.60

Conoscente di Levi, il veronese Daniele Calabi (1906-1964) risiedette in Brasile dal 1939 al 1949, dopo una carriera decennale sviluppata tra il nord Italia e Parigi. Progettò innumere-voli residenze a San Paolo di stile moderno e i cortili tanto amati dagli italiani concludendo

62 63

Curitiba, em 1935, o arquiteto seria respon-sável pela elaboração de dezenas de edifícios sede da seguradora Sul América em todo o país, cujos exemplares de Porto Alegre (1936), Belo Horizonte (1937) e Salvador (1939) são de excepcional qualidade.63

Os Bardi e Nervi Imediatamente após a guerra, em 1946, imigraria para o Brasil a arquiteta italiana de maior relevo no cenário nacional, a romana Achillina [Lina] Bo Bardi (1914-1992) – viajando com seu marido, o jornalista e marchand Pietro Maria Bardi (1900-1999). Respeitado e conhecido desde a produção da revista Quadrante (1933-1936),64 Pietro tinha a intenção de estabelecer no país uma filial do Studio Palma – dedicado a divulgar e comercializar a arte italiana.65 Acabou sendo contratado pelo magnata das comunicações Assis Chateaubriand e atuando como curador e criador do Museu de Arte de São Paulo (Masp) – uma das maiores coleções das Américas. Desde a revista Quadrante, tinha contato próximo com Marcello Piacenti, Pier Luigi Nervi e diversos outros designers, artistas, arquitetos e engenheiros italianos. Com experiência editorial na revista italiana Domus, Lina criaria no Brasil a revista Habitat – com 25 números entre 1951 e 1965 –, a qual seria uma das principais publicações de Arte e Arquitetura do país durante a época de ouro da Arquitetura Moderna brasileira.

Em sua carreira, Lina construiria relativamente poucas obras – se comparada com a projeção e o reconhecimento que obteria. Iniciando seus trabalhos ligados ao Masp, envolver-se-ia com projetos de exposições, teatros, recuperação de edifícios antigos e museus, concretizando um conjunto múltiplo e vigoroso, caracterizado pela constante experimentação artística e pela investigação histórica e social que promoveu a cada obra. O primeiro trabalho de destaque foi sua própria residência, a Casa de Vidro (1951). Construída sobre finíssimo pilotis de aço, transformou-se imediatamente num pequeno museu que abrigava – e abriga – o acervo pessoal do casal. Da prancheta de Lina saíram edifícios icônicos de São Paulo, como a sede

mention. Starting with a project in Curitiba in 1935, the architect would be responsible for dozens of headquarters for the Sul América insurance company throughout the country. The buildings in Porto Alegre (1936), Belo Horizonte (1937) and Salvador (1939) are of exceptional quality.63

The Bardi and Nervi Immediately after the war, in 1946, the most important Italian architect on the national scene, the Roman Achillina [Lina] Bo Bardi (1914-1992) – travelling with her husband, the journalist and art dealer Pietro Maria Bardi (1900-1999) – immigrated to Brazil. Respected and well-known due to the magazine Quadrante (1933-1936),64 Pietro had the intention of establishing in the country a branch of Studio Palma – dedicated to the promotion and commercialization of Italian art.65 He ended up being hired by the communications magnate Assis Chateaubriand and acting as curator and creator of the Art Museum of São Paulo (Masp) – one of the largest collections in the Americas. Through Quadrante magazine, he had close contact with Marcello Piacenti, Pier Luigi Nervi and several other Italian designers, artists, architects and engineers. With editorial experience in the Italian magazine Domus, Lina would create in Brazil the magazine Habitat – with 25 issues between 1951 and 1965 – which would be one of the principal publications of Art and Architecture in the country during the golden age of Brazilian Modern Architecture.

In her career, Lina built relatively few works – compared to her significant recognition. Beginning her work at the Masp, she would become involved in projects for exhibitions, theatres, restoration of old buildings and museums, creating a multiple and vigorous body of work, characterized by constant artistic experimentation and the historical and social research she promoted with each project. Her first outstanding work was her own residence, the Casa de Vidro (1951). Built on thin steel pilotis, it immediately became a small museum that housed – and still houses – the couple’s personal collections.

1935, l’architetto sarebbe stato responsabile per l’elaborazione di decine di edifici sede della compagnia assicurativa Sul América in tutto il Paese, i cui esemplari a Porto Alegre (1936), Belo Horizonte (1937) e Salvador (1939) sono di eccezionale qualità.63

I Bardi e Nervi Immediatamente dopo la guerra, nel 1946, sarebbe immigrata in Brasile la architetto italiana di maggior rilievo nello scenario nazionale, la romana Achillina [Lina] Bo Bardi (1914-1992), in viaggio con il marito, il giornalista e marchand Pietro Maria Bardi (1900-1999). Rispettato e conosciuto fin dalla produzione della rivista Quadrante (1933-1936),64 Pietro aveva intenzione di stabilire nel Paese una filiale dello Studio Palma, dedicato a divulgare e commercializzare l’arte italiana.65 Finì per essere ingaggiato dal magnate delle comunicazioni Assis Chateaubriand per lavorare come curatore e creatore del Museu de Arte di San Paolo (Masp), una delle maggiori collezioni delle Americhe. Fin dal periodo della rivista Quadrante, aveva contatti con Marcello Piacentini, Pier Luigi Nervi e diversi altri designers, artisti, architetti e ingegneri italiani. Avendo fatto esperienza editoriale nella rivista italiana Domus, Lina avrebbe creato in Brasile la rivista Habitat, 25 numeri tra il 1951 e il 1965, la quale sarebbe stata una delle principali pubblicazioni di Arte e Architettura del Paese durante il periodo d’oro dell’Architettura Moderna brasiliana.

Nella sua carriera, Lina costruì relativamente poche opere, se paragonate alla grandezza e al riconoscimento che ottenne. Iniziò i suoi lavori legati al Masp, sarebbe stata coinvolta in progetti di esposizioni, teatri, ristrutturazione di edifici antichi e musei, realizzando un congiunto multiplo e vigoroso, caratterizzato dalla costante sperimentazione artistica e dall’investigazione storica e sociale che promosse in ogni opera. Il primo lavoro di rilievo fu la sua propria residenza, la Casa de Vidro (1951). Costruita su sottilissimi pilotis di acciaio, si trasformò immediatamente in un piccolo museo che ospitava, ed ospita, la collezione personale della coppia. Dal tavolo

63 Karine de Arimateia e Ana Maria Gadelha Albano Amora, “A trajetória do arquiteto Roberto Capello: Turim e Brasil”, arq.urb, nº 30 (7 de abril de 2021): 105-17, https://doi.org/10.37916/arq.urb.vi30.454.64 David Rifkind, “Pietro Maria Bardi, Quadrante, e a Arquitetura da Itália Fascista”, in Modernidade latina: os italianos e os centros do modernismo latino-americano (São Paulo: Museu de Arte Contemporânea da Universidade de São Paulo, 2012), http://www.mac.usp.br/mac/conteudo/academico/publicacoes/anais/modernidade/pdfs/DAVID_PORT.pdf.65 Viviana Pozzoli, “1946! Por que Pietro Maria Bardi decide deixar a Itália e partir para o Brasil?”, in Modernidade latina: os italianos e os centros do modernismo latino-a-mericano (São Paulo: Museu de Arte Contemporânea da Universidade de São Paulo, 2012), http://www.mac.usp.br/mac/conteudo/academico/publicacoes/anais/modernidade/pdfs/VIVIAN_PORT.pdf.66 Lina Bo Bardi e Marcelo Carvalho Ferraz, Lina Bo Bardi, 3. ed. (São Paulo: Instituto Lina Bo e P.M. Bardi / Imprensa Oficial, 2008).

do Masp (1957-1968), o Sesc Pompeia (1977), o Teatro Oficina (1984). Em Salvador, depois de realizar o projeto do Museu de Arte Popular no Solar do Unhão (1959), realizaria na década de 1980 reformas como a Casa do Benin na Bahia, a Casa do Olodum, o Projeto Barroquinha.66

Foi por meio dos Bardi que se iniciou a relação de Pier Luigi Nervi com o Brasil. Em 1950, o engenheiro italiano trocava correspondência com o casal, que lhe encomendara o cálculo estrutural de sua residência. Feito o projeto, o engenheiro local Tulio Stucchi levou a cabo os ajustes necessários à sua execução pela Sociedade Comercial Construtora, que a executaria. Nervi receberia ainda a encomenda de realizar o projeto estrutural do edifício Taba Guaianases, um gigantesco complexo de edifícios projetados por Lina para abrigar as instalações dos jornais, estação

From Lina’s sketchboard came iconic buildings of São Paulo, such as the headquarters of Masp (1957-1968), Sesc Pompeia (1977), and Teatro Oficina (1984). In Salvador, after designing the Museum of Popular Art in the Solar do Unhão (1959), she would undertake in the 1980s renovations such as the Benin House in Bahia, the Olodum House, and the Barroquinha Project.66

It was through the Bardi’s that Pier Luigi Nervi’s relationship with Brazil began. In 1950, the Italian engineer exchanged correspondence with the couple, who had commissioned the structural calculation of their residence. Once the project was finished, the local engineer Tulio Stucchi carried out the necessary adjustments for its execution by the Sociedade Comercial Construtora, which would then execute it. Nervi was also commis-sioned to do the structural project of the Taba Guaianases building, a gigantic complex of buildings designed by Lina to house the newspaper, radio and television station of the

da disegno di Lina uscirono edifici simbolici di San Paolo, come la sede del Masp (1957-1968), il Sesc Pompeia (1977), il Teatro Oficina (1984). A Salvador, dopo aver realizzato il progetto del Museu de Arte Popular nel Solar do Unhão (1959), avrebbe realizzato negli anni ’80 varie ristrutturazioni come quella della Casa do Benin a Bahia, la Casa do Olodum, il Projeto Barroquinha.66

Fu grazie ai Bardi che iniziò la relazione di Pier Luigi Nervi con il Brasile. Nel 1950 l’ingegnere italiano era in corrispondenza con la coppia, che lo aveva incaricato del calcolo strutturale della loro residenza. Fatto il progetto, l’ingegnere locale Tulio Stucchi effettuò le correzioni necessarie alla sua esecuzione da parte della Sociedade Comercial Construtora, che la eseguì. Nervi ricevette ancora l’incarico di realizzare il progetto strutturale dell’edificio Taba Guaianases, un gigantesco complesso di edifici progettati da Lina per ospitare le installazioni dei giornali, stazione radio e stazione televisiva dei Diários

Rivista Quadrante, n. 2, giugno 1933, pubblicata da Massimo Bontempelli e Pietro Maria Bardi, con l’articolo “Arte e tecnica del costruire”, di Pier Luigi Nervi. Fonte: Biblioteca Nazionale Centrale di Roma – Biblioteca Digitale.

Revista Quadrante, n.2, jun.1933, editada por Massimo Bontempelli e Pietro Maria Bardi, com o artigo “Arte e tecnica del costruire”, de Pier Luigi Nervi. Fonte: Biblioteca Nazionale Centrale di Roma – Biblioteca Digitale.

Quadrante Magazine, n.2, jun.1933, edited by Massimo Bontempelli and Pietro Maria Bardi, with the article “Arte e tecnica del costruire”, by Pier Luigi Nervi. Source: Biblioteca Nazionale Centrale di Roma – Biblioteca Digitale.

64 65

Nervi, Niemeyer e Cardozo Convidado por Rogers, então editor da revista italiana Casabella Continuità, Nervi iniciou uma coluna chamada Crítica das estruturas em janeiro de 1959. Nela, o engenheiro advoga que a arquitetura coerente com o sistema estrutural deve acompanhar “o tranquilo desejo de seguir estritamente os sistemas estáticos mais simples e mais afins às caracte-rísticas do material empregado, de modo que a estrutura venha a se tornar quase a visível materialização do sistema de forças e reações em jogo”. Na via inversa, identifica em outras arquiteturas “uma ambiciosa pesquisa formal que, utilizando as possibilidades da técnica e dos materiais, atinge o indispensável equilíbrio por meio dos jogos de ações e reações não aparentes e que não constituem elemento visível da composição arquitetônica”.71 No texto, as obras e os responsáveis pela segunda corrente seriam aqueles de Brasília: o Palácio do Congresso Nacional, o primeiro projeto do Palácio Presidencial, a Igreja de Nossa Senhora de Fátima e seus autores, o arquiteto Oscar Niemeyer e o engenheiro Joaquim Cardozo (1897-1978).

No caso do Congresso Nacional, é a cúpula invertida da Câmara dos Deputados que incomoda Nervi, pela dificuldade construtiva intrínseca às formas e porque o sistema estru-tural efetivo não fora publicado. O engenheiro supõe corretamente a existência de anéis de travamento no topo e na base da forma, mas está curioso quanto à estrutura capaz de vencer o vão no topo da cúpula – apresentado como uma laje plana nas publicações. Em tom crítico, para além das questões estáticas, ele planteia: “que sensação dará ao espectador essa imponente e imensa massa misteriosa-mente disposta de modo irregular em um anel cuja base é mais estreita, em uma total inversão da disposição mais espontânea que necessita uma base mais larga ou ao menos igual àquela que se eleva sobre ela? E essa sensação proporcionará uma fruição do belo ou, ao contrário, provocará uma espécie de temerária maravilha”. O engenheiro avança nas questões: “e quanto custará essa artificiosa

Nervi, Niemeyer and Cardozo Invited by Rogers, then editor of the Italian magazine Casabella Continuità, Nervi started a column called Crítica das estruturas in January 1959. In it, the engineer advocates that coherent architecture with the structural system must accompany “the tranquil desire to follow strictly the simplest static systems and those most in tune with the characteristics of the material used, so that the structure becomes almost the visible materialization of the system of forces and reactions in play”. In the opposite direction, he identifies in other architectures “ambitious formal research that, using the possibilities of the technique and the materials, reaches the indispensable balance through the play of actions and reactions that are not apparent and that do not constitute a visible element of the architectural composi-tion”.71 In the text, the works he refers to are those of Brasília: the National Congress Palace, the first design of the Presidential Palace, the Church of Our Lady of Fatima and its authors, the architect Oscar Niemeyer and the engineer Joaquim Cardozo (1897-1978).

In the case of the National Congress, it is the inverted dome of the Chamber of Deputies that bothers Nervi, because of the constructive difficulty intrinsic to the forms and because the actual structural system had not been published. The engineer correctly assumes the existence of locking rings at the top and bottom of the form, but is curious about the structure capable of overcoming the gap at the top of the dome – presented as a flat slab in the publications. Critically, beyond the static questions, he asks: “what sensation will this imposing, immense mass mysteriously arranged irregularly in a ring whose base is narrower, in a total inversion of the more spontaneous arrangement that requires a base wider or at least equal to that which rises above it, give the spectator? And will this sensation provide a fruition of the beautiful or, on the contrary, will it provoke a kind of reckless wonder?” The engineer goes on to ask: “and how much will this artificial inversion cost? And will today’s technology

Nervi, Niemeyer e Cardozo Invitato da Rogers, allora editore della rivista italiana Casabella Continuità, Nervi iniziò una rubrica chiamata Critica delle strutture in gennaio del 1959. Lì, l’ingegnere difende che l’architettura coerente con il sistema strutturale deve seguire “il tranquillo desiderio di seguire strettamente i sistemi statici più semplici e più consoni alle caratteristiche del materiale impiegato, cosicché la struttura diventa quasi la visibile materializzazione del sistema di forze e reazioni in giuoco”. Al contrario, identifica in altre architetture “una ambiziosa ricerca formale che, utilizzando le possibilità della tecnica e dei materiali, raggiunge l’indispensabile equilibrio attraverso giuochi di azioni e reazioni non appariscenti e che non costituiscono elemento visibile della composizione architettonica”.71 Nel testo, le opere e i responsabili della seconda corrente sarebbero quelli di Brasilia: il Palácio do Congresso Nacional, il primo progetto del Palácio Presidencial, la Igreja de Nossa Senhora de Fátima e i loro autori, l’architetto Oscar Niemeyer e l’ingegnere Joaquim Cardozo (1897-1978).

Nel caso del Congresso Nacional, è la cupola invertita della Câmara dos Deputados che indispone Nervi, per la difficoltà costruttiva intrinseca alla forma e perché il sistema strut-turale effettivo non fu pubblicato. L’ingegnere suppone correttamente l’esistenza di anelli di chiusura in cima e alla base della forma, ma è curioso in relazione alla struttura capace di vincere il vano in cima alla cupola, presentato come una soletta piana nelle pubblicazioni. In un tono critico, indipendentemente delle questioni statiche, lui indica: “che sensazione darà allo spettatore questa incombente enorme massa misteriosamente slanciata a sbalzo da un più ristretto anello di base, nella totale inversione della più spontanea disposizione che vuole la base più larga o almeno uguale quanto a su di essa si eleva? E questa sensa-zione favorirà un godimento del bello o, al contrario, provocherà una specie di temeraria meraviglia.” L’ingegnere continua con le domande: “e quanto costerà questa artificiosa

71 In: Pier Luigi Nervi, “Crítica das estruturas”, in Brasília: antologia crítica, org. Alberto Xavier e Julio Katinsky, trad. Eugênio Vinci Moraes (São Paulo: Cosac Naify, 2012), 47. No original: “da una parte, il tranquillo desiderio di seguire strettamente i sistemi statici più semplici e più consoni alle caratteristiche del materiale impiegato, cosicché la struttura diventa quasi la visibile materializzazione del sistema di forze e reazioni in giuoco; dall’altra una ambiziosa ricerca formale che utiliz-zando le possibilità della tecnica e dei materiali, raggiunge l’indispensabile equilibrio attraverso giuochi di azioni e reazioni non appariscenti e che non costituiscono elemento visibile della composizione architettonica”. In: Pier Luigi Nervi, “Critica delle struture”, Casabella Continuità, nº 229 (janeiro de 1959): 55.

67 Bardi e Ferraz, 70-73.68 In realtà, si tratta del Padiglione della Civiltà Italiana per l’Esposizione Universale di Roma del 1942, progettato nel 1939 con Bardi e non realizzato. Cf. Pier Luigi Nervi et al., The Works of Pier Luigi Nervi, 44.

68 Na verdade, trata-se do Pavilhão da Civilização Italiana para a Exposição Universal de Roma de 1942, projetado em 1939 com Bardi e não realizado. Cf. Pier Luigi Nervi et al., The Works of Pier Luigi Nervi, 44. 68 In fact, it is the Pavilion of Italian Civilization for the 1942 Universal Exhibition in Rome, designed in 1939 with Bardi and not done. Cf. Pier Luigi Nervi et al., The Works of Pier Luigi Nervi, 44.69 Pietro Maria Bardi, Engenharia e arquitetura na construção (S.l. : Banco Sudameris Brasil S. A., 1985), 122.70 “If one has had contact with Nervi’s work and writings one knows that he was sometimes a victim of his own slogans, that he was under the illusion that some of his most brilliant solutions have been reached solely by the disciplined and precise mind of an engineer, that the beauty of his work was due to a neutral and passive process of thought having nothing to do with aesthetics. This illusion, however, hardly dimmed the clarity of his thought. Nervi is an artist against his will, sometimes against his own theoretical conviction; he is an artist because in spite of his astounding knowledge he does not confuse the ends with the means, because he is not satisfied with the means alone but makes them subservient to his aim through proper use”. (Rogers, Ernesto. “A portrait of Pier Luigi Nervi” in: Pier Luigi Nervi, Ernesto Rogers, e Jurgen Joedicke, The Works of Pier Luigi Nervi, trad. Ernst Priefert (London: The Architectural Press, 1957).

Associados di Chateaubriand, oltre a due blocchi di appartamenti.67 L’opera non sarebbe mai stata eseguita, ma avrebbe motivato la venuta di Nervi a San Paolo a maggio del 1951, quando ebbe l’opportunità di “dare un corso sul calcestruzzo al Masp”, il quale sarebbe stato pubblicato, con il titolo Resistência pela forma, nel terzo numero della rivista Habitat (aprile-giugno 1951), preceduto dal testo Nervi e o concreto, di Pietro Maria Bardi.

Pietro si sarebbe ricordato, più tardi, che fu uno dei responsabili di evidenziare l’opera di Nervi in una polemica all’inizio degli anni ’30 in cui aveva indicato lo stadio di Berta (1930) “come una splendida opera architettonica, superando il fatto di non essere stato proget-tato da un professionista dedicato all’estetica, ma da un semplice costruttore”, a cui Nervi decise di andare incontro, dichiarandosi “ingegnere” e non “architetto”. Avrebbe affer-mato ancora di “essersi avvalso dell’amicizia dell’ingegnere e perfino collaborato con lui nel progetto della costruzione di un Museo della Civiltà Italiana,68 lavoro pubblicato da Nervi nel libro Costruire correttamente”. Per Bardi, infine, “la scomparsa dei substrati decorativi nell’architettura che è, in sintesi, quello che i tempi di oggi esigono dall’arte di costruire, mostra ancora di più che è normale che l’ingegneria sia indicata come parte positiva”.69

Il racconto dell’amico rivela la natura del temperamento critico, e autocritico, di Nervi, indicata anche da un altro collega, l’architetto triestino Ernesto Nathan Rogers (1909-1969), secondo cui fu “alcune volte una vittima delle sue proprie parole, che aveva l’illusione che alcune sue soluzioni sarebbero state raggiunte soltanto grazie alla mente precisa e disciplinata di un ingegnere”. Per lui, “Nervi è un artista contro la propria volontà, a volte contro la sua propria convinzione teorica; lui è un artista perché nonostante le sue spaventose conoscenze, lui non scambia i fini per i mezzi, perché non si soddisfa con i mezzi soltanto, ma li subordina ai suoi propri propositi per il suo uso appropriato”.70

de rádio e televisão dos Diários Associados de Chateaubriand, além de dois blocos de apartamentos.67 A obra não seria executada, mas motivaria a vinda de Nervi a São Paulo em maio de 1951, quando teve a oportunidade de “ministrar um curso sobre concreto no Masp”, o qual constaria, com o título Resistência pela forma, no terceiro número da revista Habitat (abril-junho 1951), precedido pelo texto Nervi e o concreto, de Pietro Maria Bardi.

Pietro lembrar-se-ia, mais tarde, que fora um dos responsáveis por lançar luz sobre a obra de Nervi em uma polêmica no início da década de 1930 em que apontara o estádio de Berta (1930) “como uma esplêndida obra arquitetô-nica, superando o fato de não ser de autoria de um profissional dedicado à estética, mas de um simples construtor”, ao que Nervi fizera questão de ir ao seu encontro, “declarando-se ‘engenheiro’ e não ‘arquiteto’”. Afirmaria ainda “ter privado da amizade do engenheiro e até colaborado com ele no projeto para a cons-trução de um Museu da Civilização Italiana,68 trabalho publicado por Nervi no livro Costruire correttamente”. Para Bardi, enfim, “o desaparecimento dos substratos decorativos na arquitetura que é, em síntese, o que os tempos de hoje exigem da arte de construir, mostra mais uma vez que é normal que a engenharia seja apontada como parte positiva”.69

O relato do amigo revela a natureza da têmpera crítica – e autocrítica – de Nervi, aliás também apontada por outro colega, o arquiteto triestino Ernesto Nathan Rogers (1909-1969), para quem ele fora “algumas vezes uma vítima de seus próprios lemas, que ele tinha a ilusão de que algumas de suas soluções teriam sido alcançadas somente por meio da mente precisa e disciplinada de um engenheiro”. Para ele, “Nervi é um artista contra sua própria vontade, às vezes contra sua própria convicção teórica; ele é um artista porque, apesar de seu espantoso conhecimento, ele não troca os fins pelos meios, porque ele não se satisfaz com os meios somente, mas os subordina aos seus propósitos por seu uso apropriado”.70

Chateaubriand Associated Newspapers, as well as two apartment blocks.67 The project would not be started, but it would motivate Nervi’s visit to São Paulo in May 1951, when he had the opportunity to “teach a course on concrete at Masp”, which would be published, with the title Resistência pela forma, in the third issue of Habitat magazine (April-June 1951), preceded by the text Nervi e o concreto, by Pietro Maria Bardi.

Pietro would remember later that he had been one of those responsible for shedding light on Nervi’s work in a polemic in the early 1930s, when he identified the Berta stadium (1930) “as a splendid architectural work, overcoming the fact that it was not the work of a professional dedicated to aesthetics, but of a simple builder”, to which Nervi had made a point of going to meet him, “declaring himself an ‘engineer’ and not an ‘architect’”. He also claimed “to have enjoyed the friendship with the engineer and even collaborated with him on the project for the construction of a Museum of Italian Civilization,68 work published by Nervi in the book Costruire correttamente”. For Bardi, finally, “the disappearance of decorative substrates in architecture, which is, in synthesis, what today’s times demand from the art of building, shows once again that it is normal that engineering is pointed out as a positive part of the process”.69

The friend’s account reveals the nature of Nervi’s critical – and self-critical – temper-ament, also noted by another colleague, the Triestine architect Ernesto Nathan Rogers (1909-1969), for whom he had been “sometimes a victim of his own mottos, that he had the illusion that some of his solutions would have been reached only by means of the precise and disciplined mind of an engineer”. For him, “Nervi is an artist against his own will, sometimes against his own theoretical conviction; he is an artist because, despite his astonishing knowledge, he does not trade the ends for the means, because he is not satisfied with the means only, but subordinates them to his purposes by their proper use”.70

66 67

inversão? E a tecnologia de hoje será capaz de prever os complexos fenômenos de alterações provocados pelo tempo que marcam a vida de todas as obras arquitetônicas, inclusive daquelas cujos esquemas são mais tradicionais e cujas dimensões mais limitadas?”.72

O Palácio Presidencial analisado não seria o edifício construído, mas desdobrar-se-ia no Palácio da Alvorada – a residência presidencial às margens do lago Paranoá – e no Palácio do Planalto – sede do Poder Executivo na Praça dos Três Poderes. A crítica do engenheiro, no entanto, dirige-se ao motivo formal das colunas presente em ambos, bem como na sede do Supremo Tribunal Federal. Para Nervi, a aparência da colunata aparente seria “de uma total arbitrariedade”; as lajes, “finas demais”, deveriam ter algum “reforço visível” no vão triplicado na entrada. A cúpula, embora por ele apreciada pelo “deslumbramento susci-tado”, despertaria dúvida sobre a capacidade dos pilares de resistir aos empuxos horizontais nos finíssimos pontos horizontais.

As críticas a uma suposta arbitrariedade formal na arquitetura moderna brasileira somam-se a outras aventadas seis anos antes pelo professor da Hochschule für Gestaltung de Ulm, o suíço Max Bill (1908-1994) quando estivera no país

be able to foresee the complex phenomena of alterations caused by time that mark the life of all architectural works, including those whose layouts are more traditional and whose dimensions are more limited?”72

The Presidential Palace analyzed would not be the building built, but it would unfold in the Alvorada Palace – the presidential residence on the banks of the Paranoá Lake – and in the Planalto Palace – seat of the Executive Branch in the Três Poderes Square. The engineer’s criticism, however, is directed at the formal motif of the columns present in both, as well as in the headquarters of the Supreme Court. For Nervi, the apparent colonnade was “totally arbitrary”; the slabs, “too thin”, should have had some “visible reinforcement” in the tripled span at the entrance. The dome, although appreciated for its “dazzling appearance”, raised doubts about the capacity of the pillars to resist horizontal thrusts at the very thin horizontal points.

The criticism of a supposed formal arbitrari-ness in Brazilian modern architecture is added to others voiced six years earlier by Max Bill (1908-1994), a professor at Ulm’s Hochschule

inversione? E la tecnica odierna sarà capace di prevedere quei complessi fenomeni di alterazioni nel tempo che segnano vita di tutte le opere edilizie, incluse di quelle i cui schemi sono più tradizionali e le cui dimensioni più limitate?”.72

Il Palácio Presidencial analizzato non sarebbe l’edificio costruito, ma si suddividerebbe nel Palácio da Alvorada, la residenza presidenziale sulle rive del lago Paranoá, e nel Palácio do Planalto, sede del Potere Esecutivo nella Praça dos Três Poderes. La critica dell’ingegnere, tuttavia, è diretta al motivo formale delle colonne presenti in entrambi, così come nella sede del Supremo Tribunal Federal. Per Nervi, l’apparenza del colonnato a vista sarebbe “totalmente arbitraria”; le solette, “troppo sottili”, avrebbero dovuto avere qualche “rinforzo visibile” nel vano triplicato dell’entrata. La cupola, nonostante fosse da lui apprezzata per il “fascino suscitato”, avrebbe originato dubbi sulla capacità dei pilastri di resistere agli sforzi orizzontali nei sottilissimi punti orizzontali.

Le critiche ad una supposta arbitrarietà formale nell’architettura moderna brasiliana si sommano ad altre esposte sei anni prima dal professor della Hochschule für Gestaltung della Ulm, lo svizzero Max Bill (1908-1994)

justamente a convite de Lina Bo Bardi, numa conhecida e bem documentada polêmica cujo desfecho fora uma autocrítica publicada num Depoimento de Oscar Niemeyer em 1958.73

Niemeyer então afirma que as obras de Brasília representam “uma nova etapa” em seu trabalho profissional, em que os edifícios “não mais se exprimam por seus elementos secundários, mas pela própria estrutura, devidamente integrada na concepção plástica original” – o que é precisamente o caso dos palácios da nova Capital, então em construção, e que se inaugura com as obras concluídas em 21 de abril de 1960.74

Cardozo, por sua vez, já enunciara no texto Forma estática - forma estética, também de 1958, que “a contribuição do engenheiro no conservar o espírito real e intrínseco da arquitetura tem sido, muitas vezes, exagerada; tem-se mesmo, frequentemente, considerado como formas as mais puras da arquitetura moderna as que resultam exatamente da estabilidade da construção, ou, melhor dizendo, as dos perfis de igual resistência, reduzindo assim a forma estética a uma consequência da forma estática”. Para Cardozo, “a forma projetada pelo arquiteto [é] a forma estabelecida a priori, apenas condicionada a uma questão de estabilidade, mas nunca resultante a posteriori desta última”.75

Desnecessário ponderar que a própria conclusão das obras e sua permanência por mais de 60 anos constituem em si uma veemente resposta prática aos questiona-mentos de Nervi quanto à viabilidade cons-trutiva e à durabilidade daquelas estruturas. Cumpre registrar que, assim como Nervi, tanto Cardozo quanto Niemeyer aprofundariam suas concepções em seus muitos textos posteriores, num profícuo debate impossível de ser aqui resumido,76 mas cujos valores – acima expostos – trazem à tona justamente as contradições que surgem do diálogo entre duas nações.

für Gestaltung, when he visited Brazil at Lina Bo Bardi’s invitation, in a well-documented polemic whose outcome was a self-criticism published in Depoimento by Oscar Niemeyer in 1958.73

Niemeyer states that the works in Brasília represent “a new stage” in his professional life, in which the buildings “are no longer expressed by their secondary elements, but by the structure itself, duly integrated in the orig-inal plastic conception” – which is precisely the case of the palaces of the new Capital, then under construction, and inaugurated with the works concluded on April 21st, 1960.74

Cardozo, in turn, had already stated in the text Forma estática - forma estética, also from 1958, that “the engineer’s contribution in preserving the real and intrinsic spirit of architecture has often been exaggerated; it has even often been considered the purest forms of modern architecture those that result exactly from the stability of the construction, or rather, those of the profiles of equal resis-tance, thus reducing the aesthetic form to a consequence of the static form”. For Cardozo, “the form designed by the architect [is] the form established a priori, only conditioned to a question of stability, but never resulting a posteriori of the latter”.75

Needless to say that the very completion of the works and their permanence for over 60 years are in themselves a strong practical response to Nervi’s questions about the constructive feasibility and durability of those structures. It should be noted that, like Nervi, both Cardozo and Niemeyer would deepen their conceptions in their many later texts, in a fruitful debate that is impossible to summarize here,76 but whose values – as explained above – bring to light precisely the contradictions that arise from the dialogue between two nations.

quando soggiornò nel Paese proprio su invito di Lina Bo Bardi, in una conosciuta e ben documentata polemica che portò ad una autocritica pubblicata in un Depoimento di Oscar Niemeyer nel 1958.73

Niemeyer allora affermava che le opere di Brasilia rappresentavano “una nuova tappa” del suo lavoro professionale, in cui gli edifici “non si esprimevano più tramite i loro elementi secondari, ma tramite la propria struttura, debitamente integrata nella conce-zione plastica originale”, che è esattamente il caso dei palazzi della nuova Capitale, allora in costruzione, e che sarebbe stata inaugurata ad opere terminate il 21 aprile 1960.74

Cardozo, a sua volta, aveva già indicato nel testo Forma estática - forma estética, sempre del 1958, che “la contribuzione dell’ingegnere nel conservare lo spirito reale e intrinseco dell’architettura è stato, molte volte, esagerata; si è considerato, frequentemente, come forme le più pure dell’architettura moderna quelle che risultano esattamente dalla stabilità della costruzione, o, meglio ancora, quelle dei profili di uguale resistenza, riducendo così la forma estética ad una conseguenza della forma estática”. Secondo Cardozo, “la forma progettata dall’architetto [è] la forma stabilita a priori, solo condicionada ad una questione di stabilità, ma mai risultante a posteriori di quest’ultima”.75

Inutile considerare che la stessa conclusione delle opere e la loro permanenza per più di 60 anni costituiscono in sé una veemente risposta pratica alle critiche di Nervi per quanto riguarda la fattibilità costruttiva e alla durata di quelle strutture. Bisogna sottolineare che, così come Nervi, tanto Cardozo quanto Niemeyer avrebbero approfondito i loro concetti nei loro vari testi posteriori, in un proficuo dibattito impossibile di essere qui riassunto,76 ma i cui valori, summenzionati, evidenziano giustamente le contraddizioni che sorgono dal dialogo tra due nazioni.

72 Nervi, “Crítica das estruturas”, 48. No original: “Che sensazione darà allo spettatore questa incombente enorme massa misteriosamente slanciata a sbalzo da un più ristretto anello di base, nella totale inversione della più spontanea disposizione che vuole la base più larga o almeno uguale quanto a su di essa si eleva? […] E quanto costerà questa artificiosa inversione? E la tecnica odierna sarà capace di preveder quei complessi fenomeni di alterazioni nel tempo che segnano vita di tutte le opere edilizie?” In: Nervi, “Critica delle struture”, 55.73 Cf. “Do combate à autocrítica” in Macedo, Da matéria à invenção, 85-121.74 Oscar Niemeyer, “Depoimento = Testimony”, trad. Stanley Howling, Módulo 2, nº 9 (fevereiro de 1958): 2-6.75 Joaquim Cardozo, “Forma estática – forma estética”, Módulo, nº 10 (agosto de 1958): 3-6.76 Cf. Danilo Matoso Macedo e Fabiano J. A. Sobreira, orgs., Forma estática - forma estética: ensaios de Joaquim Cardozo sobre Arquitetura e Engenharia, Arte e Cultura 6 (Brasília: Câmara dos Deputados, Edições Câmara, 2009); Sylvia Ficher e Danilo Matoso Macedo, “Oscar Niemeyer, arquitetura narrada: Módulo 1ª série 1955-1965”, in Leituras em teoria da arquitetura 4: autores, por Laís Bronstein et al., Proarq (Rio de Janeiro: Rio Books, 2014), 92-141.

Oscar Niemeyer (architetto) e Joaquim Cardozo (ingegnere). Palácio do Congresso, Brasília, in costruzione nel 1959 e oggi. Fonte: Wikimedia Commons: Fundo Agência Nacional (in costruzione); Foto: Janine Moraes/MinC (oggi)

Oscar Niemeyer (arquiteto) e Joaquim Cardozo (engenheiro). Palácio do Congresso Nacional, Brasília, em construção em 1959 e hoje.Fonte: Wikimedia Commons: Fundo Agência Nacional (em construção); Foto: Janine Moraes/MinC (hoje)

Oscar Niemeyer (architect) and Joaquim Cardozo (engineer). National Congress Palace, Brasília, under construction in 1959 and today. Source: Wikimedia Commons: National Agency Fund (under construction); Photo: Janine Moraes/MinC (today)

68 69

Foi o primeiro de uma série de mais de dez projetos que realizaria na Itália, que incluiria não apenas o Palácio Mondadori em Milão (1968-1975), como também um conjunto de edifícios de negócios – um World Trade Center – na mesma cidade (1974); a sede da Fata Engenharia em Turim (1976-1981); a sede da Cartiere Burgo em Turim (1978-1981); um conjunto arquitetônico em Vicenza, com teatro e comércio (1978-1979); um teatro e centro de convenções em Pádua (1984); a Ponte da Academia de Veneza (1985); um estádio em Turim (1987); uma segunda sede da Mondadori em Milão (1988); um auditório em Ravello (2000).81

Numa de suas passagens pela Itália, Niemeyer teria entrado em contato direto com Nervi, convidando-o a elaborar o cálculo estrutural para o Palácio das Artes no Rio de Janeiro. O projeto consistia em dois balanços simétricos de dimensões colossais. O arquiteto relata: “procuramos em Roma o engenheiro P. L. Nervi, nele encontrando a esperada recepti-vidade e um grande interesse em relação aos cálculos estruturais, propondo-nos inclusive a substituição das vigas de concreto por tirantes metálicos. […] E agradou-nos ver como nosso pensamento se harmonizava, como o velho mestre aceitava nosso empenho em prever os grandes espaços livres, em especular na técnica construtiva, em dar ao trabalho do engenheiro um sentido mais alto e criador. E foi com agrado que dele ouvimos: ‘Niemeyer, você devia ter me procurado 10 anos antes’”.82

Relembrando sua passagem pelo país de Nervi, Niemeyer concluiria em sua autobiografia profissional: “gostei muito da Itália. Do talento de nossos colegas italianos. Como me surpreendi diante do Palácio dos Doges, que Calendario projetou em Veneza, a anunciar a arquitetura de hoje! A mesma procura da beleza e da leveza arquitetural, com seus arcos a se multiplicar nos andares superiores, evitando apoios, desejoso, como nós, de vencer os espaços livres – o que fez magistralmente, no grande salão, com uma simples treliça de madeira”.83

It was the first of a series of more than ten projects he would undertake in Italy, which would include not only the Palazzo Mondadori in Milan (1968-1975), but also a group of business buildings – a World Trade Center – in the same city (1974); the headquarters of Fata Engenharia in Turin (1976-1981); the headquarters of Cartiere Burgo in Turin (1978-1981); an architectural ensemble in Vicenza, with theatre and retail (1978-1979); a theatre and convention centre in Padua (1984); the Ponte dell’Accademia in Venice (1985); a stadium in Turin (1987); a second Mondadori headquarters in Milan (1988); an auditorium in Ravello (2000).81

On one of his trips to Italy, Niemeyer report-edly contacted Nervi directly, inviting him to prepare the structural calculation for the Palácio das Artes in Rio de Janeiro. The project consisted of two symmetrical overhangs of colossal dimensions. The architect reports: “we sought out the engineer P. L. Nervi in Rome, finding in him the expected receptivity and great interest in structural calculations, and he even proposed replacing the concrete beams with metal tie-rods. [...] And we were pleased to see how our thinking harmonized, how the old master accepted our efforts to provide for the large open spaces, to speculate on the construction technique, to give the engineer’s work a higher and creative sense. And we were pleased to hear from him: ‘Niemeyer, you should have come to me 10 years earlier’”.82

Recalling his time in Nervi’s country, Niemeyer would conclude in his professional autobiog-raphy: “I liked Italy very much. The talent of our Italian colleagues. How I was surprised by the Doge’s Palace that Calendario designed in Venice, heralding the architecture of today! The same search for beauty and architectural lightness, with its arches multiplying on the upper floors, avoiding supports, desirous, like us, of creating free open spaces – which he did masterfully, in the great hall, with a simple wooden truss”.83

Fu il primo di una serie di più di dieci progetti che avrebbe realizzato in Italia, che avrebbe incluso non solo il Palazzo Mondadori a Milano (1968-1975), ma anche un insieme di edifici e negozi, un World Trade Center, nella stessa città (1974); la sede della Fata Engenharia a Torino (1976-1981); la sede della Cartiere Burgo a Torino (1978-1981); un complesso architettonico a Vicenza, con teatro e negozi (1978-1979); un teatro e centro di convenzioni a Padova (1984); il Ponte dell’Accademia di Venezia (1985); uno stadio a Torino (1987); una seconda sede della Mondadori a Milano (1988); un auditorium a Ravello (2000).81

In uno dei suoi viaggi in Italia, Niemeyer sarebbe entrato in contatto diretto con Nervi, invitandolo ad elaborare il calcolo strutturale del Palácio das Artes a Rio de Janeiro. Il progetto consisteva in due sbalzi simmetrici di dimensioni colossali. L’architetto racconta: “abbiamo cercato a Roma l’ingegnere P. L. Nervi, trovando in lui la sperata ricettività e un grande interesse in relazione ai calcoli strutturali, proponendoci anche la sostituzione delle travi in calcestruzzo con tiranti in acciaio. […] E ci ha fatto piacere vedere come i nostri pensieri si armonizzavano, come il vecchio maestro accettava il nostro impegno di prevedere i grandi spazi liberi, di studiare la tecnica costruttiva, di dare al lavoro dell’ingegnere un senso più alto e creatore. E fu con piacere che da lui abbiamo sentito dire: ‘Niemeyer, lei doveva cercarmi 10 anni fa’”.82

Ricordando il suo soggiorno nel Paese di Nervi, Niemeyer avrebbe affermato nella sua autobiografia professionale: “mi è piaciuta molto l’Italia. Mi è piaciuto il talento dei nostri colleghi italiani. Come mi sono sorpreso davanti al Palazzo dei Dogi, che Calendario ha progettato a Venezia, che preannuncia l’architettura di oggi! La stessa ricerca della bellezza e della leggerezza architettonica, con i suoi archi che si moltiplicano nei piani superiori, evitando appoggi, desideroso, come noi, di vincere gli spazi liberi, cosa che ha fatto magistralmente, nel grande salone, con una semplice travatura reticolare in legno”. 83

81 Cf. Andrey Rosenthal Schlee e Cláudia Estrela Porto, Oscar Niemeyer na Itália, ou lembranças do arquiteto na terra dos Doges (Brasília: Embaixada da Itália; Faculdade de Arquitetura e Urbanismo - UnB, 2007).82 Oscar Niemeyer, “Palácio das Artes; cálculo estrutural de Luigi Nervi, eng.”, Módulo, nº 40 (setembro de 1975): 36-38.83 Niemeyer, Minha arquitetura, 57.

77 Pier Luigi Nervi, Tullia Iori, e Sergio Poretti, Pier Luigi Nervi: l’Ambasciata d’Italia a Brasilia (Milano: Electa, 2008), 18.78 Eduardo Pierrotti Rossetti, Graça Ramos, e Graça Seligman, Palácio Itamaraty: a arquitetura da diplomacia, Memória (Brasília: Instituto Terceiro Setor, 2017).79 Cf. Roberto Dulio, Oscar Niemeyer, Il palazzo Mondadori (Milano: Electa, 2007).80 Oscar Niemeyer, Minha arquitetura (Rio de Janeiro: Revan, 2002), 57.

Niemeyer, l’Italia e Nervi Se Nervi iniziava in quel periodo una “terza vita” professionale passando dallo studio Nervi & Bartoli allo Studio Nervi,77 con la capacità di effettuare opere all’estero, anche Oscar Niemeyer iniziava una nuova fase dopo Brasilia, in cui sarebbero diventate più frequenti le realizzazioni in Medio Oriente, Africa e Europa. L’italiano avrebbe gestito questa nuova realtà ampliando il suo studio e incorporando i suoi figli all’attività. Il brasiliano, 16 anni più giovane e sotto la pressione di una dittatura militare che si sarebbe installata nel Paese, avrebbe optato per realizzare viaggi e soggior-nare per lungo tempo all’estero, in un ciclo che avrebbe incluso Libano, Israele, Algeria e Francia, terminando solo negli anni ’80.

Niemeyer avrebbe proseguito a realizzare le sue opere di grande importanza a Brasilia come il Palácio do Itamaraty, il Ministério de Relações Exteriores (Ministero degli Esteri), abbozzato nella sua versione finale nel 1963;78 o il gigantesco Instituto Central de Ciências della Universidade de Brasilia, progettato nello stesso anno, di 750 metri di lunghezza e strutturato con travi prefabbricate che si esten-dono per niente meno che 30 metri di vano. La qualità di quelle opere in calcestruzzo a vista impressionava il mondo. Nel 1967, lombardo Giorgio Mondadori (1917-2009) stava per assu-mere la direzione del grande gruppo editoriale che porta il nome della famiglia. Ammiratore dell’edificio dell’Itamaraty, conosciuto come “Palácio dos arcos” (Palazzo degli Archi), decise di invitare Niemeyer per realizzare “qualcosa di simile” per ospitare la nuova sede dell’azienda da essere costruita a Milano.

Niemeyer accettò l’invito e, dopo vari studi, costruì il Palazzo Mondadori con una fila di archi variabili che sostengono il corpo delle solette degli uffici totalmente libero.79 Niemeyer spiega che “voleva fuggire dai vani uguali sempre fissi. Trovava che la proporzione, lo spazio preciso tra le colonne, era tanto importante quanto loro stesse. Ricordava Rilke che diceva: ‘come gli alberi sono magnifici, però ancora più magnifico è lo spazio sublime e patetico tra di loro’”. 80

Niemeyer, a Itália e Nervi Se Nervi iniciava naquela época uma “terceira vida” profissional ao substituir o escritório Nervi & Bartoli pelo Studio Nervi,77 capaz de conduzir obras no exterior, também Oscar Niemeyer iniciava uma nova fase após Brasília, em que se tornariam mais frequentes as realizações no Oriente Médio, África e Europa. O italiano gerenciaria essa nova realidade ampliando seu escritório e incorporando seus filhos à atividade. O brasileiro, 16 anos mais novo e pressionado por uma ditadura militar que se instalara no país, optaria por realizar viagens e passar longas temporadas no exterior, num ciclo que incluiria Líbano, Israel, Argélia e França – só se encerrando na década de 1980.

Niemeyer seguiria realizando obras de grande importância em Brasília, como o Palácio do Itamaraty – o Ministério de Relações Exteriores –, esboçado em sua versão final em 1963;78 ou o gigantesco Instituto Central de Ciências da Universidade de Brasília, projetado no mesmo ano, com 750 metros de comprimento e estruturado com vigas pré-moldadas protendidas com nada menos de 30 metros de vão. A qualidade daquelas obras em concreto aparente impressionava o mundo. Em 1967, o lombardo Giorgio Mondadori (1917-2009) estava em vias de assumir a direção do grande grupo editorial que leva o nome da família. Admirador do edifício do Itamaraty – conhe-cido como “Palácio dos Arcos” – resolveu convidar Niemeyer para realizar “algo similar” para abrigar a nova sede da empresa a ser construída em Milão.

Niemeyer aceitaria o convite e, após vários estudos, construiria o Palazzo Mondadori com uma fileira de arcos variáveis atirantando o corpo de pavimentos de escritórios totalmente soltos.79 Niemeyer explicaria que “queria fugir dos vãos iguais sempre fixados. Achava que a proporção, o espaço preciso entre colunas, era tão importante como elas próprias. Lembrava Rilke a dizer: ‘como as árvores são magníficas, porém mais magnífico é o espaço sublime e patético entre elas’”.80

Niemeyer, Italy and Nervi If at that time Nervi was beginning a “third life” when he replaced the office Nervi & Bartoli with Studio Nervi,77 capable of carrying out works abroad, Oscar Niemeyer was also beginning a new phase after Brasília, in which work in the Middle East, Africa and Europe would become more frequent. The Italian would manage this new reality by expanding his office and incorporating his sons into the activity. The Brazilian, 16 years younger and under pressure from the military dictatorship that had taken hold of the country, would opt to travel and spend long periods abroad, in a cycle that would include Lebanon, Israel, Algeria and France, ending finally in the 1980s.

Niemeyer would go on to build important buildings in Brasília, such as the Itamaraty Palace – the Ministério de Relações Exteriores (Ministry of Foreign Relations) –, outlined in its final version in 1963;78 or the gigantic Central Science Institute of the University of Brasília, designed in the same year, 750 meters long and structured with pre-cast prestressed beams with spans of 30 meters. The quality of those fair-faced concrete buildings impressed the world. In 1967, the Lombard Giorgio Mondadori (1917-2009) was about to take over the management of the large publishing group that bears the family name. An admirer of the Itamaraty building – known as “Palácio dos Arcos” (Arches Palace) – he decided to invite Niemeyer to create “something similar” for the new company headquarters to be built in Milan.

Niemeyer would accept the invitation and, after several studies, would build Palazzo Mondadori with a row of variable arches which left the body of office floors completely loose and buoyant.79 Niemeyer would explain that “he wanted to get away from the equal fixed spans. He thought that proportion, the precise space between columns, was as important as the columns themselves. He remembered the poet Rilke saying: ‘the trees are magnificent, but more magnificent is the sublime and pathetic space between them’”.80

70 71

Talvez relembrando as polêmicas em que se envolvera quarenta anos antes, escreveria ainda, em tom irônico: “recordo a conversa que tive nessa ocasião com meu amigo italiano, professor da escola de arquitetura local, Lionello Puppi, a contar-me coisas daquela época, como o incêndio que um dia ocorreu naquele palácio. O prédio muito danificado, Palladio convocado para se manifestar, concluindo seus comentários com esta frase surpreendente: “É muito ruim. É preciso demoli-lo. Na arquitetura, o mais pesado deve ficar embaixo e o mais leve, em cima”.84

Embaixada do Brasil em Roma Talvez a história de nossa Embaixada da Itália tenha início em sua antípoda, em janeiro de 1956. Foi então que, ao tomar posse como Presidente da República, Juscelino Kubitschek de Oliveira, JK (1902-1976), tratou de colocar em prática um dos mais ambiciosos planos de governo que o Brasil conheceu, e que incluiu a construção e a inauguração de Brasília.

Perhaps recalling the polemics in which he had become involved forty years earlier, he wrote in an ironic tone: “I remember the conversation I had on that occasion with my Italian friend, professor at the local school of architecture, Lionello Puppi, telling me things of that time, like the fire that once occurred in that palace. The building was badly damaged and Palladio was invited to speak, concluding his comments with this surprising phrase: “It’s very bad. It must be demolished. In architecture, the heaviest must stay below and the lightest on top”.84

Embassy of Brazil in Rome Perhaps the history of our Italian Embassy began at its antipode, in January 1956. It was then that, upon taking office as President of the Republic, Juscelino Kubitschek de Oliveira, JK (1902-1976), set about putting into practice one of the most ambitious government plans that Brazil had ever known, which included the construction and inauguration of Brasília.

Forse ricordando le polemiche a cui aveva partecipato quaranta anni prima, avrebbe scritto ancora, in tono ironico: “ricordo il dialogo che ho avuto in quell’occasione con il mio amico italiano, professore della scuola di architettura locale, Lionello Puppi, che mi raccontava alcuni eventi di quell’epoca, come dell’incendio che un giorno avvenne in quel palazzo. L’edificio era molto danneggiato, Palladio convocato per dare indicazioni, aveva concluso la sua valutazione con questa frase sorprendente: “La situazione è molto brutta. È necessario demolirlo. In architettura, quello che è più pesante deve stare in basso e quello più leggero, sopra”.84

L’Ambasciata del Brasile a Roma Forse la storia della nostra Ambasciata in Italia ha inizio ai suoi antipodi, a gennaio del 1956. Fu allora che, insediandosi come Presidente della Repubblica, Juscelino Kubitschek de Oliveria, JK (1902-1976), decise di mettere in pratica uno dei più ambiziosi piani di governo che il Brasile abbia mai conosciuto e che incluse la costruzione e l’inaugurazione di Brasilia.

Para a embaixada na Bélgica, JK escolheu um amigo, o experiente diplomata Hugo Gouthier de Oliveira Gondim (1909-1992). Foi ele quem, encontrando a missão diplomática brasileira instalada no alugado palacete Pisart,85 reforçou que as missões diplomáticas deveriam instalar suas sedes em prédios próprios. Mais ainda, considerava “a embaixada de um país […] uma espécie de casa paterna de todos os cidadãos daquele país, um marco, um porto, um ponto de apoio”. Por isso, para o presidente, ela “deve ter um endereço fixo, eterno, com alma e fisionomia próprias, com caráter inconfun-dível, para sempre marcados na lembrança”.86 Gondim adquiriu a edificação que até hoje abriga a embaixada, reformando-a com projeto do arquiteto João Maria dos Santos (n.1910).

Após a exitosa experiência da missão belga,87 o diplomata desembarcou na Itália. Em Roma encontrou situação semelhante à de Bruxelas. Outra embaixada instalada em belo edifício alugado. A solução desta vez imaginada foi a da construção de uma moderna Casa do Brasil, capaz de abrigar um grande conjunto de espaços de representação nacional. Juscelino apoiou a ideia e despachou: “designe-se o arquiteto Oscar Niemeyer para organizar o projeto”.88 Gondim solicitou uma audiência com o Presidente da República Italiana, Giovanni Gronchi (1887-1977) para “verificar a possibilidade da doação, pelo governo italiano, de um terreno que conviesse às finalidades da Casa do Brasil, em reciprocidade à doação, feita pelo governo brasileiro, de um terreno destinado à construção da Embaixada da Itália em Brasília”. Solícitos, Gronchi e o prefeito informaram que “os únicos terrenos disponíveis em Roma para serem doados ficavam muito longe da velha Roma, no novo bairro da EUR – projetado na década de 1930 por Marcello Piacentini. Realmente, sendo Roma um pouquinho mais velha do que Brasília, a reciprocidade, em termos práticos, era impossível”.89

For the embassy in Belgium, JK chose a friend, the experienced diplomat Hugo Gouthier de Oliveira Gondim (1909-1992). It was he who, upon finding the Brazilian diplomatic mission housed in the rented Pisart palace,85 stressed that diplomatic missions should have their headquarters in buildings of their own. Moreover, he considered “the embassy of a country [...] a kind of paternal home of all citizens of that country, a landmark, a port, a point of support”. Therefore, for the president, it “should have a fixed, eternal address, with its own soul and physiognomy, with unmistak-able character, forever marked in memory”.86 Gondim acquired the building that still houses the embassy, renovating it with a project by the architect João Maria dos Santos (b.1910).

After the successful experience of the Belgian mission,87 the diplomat landed in Italy. In Rome he found a similar situation. Another embassy installed in a beautiful rented building. The solution this time was the construction of a modern Casa do Brasil, capable of housing a large number of spaces for national representation. Juscelino supported the idea and said: “the architect Oscar Niemeyer should be appointed to organize the project”.86 Gondim requested an audience with the President of the Italian Republic, Giovanni Gronchi (1887-1977) to “verify the possibility of the Italian govern-ment donating a piece of land that would suit the purposes of the Casa do Brasil, in reciprocation for the Brazilian government’s donation of land for the construction of the Italian Embassy in Brasilia”. Solicitous, Gronchi and the mayor were informed that “the only available land in Rome to be donated was far away from the old Rome, in the new EUR district – designed in the 1930’s by Marcello Piacentini. Rome being a little older than Brasilia, reciprocity was impossible in practical terms”.89

Per l’ambasciata in Belgio, JK scelse un amico, l’esperto Hugo Gouthier de Oliveira Gondim (1909-1992). Fu lui che, trovando la missione diplomatica brasiliana installata nella palazzina Pisart,85 affittata, corroborò che le missioni diplomatiche avrebbero dovuto installare le loro sedi in edifici propri. Inoltre, considerava “l’ambasciata di un Paese […] una specie di casa paterna di tutti i cittadini di quel Paese, un simbolo, un porto, un punto di appoggio”. Per questo, per il presidente, “deve avere un indirizzo fisso, eterno, con anima e fisionomia proprie, con carattere inconfon-dibile, per sempre fissati nella memoria”.86 Gondim comprò l’edificio che ancora oggi ospita l’ambasciata, ristrutturandola con il progetto dell’architetto João Maria dos Santos (n. 1910).

Dopo la riuscita esperienza della missione belga,87 il diplomatico sbarcò in Italia. A Roma trovò una situazione somigliante a quella di Bruxelles. Un’altra ambasciata installata in un bell’edificio affittato. La soluzione imma-ginata questa volta, fu la costruzione di una moderna Casa do Brasil, capace di ospitare un grande insieme di spazi di rappresentazione nazionale. Juscelino appoggiò l’idea e decise: “si designi l’architetto Oscar Niemeyer per organizzare il progetto”.88 Gondim sollecitò un’udienza al Presidente della Repubblica Italiana, Giovanni Gronchi (1887-1977) per “verificare la possibilità della donazione, da parte del governo italiano, di un terreno che soddisfacesse le necessità della Casa do Brasil, in reciprocità alla donazione fatta dal governo brasiliano, di un terreno destinato alla costruzione dell’Ambasciata d’Italia a Brasilia”. Solleciti, Gronchi ed il sindaco di Roma informarono che “gli unici terreni disponibili a Roma per essere donati erano molto lontani dalla Roma vecchia, nel nuovo quartiere EUR, progettato negli anni ’30 da Marcello Piacentini. Effettivamente, essendo Roma un pochino più vecchia di Brasilia, la reciprocità, in termini pratici, era impossibile”. 89

84 Oscar Niemeyer e José Carlos Sussekind, Conversa de amigos: correspondência entre Oscar Niemeyer e José Carlos Sussekind (Rio de Janeiro: Revan, 2002), 193.85 Hôtel particulier de Fernand Pisart. Edifício de 1925, projetado pelo arquiteto holandês Michiel Brinkman (1873-1925).86 Hugo Gouthier, Presença (Brasília: Fundação Alexandre de Gusmão, 2008), 230.87 Nel 1959, Gondim partecipò alla missione speciale nel sud este dell’Asia. Lo stesso anno, Horácio Lafer (1900-1965) fu designato Ministro das Relações Exteriores do Brasil.

87 Em 1959, Gondim participou de missão especial no sudeste da Ásia. No mesmo ano, Horácio Lafer (1900-1965) foi designado Ministro das Relações Exteriores do Brasil. 87 In 1959, Gondim participated in a special mission to Southeast Asia. In the same year, Horácio Lafer (1900-1965) was appointed Brazil’s Minister of Foreign Affairs.88 Gouthier, Presença, 256-57.89 Gouthier, 257.

Giovanni e Bartolomeo Bon. Il palazzo dei Dogi, a Venezia (1309-1424). Fonte: Wikimedia Commons

Giovanni e Bartolomeo Bon. O palácio dos Doges, em Veneza (1309-1424). Fonte: Wikimedia Commons

Giovanni and Bartolomeo Bon. The Doge’s palace in Venice (1309-1424). Source: Wikimedia Commons

72 73

O diplomata Gondim logo percebeu que, talvez, a solução não fosse construir uma nova casa, mas sim valorizar uma antiga. Aquela que a própria embaixada vinha alugando desde a década de 1920. De maneira que, pouco a pouco, a aquisição do importante Palazzo Doria Pamphilj ou Pamphili tornou-se viável e concretizou-se em agosto de 196090 – negócio acompanhado de estrondosa repercussão negativa na imprensa italiana, que não viu com bons olhos a desnacionalização de tão importante patrimônio cultural. Como resposta, Gondim deu início a um detalhado e cuidadoso programa de restauro de Palazzo (então bastante decadente), obra atentamente fiscalizada pela Superintendência de Belas-Artes e Monumentos do Lácio.91

Qualquer guia ou mapa turístico a apontará entre as dez maiores atrações da Cidade Eterna. Importante desde os tempos do Império, quando abrigava o Circo Agonístico (c. 86 d.C.), a atual Piazza Navona, pode-se dizer, é uma invenção da família Pamphili. Mais precisamente de Inocêncio X, nascido Giambattista Pamphili (1574-1655) e feito papa em 1644. Foi ele quem transformou o antigo espaço de mercado e de feras públicas em uma monumental praça barroca, ornada com três magníficas fontes: a de Nettuno (1574) e a do Moro (1576), ambas de Giacomo della Porta (1532-1602) e reformadas Gian Lorenzo Bernini (1598-1680), autor da Fontana dei Quattro Fiumi (1651).

“Innocenzo X remodelaria a Piazza Navona patrocinando as inserções de importantes monumentos em seus domínios, pois pretendia apresentá-la à população como uma espécie de antessala teatral para a sua moradia no Palazzo Pamphilj, demonstrando o vínculo do pontífice aos mecanismos culturais da época barroca”.92 Ele destruiu as velhas edificações que circundavam a praça, reconstruiu a igreja de Sant’Agnese in Agone (1652-1672) com projeto de Francesco Borromini (1599-1667) e Girolamo Rainaldi (1570-1655) e reformou o próprio Palazzo Pamphili, com projeto de Rainaldi e galeria principal esplendidamente decorada por Pietro da Cortona (1596-1669).

The diplomat Gondim soon realised that, perhaps, the solution was not to build a new house, but to make the most of an old one. The one that the embassy itself had been renting since the 1920s. So that, little by little, the acquisition of the important Palazzo Doria Pamphilj or Pamphili became feasible and materialized in August 196090 – a deal that was accompanied by resounding negative repercussions in the Italian press, which did not look kindly on the denationalization of such an important cultural heritage. In response, Gondim began a detailed and careful program of restoration of the Palazzo (then quite decadent), work closely supervised by the Superintendence of Fine Arts and Monuments of Lazio.91

Any guidebook or tourist map will list it among the top ten attractions of the Eternal City. Important since the Empire, when it housed the Agonistic CircusCirco Agonístico (c. 86 AD), the current Piazza Navona, it can be said, is an invention of the Pamphili family. More precisely of Innocenzo X, born Giambattista Pamphili (1574-1655) and Pope in 1644. It was he who transformed the former market place and public fairs into a monu-mental Baroque square, adorned with three magnificent fountains: the Nettuno (1574) and the Moro (1576), both by Giacomo della Porta (1532-1602) and refurbished Gian Lorenzo Bernini (1598-1680), author of the Fontana dei Quattro Fiumi (1651).

“Innocenzo X would remodel Piazza Navona sponsoring the insertions of important monuments in his domains, as he intended to present it to the population as a kind of theatrical antechamber to his dwelling in Palazzo Pamphilj, demonstrating the attach-ment of the pontiff to the cultural mechanisms of the Baroque era”.92 He destroyed the old buildings surrounding the square, rebuilt the church of Sant’Agnese in Agone (1652-1672) with a design by Francesco Borromini (1599-1667) and Girolamo Rainaldi (1570-1655) and renovated Palazzo Pamphili itself, with a design by Rainaldi and a splendidly decorated main gallery by Pietro da Cortona (1596-1669).

Il diplomatico Gondim percepì rapidamente che, forse, la soluzione non fosse costruire una nuova casa, ma valorizzarne una antica. Quella che la stessa Ambasciata stava affittando fin dagli anni ’20. In modo che, a poco a poco, l’acquisto dell’importante Palazzo Doria Pamphilj o Pamphili divenne possibile e si realizzò ad agosto del 1960,90 la vendita fu accompagnata da una fragorosa ripercussione negativa della stampa italiana, che non vide di buon grado la denazionalizzazione di un tanto importante patrimonio culturale. Come risposta Gondim diede inizio ad un dettagliato e attento programma di restauro del Palazzo (allora ben decadente), opera attentamente controllata dalla Soprintendenza di Belle Arti e Monumenti del Lazio.91

Qualunque guida o mappa turistica la indica tra le dieci maggiori attrazioni della Città Eterna. Importante fin dai tempi dell’Impero, quando ospitava il Circo Agonístico (c. 86 d.C.), l’attuale Piazza Navona, si può dire che sia un’invenzione della famiglia Pamphili. Più precisamente di Innocenzo X, nato Giambattista Pamphili (1574-1655) e fatto papa nel 1644. Fu lui che trasformò l’antico spazio di mercato e di fiere pubbliche in una monumentale piazza barocca, ornata da tre magnifiche fontane: quella di Nettuno (1574) e quella del Moro (1576), entrambe di Giacomo della Porta (1532-1602) e ristrutturate da Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) che è anche autore della Fontana dei Quattro Fiumi (1651).

“Innocenzo X avrebbe rimodellato Piazza Navona patrocinando l’inserimento di impor-tanti monumenti nei suoi domini, visto che desiderava presentarla alla popolazione come una specie di anticamera teatrale alla sua abitazione nel Palazzo Phamphilj, dimostrando il vincolo del pontefice ai meccanismi culturali dell’epoca barocca”.92 Fece distruggere i vecchi edifici che circondavano la piazza, ricostruì la chiesa di Sant’Agnese in Agone (1652-1672) progettata da Francesco Borromini (1599-1667) e Girolamo Rainaldi (1570-1655) e ristrutturò lo stesso Palazzo Pamphili, con un progetto di Rainaldi e la galleria principale splendidamente decorata da Pietro da Cortona (1596-1669).

90 Acquistato dal proprio governo brasiliano, direttamente dalla principessa Orietta Doria Pamphili (1922-2000).

90 Adquirido pelo governo brasileiro, diretamente da princesa Orietta Doria Pamphili (1922-2000). 90 Acquired by the Brazilian government, directly from Princess Orietta Doria Pamphili (1922-2000).91 Gouthier, Presença, 262.92 Rodrigo Espinha Baeta, O barroco, a arquitetura e a cidade nos séculos XVII e XVIII (Salvador: EDUFBA, 2010), 268.

Alessandro Specchi, “Vista del Palazzo dell’Eccellentissimo Signor Principe Pamfilio nella Piazza Navona”, 1699, progetto di Girolamo Rainaldi (1647). Fonte: Wikimedia Commons.

Alessandro Specchi, “Vista do Palácio do Excelentíssimo Senhor Príncipe Pamfilio na Praça Navona”, 1699, projeto de Girolamo Rainaldi (1647). Fonte: Wikimedia Commons.

Alessandro Specchi, “View of the Palace of His Excellency Prince Pamfilio in Navona Square”, 1699, project by Girolamo Rainaldi (1647). Source: Wikimedia Commons.

Un palazzo barocco Il Palazzo Pamphili (1630-1654) è un gigan-tesco edificio di volumi regolari e omogeneo, nonostante le ampliazioni e ristrutturazioni successive per le quali passò. Un lungo palazzo, con facciata cubica e simmetrica diretta verso la Navona. Soluzione che suggerisce quattro piani principali (al di fuori dei piani intermedi), con linee parallele di 17 aperture, che evidenziano il piano nobile e l’antica loggia centrale superiore. Tutto riflette un rigoroso esercizio di modanatura, con inquadramenti definiti a partire dall’uso selettivo degli ordini classici. Composizione coronata da un cornicione sporgente.

All’interno, l’edificio si configura a partire dall’organizzazione dei compartimenti e circolazioni attorno a tre cortili, patii; il pian terreno destinato ai servizi, appoggio e antichi spazi commerciali; al piano nobile, i rimanenti appartamenti principali e le gallerie di ricevimento e di vita sociale; negli altri piani, aree destinate ai familiari, conoscenti

Um palazzo barocco O Palazzo Pamphili (1630-1654) é uma gigantesca edificação de volumes regulares e homogêneos, apesar das ampliações e reformas sucessivas por que passou. Um longo palácio, com fachada cúbica e simétrica voltada para a Navona. Solução que sugere quatro pavimentos principais (fora os pisos intermediários), com linhas paralelas de 17 aberturas, destacando-se o piano nobile e a antiga loggia central superior. Tudo refletindo um rigoroso exercício de modenatura, com enquadramentos definidos a partir do emprego seletivo das ordens clássicas. Composição coroada por uma protuberante cornija.

No interior, o edifício configura-se a partir da organização dos compartimentos e circulações ao redor de três cortili – pátios; o térreo destinado aos serviços, apoios e antigos espaços comerciais; no piano nobile, os remanescentes dos apartamentos principais e as galerias de recepção e convívio social; nos demais pisos, áreas destinadas a familiares,

A palazzo barocco Palazzo Pamphili (1630-1654) is a gigantic building of regular and homogeneous volumes, despite the successive expansions and renovations it underwent. A long palace, with cubic and symmetrical façade facing the Navona. A solution that suggests four main floors (apart from the intermediate floors), with parallel lines of 17 openings, highlighting the piano nobile and the ancient upper central loggia. Everything reflects a rigorous exercise of modenature, with frameworks defined by the selective use of classical orders. The composition is crowned by a protruding cornice.

Inside, the building is made from the organiza-tion of compartments and circulations around three cortili – courtyards; the ground floor for services, support and former commercial spaces; in the piano nobile, the remnants of the main apartments and the galleries for reception and social interaction; on the other floors, areas for family, household and

74 75

agregados e serviçais. Com tal distribuição, as escadas (sempre mais de uma) ganharam importância e receberam atenção especial dos arquitetos.

Completando o Palazzo, um importante conjunto de artistas foi chamado para finalizar a obra, preenchendo com seus trabalhos escul-tóricos ou pictóricos os diferentes espaços. Lembremos aqui que, como tipo, os palácios renascentistas e barrocos italianos tiveram especial importância na arquitetura ocidental pelas configurações espaciais que implicavam, “em um caminho que chegou aos nossos dias e que se materializou em soluções de concreto e vidro que mantiveram alguns dos componentes mais significativos do esquema original”.93

Uma promenade architecturale Foi já no concurso de 1957 que Lucio Costa (1902-1998) propôs o Setor de Embaixadas Sul no Plano Piloto, com a denominação de “Embaixadas e Legações”, a ser implantado “paralelamente ao eixo rodoviário, com alamedas de acesso autônomo e via de serviços para o tráfego de caminhões comum às quadras residenciais. Essa alameda, por assim dizer, privativa do bairro das embaixadas e legações, prevê-se edificada apenas num dos lados, deixando-se o outro com a vista desimpedida sobre a paisagem”.94 A via, depois batizada de Avenida das Nações, permitiria uma fruição linear, uma promenade architectu-rale, das embaixadas acima. Tal configuração de um cenário variável de edificações caracte-rizadas pela cultura de seus países de origem foi considerada como um dos pontos positivos do Plano pelo júri do concurso.

O projeto implementado do Plano Piloto, de 1960, foi alterado por Lucio Costa e Oscar Niemeyer – à frente do Departamento de Urbanismo e Arquitetura da Companhia Urbanizadora da Nova Capital do Brasil – a partir das recomendações do júri do concurso e das alterações naturais decorrentes do desenvolvimento do projeto. A cidade como um todo aproximou-se do lago, as duas asas

servants. With this distribution, the stairs (always more than one) gained importance and received special attention from the architects.

Completing the Palazzo, an important group of artists were called upon to finish the work, filling the different spaces with their sculptural or pictorial works. Let us remember here that, as a type, Italian Renaissance and Baroque palaces were especially important in Western architecture for the spatial configura-tions they implied, “on a path that has reached our own day and has materialized in concrete and glass solutions that have retained some of the most significant components of the original project”.93

A promenade architecturale It was in the 1957 competition that Lucio Costa (1902-1998) offered the South Embassy Sector in the Plano Piloto (Pilot Plan), with the designation “Embassies and Legations”, to be set up “parallel to the highway, with independent access boulevards and a service road for truck traffic common to the quadras (residential blocks). This boulevard, so to speak, of embassies and legations, was planned to be built on only one side, leaving the other with an unobstructed view of the landscape”.94 The road, later named Avenida das Nações, would allow a linear fruition, a promenade architecturale, of the embassies above. This variable scenario of buildings characterized by the culture of their country of origin was considered one of the positive points of the Plan by the jury of the competition.

The implemented design of the 1960 Pilot Plan was altered by Lucio Costa and Oscar Niemeyer – at the head of the Department of Urban Planning and Architecture of the Companhia Urbanizadora da Nova Capital do Brasil – based on the recommendations of the competition jury and the natural changes resulting from the project’s development. The city as a whole moved closer to the lake, the

e servitori. Con questa distribuzione, le scale (sempre più di una) ottennero un’importanza particolare e ricevettero un’attenzione speciale degli architetti.

Per completare il Palazzo, un importante gruppo di artisti fu chiamato per terminare l’opera, occupando con i loro lavori scultorei o pittorici i differenti spazi. Ricordiamo che, come tipologia, i palazzi rinascimentali e barocchi italiani ebbero una speciale importanza nell’architettura occidentale per le configurazioni spaziali che produssero “in un cammino che è arrivato ai giorni nostri e che si è materializzato in soluzioni di calcestruzzo e vetro che hanno mantenuto alcuni dei componenti più significativi dello schema originale”.93

Una promenade architecturale Fu già nel concorso del 1957 che Lucio Costa (1902-1998) propose il Setor de Embaixadas Sul nel Plano Piloto (Progetto della Città), con la denominazione di “Embaixadas e Legações”, da essere implementato “parallelamente all’eixo rodoviário, con viali di accesso autonomi e vie di servizio per il transito di camion comune ai quadras (quartieri) residenziali. Questi viali, per così dire, privati del quartiere delle ambasciate e legazioni, si prevede edificarli solo da un lato, lasciando l’altro con la vista libera sul paesaggio”.94 La via, poi battezzata Avenida das Nações avrebbe permesso una fruizione lineare, una promenade architecturale, delle ambasciate summenzionate. Tale configurazione di uno scenario variabile di edifici caratterizzati dalla cultura dei loro Paesi di origine fu considerata come uno dei punti positivi del Plano secondo la giuria del concorso.

Il progetto implementato del Plano Piloto, del 1960, fu alterato da Lucio Costa e Oscar Niemeyer, a capo del Departamento de Urbanismo e Arquitetura da Companhia Urbanizadora da Nova Capital do Brasil, a partire dalle raccomandazioni della giuria del concorso e dalle alterazioni naturali decorrenti dallo sviluppo del progetto. La città come un tutto si avvicinò al lago, le due ali

93 Angel Miguel Navarro, El palacio florentino: estudio de una tipología (Buenos Aires: Vestales, 2009), 14.94 Lucio Costa, “Memória descritiva do Plano Piloto - 1957”, in Registro de uma vivência (São Paulo; Brasília: Empresa das Artes; UnB, 1995), 293.

ricevettero le rispettive quadras 400 e il setor de embaixadas fu concentrato lungo la Asa Sul, in modo che la Avenida das Nações, di fatto, passò a situarsi sulle rive del lago Paranoá. In tutto, furono previsti nove gruppi isolati. Ma ne furono eseguiti otto, numerati dal 801 al 815, intercalati da vegetazione e accessibili tramite vie secondarie. Ogni gruppo contiene da 6 a 8 lotti rettangolari di 25.000 m² (100 x 250 metri), paralleli tra di loro, tutti destinati alle ambasciate o legazioni. Come regola urbanistica generale, si stabilì un tasso di occupazione del 40% dell’area totale del lotto; altezza massima di tre piani, più sottosuolo; distanza frontale dal confine di 20 metri e di 10 metri dagli altri confini.

L’alterazione che avrebbe causato più danni al concetto di promenade architecturale internazionale voluta da Costa sarebbe stata la distanza eccessiva di alcune quadras dalla Avenida das Nações, trasformata in strada di traffico rapido. Vicino alla Asa Sul, realizzato fino alla prossimità dello Eixo Monumental, il Setor de Embaixadas finisce per mischiarsi oltremodo agli altri edifici del Plano Piloto. Inoltre, l’imperativo della sicurezza motivò la costruzione di elevati muri e recinzioni che occultano un buon numero di rappresentazioni diplomatiche, alcune edificate ad un solo piano fuori terra.

Nei luoghi in cui la Avenida das Nações, nel suo percorso sinuoso, si avvicina all’Amba-sciata o guidando a bassa velocità per le vie secondarie più vicine agli edifici, è ancora possibile apprezzare significativi esemplari di architettura di qualità internazionale, costruiti come ville o palazzi rinascimentali sul pendio che sovrasta la Avenida das Nações.

Da sud a nord, a mano a mano che ci avvici-niamo al centro civico della Capitale, abbiamo, per esempio: il gioco di mandala esagonali dell’ambasciata della Spagna (1971-1976), progettata da Rafael Leoz (1921-1976); la modularità austera dell’ambasciata dell’Austria (1968-1974), di Karl Schwanzer (1918-1975); l’ambasciata d’Italia (1969-1979), di Pier Luigi

receberam as respectivas quadras 400 e o setor de embaixadas foi concentrado ao longo da Asa Sul, de maneira que a Avenida das Nações, de fato, passou a margear o Paranoá. Ao todo, foram previstos nove conjuntos isolados. Mas foram executados oito, numerados de 801 a 815, intercalados por vegetação e acessíveis por vias secundárias. Cada conjunto contém de 6 a 8 lotes retangulares de 25.000 m2 (100 x 250 m), paralelos entre si, todos destinados às embaixadas ou legações. Como regra urbanística geral, estabeleceu-se uma taxa de ocupação de 40% da área total do lote; gabarito máximo de três pavimentos, mais subsolo; afastamento frontal de 20 m e de 10 m nas demais divisas.

A alteração que causaria mais prejuízo para o conceito de promenade architecturale interna-cional pretendida por Costa seria o distancia-mento excessivo de algumas das quadras em relação à Avenida das Nações – transformada em via de trânsito rápido. Próximo à Asa Sul, implementado até a imediação do Eixo Monumental, o Setor de Embaixadas acaba por misturar-se em grande medida às demais edificações do Plano Piloto. Além disso, o imperativo da segurança ensejou a construção de avantajados muros e cercas que ocultam um bom número de representações diplomáticas, algumas delas dispostas em apenas um pavimento.

Quer seja nos momentos em que a Avenida das Nações, em seu percurso sinuoso, aproxima-se da embaixada, quer seja circulando nas vias secundárias mais próximas aos edifícios, ainda é possível apreciar, em baixa velocidade, significativos exemplares de arquitetura de primeira linha internacional, assentados como ville ou palazzi renascentistas na encosta acima da Avenida das Nações.

De sul para norte, à medida que nos aproxi-mamos do centro cívico da Capital, temos, por exemplo: o jogo de mandalas hexagonais da embaixada da Espanha (1971-1976), projetada por Rafael Leoz (1921-1976); a modularidade austera da embaixada da Áustria (1968-1974), de Karl Schwanzer (1918-1975); a embaixada

two wings received their respective 400 blocks and the embassy sector was concentrated along the Asa Sul, so that the Avenida das Nações, in fact, began to border the Paranoá. In all, nine isolated blocks were planned. But eight were built, numbered 801 to 815, interspersed with vegetation and accessible by secondary roads. Each complex contains 6 to 8 rectangular lots of 25,000 m2 (100 x 250 m), parallel to each other, all of them ceded to embassies or delegations. As a general urbanistic rule, an occupancy rate of 40% of the total lot area was established; maximum gauge of three floors plus basement; 20 m front setback and 10 m on the other borders.

The alteration that would cause more damage to the concept of international promenade architecturale intended by Costa would be the excessive distancing of some of the blocks in relation to the Avenida das Nações – transformed into a fast transit way. Close to Asa Sul, implemented until the vicinity of Eixo Monumental, the Embassy Sector ends up blending to a great extent with the other buildings of Plano Piloto. Moreover, the imperative of security led to the construction of large walls and fences that hide a good number of diplomatic representations, some of them arranged on only one floor.

Following the winding path of the Avenue of the Nations, whether approaching the embassy, or circulating on the side roads closest to the buildings, it is still possible to appreciate, at low speed, significant examples of first-rate international architecture, set like Renaissance ville or palazzi on the hillside above the Avenue of the Nations.

From south to north, as we approach the civic center of the Capital, we have, for example: the play of hexagonal mandalas of the Spanish embassy (1971-1976), designed by Rafael Leoz (1921-1976); the austere modularity of the Austrian embassy (1968-1974), by Karl Schwanzer (1918-1975); the Italian embassy

76 77

da Itália (1969-1979), de Pier Luigi Nervi; a composição livre da embaixada da Alemanha (1964-1971), de Hans Scharoun (1893-1972); a comodulação clássica da embaixada da Grécia (1966), de George Candilis (1913-1995); a monumentalidade austera e, por assim dizer, nativista, da embaixada do México (1974-1976), de Teodoro González de León (1926-2016), Abraham Zabludowsky (1924-2003) e Francisco Serrano (n.1937). Mais ocultas, vistas mais das pistas locais que da avenida abaixo, destacam-se por sua qualidade as embaixadas do Japão (1969), de Fumihiko Maki (n.1928), depois ampliada por Yoshimi Ohashi; da França, projetada originalmente (1962) por Le Corbusier, mas levada a cabo (1970-1974), pelo chileno Guillermo Jullian de la Fuente (1931-2008). A embaixada de Portugal (1971-1978), de excepcional qualidade, projetada por Raul Chorão Ramalho (1914-2002), foi implantada junto aos Ministérios, com uma Praça de Portugal adjacente, projetada por Roberto Burle Marx (1909-1994), que também assina o paisagismo da embaixada alemã.95

A reinvenção do palácio Foi a partir de julho de 1969 que Nervi começou a pensar e a projetar a Embaixada da Itália em Brasília. O convite para o honroso encargo veio direto do Ministro das Relações Exteriores italiano, Pietro Sandro Nenni (1891-1980).96

Em Brasília, Nervi apresentou sua proposta pessoal e revolucionária para um palácio italiano. Como se o Palazzo Pamphili renascesse em versão modernista. Como se a solução encontrada para a sede da diplomacia italiana no Brasil resultasse de um rigoroso exercício de antonímia projetual. O que era pesado, tectônico, cheio, fechado e escuro tornou-se leve, atectônico, vazio, aberto e claro. Tudo isso sem renunciar ao rigor do desenho, do detalhe e da imaginação.

A solução para a Embaixada nasce de dois componentes fundamentais. Da correta compreensão, hierarquização e implantação

(1969-1979), by Pier Luigi Nervi; the free composition of the German embassy (1964-1971), by Hans Scharoun (1893-1972); the classical commodulation of the embassy of Greece (1966) by George Candilis (1913-1995); the austere and nativist monumentality of the embassy of Mexico (1974-1976) by Teodoro González de León (1926-2016), Abraham Zabludowsky (1924-2003) and Francisco Serrano (b.1937). More hidden, seen more from the local lanes than from the avenue below, the embassies of Japan (1969), by Fumihiko Maki (b.1928), later enlarged by Yoshimi Ohashi; of France, originally designed (1962) by Le Corbusier, but carried out (1970-1974) by the Chilean Guillermo Jullian de la Fuente (1931-2008). The Portuguese Embassy (1971-1978), of exceptional quality, designed by Raul Chorão Ramalho (1914-2002), was implanted next to the Ministries, with an adjacent Portugal Square, designed by Roberto Burle Marx (1909-1994), who also signs the landscaping of the German Embassy.95

The reinvention of the palace It was in July of 1969 that Nervi began to think and design the Italian Embassy in Brasília. The invitation for the honorable assignment came directly from the Italian Minister of Foreign Affairs, Pietro Sandro Nenni (1891-1980).96

In Brasília, Nervi presented his personal and revolutionary proposal for an Italian palace. As if Palazzo Pamphili was reborn in a modernist version. As if the solution found for the seat of Italian diplomacy in Brazil resulted from a rigorous exercise in design antonymy. What was heavy, tectonic, full, closed and dark became light, atectonic, empty, open and clear. All this without giving up the rigor of design, detail and imagination.

The solution for the Embassy is born from two fundamental components. From the correct understanding, prioritization and implemen-tation of a complex program of needs; and

Nervi; la composizione libera dell’ambasciata della Germania (1964-1971), di Hans Scharoun (1893-1972); la comodulazione classica dell’ambasciata della Grecia (1966), di George Candilis (1913-1995); la monumentalità austera e, per così dire, nativista, dell’amba-sciata del Messico (1974-1976), di Teodoro González de León (1926-2016), Abraham Zabludowsky (1924-2003) e Francisco Serrano (n. 1937). Più occulte, viste più dalle strade locali che dalla strada sottostante, si evidenziano per la loro qualità le ambasciate del Giappone (1969), di Fumihiko Maki (n. 1928), successivamente ampliata da Yoshimi Ohashi; della Francia, progettata originalmente (1962) da Le Corbusier, ma portata a termine (1970-1974), dal cileno Guillermo Jullian de la Fuente (1931-2008). L’ambasciata del Portogallo (1971-1978), di eccezionale qualità, progettata da Raul Chorão Ramalho (1914-2002), fu impiantata presso i Ministeri, con una Praça de Portugal adiacente, progettata da Roberto Burle Marx (1909-1994), che firma anche il paesaggismo dell’ambasciata tedesca.95

La reinvenzione del palazzo Fu a partire da luglio del 1969 che Nervi cominciò a pensare e a progettare l’Ambasciata d’Italia a Brasilia. L’invito per l’onorevole incarico venne direttamente dal Ministro degli Affari Esteri italiano, Pietro Sandro Nenni (1891-1980).96

A Brasilia Nervi presentò la sua proposta personale e rivoluzionaria per un palazzo italiano. Come se il Palazzo Pamphili rinascesse in versione modernista. Come se la soluzione trovata per la sede diplomatica italiana in Brasile risultasse da un rigoroso esercizio di antonimia progettuale. Quello che era pensante, tettonico, pieno, chiuso e scuro divenne leggero, atettonico, libero, aperto e chiaro. Tutto ciò senza rinunciare al rigore del disegno, del dettaglio e dell’immaginazione.

La soluzione per l’Ambasciata nasce da due componenti fondamentali. Dalla corretta comprensione, organizzazione e impianto del

de complexo programa de necessidades; e do desenvolvimento de um sistema estrutural, simultaneamente definidor e libertador.

Tirando partido da inclinação natural do Lote 30 – com considerável caimento do Plano Piloto em direção ao lago Paranoá – Nervi dividiu, naturalmente, a gleba em quatro platôs com funcionalidades distintas.

No primeiro, o de cota mais elevada e voltado para a via de serviço paralela ao eixo da Asa Sul, situou o acesso principal, o controle de segurança e, lateralmente a este, um conjunto isolado de quatro residências de serviço, configurando edifício único, baixo e com o formato de uma cruz grega.

No segundo patamar, implantou o estaciona-mento de autoridades e o grande cortile (ou pátio de honra), cujo canteiro circular central, ornado com lindas touceiras de Strelitzia reginae (Ave do Paraíso), recebe os mastros onde, diariamente, são hasteadas as bandeiras da Itália e da União Europeia.

No mesmo nível, abre-se o pavimento intermediário e vazado do edifício principal da Embaixada. Como nos pavimentos térreos dos blocos de moradia das superquadras de Brasília, o espaço é apenas caracterizado pela presença dos elementos estruturais (colunas); do hall de distribuição com escadas e eleva-dores; e de dois elementos de contemplação paisagística: a fonte monumental e, já no platô inferior, o espelho d’água.

O edifício principal, a partir do pavimento de acesso, divide-se em duas porções. A elevada, que corresponde ao piano nobile, toda suspensa e apoiada em colunas quadrifurcadas. Ela concentra, e organiza ao redor de três pátios internos, os espaços necessários para os serviços diplomáticos (a Chancelaria) e para a moradia da família do embaixador (a Residência Oficial).

Já o terceiro platô corresponde ao nível inferior do edifício principal e pode ser divido em quatro quadrantes de dimensões semelhantes: a do citado espelho d’água, a do salão de atos; a do conjunto de espaços de

from the development of a structural system, simultaneously defining and liberating the building.

Taking advantage of the natural slope of Lot 30 – with considerable drop-off from the Pilot Plan towards Lake Paranoá – Nervi naturally divided the land into four plateaus with distinct functionalities.

On the first, the highest level and facing the service road parallel to the axis of Asa Sul, he placed the main access, the security control and, laterally to this, an isolated group of four service residences, configuring a single building, low and shaped like a Greek cross.

On the second level, he built the authorities’ parking area and the grande cortile (or court-yard of honour), which central circular bed, adorned with beautiful clumps of Strelitzia reginae (Bird of Paradise); the flagpoles are placed here and the flags of Italy and the European Union are raised every day.

At the same level, the intermediate and hollowed out floor of the main Embassy building opens up. As on the ground floors of the housing blocks of the Brasília superblocks, the space is characterized solely by the presence of structural elements (columns); the distribution hall with stairs and elevators; and two elements of landscape contemplation: the monumental fountain and, already on the lower plateau, the water mirror.

The main building, from the access floor, is divided into two parts. The elevated one, which corresponds to the piano nobile, all suspended and supported by quadrifurcated columns. It concentrates, and organizes around three inner courtyards, the spaces necessary for the diplomatic services (the Chancellery) and for the housing of the ambassador’s family (the Official Residence).

The third plateau corresponds to the lower level of the main building and can be divided into four quadrants of similar dimensions: the aforementioned water mirror; the ceremonial hall; the reception area of the Official

complesso programma di necessità; e dallo sviluppo del sistema strutturale, simultanea-mente definitore e liberatore.

Sfruttando l’inclinazione naturale del Lote 30, con un considerevole inclinazione dal Plano Piloto verso il lago Paranoá, Nervi divise, naturalmente, il terreno in quattro piani con funzionalità distinte.

Al primo, quello più elevato e rivolto alla strada di servizio parallela all’eixo della Asa Sul, inserì l’ingresso principale, il controllo di sicurezza e, lateralmente a quest’ultimo, un gruppo isolato di quattro residenze di servizio, configurato in un edificio unico, basso e con il formato di una croce greca.

Al secondo piano, impiantò il parcheggio delle autorità e il grande cortile (o patio d’onore), la cui aiuola circolare centrale, adornata da bei cespugli di Strelitzia reginae (Uccello del Paradiso), riceve i pennoni su cui ogni giorno sventolano le bandiere dell’Italia e dell’Unione Europea.

Allo stesso livello, si apre il piano intermedio e libero dell’edificio principale dell’Ambasciata. Come nei pianterreni dei blocos di abitazione delle superquadras di Brasilia, lo spazio è esclusivamente caratterizzato dalla presenza degli elementi strutturali (colonne), dal salone d’ingresso, dalle scale e dagli ascensori; e da due elementi di contemplazione paesaggistica: la fontana monumentale e, già al piano inferiore lo specchio d’acqua.

L’edificio principale, a partire dal piano di accesso, si divide in due parti. Quella elevata che corrisponde al piano nobile, tutta sospesa e appoggiata su colonne quadriforcate. Concentra e organizza intorno ai tre patii interni, gli spazi necessari ai servizi diplomatici (la Cancelleria) e alla residenza della famiglia dell’ambasciatore (la Residenza Ufficiale).

Mentre il terzo piano corrisponde al livello inferiore dell’edificio principale e può essere diviso in quattro quadranti di dimensioni somiglianti: quella del citato specchio d’acqua, quella del salone degli atti, quella dell’insieme

95 Cf. Sylvia Ficher e Paulo Roberto Alves dos Santos, “Conexões inter-nacionais: arquiteturas estrangeiras em Brasília”, Revista Thésis 2, nº 5 (2018), https://doi.org/10.51924/revthesis.2018.v2.208.96 Tullia Iori, Pier Luigi Nervi (Milano: Motta architettura, 2009).

78 79

recepção da Residência Oficial; e a de serviço e apoio (sanitários, segurança, oficinas, depósitos e cozinha).

Salões de atos e de recepção abrem-se diretamente para os jardins superiores, cujo tapete gramado central permite a extensão dos espaços de confraternização em dias de festa, além de uma bela vista do lago Paranoá.

Finalmente, temos o quarto platô, o de cota menos elevada e voltado para a Avenida das Nações. De maneira engenhosa e bastante sensível, Nervi implantou as áreas de lazer privadas da Residência Oficial (salão, piscina e quadra de tênis)97 e um conjunto de espaços semienterrados de serviços gerais, que incluem as garagens de veículos oficiais (com acesso pela via lateral Norte do lote).

O palácio nas árvores De todo o conjunto da Embaixada italiana, é o edifício principal que surpreende. Corresponde – como tradicionalmente ocorria nos palácios renascentistas italianos – a uma planta de base quadrada. Tal forma, agora, resulta da repetição de 5 x 5 módulos estruturais que, por sua vez, configuram uma malha ortogonal de 25 unidades igualmente quadradas, três das quais vazadas, definindo pátios internos, também como nos antigos palácios. Assim, temos vazios sobre o espelho d’água, sobre o jardim do pavimento inter-mediário e sobre a fonte monumental; todos permitindo a ventilação e a iluminação natural dos escritórios da Chancelaria, localizada no piano nobile. Neste pavimento, apenas o apartamento destinado ao embaixador não se organiza ao redor de um cortile, já que seus espaços estão voltados para a varanda Leste e para a vista do lago Paranoá.

Observadas à distância, as colunas que caracterizam o módulo estrutural sugerem pilares na forma de “ipsilon” a suportar um edifício horizontal marcado pela repetição de 18 aberturas e por longa cornija (mais uma sutil referência aos palácios do Renascimento). A impressão é logo desfeita ao movimento. Na verdade, trata-se de uma sequência de 21 escultóricas colunas quadrifurcadas, ou seja, apoios verticais com quatro braços inclinados,

Residence; and the service and support area (toilets, security, workshops, storage rooms, and kitchen).

Acting and reception halls open directly onto the upper gardens, whose central grassy carpet allows the extension of the socializing spaces on days of celebration, in addition to a beautiful view of Lake Paranoá.

Finally, we have the fourth plateau, the one with the lowest elevation and facing the Avenida das Nações. In an ingenious and very sensitive way, Nervi implemented the private leisure areas of the Official Residence (hall, swimming pool and tennis court)97 and a set of semi-underground spaces for general services, including the garages for official vehicles (with access from the north side of the plot).

The palace in the trees Of all the Italian Embassy buildings, it is the main building that is most surprising. It corresponds – as traditionally occurred in Italian Renaissance palaces – to a square base plan. This form, now, results from the repetition of 5 x 5 structural modules that, in turn, configure an orthogonal grid of 25 equally square units, three of which are hollow, defining inner courtyards, also as in the old palaces. Thus, we have voids over the water mirror, over the garden of the interme-diate floor and over the monumental fountain; all allowing ventilation and natural lighting of the Chancellery offices, located on the piano nobile. On this floor, only the ambassador’s apartment is not organized around a cortile, since it faces the east balcony and the view of the Paranoá lake.

Viewed from a distance, the columns that characterize the structural module suggest pillars in the form of “Y” supporting a hori-zontal building marked by the repetition of 18 openings and a long cornice (another subtle reference to Renaissance palaces). The impres-sion is soon dispelled. In fact, it is a sequence of 21 sculptural quadrifurcated columns, i.e., vertical supports with four inclined arms, all carefully executed in exposed concrete. A master’s work! Or masters, like the ancient scarpelins, stonemasons who were specialists

degli spazi di ricevimento della Residenza Ufficiale e quella di servizio e appoggio (bagni, sicurezza, laboratori, depositi e cucina).

I saloni degli atti e quello di ricevimento si aprono direttamente sui giardini superiori, il cui tappeto erboso centrale permette l’estensione degli spazi di intrattenimento nei giorni di festa oltre ad una bella vista del lago Paranoá.

Infine, abbiamo il quarto piano, quello di livello meno elevato e diretto verso la Avenida das Nações. In maniera ingegnosa e decisamente sensibile, Nervi impiantò le aree di ricreazione private della Residenza Ufficiale (salone, piscina e campo da tennis)97 e un insieme di spazi seminterrati di servizio, che includono i garage dei veicoli ufficiali (con accesso dalla via laterale Nord del lotto).

Il palazzo sugli alberi Di tutto l’insieme dell’Ambasciata italiana, è l’edificio principale che sorprende. Corrisponde, come tradizionalmente avverrebbe nei palazzi rinascimentali italiani, ad una pianta di base quadrata. Questa forma risultante dalla ripetizione di 5 x 5 moduli strutturali che, a loro volta, configurano una maglia ortogonale di 25 unità ugualmente quadrate, tre delle quali vuote, che definiscono i patii interni, come negli antichi palazzi. Così abbiamo i vuoti sullo specchio d’acqua, sul giardino del piano intermedio e sulla fontana monumentale; tutti permettono la ventilazione e l’illuminazione naturale degli uffici della Cancelleria, localizzata al piano nobile. In questo piano, solo l’appartamento destinato all’ambasciatore non si sviluppa attorno ad un cortile, visto che i suoi spazi sono rivolti verso la veranda Est e il lago Paranoá.

Osservate a distanza, le colonne che caratte-rizzano il modulo strutturale suggeriscono pilastri a forma di “ipsilon” per sostenere un edificio orizzontale segnato dalla ripetizione di 18 aperture e dal lungo cornicione (un altro velato riferimento ai palazzi del Rinascimento). L’impressione è presto disfatta al movimento. In realtà si tratta di una sequenza di 21 scultoree colonne quadriforcate, ossia, appoggi verticali con quattro bracci inclinati, tutto

tudo esmeradamente executado em concreto aparente. Trabalho de mestre! Ou de mestres, como os antigos escarpelinos, canteiros especialistas no corte de pedras ou na arte da estereotomia (basta perceber o cuidado na definição de cada régua de madeira adotada na confecção das formas do concreto da Embaixada). Em Brasília, apenas no palácio do Itamaraty encontraremos execução tão cuidadosa.

São as colunas quadrifurcadas, simples ou colossais, que elevam o piano nobile palaciano, emprestando leveza e fluidez ao edifício. Ao fazê-lo – associadas às espécies vegetais do entorno – constroem uma forte imagem simbólica. A Embaixada sugere uma casa na árvore, ou sobre as árvores. Se fosse possível retornar aos séculos XVII e XVIII, quando se pretendia dominar pela razão a problemática do homem, e de lá retirar alguns argumentos passíveis de explicar a origem das formas utilizadas na arquitetura, certamente os encontraríamos em Marc-Antoine Laugier (1713-1769).

in cutting stone or in the art of stereotomy (note the care taken in defining each wooden ruler used in the Embassy’s concrete forms). In Brasília, only in the palace of Itamaraty will we find such careful execution.

It is the quadrifurcated columns, simple or colossal, that elevate the palatial piano nobile, lending lightness and fluidity to the building. In doing so – associated with the plant species of the surroundings – they build a strong symbolic image. The Embassy suggests a house in a tree, or on the trees. If it were possible to go back to the 17th and 18th centuries, when man’s problems were supposed to be dominated by reason, and from there to extract some arguments that could explain the origin of the forms used in architecture, we would certainly find them in Marc-Antoine Laugier (1713-1769).

scrupolosamente eseguito in calcestruzzo a vista. Lavoro da maestro! O di maestri, come gli antichi scalpellini, scultori specialisti nella lavorazione del marmo o nell’arte della stereotomia (basta percepire l’attenzione nella definizione di ogni asse di legno adottata nella preparazione delle casseforme per il calcestruzzo dell’Ambasciata). A Brasilia, solo nel palazzo dell’Itamaraty troveremo un’esecu-zione tanto scrupolosa.

Sono le colonne quadriforcate, semplici o colossali, che elevano il piano nobile del palazzo, dando leggerezza e fluidità all’edi-ficio. Facendolo, associate alle specie vegetali dei dintorni, costruiscono una forte immagine simbolica. L’Ambasciata ricorda una casa sull’albero, o sugli alberi. Se fosse possibile retrocedere fino al XVII e XVIII secolo, quando si voleva dominare con la ragione i problemi dell’uomo, e da lì ritirare alcuni elementi passibili di spiegare l’origine delle forme utilizzate in architettura, certamente li avremmo trovati in Marc-Antoine Laugier (1713-1769).

97 Il campo da tennis non era previsto nel progetto originale. 97 A quadra de tênis não estava prevista no projeto original. 97 The tennis court was not foreseen in the original project.

Charles-Dominique-Joseph Eisen, frontespizio della seconda edizione di Essai sur l’Architecture, de Marc-Antoine Laugier, 1755. Fonte: Drawing Matter.

Charles-Dominique-Joseph Eisen, frontispício da segunda edição de Essai sur l’Architecture, de Marc-Antoine Laugier, 1755. Fonte: Drawing Matter.

Charles-Dominique-Joseph Eisen, frontispiece of the second edition of Essai sur l’Architecture, by Marc-Antoine Laugier, 1755. Source: Drawing Matter.

80 81

Em seu Essai sur l’Architecture (1753), Laugier trabalhou o “modelo a partir do qual todas as grandezas da arquitetura foram imaginadas”,98 a cabana primitiva, ou casa ancestral, descrita por Vitrúvio. Desde a recuperação do tratado do romano, “os teóricos da arquitetura tinham como hipótese estabelecida que a arquitetura se originou quando o homem primitivo passou a construir sua própria casa. Do abrigo passou para o templo e, aprimorando continuamente essa fórmula, inventou a versão em madeira da ordem dórica, a qual foi copiada em pedra”.99

Dentro do pensamento iluminista, a cabana primitiva corresponderia ao arquétipo dos palácios de Brasília, quer dizer, da cabana primitiva para o templo grego com colunas in antis, para o templo períptero ou com peristilo e, finalmente, os palácios com peristilo ou colunatas de Oscar Niemeyer. Por outro lado, coube a Quatremère de Quincy (1755-1849), na obra Encyclopédie Méthodique (1788), defender a ideia de que a origem ideal da arquitetura não estava somente ligada à cabana primitiva, e reconhecer três outras soluções que corresponderiam ao que denominou de três estados naturais do homem primitivo: o do caçador, o do agricultor e o do pastor, dos quais sugiram respectivamente a caverna, a cabana e a tenda.

Desnecessário continuar com a digressão ou retornar aos séculos passados, pois é clara a relação existente entre tais arquétipos e a arquitetura monumental de Brasília. Basta lembrar da forma da Catedral (1958), como uma gigantesca tenda (isso para não falar na relação caverna-subsolo) ou do Memorial JK (1980), como uma escura gruta. Com o mesmo raciocínio, chegamos ao edifício principal da Embaixada. Cabana primitiva sobre a floresta tropical.

In his Essai sur l’Architecture (1753), Laugier worked on the “model from which all the grandeurs of architecture were imagined”,98 the primitive hut, or ancestral house, described by Vitruvius. Since the recovery of the Roman’s treatise, “architectural theorists had as an established hypothesis that architecture originated when primitive man began to build his own house. From shelter he passed to temple and, continually improving this formula, he invented the wooden version of the Doric order, which was copied in stone”.99

Within Enlightenment thought, the primitive hut would correspond to the archetype of Brasília’s palaces, that is, from the primitive hut to the Greek temple with columns in antis, to the peripterous or peristyle temple and, finally, to Oscar Niemeyer’s palaces with peristyle or colonnades. On the other hand, it fell to Quatremère de Quincy (1755-1849), in his work Encyclopédie Méthodique (1788), to defend the idea that the ideal origin of architecture was not only linked to the primitive hut, and to recognize three other solutions that would correspond to what he called the three natural states of primitive man: that of the hunter, that of the farmer and that of the shepherd, from which were suggested respectively the cave, the hut and the tent.

There is no need to continue this digression or return to past centuries, as the relationship between these archetypes and the monumental architecture of Brasília is clear. One need only recall the form of the Cathedral (1958), like a gigantic tent (not to mention the cave-subsoil relationship) or the JK Memorial (1980), like a dark cave. With the same reasoning, we arrive at the main building of the Embassy. Primitive hut above the rainforest.

Nel suo Essai sur l’Architecture (1753), Laugier lavorò il “modello a partire dal quale tutte le grandezze dell’architettura furono immaginate”,98 la cabana primitiva, o casa ancestrale, descritta da Vitruvio. Fin dal recupero del trattato dell’antico romano, “i teorici dell’architettura avevano come ipotesi definita che l’architettura si era originata quando l’uomo primitivo passò a costruire la sua propria casa. Dal rifugio passò al tempio e, migliorando continuamente questa formula, inventò la versione in legno dell’ordine dorico, che è stata copiata in pietra”.99

Nel pensiero illuminista, la cabana primitiva corrisponderebbe all’archetipo dei palazzi di Brasilia, ossia, dalla capanna primitiva al tempio greco con colonne in antis, al tempio periptero o con peristilio e, infine, i palazzi con peristilio o i colonnati di Oscar Niemeyer. D’altro canto, fu compito di Quatremére de Quincy (1755-1849), nell’opera Encyclopédie Méthodique (1788), difendere l’idea che l’ori-gine ideale dell’architettura non era soltanto legata alla cabana primitiva e riconoscere tre altre soluzioni che sarebbero corrisposte a quelli che denominò i tre stati naturali dell’uomo primitivo: quello del cacciatore, quello dell’agricoltore e quello del pastore, dai quali sarebbero sorti rispettivamente la caverna, la capanna e la tenda.

Inutile continuare la digressione o retrocedere ai secoli passati, visto che è chiara la relazione esistente tra tali archetipi e l’architettura monumentale di Brasilia. Basta ricordare la forma della Cattedrale (1958), come una gigantesca tenda (per non parlare della relazione caverna-sottosuolo) o del Memorial JK (1980), come una scura grotta. Con lo stesso raziocinio, arriviamo all’edificio principale dell’Ambasciata. Cabana primitiva sulla foresta tropicale.

O Palácio de Nervi O edifício principal da Embaixada da Itália no Brasil pode ser igualmente compreendido como resultante do desenvolvimento natural do pensamento de Pier Luigi Nervi. Formado engenheiro pela Universidade de Bolonha e professor de estruturas da Universidade de Roma La Sapienza, construiu uma obra marcada pela inventividade estrutural e pela excelência da execução. Entre seus inúmeros projetos,100 podemos destacar soluções que atuam como significativos precedentes para o edifício erguido em Brasília.

Comecemos pelas escultóricas escadas externas, como que “laçando” parte do Estádio Municipal de Florença (1930-33),101 e pela esbelta estrutura inclinada que apoia a cobertura, em imenso balanço, da arquibancada. Soluções elegantes, capazes de serem ressignificadas em ambientes nobres, como nas escadas helicoidais ou na estrutura de suporte do salão de atos da Embaixada. Helicoidal também era a forma do Palácio da água e da luz de Roma (1939),102 cuja memória se homenageia por meio do exuberante sofá Tatlin – desenhado para a italiana Edra por Roberto Samprini e Mario Canazi –, simbolicamente instalado no hall da escada da Residência Oficial.

Como Oscar Niemeyer, Nervi desenvolveu pessoal pesquisa sobre a forma e o funciona-mento dos suportes em arquitetura. Os pilares em “Y” invertido do hangar do aeroporto Orvieto, de Castel Viscardo (1939-42), as colunas em “três ramos” do complexo de exposições de Turim (1947-48), os pilares bifurcados inclinados do ginásio (palazzetto) de esportes de Roma (1956-57) e os pilares igual-mente inclinados da Sala de Audiências do Vaticano (1964-71) são contundentes exemplos de uma constante busca de excelência e de refinamento estrutural.

A sede da Unesco em Paris (1952-58) e a sala de audiências papal aproximaram Nervi dos programas complexos relacionados com diplomacia. No primeiro caso, corbusianos pilares de concreto aparente elevam todo o

The Palace of Nervi The main building of the Italian Embassy in Brazil can also be understood as the result of the natural development of Pier Luigi Nervi’s thought. An engineer graduated from the University of Bologna and professor of structures at the University of Rome La Sapienza, he built a work marked by structural inventiveness and excellence of execution. Among his numerous projects,100 we can highlight solutions that act as significant precedents for the building in Brasília.

Let us begin with the sculptural external stairs, as if “taking” part of the Municipal Stadium in Florence (1930-33),101 and the slender inclined structure that supports the immensely overhanging roof of the grandstands. These are elegant solutions that could be given new meaning in noble surroundings, such as the helicoidal staircase or the support structure of the Embassy ballroom. Helical was also the shape of the Palace of Water and Light in Rome (1939),102 whose memory is honored through the exuberant Tatlin sofa – designed for the Italian Edra by Roberto Samprini and Mario Canazi –, symbolically installed in the hall of the staircase of the Official Residence.

Like Oscar Niemeyer, Nervi undertook personal research into the form and function of supports in architecture. The inverted “Y” columns of the Orvieto airport hangar at Castel Viscardo (1939-42), the “three-branch” columns of the exhibition complex in Turin (1947-48), the inclined bifurcated columns of the sports gymnasium (palazzetto) in Rome (1956-57), and the equally inclined columns of the Vatican Audience Hall (1964-71) are compelling examples of a constant search for excellence and structural refinement.

The Unesco headquarters in Paris (1952-58) and the papal audience hall brought Nervi closer to complex programs related to diplomacy. In the former case, Corbusian exposed concrete columns raise the entire

Il Palazzo di Nervi L’edificio principale dell’Ambasciata d’Italia in Brasile può essere ugualmente inteso come risultante dello sviluppo naturale del pensiero di Pier luigi Nervi. Laureato come ingegnere presso l’Università di Bologna e professore di strutture all’Università di Roma La Sapienza, costruì un’opera segnata dall’inventiva strutturale e dall’eccellenza dell’esecuzione. Tra i suoi innumerevoli progetti,100 possiamo evidenziare soluzioni che valgono come significativi precedenti all’edificio eretto a Brasilia.

Cominciamo dalle scultoree scale esterne, che sembrano “prendere al lazo” parte dello Stadio Municipale di Firenze (1930-33),101 e dalla allungata struttura inclinata con un immenso sbalzo su cui appoggia la copertura delle gradinate. Soluzioni eleganti, capaci di essere riformulate in ambienti nobili, come nelle scale elicoidali o nella struttura di supporto del salone di atti dell’Ambasciata. Elicoidale era anche la forma del Palazzo dell’acqua e della luce di Roma (1939),102 la cui memoria è omaggiata dall’esuberante sofà Tatlin, disegnato per l’italiana Edra da Roberto Camprini e Mario Canazi, simbolicamente installato nel salone della scala della Residenza Ufficiale.

Come Oscar Niemeyer, Nervi approfondì una personale ricerca sulla forma ed il funziona-mento dei supporti in architettura. I pilastri a “Y” invertiti dell’hangar dell’aeroporto di Orvieto, di Castel Viscardo (1939-42), le colonne a “tre rami” del complesso di Torino Esposizioni (1947-48), i pilastri biforcati incli-nati dell’arena (palazzetto) dello sport di Roma (1956-57) e i pilastri ugualmente inclinati della Sala delle Udienze del Vaticano (1964-71) sono travolgenti esempi di una costante ricerca dell’eccellenza della raffinatezza strutturale.

La sede dell’Unesco a Parigi (1952-58) e la sala delle udienze papali avvicinarono Nervi ai programmi complessi legati alla diplomazia. Nel primo caso, courbusiani pilastri di calce-struzzo a vista elevano tutto l’edificio della

98 “Le modele sur lequel on a imaginé toutes les magnificences de l’Archi-tecture”. In: Marc-Antoine Laugier, Essai sur l’architecture (A Paris: Chez Duchesne, rue S. Jacques, au Temple du Goût, 1753), 13, http://archive.org/details/essaisurlarchite00laug.99 “The established hypothesis of all architectural theorists was that architecture had originated when primitive man built himself a primitive hut. From the hut he went on to the temple and, refining continually on the temple formula, he invented the timber version of the Doric and then copied it in stone”. In: John Newenham Summerson, The classical language of architecture (Cambridge: MIT Press, 1963), 35.

100 Ada Louise Huxtable, Pier Luigi Nervi (New York: Braziller, 1960); Iori, Pier Luigi Nervi.101 Le date corrispondono a quelle indicate da Tulia Iori (Pier Luigi Nervi) 101 As datas correspondem às indicadas por Tulia Iori (Pier Luigi Nervi) 101 The dates correspond to those indicated by Tulia Iori (Pier Luigi Nervi)102 Progettato e non eseguito per l’EUR. 102 Projetado e não executado para a EUR. 102 Designed and not finished for EUR.

82 83

edifício do Secretariado em relação ao solo; no segundo, os pilares inclinados delimitam o espaço e suportam expressiva laje nervurada (outra fonte de pesquisa de Nervi).

O esquema dos pátios centrais em níveis aparece na Unesco;103 e a implantação em vários platôs foi aprofundada no Edifício da Pirelli em Milão (1955-60).

No Palácio do Trabalho de Turim (1959-1961), surge a proposta da caixa elevada (no caso, envidraçada), definida a partir da repetição de 4 x 4 grandes módulos estruturais quadrados (caracterizados pela presença de colunas centrais) que configuram uma malha ortogonal de 16 unidades igualmente quadradas. Solução que, em escala diferente, será aplicada na Embaixada.

O estilo é o próprio homem Pier Luigi Nervi, em suas estruturas, buscava mimetizar as formas da natureza. Ossos, troncos, ramos, malhas nervuradas parecem ter influenciado, direta ou indiretamente, as suas pesquisas, garantindo-lhe posição de destaque entre os mestres da construção do século XX. A arquitetura da Embaixada da Itália em Brasília inscreve-se nessa tradição. A raiz histórica mais expressiva dessa linguagem é, evidentemente, a da arquitetura gótica, tal como retomada pelo historicismo romântico do neogótico. Ela tem também seus funda-mentos nos avanços das ciências da natureza e do cálculo estrutural, em que ambos levaram a uma interpretação racional precisa tanto do mundo natural quanto do criado pelo homem. Ocorre que Nervi possuía uma sólida formação no estudo da tradição clássica. Isso nos é atestado não apenas por suas obras e escritos – onde tal classicismo se torna evidente – mas igualmente por sua História universal da arquitetura em 14 tomos, obra que coordenou na década de 1970 junto às casas editoriais Electa, Harry N. Abrams e Aguilar.

A arquitetura da Embaixada reflete essa tensão interna que atravessa toda a obra de Nervi. A um partido clássico rígido como o de uma villa ou um palazzo renascentistas, o engenheiro acrescenta o pilar quadrifurcado mimetizando

Secretariat building above the ground; in the latter, sloping columns delimit the space and support expressive ribbed slab (another source of Nervi’s research).

The scheme of central courtyards in levels appears in Unesco;103 and the implementation on several plateaus was further developed in the Pirelli Building in Milan (1955-60).

In the Palazzo del Trabajo in Turin (1959-1961), the proposal of the elevated box emerges (in this case, glazed), defined by the repetition of 4 x 4 large square structural modules (characterized by the presence of central columns) that configure an orthogonal mesh of 16 equally square units. This solution, on a different scale, will be applied in the Embassy.

Style is the man himself Pier Luigi Nervi sought to mimic the forms of nature in his structures. Bones, trunks, branches, ribbed meshes seem to have influenced, directly or indirectly, his research, ensuring him an outstanding position among the masters of 20th century construction. The architecture of the Italian Embassy in Brasília is inscribed in this tradition. The most expressive historical root of this language is, of course, Gothic architecture, as taken up by the romantic historicism of the neo-Gothic. It also has its foundations in the advances of the natural sciences and structural calculus, both of which led to a precise rational interpre-tation of both the natural and man-made worlds. It so happens that Nervi possessed a solid background in the study of the classical tradition. This is evidenced not only by his works and writings – where such classicism is evident – but also by his História universal da arquitetura in 14 volumes, a work he coordi-nated in the 1970s with the publishing houses Electa, Harry N. Abrams and Aguilar.

The architecture of the Embassy reflects this internal tension that runs through all of Nervi’s work. To a rigid classical design like that of a Renaissance villa or palazzo, the engi-neer adds the quadrifurcated pillar mimicking trees. The orthogonal block elevated on pilotis

Segreteria dal suolo; nel secondo, i pilastri inclinati delimitano lo spazio e sostentano la considerevole soletta nervata (altra fonte di studi di Nervi).

Lo schema dei patii centrali su vari livelli appare nell’edificio dell’Unesco;103 e la strut-tura su vari piani fu approfondita nell’Edificio Pirelli a Milano (1955-60).

Nel Palazzo del Lavoro di Torino (1959-1961), sorge la proposta della scatola elevata (in questo caso, vetrata), definita a partire dalla ripetizione di 4 x 4 grandi moduli strutturali quadrati (caratterizzati dalla presenza di colonne centrali) che configurano una maglia ortogonale di 16 unità ugualmente quadrate. Soluzione che, in scala differente, sarà applicata all’Ambasciata.

Lo stile è l’uomo stesso Pier Luigi Nervi, nelle sue strutture, cercava di imitare le forme della natura. Ossi, tronchi, rami, maglie nervate sembrano aver influen-zato, direttamente o indirettamente, le sue ricerche, garantendogli una posizione di rilievo tra i maestri della costruzione del XX secolo. L’architettura dell’Ambasciata d’Italia a Brasilia si iscrive in questa tradizione. La radice storica più espressiva di questo linguaggio è, evidentemente, quella dell’architettura gotica, ripresa dallo storicismo romantico del neogotico. Ha anche le sue fondamenta nei miglioramenti delle scienze della natura e del calcolo strutturale, in cui entrambi portarono ad una interpretazione razionale precisa tanto del modo naturale quanto di quello creato dall’uomo. Nervi possedeva una solida formazione negli studi della tradizione classica. Ciò è provato non solo dalle sue opere e dai suoi scritti, dove tale classicismo diventa evidente, ma ugualmente dalla sua Storia universale dell’architettura in 14 libri, opera che coordinò negli anni ’70 insieme alle case editrici Electa, Harry N. Abrams e Aguilar.

L’architettura dell’Ambasciata riflette questa tensione che attraversa l’opera di Nervi. Ad una partenza classica rigida come di una villa o di un palazzo rinascimentale, l’ingegnere aggiunge il pilastro quadriforcato che imita gli

103 Originalmente, la proposta preve-deva una grande piazza, sostituita da quattro patii nel sottosuolo. 103 Originalmente, a proposta previa uma grande praça, substituída por quatro pátios em subsolo. 103 Originally, the proposal envisaged a large plaza, replaced by four underground courtyards.

árvores. O bloco ortogonal elevado sobre pilotis transforma-se numa copa sobre troncos que pousam ora sobre a água abaixo, ora sobre o pilotis intermediário, que abre a vista para o lago. A água que flui abundante no verão do Centro-Oeste brasileiro ora se acumula num lago artificial, ora entra pelos cortili, ora é disciplinadamente encaminhada na quádrupla espiral sobre o grande salão ou pela tubulação embutida nos elementos estruturais. E aqui vemos que a relação com a natureza na obra de Nervi não se restringe a uma representação formal, ou da interpretação matemática ideal de um jogo de forças, mas também de uma relação profunda com os ciclos da natureza e do homem que habita a sua arquitetura.

Tais relações são fruto de uma sensibilidade ímpar, associada a um profundo conhecimento teórico e empírico dos sistemas atuais correntes em seu tempo. Por um lado, deve-se convir que “o construtor, no sentido próprio da palavra, seleciona. Mas os atos de seleção – eventos na mente do construtor – não possuem qualquer relação com as ‘causas’ [naturais] que produziram as pedras”.104 Por outro lado, esse arbítrio, essa permanente tensão entre o humano e o mundo que o cerca, entre a casa ancestral e a casa atual, não seriam justamente parte da natureza? Afinal, como nos lembrava o biólogo Buffon (1707-1788) em seu Discurso sobre o estilo de 1753: “por que são tão perfeitas as obras da natureza? É que cada obra é um todo, atua segundo um plano eterno do qual ela nunca se desvia; prepara em silêncio os germes das suas produções; esboça por um ato único a forma primitiva de todo o ser vivo; desenvolve-a, aperfeiçoa-a por um movimento contínuo e num tempo prescrito […] O tom é apenas o ajustamento do estilo à natureza do assunto, jamais deve ser forçado; emanará espontaneamente do próprio fundo da coisa e dependerá muito do ponto de generalidade a que se tiver conduzido os seus pensamentos. […] O estilo é o próprio homem”.105

becomes a canopy on trunks that rest either on the water below or on the intermediate pilotis, which opens the view to the lake. The water that flows abundantly in the Brazilian Central-Western summer sometimes accumulates in an artificial lake, sometimes it enters through the cortili, sometimes it is routed in a disciplined manner in the quadruple spiral above the great hall or through pipes embedded in structural elements. And here we see that the relationship with nature in Nervi’s work is not restricted to a formal representation, or to the ideal mathematical interpretation of a play of forces, but also to a deep relationship with the cycles of nature and of the man who inhabits his architecture.

Such relationships are the fruit of a unique sensitivity, associated with a profound theoretical and empirical knowledge of the current systems in use in his time. On the one hand, one must agree that “the builder, in the proper sense of the word, selects. But the acts of selection – events in the builder’s mind – bear no relation to the [natural] ‘causes’ which produced the stones.”104 On the other hand, isn’t this discretion, this permanent tension between the human being and the world around him, between the ancestral house and the present house, precisely part of nature? After all, as the biologist Buffon (1707-1788) reminded us in his 1753 Discurso sobre o estilo: “Why are the works of nature so perfect? Because each work is a whole, it acts according to an eternal plan from which it never deviates; it silently prepares the germs of its productions; it sketches by a single act the primitive form of every living thing; it develops it, perfects it by a continuous movement and in a prescribed time [...] The tone is only the adjustment of style to the nature of the subject, it must never be forced; it will emanate spontaneously from the very depth of the thing and will depend very much on the point of generality to which one has led one’s thoughts. [...] The style is the man himself”.105

alberi. Il blocco ortogonale elevato sui pilotis si trasforma in una chioma sui tronchi che si appoggiano a volte sull’acqua al di sotto a volte sui pilotis intermedi, che permette la vista sul lago. L’acqua che fluisce abbondantemente nell’estate del Centro-ovest brasiliano si può accumulare in un lago artificiale, può entrare nei cortili, può essere disciplinatamente indirizzata nella quadrupla spirale sul grande salone o può scorrere nei tubi inseriti negli elementi strutturali. E qui vediamo che la relazione con la natura nell’opera di Nervi non si limita ad una rappresentazione formale o ad una interpretazione matematica ideale di un gioco di forze, ma anche da una relazione profonda con i cicli della natura e dell’uomo che abita la sua architettura.

Tali relazioni sono frutto di una sensibilità impareggiabile, associata ad una profonda conoscenza teorica ed empirica dei sistemi attuali correnti in quel momento. Da un lato, bisogna concordare che “il costruttore, nel senso proprio della parola, seleziona. Ma gli atti della selezione, eventi nella mente del costruttore, non possiedono nessuna relazione con le ‘cause’ [naturali] che hanno prodotto le pietre”.104 D’altro canto, questo arbitrio, questa permanente tensione tra l’essere umano e il mondo che lo circonda, tra la casa ancestrale e la casa attuale, non sarebbero propriamente parte della natura? Infine, come ci ricordava il biologo Buffon (1707-1788) nel suo Discurso sobre o estilo del 1753: “perché sono tanto perfette le opere della natura? È che ogni opera è un tutto, agisce secondo un piano eterno dal quale non si allontana mai; prepara in silenzio i germogli delle sue produzioni; delinea con un unico atto la forma primitiva di tutti gli esseri vivi; la sviluppa, la perfeziona con un movimento continuo ed in un tempo determinato […] Il tono è solo l’adattamento dello stile alla natura dell’argomento, non deve mai essere forzato; si diffonderà spontaneamente dal proprio fondo della cosa e dipenderà molto dal punto di generalità a cui si saranno condotti i propri pensieri. […] Lo stile è l’uomo stesso”.105

104 “The builder in the proper sense of the word selects. But the acts of selection—mental events in the builder’s mind—have no relation to the ‘causes’ which produced the stones”. Singer, Charles, apud Peter Collins, Changing Ideals in Modern Architecture: 1750-1950 (London: Faber and Faber, 1965), 155.105 George-Louis Leclerc de Buffon, Discurso sobre o estilo, trad. Artur Morão, Textos Clássicos de Filosofia (Covilhã: LusoSofia:press, 2011), 8, https://www.lusosofia.net/textos/bufon_george_louis_discurso_sobre_o_estilo.pdf.

“Pourquoi les ouvrages de la nature sont-ils si parfaits? C’est que chaque ouvrage est un tout, et qu’elle travaille sur un plan éternel, dont elle ne s’écarte jamais; elle prépare en silence le germe de ses productions; elle ébauche par un acte unique la forme primitive de tout être vivant; elle la développe, elle la perfectionne par un mouvement continu, et dans un temps prescrit. […] Le ton n’est que la convenance du style à la nature du sujet; il ne doit jamais être forcé: il naîtra naturellement du fond même de la chose, et dépendra beaucoup du point de généralité auquel on aura porté ses pensées. […] Le style est l’homme même”. In:George-Louis Leclerc de Buffon, “Sur le style: discours de réception du comte de Buffon”, Académie Française, 1753, https://www.academie-francaise.fr/discours-de-reception-du-comte-de--buffon.

84 85

Struttura e natura nelle opere di Pier Luigi Nervi: una sinfonia

Structure and nature in the works of Pier Luigi Nervi: a symphony

Estrutura e natureza nas obras de Pier Luigi Nervi: uma sinfonia

Irene Nervi Clara Nervi

86 87

È per noi una grande, anzi una grandissima gioia, approfondire, in quest’occasione, un tema particolarmente caro a nostro nonno e cioè il rapporto della sua opera con la natura.

Pier Luigi Nervi è letteralmente condizionato dalla natura, la osserva, la imita, ne studia le leggi, le trasla nelle sue strutture.

Considera le leggi della natura il proprio Maestro1.

Le leggi naturali sono la migliore, la più sincera, direi, la più perfetta guida che si possa immaginare, e l’averle, sia pure in via indiretta, introdotte nella determinazione di così gran numero di costruzioni e di manufatti, non può non essere fecondo di ottimi risultati... L’uomo abituato a progettare secondo natura acquista una tendenza alla obiettiva valutazione dei fatti, che ugualmente, guiderà ogni altro suo pensiero.

Si può quindi prevedere e sperare che, sia pure lentamente, tutto ciò che forma l’ambiente della nostra vita, si avvierà verso una serena logica funzionale che riporterà ogni manufatto alla sua vera essenza e tutta la vita sociale ad una più alta sincerità. Né si può temere che la bellezza, nel senso più astratto della parola, possa essere anche minimamente offuscata. Al contrario, tra i tanti e mutevoli ideali estetici che gli uomini hanno nei tempi perseguito, il nuovo avrà la insuperabile caratteristica di tendere ad una sempre più completa armonia tra le nostre opere e le divine leggi di Natura.2

It is a great joy for us to address on this occasion a theme particularly dear to our grandfather: the relationship of his work with nature.

Pier Luigi Nervi is literally conditioned by nature, he observes it, imitates it, studies its laws and brings them to his structures.

He regards the laws of nature as his own Master1.

Natural laws are the best, the most sincere, I would say, the most perfect guide that can be imagined, and to introduce them, even if indi-rectly, into the determination of a great number of constructions and manufactured products, could not fail to produce excellent results... A man accustomed to design according to nature acquires a tendency to the objective evaluation of facts, which also guides all his thoughts.

Therefore, it is possible to foresee and hope that, however slowly, everything that forms the environment of our lives will move toward a serene functional logic that will bring every artifact back to its true essence and all social life to a higher sincerity. Nor can one fear that beauty, in the most abstract sense of the word, may be even minimally obscured. On the contrary, among the many and changing aesthetic ideals which men have pursued in time, the new one will have the unsurpassable characteristic of tending to an even more complete harmony between our works and the divine laws of Nature.2

É para nós uma grande, ou melhor, uma enorme alegria aprofundar, nesta ocasião, um tema particularmente caro ao nosso avô: a relação de seu trabalho com a natureza.

Pier Luigi Nervi é literalmente condicionado pela natureza, ele a observa, ele a imita, estuda suas leis e leva-as para suas estruturas.

Ele considera as leis da natureza como seu próprio Mestre1.

As leis naturais são o melhor, o mais sincero, eu diria, o mais perfeito guia que se pode imaginar, e tê-las introduzidas, ainda que de forma indireta, na determinação de um número tão grande de construções e produtos manufaturados, não podia deixar de produzir excelentes resultados... Um homem acostumado a projetar segundo a natureza adquire uma tendência para a avaliação objetiva dos fatos, o que também orienta todos seus pensamentos.

Portanto, é possível prever e esperar que, ainda que lentamente, tudo o que forma o ambiente de nossas vidas, será movido em direção a uma serena lógica funcional que trará cada artefato de volta à sua verdadeira essência e toda a vida social a uma sinceridade superior. Nem se pode temer que a beleza, no sentido mais abstrato da palavra, possa ser até mesmo minimamente obscurecida. Pelo contrário, entre os muitos e mutáveis ideais estéticos que os homens têm perseguido no tempo, o novo terá a caracterís-tica insuperável de tender a uma cada vez mais completa harmonia entre as nossas obras e as divinas leis da Natureza.2

1 Nel libro La Lezione di Pier Luigi Nervi a cura di Annalisa Trentin, Tomaso Trombetti (Bruno Mondadori 2010) p. 121 risulta questa dichiara-zione di Pier Luigi Nervi: “L’umanità ha creato il proprio Maestro-le leggi della natura”. Articolo di Micaela Antonucci dal titolo “Pier Luigi Nervi studente e docente: la formazione dell’ingegnere-architetto” pp.2-3 e articolo di Roberto Einaudi dal titolo “Pier Luigi Nervi: lezioni Lecture Notes, Roma 1959-60, p.65 e p.121. 1 No livro La Lezione di Pier Luigi Nervi, organizado por Annalisa Trentin, Tomaso Trombetti (Bruno Mondadori 2010), p. 121, está a seguinte declaração de Pier Luigi Nervi: “A humanidade criou o seu próprio Mestre - as leis da natureza”. Artigo de Micaela Antonucci intitulado “Pier Luigi Nervi studente e docente: la formazione dell’ingegnere-archi-tetto”, pp. 2-3, e artigo de Roberto Einaudi intitulado “Pier Luigi Nervi: lezioni romane”. Lecture Notes, Roma, 1959-60, p .65 e p.121. 1 In the book La Lezione di Pier Luigi Nervi, organized by Annalisa Trentin, Tomaso Trombetti (Bruno Mondadori 2010), p. 121, there is the following statement by Pier Luigi Nervi: “Humanity has created its own Master - the laws of nature”. Article by Micaela Antonucci entitled “Pier Luigi Nervi studente e docente: la formazione dell’ingegnere-architetto”, pp. 2-3, and article by Roberto Einaudi entitled “Pier Luigi Nervi: lezioni romane”. Lecture Notes, Rome 1959-60, p.65 and p.121.

1 2

Questa sua passione nasce in gioventù: finito il Liceo, alla fine del 1908 all’età di diciassette anni, Pier Luigi Nervi si iscrive al biennio propedeutico dell’Alma Mater presso la facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali dell’Università di Bologna. Durante questo periodo di formazione universitaria volse lo sguardo alle forme della natura e alle leggi che le sottendono sotto la guida di professori di altissimo livello, quali il chimico organico di fama internazionale Giacomo Ciamician1 che ha svolto, fra le altre, importanti ricerche nel campo della chimica delle sostanze di origine vegetale.

Nel corso della sua lunga attività professionale Pier Luigi Nervi depositò circa 40 brevetti: uno in particolare è di grande interesse naturalistico. Si tratta del brevetto del “ferrocemento” depositato per la prima volta nel 1943 (seguiranno due perfezionamenti e quello più importante è il brevetto n. 429331 del 1944). Si tratta di un pacchetto di fogli di reti metalliche sovrapposte ricoperte da ambo le parti da conglomerato di cemento e sabbia di buona qualità [1]. Scriverà in un suo libro: “Si venivano così a formare solettine molto sottili, ma di eccezionali flessibilità ed elasticità ed ottime capacità resistenti” [2].

Esta sua paixão nasce na juventude: após terminar o ensino médio, no final de 1908, aos dezessete anos de idade, Pier Luigi Nervi matriculou-se no curso preparatório de dois anos do Alma Mater na Faculdade de Ciências Matemáticas, Físicas e Naturais da Universidade de Bolonha. Durante esse período de formação universitária, ele focou seu olhar nas formas da natureza e nas leis que as sustentam sob a orientação de professores do mais alto nível, tal como o químico orgânico de renome internacional Giacomo Ciamician1 que realizou, entre outras, importantes pesquisas no campo da química de substâncias de origem vegetal.

No decorrer de sua longa atividade profissional, Pier Luigi Nervi depositou cerca de 40 patentes. Uma em particular é de grande interesse naturalista: a patente do “ferrocimento” depositada pela primeira vez em 1943 (seguirão duas melhorias e a mais importante foi a patente nº 429331 de 1944). Trata-se de um pacote de folhas de redes metálicas sobrepostas, cobertas em ambos os lados por um conglomerado de cimento e areia de boa qualidade [1]. Ele escreveu em um de seus livros: “Desta maneira, formaram-se lajes muito finas, mas com excepcional flexibilidade e elasticidade e ótima capacidade de resistência” [2].

2 NERVI, Pier Luigi. La tecnica ed i suoi orientamenti estetici, in “lo STILE nella casa e nell’arredamento” nn.19- -20, luglio-agosto 1942, pp. 9-15. 2 NERVI, Pier Luigi. La tecnica ed i suoi orientamenti estetici. In: Lo STILE nella casa e nell’arredamento” n.19-20, julho-agosto 1942, pp. 9-15. 2 NERVI, Pier Luigi. La tecnica ed i suoi orientamenti estetici, in “Lo STILE nella casa e nell’arredamento” nn.19-20, July-August 1942, pp. 9-15.

This passion was born in his youth: after finishing high school in 1908, at the age of seventeen, Pier Luigi Nervi enrolled in the two-year preparatory course of the Alma Mater at the Faculty of Mathematical, Physical and Natural Sciences of the University of Bologna. During this period of university training, he focused his gaze on the forms of nature and the laws that underpin them under the guidance of professors of the highest level, such as the internationally renowned organic chemist Giacomo Ciamician1 who carried out important research in the field of the chemistry of substances of plant origin.

During his long professional activity, Pier Luigi Nervi filed for about 40 patents. One in particular is of great naturalistic interest: the patent for “ferrocement” first filed in 1943 (two improvements will follow and the most important one was patent no. 429331 of 1944). It is a bundle of sheets of overlapping wire mesh, covered on both sides by a conglomerate of cement and sand of good quality [1]. He wrote in one of his books: “In this way, very thin slabs were formed, but with exceptional flexibility and elasticity and optimum strength capacity” [2].

88 89

Tra le tante qualità costruttive del cemento armato e del ferrocemento, una delle più feconde è quella di permettere la realizzazione di superfici resistenti comunque curve o corrugate. Questa caratteristica porta alla possibilità di strutture nelle quali la capacità statica è diretta conseguenza di curvature e corrugamenti dati ad una superficie il cui spessore resta sempre molto piccolo rispetto alle dimensioni dell’organismo resistente. In altre parole l’efficacia statica è frutto più della forma della struttura e di una sua diffusa attitudine resistente, che non da concentramenti di azioni agenti e di sezioni resistenti lungo singoli elementi. È certamente difficile dare una definizione di questi particolari sistemi che suggerirei di chiamare resistenti per forma per quanto natura e manufatti di uso comune ce ne offrano, quotidianamente, numerose applicazioni.3

Grazie all’invenzione del ferrocemento (facilmente modellabile) Pier Luigi Nervi poté applicare una caratteristica presente in natura e cioè la resistenza per forma, così da lui chiamata, nelle superfici a doppia curvatura (come nel caso di una cupola) o corrugate.

Eravamo poco più che bambine quando nostro nonno spiegò a noi ed a nostra sorella Lucia questo concetto: quel giorno ce lo ricordiamo molto bene. Ci trovavamo nel salone del suo villino ad Anzio quando prese un foglio di carta lo mise in verticale e lasciato libero lo vedemmo cadere sul tavolo.

Poi cominciò a “piegarlo a fisarmonica”, lo poggiò di nuovo sul tavolo e posò una penna sopra di esso. Il foglio rimase fermo in verticale, questo perché, ci spiegò lui, “ho creato una resistenza per forma cioè la capacità resistente resa possibile esclusivamente dalla forma in conseguenza del corrugamento”.

Entre as muitas qualidades construtivas do concreto armado e do ferrocimento, uma das mais frutíferas é a de permitir a criação de superfícies resistentes, mesmo que curvas ou onduladas. Essa característica leva à possibi-lidade de estruturas nas quais a capacidade estática é consequência direta de curvaturas e ondulações dadas a uma superfície cuja espessura permanece sempre muito pequena em relação ao tamanho do organismo resis-tente. Em outras palavras, a eficácia estática é mais o resultado da forma da estrutura e de sua atitude de resistência generalizada do que das concentrações de ações atuantes e seções resistentes ao longo de elementos individuais. É certamente difícil dar uma definição desses sistemas particulares que eu sugeriria chamar de resistentes por forma, uma vez que a natureza e os produtos comumente usados nos oferecem, diariamente, numerosas aplicações.3

Graças à invenção do ferrocimento (facilmente moldável) Pier Luigi Nervi pôde aplicar uma característica presente na natureza, que é a resistência por forma, assim chamada por ele, em superfícies de dupla curvatura (como no caso de uma cúpula) ou onduladas.

Éramos pouco mais do que crianças quando nosso avô explicou esse conceito a nós e a nossa irmã Lúcia: nós nos lembramos muito bem daquele dia. Estávamos na sala de estar de sua casa em Anzio quando ele pegou uma folha de papel e a colocou em pé e assim que a soltou a vimos cair sobre a mesa.

Então, ele começou a “dobrá-la como um acordeão”, colocou-a de volta na mesa e colocou uma caneta em cima dela. A folha permaneceu parada na vertical porque, explicou ele, “criei uma resistência por forma, ou seja, a capacidade de resistência que se tornou possível exclusivamente pela forma como resultado da ondulação”.

Among the many constructive qualities of reinforced concrete and ferrocement, one of the most favorable is to permit the creation of resistant surfaces, even if curved or wavy. This characteristic leads to the possibility of structures in which the static capacity is a direct consequence of curvatures and undula-tions given to a surface whose thickness always remains minimal in comparison to the size of the resistant body. In other words, the static effectiveness is more a result of the shape of the structure than of the concentrations of resistant sections of individual elements. It is certainly difficult to give a definition of these particular systems that I would suggest calling resistant by form, since nature and commonly used products offer us, on a daily basis, numerous applications.3

Thanks to the invention of ferrocement (easily moldable), Pier Luigi Nervi was able to apply a characteristic present in nature, which is resistance by form, as he called it, on surfaces with double curvatures (as in the case of a dome) or wavy exteriors.

We were children when our grandfather explained this concept to us and our sister Lucia: we remember that day very well. We were in the living room of his house in Anzio when he took a sheet of paper and put it upright and as soon as he released it we saw it fall on the table.

Then he began to “bend it like an accordion”, put it back on the table and put a pen on top of it. The sheet remained standing upright because, he explained, “I created resistance by form, that is, the capacity for resistance made possible exclusively by shape as a result of undulation.”

In altre parole, corrugando qualsiasi materiale flessibile, è possibile garantire una resistenza dovuta alla scelta della forma geometrica. Un altro esempio che ci fece vedere di resistenza per forma è quella del foglio di carta che, ondulato in orizzontale e sorretto da una mano all’estremità, si irrigidisce, al punto da portare un peso. Sulla base di questa sua ultima osservazione, Pier Luigi Nervi realizzerà i conci d’onda prefabbricati in ferrocemento delle sue grandi coperture.

A conferma di tutto ciò nostro nonno ci portò nel suo giardino della villa e ci fece vedere un fiore di tulipano i cui petali che compongono il calice sono di forma convessa all’esterno. Ci spiegò che essi stessi per la loro conforma-zione rappresentano un esempio in natura di resistenza per forma.

La sua prima applicazione del ferrocemento e della resistenza per forma è stata nel 1945 nel capannone realizzato a scopo sperimentale nel suo laboratorio di ricerca sulle strutture in cemento armato e ferrocemento situato in via della Magliana a Roma [3] dove pareti e copertura hanno uno spessore di appena 3 cm. e acquistano capacità resistenti esclusivamente per effetto del corrugamento.

Nell’ edificio adibito a sala conferenze [4] del complesso UNESCO a Parigi (1952-1967) le pareti e la copertura sono piegate a “fisarmo-nica” come il foglio di carta a noi mostrato.

Em outras palavras, a partir da ondulação de qualquer material flexível, é possível garantir uma resistência devido à escolha da forma geométrica. Outro exemplo de resistência por forma que nos mostrou é aquele da folha de papel que, quando ondulada horizontalmente e segurada na mão pela extremidade, endurece a ponto de conseguir carregar um peso. Com base nesta última observação, Pier Luigi Nervi realizará os “conci d’onda” pré-fabricados em ferrocimento para seus grandes telhados.

Para confirmar isso, nosso avô levou-nos ao seu jardim e mostrou uma flor de tulipa cujas pétalas, que compõem o cálice, são convexas por fora. Ele explicou que as mesmas pétalas, por sua conformação representam um exemplo na natureza de resistência por forma.

Sua primeira aplicação do ferrocimento e da resistência por forma foi em 1945 no galpão construído para fins experimentais em seu laboratório de pesquisa sobre estruturas em concreto armado e ferrocimento localizado em Via della Magliana em Roma [3], onde paredes e telhado têm apenas 3 cm de espessura e adquirem capacidades resistentes exclusiva-mente devido ao efeito de corrugação.

No edifício usado como sala de conferências [4] do complexo da UNESCO em Paris (1952-1967), as paredes e o telhado são dobrados como um “acordeão”, como a folha de papel que nos tinha mostrado.

In other words, by corrugating any flexible material, it is possible to guarantee a resistance due to the choice of geometric shape. Another example of resistance by form that he showed us is that of the sheet of paper that, when corrugated horizontally and held in the hand by the edge, hardens to the point of being able to carry a weight. Based on this last observation, Pier Luigi Nervi created the prefabricated ferrocement “conci d’onda” for his large roofs.

To confirm this, our grandfather took us to his garden and showed us a tulip flower whose petals, which make up the calyx, are convex on the outside. He explained to us that the same petals, thanks to their shape, represent an example in nature of resistance by form.

His first application of ferrocement and resistance by form was in 1945 in the shed built for experimental purposes in his research laboratory on reinforced concrete and ferrocement structures located in Via della Magliana in Rome [3], where walls and roof are only 3 cm thick and acquire resistant capacities exclusively due to the corrugation effect.

In the building used as a conference room [4] of the UNESCO complex in Paris (1952-1967) the walls and roof are folded like an “accordion” in the same manner as the sheet of paper he had shown us.

3, 43 NERVI, Pier Luigi. La “resistenza per forma” caratteristica statico architettonica del cemento armato. In: Pirelli, n. 4, agosto 1951, p. 11-2. 3 NERVI, Pier Luigi. La “resistenza per forma” caratteristica statico architettonica del cemento armato. In: Pirelli, n. 4, August 1951, p. 11-2.

90 91

In un suo articolo pubblicato nella rivista “Pirelli”3 (1951) citava i calici dei fiori, le foglie lanceolate, le conchiglie ed altri oggetti come esempi di resistenza per forma, concetto poi elaborato nel suo secondo libro del 1955 dal titolo “Costruire correttamente” e approfon-dito nella seconda edizione dello stesso libro (1965):

Calici di fiori, foglie lanceolate, canne, gusci di uova e di insetti, conchiglie, ventagli, paralumi, carrozzerie di automobili, vasi di vetro e perfino oggetti di vestiario, quali cappelli femminili, sono altrettanti esempi di resistenza per forma, ed è certamente molto importante che un nuovo mezzo costruttivo ci permetta, per la prima volta, di estendere queste strutture a grandi e grandissime dimensioni. […] Non bisogna tuttavia nascondersi che la realizza-zione pratica di grandi strutture resistenti per forma incontra notevoli difficoltà di carattere progettistico [...].

Ne consegue – scriverà Pier Luigi Nervi nel suo libro – che la resistenza per forma pur essendo la più efficiente tra tutte e una delle più diffuse in natura, non è entrata in quel complesso di inconsapevoli intuizioni statiche dal quale derivano gli schemi e le realizzazioni strutturali. In altre parole non siamo ancora abituati a pensare staticamente per forma.4

L’osservazione dei petali che compongono i calici di fiori, le nervature delle foglie lanceolate o sulla struttura delle conchiglie diventa per lui fonte di ispirazione per le sue grandi strutture e per scoprire “la resistenza per forma”.

Em um artigo publicado na revista “Pirelli”3 (1951), ele citava os cálices de flores, as folhas lanceoladas, as conchas e outros objetos como exemplos de resistência por forma, um conceito posteriormente elaborado em seu segundo livro de 1955 intitulado “Construir corretamente” e aprofundado na segunda edição do mesmo livro (1965):

Cálices de flores, folhas lanceoladas, juncos, cascas de ovos e de insetos, conchas, leques, abajures, carrocerias de automóveis, vasos de vidro e até mesmo objetos de vestuário, como chapéus femininos, são todos exemplos de resistência por forma, e é certamente muito importante que um novo meio construtivo nos permita, pela primeira vez, estender estas estruturas a grandes e grandíssimas dimensões. [...] Não devemos, entretanto, esconder o fato de que a realização prática de grandes estruturas resistentes por forma encontra consideráveis dificuldades na projetação [...].

Como consequência – Pier Luigi Nervi escreveu em seu livro – a resistência por forma, embora sendo a mais eficiente de todas e uma das mais difundidas na natureza, não entrou naquele complexo de intuições estáticas inconscientes do qual derivam os esquemas e as realizações estruturais. Em outras palavras, ainda não estamos acostumados a pensar estaticamente pela forma.4

A observação das pétalas que compõem os cálices das flores, as nervuras das folhas lanceoladas ou da estrutura das conchas tornou-se uma fonte de inspiração para ele para suas grandes estruturas e para descobrir a “resistência por forma”.

4 NERVI, Pier Luigi. Costruire Correttamente Caratteristiche e possibilità delle strutture cementizie armate. Seconda edizione riveduta e corretta, Editore Ulrico Hoepli Milano, 1965 p.42. 4 NERVI, Pier Luigi. Costruire Correttamente Caratteristiche e possibilità delle strutture cementizie armate. 2. ed. revisada e corrigida, Milano: Edição Ulrico Hoepli Milano, 1965, p.42. 4 NERVI, Pier Luigi. Costruire Correttamente Caratteristiche e possibilità delle strutture cementizie armate. Second revised and corrected edition, Edition Ulrico Hoepli Milano, 1965 p.42.

In an article published in the magazine “Pirelli”3 (1951) he cited flower calyxes, lanceolate leaves, shells, among others, as examples of resistance by form, a concept later elaborated in his second book, published in 1955 and entitled “Construir corretamente” (Building correctly) and further developed in the second edition of the same book (1965):

Flower chalices, lanceolate leaves, rushes, egg and insect shells, seashells, fans, lampshades, automobile bodies, glass vases, and even objects of clothing, such as women’s hats, are all examples of resistance by form, and it is certainly very important that a new construc-tive area should enable us, for the first time, to extend these structures to large and very large dimensions. [...] We must not, however, conceal the fact that the practical realization of large form-resistant structures encounters considerable difficulties in design [...].

As a consequence, wrote Pier Luigi Nervi, resistance by form, although the most efficient of all and one of the most widespread in nature, has not entered that complex of unconscious static intuitions from which schemas and structural realizations derive. In other words, we are not yet accustomed to think statically by form.4

Observing the petals that make up the calyxes of flowers, the veins of lanceolate leaves or the structure of shells became a source of inspiration for him, for his large structures and for discovering “resistance by form”.

[...] Come in un essere vivente la bellezza è data dall’armonico sviluppo delle varie membra e dal loro equilibrato concorrere alla vita di tutto il corpo, così nell’organismo architettonico ogni parte deve essere nel più completo accordo con le altre e concorrere alla sua funzionalità. Il fine ultimo, e la incomparabile difficoltà dell’ar-chitettura, stanno appunto, nel ricavare motivo di armonici sviluppi delle stesse necessità funzionali; opera paragonabile a quella divina della natura che, dalla velocità nella gazzella, o dalla potenza del leone, ha raggiunto, per vie totalmente diverse, forme egualmente elevate di bellezza [...].

[...] L’avvicinarsi con animo modesto alle miste-riose leggi di natura, lo sforzo di interpretarle e quel comandarle ubbidendo che è l’unico modo per portare la loro maestosa eternità a servizio dei nostri limitati e contingenti scopi, ha in sé una profonda poesia, che può tradursi in forme di una elevata espressività estetica ed artistica.

Si può veramente pensare ad una umanità del domani servita e guidata da una tecnica che non sia più esclusivamente, come oggi, arido mezzo per raggiungere ricchezza di singoli e di popoli o, peggio ancora, inumana potenza guerriera e distruttiva, ma intelligente sfruttamento di energie e risorse del mondo fisico e soprattutto causa e conseguenza di un sempre più intimo avvicinarsi dell’uomo alla divina saggezza della creazione.

L’equilibrio e l’armonia che in essa regnano, l’obbiettività cui è costretto chi ad essa si avvicina, la modestia che impongono i suoi insondabili misteri, costituiscono un così eloquente insegnamento, che non potrà non avere profonde ripercussioni su tutte le manifestazioni intellettuali e morali e sulla stessa vita sociale.

[...] Como em um ser vivo a beleza é dada pelo desenvolvimento harmonioso dos vários membros e pela equilibrada contribuição destes para a vida de todo o corpo, assim no organismo arquitetônico cada parte deve estar na mais completa concordância com as outras e contribuir para sua funcionalidade. O objetivo final e a incomparável dificuldade da arquitetura, em realidade, residem precisamente em tentar alcançar uma forma de desenvolver harmonicamente as mesmas necessidades funcionais; uma obra comparável àquela divina da natureza que, da velocidade da gazela, ou da força do leão, alcançou, por caminhos totalmente diferentes, formas de beleza igualmente elevadas [...].

[...] A abordagem com alma modesta das misteriosas leis da natureza, o esforço para interpretá-las e aquele jeito de comandá-las obedecendo, que é a única maneira de trazer sua majestosa eternidade a serviço de nossos propósitos limitados e contingentes, tem em si uma poesia profunda, que pode ser traduzida em formas de uma elevada expressividade estética e artística.

Podemos realmente pensar em uma humani-dade do amanhã servida e guiada por uma técnica que não é mais exclusivamente, como hoje, um meio árido para alcançar a riqueza dos indivíduos e dos povos ou, pior ainda, um desumano poder guerreiro e destrutivo, mas uma exploração inteligente de energia e recursos do mundo físico e especialmente uma causa e consequência de uma aproximação cada vez mais íntima do homem à sabedoria divina da criação.

O equilíbrio e a harmonia que nela reinam, a objetividade que necessariamente sentem todos aqueles que se aproximam dela, a modéstia que seus insondáveis mistérios impõem, constituem um ensinamento tão eloquente que não pode deixar de ter repercussões profundas em todas as manifestações intelectuais e morais e na própria vida social.

[...] As in a living being beauty is produced by the harmonious development of the various members and by the balanced contribution of these to the life of the whole body, so in the architectural organism each part must be in the most complete agreement with the others and contribute to its functionality. The ultimate goal and the incomparable difficulty of architecture lie precisely in trying to achieve a way of harmoniously developing the same functional needs; a work comparable to that divine work of nature which, from the speed of the gazelle, or the strength of the lion, has attained, by entirely different ways, equally lofty forms of beauty [...].

[...] The approach with a modest soul to the mysterious laws of nature, the effort to interpret them and commanding them by obeying them, which is the only way to bring their majestic eternity to the service of our limited and contingent purposes, has in itself a profound poetry, which can be translated into forms of a high aesthetic and artistic expressiveness.

We can truly think of a future humanity served and guided by a technique that is no longer exclusively, as today, an arid means to achieve the wealth of individuals and peoples or, even worse, an inhuman warlike and destructive power, but an intelligent exploitation of energy and resources of the physical world and especially a cause and consequence of an ever more intimate approach of man to the divine wisdom of creation.

The balance and harmony that reign in it, the objectivity that is necessarily felt by all who approach it, the modesty that its unfathomable mysteries impose, constitute a teaching so eloquent that it cannot fail to have profound repercussions in all intellectual and moral manifestations and in social life itself.

92 93

Il progressivo affinarsi della capacità di comprendere ed intuire le leggi fisiche renderà sempre più evidente la intrinseca e pura bellezza delle forme in accordo con le necessità di una tecnica in crescente sviluppo (solidi di minor resistenza, profili parabolici di grandi archi, catenarie di ponti sospesi); molte fantasiose o capricciose mode di natura puramente umana resteranno soffocate al loro nascere; tutte le attività tenderanno ad inquadrarsi in quella logica mentalità di buon rendimento e di equilibrio che domina ogni corretta creazione tecnica.

Né si deve temere che pur adottando forme e volumi aderenti ad immutabili leggi naturali, debba derivarne una monotona ed insopporta-bile uniformità di prodotti.

Quasi tutti gli attuali velivoli hanno già raggiunto profili di minima resistenza e, pur appartenendo ad un’unica categoria di forme, denunciano la diversa sensibilità estetica dei loro progettisti e le più specifiche caratteristiche di gusti della nazione che li ha prodotti.

Pur nell’ambito della più rigorosa tecnica, lo spirito resta e resterà sempre pienamente libero e nella più completa possibilità di esprimere, interpretare e rendere palesi le sue più profonde e misteriose forze creative5 [...].

Il primo caso di rapporto struttura-natura nell’opera di Pier Luigi Nervi si riscontra nel Salone Agnelli a Torino Esposizioni del 1948 [5] dove le nervature delle foglie lanceolate (ad esempio della Plantago lanceolata) [6] sono visibili nei ventagli di raccordo tra la grande volta ed i pilastroni [7].

Parimenti nella grande copertura in ferrocemento del salone principale di Torino Esposizioni si riscontrano similitudini tra la foglia Victoria amazonica6 [8, 9], la ninfea più grande del mondo, e gli elementi prefabbricati “ad onda” tra loro collegati che compongono la grande volta [10].

O refinamento progressivo da capacidade de compreender e intuir as leis da física tornará cada vez mais evidente a beleza intrínseca e pura das formas, de acordo com as necessidades de uma técnica em crescente desenvolvimento (sólidos de menor resistência, perfis parabólicos de grandes arcos, catenárias de pontes suspensas); muitas modas fantasiosas ou caprichosas de natureza puramente humana serão sufocadas ao nascer; todas as atividades tenderão a se encaixar nessa mentalidade lógica de bom desempenho e equilíbrio que domina toda criação técnica correta.

Também não se deve temer que, ao adotar formas e volumes que aderem a leis naturais imutáveis, resulte uma uniformidade monótona e insuportável de produtos.

Quase todas as aeronaves atuais já atingiram perfis de resistência mínima e, embora pertençam a uma única categoria de formas, revelam as diferentes sensibilidades estéticas de seus projetistas e as características mais específicas dos gostos da nação que as produziu.

Mesmo dentro da esfera da técnica mais rigorosa, o espírito permanece e permanecerá sempre totalmente livre e na mais completa possibilidade de expressar, interpretar e manifestar as suas mais profundas e miste-riosas forças criativas5 [...].

O primeiro caso de relação estrutura-natureza na obra de Pier Luigi Nervi pode ser encontrado no Salone Agnelli no Torino Esposizioni em 1948 [5] onde as nervuras das folhas lanceoladas (por exemplo da Plantago lanceolata) [6] são visíveis nos leques que ligam a grande abóbada e os pilares [7].

Da mesma forma, no grande telhado em ferrocimento do salão principal do “Torino Esposizioni”, existem semelhanças entre a folha Victoria amazonica6 [8, 9], o maior lírio de água do mundo, e os elementos “ondu-lados” pré-fabricados conectados entre si que compõem a grande abóbada [10].

The progressive refinement of the ability to understand and intuit the laws of physics will make the intrinsic and pure beauty of forms more and more evident, according to the needs of a technique in increasing development (solids of lesser strength, parabolic profiles of large arches, catenaries of suspension bridges); many fanciful or capricious fashions of a purely human nature will be stifled at birth; all activities will tend to fit into that logical mentality of good performance and balance that dominates all correct technical creation.

Nor should one fear that by adopting forms and volumes that adhere to immutable natural laws, a monotonous and unbearable uniformity of products will result.

Almost all current aircraft have reached minimum strength profiles and, although they belong to a single category of shapes, they reveal the different aesthetic sensibilities of their designers and the more specific character-istics of the tastes of the nation that produced them.

Even within the sphere of the most rigorous technique, the spirit remains and will always remain totally free and able to express, interpret and manifest its deepest and most mysterious creative forces5 [...].

The first case of structure-nature relationship in Pier Luigi Nervi’s work can be found in the Salone Agnelli at Torino Esposizioni in 1948 [5] where the ribs of the lanceolate leaves (e.g. of Plantago lanceolata) [6] are visible in the fans that connect the large vault and the pillars [7].

Similarly, in the large ferrocement roof of the main hall of the “Torino Esposizioni” there are similarities between the Victoria amazonica leaf6 [8, 9], the largest water lily in the world, and the prefabricated “wavy” elements connected to each other that make up the large vault [10].

5 NERVI, Pier Luigi. Scienza o arte del costruire? Caratteristiche e possibilità del cemento armato, Edizioni della Bussola, Roma 1945, p.18 e pp.72-74. 5 NERVI, Pier Luigi. Scienza o arte del costruire? Caratteristiche e possibilità del cemento armato. Roma: Edição Edizioni della Bussola, 1945, p.18 e pp.72-4. 5 NERVI, Pier Luigi. Scienza o arte del costruire? Caratteristiche e possibilità del cemento armato, Edizioni della Bussola Edition, Rome 1945, p.18 and pp.72-74.6 Il confronto con la foglia Victoria amazonica e la copertura di Torino Esposizioni è tratto dal libro di André Hermant, Formes Utiles, Édition du Salon des Arts Ménagers, Paris 8, Saward Frères à Paris, 1959, p.92. 6 A comparação com a folha de vitória-régia (Victoria amazonica) e a cobertura do Torino Esposizioni foi encontrada no livro de André Hermant, Formes Utiles. Paris: Édition du Salon des Arts Ménagers, 1959, p.92. 6 A comparison with the Victoria regia leaf (Victoria amazonica) and the cover of the Torino Esposizioni was found in André Hermant’s book, Formes Utiles, Édition du Salon des Arts Ménagers, Paris 8, Saward Frères à Paris, 1959, p.92.

5, 6, 7 8, 9, 10

94 95

Nel 1949 Pier Luigi Nervi protesse questa sua invenzione con “il brevetto n.445781/1949 che rivendica i diritti sul “concio d’onda”, cioè sulla particolare sagomatura ondulata, ottenibile facilmente con il ferrocemento, che consente di sfruttare la resistenza per forma invece che per massa, con conseguenti grandi economie di materiale”7.

Infine, l’estradosso ondulato della copertura di Torino Esposizioni [11] è ispirato alla conchi-glia del mollusco bivalve Tridacna gigas [12].

Le nervature della foglia lanceolata vennero riproposte da Pier Luigi Nervi anche per i ventagli di appoggio prefabbricati della cupola [13, 14] del Palazzetto [15] e del Palazzo dello Sport a Roma [16].

Pier Luigi Nervi si ispirò alla forma della conchiglia del mollusco bivalve Tridacna gigas [17] anche per la realizzazione degli elementi prefabbricati in ferrocemento [18] della grande volta di copertura dell’Aula delle Udienze Pontificie della Città del Vaticano (1963-1979) [19].

Nella pensilina in ferrocemento dello Stadio Flaminio riscontriamo analogie con le conchiglie di molluschi [20, 21].

Il tema della natura fu un tema molto caro a nostro nonno, ed è sempre stato un argomento predominante dei nostri incontri.

Nelle sue strutture riscontriamo anche creature in movimento. Lo studio di una copertura in ferrocemento per una stazione per autobus [22] che doveva essere realizzata a Rio della Plata, in Argentina (1950), ricorda il salto di un delfino [23]. Fu proprio nostro nonno a rivelarci che durante la modellazione delle piccole volte in ferrocemento della copertura [24] “piccole onde” che congiun-gono le estremità dei cavalletti a Y in cemento armato del Palazzetto dello Sport a Roma si era ispirato ad una medusa mentre nuota [25].

Em 1949, Pier Luigi Nervi protegeu sua invenção com “a patente n.445781/1949, que reivindica os direitos sobre a ‘concio d’onda’, ou seja, a particular forma ondulada, facilmente obtenível com o ferrocimento, que permite explorar a resistência por forma ao invés da resistência por massa, com a consequente grande economia de material”7.

Finalmente, o extradorso ondulado do telhado do Torino Esposizioni [11] é inspirado na concha do molusco bivalve Tridacna gigas [12].

As nervuras da folha lanceolada foram propostas novamente por Pier Luigi Nervi também para os leques de suporte pré-fabri-cados da cúpula [13, 14] do Palazzetto [15] e do Palazzo dello Sport em Roma [16].

Pier Luigi Nervi inspirou-se na forma da concha do molusco bivalve Tridacna gigas [17] também para a realização dos elementos pré-fabricados em ferrocimento [18] da grande abóbada do telhado da Sala de Audiências Papais na Cidade do Vaticano (1963-1979) [19].

Na cobertura em ferrocimento do estádio Flaminio encontramos semelhanças com as conchas dos moluscos [20, 21].

O tema da natureza foi um tema muito caro ao nosso avô e sempre foi um assunto predomi-nante em nossos encontros.

Em suas estruturas também encontramos criaturas em movimento. O estudo de um telhado em ferrocimento para uma estação rodoviária [22] que devia ser construída em Rio de la Plata, na Argentina (1950), lembra o salto de um golfinho [23]. Foi nosso próprio avô que nos revelou que durante a modelagem das pequenas abóbadas em ferrocimento do telhado [24] “pequenas ondas” que unem as extremidades dos cavaletes em forma de Y em cimento armado do Palazzetto dello Sport em Roma, ele tinha sido inspirado por uma água-viva enquanto nadava [25].

In 1949, Pier Luigi Nervi protected his inven-tion with “patent no. 445781/1949, which claims the rights on the “concio d’onda”, i.e. the particular wavy shape, easily obtained with ferrocement, allowing for the exploitation of resistance by form instead of by mass, with the consequent great economy of material”7.

Finally, the wavy extradosso of the roof of the Torino Esposizioni [11] is inspired by the shell of the bivalve mollusc Tridacna gigas [12].

The ribs of the lanceolate leaf were proposed again by Pier Luigi Nervi also for the prefabri-cated support fans of the dome [13, 14] of the Palazzetto [15] and the Palazzo dello Sport in Rome [16].

Pier Luigi Nervi was inspired by the shape of the shell of the bivalve mollusc Tridacna gigas [17] also for the realization of the prefabricated ferrocement elements [18] of the large vaulted roof of the Papal Audience Hall in Vatican City (1963-1979) [19].

In the ferrocement covering of Flaminio stadium we find similarities with shells of mollusks [20, 21].

The subject of nature was a subject very dear to our grandfather and it was always a predominant subject in our gatherings.

In his structures we also find moving crea-tures. The study of a ferrocement roof for a bus station [22] that was to be built in Rio de la Plata, Argentina (1950), recalls the leap of a dolphin [23]. It was our grandfather himself who revealed to us that during the modelling of the small ferrocement vaults of the roof [24] “little waves” that join the ends of the Y-shaped trestles in reinforced concrete of the Palazzetto dello Sport in Rome, he had been inspired by a jellyfish while swimming [25].

7 IORI, Tullia; PORETTI, Sergio (a cura di), Pier Luigi Nervi Architettura come sfida, Roma. Ingegno e costruzione, Electa 2010, p.71. 7 IORI, Tullia; PORETTI, Sergio (org.), Pier Luigi Nervi Architettura come sfida, Roma. Ingegno e costruzione, Italian: Electa 2010, p.71.

11, 12 13, 14, 15, 16 17, 18 19

96 97

Sono altresì presenti nelle strutture di Pier Luigi Nervi anche pilastri a “fungo” quali ad esempio all’interno della Rotonda del Kursaal al Lido di Ostia [26], nel Palazzo del Lavoro a Torino [27], nella copertura della scala a chiocciola esterna dell’Ambasciata d’Italia a Brasilia [28], ed infine nel villaggio B.A.D. ad Abidjan, Costa d’Avorio [29], progetti realizzati in collaborazione con il figlio Architetto Antonio Nervi, nostro padre (escluso il progetto della rotonda del Kursaal che è un progetto di Pier Luigi Nervi con Attilio Lapadula).

Nostro nonno ci raccontò che per la realizzazione dei pilastri dell’atrio dell’Aula delle Udienze Pontificie [30] si era ispirato alla forma delle gambe dell’uomo e più esattamente ai suoi polpacci [31].

L’Ambasciata d’Italia a Brasilia (1969-79) rappresenta una delle ultime importanti opere di Pier Luigi Nervi progettata insieme a suo figlio Antonio. L’elemento che caratterizza l’Ambasciata è il pilastro in cemento armato dendriforme (cioè a forma di albero) del piano porticato.

Scrive il Prof. Ing. Luigi Margani: “Analizzando il progetto iniziale, l’immagine-chiave appare la prospettiva di presentazione [32], in cui l’organismo funzionale, in forma di una vasta piastra traforata da corti ventilate, con pareti perimetrali in contropendenza e aggettanti “a visiera”, appare supportato da una foresta di grandi alberi [33, 35], emergenti anche dall’acqua [34, 36 la foto è stata scattata prima di riempire la vasca di acqua]: un’immagine che rimanda alla foresta fluviale dell’Amazzonia] e ricorda le capanne su palafitte lungo le rive del Rio Negro”8.

Infatti, in fase di ideazione del progetto dell’Ambasciata, Pier Luigi e Antonio Nervi decisero di fare un sopralluogo nella foresta Amazzonica, presente al 60% in Brasile. Fu Antonio Nervi a svolgere questa ricognizione in quanto Pier Luigi era già molto anziano. Al suo ritorno ci mostrò meravigliose diapositive di quei luoghi.

Nas estruturas de Pier Luigi Nervi existem também pilares “em forma de cogumelo” como, por exemplo, aquele que se encontra dentro da Rotonda del Kursaal no Lido di Ostia [26], aquele no Palazzo del Lavoro em Turim [27], no telhado da escada em espiral externa da Embaixada da Itália em Brasília [28] e, finalmente, na aldeia B.A.D. em Abidjan, na Costa do Marfim [29], projetos realizados em colaboração com seu filho Arquiteto Antonio Nervi, nosso pai (excluindo o projeto da Rotonda del Kursaal que é um projeto de Pier Luigi Nervi com Attilio Lapadula).

Nosso avô contou-nos que para a construção dos pilares do átrio do Salão de Audiências Pontifícias [30] inspirou-se no formato das pernas do ser humano e, mais precisamente, em suas próprias panturrilhas [31].

A Embaixada da Itália em Brasília (1969-79) representa uma das últimas importantes obras de Pier Luigi Nervi idealizada em parceria com seu filho Antonio. O elemento que caracteriza a Embaixada é o pilar de concreto armado dendriforme (isto é, em forma de árvore), do piso que acolhe o pórtico.

Escreveu o Prof. Eng. Luigi Margani: “Analisando o projeto inicial, surge como imagem chave a perspectiva de apresentação [32], na qual o organismo funcional, na forma de uma vasta placa perfurada por pátios venti-lados, com paredes perimetrais em pendência negativa e salientes, tipo ‘viseira’, aparece sustentado por uma floresta de grandes árvores [33, 35], também emergindo da água [34, 36 a foto foi tirada antes de encher o lago artificial com água]: uma imagem que lembra a floresta pluvial amazônica e as cabanas sobre palafitas às margens do Rio Negro”8.

De fato, durante a fase de concepção do projeto da Embaixada, Pier Luigi e Antonio Nervi decidiram fazer uma viagem de reconhe-cimento na floresta Amazônica, 60% da qual está no território brasileiro. Foi Antonio Nervi quem fez essa visita, pois Pier Luigi já era muito idoso. Na volta, nosso pai mostrou-nos diapositivos maravilhosos desses lugares.

In Pier Luigi Nervi’s structures there are also “mushroom-shaped” pillars, such as the one inside the Rotonda del Kursaal in Lido di Ostia [26], the one in the Palazzo del Lavoro in Turin [27], the roof of the external spiral staircase of the Italian Embassy in Brasília [28], and finally in the village B.A.D. in Abidjan, Costa do Marfim [29], projects made in collaboration with his architect son Antonio Nervi, our father (excluding the project of the Rotonda del Kursaal that is a project of Pier Luigi Nervi with Attilio Lapadula).

Our grandfather told us that for the construction of the pillars of the atrium of the Pontifical Audience Hall [30] he was inspired by the shape of human legs and, more precisely, by his own calves [31].

The Italian Embassy in Brasília (1969-79) is one of the last important works designed by Pier Luigi Nervi, conceived in partnership with his son, Antonio. The element that characte-rizes the Embassy is the reinforced concrete dendriform pillar (i.e. tree-shaped) of the floor that welcomes the portico.

Prof. Eng. Luigi Margani wrote: “Analyzing the initial project, a key image emerges from the perspective of the presentation [32], in which the functional organism, in the form of a vast plate perforated by ventilated courtyards, with perimeter walls in negative and protruding “visor” type hangings, appears to be supported by a forest of large trees [33, 35], also emerging from the water [34, 36 the photo was taken before filling the artificial lake with water]: an image reminiscent of the Amazon rain forest and the huts on stilts on the banks of the Rio Negro”8.

In fact, during the design phase of the Embassy project, Pier Luigi and Antonio Nervi decided to make a reconnaissance trip to the Amazon rainforest, 60% of which is in Brazilian territory. It was Antonio Nervi who made this visit, since Pier Luigi was already well on in years. On the way back, our father showed us wonderful slides of these places.

20, 21 22, 23 24 25

8 Tratto dalla bozza del libro Antonio Nervi di Irene Nervi e Luigi Margani in fase di lavorazione. 8 Extraído do rascunho do livro Antonio Nervi de Irene Nervi e Luigi Margani, em andamento. 8 Taken from the draft of the book Antonio Nervi by Irene Nervi and Luigi Margani, in progress.

98 99

L’architettura che dialoga con l’ambiente. Questo secondo noi rappresenta l’Ambasciata d’Italia a Brasilia.

Nelle strutture dell’Ambasciata d’Australia a Parigi (1973-1978) il tema della foglia, in questo caso quello della pianta ginkgo biloba [37], è fonte di ispirazione del grande pilastro in cemento armato che caratterizza la facciata principale [38].

Non mancano coperture in ferrocemento a forma di fiore [39] proposte per il Cultural and Convention Center di Norfolk in Virginia, USA (1965-1971, non realizzata) [40], e per il foyer del teatro situato nel grattacielo MLC di Sydney, Australia (1970-1977), copertura che nella foto risulta in fase di costruzione [41].

A proposito del grattacielo MLC Centre [42] realizzato a Sydney in Australia (1970-1977), in cui Pier Luigi Nervi è stato consulente strutturale, riportiamo questa preziosa testimonianza dell’architetto Harry Seidler, progettista, pubblicata nella sua monografia:

When I first discussed the idea of a 250 m-high concrete tower with Nervi, his advice was to limit the number of exterior columns and let them be heavily loaded. Just as a tree [43] trunk, they should spread outward at their bases for greater stability…9.

Infine desideriamo fare un breve accenno alla corrispondenza intercorsa con il celebre architetto tedesco Frei Otto, datata ai primi di gennaio del 1962, sul tema delle diatomee (alghe unicellulari fotosintetiche):

Egregio Sig. Nervi, sto preparando un lungo articolo per la Deutsche Bauzeitung di Stoccarda, nel quale le strutture portanti sottili oppure le strutture incrociate piane (create dall’uomo) vengono paragonate con i gusci delle diatomee (Diesel alghe).

Il Prof. Helmcke del Planck Institute sta da molti anni studiando queste creazioni straordi-narie della natura col microscopio elettronico in stereoscopia.

Arquitetura que dialoga com o meio ambiente. Em nossa opinião, a Embaixada da Itália em Brasília representa isso.

Nas estruturas da Embaixada da Austrália em Paris (1973-1978), o tema da folha, neste caso a da planta ginkgo biloba [37], é a fonte de inspiração para o grande pilar de concreto armado que caracteriza a fachada principal [38].

Não faltam coberturas de ferrocimento em forma de flor [39] propostas para o Cultural and Convention Center de Norfolk, Virgínia, EUA (1965-1971, não construído) [40], e para o foyer do teatro localizado no arranha-céu MLC de Sydney, Austrália (1970-1977), cober- tura que na foto aparece em construção [41].

Em relação ao arranha-céu MLC Centre [42], construído em Sydney, Austrália (1970-1977), para o qual Pier Luigi Nervi foi consultor estrutural, relatamos este precioso testemunho do arquiteto Harry Seidler, autor do projeto, publicado em sua monografia:

When I first discussed the idea of a 250 m-high concrete tower with Nervi, his advice was to limit the number of exterior columns and let them be heavily loaded. Just as a tree [43] trunk, they should spread outward at their bases for greater stability…9.

Por fim, gostaríamos de fazer uma breve menção à correspondência com o famoso arquiteto alemão Frei Otto, datada no início de janeiro de 1962, sobre o tema das diatomáceas (algas unicelulares fotossintéticas):

Prezado Sr. Nervi, estou preparando um longo artigo para o Deutsche Bauzeitung de Stuttgart, no qual estruturas de suporte de carga sutis e estruturas cruzadas planas (criadas pelo homem) são comparadas com as conchas das diatomáceas (Diesel algas).

O Prof. Helmcke do Planck Institute tem estudado essas criações extraordinárias da natureza com o microscópio eletrônico em estereoscopia por muitos anos.

Architecture that converses with the environ-ment. In our opinion, this is what the Italian Embassy in Brasília represents.

In the structures of the Australian Embassy in Paris (1973-1978) the leaf theme, in this case that of the ginkgo biloba plant [37], is the source of inspiration for the large reinforced concrete pillar that characterizes the main façade [38].

There is no shortage of flower-shaped ferroce-ment roofs [39] proposed for the Cultural and Convention Center in Norfolk, Virginia, USA (1965-1971, not built) [40], and for the foyer of the theater located on the MLC skyscraper in Sydney, Australia (1970-1977), a roof that in the photo appears under construction [41].

Regarding the skyscraper MLC Centre [42] built in Sydney, Australia (1970-1977), for which Pier Luigi Nervi was structural consul-tant, we report this precious testimony of the architect Harry Seidler, author of the project, published in his monograph:

When I first discussed the idea of a 250 m-high concrete tower with Nervi, his advice was to limit the number of exterior columns and let them be heavily loaded. Just as a tree [43] trunk, they should spread outward at their bases for greater stability...9.

Finally, we would like to briefly mention the letter with the famous German architect Frei Otto, dated early January 1962, on the subject of diatoms (unicellular photosynthetic algae):

Dear Mr. Nervi, I am preparing a long article for the Deutsche Bauzeitung of Stuttgart, in which subtle load-bearing structures and planar cross-structures (man-made) are compared with the shells of diatoms (Diesel algae).

Prof. Helmcke of the Planck Institute has been studying these extraordinary creations of nature with the electron microscope in stereoscopy for many years.

26, 27, 28, 29 30, 31, 32, 33, 35 34, 36

9 FRAMPTON, Kenneth; DREW, Philip. Harry Seidler: four decades of architextures. London: Thames and Hudson, 1992, p.140.

100 101

Nell’esaminare questo eccitante materiale mi è venuto da pensar spesso alle sue opere perfette e simili alle creazioni della natura.

Ho scelto alcune di queste illustrazioni e sono felice, con l’approvazione del Prof. Helmcke, di inviargliele. La vorrei ora pregare di inviarmi le foto delle sue costruzioni che, secondo la Sua opinione, possano servire al confronto. (Archivio Pier Luigi Nervi, MAXXI).

Frei Otto ed André Hermant (citato nelle note) furono i primi ad accorgersi che le opere di Pier Luigi Nervi erano equiparabili a quelle della natura, sebbene egli non avesse mai fatto mistero di ciò sottolineando invece quel principio di verità a cui faceva spesso riferimento: “L’armonia della natura, dove la struttura essenziale assume il valore di assoluta espressività estetica”.

Affermò inoltre Pier Luigi Nervi: “L’estetica strutturale è un’estetica naturale. La struttura è una cosa seria. Più obbedirete alle leggi della natura, migliore sarà il risultato”.¹

Riportiamo alcune analogie di diatomee [44, 48, 50] con le strutture di Pier Luigi Nervi e cioè la copertura del Centro Nazionale dell’Industria e della Tecnica (C.N.I.T.), Parigi, 1953-1956 [45], la copertura della cattedrale di Perth, New Norcia, Australia, 1958 [46, 47], le strutture per la basilica sotterranea Le Grand Abrì del Santuario di Lourdes, Francia 195610 [49] e la copertura del Palazzo dello Sport e della Fiera del Mare di Genova 1960-1964 [51], progetti (esclusi il C.N.I.T. e la basilica di Lourdes) a cui ha partecipato anche Antonio Nervi.

Nella sua lunga carriera professionale Pier Luigi Nervi ebbe anche occasione nel 1965, per conto dell’University Surveyor’s Office di Oxford nel Regno Unito, di progettare insieme agli architetti Sir Philip Arnold Joseph Powell e John Hildago Moya il Museo Pitt Rivers, un grande centro per studi antropologici da realizzarsi ad Oxford.

Ao examinar este material emocionante, muitas vezes pensei em suas obras perfeitas e semelhantes às criações da natureza.

Escolhi algumas dessas ilustrações e, com a aprovação do Prof. Helmcke, fico feliz em enviá-las. Gostaria agora de pedir que o senhor me envie fotos das construções que, em sua opinião, poderiam ser utilizadas para compa-ração. (Arquivo Pier Luigi Nervi, MAXXI).

Frei Otto e André Hermant (citado nas notas) foram os primeiros a perceber que as obras de Pier Luigi Nervi eram comparáveis às da natureza, embora ele nunca tivesse feito disso um mistério, enfatizando, ao contrário, aquele princípio de verdade ao qual ele se referia com frequência: “A harmonia da natureza, onde a estrutura essencial assume o valor de expressividade estética absoluta”.

Pier Luigi Nervi também afirmou: “A estética estrutural é uma estética natural. Estrutura é uma coisa séria. Quanto mais você obedecer às leis da natureza, melhor será o resultado”.1

Relatamos algumas analogias de diatomáceas [44, 48, 50] com as estruturas de Pier Luigi Nervi, nomeadamente, a cobertura do Centro Nacional da Indústria e Tecnologia (C.N.I.T.), Paris, 1953-1956 [45], a cobertura da Catedral de Perth, New Norcia, Austrália, 1958 [46, 47], as estruturas para a basílica subterrânea Le Grand Abrì do Santuário de Lourdes, França 195610⁰[49] e a cobertura do Palazzo dello Sport e da Fiera del Mare, em Gênova, 1960-1964 [51], projetos (excluindo o C.N.I.T. e a basílica de Lourdes) dos quais Antonio Nervi também participou.

Durante sua longa carreira profissional, Pier Luigi Nervi também teve a oportunidade, em 1965, de projetar, junto com os arquitetos Sir Philip Arnold Joseph Powell e John Hildago Moya, o Pitt Rivers Museum, um grande centro de estudos antropológicos a ser construído em Oxford, no Reino Unido, por conta do University Surveyor’s Office of Oxford.

As I examined this exciting material, I often thought of his perfect works resembling nature’s creations.

I have chosen some of these illustrations and, with Prof. Helmcke’s approval, I am happy to send them to you. Now, I would like to ask you to send me photos of the constructions that, in your opinion, could be used for comparison.(Archive Pier Luigi Nervi, MAXXI).

Friar Otto and André Hermant (quoted in the notes) were the first to realize that Pier Luigi Nervi’s works were comparable to those of nature, although he never made a mystery of it, emphasizing instead that principle of truth to which he often referred: “The harmony of nature, where the essential structure takes on the value of absolute aesthetic expressiveness”.

Pier Luigi Nervi also stated: “Structural aesthetics is a natural aesthetic. Structure is a serious thing. The more you obey the laws of nature, the better the result”.1

We report some diatom analogies [44, 48, 50] with Pier Luigi Nervi’s structures, namely, the roof of the National Centre of Industry and Technology (C.N.I.T.), Paris, 1953-1956 [45], the roof of Perth Cathedral, New Norcia, Australia, 1958 [46, 47], the structures for the underground basilica Le Grand Abrì of the Sanctuary of Lourdes, France 195610 [49] and the roof of the Palazzo dello Sport and the Fiera del Mare, Genoa, 1960-1964 [51], projects (excluding the C.N.I.T. and the Lourdes basilica) in which Antonio Nervi also participated.

In 1965, Pier Luigi Nervi also had the opportunity to design, together with architects Sir Philip Arnold Joseph Powell and John Hildago Moya, the Pitt Rivers Museum, a major centre for anthropological studies to be built in Oxford, UK, on behalf of the University Surveyor’s Office of Oxford.

10 Il confronto tra la diatomea e le strutture per la basilica sotterranea Le Grand Abrì del Santuario di Lourdes è tratto dalla tesi di Dottorato in Composizione Architettonica dell’arch. Pasqualino Solomita Esame finale anno 2012, Alma Mater Studiorum-Università di Bologna- Scuola di Dottorato in Ingegneria Civile ed Architettura - XXIV Ciclo di Dottorato. 10 A comparação entre a diatomácea e as estruturas para a basílica subterrânea Le Grand Abrì do Santuário de Lourdes é extraída da tese de Doutorado em Composição Arquitetônica do arquiteto Pasqualino Solomita, ano do Exame Final 2012, Alma Mater Studiorum-Università di Bologna - Escola de Doutorado em Engenharia Civil e Arquitetura - XXIV Ciclo de Doutorado. 10 The comparison between diatoms and structures for the underground basilica Le Grand Abrì of the Sanctuary of Lourdes is taken from the PhD thesis in Architectural Composition by architect Pasqualino Solomita, Final Examination year 2012, Alma Mater Studiorum-Università di Bologna - School of Doctoral Studies in Civil Engineering and Architecture - XXIV Doctoral Cycle.

37, 38 39, 40, 41 42, 43

102 103

In questo progetto la natura è visibile sia nella grande serra situata al centro del museo che nel giardino pensile di copertura caratterizzato da prati, vialetti, piazzole ed alberi.

È inoltre presente un solaio a nervature isosta-tiche [il sistema del solaio è stato proposto dall’Ing. Aldo Arcangeli ed il brevetto è stato depositato nel 1949 dalla Soc. Ingg. Nervi e Bartoli di cui Pier Luigi Nervi era Presidente e Amministratore Delegato 52] che gira tutto intorno all’atrio di ingresso le cui nervature si diramano a “fungo” sopra i pilastri.

Una gigantesca cupola reticolare vetrata posta al centro dell’edificio racchiude una grande varietà e moltitudine di piante [53]. Il progetto non è stato realizzato.

Per completare infine il tema del rapporto tra la struttura e la natura nelle opere di Pier Luigi Nervi sono da tenere presente ancora tre aspetti di cui fare un breve accenno: i solai a nervature isostatiche, le ricerche statiche sperimentali sui modelli e la fotoelasticità.

Il solaio a nervature isostatiche (brevettato nel 1949) esprime il miglior modo di interpretare i fenomeni naturali e le leggi che li sottendono. Si basa sul principio di disporre le nervature di un solaio secondo le isostatiche dei momenti principali esistenti all’interno di un sistema sollecitato da forze. Tali linee sono qualcosa di assoluto, dipendente esclusivamente dal giuoco di forze in atto.11

La prima applicazione si concretizzò nel 1951 nel progetto del solaio del Lanificio Gatti a Roma [54, 55]. Apparentemente decorativo, il solaio è stato realizzato come fosse un puzzle formato da piccoli pezzi in ferrocemento [54 a sinistra] modellati secondo le leggi fisiche della struttura.

Il risultato esteticamente efficace dell’interse-zione delle nervature disposte in tal modo è un chiaro richiamo alle “misteriose affinità che possono trovarsi tra le leggi fisiche ed i nostri sensi” affermerà Pier Luigi Nervi.

Neste projeto, a natureza é visível tanto na grande estufa localizada no centro do museu, quanto no jardim da cobertura, com seus gramados, caminhos, pequenas praças e árvores.

Há também uma laje com nervuras isostáticas [o sistema da laje foi proposto pelo engenheiro Aldo Arcangeli e a patente foi registrada em 1949 pela Sociedade Engenheiros Nervi e Bartoli, da qual Pier Luigi Nervi foi presidente e diretor administrativo, 52] que corre ao redor do hall de entrada, cujas nervuras se ramificam em forma de “cogumelo” acima dos pilares.

Uma gigantesca cúpula-vitral reticular, colocada no meio do edifício, encerra uma grande variedade e multiplicidade de plantas [53]. O projeto não foi realizado.

Para completar o tema da relação entre estru-tura e natureza nas obras de Pier Luigi Nervi, há mais três aspectos a serem considerados: as lajes com nervuras isostáticas, as pesquisas estáticas experimentais sobre modelos e a fotoelasticidade.

A laje com nervuras isostáticas (patenteada em 1949) expressa a melhor maneira de interpretar os fenômenos naturais e as leis subjacentes. Baseia-se no princípio de organizar as nervuras de uma laje de acordo com as isostáticas dos principais momentos existentes dentro de um sistema solicitado por forças. Estas linhas são algo absoluto, algo que depende exclusivamente do jogo de forças em ação11.

A primeira aplicação ocorreu em 1951 no projeto da laje do Lanificio Gatti em Roma [54, 55]. Aparentemente decorativa, a laje foi realizada como se fosse um quebra-cabeça feito de pequenas peças de ferrocimento [54 à esquerda] modeladas de acordo com as leis físicas da estrutura.

O resultado esteticamente eficaz da inter-secção das nervuras dispostas dessa forma é uma clara referência às “afinidades misteriosas que podem ser encontradas entre as leis da física e nossos sentidos”, como afirmou Pier Luigi Nervi.

In this project, nature is visible both in the large greenhouse located in the center of the museum and in the roof garden, with its lawns, paths, small squares and trees.

There is also an isostatic ribbed slab [the slab system was proposed by the engineer Aldo Arcangeli and the patent was registered in 1949 by the Society of Engineers Nervi and Bartoli, of which Pier Luigi Nervi was president and managing director, 52] that runs around the entrance hall, whose ribs branch out in a “mushroom” shape above the pillars.

A gigantic reticular vitral dome placed in the middle of the building encloses a great variety and multiplicity of plants [53]. This project was not built.

To complete the theme of the relationship between structure and nature in the works of Pier Luigi Nervi, there are three more aspects to be considered: isostatic ribbed slabs, experimental static research on models and photoelasticity.

The isostatic ribbed slab (patented in 1949) expresses the best way to interpret natural phenomena and their underlying laws. It is based on the principle of organizing the ribs of a slab according to the isostatic lines of the main moments existing within a system subjected to forces. These lines are something absolute, depending exclusively on the play of forces in action11.

The first application occurred in 1951 in the design of the slab of the Lanificio Gatti in Rome [54, 55]. Apparently decorative, the slab was put together as if it were a puzzle made of small pieces of ferrocement [54 left] modeled according to the physical laws of the structure.

The aesthetically effective result of the intersection of the ribs arranged in this way is a clear reference to the “mysterious affinities that can be found between the laws of physics and our senses”, as Pier Luigi Nervi stated.

44, 48, 50 45, 46, 47 49, 51 52, 53

104 105

Il meraviglioso è che così facendo, e limitando il nostro compito a quello di modesti interpreti di realtà fisiche, veniamo a scoprire armonie di forme, imprevedute e quanto mai espressive. Le nervature di un solaio disposte lungo le isostatiche dei momenti acquistano un andamento curvilineo di grande efficacia; più espressive ancora sono quelle di un solaio di tipo a fungo, ossia portato da pilastri disposti ad interassi uguali.11

Per quanto riguarda le ricerche statiche sperimentali sui modelli riportiamo quanto scritto dal Prof. Ing. Guido Oberti che è stato Direttore dell’Istituto di Tecnica delle Costruzioni del Politecnico di Torino:

Pier Luigi Nervi comprese, sin dall’inizio della sua prestigiosa carriera professionale, quanto il progetto razionale di una nuova costruzione derivi dall’armonica associazione di arte, scienza ed esperienza: Ars sine scientia nihil est. E quindi l’importanza dell’apporto del modello, ineguagliabile strumento per confer-mare l’affidabilità delle grandiose strutture che egli ideava con geniale intuito e personale convinzione di progettista e costruttore.12

Attraverso i modelli si può leggere “in umiltà e senza pregiudizi, la diretta lezione della natura, considerata come una grande rivela-trice delle armonie e delle finalità che Dio ha posto a governo del mondo.”13 Riportiamo alcuni stralci di una intervista alla Prof.ssa Ing.Tullia Iori per RAI5:

O maravilhoso é que, ao fazê-lo, e limitando nossa tarefa à de modestos intérpretes das realidades físicas, chegamos a descobrir harmonias de formas imprevisíveis e muito expressivas. As nervuras de uma laje dispostas ao longo das isostáticas dos momentos adquirem um padrão curvilíneo de grande eficácia; ainda mais expressivas são as de uma laje tipo “cogumelo”, ou seja, sustentada por pilares dispostos com distâncias entre eixos iguais.11

No que diz respeito à pesquisa experimental estática sobre os modelos, relatamos o que foi escrito pelo Prof. Eng. Guido Oberti, que foi Diretor do Instituto de Técnicas de Construção do Politécnico de Turim:

Pier Luigi Nervi compreendeu, desde o início de sua prestigiosa carreira profissional, o quanto o projeto racional de uma nova construção deriva da associação harmônica de arte, ciência e experiência: Ars sine scientia nihil est. E, portanto, compreendeu a importância da contribuição do modelo, um instrumento incomparável para confirmar a confiabilidade das grandiosas estruturas que ele concebeu com brilhante intuição e convicção pessoal como projetista e construtor.12

Através dos modelos é possível ler “com humildade e sem preconceitos, a lição direta da natureza, considerada como uma grande reveladora das harmonias e propósitos que Deus colocou para governar o mundo”13. Seguem alguns trechos de uma entrevista com a Prof.a Eng.a Tullia Iori para a RAI5:

The wonderful thing is that, in doing so, and limiting our task to that of modest interpreters of physical realities, we come to discover harmonies of forms, unpredictable and very expressive. The ribs of a slab arranged along the isostatic moments acquire a curvilinear pattern of great effectiveness; even more expressive are those of a “mushroom” type slab, that is, supported by columns arranged with equal distances between axes.11

Regarding the static experimental research on models, we report what was written by Prof. Eng. Guido Oberti, who was Director of the Institute of Building Techniques at the Politecnico di Torino:

Pier Luigi Nervi understood, from the very beginning of his prestigious professional career, how much the rational design of a new structure derives from the harmonious association of art, science and experience: Ars sine scientia nihil est. And so he understood the importance of the contribution of the model, an incomparable instrument for confirming the reliability of the grandiose structures that he conceived with brilliant intuition and personal conviction as a designer and builder.¹²

Through models it is possible to read “with humility and without prejudice, the direct lesson of nature, considered as a great revealer of the harmonies and purposes that God has put in place to govern the world”13. Here are some extracts from an interview with Prof. Tullia Iori for RAI5:

Nel 1964 Pier Luigi Nervi viene nominato Presidente ISMES, l’Istituto forse più famoso al mondo sulla simulazione dei modelli di strutture. Pier Luigi Nervi è sempre stato convinto dell’importanza dei modelli perché non ha tanto fiducia nel calcolo. [...] Simulare un modello è cercare in piccolo una risposta al comportamento della struttura su una sua riproduzione in scala. Pier Luigi Nervi proprio su questo ci racconta la sua filosofia sulle strut-ture perché Pier Luigi Nervi è un “naturalista”, è convinto che uno dei ruoli dell’ingegnere sia proprio quello di capire, di comprendere e di imitare la natura. [...] Pensa che la natura ci possa spiegare i comportamenti strutturali e che imitare i modelli naturali sia più efficace, sia anche un modo per ottimizzare la struttura e quindi lavorare sui modelli è un modo per raccontarci di come si fida della natura, è la natura che ci racconterà e ci spiegherà come si comporta quella struttura e quindi ci svelerà anche i punti deboli, le anomalie e ci consentirà di correggere eventualmente il progetto [...].14

Il primo modello realizzato è stato quello in celluloide [56] per le due grandi aviorimesse realizzate nell’aeroporto di Orvieto [57] nel 1935.

La ricerca sperimentale è stata effettuata dal Prof. Ing. Guido Oberti che all’epoca era speri-mentatore del “Laboratorio prove costruzioni e modelli” del Regio Politecnico di Milano e riguardava lo studio delle sollecitazioni nelle varie membrature. I pesi presenti nella foto corrispondono ai carichi che agiranno sulla costruzione.

Numerose furono le opere che formarono oggetto di modellazione allo scopo di esaminarne il comportamento strutturale, sperimentate prima presso il Regio Laboratorio del Politecnico di Milano e successivamente presso la ISMES (Istituto Sperimentale Modelli e Strutture) di Bergamo.

Riportiamo qui l’elenco delle più significative: aviorimesse in cemento armato a struttura geodetica realizzate ad Orvieto [56, 57], aviorimesse ad elementi prefabbricati realizzate ad Orvieto, Orbetello e Torre del

Em 1964 Pier Luigi Nervi foi nomeado Presidente do ISMES (Instituto Experimental de Modelos e Estruturas), talvez o Instituto mais famoso do mundo na simulação de modelos de estruturas. Pier Luigi Nervi sempre esteve convencido da importância dos modelos porque não tinha muita fé no cálculo. [...] Simular um modelo é procurar uma pequena resposta para o comportamento da estrutura em uma reprodução em escala. Pier Luigi Nervi, desta forma, nos fala de sua filosofia sobre estruturas porque Pier Luigi Nervi é um “naturalista” e está convencido de que um dos papéis do enge-nheiro é entender, é compreender e imitar a natureza. [...] Ele acha que a natureza pode nos ajudar a compreendê-la e imitá-la. Ele acha que a natureza pode explicar o comportamento estrutural e que imitar modelos naturais é mais eficaz e é uma forma de otimizar a estrutura. Assim, trabalhar com modelos, para ele, é uma forma de nos falar sobre sua confiança na natureza: é a natureza que nos dirá e explicará como certa estrutura se comporta e, portanto, a natureza também revelará os pontos fracos e as anomalias, e nos permitirá corrigir o projeto, se necessário [...].14

O primeiro estudo realizado foi o modelo de celuloide [56] para os dois grandes hangares construídos no aeroporto de Orvieto [57], em 1935.

A pesquisa experimental foi realizada pelo Prof. Eng. Guido Oberti, que na época era experimentador no Laboratório de testes e modelos de construção do Real Politécnico de Milão, e referia-se ao estudo das solicitações nos diversos membros. Os pesos presentes na foto correspondem às cargas que vão atuar sobre a construção.

Numerosas foram as obras que formaram o objeto de modelagem com o intuito de examinar seu comportamento estrutural. Elas foram testadas no Laboratório do Politécnico de Milão e, posteriormente, no ISMES (Instituto Experimental de Modelos e Estruturas) de Bérgamo.

In 1964 Pier Luigi Nervi was appointed President of ISMES (Experimental Institute of Models and Structures), perhaps the world’s most famous Institute for the simulation of structural models. Pier Luigi Nervi was always convinced of the importance of models because he did not have much faith in calculation. [...] Simulating a model is looking for a small answer to the behaviour of the structure in a reproduction on a scale. Pier Luigi Nervi, in this way, tells us about his philosophy of structures because Pier Luigi Nervi is a “naturalist” and he is convinced that one of the roles of the engineer is to understand and imitate nature. [...] He thinks that nature can help us to understand and imitate it. He thinks that nature can explain structural behavior and that imitating natural models is an effective way to optimize structures. So working with models, for him, is a way of telling us about his trust in nature: it is nature that will tell us and explain how a certain structure behaves, and therefore nature will also reveal the weaknesses and anomalies, and allow us to correct the design if necessary [...].14

The first study carried out was the celluloid model [56] for the two large hangars built at Orvieto airport [57] in 1935.

The experimental research was carried out by Prof. Eng. Guido Oberti, who at the time was a researcher in the Laboratory of tests and construction models of the Royal Polytechnic of Milan, and referred to the study of the effect of loads on the various members of the models. The weights present in the photo correspond to the loads that will press on the structure.

Numerous works were modelled with the aim of examining their structural behavior. They were tested at the Politecnico di Milano labo-ratory and later at the ISMES (Experimental Institute of Models and Structures) in Bergamo.

Here the list of the most significant ones: hangars in reinforced concrete with geodesic structure built in Orvieto [56, 57], hangars with prefabricated elements built in Orvieto,

11 NERVI, Pier Luigi. Costruire Correttamente Caratteristiche e possibilità delle strutture cementizie armate. Seconda edizione riveduta e corretta, Editore Ulrico Hoepli Milano, 1965 p.43. 11 NERVI, Pier Luigi. Costruire Correttamente Caratteristiche e possibilità delle strutture cementizie armate. Milano: 2. ed. revisada e corrigida, Milano: Edição Ulrico Hoepli Milano, 1965, p.43. 11 NERVI, Pier Luigi. Costruire Correttamente Caratteristiche e possibilità delle strutture cementizie armate. Second revised and corrected edition, Edition Ulrico Hoepli Milano, 1965, p.43. 12 Pier Luigi Nervi e la sua opera, Incontro di studio organizzato dal Comitato del Premio Ingersoll Rand Italia, Milano 1980 p.42 12 Pier Luigi Nervi e la sua opera, Encontro de estudo organizado pelo Comitê do Prêmio Ingersoll Rand Itália, Milão, 1980, p.42 12 Pier Luigi Nervi e la sua opera, Study meeting organized by the Ingersoll Rand Italy Prize Committee, Milan 1980, p.4213 Nervi oggi, Scritti dalle mostre e dai convegni a cura di Luigi Ramazzotti. “La sperimentazione con modelli quale strumento di progettazione” di Giovanni Menditto p. 72. 13 Nervi oggi, Escritos de exposições e conferências organizados por Luigi Ramazzotti. “La sperimentazione con modelli quale strumento di progettazione” de Giovanni Menditto p. 72. 13 Nervi oggi, Texts from exhibitions and conferences organized by Luigi Ramazzotti. “La sperimentazione con modelli quale strumento di progettazione” by Giovanni Menditto p. 72.

14 RAI5, Art Night, Pier Luigi Nervi con intervista alla Prof.ssa Tullia Iori, programma di Silvia De Felice, Alessio Aversa, Marta Santello del 18 giugno 2020. 14 RAI5, Art Night, Pier Luigi Nervi com uma entrevista com a Profa Tullia Iori, programa de Silvia De Felice, Alessio Aversa, Marta Santello, de 18 de junho de 2020. 14 RAI5, Art Night, Pier Luigi Nervi with an interview with Prof. Tullia Iori, program by Silvia De Felice, Alessio Aversa, Marta Santello, June 18, 2020.

54, 55

106 107

Lago Puccini [58, 59], Palazzo Pirelli a Milano [60, 61], grattacielo di Montreal, Canada [62, 63], cattedrale di Saint Mary, San Francisco, California [64, 65] ed il Cultural and Convention Center, Norfolk, Virginia USA [66, 67].

Pier Luigi Nervi aveva già proposto nel 1961 pilastri simili a quelli in cemento armato che caratterizzano il piano porticato dell’Amba-sciata d’Italia a Brasilia [68].

Pilastri anche in questo caso dendriformi (cioè che si ramificano come i rami di un albero) sono presenti nella parte inferiore della torre E.M.S. Landbank, L’Aia Schedeldoekshaven, Olanda15 [69], progetto elaborato con Antonio Nervi, Jan A. Lucas e H. E. Niemeijer.

Presso l’ISMES di Bergamo, Pier Luigi Nervi fece realizzare un modello elastico del pilastro per poi sottoporlo a diverse indagini sperimen-tali. Tale progetto non è stato realizzato.

Infine merita menzionare l’analisi delle strutture con il metodo della fotoelasticità. Riportiamo un esempio effettuato sul modello della trave Vierendeel di facciata [70] dell’Autogrill Motta [71] realizzato sull’autostrada Limena-Padova (1961-1967). Da “notare l’armonia e la continuità del modo di diffondersi delle sollecitazioni esterne nell’interno dei solidi e il loro concentramento nelle zone singolari” scriverà in un suo libro Pier Luigi Nervi.

Così Pier Luigi Nervi descrive l’analisi con il metodo della fotoelasticità:

Provocando mediante forze esterne, uno stato di sollecitazione in un corpo trasparente sottoposto a ricerca fotoelastica, si raccolgono su uno schermo, e si possono fissare in fotografia, alternanze di linee luminose e oscure la cui maggiore o minore sottigliezza e vicinanza, è funzione della intensità e variazione locale delle sollecitazioni subite.

Aqui a lista das mais significativas: hangares em concreto armado com estrutura geodésica construídos em Orvieto [56, 57], hangares com elementos pré-fabricados construídos em Orvieto, Orbetello e Torre del Lago Puccini [58, 59], Palazzo Pirelli em Milão [60, 61], arranha-céu em Montreal, Canadá [62, 63], Catedral de Saint Mary em São Francisco, Califórnia [64, 65] e Cultural and Convention Center de Norfolk, Virginia, EUA [66, 67].

Em 1961, Pier Luigi Nervi já havia proposto pilares semelhantes aos de concreto armado que caracterizam o piso com pórtico da Embaixada da Itália em Brasília [68].

Também neste caso, pilares dendriformes (isto é, que se ramificam como os galhos de uma árvore) estão presentes na parte inferior da torre E.M.S. Landbank, Haia Schedeldoekshaven, Holanda15 [69], projeto desenvolvido com Antonio Nervi, Jan A. Lucas e H. E. Niemeijer.

No ISMES de Bérgamo, Pier Luigi Nervi mandou fazer um modelo elástico do pilar para submetê-lo a várias investigações experimentais. Este projeto não foi realizado.

Finalmente, vale a pena mencionar a análise das estruturas com o método da fotoelasti-cidade. Relatamos um exemplo realizado no modelo da viga Vierendeel da fachada [70] do Autogrill Motta [71], realizado na rodovia Limena-Padova (1961-1967). Pier Luigi Nervi escreveu em um de seus livros: “cabe ressaltar a harmonia e continuidade da forma como as solicitações externas se propagam pelo interior dos sólidos e sua concentração nas zonas singulares”.

É assim que Pier Luigi Nervi descreve a análise com o método de fotoelasticidade:

Ao provocar, por meio de forças externas, um estado de solicitação em um corpo transparente submetido à análise fotoelástica, alternâncias de linhas luminosas e escuras são coletadas em uma tela e podem ser fixadas em fotografias; sua maior ou menor espessura e proximidade é uma função da intensidade e da variação local das solicitações sofridas.

Orbetello and Torre del Lago Puccini [58, 59], Palazzo Pirelli in Milan [60, 61], skyscraper in Montreal, Canada [62, 63], Saint Mary’s Cathedral in San Francisco, California [64, 65] and Cultural and Convention Center in Norfolk, Virginia, USA [66, 67].

In 1961, Pier Luigi Nervi had already proposed pillars similar to the reinforced concrete ones that characterize the porticoed floor of the Italian Embassy in Brasilia [68].

Again, dendriform pillars (i.e., branching like the boughs of a tree) are present in the lower part of the E.M.S. Landbank tower, The Hague Schedeldoekshaven, The Netherlands15 [69], a project developed with Antonio Nervi, Jan A. Lucas, and H. E. Niemeijer.

At the ISMES of Bergamo, Pier Luigi Nervi had an elastic model of the pillar made in order to submit it to various experimental investiga-tions. This project was not carried out.

Finally, it is worth mentioning the analysis of structures with the photoelasticity method. We report on an example carried out on the model of the Vierendeel beam of the façade [70] of the Motta Autogrill [71], on the Limena-Padova highway (1961-1967). Pier Luigi Nervi wrote in one of his books: “the harmony and continuity of the way in which the external stresses propagate through the interior of the solids and their concentration in the singular zones should be highlighted”.

This is how Pier Luigi Nervi describes the analysis with the photoelasticity method:

When provoking, by means of external forces, a state of stress on a transparent body subjected to photoelastic analysis, alternating bright and dark lines are collected on a screen and can be fixed in photographs; their greater or lesser thickness and proximity is a function of the intensity and local variation of the stresses suffered.

56, 57 58, 59 60, 61, 62, 63

15 Il termine Olanda deriva dal germanico Holtland (terra boscosa) diventato più tardi Holland, riferendosi all’ampia foresta che si estendeva da ‘s-Gravenzande ad Alkmaar, semplicemente chiamata Die Hout (Il Bosco), la cui rimanente parte, peraltro di estensione molto ridotta, è tutt’oggi visibile nella città dell’Aia presso il quartiere di Haagse Bos (Fonte Wikipedia). 15 O termo Holanda deriva do germânico Holtland (terra arborizada), que mais tarde se tornou Holanda, referindo-se à grande floresta que se estendia de ‘s-Gravenzande a Alkmaar, simplesmente chamada de Die Hout (o Bosque), cuja parte remanescente, apesar de muito pequena, ainda é visível na cidade de Haia, no distrito de Haagse Bos (Fonte: Wikipedia). 15 The term Holland derives from the Germanic Holtland (wooded land), which later became Holland, referring to the large forest that stretched from ‘s-Gravenzande to Alkmaar, simply called Die Hout (the Woods), whose remaining part, although very small, is still visible in the city of The Hague, in the Haagse Bos district (Source: Wikipedia).

108 109

Non ritengo necessario (e sarebbe per me ben difficile) entrare nei dettagli del meraviglioso fenomeno; basti solo accennarlo in grandi linee e mettere in evidenza la bellezza e la poesia di questo tramutarsi degli stati di sollecitazione in giuochi luminosi attraverso i quali possiamo veder il propagarsi delle azioni esterne nell’interno di un solido.16

Concludiamo con questa interessante annota-zione del Prof. Ing. Luigi Margani che ha svolto un periodo di formazione professionale presso lo Studio Nervi agli inizi degli anni ’60:

Pier Luigi Nervi aveva preordinato una grande sinfonia con molti strumenti: natura; cultura naturalistica e architettonica (considerava il gotico a cui si è spesso ispirato la manifesta-zione massima della potenza ed efficienza del senso statico, mai prima raggiunta e forse mai più raggiungibile17); abilità tecnica del progettista; disegno preliminare; indagini su modelli; progetto esecutivo e predisposizione dell’opera; realizzazione tramite il cantiere personale del progettista. Il tutto con un unico direttore d’orchestra: Pier Luigi, spesso coadiuvato dai figli Antonio, Mario e Vittorio, con Antonio in prima fila.

E questa sinfonia ha prodotto tante opere che ancor oggi sono ammirate da tutti.

Não considero necessário (e seria muito difícil para mim) entrar nos detalhes deste fenômeno maravilhoso; basta mencioná-lo em linhas gerais e destacar a beleza e a poesia desta transformação dos estados de estresse em jogos de luzes por meio das quais podemos ver a propagação das ações externas no interior de um sólido.16

Concluímos com esta interessante anotação do Prof. Eng. Luigi Margani, que realizou um período de treinamento profissional no Studio Nervi no início da década de 1960:

Pier Luigi Nervi tinha arranjado previamente uma grande sinfonia com muitos instrumentos: natureza; cultura naturalista e arquitetônica (ele considerava o gótico, ao qual muitas vezes se inspirou, a manifestação máxima do poder e eficiência do sentido estático, nunca antes alcançada e, talvez, nunca mais alcançável17); habilidade técnica do projetista; desenho preliminar; investigações sobre modelos; projeto executivo e preparação da obra; realização por meio do canteiro de obras pessoal do projetista. Tudo isso com um único diretor de orquestra: Pier Luigi, frequentemente assistido por seus filhos Antonio, Mario e Vittorio, com Antonio na primeira fila.

E esta sinfonia produziu muitas obras que ainda hoje são admirados por todos.

I do not consider it necessary (and it would be very difficult for me) to go into the details of this wonderful phenomenon; it is enough to mention it in general outline and to emphasize the beauty and poetry of this transformation of states of stress into games of light by means of which we can see the propagation of external actions within a solid.16

We conclude with this interesting annotation by Prof. Eng. Luigi Margani, who did a period of professional training in Studio Nervi in the early 1960s:

Pier Luigi Nervi had previously arranged a great symphony with many instruments: nature; naturalistic and architectural culture (he considered the Gothic, from which he often drew inspiration, the ultimate manifestation of the power and efficiency of the static sense, never before achieved and perhaps never to be achieved again17); the technical skill of the designer; preliminary design; investigations on models; executive design and preparation for the work; realization by means of the designer’s personal building site. All with a single orchestra director: Pier Luigi, often assisted by his sons Antonio, Mario and Vittorio, with Antonio in the front row.

And this symphony produced many works that are still admired by all today.

64, 65, 66 67, 68 69, 70, 71

16 NERVI, Pier Luigi. Costruire Correttamente Caratteristiche e possibilità delle strutture cementizie armate, seconda edizione riveduta e corretta, Editore Ulrico Hoepli Milano, 1965 p.38. 16 NERVI, Pier Luigi. Costruire Correttamente Caratteristiche e possibilità delle strutture cementizie armate. 2. ed. revisada e corrigida, Milano: Edição Ulrico Hoepli Milano, 1965, p.38 16 NERVI, Pier Luigi. Costruire Correttamente Caratteristiche e possibilità delle strutture cementizie armate, Second revised and corrected edition, Edition Ulrico Hoepli Milano, 1965, p.3817 NERVI, Pier Luigi. Considerazioni sull’architettura di oggi e sulla forma-zione dell’architetto in “Cemento Armato”, Roma EUR, Rotary Club di Roma Sud, Marzo 1967, pag. 9 17 NERVI, Pier Luigi. Considerações sobre a arquitetura atual e a formação do arquiteto In: Cemento Armato, Roma EUR, Rotary Club de Roma Sul, março 1967, p. 9 17 NERVI, Pier Luigi. Considerations on current architecture and the formation of the architect in “Cemento Armato”, Rome EUR, Rotary Club of Rome South, March 1967, page 9

Per tutte le opere presenti in questa relazione consigliamo di consultare Carla Zhara Buda (a cura di), L’archivio di Pier Luigi Nervi nelle collezioni del MAXXI Architettura. L’inventario. “Quaderni del Centro Archivi del MAXXI Architettura Gli Inventari” CTS Grafica s.r.l.- Città di Castello (PG), febbraio 2016.

Le immagini selezionate delle opere di Pier Luigi Nervi e la corrispondenza di Pier Luigi Nervi con Frei Otto (è inserita in un fascicolo dal titolo “Studi microstrutture dell’Istituto Planck”) sono conservate presso il MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma. Collezione MAXXI Architettura, Archivio Pier Luigi Nervi.

Para mais informações sobre as obras mencionadas, recomendamos consultar o texto editado por Carla Zhara Buda, L’archivio di Pier Luigi Nervi nelle collezioni del MAXXI Architettura. L’inventario, em “Quaderni del Centro Archivi del MAXXI Architettura Gli Inventari”, CTS Grafica s.r.l.- Città di Castello (PG), fevereiro de 2016.

As imagens das obras de Pier Luigi Nervi selecionadas e a correspon-dência de Pier Luigi Nervi com Frei Otto (incluída em um dossiê intitulado “Studi microstrutture dell’Istituto Planck”) são conservadas no MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma. Coleção MAXXI Architettura, Arquivo Pier Luigi Nervi.

For further information on the aforementioned works, we recommend consulting the text edited by Carla Zhara Buda, L’archivio di Pier Luigi Nervi nelle collezioni del MAXXI Architettura. L’inventario, in “Quaderni del Centro Archivi del MAXXI Architettura Gli Inventari”, CTS Grafica s.r.l.- Città di Castello (PG), February 2016.

The images of the selected works by Pier Luigi Nervi and his letter with Friar Otto (included in a dossier entitled “Studi microstrutture dell’Istituto Planck”) are preserved in the MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Rome. MAXXI Architettura collection, Pier Luigi Nervi Archive

110 111

Il palazzo sugli alberi

The palace in the trees

O palácio nas árvores

Joana França

112 113

114 115

116 117

118 119

120 121

122 123

124 125

126 127

128 129

130 131

132 133

134 135

136 137

138 139

140 141

142 143

144 145

146 147

148 149

150 151

152 153

154 155

156 157

L’Ambasciata d’Italia illuminata di blu in occasione della Festa dell’Europa, il 9 maggio 2021.

A Embaixada da Itália iluminada em azul por ocasião do Dia da Europa, 9 de maio de 2021.

The Italian Embassy illuminated in blue on the occasion of Europe Day, May 9, 2021.

158 159

Dados Internacionais de Catalogação na Publicação (CIP) (Câmara Brasileira do Livro, SP, Brasil)

Embaixada da Itália em Brasília

A Embaixada da Itália em Brasília = Ambasciata italiana a Brasilia = The Italian Embassy in Brasília / Embaixada da Itália em Brasília ; [tradução Gabriela Santos, Matthew Shirts. -- Santos, SP : Editora Brasileira de Arte e Cultura, 2021.

Edição trilíngue: português, italiano/inglês ISBN 978-65-87323-28-2

1. Arquitetura 2. Brasil. Embaixada (Itália) - Edifícios 3. Fotografia 4. Nervi, Pier Luigi, 1891-1979 I. Título.

21-80046 CDD-725.170946945

Índices para catálogo sistemático:

1. Embaixada da Itália no Brasil : Arquitetura 725.170946945

Maria Alice Ferreira - Bibliotecária - CRB-8/7964

EditoriDireção EditorialPublishersJulio MariuttiPedro Fernandes Saad

FotografieFotografias PhotographsEnsaio fotográfico original de Joana FrançaAcervo da Embaixada ItalianaAcervo do Projeto Portinari

TestiTextosTextsIrene NerviClara NerviSylvia FicherAndrey Rosenthal SchleeDanilo Matoso Macedo João Candido PortinariInstituto CampanaEmbaixada da Itália

Studio Grafico Edição e designEditing and designRenata Atilano

Correzione bozze in portoghese Revisão do portuguêsPortuguese proof-readingValdilene Zanette Nunes

Correzione bozze in italianoRevisão do italianoItalian proof-readingBianca Lo Giudice

Traduzione in ingleseTradução para o inglêsEnglish TranslationGabriela SantosMatthew Shirts

Traduzione in italianoTradução para o italianoItalian TranslationEmbaixada da ItáliaEnrico Bruno (Casa ancestrale)

Tipografia Impressão e acabamentoPrinting and finishingIpsis Gráfica e Editora

Casa Editrice Projeto EditorialEditorial DesignEditora Brasileira de Arte e Cultura LTDA

Supervisione EditorialeSupervisão EditorialPublishing supervisionChiara GentileLuisa FantiniRoberta SaadBianca BlumLucas Santos Marina Passos

Assistenti Editoriali Assistentes editoriaisEditorial AssistantsAline Silva Ana Luiza de Souza Danillo Johnny Franciely Cristina Gabriela Souza Giovanna Vilani Hanna Valim João Lucas Santos Laura Ferreira Matheus Ojea Miguel Lopes Nathalia Fernanda Nicolas Reis Pietra Haidar Samira Feraz Vinicius Garcia

Irene NerviClara NerviSylvia FicherAndrey Rosenthal SchleeDanilo Matoso MacedoJoão Candido PortinariHumberto CampanaFernando CampanaAlessandra CrimiLuisa FantiniChiara GentilePedro MouraFabio Naro

Ringraziamenti Agradecimentos Thanks to

Ambasciata d’Italia a Brasilia L’Ambasciata d’Italia a Brasilia. Poetiche dell’archi-tettura italiana in Brasile Copyright 2021 “Nessuna parte di questo libro può essere ristampata, riprodotta o utilizzata in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro mezzo noto o inventato in futuro, comprese fotocopie e registrazioni, o con qualsiasi strumento di memoriz-zazione, immagazzinamento o recupero di informazioni, senza autorizzazione scritta dagli autori.”

Embaixada da Itália em Brasília A Embaixada da Itália em Brasília. Poéticas da arquite-tura italiana no Brasil Direitos Autorais 2021 “Nenhuma parte deste livro pode ser reimpressa ou reproduzida ou utilizada em qualquer forma ou por qualquer dispositivo eletrô-nico, mecânico, ou outros meios, agora conhecidos, ou inventados no futuro, incluindo fotocópia e gravação, ou em qualquer armazenamento ou recuperação de informação, sem permissão por escrito dos autores.”

Embassy of Italy in Brasilia The Italian Embassy in Brasília. Poetics of Italian architecture in Brazil Copyrights 2021 “No parts of this book may be reprinted or reproduced or utilized in any form or by any electronic, mechanical, or other means, now known or hereafter invented, including photocopying and recording, or in any information storage or retrieval system, without permission in writing from the authors.”

160

Carattere tipograficoFonteTypefaceOur Bodoni

CartaPapelPaperCouché 150 g