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GIOACHINO ROSSINI Il barbiere di Siviglia

Il barbiere di Siviglia - Teatro dell'Opera di Roma

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GIOACHINO ROSSINI

Il barbiere di Siviglia

Il Concorso “Progetto Art Bonus dell’anno”, ideato nel 2016 da Ales S.p.A (Società responsabile del programma di gestione e pro-mozione dell’Art Bonus per conto del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo) in collaborazione con Promo PA Fon-dazione – LuBeC, Lucca Beni Culturali, è un’iniziativa nata con l’obiettivo di premiare l’impegno di quanti, beneficiari e mecenati, rendono concreta attraverso l’Art Bonus la valorizzazione del patrimonio culturale del nostro Paese, oltre che di favorire la diffusione della conoscenza della Legge sull’Art Bonus. Il concorso “Progetto Art Bonus” è un’iniziativa rivolta a tutti i cittadini del nostro Paese che, votando online, potranno eleggere un progetto finanziato attraverso l’Art Bonus tra quelli selezionati dal portale istituzionale dello stesso Art Bonus e inseriti su una piat-taforma dedicata, dove chiunque lo desiderasse potrà esprimere il proprio giudizio.

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Fino al 6 gennaio 2021 puoi sostenere con un voto un grande progetto culturale per Roma

Riccardo Muti Direttore onorario a vita

Sovrintendente Carlo Fuortes

Direttore musicale Daniele Gatti

Direttore artistico Alessio Vlad

Maestro del Coro Roberto Gabbiani

Direttore del Corpo di Ballo Eleonora Abbagnato

Consiglio di Indirizzo Presidente Virginia Raggi

Vicepresidente Michaela Castelli

Consiglieri Maria Pia Ammirati Gianluca Comin Albino Ruberti Lorenzo Tagliavanti

Carlo Fuortes Sovrintendente

Collegio dei revisori dei conti Presidente Emma Rosati

Membri effettivi Pamela Palmi Anna Maria Ustino

il teatro dell’opera di roma è membro di

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TEATRO DELL’OPERA DI ROMA

ADOTTA UN TALENTO“FABBRICA” È LO YOUNG ARTIST PROGRAMDEL TEATRO DELL'OPERA DI ROMA,IL PRIMO NEL PANORAMA MONDIALE AD OFFRIRE CONCRETE POSSIBILITÀ A GIOVANI DI TALENTO DI IMPARARE DA NOMI GIÀ AFFERMATI E DI FARSI NOTARE.

CHIUNQUE PUÒ SOSTENERE “FABBRICA”,ANCHE ADOTTANDO UN TALENTO: IN QUESTO MODO SI POTRÀ SEGUIRE UN GIOVANE ARTISTA NEL SUO PERCORSOPROFESSIONALE, PASSO DOPO PASSO,ASSISTERE A PROVE D’INSIEME, INCONTRI E WORKSHOP.

SOSTENENDO “FABBRICA” POTRAIUSUFRUIRE DELL’ART BONUS, CREDITOD’IMPOSTA IN FAVORE DI CHI EFFETTUAEROGAZIONI LIBERALI A SOSTEGNO DELLA CULTURA, NELLA MISURA DEL 65%DELLE EROGAZIONI EFFETTUATE.

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Sostenere il Teatro dell’Opera di Roma significa dimostrare in modo tangibile la propria vicinanza a un’antica e prestigiosa istituzione culturale del Paese e aiutarla a diffondere il teatro musicale in Italia e nel mondo. Significa dare il proprio personale contributo al successo di un Teatro, che ha scritto pagine importanti della storia della lirica e del balletto. Chiunque può contribuire a dar voce al Teatro. Con Art Bonus, le erogazioni liberali versate a sostegno della Fondazione Teatro dell’Opera di Roma danno diritto a un credito d’imposta del 65%, secondo quanto previsto dalla normativa vigente.

Insieme per l’Opera FONDAZIONE TEATRO DELL’OPERA DI ROMA Fundraising e Membership Piazza Beniamino Gigli 7 00184 Roma tel. +39 06 48160515 / 48160502 [email protected]

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Angelo e Carla Clarizia Massimiliano Cocullo Fulvio Conti Ivan Cotroneo Fabio Crisciotti Mauro Crisciotti Giancarlo De Cataldo Pier Francesco Del Conte Kirsten Elmquist Emmanuele F. M. Emanuele Giuseppe Faberi Marisela Federici Sabrina Florio Dario Fredella Carlo Galdo Silvia Genovese Maria Letizia Liberati Rosario Liotta Gaetano Maccaferri Carla Montani Nicoletta Odescalchi Ernesto Parroni Marina Romualdi Vaccari Giancarlo Rossi Giuseppe Scassellati Sforzolini Daniela Schiazzano Valeria Sessano Maria Teresa Stabile di Vece Marisa Stirpe Stefano Traldi Bruno Vespa

Insieme per l’Opera

MEMBRI ASSOCIATI

La Fondazione Teatro dell’Opera di Roma ringrazia i Membri Associati per il loro prezioso sostegno al Teatro, compresi quanti hanno donato, scegliendo di restare anonimi.

Mecenati Anna Maria Benedetti Gaglio Maite Bulgari Vittorio Di Paola Giuseppe Falco Paola Mainetti Anna Morelli Addario Erminia Picciaredda Cafiero Svetlana Shestakova Elena Testa Cerasi

Donatori Rocco Panetta Enrico Traversa

Sostenitori Consuelo Artelli Nievo Giovanni Aldobrandini Donatella Alessi Fabiana Balestra Clorinda Bonifaci Enrico Campoli Enrico Cartoni Claudia Cattani Adriano Cerasi Federica Cerasi Tittarelli Innocenzo Cipolletta

IL BARBIERE DI SIVIGLIA

L’INTERO TEATRO È STATO TRASFORMATO IN UN SET.

L’ORCHESTRA È LO SPARTIACQUE TRA IL PALCOSCENICO

TRADIZIONALE E LA PLATEA, CHE DIVENTA UN SECONDO STAGE.

POTREMMO CHIAMARLA OPERA-FILM.

DANIELE GATTI

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ROSINA È IL PERNO ATTORNO AL QUALE GIRA IL BARBIERE: SE IL MOTORE DELL’AZIONE È IL VITALISSIMO FIGARO DEL TITOLO È PER LIBERARE LEI, LA BELLA PRIGIONIERA, CHE L’AZIONE PROCEDE E, NEL FINALE, SI SCIOGLIE.

MARIO MARTONE

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Direttore Daniele Gatti Istallazione e regia Mario Martone

Maestro del Coro Roberto Gabbiani Costumi Anna Biagiotti Luci Pasquale Mari

Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma Nuovo allestimento Teatro dell’Opera di Roma

Opera buffa in due atti Libretto di Cesare Sterbini dalla commedia omonima di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais

Musica di Gioachino Rossini

Prima rappresentazione assoluta Teatro Argentina di Roma, 20 febbraio 1816

in collaborazione con rai cultura lo spettacolo sarà trasmesso

data ore

su rai 3 sab 5 dicembre 16.15

su rai 5 gio 31 dicembre

Il barbiere di Siviglia

Sommario

Argomento Pag. 31 Argument 34 Synopsis 36 Handlung 38 Содержание 40

42

Il libretto di cesare sterbini 45

Galleria fotografica 84

Il barbiere di Siviglia (1816) di fedele d’amico 122

Osservazioni sulla partitura di giovanni bietti 138

Il barbiere di Siviglia al Teatro dell’Opera a cura di alessandra malusardi 144

Cronologia della vita e delle opere di Gioachino Rossini 168

Discografia a cura di luigi bellingardi 174

Gli artisti 176

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Argomento

ATTO PRIMO

QUADRO PRIMO Una piazza di Siviglia

È prossima l’alba. Davanti alla casa del Dottor Bartolo il Conte d’Almaviva fa una serenata a Rosina; ma poiché alla finestra nessuno si fa vivo li-cenzia la compagnia di suonatori che ha ingaggiato, e si nasconde sot-to un portico ad aspettare un’occasione più propizia. Ecco soprag-giungere Figaro, barbiere, faccendiere, sensale d’ogni negozio, facto-tum della città; e vecchia conoscenza del Conte, del quale si dichiara subito a disposizione, cominciando con l’informarlo che Rosina, la bel-la da lui occhieggiata a Madrid nelle sale del Prado, non è la figlia ma soltanto la pupilla del Dottor Bartolo. Ora, con costui, che da poco s’è stabilito a Siviglia, Figaro è di casa: potrà dunque aiutare il Conte ad avvicinare la ragazza; la quale intanto, uscito il tutore, s’è messa die-tro la gelosia ad ascoltare la dichiarazione d’amore che, in forma d’una nuova serenata, il Conte le rivolge, ma sotto il nome di Lindoro. Per-ché egli non vuole conquistarla in virtù delle sue ricchezze né del bla-sone. E Figaro offre i suoi consigli: Almaviva si travestirà da soldato, e poiché in quel giorno arriva a Siviglia un reggimento, con un falso bi-glietto d’alloggio potrà essere ospitato in casa del Dottore. Anzi, il Con-te si fingerà ubriaco, perché d’uno che già casca dal vino il Dottore si fiderà più facilmente. Dopo aver dato al Conte il suo indirizzo, Figaro entra nella casa del Dottore.

QUADRO SECONDO Camera in casa di Don Bartolo

Rosina freme dal desiderio di far recapitare un biglietto a Lindoro; e Fi-garo, che appunto è venuto a tentare i primi approcci, gli sembra su-bito l’uomo adatto. Ma il loro dialogo è interrotto dall’arrivo di Barto-lo, che induce l’uno a nascondersi, e poi l’altra a ritirarsi. Bartolo è ac-compagnato dal maestro di musica della ragazza, Don Basilio, il qua-le informa l’amico che il Conte d’Almaviva, «l’incognito amante della Rosina», è in Siviglia. Bartolo, che vorrebbe sposare la pupilla, ne è pre-occupato, ma Basilio lo rassicura: penserà lui a diffondere sul conto del rivale tali calunnie da farlo in breve cacciare dalla città. I due vanno a

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dà sulla piazza. Tutto sembra andare per il meglio quando arriva, igna-ro di tutto, Don Basilio; Don Bartolo è sul punto di scoprire la verità ma una borsa del Conte, unita alle astuzie di Figaro, persuade Don Basi-lio a svignarsela, per curare una presunta febbre scarlattina. Finalmente Figaro può fare la barba a Bartolo, coprendo per quanto può il collo-quio dei due amanti; ma la sua destrezza non è onnipotente, Barto-lo coglie al volo una frase del falso maestro di musica, monta su tut-te le furie e lo scaccia. Usciti tutti Berta, la vecchia serva, monologa ma-linconicamente sull’amore, male universale «che fa tutti delirar».

QUADRO SECONDO Camera in casa di Don Bartolo, come nell’atto primo

Don Basilio spiega a Don Bartolo di non aver mai conosciuto quel tal Don Alonso: non sarà stato il Conte in persona? Bartolo è ormai deci-so a bruciare le tappe: manda Don Basilio a chiamare il notaio per le nozze, ed esibisce a Rosina il biglietto datogli dal preteso Don Alonso, facendole credere che costui e Figaro siano semplici mezzani per offrirla alle voglie del Conte d’Almaviva. La ragazza cade nel tranello e, pro-fondamente delusa, accetta di sposare il tutore e gli rivela il piano che aveva concordato con Figaro per la fuga. Bartolo è appena uscito a chia-mare i gendarmi incaricati di arrestare Figaro e l’amante della ragaz-za, quando i due appaiono entrando dalla finestra, raggiunta con una scala appoggiata dalla strada, mentre infuria un temporale . Rosina re-spinge risolutamente l’abbraccio di Lindoro; ma questi lascia cadere il mantello: è lui, il Conte d’Almaviva. Felici, i due innamorati stanno per uscire con Figaro dalla finestra, ma constatano che il dottore ha pre-so la precauzione di togliere la scala. Figaro non si perde d’animo poi-ché nel frattempo è arrivato Basilio con il notaio. Si faranno le nozze, subito, anche se ben diverse da quelle per le quali il notaio era stato chia-mato. Quando Bartolo è di ritorno, il colpo è cosa fatta: la precauzio-ne di togliere la scala ha sortito l’effetto contrario. D’altronde la furia del beffato ha motivo di placarsi perché il Conte rinuncia alla dote. Fi-garo spegne la lanterna, l’ombra cela gli sposi.

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preparare il contratto di nozze, e Figaro e Rosina ne approfittano per riprendere il colloquio interrotto. Figaro fa la sua ambasciata e chiede alla ragazza di rispondere con un biglietto. Rosina esita, ma poi lo con-segna: l’aveva già scritto. Torna allora Don Bartolo, e s’avvede che dal-lo scrittoio manca un foglio, e che un dito della giovane è sporco d’in-chiostro; ma la ragazza si difende abilmente. In quella, arriva il Conte travestito da soldato di cavalleria, e in atteggiamento da ubriaco. Al suo biglietto d’alloggio Bartolo oppone un biglietto d’esenzione, ma sen-za effetto: il finto soldato è deciso a restare, e a un certo punto passa avventurosamente un biglietto a Rosina. A lungo Bartolo s’affanna per agguantarlo; quando riesce, si ritrova tra le mani la lista del bucato con cui la ragazza l’ha abilmente sostituito. Il soldato alza la voce, sguai-na la spada. Ne nasce un pandemonio; e Figaro raccomanda la calma, annunciando che il baccano ha fatto radunare mezza città sulla piaz-za. Difatti irrompono nella casa i gendarmi, ad arrestare il disturbatore. Ma basta che il finto soldato esibisca al loro ufficiale un certo foglio, perché costui s’irrigidisca sull’attenti e lo lasci libero. Impietrito, Bartolo diviene l’oggetto dell’ilarità generale.

ATTO SECONDO

QUADRO PRIMO Camera ad uso di studio, in casa di Don Bartolo

Bartolo ripensa all’accaduto: nella faccenda del soldato non vede affatto chiaro, immagina che si tratti di qualche inviato del Conte. Picchiano alla porta: entra un giovane che dice di chiamarsi Don Alonso, e di es-sere allievo di Don Basilio il quale, ammalato, lo ha mandato a dar le-zione a Rosina. È ancora il Conte travestito; per vincere i sospetti del dottore gli consegna il biglietto di Rosina. Potrà servire, gli spiega, a deludere la ragazza, mostrandole che il Conte lo dette, per farsi gio-co di lei, a qualche altra sua amante. Convinto, Bartolo chiama Rosi-na, che dunque può prendere la sua lezione di canto mentre Figaro, sopraggiunto al momento giusto, persuade Bartolo a farsi fare intanto la barba: e così, con la scusa di andare a prendere la biancheria, si fa consegnare il mazzo di chiavi da cui toglierà quella della gelosia che

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ACTE DEUXIÈME PREMIER TABLEAU Un bureau dans la maison de don Bartholo – Bar-tholo repense à ce qui s’est passé: il comprend rien à l’histoire du soldat et il pense que celui-ci est un envoyé du comte. On frappe à la porte: un jeune homme entre et déclare se nommer don Alonso et être un élève de don Basile qui est ma-lade et qui l’a envoyé pour donner la leçon à Ro-sine. C’est encore une fois le comte travesti: celui-ci pour dissiper les soupçons du docteur, lui donne le billet de Rosine. Il pourra servir, lui ex-plique-t-il, à décevoir la jeune fille en lui disant que le comte, pour se coquer d’elle,le donna à une de ses maîtresses. Bartholo se laisse convaincre par cette explication et appelle Rosine; celle-ci peut prendre la leçon de musique, tandis que Fi-garo, qui est arrivé à propos, persuade don Bar-tholo de se faire raser: ainsi, avec le prétexte d’aller chercher le linge, il se fait donner le trous-seau de clefs d’où il sort celle de la jalousie qui donne sur la place. Tout semble aller pour le mieux lorsque don Basile arrive, ignorant tout ce qui s’est passé; don Bartholo va découvrir la vé-rité, mais une bourse du comte et la ruse de Fi-garo, persuadent don Basile à s’en aller pour se soigner d’une prétendue scarlatine. Figaro peut enfin raser Bartholo et favoriser de son mieux le dialogue des deux amants; mais son habilité n’est pas omnipotente; Bartholo saisit à la volée une phrase du faux maître de musique; il devient fu-rieux et le chasse. Lorsque tout le monde est sorti Berthe, la veille servante, médite sur l’amour, mal universel, qui nous fait tous délirer.

DEUXIÈME TABLEAU Une pièce dans la maison de don Bartholo, la même qu’au premier acte – Don Basile déclare à don Bartholo qu’il n’a jamais connu don Alonso; ne serait-ce le comte en personne? Désormais Bartholo a décidé de brûler les étapes: il envoie don Basile chercher le notaire pour célébrer le ma-riage et montre à Rosine le billet que don Alonso lui a donné; il lui dit que Figaro et don Alonso ne sont que des fripons qui veulent la pousser dans les bras du comte Almaviva. La jeune fille tombe dans le piège et, intimement déçue, accepte d’épouser son tuteur, en lui révélant qu’elle avait décidé, avec Figaro, de s’enfuir. Lorsque Bartholo sort pour appeler les gendarmes, Figaro et le comte paraissent a la fenêtre qu’ils ont atteinte à l’aide d’une échelle; un orage éclate. Rosine re-pousse résolument les marques d’affection de Lindoro, qui lui montre sa vraie identité: il est Al-maviva en personne. Les deux amoureux, heu-reux, sont sur le point de s’enfuir avec Figaro par la fenêtre, mais le docteur leur a ôté l’échelle. Ce-pendant Figaro ne perd pas courage: comme, entre temps, Basile et le notaire sont arrivés, on célébrera le mariage tout de suite, mais ce ne sera point le mariage prévue. Lorsque Bartholo revient, c’est déjà fait; son expédient (ôter l’échelle) s’est retourné contre lui. Mais sa colère se calme lorsque le comte lui dit qu’il renonce à la dot. Fi-garo éteint la lanterne, l’obscurité enveloppe les deux amoureux.

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Argument

ACTE PREMIER PREMIER TABLEAU Une place de Séville – le jour va poindre. Le jeune comte Almaviva fait une sérénade à Rosine, de-vant la maison du docteur Bartholo; mais comme personne ne se montre à la fenêtre, il congédie les musiciens qu’il a engagés et se cache sous un por-tique, en attendant une occasion plus favorable à son entreprise. Voilà Figaro qui survient; c’est le barbier, l’intrigant qui se mêle de toute chose, le factotum de la ville, et le comte le connaît depuis longtemps. Il se met tout de suite au service du comte, en lui disant que Rosine, sa bienaimée qu’il a entrevue à Madrid dans les salles du Prado, n’est que la pupille du docteur Bartholo, et non pas sa fille. Il déclare en outre qu’il est da la mai-son du docteur qui vient de s’établir à Séville: ainsi il pourra aider le comte à approcher la jeune fille. Celle-ci, son tuteur sorti, se cache derrière la jalousie pour écouter la déclaration d’amour que sous la forme d’une autre sérénade, le comte lui adresse, au nom de Lindoro; il ne veut pas que la jeune fille lui cède pour sa richesse ou pour sa no-blesse. Figaro lui prodigue ses conseils; Almaviva se travestira en soldat et, comme ce jour là un ré-giment doit arriver à Séville, il pourra être logé chez le docteur à l’aide d’un faux billet de loge-ment. Le comte doit en outre faire semblant d’être ivre parce que le doc- teur fera plus confiance à quelqu’un qui est déjà pris de bois-son. Après avoir donné son adresse au comte, Fi-garo entre chez le docteur.

DUEXIÈME TABLEAU Une pièce dans la maison de Don Bartholo – Ro-sine brûle d’envoyer un billet à Lindoro et Figaro, qui s’est introduit dans la maison pour favoriser leur amour naissant, lui semble tout de suite la personne la plus convenable. Mais leur colloque est interrompu par l’arrivée de Bartholo qui oblige l’un à se cacher et l’autre à se retirer. Bartholo est accompagné du maître de musique de la jeune fille, don Basile, qui informe son ami que le comte Almaviva, l’inconnu amant de Rosine, est à Séville. Bartholo, qui voudrait épouser sa pupille, est in-quiété par cette nouvelle, mais Basile le rassure: il s’efforcera de divulguer, sur le compte du rival, des calomnies si graves qu’il sera, sous peu, chassé de la ville. Les deux amis s’éloignent enfin pour rédiger le contrat de mariage, tandis que Fi-garo et Rosine reprennent leur conversation. Fi-garo fait sa communication et demande à la jeune fille de répondre par un billet. Rosine hésite, puis elle lui tend un billet: elle l’avait déjà écrit. Don Bartholo revient et remarque qu’une feuille manque sur son bureau et qu’un doigt de sa pu-pille est taché d’encre; mais la jeune fille lui ré-pond bravement. A ce moment-là le comte arrive, travesti en soldat de cavalerie et faisant semblant d’être ivre. Bartholo oppose à son billet de loge-ment un papier d’exemption, mais le faux soldat a décidé de rester et à un certain moment il passe, en cachette, un billet à Rosine. Bartholo tâche s’en emparer, mais il ne russi à avoir que la note de la lessive que la jeune fille habilement lui donne. Le soldat lève la voix et dégaine son épée. Les dis-putes commencent: Figaro recommande le calme en annonçant que leur bruit a réuni beaucoup de monde sur la place. En effet les gendarmes font irruption dans la maison pour arrêter le pertur-bateur. Mais il suffit que le faux soldat exhibe à l’officier un certain papier pour que celui-ci se mette au garde-à-vous et le laisse en liberté. Tout le monde se moque de Bartholo qui reste muet de stupeur.

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ACT TWO SCENE ONE A study in Doctor Bartolo’s house Bartolo goes back in his mind to the strange hap-penings: he cannot understand the meaning of the soldier’s appearance. He suspects that he has been sent by the Count. Someone knocks at the door: a young man introduces himself as Don Alonzo, a pupil of Don Basilio’s. The old music master is ill and sends him to give Rosina her music lesson. Needless to say, Don Alonzo is the Count. To win Bartolo’s confidence he shows to him Rosina’s letter: this will serve – he says – to break the girl’s illusions by convincing her that the Count had handed her letter to another lover to make fun of her. Bartolo is convinced. He calls Rosina who begins her music lesson while Figaro, arriving in the nick of time, persuades Don Bar-tolo to be shaved. Pretending to go for the neces-sary towels he receives from Bartolo a bunch of keys from which he will detach the key of the shutter looking onto the square.Everything seems to proceed well until Don Basilio arrives. Bartolo is about to learn the truth but a purse from the Count and Figaro’s tricks persuade Don Basilio to retreat on the excuse that he suffers from scarlet fever: at last Figaro can shave Don Bartolo and convers as well as he can the dia-logue between the two lovers. But he is not om-nipotent. Don Bartolo hears some words uttered by the music master and, infuriated, sends him away. When the room is empty the old servant Berta sings sadly about love, the universal trou-ble which makes everyone delirious.

SCENE TWO Same room as Act one at Doctor Bartolo’s house Don Basilio tells Doctor Bartolo that Alonzo is un-known to him. Could he be the Count himself? Bartolo decides to hurry matters: he sends Don Basilio to fetch the notary to arrange for the wed-ding. He shows Rosina the letter given to him by Alonzo and persuades her that both Figaro and Alonzo are procurers hired by Almaviva to deliver the girl into his hands. Rosina falls into the trap: sadly disappointed she accepts to marry her tutor and reveals to him the plan arranged by Figaro to aid her to escape. As soon as Bartolo goes out to call the gendarmes and have Figaro and Lindoro arrested, the two appear at the window by means of a ladder from the street. There is a heavy storm. Rosina repulses resolutely Lindoro’s embrace but he makes himself known. He is Count Almaviva. The happy lovers are about to leave by the win-dow with Figaro but they notice with distress that the Doctor has removed the ladder. However Figaro does not lose courage; in the meantime Basilio and the notary arrive and the wedding will take place at once although thoroughly different from the one planned. When Bartolo returns all is settled: the precaution of removing the ladder has played against him. In the end, when the Count declares that he will waive his right to a dowry, the old man’s fury is abated. Figaro puts off his lantern and a propitious darkness envelops the two lovers.

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Synopsis

SCENE TWO A room in Doctor Bartolo’s house Rosina is anxious to send a letter to Lindoro. Fi-garo, who comes in to make the preliminary ad-vances, appears to her to be the best messenger. But their conversation is interrupted by Bartolo. Figaro hides and Rosina runs away. With Bartolo is Don Basilio, the girl’s music master. He informs the Doctor that Count Almaviva, Rosina’s un-known suitor, is in Seville. Bartolo wants to marry his ward and is worried at the news, but Basilio reassures him. He will spread slander about Bar-tolo’s rival so that he will be forced to leave the town in no time. The two retire to prepare the wedding contract: Figaro and Rosina can resume their conversation. Figaro delivers the Count’s message and asks the girl to reply in writing. Rosina hesitates, then gives a note to the barber. Doctor Bartolo comes back, notices that a sheet of paper is missing from the writing desk and that his ward has a finger stained with ink. Bravely the girl defends herself. At this very mo-ment the Count arrives disguised as a cavalry sol-dier and drunk. He shows his billeting card but Bartolo in his turn exhibits an exemption paper. This makes no difference to the fake soldier: he is determined to stay and eventually succeeds in handing a love letter to Rosina. Doctor Bartolo tries hard to grab the paper but must be content to hold a laundry list cleverly substituted by Rosina to the Count’s letter. The drunken soldier raises his voice and draws his sword. There is great confusion. But Figaro begs them all to calm down ad the noise has gathered in the square half of the population. In fact some gendarmes arrive to arrest the disturber. But when the sol-dier exibits a paper the commanding officer bows respectfully and lets the Count go free. Bartolo is astounded: he cannot move and all present make fun of him.

ACT ONE SCENE ONE A square in Seville Dawn is about to break. Before Doctor Bartolo’s house the young Count Almaviva is serenading Rosina: but the girl’s window does not open and the Count dismisses the players and hides under an arch to wait a better occasion. Now comes Fi-garo, a barber, busy-body, broker of all trades, the town’s factotum. He is an old acquaintance of the Count. Figaro offers his services and proceeds to inform Almaviva that Rosina, the pretty girl he once saw at the Prado in Madrid, is not Doctor Bartolo’s daughter but only ward. The Doctor has recently come to live in Seville and Figaro is a great friend of his: he has free admittance to his house and therefore will be able to aid the Count in meeting the girl. In the meantime Rosina is standing behind the shutter taking advantage of the Doctor’s absence from the house. She hears Almaviva’s declaration of love under the shape of another serenade in which the Count calls him-self Lindoro, wishing to conquer the girl by his love and not by his riches and title. Figaro an-nounces his plan; that very day a regiment will come to the town and Almaviva will disguise as a soldier and again admittance to the Doctor’s house by means of a false billeting card. Moreover he will pretend to be drunk because the Doctor surely will not suspect a man full of wine. Figaro gives his address to the Count and enters the Doctor’s house.

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ZWEITER AKT ERSTES BILD Studierzimmer im Hause von Don Bartolo Bartolo überlegt sich das Vorgefallene: er sieht nicht klar, was mit dem Soldaten los war und bildet siche in, es handele sich um einen Abgesandten des Grafen. Es wird an der Tür geklopft: es tritt ein jun-ger Mann herein, der sagt, er heisse Don Alonzo un sei ein Schüler von Don Basilio, der erkrankt sei und daher ihn geschickt habe, um Rosina Unterricht zu geben. Es ist wieder dr verkleidete Graf; um den Verdacht des Doktors ein- zuschläfern, gibt eri hm den Brief von Rosina. Er erklärt ihm damit könne er dem Mädchen die Illusionen nehmen, indem er ihr sagt, der Graf habe den Brief, um sich über sie lus-tig zu machen, einer Geliebten gegeben. Das über-zeugt Bartolo; er ruft Rosina, die also ihre Gesangsstunde nehmen darf, während der im rech-ten Augenblick erschienene Figaro Bartolo überre-det, sich inzwischen rasieren zu lassen: und so lässt er sich, mit der Ausrede, er wolle die Wäsche holen, den Schlüsselbund geben, von dem er den Schlüs-sel der auf den Platz gehenden Jalouise abzieht. Alles scheint glatt zu gehen, als völlig im Unklaren über das Geschehene, Don Basilio erscheint; Don Bartolo ist dabei, die Wahrheit zu entdecken, aber eine Geldbörse des Grafen, zusammen mit der Schlauheit von Figaro veranlassen Basilio sich zu-rückzuziehen, um ein angebliches Scharlachfieber zu kurieren. Endlich kann Figaro Bartolo rasieren, wobei er senin Möglichtes tut, dass dieser nichts vom Gespräch der beiden Verliebten hört; aber ganz gelingt es nicht Bartolo belauscht einem Satz des falschen Musiklehrers, wird wütend und jagt ihn hinaus. Als alle weggegangen sind, philoso-phiert die alte Dienerin Berta melancholisch über das Universalübel, die Liebe alle verrückt macht.

ZWEITES BILD Zimmer im Haus von Don Bartolo wie im ersten Akt Don Basilio erklärt Don Bartolo, dass er diesen Don Alonzo überhaupt nicht kennt: solte es etwa der Graf in Person sein? Bartolo ist nun entschlossen, sicher zu gehen: er schickt Don Basilio fort, um den Notar für die Trannung zu holen und zeigt Rosina den Brief, den ihm der angebliche Alonzo gegeben hat, indem er ihr einredet, Figaro und Don Alonzo seien einfache Kuppler, im Dienst des Grafen Al-maviva. Das Mädchen geht in die Falle und in ihrer tiefen Enttäuschung willigt sie ein, den Vormund zu heiraten und entdeckt ihm den mit Figaro aus-geheckten Fluchtplan. Aber Bartolo ist kaum weg-gegangen, um die Geliebten Rosinas verhaften sollen, da erscheinen die Beiden im Fenster, das sie mit einer Leiter erreicht haben, während draussen ein Gewitter tobt. Rosina entzieht sich entschlos-sen der Urmarmung von Lindoro; aber dieser lässt den Mantel fallen: er ist selbst der Graf Almaviva. Glücklich wollen die beiden Liedenden mit Figaro ihren Weg durchs Fenster nehmen, aber sie müs-sen feststellen, dass der Doktor die Vorsicht ge-habt hat, die Leiter zu entfernen… Figaro ist aber guten Mutes; denn inzwischen ist Basilio mit dem Notar erscheinen, die Trauung wird sofort vollzo-gen, wenn auch ganz anders als es von Bartolo und dem Notar beabsichtig war. Als Bartolo zu-rückkehrt, ist der Würfel gefallen: die Vorsicht, die Leiter wegzunehmen, hat das Gegenteil von der Absicht erreicht. Uebrigens legt sich die Wut des Elereingelegten, weil der Graf auf die Mitgift ver-zichtet. Figaro löscht die Laterne aus, die Dunkel-heit breitet ihren Mantel über die Vermählten.

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Handlung

ERSTER AKT ERSTES BILD Ein Platz in Sevilla Die Dämmerung ist nahe. Vor dem Haus von Dok-tor Bartolo gibt der Graf Almaviva Rosina ein Ständchen. Da aber niemandam Fenster erscheint, schickt er die Musikanten weg, die er gemietet hat und versteckt sic hunter einem Säulengang, um eine günstigere Gelegenheit abzuwarten. Da er-scheint Figaro, der Barbier, Unterhänder und Ver-mittler jedes Geschäftes, das Faktotum der Stadt: er ist ein alter Bekannter des Grafen. Er erklärt die-sem sofort, dass eri hm zu Verfügung stehe und beginnt damit, ihm zu erzählen, dass die schöne Rosina, mit der er in Madrid im Prado geliebäugelt hat, nicht die Tochter, sondern nur das Mündel des Doktor Bartolo ist. Dieser ist seit kurzem nach Se-villa gezogen und Figaro ist bei ihm zu Hause: er kann also dem Grafen helfen, sich dem Mädchen zu nähern. Rosina hat sich indessen, nachdem der Vormund ausgegangen ist, hinter die Jalouise ge-stellt, um die Liebeserklärung zu hören, die ihr der Graf in Form eines neuen Ständchens macht, aber unter dem Namen Lindoro; denn er möchte sie durch seine Persönlichkeit und nicht durch Reich-tum und Adelswappen erobern. Und Figaro gibt ihm Ratschlänge: Almaviva soll sich als Soldat ver-kleiden und, da an diesem Tag in Sevilla ein Regi-ment ankommt mit einem gefälschten Einquartierungsschreiben sich in Hause de Dok-tors einnisten. Der Graf wird sogar so tun, als sei er betrunken; denn einem, der vol- ler Wein ist, wird der Doktor ihm leichter traunen. Nachdem Figaro dem Grafen seine Adresse gegeben hat, tritt er in das Haus des Doktors ein.

ZWEITES BILD Zimmer im Haus von Don Bartolo Rosina möchte brennend gern Lindoro ein Brief-chen zukommen lassen und Figaro, der eben die ersten Annäherungsversuche unternehmen will, erscheint ihr sofort als der richtige Mann. Aber ihr Gespräch wird unterbrochen durch die Ankunft von Bartolo, weshalb Figaro sich versteckt und Ro-sina sich zurückzieht. Bartolo ist von dem Musikle-her des Mädchens, Don Basilio, beglietet, der den Freund davon unterrichtet dass der Graf Almaviva, der unbekannte Liebhaber der Rosina, in Sevilla ist. Bartolo, der sein Mündel heiraten möchte, ist des-halb beunruhigt; aber Basilio tröstet ihn; er wird es auf sich nehmen, über den Rivalen solche Ver-leumdungen in Umlauf zu setzen, dass er sehr bald aus der Stadt gejagt werden wird. Die Beiden gehen um den Heiratskontrakt aufzusetzen und Fi-garo und Rosina benutzen die Gelegenheit, um das unterbrochene Gespräch fortzusetzen. Figaro über-bringt ihr seine Botschaft und bittet sie um eine Briefchen als Antwort. Rosina zögert, dann aber gibt sie ihm den bereits geschriebenen Brief. Don Bartolo kommt zurück und merkt, dass ein Blatt auf dem Schreibtisch fehlt und dasa m Finger des Mün-dels ein Tintenfleck ist; aber das Mädchen vertei-digt sich tapfer. Unterdessen erscheint der als Kavalleriesoldat verkleidete und anscheinend be-trunkene Graf. Seinem Einquartierungsschreiben hält Bartolo ein anderes entgegen, dass ihn von Ein-quartierung befreit; aber ohne jede Wirkung: der angebliche Soldat ist entschlossen zu bleiben und an einem bestimmt Punkt steckt er kühn Rosina ein Briefchen zu. Bartolo gibt sich die grösste Mühe, um es zu erwischen: als es ihm gelingt, hält er statt des-sen die Wäscheliste in der Hand, mit der das Mäd-chen es geschickt vertauscht hat. Der Soldat fängt an zu schreien und entblösst seinen Degen. Daraus ensteht ein Tumult und Figaro empfiehlt ruhig zu sein, da der Lärm die halbe Stadt auf den Platz geru-fen hat. Und da Stürmmen denn auch die Gendar-men herein, um den Ruhestörer zu verhaften. Da nimmt der Soldat den Korporal beiseite un zeigt ihm ein Dokument, worauf dieser salutiert und ihn frei-lässt. Versteinert vor Erstaunen wird Bartolo zu Ge-genstand allgemeiner Heiterkeitt.

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успокоиться: на шум в доме доктора уже собралась на площади целая толпа горожан. Врываются вооруженные стражи порядка и бросаются на возмутителя спокойствия с намерением его арестовать. Но мнимый солдат кавалерии показывает офицеру какой-то документ, и тот, вытянувшись по стойке смирно, отдает честь графу и отпускает его на свободу. От изумления доктор Бартоло теряет дар речи, а собравшиеся горожане поднимают его на смех. АКТ ВТОРОЙ КАРТИНА ПЕРВАЯ Кабинет дона Бартоло Дон Бартоло размышляет над произошедшим: недавнее происшествие с солдатом наводит его на подозрение, что в ней замешан лазутчик от графа. Раздается стук в дверь: на пороге стоит молодой человек, который представляется доном Алонсо, учеником дона Базилио. Тот внезапно заболел и прислал его вместо себя провести урок музыки для Розины. И снова – это переодетый граф. Чтобы развеять подозрения дона Бартоло, он передает ему записку якобы от другой возлюбленной Альмавивы, которая случайно попала ему в руки. Нужно открыть глаза Розине: ведь граф лишь бездушно играет ее чувствами. Тогда убежденный в чистосердечности дона Алонсо опекун зовет Розину на урок пения. В это время появляется Фигаро и уговаривает опекуна побриться, а сам под предлогом поиска чистой салфетки получает от него связку ключей и вынимает из нее тот, которым открываются жалюзи окна, выходящего на площадь. Все складывается как нельзя лучше, как вдруг появляется ничего не подозревающий дон Базилио. Опекун Розины вот-вот раскроет заговор, но весьма увесистый кошель из рук графа вкупе с даром внушения Фигаро убеждает дона Базилио, что ему следует немедленно отправляться домой и ложиться в постель: ведь его поразила опасная для его жизни лихорадка! Фигаро приступает к бритью дона Бартоло, а у него за спиной молодые люди объясняются друг другу в любви и договариваются бежать в ту же ночь. Однако есть предел и изобретательности Фигаро: опекуну удается перехватить слова, разоблачающие мнимого учителя музыки, и

догадавшись, что с ним опять сыграли злую шутку, в порыве ярости выгоняет его из дому. На опустевшей сцене остается только старая служанка по имени Берта и исполняет грустную арию о любви-злодейке, которая «сводит всех с ума»… КАРТИНА ВТОРАЯ Покои в доме дона Бартоло, как в первом акте Дон Базилио признается дону Бартоло, что никогда не был знаком с тем, кто выдает себя за дона Алонсо: уж не граф ли это собственной персоной? Бартоло не намерен больше терять времени и решает немедленно жениться на воспитаннице. Он посылает дона Базилио за нотариусом для совершения брачной церемонии, а Розине показывает записку от притворного дона Алонсо. Ему удается убедить девушку в том, что Фигаро и дон Алонсо - просто сводники и собираются отдать ее графу Альмавиве для любовных забав. Розина верит на слово опекуну и, глубоко разочарованная, дает согласие на брак с ним, раскрывая согласованный с Фигаро план побега. Дон Бартоло немедленно отправляется за стражей, чтобы арестовать и цирюльника, и графа. Вдруг двое заговорщиков появляются в проеме окна, куда они поднялись по приставленной с улицы лестнице. За окнами бушует буря. Розина решительно высвобождается из объятий Линдора. Но тот сбрасывает плащ, и девушка видит, что перед ней – сам граф Альмавива! Счастливые влюбленные собираются выскочить в окно вместе с Фигаро, но замечают, что дон Бартоло приказал из предосторожности убрать лестницу. Изобретательный Фигаро не падает духом, потому что тем временем прибыл дон Базилио в сопровождении нотариуса. Брачная церемония состоится, и немедленно, но только совсем другая! И когда возвращается дон Бартоло, все уже совершилось: как бы ни старался он разлучить влюбленных, предосторожность оказалась тщетной! Однако обманутый опекун Розины быстро меняет гнев на милость: граф Альмавива заявляет, что отказывается от наследства. Фигаро гасит огонь в фонаре, и влюбленные скрываются во мраке.

traduzione di natalia chestakova

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Содержание

КАРТИНА ВТОРАЯ Покои в доме дона Бартоло Розина ждет не дождется, когда же наконец сможет передать записку Линдору, и Фигаро – а вездесущий цирюльник и пришел ради того, чтобы помочь молодым людям встретиться – кажется ей самым подходящим для этой цели сообщником. Но их разговор прерывает возвращение доктора Бартоло: и в мгновение ока один ловко прячется, а другая проворно убегает в свои покои. Опекун Розины появляется в сопровождении учителя музыки дона Базилио, который сообщает другу о том, что в городе видели графа Альмавиву, «таинственного поклонника Розины». Доктор Бартоло весьма обеспокоен этим обстоятельством, потому что сам собирается жениться на своей воспитаннице. Но дон Базилио успокаивает его: уж он-то сумеет так оклеветать молодого соперника, что ему не останется ничего другого, как с позором бежать из Севильи! Оба друга уходят составлять брачный договор, а Розина и Фигаро, воспользовавшись их отсутствием, возобновляют прерванную беседу. Фигаро выполняет поручение графа и просит юную прелестницу дать ему сразу же ответ. Розина сначала колеблется, но в конце концов вручает цирюльнику письмо. Оказывается, оно уже давно написано! Возвращается дон Бартоло и замечает, что на письменном столе не хватает одного листа бумаги, а пальцы его воспитанницы в чернилах! Но Розине удается ловко вывернуться из создавшегося положения. И тут в дом вваливается - переодевшись в простого солдата кавалерии да еще и притворяясь пьяным - граф Альмавива. На предъявление поддельного требования о постое у него в доме дон Бартоло предъявляет официальный документ об освобождении доктора медицины от такой повинности, но тщетно. Кавалерист твердо намерен здесь остаться, и ему удается весьма проворно передать записку возлюбленной. Доктор Бартоло пытается перехватить ее, и когда злополучный листок бумаги наконец оказывается у него в руках, разворачивает счет от прачки! Розине удалось ловко подменить любовное письмо! Словесная перепалка продолжается, солдат принимается буянить и вынимает саблю из ножен, угрожая дону Бартоло. Поднимается всеобщая суматоха. Фигаро заклинает всех

АКТ ПЕРВЫЙ КАРТИНА ПЕРВАЯ Площадь в Севилье Занимается заря. Под балконом дома доктора медицины Бартоло граф Альмавива поет серенаду Розине. Но никто не выглядывает из окна, и молодой человек, рассчитав нанятых музыкантов, прячется под аркой в ожидании более благоприятного случая увидеть свою возлюбленную. Появляется Фигаро – известный в городе брадобрей, делец на все руки, посредник всех сделок, незаменимый участник всех затей и старый приятель графа. Он готов немедленно услужить Альмавиве и тотчас сообщает, что юную красавицу, в которую граф влюбился с первого взгляда при встрече в Мадриде во дворце Прадо, зовут Розина, и что она не дочь, а воспитанница дона Бартоло. Фигаро уже вхож в дом доктора медицины, недавно переехавшего в Севилью. А это значит, что он сделает все возможное и невозможное, чтобы помочь графу встретиться с той, что отняла у него покой и сон. Между тем Розина, дождавшись, когда уйдет из дому опекун, притаилась за жалюзи и прислушивается к объяснению в любви со стороны молодого незнакомца. Граф обращается к ней в очередной серенаде под именем бедного студента Линдора, поскольку хочет быть уверен в том, что в душе девушки зажглось пламя искренней любви к нему, а не таится расчет из-за богатства и знатности его рода. Фигаро дает приятелю ценные советы, как проникнуть в дом к Розине. Альмавива переоденется простым солдатом, и поскольку именно в этот день прибывает в Севилью кавалерийский полк, встанет на постой к доктору Бартоло, предъявив поддельный приказ о расквартировании. А еще притворится пьяным, потому что от того, кто едва держится на ногах под влиянием винных паров, даже зоркий доктор медицины не сможет заподозрить ничего опасного в отношении прелестной воспитанницы. Фигаро дает графу адрес своей лавки и входит в дом опекуна Розины.

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traduzione di satoshi toyoda

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Personaggi Il Conte d’Almaviva (tenore)

Don Bartolo dottore in medicina (basso)

Rosina pupilla di Bartolo (mezzosoprano)

Figaro barbiere (baritono)

Don Basilio maestro di musica (basso)

Fiorello servitore d’Almaviva (baritono)

Ambrogio servitore di Bartolo (basso)

Berta vecchia cameriera di Bartolo (soprano)

Un ufficiale (basso)

Un notaio Soldati Suonatori

La scena si rappresenta in Siviglia

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Il barbiere di Siviglia Opera buffa in due atti Libretto di Cesare Sterbini dalla commedia omonima di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais Musica di Gioachino Rossini

conte Ah, ch’è vana ogni speranza!

fiorello Signor Conte, il giorno avanza.

conte Ah! che penso! che farò? Tutto è vano… buona gente!

suonatori (sottovoce)

Mio signor. conte

Avanti, avanti. (dà la borsa a Fiorello, il quale distribuisce i denari a tutti)

Più di suoni, più di canti io bisogno ormai non ho.

fiorello Buona notte a tutti quanti, più di voi che far non so.

(I suonatori circondano il Conte ringraziandolo e baciandogli la mano e il vestito. Egli, indispettito per lo strepito che fanno, li va cacciando. Lo stesso fa anche Fiorello) suonatori

Mille grazie… mio signore… del favore… dell’onore… Ah, di tanta cortesia obbligati in verità. Oh, che incontro fortunato! È un signor di qualità. Sì, grazie, grazie del favor.

conte Basta, basta, non parlate… Ma non serve, non gridate… Maledetti, andate via… Ah, canaglia, via di qua! Tutto quanto il vicinato questo chiasso sveglierà.

fiorello Zitti, zitti… che rumore! Maledetti! via di qua… Ve’, che chiasso indiavolato!

Ah, che rabbia che mi fa! Maledetti, andate via… Ah, canaglia, via di qua!

(i suonatori partono) [recitativo]

conte Gente indiscreta!

fiorello Ah, quasi Con quel chiasso importuno Tutto quanto il quartiere han risvegliato. Alfin sono partiti!…

conte (guardando verso la ringhiera)

(E non si vede! È inutil sperar.)

(Passeggia riflettendo) (Eppur qui voglio aspettar di vederla. Ogni mattina ella su quel balcone a prender fresco viene sull’aurora. Proviamo) Ola’, tu ancora ritirati, Fiorel.

fiorello Vado. Là in fondo attenderò suoi ordini.

(si ritira) conte

Con lei Se parlar mi riesce, non voglio testimoni. Che a quest’ora io tutti i giorni qui vengo per lei dev’essersi avveduta. Oh, vedi, amore a un uomo del mio rango come l’ha fatta bella! Eppure, eppure dev’essere mia sposa!

(si sente da lontano venire Figaro cantando) figaro (da fuori)

La la la… conte

Chi è mai quest’importuno?

atto primo

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ATTO PRIMO

SCENA PRIMA Una piazza della città di Siviglia. Il momento dell’azione è sul terminar della notte. A sinistra è la casa di Bartolo, con balcone praticabile, circondato da gelosia, che deve aprirsi e chiudersi – a suo tempo – con chiave. Fiorello,con lanterna nelle mani, introducendo sulla scena vari suonatori di strumenti. Indi il Conte avvolto in un mantello. fiorello (avanzandosi con cautela)

Piano, pianissimo, senza parlar, tutti con me venite qua.

suonatori Piano, pianissimo, eccoci qua.

fiorello Tutto è silenzio; nessun qui sta che i nostri canti possa turbar.

conte (sottovoce)

Fiorello… Olà… fiorello

Signor, son qua. conte

Ebben!… gli amici? fiorello

Son pronti già. conte

Bravi, bravissimi,

fate silenzio; piano, pianissimo, senza parlar.

suonatori Piano, pianissimo, senza parlar.

(I suonatori accordano gli istrumenti, e il Conte canta accompagnato da essi) conte

Ecco, ridente in cielo spunta la bella aurora, e tu non sorgi ancora e puoi dormir così? Sorgi, mia dolce speme, vieni, bell’idol mio; rendi men crudo, oh Dio, lo stral che mi ferì. Tacete! già veggo quel caro sembiante; quest’anima amante ottenne pietà. Oh istante d’amore! Oh dolce contento! Felice momento che eguale non ha!

(si fa giorno a poco a poco) Ehi, Fiorello?

fiorello Mio Signore…

conte Di’, la vedi?

fiorello Signor no.

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Faticar poco, divertirsi assai, e in tasca sempre aver qualche doblone, gran frutto della mia riputazione. Ecco qua: senza Figaro non si accasa in Siviglia una ragazza: a me la vedovella ricorre pel marito: io, colla scusa del pettine di giorno, della chitarra col favor la notte, a tutti onestamente, non fo per dir, m’adatto a far piacere. Oh che vita, che vita! Oh che mestiere! Orsù, presto a bottega…

conte (avanzandosi, fra sé)

È desso, o pur m’inganno? figaro (scorgendo il Conte, tra sé)

Chi sarà mai costui?… conte (tra sé)

Oh, è lui senz’altro! (forte)

Figaro! figaro

Mio padrone… (riconoscendo il Conte)

Oh, chi veggo!… Eccellenza!… conte

Zitto, zitto, prudenza! Qui non son conosciuto, né vo’ farmi conoscere. Per questo ho le mie gran ragioni.

figaro Intendo, intendo, la lascio in libertà.

conte No…

figaro Che serve?

conte No, dico: resta qua; forse ai disegni miei non giungi inopportuno… Ma cospetto, dimmi un po’, buona lana, come ti trovo qua?… poter del mondo! Ti veggo grasso e tondo…

figaro La miseria, signore!

conte Ah, birbo!

figaro Grazie.

conte Hai messo ancor giudizio?

figaro Oh! e come… Ed ella, come in Siviglia?

conte Or te lo spiego. Al Prado vidi un fior di bellezza, una fanciulla figlia d’un certo medico barbogio che qua da pochi dì s’è stabilito. Io, di questa invaghito, lasciai patria e parenti, e qua men venni. E qui la notte e il giorno passo girando a que’ balconi intorno.

figaro A que’ balconi?… Un medico?… Oh cospetto! Siete ben fortunato; sui maccheroni il cacio v’è cascato.

conte Come?

figaro Certo. Là dentro io son barbiere, parrucchier, chirurgo botanico, spezial, veterinario, il faccendier di casa.

atto primo

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Lasciamolo passar; sotto quegli archi, non veduto, vedrò quanto bisogna; già l’alba è appena, e amor non si vergogna.

(si nasconde sotto il portico)

SCENA SECONDA Figaro, con la chitarra appesa al collo e detto, nascosto. [cavatina]

figaro La ran la lera la ran la là

(sorte) Largo al factotum della città. Largo! Presto a bottega, ché l’alba è già! Presto! Ah, che bel vivere, che bel piacere per un barbiere di qualità! Ah, bravo Figaro! Bravo, bravissimo; bravo! fortunatissimo per verità! bravo! Pronto a far tutto, la notte e il giorno sempre d’intorno, in giro sta. Miglior cuccagna per un barbiere, vita più nobile, no, non si dà. Rasori e pettini, lancette e forbici, al mio comando tutto qui sta.

V’è la risorsa, poi, del mestiere colla donnetta col cavaliere colla donnetta La la ran lera… col cavaliere… Tra la la la… Ah, che bel vivere, che bel piacere per un barbiere di qualità! Tutti mi chiedono, tutti mi vogliono, donne, ragazzi, vecchi, fanciulle: Qua la parrucca… Presto la barba… Qua la sanguigna… Presto il biglietto… Figaro… Figaro… Son qua, son qua. Figaro… Figaro… Eccomi qua. Ahimè, che furia! Ahimè, che folla! Uno alla volta, per carità! Ehi! Figaro son qua! Figaro qua… Figaro là… Figaro su… Figaro giù… Pronto prontissimo son come il fulmine; sono il factotum della città. Ah, bravo Figaro! bravo, bravissimo; a te fortuna non mancherà. La ran la la… Sono il factotum della città.

[recitativo] Ah, ah! che bella vita!…

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atto primo

Guardate. (additando in lontananza) bartolo

Io non la veggo. Eh, signorina, non vorrei…

(tra sé) Cospetto! Costei m’avesse preso!

(forte) In casa, in casa, animo, su! A chi dico? In casa, presto.

rosina Vado, vado. Che furia!

bartolo Quel balcone Io voglio far murare… Dentro, dico.

rosina Ah, che vita da crepare!

(Rosina si ritira dal balcone. Bartolo anch’esso rientra in casa)

SCENA QUARTA Conte e Figaro, indi Bartolo. conte

Povera disgraziata! Il suo stato infelice sempre più m’interessa.

figaro Presto, presto: vediamo cosa scrive.

conte Appunto. Leggi.

figaro (legge il biglietto)

“Le vostre assidue premure hanno eccitata la mia curiosità. Il mio tutore è per uscir di casa; appena si sarà allontanato, procurate con qualche mezzo ingegnoso d’indicarmi il vostro

nome, il vostro stato e le vostre intenzioni. Io non posso giammai comparire al balcone senza l’indivisibile compagnia del mio tiranno. Siate però certo che tutto è disposta a fare, per rompere le sue catene, la sventurata Rosina.”

conte Sì, sì, le romperà. Su, dimmi un poco: che razza d’uomo è questo suo tutore?

figaro È un vecchio indemoniato avaro, sospettoso, brontolone; avrà cent’anni indosso e vuol fare il galante: indovinate? Per mangiare a Rosina tutta l’eredità s’è fitto in capo di volerla sposare… Aiuto!

conte Che?

figaro S’apre la porta.

(Sentendo aprire la porta della casa di Bartolo si ritirano in fretta) bartolo (Parlando verso la porta)

Fra momenti io torno: non aprite a nessun. Se Don Basilio venisse a ricercarmi, che m’aspetti. (Le mie nozze con lei meglio è affrettare. Sì, dentr’oggi finir vo’ quest’affare.)

(Parte) conte (Fuori con Figaro)

Dentr’oggi le sue nozze con Rosina! Ah, vecchio rimbambito! Ma dimmi or tu! chi è questo Don Basilio?…

figaro È un solenne imbroglion di matrimoni, un collo torto, un vero disperato,

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conte Oh che sorte!…

figaro Non basta. La ragazza figlia non è del medico. È soltanto la sua pupilla!

conte Oh che consolazione!

figaro Perciò… Zitto!…

conte Cos’è?

figaro S’apre il balcone.

(si ritirano sotto il portico)

SCENA TERZA Rosina, poi Bartolo, e detti. rosina (guardando per la piazza)

Non è venuto ancor. Forse… conte (uscendo dal portico)

Oh mia vita! Mio nume! mio tesoro! Vi veggo alfine, alfine…

rosina (cava una carta, tra sé)

Oh, che vergogna! Vorrei dargli il biglietto…

bartolo (di dentro)

Ebben, ragazza? (esce)

Il tempo è buono. Cos’è quella carta? rosina

Niente, niente, signor: son le parole dell’aria dell’Inutil Precauzione.

conte (a Figaro)

Ma brava… dell’Inutil Precauzione… figaro (al Conte)

Che furba! bartolo

Cos’è questa Inutil Precauzione?

rosina Oh, bella! è il titolo del nuovo dramma in musica.

bartolo Un dramma! Bella cosa!

rosina (lasciando cadere il biglietto)

Oh, me meschina! l’aria m’è caduta. (A Bartolo)

Raccoglietela presto. bartolo

Vado, vado. (si ritira) rosina (verso il Conte)

Ps… Ps… conte

Ho inteso. (raccoglie il foglio) rosina

Presto. conte

Non temete. (si nasconde) bartolo (uscendo sulla via)

Son qua. Dov’è?

(cercando) rosina

Ah, il vento l’ha portata via.

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figaro Nella stanza convien dir che qualcuno entrato sia. Ella si è ritirata.

conte (Con enfasi)

Ah cospettone! Io già deliro… avvampo! Oh, ad ogni costo vederla io voglio… Vo’ parlarle… Ah, tu, tu mi devi aiutar.

figaro Ih, ih, che furia! Sì, sì, v’aiuterò.

conte Da bravo: entr’oggi vo’ che tu m’introduca in quella casa. Dimmi, come farai?… Via!… Del tuo spirito vediam qualche prodezza.

figaro Del mio spirito!… Bene… vedrò… ma in oggi…

conte Eh via! T’intendo. Va là, non dubitar; di tue fatiche largo compenso avrai.

figaro Davver?

conte Parola.

figaro Dunque, oro a discrezione?

conte Oro a bizzeffe. Animo, via.

figaro Son pronto. Ah, non sapete i simpatici effetti prodigiosi che ad appagare il mio signor Lindoro, produce in me la dolce idea dell’oro.

[duetto] All’idea di quel metallo portentoso, onnipossente, un vulcano la mia mente già comincia a diventar.

conte Su, vediam di quel metallo qualche effetto sorprendente, del vulcan della tua mente qualche mostro singolar.

figaro Voi dovreste travestirvi, per esempio… da soldato.

conte Da soldato?

figaro Sì, signore.

conte Da soldato?… e che si fa?…

figaro Oggi arriva un reggimento.

conte Sì, è mio amico il Colonnello.

figaro Va benon.

conte Eppoi?

figaro Cospetto! Dell’alloggio col biglietto quella porta s’aprirà. Che ne dite, mio signore? Non vi par? Non l’ho trovata?

conte, figaro Che invenzione prelibata! Bravo, bravo, in verità! Bella, bella, in verità!

figaro Piano, piano… un’altra idea! Veda l’oro cosa fa.

atto primo

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sempre senza un quattrino… Già, è maestro di musica; insegna alla ragazza.

conte Bene, bene; tutto giova saper.

figaro Ora pensate della bella Rosina a soddisfar le brame.

conte Il nome mio non le vo’ dir né il grado; assicurarmi vo’ prima ch’ella ami me, me solo al mondo, non le ricchezze e i titoli del Conte d’Almaviva. Ah, tu potresti…

figaro Io? No, signore; voi stesso dovete…

conte Io stesso? E come?

figaro Zitto. Eccoci a tiro, osservate: perbacco, non mi sbaglio. Dietro la gelosia sta la ragazza; presto, presto all’assalto, niun ci vede. In una canzonetta,

(presentandogli la chitarra) così, alla buona, il tutto spiegatele, signor.

conte Una canzone?

figaro Certo. Ecco la chitarra; presto, andiamo.

conte Ma io…

figaro Oh che pazienza!

conte Ebben, proviamo.

(prende la chitarra e canta accompagnandosi) [canzone] (a mezza voce)

Se il mio nome saper voi bramate, dal mio labbro il mio nome ascoltate. Io son Lindoro che fido v’adoro, che sposa vi bramo, che a nome vi chiamo, di voi sempre parlando così dall’aurora al tramonto del dì.

(di dentro si sente la voce di Rosina ripetere il ritornello della canzone) rosina (di dentro)

Segui, o caro; deh, segui così! [recitativo]

figaro Sentite. Ah! che vi pare?

conte Oh, me felice!

figaro Da bravo, a voi, seguite.

conte L’amoroso e sincero Lindoro, non può darvi, mia cara, un tesoro. Ricco non sono, ma un core vi dono, un’anima amante, che fida e costante per voi sola sospira così dall’aurora al tramonto del dì.

rosina L’amorosa e sincera Rosina del suo core Lindo…

(si sentono di dentro chiudere le finestre) [recitativo]

conte Oh cielo!

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il suon già sento! Già viene l’oro, viene l’argento; eccolo, eccolo che in tasca scende; delle monete il suon già sento! D’ardore insolito quest’alma accende e di me stesso maggior mi fa.

(Figaro entra in casa di Bartolo, il Conte parte) [recitativo]

fiorello (entrando)

Evviva il mio padrone! Due ore, ritto in pie’, là come un palo mi fa aspettare e poi mi pianta e se ne va. Corpo di Bacco! Brutta cosa servire un padron come questo, nobile, giovinotto e innamorato; questa vita, cospetto, è un gran tormento! Ah, durarla così non me la sento!

(parte)

SCENA QUINTA Camera nella casa di Don Bartolo, con quattro porte. Di prospetto la finestra con gelosia, come nella scena prima. A destra uno scrittoio, Rosina, sola. rosina (con una lettera in mano)

Una voce poco fa qui nel cor mi risuonò; il mio cor ferito è già, e Lindor fu che il piagò. Sì, Lindoro mio sarà; lo giurai, la vincerò. Il tutor ricuserà, io l’ingegno aguzzerò.

Alla fin s’accheterà e contenta io resterò… Sì, Lindoro mio sarà; lo giurai, la vincerò. Io sono docile, son rispettosa, sono obbediente, dolce, amorosa; mi lascio reggere, mi fo’ guidar. Ma se mi toccano dov’è il mio debole sarò una vipera e cento trappole prima di cedere farò giocar.

[recitativo] Sì sì, la vincerò. Potessi almeno mandargli questa lettera. Ma come? Di nessun qui mi fido; il tutore ha cent’occhi… basta, basta; sigilliamola intanto.

(Va allo scrittoio e suggella la lettera) Con Figaro, il barbier, dalla finestra discorrer l’ho veduto più d’un’ora; Figaro è un galantuomo, un giovin di buon core… Chi sa ch’ei non protegga il nostro amore!

SCENA SESTA Figaro, e detta. figaro

Oh buon dì, signorina! rosina

Buon giorno, signor Figaro. figaro

Ebbene, che si fa? rosina

Si muor di noia. figaro

Oh diavolo! Possibile! Un ragazza bella e spiritosa…

rosina Ah, ah, mi fate ridere! Che mi serve lo spirito

atto primo

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Ubriaco… sì, ubriaco, mio signor, si fingerà.

conte Ubriaco?

figaro Sì, signore.

conte Ubriaco?… Ma perché?…

figaro Perché d’un ch’è poco in sé

(Imitando moderatamente i moti d’un ubriaco)

che dal vino casca già, il tutor, credete a me, il tutor si fiderà.

conte, figaro Che invenzione prelibata! Bravo, bravo, in verità! Bella, bella,

conte Dunque…

figaro All’opra.

conte Andiamo.

figaro Da bravo.

conte Oh, il meglio mi scordavo! Dimmi un po’, la tua bottega per trovarti, dove sta?

figaro La bottega?… Non si sbaglia; guardi bene; eccola là.

(Additando fra le quinte) Numero quindici a mano manca quattro gradini, facciata bianca, cinque parrucche nella vetrina sopra un cartello “Pomata fina”,

mostra in azzurro alla moderna, v’è per insegna una lanterna… Là senza fallo mi troverà.

conte Ho ben capito…

figaro Or vada presto.

conte Tu guarda bene.

figaro Io penso al resto.

conte Di te mi fido…

figaro Colà l’attendo.

conte Mio caro Figaro…

figaro Intendo, intendo.

conte Porterò meco…

figaro La borsa piena…

conte Sì, quel che vuoi, ma il resto poi…

figaro Oh non si dubiti, che bene andrà…

conte Ah, che d’amore la fiamma io sento, nunzia di giubilo e di contento! D’ardore insolito quest’alma accende, e di me stesso maggior mi fa. Ecco propizia che in sen mi scende.

figaro Delle monete

54

atto primo

bartolo Il barbiere parlato ha con Rosina?

berta Eccì!

bartolo Rispondi almen tu, babbuino!

ambrogio (sbadigliando)

Ah, ah! bartolo

Che pazienza! ambrogio

Ah, ah, che sonno! bartolo

Ebben! berta

Venne, ma io… bartolo

Rosina… berta

Eccì… bartolo

Che serve! Eccoli qua, son mezzo morti. Andate.

berta Eccì…

bartolo Eh, il diavol che vi porti!

(Berta e Ambrogio partono.)

SCENA OTTAVA Bartolo, indi Don Basilio. bartolo

Ah! Barbiere d’inferno… Tu me la pagherai …

(entra Don Basilio) Qua, Don Basilio; giungete a tempo! Oh! Io voglio, per forza o per amor, dentro domani

sposar la mia Rosina. Avete inteso? basilio (Dopo molte riverenze)

Eh, voi dite benissimo e appunto io qui veniva ad avvisarvi…

(Chiamando a parte) Ma segretezza!… È giunto il Conte d’Almaviva.

bartolo Chi? L’incognito amante della Rosina?

basilio Appunto quello.

bartolo Oh diavolo! Ah, qui ci vuol rimedio!

basilio Certo; ma… alla sordina.

bartolo Sarebbe a dir?…

basilio Così, con buona grazia bisogna principiare a inventar qualche favola che al pubblico lo metta in mala vista, che comparir lo faccia un uomo infame, un’anima perduta… Io, io vi servirò: fra quattro giorni, credete a me, Basilio ve lo giura, noi lo farem sloggiar da queste mura.

bartolo E voi credete?

basilio Oh certo! È il mio sistema. E non sbaglia.

bartolo E vorreste? Ma una calunnia…

basilio Ah, dunque la calunnia cos’è voi non sapete?

57

che giova la bellezza se chiusa io sempre sto fra quattro mura, che mi par d’esser proprio in sepoltura?…

figaro In sepoltura?… ohibò!

(Chiamandola a parte) Sentite io voglio…

rosina Ecco il tutor.

figaro Davvero?

rosina Certo, certo: è il suo passo…

figaro Salva, salva; fra poco ci rivedremo: ho da dirvi qualche cosa.

rosina E ancor io, signor Figaro.

figaro Bravissima. Vado.

(si nasconde nella prima porta a sinistra, poi tratto tratto si fa vedere) rosina

Quanto è garbato! (si ritira)

SCENA SETTIMA Bartolo, Rosina, indi Berta e Ambrogio. bartolo

Ah, disgraziato Figaro! Ah, indegno! Ah, maledetto! Ah, scellerato!

rosina (tra sé)

Ecco qua: sempre grida.

bartolo Ma si può dar di peggio! Uno ospedale ha fatto di tutta la famiglia A forza d’oppio, sangue e stranutiglia. Signorina, il barbiere lo vedeste?

rosina Perché?

bartolo Perché lo vo’ sapere.

rosina Forse anch’egli v’adombra?

bartolo E perché no?

rosina Ebben, ve lo dirò. Sì, I’ho veduto, gli ho parlato, mi piace, m’è simpatico il suo discorso, il suo gioviale aspetto…

(tra sé) (Crepa di rabbia, vecchio maledetto.)

(Parte) bartolo

Vedete che grazietta! Più l’amo, e più mi sprezza la briccona. Certo, certo è il barbiere che la mette in malizia. Chi sa cosa le ha detto! Chi sa! Or lo saprò. Ehi Berta. Ambrogio!

berta (Entrando e starnutendo)

Eccì… (Entra Ambrogio sbadigliando) ambrogio

Ah! Che comanda? bartolo

Dimmi. berta

Eccì!

56

figaro Oh, ve lo giuro; a stender il contratto col maestro di musica là dentro or s’è serrato.

rosina Sì? oh, l’ha sbagliata affe’! Povero sciocco! L’avrà a far con me. Ma dite, signor Figaro, voi poco fa sotto le mie finestre parlavate a un signore…

figaro Ah, un mio cugino, un bravo giovinotto; buona testa, ottimo cuor; qui venne i suoi studi a compire e il poverin cerca di far fortuna.

rosina Fortuna? oh, la farà.

figaro Oh, ne dubito assai: in confidenza ha un gran difetto addosso.

rosina Un gran difetto…

figaro Ah, grande: è innamorato morto.

rosina Sì, davvero? Quel giovane, vedete m’interessa moltissimo.

figaro Per Bacco!

rosina Non ci credete?

figaro Oh sì!

rosina E la sua bella, dite, abita lontano?

figaro Oh no!…cioè…

Qui!… due passi… rosina

Ma è bella? figaro

Oh, bella assai! Eccovi il suo ritratto in due parole: grassotta, genialotta, capello nero, guancia porporina, occhio che parla, mano che innamora…

rosina E il nome?

figaro Ah, il nome ancora? Il nome… Ah, che bel nome!… Si chiama …

rosina Ebben, si chiama?

figaro Si chiama… erre… o… ro… si… Rosina.

[duetto]

rosina Dunque io son… tu non m’inganni? Dunque io son la fortunata!…

(tra sé) Già me l’ero immaginata: lo sapeva pria di te.

figaro Di Lindoro il vago oggetto siete voi, bella Rosina.

(tra sé) Oh, che volpe sopraffina, ma l’avrà da far con me.

rosina Senti, senti… ma a Lindoro per parlar come si fa?

figaro Zitto, zitto, qui Lindoro per parlarvi or or sarà.

rosina Per parlarmi? Bravo! bravo!

atto primo

59

bartolo No, davvero.

basilio No? Uditemi e tacete.

[aria] La calunnia è un venticello, un’auretta assai gentile che insensibile, sottile, leggermente, dolcemente incomincia a sussurrar. Piano piano, terra terra, sottovoce, sibilando, va scorrendo, va ronzando; nelle orecchie della gente s’introduce destramente e le teste ed i cervelli fa stordire e fa gonfiar. Dalla bocca fuori uscendo lo schiamazzo va crescendo prende forza a poco a poco, vola già di loco in loco; sembra il tuono, la tempesta che nel sen della foresta va fischiando, brontolando e ti fa d’orror gelar. Alla fin trabocca e scoppia, si propaga, si raddoppia e produce un’esplosione come un colpo di cannone, un tremuoto, un temporale, un tumulto generale, che fa l’aria rimbombar. E il meschino calunniato, avvilito, calpestato, sotto il pubblico flagello per gran sorte va a crepar.

[recitativo] Ah! che ne dite?

bartolo Eh! sarà ver, ma intanto si perde tempo e qui stringe il bisogno. No: vo’ fare a mio modo:

in mia camera andiam. Voglio che insieme il contratto di nozze ora stendiamo. Quando sarà mia moglie, da questi zerbinotti innamorati metterla in salvo sarà pensier mio.

basilio (tra sé)

Vengan denari: al resto son qua io. (Entrano nella prima camera a destra)

SCENA NONA Figaro uscendo con precauzione, indi Rosina. figaro

Ma bravi! ma benone! Ho inteso tutto. Evviva il buon dottore! Povero babbuino! Tua sposa? Eh via pulisciti il bocchino. Or che stan là chiusi, procuriam di parlare alla ragazza: eccola appunto.

rosina (Entrando)

Ebbene, signor Figaro. figaro

Gran cose, signorina. rosina

Sì, davvero? figaro

Mangerem dei confetti. rosina

Come sarebbe a dir? figaro

Sarebbe a dire che il vostro bel tutore ha stabilito esser dentro doman vostro marito.

rosina Eh, via!

58

atto primo

E questi fogli… Or son cinque… eran sei.

rosina Que’ fogli?… è vero. D’uno mi son servita a mandar dei confetti a Marcellina.

bartolo Bravissima! E la penna perché fu temperata?

rosina (tra sé)

Maledetto! (forte)

La penna!… Per disegnare un fiore sul tamburo.

bartolo Un fiore?

rosina Un fiore.

bartolo Un fiore. Ah! fraschetta!

rosina Davver.

bartolo Zitto!

rosina Credete.

bartolo Basta così.

rosina Signor…

bartolo Non più… tacete.

[aria] A un dottor della mia sorte queste scuse, signorina! Vi consiglio, mia carina, un po’ meglio a imposturar. I confetti alla ragazza?

Il ricamo sul tamburo? Vi scottaste: eh via! Ci vuol altro, figlia mia, per potermi corbellar. Perché manca là quel foglio? Vo’ saper cotesto imbroglio. Sono inutili le smorfie; ferma là, non mi toccate! Figlia mia non lo sperate ch’io mi lasci infinocchiar. Via, carina, confessate; son disposto a perdonar. Non parlate? Vi ostinate? So ben io quel che ho da far. Signorina, un’altra volta quando Bartolo andrà fuori, la consegna ai servitori a suo modo far saprà. Eh, non servono le smorfie, faccia pur la gatta morta. Cospetton! per quella porta nemmen l’aria entrar potrà. E Rosina innocentina, sconsolata, disperata, in sua camera serrata fin ch’io voglio star dovrà.

(Parte)

SCENA UNDICESIMA Rosina, sola. [recitativo] rosina

Brontola quanto vuoi, chiudi porte e finestre. Io me ne rido: già di noi femmine alla più marmotta per aguzzar l’ingegno e far la spiritosa, tutto a un tratto, basta chiuder la chiave e il colpo è fatto.

(parte)

61

Venga pur, ma con prudenza; io già moro d’impazienza! Ma che tarda?… cosa fa?

figaro Egli attende qualche segno, poverin, del vostro affetto; sol due righe di biglietto gli mandate, e qui verrà. Che ne dite?

rosina Non vorrei…

figaro Su, coraggio…

rosina Non saprei…

figaro Sol due righe…

rosina Mi vergogno…

figaro Ma di che? di che?… si sa!

(Andando allo scrittoio) Presto, presto; qua il biglietto.

rosina (Richiamandolo, cava dalla tasca il biglietto e glielo dà.)

Un biglietto?… eccolo qua. figaro (Attonito)

Già era scritto? Ve’, che bestia! Il maestro faccio a lei!

rosina Fortunati affetti miei! Io comincio a respirar. Ah, tu solo, amor, tu sei che mi devi consolar!

figaro Donne, donne, eterni Dei, chi vi arriva a indovinar? Qui verrà. A momenti

per parlar qui sarà. (Figaro parte)

SCENA DECIMA Rosina, indi Bartolo. [recitativo]

rosina Ora mi sento meglio. Questo Figaro è un bravo giovinotto.

bartolo (Entrando)

Insomma, colle buone, potrei sapere dalla mia Rosina che venne a far colui questa mattina?

rosina Figaro? Non so nulla.

bartolo Ti parlò?

rosina Mi parlò.

bartolo Che ti diceva?

rosina Oh! mi parlò di cento bagattelle Del figurin di Francia, del mal della sua figlia Marcellina.

bartolo Davvero!… Ed io scommetto…

(forte) Che vuol dir questo dito così sporco d’inchiostro?

rosina Sporco? oh, nulla. Io me l’avea scottato e coll’inchiostro or or l’ho medicato.

bartolo (tra sé)

Diavolo! (forte)

60

atto primo

maniscalco al reggimento. (Presentando il biglietto)

Dell’alloggio sul biglietto osservate, eccolo qua.

bartolo Dalla rabbia e dal dispetto io già crepo in verità. Ah, ch’io fo, se mi ci metto, qualche gran bestialità!

(Legge il biglietto) conte (tra sé)

Ah, venisse il caro oggetto della mia felicità! Vieni, vieni; il tuo diletto pien d’amor t’attendo qua.

SCENA QUATTORDICESIMA Rosina e detti. rosina (Si arresta vedendo Bartolo)

Un soldato ed il tutore! Cosa mai faranno qua?

(Si avanza pian piano) conte (tra sé)

È Rosina; or son contento. rosina (tra sé)

Ei mi guarda, e s’avvicina. conte (piano a Rosina)

Son Lindoro. rosina (piano a Lindoro)

Oh ciel! che sento! Ah, giudizio, per pietà!

bartolo (vedendo Rosina)

Signorina, che cercate?

Presto, presto, andate via. rosina

Vado, vado, non gridate. bartolo

Presto, presto, via di qua. conte

Ehi, ragazza, vengo anch’io. bartolo

Dove, dove, signor mio? conte

In caserma, oh, questa è bella! bartolo

In caserma?… bagattella! conte

Cara! rosina

Aiuto! bartolo

Olà, cospetto! conte (a Bartolo, incamminandosi verso le camere)

Dunque vado… bartolo (trattenendolo)

Oh, no, signore, qui d’alloggio non può star.

conte Come? Come?

bartolo Eh, non v’è replica: ho il brevetto d’esenzione.

conte (adirato)

Il brevetto? bartolo

Mio padrone, un momento e il mostrerò.

(va allo scrittoio)

63

SCENA DODICESIMA Berta, poi il Conte. berta (Entrando)

Finora in questa camera mi parve di sentir un mormorio; sarà stato il tutor, colla pupilla non ha un’ora di ben… Queste ragazze non la voglion capir.

(Si ode picchiare) Battono.

conte (di dentro)

Aprite. berta

Vengo… Eccì… Ancora dura; quel tabacco m’ha posta in sepoltura.

(Corre ad aprire)

SCENA TREDICESIMA Il Conte travestito da soldato di cavalleria, indi Bartolo. [finale I]

conte Ehi di casa!… buona gente!… Ehi di casa!… niun mi sente!…

bartolo (Entrando)

Chi è costui?… che brutta faccia! È ubriaco! chi sarà?

conte Ehi, di casa!… maledetti!

bartolo Cosa vuol, signor soldato?…

conte Ah!… sì… sì… bene obbligato.

(Vedendolo, cerca in tasca) bartolo (tra sé)

Qui costui che mai vorrà? conte

Siete voi… Aspetta un poco… Siete voi… dottor Balordo?

bartolo Che balordo?…

conte (leggendo)

Ah, ah, Bertoldo? bartolo

Che Bertoldo? Eh, andate al diavolo! Dottor Bartolo.

conte Ah, bravissimo; dottor Barbaro; benissimo.

bartolo Un corno!

conte Va benissimo; già v’è poca differenza.

(tra sé) Non si vede! Che impazienza! Quanto tarda! Dove sta?

bartolo (tra sé)

Io già perdo la pazienza, qui prudenza ci vorrà.

conte Dunque voi… siete dottore?

bartolo Son dottore… sì, signore.

conte Ah, benissimo; un abbraccio, qua, collega.

bartolo Indietro!

conte Qua

(lo abbraccia per forza) Sono anch’io dottor per cento,

62

atto primo

bartolo Grazie un corno! Qua quel foglio; impertinente!

(a Rosina) A chi dico? Presto qua.

rosina Ma quel foglio che chiedete per azzardo m’è cascato; è la lista del bucato.

(entrano da una parte Basilio con carte in mano, dall’altra Berta) bartolo

Ah, fraschetta! Presto qua. (le strappa il foglio con violenza)

Ah, che vedo! ho preso abbaglio! È la lista, son di stucco! Ah, son proprio un mammalucco! Ah, che gran bestialità!

rosina e conte (tra loro)

Bravo, bravo il mammalucco che nel sacco entrato è già.

berta (tra sé)

Il barbiere… Quanta gente! Non capisco, son di stucco; qualche imbroglio qui ci sta.

basilio Sol do re mi fa re sol mi la fa si sol do ma che imbroglio è questo qua?

rosina (piangendo)

Ecco qua! sempre un’istoria; sempre oppressa e maltrattata; ah, che vita disperata! Non la so più sopportar.

bartolo (avvicinandosile)

Ah, Rosina… poverina…

conte (minacciando e afferrandolo per un braccio)

Vien qua tu, cosa le hai fatto? bartolo

Ah, fermate… niente affatto… conte (cavando la sciabola)

Ah, canaglia, traditore! tutti (trattenendolo)

Via, fermatevi, signore. conte

Io ti voglio subissar! tutti (eccetto il Conte)

Gente! Aiuto, soccorretelo! conte

Lasciatemi! tutti

Gente! aiuto, per pietà!

SCENA QUINDICESIMA Figaro entrando col bacile sotto il braccio, e detti. figaro

Alto là! Che cosa accadde signori miei? Che chiasso è questo? Eterni Dei! Già sulla strada a questo strepito s’è radunata mezza città.

(piano al Conte) Signor, giudizio, per carità.

bartolo (additando il Conte)

Quest’è un birbante…

65

conte (a Rosina)

Ah, se qui restar non posso, deh, prendete…

rosina (piano)

Ohimé, ci guarda! bartolo (cercando nello scrittoio)

Ah, trovarlo ancor non posso… rosina

Prudenza! bartolo

Ö ma sì, sì, lo troverò. conte e rosina

Cento smanie io sento addosso. Ah, più reggere non so.

bartolo (venendo avanti con una pergamena)

Ah ecco qui… (legge)

“Con la presente il Dottor Bartolo, etcetera. Esentiamo…”

conte (con un rovescio di mano manda in aria la pergamena)

Eh, andate al diavolo! Non mi state più a seccar.

bartolo Cosa fa, signor mio caro?

conte Zitto là, dottor somaro. Il mio alloggio è qui fissato e in alloggio qui vo’ star.

bartolo Vuol restar?

conte Restar, sicuro.

bartolo (prendendo un bastone)

Oh, son stufo, mio padrone; presto fuori, o un buon bastone ti farà di qua sloggiar.

conte (serio)

Dunque lei… lei vuol battaglia? Ben! Battaglia le vo’ dar. Bella cosa è una battaglia! Ve la voglio qui mostrar.

(avvicinandosi amichevolmente a Bartolo) Osservate! questo è il fosso… L’inimico voi sarete

(gli dà una spinta) Attenzion… E gli amici…

(piano a Rosina alla quale si avvicina porgendole la lettera)

giù il fazzoletto. E gli amici stan di qua. Attenzione!

(coglie il momento in cui Bartolo l’osserva meno attentamente. Lascia cadere il biglietto e Rosina vi fa cadere sopra il fazzoletto) bartolo

Ferma, ferma! conte (rivolgendosi e fingendo accorgersi della lettera che raccoglie)

Che cos’è? ah!… bartolo (avvedendosene)

Vo’ vedere. conte

Sì, se fosse una ricetta! Ma un biglietto… è mio dovere… Mi dovete perdonar.

(fa una riverenza a Rosina e le dà il biglietto e il fazzoletto) rosina

Grazie, grazie!

64

rosina Perdonate, poverino, tutto effetto fu del vino.

ufficiale Ho inteso.

(al Conte) Galantuom, siete in arresto. Fuori presto, via di qua.

(I soldati si muovono per circondare il Conte) conte

Io?… In arresto? … Fermi, olà.

(con gesto autorevole trattiene i Soldati che si arrestano. Egli chiama a sé l’Ufficiale, gli dà a leggere un foglio: l’Ufficiale resta sorpreso, vuol fargli un inchino, e il Conte lo trattiene. L’Ufficiale fa cenno ai Soldati che si ritirano indietro, e anch’egIi fa lo stesso. Quadro di stupore) bartolo, rosina, basilio e berta

Fredd(o/a) ed immobile come una statua fiato non restami da respirar.

conte Freddo ed immobile come una statua, fiato non restagli da respirar.

figaro (ridendo)

Guarda Don Bartolo! Sembra una statua! Ah ah! dal ridere sto per crepar!

bartolo (all’Ufficiale)

Ma, signor… soldati

Zitto tu!

bartolo Ma un dottor…

soldati Oh, non più!

bartolo Ma se lei…

soldati Non parlar!

bartolo Ma vorrei…

soldati Non gridar!

berta, bartolo, basilio Ma se noi…

soldati Zitti voi!

berta, bartolo, basilio Ma se poi…

soldati Pensiam noi!

berta, bartolo, basilio Ma se noi…

soldati Zitto tu!

berta, bartolo, basilio Ma se noi…

soldati Non parlar! Vada ognun pe’ fatti suoi, si finisca d’altercar.

bartolo Ma sentite, ascoltate.

berta, rosina, conte, figaro, basilio Zitto su! Zitto giù! Zitto qua! Zitto là!

tutti Mi par d’esser con la testa in un’orrida fucina, dove cresce e mai non resta delle incudini sonore

atto primo

67

conte (additando Bartolo)

Quest’è un briccone… bartolo

Ah, disgraziato! conte (minacciando colla sciabola)

Ah, maledetto! figaro (alzando il bacile e minacciando il Conte)

Signor soldato porti rispetto, o questo fusto, corpo del diavolo, or la creanza le insegnerà.

(piano al Conte) Signore, giudizio, per carità.

conte (a Bartolo)

Brutto scimmiotto! bartolo (al Conte)

Birbo malnato! tutti (a Bartolo)

Zitto, dottore… bartolo

Voglio gridare… rosina, berta, figaro, basilio (al Conte)

Fermo, signore… conte

Voglio ammazzare… rosina, berta, figaro, basilio

Fate silenzio, per carità. conte

No, voglio ucciderlo, non v’è pietà.

(si ode bussare con violenza alla porta di strada) tutti

Zitti, che battono … Che mai sarà?

bartolo Chi è?

soldati (di dentro)

La forza, aprite qua.

tutti La forza! Oh diavolo!

figaro e basilio L’avete fatta!

tutti Quest’avventura, ah, come diavolo mai finirà?

SCENA ULTIMA Un ufficiale con soldati, e detti. soldati

Fermi tutti. Niun si mova. Miei signori, che si fa? Questo chiasso d’onde è nato? La cagione presto qua.

bartolo Questa bestia di soldato, mio signor, m’ha maltrattato.

figaro Io qua venni, mio signore, questo chiasso ad acquetare.

berta e basilio Fa un inferno di rumore, parla sempre d’ammazzare.

conte In alloggio quel briccone non mi volle qui accettare.

66

SCENA PRIMA Camera in casa di Bartolo con sedia ed un pianoforte con varie carte di musica. Bartolo, solo. [recitativo]

bartolo Ma vedi il mio destino! Quel soldato, per quanto abbia cercato, niun lo conosce in tutto il reggimento. Io dubito eh, cospetto! Che dubitar? Scommetto che dal Conte Almaviva è stato qui spedito quel signore ad esplorar della Rosina il core. Nemmen in casa propria sicuri si può star! Ma io…

(Battono) Chi batte? Ehi, chi è di là? Battono, non sentite! In casa io son; non v’è timore, aprite.

SCENA SECONDA Il Conte, travestito da maestro di musica, e detto. [duetto]

conte Pace e gioia sia con voi.

bartolo Mille grazie, non s’incomodi.

conte Gioia e pace per mill’anni.

bartolo Obbligato in verità.

(tra sé) Questo volto non m’è ignoto, non ravviso… non ricordo ma quel volto… ma quel volto… non capisco… chi sarà?

conte (tra sé)

Ah, se un colpo è andato a vuoto a gabbar questo balordo, un novel travestimento più propizio a me sarà.

(forte) Gioia e pace, pace e gioia!

bartolo Ho capito.

(tra sé) Oh ciel! che noia!

conte Gioia e pace, ben di core.

bartolo Basta, basta… per pietà,

(tra sé) Ma che perfido destino! Ma che barbara giornata! Tutti quanti a me davanti! Che crudel fatalità!

conte (tra sé)

Il vecchion non mi conosce: oh, mia sorte fortunata! Ah, mio ben! Fra pochi istanti parlerem con libertà.

ATTO SECONDO

69

l’importuno strepitar. Alternando questo e quello pesantissimo martello fa con barbara armonia muri e volte rimbombar. E il cervello, poverello, già stordito, sbalordito, non ragiona, si confonde, si riduce ad impazzar.

68

amante, prova significante che il Conte di Rosina si fa gioco. E perciò…

bartolo Piano un poco. Una calunnia! Oh bravo! Degno e vero scolar di Don Basilio!

(Lo abbraccia, e mette in tasca il biglietto) Io saprò come merita ricompensar sì bel suggerimento. Vo a chiamar la ragazza; poiché tanto per me v’interessate, mi raccomando a voi.

conte Non dubitate.

(Bartolo entra nella camera di Rosina) L’affare del biglietto dalla bocca m’è uscito non volendo. Ma come far? Senza un tal ripiego mi toccava andar via come un baggiano. Il mio disegno a lei ora paleserò; s’ella acconsente, io son felice appieno. Eccola. Ah, il cor sento balzarmi in seno.

SCENA TERZA Bartolo conducendo Rosina, e detto. bartolo

Venite, signorina. Don Alonso, che qui vedete, or vi darà lezione.

rosina (Vedendo il Conte)

Ah! bartolo

Cos’è stato? rosina

È un granchio al piede. conte

Oh nulla:

sedete a me vicin, bella fanciulla. Se non vi spiace, un poco di lezione, di Don Basilio invece, vi darò.

rosina Oh, con mio gran piacer la prenderò.

conte Che vuol cantare?

rosina Io canto, se le aggrada, il rondò dell’Inutil Precauzione.

conte Da brava, incominciamo.

(Il Conte siede al pianoforte e Rosina canta accompagnata dal Conte; Bartolo siede ed ascolta) [aria]

rosina Contro un cor che accende amore di verace, invitto ardore, s’arma invan poter tiranno di rigor, di crudeltà. D’ogni assalto vincitore sempre amor trionferà. Ah Lindoro, mio tesoro, se sapessi, se vedessi! Questo cane di tutore, ah, che rabbia che mi fa! Caro, a te mi raccomando, tu mi salva, per pietà.

conte Non temer, ti rassicura; sorte amica a noi sarà.

rosina Dunque spero?

conte A me t’affida.

rosina E il mio cor?

conte Giubilerà.

71

[recitativo]

bartolo Insomma, mio signore, chi è lei si può sapere?

conte Don Alonso, professore di musica ed allievo di Don Basilio.

bartolo Ebbene?

conte Don Basilio sta male, il poverino, ed in sua vece…

bartolo (In atto di partire)

Sta mal? Corro a vederlo. conte (Trattenendolo)

Piano, piano. Non è mal così grave. bartolo (tra sé)

Di costui non mi fido. (Forte)

Andiam, andiamo. conte

Ma signore… bartolo (Brusco)

Che c’è? conte (Tirandolo a parte)

Voleva dirvi… bartolo

Parlate forte. conte (Sottovoce)

Ma… bartolo (Sdegnato)

Forte, vi dico.

conte (Sdegnato anch’esso e alzando la voce)

Ebben, come volete, ma chi sia Don Alonso apprenderete.

(In atto di partire) Vo dal Conte di Almaviva

bartolo (Trattenendolo con dolcezza)

Piano, piano. Dite, dite, v’ascolto. conte (A voce alta e sdegnato)

Il Conte… bartolo

Piano, per carità. conte (Calmandosi)

Stamane nella stessa locanda era meco d’alloggio, ed in mie mani per caso capitò questo biglietto

(Mostrando un biglietto) dalla vostra pupilla a lui diretto.

bartolo (Prendendo il biglietto e guardandolo)

Che vedo! è sua scrittura! conte

Don Basilio nulla sa di quel foglio: ed io, per lui venendo a dar lezione alla ragazza, volea farmene un merito con voi… perché con quel biglietto…

(Mendicando un ripiego con qualche imbarazzo)

si potrebbe… bartolo

Che cosa? conte

Vi dirò… s’io potessi parlare alla ragazza, io creder verbigrazia le farei che me lo die’ del Conte un’altra

70

atto secondo

(forte) Va’ in camera a pigliar la biancheria.

(Si cava dalla cintola un mazzo di chiavi per darle a Figaro, indi le ritira)

No, vado io stesso. (Entra) figaro (tra sé)

Ah, se mi dava in mano il mazzo delle chiavi, ero a cavallo.

(A Rosina, marcato) Dite: non è fra quelle la chiave che apre quella gelosia?

rosina Sì, certo; è la più nuova.

bartolo (Rientrando, tra sé)

Ah, son pur buono a lasciar qua quel diavolo di barbiere!

(forte) Animo, va’ tu stesso.

(Dando le chiavi a Figaro) Passato il corridor, sopra l’armadio il tutto troverai. Bada, non toccar nulla.

figaro Eh, non son matto.

(piano) Allegri!

(forte) Vado e torno.

(piano) Il colpo è fatto.

(Entra) bartolo (Al Conte)

È quel briccon, che al Conte ha portato il biglietto di Rosina.

conte Mi sembra un imbroglion di prima sfera.

bartolo Eh, a me non me la ficca

(Si sente di dentro un gran rumore come di vasellame che si spezza)

Ah, disgraziato me! rosina

Ah, che rumore! bartolo

Oh, che briccon! Me lo diceva il core. (Entra) conte (A Rosina)

Quel Figaro è un grand’uomo; or che siam soli, ditemi, o cara: il vostro al mio destino d’unir siete contenta? Franchezza!

rosina (Con entusiasmo)

Ah, mio Lindoro, altro io non bramo… (Si ricompone vedendo rientrar Bartolo e Figaro) conte

Ebben? bartolo

Tutto mi ha rotto; sei piatti, otto bicchieri, una terrina.

figaro (Mostrando di soppiatto al Conte la chiave della gelosia che avrà rubata dal mazzo)

Vedete che gran cosa! Ad una chiave se io non mi attaccava per fortuna, per quel maledettissimo corridor così oscuro, spezzato mi sarei la testa al muro. Tiene ogni stanza al buio, e poi… e poi…

bartolo Oh, non più!

figaro Dunque andiam.

(Al Conte e Rosina) Giudizio.

atto secondo

73

rosina Cara immagine ridente, dolce idea d’un lieto amor, tu m’accendi in petto il core, tu mi porti a delirar.

[recitativo]

conte Bella voce! Bravissima!

rosina Oh! mille grazie!

bartolo Certo, bella voce, ma quest’aria, cospetto! è assai noiosa; la musica a’ miei tempi era altra cosa. Ah! quando, per esempio, cantava Caffariello quell’aria portentosa la, ra, la…

(provandosi di rintracciare il motivo) sentite, Don Alonso: eccola qua.

[arietta]

bartolo Quando mi sei vicina, amabile Rosina…

(con vezzo verso Rosina) l’aria dicea Giannina, ma io dico Rosina… Il cor mi brilla in petto, mi balla il minuetto.

(Entra Figaro col bacile sotto il braccio, e si pone dietro Bartolo imitando il canto con caricatura) bartolo (Avvedendosi di Figaro)

Bravo, signor barbiere, ma bravo!

figaro Eh, niente affatto: scusi, son debolezze.

bartolo Ebben, qui dunque, che vieni a fare?

figaro Oh bella! Vengo a farvi la barba: oggi vi tocca.

bartolo Oggi? non voglio.

figaro Oggi non vuol? … Dimani non potrò io.

bartolo Perché?

figaro (lascia sul tavolino il bacile e cava un libro di memorie)

Perché ho da fare a tutti gli Ufficiali del nuovo reggimento barba e testa… alla marchesa Andronica il biondo parrucchin coi maronè… al contino Bombe’ il ciuffo a campanile… purgante all’avvocato Bernardone che ieri s’ammalò d’indigestione …

(Riponendosi in tasca il libro) e poi e poi… che serve? Doman non posso.

bartolo Orsù, meno parole. Oggi non vo’ far barba.

figaro No? Cospetto! Guardate che avventori! Vengo stamane: in casa v’è l’inferno ritorno dopo pranzo: oggi non voglio

(Contraffacendolo) Ma che? M’avete preso per un qualche barbier da contadini? Chiamate pur un altro, io me ne vado.

(Riprende il bacile in atto di partire) bartolo (tra sé)

Che serve? a modo suo; vedi che fantasia!

72

Ah, qui certo v’è un pasticcio; non l’arrivo a indovinar.

conte (A Basilio)

Colla febbre, Don Basilio, chi v’insegna a passeggiar?

(Figaro ascoltando con attenzione si prepara a secondare il Conte) basilio (stupito)

Colla febbre? conte

E che vi pare? Siete giallo come un morto.

basilio Sono giallo come un morto?

figaro (Tastando il polso a Basilio)

Bagattella! Cospetton! Che tremarella! Questa è febbre scarlattina!

basilio Scarlattina!

conte (Dà a Basilio una borsa di soppiatto)

Via, prendete medicina, non vi state a rovinar.

figaro Presto, presto, andate a letto.

conte Voi paura inver mi fate…

rosina Dice bene, andate a letto…

rosina, conte, figaro, bartolo Presto, andate a riposar.

basilio (stupito, tra sé)

(Una borsa! Andate a letto! Ma che tutti sian d’accordo!)

rosina, conte, figaro, bartolo Presto a letto.

basilio Eh, non son sordo. Non mi faccio più pregar.

figaro Che color! …

conte Che brutta cera!

basilio Brutta cera? …

conte, figaro e bartolo Oh, brutta assai! …

basilio Dunque vado …

rosina, conte, figaro, bartolo Vada, vada! Buona sera, mio signore, presto, andate via di qua. Maledetto seccatore! Pace, sonno e sanità.

basilio Buona sera ben di core poi diman si parlerà. Non gridate, ho inteso già.

(Parte) figaro

Orsù, signor Don Bartolo bartolo

Son qua. (Bartolo siede, Figaro gli cinge al collo un asciugatoio disponendosi a fargli la barba; durante l’operazione Figaro va coprendo i due amanti.)

Stringi, bravissimo. conte

Rosina, deh, ascoltatemi. rosina

V’ascolto; eccomi qua. (Siedono fingendo studiar musica) conte (A Rosina, con cautela)

atto secondo

75

bartolo A noi.

(Si dispone per sedere e farsi radere. In quella entra Basilio)

SCENA QUARTA Don Basilio, e detti. [quintetto]

rosina Don Basilio!

conte (tra sé)

Cosa veggo! figaro (tra sé)

Quale intoppo! bartolo

Come qua? basilio

Servitor di tutti quanti. bartolo (tra sé)

Che vuol dir tal novità? conte e figaro (tra loro)

Qui franchezza ci vorrà. rosina (tra sé)

Di noi che mai sarà? bartolo

Don Basilio, come state? basilio (Stupito)

Come sto? figaro (Interrompendo)

Or che s’aspetta? Questa barba benedetta la facciamo sì o no?

bartolo (A Figaro)

Ora vengo! (A Basilio)

Ehi… il Curiale? basilio (Stupito)

Il Curiale? conte (Interrompendo, a Basilio)

Io gli ho narrato che già tutto è combinato. Non è ver?

bartolo Sì, tutto io so.

basilio Ma, Don Bartolo, spiegatevi.

conte (interrompendolo, a Bartolo)

Ehi, Dottore, una parola. (A Basilio)

Don Basilio, son da voi. (A Bartolo)

Ascoltate un poco qua. (piano)

Fate un po’ ch’ei vada via, ch’ei ci scopra ho gran timore: della lettera, signore, ei l’affare ancor non sa.

bartolo (piano al Conte)

Dite bene, mio signore; or lo mando via di qua.

rosina (tra sé)

Io mi sento il cor tremar! figaro (piano a Rosina)

Non vi state a disperar. basilio (tra sé)

74

SCENA SESTA Berta, sola. berta

Che vecchio sospettoso! Vada pure e ci stia finché crepa… Sempre gridi e tumulti in questa casa; si litiga, si piange, si minaccia … Non v’è un’ora di pace con questo vecchio avaro, brontolone! Oh, che casa! Oh, che casa in confusione!

[aria] Il vecchiotto cerca moglie, vuol marito la ragazza; quello freme, questa è pazza. Tutti e due son da legar. Ma che cosa è questo amore che fa tutti delirar? Egli è un male universale, una smania, un pizzicore un solletico, un tormento Poverina, anch’io lo sento, né so come finirà. Oh! vecchiaia maledetta Son da tutti disprezzata E vecchietta disperata mi convien così crepar.

(Parte)

SCENA SETTIMA Camera con griglia come nel primo atto. Don Bartolo e Don Basilio. bartolo (Introducendo Don Basilio)

Dunque voi Don Alonso non conoscete affatto?

basilio Affatto.

bartolo Ah, certo il Conte lo mandò. Qualche gran trama qui si prepara.

basilio Io poi dico che quell’amico era il Conte in persona.

bartolo Il Conte?

basilio Il Conte.

(tra sé) La borsa parla chiaro.

bartolo Sia chi si vuole… amico, dal Notaro vo’ in questo punto andare; in questa sera stipular di mie nozze io vo’ il contratto.

basilio Il Notar? siete matto? Piove a torrenti, e poi questa sera il Notaro è impegnato con Figaro; il barbiere marita sua nipote.

bartolo Una nipote? Che nipote! Il barbiere non ha nipoti. Ah, qui v’è qualche imbroglio. Questa notte i bricconi me la voglion far; presto, il Notaro qua venga sull’istante.

(Gli dà una chiave) Ecco la chiave del portone: andate, presto, per carità.

basilio Non temete; in due salti io torno qua.

(Parte)

atto secondo

77

A mezzanotte in punto a prendervi qui siamo: or che la chiave abbiamo non v’è da dubitar.

figaro (Distraendo Bartolo)

Ahi! ahi! bartolo

Che cos’è stato? … figaro

Un non so che nell’occhio! Guardate… non toccate… soffiate per pietà.

rosina A mezzanotte in punto, anima mia, t’aspetto. Io già l’istante affretto che a te mi stringerà.

conte Ora avvertir vi voglio,

(Bartolo si alza e si avvicina agli amanti) cara, che il vostro foglio, perché non fosse inutile il mio travestimento…

bartolo (Scattando)

Il suo travestimento? Ah, ah! bravo, bravissimo! Sor Alonso, bravo! bravi! Pace, gioia, bricconi, birbanti! Ah, voi tutti quanti avete giurato di farmi crepar! Su, fuori, furfanti, vi voglio accoppar. Di rabbia, di sdegno mi sento crepar.

rosina, conte e figaro La testa vi gira. Ma zitto, Dottore,

vi fate burlar. Tacete, tacete, non serve gridar.

(tra loro) L’amico delira Intesi ci siamo, non v’è a replicar.

(Partono, meno Bartolo)

SCENA QUINTA Bartolo solo, poi Ambrogio, indi Berta. bartolo

Ah! disgraziato me! ma come! ed io non mi accorsi di nulla! Ah! Don Basilio sa certo qualcosa.

(dopo aver riflettuto) Ehi! chi è di là? Chi è di là?

(Compaiono Berta e Ambrogio da parti opposte)

Senti, Ambrogio: corri da Don Basilio qui rimpetto, digli ch’io qua l’aspetto, che venga immantinente che ho gran cose da dirgli e ch’io non vado perché... perché... perché... ho di gran ragioni. Va’ subito.

(Ambrogio parte ed entra Berta) (A Berta)

Di guardia tu piantati alla porta, e poi… no, no….

(tra sé) non me ne fido. Io stesso ci starò.

(Parte)

76

SCENA NONA Il Conte e Figaro, indi Rosina. figaro

Alfin, eccoci qua. conte

Figaro, dammi man. Poter del mondo! Che tempo indiavolato!

figaro Tempo da innamorati.

conte Ehi, fammi lume.

(Figaro accende i lumi) Dove sarà Rosina?

figaro (Spiando)

Ora vedremo! Eccola appunto.

conte (Con trasporto)

Ah, mio tesoro! rosina (Respingendolo)

Indietro, anima scellerata; io qui di mia stolta credulità venni soltanto a riparar lo scorno, a dimostrarti qual sono, e quale amante perdesti, anima indegna e sconoscente.

conte (Sorpreso)

Io son di sasso. figaro (Sorpreso)

lo non capisco niente. conte

Ma per pietà!… rosina

Taci. Fingesti amore per vendermi alle voglie di quel tuo vil Conte Almaviva …

conte (Con gioia)

Al Conte? Ah, sei delusa! oh me felice! Adunque tu di verace amore ami Lindoro… rispondi…

rosina Ah, sì! T’amai purtroppo!

conte Ah, non è tempo Di più celarsi, anima mia, ravvisa

(s’inginocchia gettando il mantello che viene raccolto da Figaro)

colui che sì gran tempo seguì tue tracce, che per te sospira, che sua ti vuole; mira, o mio tesoro, Almaviva son io, non son Lindoro.

[terzetto]

rosina (Stupefatta, con gioia)

Ah! qual colpo inaspettato! Egli stesso? o Ciel, che sento! Di sorpresa e di contento son vicina a delirar.

figaro (tra sé)

(Son rimasti senza fiato: ora muoion di contento. Guarda, guarda il mio talento che bel colpo seppe far!)

conte (tra sé)

Qual trionfo inaspettato! Me felice! oh bel momento! Ah! d’amore e di contento son vicino a delirar.

figaro (tra sé)

Son rimasti senza fiato ecc. rosina

Mio signor! ma voi… ma io…

atto secondo

79

SCENA OTTAVA Bartolo, indi Rosina. bartolo

Per forza o per amore Rosina avrà da cedere. Cospetto! Mi viene un’altra idea.

(Cava dalla tasca il biglietto datogli dal Conte) Questo biglietto che scrisse la ragazza ad Almaviva potria servir… Che colpo da maestro! Don Alonso, il briccone, senza volerlo mi die’ l’armi in mano. Ehi, Rosina, Rosina,

(Rosina dalle sue camere entra senza parlare) avanti, avanti. Del vostro amante io vi vo’ dar novella. Povera sciagurata! In verità collocaste assai bene il vostro affetto! Del vostro amor sappiate ch’ei si fa gioco in sen d’un’altra amante. Ecco la prova.

(Le dà il biglietto) rosina (Con doloroso stupore)

Oh cielo! il mio biglietto! bartolo

Don Alonso e il barbiere congiuran contro voi; non vi fidate. Nelle braccia del Conte d’Almaviva vi vogliono condurre.

rosina (tra sé)

In braccio a un altro! Che mai sento ah, Lindoro! ah, traditore! Ah sì! vendetta! e vegga, vegga quell’empio chi è Rosina.

(a Bartolo) Dite, signore, di sposarmi voi bramavate…

bartolo E il voglio.

rosina Ebben, si faccia! Io son contenta! ma all’istante. Udite: a mezzanotte qui sarà l’indegno con Figaro il barbier; con lui fuggire per sposarlo io voleva…

bartolo Ah, scellerati! Corro a sbarrar la porta.

rosina Ah, mio signore! Entran per la finestra. Hanno la chiave.

bartolo Non mi muovo di qui. Ma e se fossero armati? Figlia mia, poiché ti sei sì bene illuminata facciam così. Chiuditi a chiave in camera, io vo a chiamar la forza; dirò che son due ladri, e come tali, corpo di Bacco! l’avrem da vedere! Figlia, chiuditi presto; io vado via.

(Parte) rosina

Quanto, quanto è crudel la sorte mia! [temporale] Scoppia un temporale. Dalla finestra di prospetto si vedono freguenti lampi, e si sente il rumore del tuono. Sulla fine del temporale si vede dal di fuori aprirsi la gelosia, ed entrano uno dopo l’altro Figaro ed il Conte avvolti in mantelli e bagnati dalla pioggia. Figaro avrà in mano una lanterna.

78

figaro Ve’, ve’, il nostro Notaro. Allegramente. Lasciate fare a me. Signor Notaro:

(Basilio e il Notaro si rivolgono e restano sorpresi. Il Notaro si avvicina a Figaro)

dovevate in mia casa stipular questa sera il contratto di nozze fra il conte d’Almaviva e mia nipote. Gli sposi, eccoli qua. Avete indosso la scrittura? Benissimo.

(Il notaio cava la scrittura) basilio

Ma piano. Don Bartolo… dov’è?

conte (Chiamando a parte Basilio, cavandosi un anello dal dito, e additandogli di tacere)

Ehi, Don Basilio, quest’anello è per voi.

basilio Ma io…

conte (Cavando una pistola)

Per voi vi son ancor due palle nel cervello se v’opponete.

basilio (Prende l’anello)

Oibò, prendo l’anello. Chi firma?

conte e rosina Eccoci qua.

(Sottoscrivono) conte

Son testimoni Figaro e Don Basilio. Essa è mia sposa.

figaro e basilio Evviva!

conte Oh, mio contento!

rosina Oh, sospirata mia felicità!

figaro, basilio Evviva!

(Nell’atto che il Conte bacia la mano a Rosina, Figaro abbraccia goffamente Basilio, ed entrano Don Bartolo e un Ufficiale con Soldati)

SCENA ULTIMA Bartolo, un Ufficiale con Soldati, e detti. bartolo (Additando Figaro ed il Conte all’Ufficiale ed ai soldati, e slanciandosi contro Figaro)

Fermi tutti. Eccoli qua. ufficiale

Colle buone, signor. bartolo

Signor, son ladri. Arrestate, arrestate.

ufficiale Mio signore, il suo nome?

conte Il mio nome è quel d’un uomo d’onor. Lo sposo io sono di questa…

bartolo Eh, andate al diavolo! Rosina esser deve mia sposa: non è vero?

rosina Io sua sposa? Oh, nemmeno per pensiero.

bartolo Come? Come, fraschetta? Ah, son tradito!

(additando il Conte) Arrestate, vi dico è un ladro.

atto secondo

81

conte Ah, non più, non più, ben mio. Il bel nome di mia sposa, idol mio, t’attende già.

rosina Il bel nome di tua sposa oh, qual gioia al cor mi dà!

conte Sei contenta?

rosina Ah! mio signore!

rosina e conte Dolce nodo avventurato che fai paghi i miei desiri! Alla fin de’ miei martiri tu sentisti, Amor, pietà.

figaro Presto andiamo, vi sbrigate; via, lasciate quei sospiri. Se si tarda, i miei raggiri fanno fiasco in verità.

(Guardando fuori del balcone) Ah! cospetto! che ho veduto! Alla porta una lanterna due persone! che si fa?

conte Hai veduto due persone? Una lanterna?

figaro Sì, signore.

rosina, conte e figaro Che si fa? Zitti, zitti, piano, piano, non facciamo confusione; per la scala del balcone presto andiamo via di qua.

(vanno per partire) [recitativo]

figaro Ah, disgraziati noi! come si fa?

conte Che avvenne mai?

figaro La scala…

conte Ebben?

figaro La scala non v’è più.

conte Che dici?

figaro Chi mai l’avrà levata?

conte Quale inciampo crudel!

rosina Me sventurata!

figaro Zi… zitti… sento gente. Ora ci siamo. Signor mio, che si fa?

conte (Si avvolge nel mantello)

Mia Rosin, coraggio. figaro

Eccoli qua. (Si ritirano verso una delle quinte)

SCENA DECIMA Don Basilio con lanterna in mano, introducendo un Notaio con carte in mano. basilio (Chiamando alla quinta opposta)

Don Bartolo! Don Bartolo! figaro (Accennando al Conte)

Don Basilio. conte

E quell’altro?

80

bartolo Ma insomma, io ho tutti i torti!…

figaro Eh, purtroppo è così!

bartolo (A Basilio)

Ma tu, briccone, tu pur tradirmi e far da testimonio! …

basilio Ah, Don Bartolo mio, quel signor Conte certe ragioni ha in tasca, certi argomenti a cui non si risponde.

bartolo Ed io, bestia solenne, per meglio assicurare il matrimonio, io portai via la scala dal balcone.

figaro Ecco che fa un’Inutil Precauzione.

bartolo Ma e la dote? Io non posso…

conte Eh, via; di dote io bisogno non ho: va, te la dono.

figaro Ah, ah! Ridete adesso? Bravissimo, don Bartolo, ho veduto alla fin rasserenarsi quel vostro ceffo amaro e furibondo. Eh, i bricconi han fortuna in questo mondo.

rosina Dunque, signor don Bartolo?

bartolo Sì, sì, ho capito tutto.

conte Ebben, dottore?

bartolo Sì, sì, che serve? Quel ch’è fatto è fatto. Andate pur, che il ciel vi benedica.

figaro Bravo, bravo, un abbraccio; venite qua, dottore.

rosina Ah, noi felici!

conte Oh, fortunato amore!

(si danno la mano) [finaletto II]

figaro Di sì felice innesto serbiam memoria eterna; io smorzo la lanterna; qui più non ho che far.

(Smorza la lanterna) berta, bartolo, basilio e soldati

Amore e fede eterna si vegga in voi regnar.

rosina Costò sospiri e pene un sì felice istante: alfin quest’alma amante comincia a respirar.

berta, bartolo, basilio e soldati Amore e fede eterna si vegga in voi regnar.

conte Dell’umile Lindoro la fiamma a te fu accetta, più bel destin t’aspetta, su, vieni a giubilar!

tutti Amore e fede eterna si vegga in voi/noi regnar.

atto secondo

83

figaro Or or l’accoppo.

bartolo È un furfante, è un briccon.

ufficiale (al Conte)

Signore… conte

Indietro! ufficiale (con impazienza)

Il nome? conte

Indietro, dico, indietro ufficiale

Ehi, mio signor! Basso quel tono. Chi è lei?

conte (scoprendosi)

Il Conte d’Almaviva io sono. [recitativo]

bartolo Il Conte! Ah, che mai sento! Ma cospetto!

conte T’accheta, invan t’adopri, resisti invan. De’ tuoi rigori insani giunse l’ultimo istante. In faccia al mondo

(toglie la scrittura di nozze dalle mani del Notaro e la dà all’Ufficiale)

io dichiaro altamente costei mia sposa. (a Rosina)

Il nostro nodo, o cara, opra è d’amore. Amore, che ti fe’ mia consorte a te mi stringerà fino allla morte. Respira ormai: del fido sposo in braccio, vieni, vieni a goder più lieta sorte.

bartolo Ma io…

conte Taci!

bartolo Ma voi…

conte Olà, t’accheta. Cessa di più resistere, mio cimentar mio sdegno. Spezzato è il gioco indegno di tanta crudeltà. Della beltà dolente, d’un innocente amore l’avaro tuo furore più non trionferà.

(a Rosina) E tu, infelice vittima d’un reo poter tiranno, sottratta al gioco barbaro, cangia in piacer l’affanno e in sen d’un fido sposo gioisci in libertà. Cari amici…

soldati Non temete.

conte Questo nodo…

soldati Non si scioglie, sempre a lei vi stringerà.

(il Notaro presenta a Bartolo la scrittura. Egli la legge dando segno di dispetto) conte

Ah, il più lieto, il più felice è il mio cor de’ cori amanti; non fuggite, o lieti istanti della mia felicità.

soldati Annodar due cori amanti è piacer che egual non ha.

82

SUL SET DE IL BARBIERE DI SIVIGLIA TEATRO DELL’OPERA DI ROMA STAGIONE 2020/21 foto di yasuko kageyama

86

Andrzej Filonczyk Figaro Ruzil Gatin Conte d’Almaviva

Ruzil Gatin Andrea Noferini Antonio Maria Pergolizzi

Vasilisa Berzhanskaya Rosina

91

Alessandro Corbelli Don Bartolo

Patrizia Biccirè Berta

Paolo Musio Ambrogio

Andrzej Filonczyk

95

Andrzej Filonczyk Vasilisa Berzhanskaya

Ruzil Gatin Vasilisa Berzhanskaya

Ruzil Gatin

Vasilisa Berzhanskaya

100

Andrzej Filonczyk Alessandro Corbelli

Alex Esposito Don Basilio

Ruzil Gatin Vasilisa Berzhanskaya Alessandro Corbelli Andrzej Filonczyk

Ruzil Gatin Daniele Gatti Vasilisa Berzhanskaya Alessandro Corbelli

Mario Martone

Mario Martone e Daniele Gatti

Alex Esposito Alessandro Corbelli Mario Martone

Vasilisa Berzhanskaya Mario Martone

Andrzej Filonczyk Daniele Gatti Ruzil Gatin

120

Mario Martone

122

Il barbiere di Siviglia (1816) di fedele d’amico

Dall’autunno 1815 al 1822, ossia dai ventitré ai trent’anni d’età, Ros-sini fu stabilmente al servizio dei Teatri Reali di Napoli, come com-positore e direttore musicale; ma con diritto a periodiche “licenze” che gli davano la possibilità di comporre per teatri d’altre città, e na-turalmente in loco, perché a quei tempi il compositore d’opere ita-liane scriveva per cantanti determinati, e aveva l’obbligo di con-certarli. Appunto durante la prima di queste licenze, poche settimane dopo l’esordio al San Carlo con l’Elisabetta regina d’In-ghilterra sua quindicesima opera (4 ottobre 1815), Rossini si trovò in mano l’occasione del Barbiere di Siviglia.  Era a Roma e stava componendo il Torvaldo e Dorliska, in cartellone al Teatro Valle per il 26 dicembre; il giorno della prima firmò con il Teatro Argentina una scrittura che l’obbligava a mettere in mu-sica un libretto buffo di Jacopo Ferretti. Ma questo libretto, una volta scritto, al duca Sforza Cesarini impresario dell’Argentina non piacque, sì che il librettista fu sostituito da un altro, Cesare Ster-bini, che stava appunto debuttando in quella professione col Tor-valdo; e Rossini, caso per lui nuovo, poté concordare il soggetto: Le barbier de Séville ou La précaution inutile di Beaumarchais, la ce-leberrima commedia andata in scena a Parigi nel 1775, soggetto già utilizzato da otto compositori di vari paesi. S’era ormai in grave ri-tardo, ma i due autori ressero bravamente all’impegno. Sterbini firmò la scrittura il 17 gennaio (1816) e consegnò il prim’atto il 25, il secondo il 29; Rossini, per parte sua, il prim’atto il 6 febbraio, il secondo non si sa esattamente quando, ma certo non molto dopo perché s’andò in scena il 20, e i cantanti avranno ben dovuto im-parare le loro parti. Velocità da copista, dunque, se si pensa che la partitura riempie 600 pagine; la quale nel manoscritto (ora al Museo della Musica di Bologna) è tutta autografa, salvo i recita-tivi, le ripetizioni nei pezzi d’insieme e la parte della chitarra nelle strofette di Almaviva-Lindoro «Se il mio nome saper voi bramate», che evidentemente Rossini aveva lasciato all’improvvisazione del cantante, limitandosi ad indicare stenograficamente due volte, con un paio d’accordi, una modulazione. L’autografo manca inoltre della sinfonia, reca semplicemente, allegata, una copia della parte del basso della sinfonia dell’Aureliano in Palmira (composta nel

Gioachino Rossini, litografia di Henri Grévedon, Parigi, 1928

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1813): tale era l’uso di Rossini, quando trapiantava una sinfonia dal-l’una all’altra delle sue opere. Senonché, quando avvenne questo trapianto? La tradizione vuole che avvenisse dopo la stagione del-l’Argentina, o comunque dopo la prima rappresentazione; giacché Giuseppe Radiciotti nella sua monumentale biografia di Rossini (1927-1929) riferisce d’aver saputo da Édouard Michotte, intimo de-gli ultimi anni di Rossini, avergli il maestro raccontato d’aver com-

posto originariamente, per il Barbiere, una sinfonia su temi spa-gnoli fornitigli da Manuel García primo interprete di Almaviva: sin-fonia che poi sarebbe stata sostituita da quella dell’Aureliano, e di-venuta irreperibile (forse distrutta). Ma il leader della nuova musicologia rossiniana, Philip Gossett, nel racconto di Michotte fiuta un quiproquo della memoria, e pensa che questa sinfonia «spagnola» non sia mai esistita, motivo per cui il trapianto sa rebbe avvenuto fin dalle origini.1 Conviene comunque aggiungere che la sinfonia dell’Aureliano era stata già premessa da Rossini, con alcune varianti soprattutto nell’orchestrazione, alla citata Elisa-betta, e che appunto in tale versione fu poi quasi dappertutto ese-guita, anche in concerto, come «sinfonia del Barbiere di Siviglia» sino a pochi anni fa, allorché la versione dell’Aureliano è tornata a riapparire nella prassi, almeno teatrale.  Sinfonia a parte, è falso che Rossini trapiantasse nella nuova opera pezzi compiuti di lavori precedenti, vero soltanto che ne utilizzò brevi disegni, spunti. Precisamente: l’idea principale del coro d’in-troduzione, «Piano, pianissimo», e il disegno orchestrale del cre-scendo nell’aria della calunnia provengono dal Sigismondo; le prime battute della cavatina di Lindoro «Ecco ridente in cielo» e l’«Io sono docile» di quella di Rosina dall’Aureliano in Palmira; lo scatto di Rosina «Ah, tu solo, amor, tu sei» nel duetto con Figaro da La cam-biale di matrimonio; il disegno orchestrale alle parole «I confetti alla ragazza» nell’aria di Bartolo da Il signor Bruschino; il «Dolce nodo av-venturato» nell’ultimo duetto degli amanti dalla cantata Egle ed Irene; il conclusivo «Di sì felice innesto» dalla cantata L’aurora; frammenti del Temporale da varie fonti.  La compagnia si giovò di tre protagonisti di cartello ossia, oltre al citato Manuel García (capostipite, sia detto per inciso, della più fe-nomenale famiglia canora che si ricordi: suoi figli furono Maria Ma-libran, Pauline Viardot e Manuel García figlio, il maggiore teorico e didatta di canto del secolo); Geltrude Righetti-Giorgi, bolognese, coetanea e amica di Rossini, la quale, ritiratasi giovanissima dalle scene con il suo matrimonio, vi tornò per l’occasione; Luigi Zamboni (Figaro), che sebbene prossimo alla cinquantina era fra i più repu-tati buffi in circolazione. Di classe inferiore gli altri due buffi, cioè

Frontespizio della partitura nella riduzione per cembalo solo, edita da Sauer & Liedesdorf, Vienna 1823-1826 (Fondazione G. Rossini)

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Bartolomeo Botticelli (Don Bartolo) e Zenobio Vitarelli (Don Basi-lio), che oltretutto aveva fama di jettatore. Degli altri il libretto ri-porta solo i nomi di Elisabetta Loyselet (Berta) e Paolo Biagelli (Fio-rello). Primo violino di spalla (perciò direttore dell’orchestra) Giovanni Landoni, maestro al cembalo Camillo Angelini, «pittore delle scene» Angelo Toselli, «direttore del vestiario» Federico Mar-chesi. L’opera andò in scena il 20 febbraio col titolo Almaviva o sia L’inutile precauzione (per rispetto a Paisiello, spiegava sul libretto un «avvertimento degli autori pieno di riverenza all’«immortale» autore di quel Barbiere che, nato a Pietroburgo nel 1782, ancora cir-colava per le scene d’Europa, anche se su quelle di Roma non era mai salito; ma fors’anche, si può supporre, per accontentare il divo García, che da tale titolo era elevato al rango di protagonista); e toccò alla prima sera un insuccesso clamorosissimo. Questo si è at-tribuito all’azione combinata dei fedelissimi di Paisiello e degl’im-presari del Teatro Valle. Ora quanto a questi ultimi, l’affermazione è insostenibile se si pensi all’amicizia fervidissima che legava Ros-sini ad uno di loro, Pietro Cartoni, una figlia del quale Rossini aveva tenuto a battesimo appunto in quei giorni (e per il Valle Rossini aveva appena composto Torvaldo e Dorliska, e appena nove giorni dopo la prima del Barbiere firmò la scrittura per un’opera nuova, che sarebbe stata La Cenerentola). Ma quanto ai primi, l’affermazione tradizionale non riposa su alcun dato di fatto preciso, e non è nep-pure verosimile, essendo la prassi di musicare più volte lo stesso soggetto normalissima all’epoca; già parecchi compositori ave-vano affrontato la commedia di Beaumarchais dopo Paisiello senza destare alcuno scandalo, e in quello stesso 1816 Francesco Morlac-chi l’avrebbe riaffrontata, e addirittura nello stesso libretto musi-cato da Paisiello. Più saggio è immaginare che l’insuccesso, oltre a deficienze dell’esecuzione, si dovesse ai non pochi elementi nuovi che l’opera offriva, anche dal semplice punto di vista delle con-venzioni melodrammatiche. Esempio: il tenore canta la sua cava-tina di sortita nell’introduzione, il primo buffo canta la sua, dopo di che, mentre il pubblico si attende quella della primadonna, il pros-simo assolo è ancora del tenore, e quando la primadonna sembra rispondergli è solo per due battute.  Comunque, data anche per possibile la «cabala», come allora si di-ceva, dei paisielliani & C., non s’intende bene come costoro fossero così bene organizzati da scatenare tutto un pubblico alla loro causa, ma soltanto per una sera; visto che la sera successiva, e le po-che altre che la seguirono (la stagione terminava d’obbligo il mar-tedì grasso, che quell’anno cadde una settimana dopo la prima) fu-rono trionfali. L’anno stesso, già col titolo che le è poi rimasto per sempre, l’opera apparve a Bologna e a Firenze, l’anno dopo in altre otto città italiane più Barcellona, quindi, per tacer dell’Italia, nel ’18 arrivò a Londra, nel ’19 a Vienna e Lisbona, nel ’21 a Monaco di Ba-viera, Lipsia, Bruxelles, Madrid, Breslavia, Amsterdam, nel ’22 a Stoccarda, Kassel, Strasburgo, Rotterdam, Riga, Hannover, Berlino. A soli dieci anni dalla prima, cioè nel ’26, arrivò addirittura a New

York nel teatro diretto dal settantasettenne Lo-renzo da Ponte, il librettista di Mozart in persona (con Manuel García e sua moglie, e i figli Maria Malibran e Manuel). E rimase poi sempre, via via tradotta in decine di lingue, una delle opere più rappresentate del mondo, apprezzata anche da antirossiniani giurati come Berlioz e Schumann, sopravvivendo all’eclissi che a partire dal 1860 circa colpì progressivamente tutte le altre opere di Rossini tranne apparizioni isolatissime, e perciò fi-nendo con l’identificarsi nelle menti, almeno fino agli anni ’20 del Novecento, con l’immagine stessa di lui.  Di questo successo l’opera pagò tuttavia un prezzo assai caro: si adeguò, nella prassi, al mutare del gusto delle platee, che sempre più pretende-vano forti tinte, e corrispondentemente a quello degl’interpreti, sempre più lontani dal belcanto; e questo deformò la sua fisionomia ad un grado che probabilmente non conobbe alcun’altra opera della storia. Indichiamo i punti principali di questa deformazione. La rarefazione di mezzosoprani ca-paci d’agilità portò ben presto Rosina a trasfor-marsi in un soprano e poco dopo in un soprano leggero, e perciò a mutare vari passi della sua parte (oltre che a trasportare la sua cavatina da Mi a Fa maggiore con la conseguenza di farle perdere quel carattere che Stendhal descrive come di una «sveglia vedo-vella, e non già giovinetta diciottenne»). S’aggiunga l’uso, rimasto vivo sino ai primi del nostro secolo, di sostituire la sua aria della le-zione con un altro pezzo qualsiasi, non importa di quale autore, ad arbitrio dell’interprete. Altro personaggio colpito, Don Bartolo. Già nel novembre 1816, a Firenze, l’interprete giudicò la sua aria («A un dottor della mia sorte») troppo difficile, al che il maestro di cappella della Pergola, Pietro Romani, provvide sostituendola con un’altra («Manca un foglio») di sua composizione, la quale fu stampata in

Frontespizio del libretto originale della prima rappresentazione assoluta al Teatro Argentina di Roma, 1816

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innumerevoli spartiti e rimase in uso, tranne eccezioni rarissime, per oltre un secolo, a poco a poco scomparendo solo negli anni ’40. La sostituzione s’impose stabilmente perché permise di scritturare, nella parte, interpreti di second’ordine, ma questo appunto, unito alla scomparsa d’un pezzo di prodigiosa raffinatezza psicologica e musicale, dequalificò il personaggio alla mera convenienza d’un “ruolo”. Altro personaggio che mutò fisionomia, Don Basilio, il sor-dido maestro di musica «sempre in ginocchio di fronte a uno

scudo», come il Figaro di Beaumarchais lo definisce al Conte: la go-yesca icasticità con cui Rossini ne fa la caricatura scomparve nella prassi poco a poco e ne sortì una figura pseudodemoniaca, dalla voce cavernosa (l’aria della calunnia sprofondando dal Re al Do maggiore) e dal lazzo perenne. Al tempo stesso, numerose e non in-nocue modifiche s’erano insinuate nell’orchestrazione, tra l’altro in-troducendo tromboni e timpani, ed eliminando gli ottavini.  Ma peggio fu lo sgretolamento della continuità ritmica, determi-nato dalla centrifuga tendenza di troppi cantanti ad enfiare il par-ticolare virtuosistico e, soprattutto, comico, sino a sboccare in effetti trivialmente farseschi; tendenza che neppure i più specia-lizzati direttori, ancora nei primi decenni del nuovo secolo, riusci-rono a frenare (sintomatico l’atteggiamento di Toscanini, che dopo un esperimento a Palermo nel 1892 e uno a Buenos Aires nel 1906 si rifiutò sempre di dirigere il Barbiere). Eppure tutto questo valse anche da collaudo: nonostante tali deformazioni i punti di forza di quest’opera si dimostrarono così invulnerabili da mantenerne il successo anche presso le élites. Forse il primo avvio a riconqui-starne tutti i valori si dové alla riapparizione, negli anni ’20, della Ce-nerentola e dell’Italiana in Algeri, opere sulle quali, data la lunga as-senza dalle scene, non esisteva routine, e che perciò direttori come Vittorio Gui o Tullio Serafin poterono impostare senza difficoltà nella giusta luce: la sovrana eleganza del comico rossiniano ne sortì immacolata, fornendo alla futura resurrezione del vero Bar-biere un modello. Altro evento importante fu l’apparizione nel 1932 di un’edizione diplomatica presso Ricordi (anonima, ma curata da Maffeo Zanon), che sia pur lentamente fu presa in considerazione da alcuni direttori; e infine nel ’69 apparve, sempre presso Ricordi, quella critica, a cura di Alberto Zedda.2 Come primo caso, nella prassi, di ritorno incondizionato allo spirito e alla lettera del ritmo rossiniano – questo ritmo capace di delirare proprio in virtù d’una quasi meccanica esattezza – e insieme ad un gioco mimico del tutto ignaro di volgarità, si può ricordare l’esecuzione diretta da Carlo Maria Giulini nel 1965 al Teatro dell’Opera di Roma, regista Eduardo De Filippo. E un livello forse anche superiore raggiunse nel ’68, dal punto di vista musicale, quella presentata ai Salzburger Fest spiele da Claudio Abbado (poi ripresa più volte altrove, anche su di-sco), che poté giovarsi dell’edizione critica prima ancora della sua pubblicazione.  Dal punto di vista stilistico e da quello formale il Barbiere non si di-stingue dalle altre opere buffe di Rossini, né in ciò ch’esse accet-tano della tradizione né in ciò che offrono di nuovo. Ma da un al-tro punto di vista, nell’atto stesso in cui tocca il vertice del Rossini buffo e (i due capolavori di Mozart sono casi a parte) di tutta la sto-ria del genere, il Barbiere costituisce un unicum; e questo, grazie allo stimolo fornito da una commedia d’alto livello, che il libretto – caso senza precedenti salvo Le nozze di Figaro – serba sostan-zialmente intatta. All’epoca infatti, come nel secolo precedente, trarre un libretto da una commedia significava ridurne il soggetto

Manoscritto del libretto

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ad uno schema assimilabile a cento altri, sopprimendone i tratti specifici; e tale è per esempio quello del Barbiere di Siviglia di Pai-siello, opera infatti piena di grazia e di spirito ma non diversa da tante altre dei suoi tempi se non per la qualità non comune. Invece il libretto di Sterbini non solo accetta la commedia di Beaumar-chais nella sua integrità, ma ne sottolinea appunto i lati più spe-cifici, e addirittura li sviluppa attraverso invenzioni e situazioni nuove. Questo si vede soprattutto nel personaggio di Figaro, che nell’opera di Paisiello non ha rilievo particolare, mentre in quella di Rossini ne ha tanto da uscirne una delle massime figure della storia dell’opera; e questo, in piena consonanza col personaggio che Beaumarchais aveva creato trasformando l’antichissimo ruolo del servo in un esponente di quello spirito d’intraprendenza, in-trepido attraverso qualsiasi rovescio della fortuna e nonostante l’inferiorità sociale, perciò in un simbolo dello spirito borghese in lotta contro il privilegio della nascita. Figaro era d’altronde una sorta d’autoritratto; ché anche il suo inventore fu uomo dai cento mestieri e dai continui alti e bassi (conobbe anche il carcere, più d’una volta). Beaumarchais gli dedicò, dopo Le barbier de Séville, la commedia Le mariage de Figaro (fonte delle Nozze di Figaro) e il dramma La mère coupable: due commedie che ci ripresentano i principali personaggi del primo in fasi ulteriori della loro esistenza, e perciò in una luce non identica. Così Figaro (tralasciando La mère coupable, che non aggiunge nulla alla sua figura, né d’altronde alla fama del suo autore) acquista i suoi connotati più prossimi a spi-riti rivoluzionari nel Mariage dove, divenuto servitore di Almaviva ormai marito di Rosina, si vede la promessa sposa insidiata dal conte e ne esce vittorioso. Invece il Figaro del Barbiere esalta piut-tosto il suo piacere dell’avventura, dell’intrigo, in una ottimistica gioia di vivere che nulla può definir meglio di quanto Beaumar-chais scrisse in carcere nei suoi Mémoires: «Credo che la varietà delle sofferenze e dei piaceri, dei timori e delle speranze, sia il vento fresco che mette in moto il naviglio e lo spinge allegra-mente avanti per la sua strada». Non per questo cela il momento socialmente rivoluzionario che è in lui, giacché di fronte ad Alma-viva non si pone come devoto servitore ma tratta con lui da pari a

pari. Nel momento, infatti, in cui accetta di aiutarlo alla conquista di Rosina dietro un compenso in denaro, gli dichiara seccamente: «Per rassicurarvi non userò affatto le grandi frasi di onore e devo-zione di cui tutti abusano; io non ho che una parola: il mio inte-resse vi risponde di me, pesate ogni cosa a questa bilancia».  Ora entrambi i motivi – il piacere vitalistico dell’intrigo, la molla “borghese” del danaro – si fondono nel flusso testo-musica per tutta l’opera. Esempio tipico, il duetto corrispondente alla scena del patto fra il Conte e Figaro. Materialmente la battuta che abbiamo citato è scomparsa; ma in compenso c’è un dialogo sulla capacità dell’oro a produrre idee geniali che le equivale, liricamente esal-

Rossini al pianoforte circondato dai suoi personaggi. Litografia 1850 c.a

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tandola. Questo duetto s’apre infatti con quattro versi di Figaro: «All’idea di quel me-tallo | portentoso, onnipossente | un vulcano la mia mente | già comincia a diventar»; e la musica dà estremo rilievo ai primi due con un disegno vocale (Allegro maestoso) enfa-ticamente basato su grandi intervalli; e su-bito muta il tempo in Vivace per descrivere in vorticosi vocalizzi il «vulcano della mente». Segue in orchestra un tema nuovo sullo sfondo del quale, dopo che il conte ha ripreso l’immagine del vulcano, Figaro for-mula poco a poco le sue trovate: il conte do-vrà travestirsi da soldato, presentarsi in casa di Don Bartolo, fingersi ubriaco... Ad ogni idea i due reagiscono con crescente entu-siasmo («Che invenzione prelibata!», escla-mano, su una variante della musica del «vul-cano»); e par proprio di assistere, per virtù della musica, alla germinazione delle «in-venzioni» di Figaro dall’idea primaria dell’«oro». Il duetto si conclude infine con una cabaletta travolgente, che s’inizia con un pretesto futilissimo (in Beaumarchais son tre righe): Figaro spiega al conte l’indirizzo della sua bottega, sillabandolo per ben ven-

totto battute sulla stessa nota, mentre il tema musicale del brano resta all’orchestra; ma poi, sulla stessa base orchestrale, i due per-sonaggi divergono, l’uno versando in voluttuosi vocalizzi la sua fe-lice attesa, l’altro affidando alle eccitate sillabazioni d’un “par-lante” la certezza di raggiungere presto le sue ben diverse aspirazioni («Già viene l’oro, | già vien l’argento, le di me stesso | maggior mi fa»).  Rossini d’altronde aveva già presentato Figaro in una luce radiosa scagliandolo in scena con la cavatina «Largo al factotum», pezzo senza precedenti nella storia dell’opera, sia per la violenza ritmica

e timbrica (l’orchestra vi sostiene una parte di grande rilievo), sia per la complessità della forma, che si vale di ben sette temi le cui entrate ed uscite non seguono alcuno schema tradizionale ma solo i capricci del testo. Vocalmente, Figaro mostra già qui i carat-teri del “buffo nobile”, ossia propriamente “cantante”, con forte ten-denza verso gli acuti (il che lo assimila al moderno baritono, deno-minazione che nel 1816 non aveva ancora corso ufficiale); ma non gli mancano tratti di sillabazioni su note ribattute, ancorché d’ese-cuzione virtuosistica, dato il tempo assai rapido. Il risultato è l’esi-bizione di un personaggio poliedrico, pronto a mutar direzione, e sempre sotto il segno d’una vitalità irrefrenabile. Non c’è dubbio, già a questa sua presentazione (oltretutto sapientemente ritardata da una suspense: per oltre quaranta battute l’orchestra ci annun-cia il suo arrivo, mentre della sua voce ci raggiunge ogni tanto qualche «la ran la ran» fuori scena) Figaro si dà trionfalmente a co-noscere come il protagonista. E tale egli si manterrà sino alla fine: barbiere, farmacista, sensale, «factotum della città», è lui il primo motore di quella vertiginosa allegrezza che domina tutta l’opera: a tal punto ch’egli può guardarla dall’alto in basso. Nel terzetto dello scioglimento, quando Lindoro si darà a conoscere per il Conte e Rosina gli cadrà fra le braccia, il paraninfo esprimerà la sua sod-disfazione per il colpo riuscito rifacendo burlescamente il verso ai gorgoglii amorosi dei due: il suo gioco trascende il loro amore.  Gli altri personaggi nascono tutti, in Beaumarchais, dalla tradi-zione del teatro comico italo-francese, ma la scintillante perti-nenza psicologica del dialogo, sostenuta da una drammaturgia serrata e agilissima, ne fa altrettanti caratteri realisticamente in-dividuati, che per di più l’onnipresenza diretta o indiretta di Figaro mette alla frusta. Come tali li accoglie Rossini, che adotta analo-gamente i tipi psicologici che l’opera buffa aveva collegato ai ri-spettivi ruoli vocali, ma mettendola a fuoco col dotare ogni perso-naggio d’un suo linguaggio inconfondibilmente specifico. Unica lieve variante a questa tipologia, la parte della protagonista – gio-vane, innamorata – affidata ad un contralto (secondo la termino-logia dell’epoca; secondo Celletti si tratta di mezzocontralto, come l’Isabella dell’Italiana, ma in verità la sua tessitura è leggermente più acuta) anziché ad un soprano; ma in ben altre quattro opere buffe Rossini fece altrettanto, e in questa se ne giovò per insinuare nelle grazie e civetterie di Rosina tratti di energia volitiva (la «sve-glia vedovella» di Stendhal).  Di norma, nessuno dei personaggi canta più d’un’aria. Eccezione ap-parente è che Bartolo accenni, in più, un’«arietta» pseudosette-centesca prima della lezione di musica, nella quale Rossini mette in burla la musica del tempo andato (non esclusa quella di Pai-siello); perché ne intona appena le prime battute. Eccezione al-trettanto apparente è l’«aria della lezione», nella quale s’intro-mette un dialogo tra Rosina e il Conte. Eccezione reale è invece quella fornita dal Conte, che non solo, all’inizio dell’opera, canta due serenate, ma alla fine dell’opera, dopo lo scioglimento, ha una

Rossini che sostiene i personaggi delle sue opere: Otello, Rosina e Figaro. Litografia da un disegno di Eugène Delacroix, Parigi 1821

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grande aria in tre tempi, irta di virtuosismi. Senonché quest’aria, drammaturgicamente più che superflua, e scritta evidentemente per compiacere il divo della serata, è da tempo immemorabile scomparsa dalle scene.3  D’altronde le arie del Barbiere, giusta la tradizione buffa ma in mi-sura particolarmente rilevante, sono pezzi “d’azione” in quanto elementi di un dialogo il cui interlocutore interviene non solo nel recitativo: il personaggio che canta un’aria si rivolge sempre ad un altro personaggio, o almeno (nelle due grandi cavatine di Figaro e di Rosina) al pubblico. Soltanto uno dei pezzi assolo è propria-mente un monologo, la breve aria di Berta, che ha la funzione drammaturgica di far da cesura fra i due quadri del second’atto, e al tempo stesso col suo ritmo metronomico, che suggerisce movi-menti non più giovani, giunture non più elastiche, ci dà una gen-tile caricatura della vecchia governante.  Importanza non minore hanno i pezzi d’assieme, che comunque oc-cupano la più gran parte della partitura. Più che mai in essi si defi-niscono, dal reciproco confronto, i diversi caratteri; ma alcuni hanno anche il compito di travolgerli infine tutti in una comune sfrena-tezza. In un caso anzi questa sfrenatezza è celebrata come valore a sé; ed è decisamente nella stretta dell’Introduzione (atto primo), allorché, dopo la cavatina-serenata di Almaviva accompagnata da un corpo di chitarristi, i ringraziamenti di costoro per la lauta man-cia ricevuta sboccano in un tumulto convulso, invano contrastato dal loro caporione e dal Conte: episodio assolutamente superfluo all’azione (e difatti ignoto a Beaumarchais) ma essenziale a pre-sentarci, per così dire, il biglietto da visita dell’autore, facendoci toc-car con mano la sua astronomica distanza dallo spirito di Paisiello, come di ogni altro compositore del passato.  Non a caso, comunque, cuore dell’opera è il grandioso finale del-l’atto primo, che consta sostanzialmente di cinque pezzi (il primo soltanto dei quali fondato su Beaumarchais), tra loro diversissimi eppure irresistibilmente gravitanti l’uno sull’altro. Il primo (Mar-ziale) è la scena, musicalmente alquanto complessa, in cui Almaviva s’introduce in casa di Bartolo come soldato ubriaco: si basa su due temi, l’uno dei quali sintetizza il «soldato» e l’«ubriaco» in un ge-

sto solo, e l’altro è il rapito e anelante a parte dell’innamorato («Ah, ve nisse il caro oggetto!»). Il secondo (Allegro), ritmo brillante con un che d’imperioso, è l’entrata di Figaro, che tronca la mezza rissa scatenata dal finto ubriaco. Ma il fracasso ha richiamato la forza pubblica, che bussa alla porta; e benché il tempo non muti, il ritmo smussa i suoi accenti in una modula-zione assai ardita che dice la sospen-sione degli animi. Sicché la forza pub-blica entra (Vivace), e subito l’ufficiale è circondato dagli astanti, ognuno dei quali gli fornisce la sua versione dei fatti in uno pseudofugato sillabato a velocità frenetica. Ma Almaviva, sul punto d’essere arrestato, esibisce la sua identità all’ufficiale, che di colpo si mette sull’attenti; donde il «quadro di stupore» (Andante): «Fredda ed im-mobile | come una statua, | fiato non restami | da respirar». Ciascuno ri-prende dall’altro la stessa frase, salvo Figaro che interviene, come dall’alto, con una sorta di canora risata («Guarda Don Bartolo, | sembra una statua»). Poche battute rompono in-fine l’incanto, e avviano il quinto pezzo, la stretta (Vivace): «Mi par d’esser con la testa | in un’orrida fucina, | dove cresce e mai non re-sta dell’incudini sonore | l’importuno strepitar». La musica prende i versi di questa strofa, e di quella che la segue, alla lettera, e monta una scena mirabolante di sibili, vampate, fiammate lingueggianti, in un ridevole delirio. La situazione, in sé, è quasi un punto obbligato dell’opera buffa in genere; ma Rossini la porta ad un parossismo quale i suoi predecessori non avevano mai sospettato, superando

Il contratto tra Rossini e il duca Francesco Cesarini-Sforza, impresario del Teatro Argentina, per il Barbiere

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1. Cfr. g. radiciotti, Gioacchino Rossini, vita do-cumentata, opere e influenza su l’arte, I, Tivoli, Chicca, 1927, p. 187; ph. gossett, Le sinfonie di Rossini, «Bollettino del Centro rossiniano di Studi», XIII, 1979, pp. 111-116. Gossett pensa che Michotte potrebbe aver confuso con il reso-conto della prima Rosina, Geltrude Righetti-Giorgi, secondo la quale García, in luogo delle strofette «Se il mio nome», la prima sera ne avrebbe cantate altre su temi, appunto “spa-gnoli”, di sua composizione. La testimonianza della Righetti-Giorgi fa parte d’un opuscolo da lei pubblicato a Bologna nel 1823 col titolo Cenni d’una donna già cantante sopra il mae-stro Rossini, in risposta a ciò che ne scrisse nel l’estate 1822 il giornalista inglese in Parigi e fu ri-portato in una gazzetta di Milano dello stesso anno; il «giornalista inglese» era in realtà Henry Beyle, ossia Stendhal, che sotto lo pseu-donimo di Alceste aveva pubblicato un arti-colo su Rossini nel «Paris Monthly Review». L’opuscolo è riportato integralmente in i. ro-gnoni , Gioacchino Rossini, Torino, Einaudi, 1977, pp. 339-372: 357 sg. [Sulla genesi del Bar-biere cfr. ora s. lamacchia, Il vero Figaro o sia il falso factotum. Riesame del “Barbiere” di Ros-sini, Torino, De Sono - EDT, 2008.] 

2. Nel frattempo, del Barbiere di Siviglia – di que-st’opera che per l’Ottocento musicale italiano ha un valore di posizione comparabile ai Pro-messi sposi – sono apparse ben altre due edi-zioni critiche, a cura di Patricia Brauner (Kassel, Bärenreiter, 2008) e dello stesso Alberto Zedda (Pesaro - Milano, Fondazione Rossini - Ricordi, 2009).

3 Ma da una quindicina d’anni egregi studiosi e provetti tenori hanno rimesso in auge il rondò di Almaviva al second’atto.

noteanche quanto di nuovo aveva dato in proposito nell’Italiana in Algeri. E questo, non solo per la copia di trovate musicali esplosive (la frase ini-ziale del canto intonata «sottovoce assai» dai sei personaggi all’unisono, e rispettivamente in ottava, nel registro basso, mentre l’orchestra trasvola in ascesa, per ogni quarto della bat-tuta, su quattro timbri diversi, dal basso della tromba al fischio acuto degli ottavini; la sba-lorditiva modulazione, alla sua ripresa, da Mib a Do maggiore; le folli terzine degli archi), ma per il fatto di sortire non già da figure farsesche ma da personaggi in carne ed ossa. Nell’orgia-stica felicità del ritmo, il comico vale qui come esilarazione lirica suprema: è quello appunto che Baudelaire chiamava le comique absolu, per distinguerlo da quello fondato sull’ironia o la satira (comique significatif). Ed è vero che que-sta è normalmente, in Rossini, la ragion d’essere dell’opera buffa; ma in nessuna essa raggiunge il livello del Barbiere perché in nessuna il delirio comico fiammeggia da personaggi di tale con-cretezza. Di qui la distanza che, nonostante la continuità di tanti elementi, lo separa dal Set-tecento: si comprende benissimo come il fon-datore della cultura ottocentesca, Hegel in per-

sona, arrivasse all’eresia di preferire questo Figaro a quello di Mozart. 

Il barbiere di Siviglia, copertina del libretto Edizioni Ricordi

Dal volume Forma divina. Saggi sull’opera lirica e sul balletto, Volume I, di Fe-dele d’Amico, Firenze, Leo S. Olschiki Editore MMXII, 2012

Osservazioni sulla partitura di giovanni bietti

Un aspetto che colpisce al primo sguardo nella partitura del Bar-biere di Siviglia è l’unità dell’opera, la continuità musicale e dram-matica: davvero straordinaria, visto che diversi brani del capolavoro rossiniano provengono, almeno in parte, da composi-zioni precedenti. La Sinfonia introduttiva era già stata utilizzata ben due volte, nell’Aureliano in Palmira e nell’Elisabetta regina d’In-ghilterra; e dalle stesse opere derivano altri celebri istanti del Bar-biere come la serenata iniziale del Conte, “Ecco ridente in cielo”, o la seconda parte dell’Aria di Rosina, “Io sono docile, son rispettosa”. Allo stesso modo il temporale del secondo atto era già scoppiato, quasi identico, in almeno un paio di opere scritte alcuni anni prima (La Pietra del paragone e L’Occasione fa il ladro). Come è noto Ros-sini scrisse l’opera in tutta fretta, e fece quindi ricorso a numerosi autoimprestiti, una pratica all’epoca piuttosto diffusa. Tanto più miracolosa, quindi, ci appare l’unità della partitura, la perfezione dei suoi meccanismi teatrali e la mirabile fusione di musica e pa-rola, ammirata tra gli altri da Verdi (che esaltava nel capolavoro rossiniano “la parola declamata, giusta, vera”) e particolarmente notevole se si pensa che molti autoimprestiti provengono da opere serie, nelle quali l’atmosfera espressiva originale era ben diversa. Per renderci conto del modo in cui la musica dà risalto alla “parola giusta e vera” basta pensare allo straordinario crescendo che Ros-sini costruisce nella celebre Aria di Don Basilio, “La calunnia”, at-traverso scansioni diverse di uno stesso metro (l’ottonario): dal ritmo lento e suadente di “La calunnia è un venticello, un’auretta assai gentile” all’articolazione ossessiva, basata sull’incessante ri-petizione di due sole note, di versi come “Sembra il tuono, la tem-pesta” o “Un tremuoto, un temporale”. Oppure si può citare l’irresistibile tono querulo del Conte travestito da maestro di mu-sica, che canta “Pace e gioia sia con voi” nel Duetto iniziale del se-condo atto (sullo sfondo, melliflui trilli e piccoli abbellimenti ripetuti, quasi monotoni, nei violini e nei clarinetti). A costo di ripetere alcuni concetti già espressi nel testo sulla Cene-rentola, vale la pena di osservare che quasi ogni numero della parti-tura punta verso una sezione conclusiva in tempo più mosso, che in genere sfocia nel tipico “crescendo rossiniano”. Un gesto essenziale

nella concezione drammatica di Rossini, al punto che il compositore inserisce un cre-scendo perfino quando la situazione scenica non lo renderebbe necessario: così, ad esem-pio, nella breve scena tra i musicisti che rin-graziano e il Conte che cerca di farli tacere e di mandarli via, al termine dell’Introduzione del-l’opera (“Mille grazie… mio signore…”); e così alla fine del Duetto tra Figaro e il Conte, quando il compositore decide di realizzare un trascinante crescendo per sottolineare le pa-role – non molto significative nella vicenda, a dir poco! – “Numero quindici a mano manca, quattro gradini, facciata bianca, cinque par-rucche nella vetrina, sopra un cartello: Pomata fina…”. Il crescendo, il moto irrefrenabile a spirale che afferra l’azione e la trascina in una sorta di vortice sonoro, è quindi una categoria drammaturgica fondamentale nel teatro rossiniano; ma a ben vedere i crescendo più memorabili sono preceduti da istanti di to-tale sospensione del moto, in cui il tempo procede quasi “al rallentatore” e i perso-naggi sono come raggelati, incapaci di muoversi, di parlare, quasi di respirare (“Fredda ed immobile come una statua, fiato non restami da respirar”). I momenti più straordinari delle opere di Rossini sono basati insomma sul trapasso dalla sospen-sione al crescendo, due tecniche tra loro complementari e contrastanti. Un inaspet-tato colpo di scena provoca in successione due diverse reazioni, la prima sospesa e rallentata, la seconda invece caotica, vorticosa e in accelerando. Entrambi i momenti, sospensione e crescendo, sono essenzialmente basati sulla ripetizione di un semplice materiale

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Giorgio Ronconi nel ruolo di Figaro, Théâtre Italien, Parigi 1844

musicale, ma sviluppano due tipi di “gesto” espressivo opposti tra loro. Basterà qualche esempio per illustrare al let-tore questa importantissima strategia dram-maturgica rossiniana: nel Finale del primo atto la situazione raggiunge per due volte una tensione parossistica, che in entrambi i casi viene interrotta da un improvviso colpo di scena. Il primo di questi è l’arrivo delle forze dell’ordine, che bussano alla porta e la-sciano esterrefatti tutti i personaggi. Rossini costruisce ora un prolungato momento di sospensione (“Quest’avventura, ah! come diavolo mai finirà”), a cui segue l’istante, co-micissimo, in cui tutti i personaggi si affret-tano ad esporre le proprie ragioni parlando insieme rapidamente nelle orecchie del po-vero Ufficiale. Ma a questo episodio segue un secondo colpo di scena, ancora più imprevi-sto: il Conte, travestito da soldato e tratto in arresto, mostra un foglio all’Ufficiale, il quale scoprendo di chi si tratta in realtà si inchina rispettosamente e invita poi i suoi soldati a uscire dalla stanza. “Quadro di stupore”, in-

dica il libretto: tutti sono sbalorditi, e uno alla volta cominciano a cantare “Fredda ed immobile come una statua”. È un secondo, ancor più prolungato (e ancor più straordinario) momento di sospensione, a cui segue poi lo sfogo dell’immancabile crescendo (anch’esso molto articolato: prima “Mi par d’esser con la testa in un’orrida fu-cina”, e poi “Alternando questo e quello pesantissimo martello”), che Rossini ripete più e più volte tendendo, per così dire, l’arcata drammatica fino all’estremo. Il Quintetto del secondo atto prende l’avvio da un colpo di scena, l’inaspettato ingresso di Basilio che Don Bartolo credeva malato. Il brano inizia quindi proprio con una sospensione; seguono poi le peripezie più varie – tra le quali l’istante forse più famoso di tutto

il teatro rossiniano: “Buona sera, mio signore”, in cui i vari perso-naggi cercano sempre più insistentemente di cacciare fuori di casa lo stupefatto Basilio – ma il Quintetto culmina comunque con lo smascheramento del falso maestro di musica da parte di Bartolo, e con l’immancabile crescendo conclusivo (“Bricconi! Birbanti!/La testa vi gira, ma zitto, Dottore”). È appena il caso di notare che un anno più tardi Rossini costruirà esattamente allo stesso modo il Sestetto della Cenerentola, che ha più o meno la stessa posizione drammatica, a metà del secondo atto. Considerando la ricorrenza degli stessi gesti musicali, di sospen-sioni raggelate e vorticosi crescendo, rallentamenti e accelerazioni, in diverse opere rossiniane, gli studiosi hanno spesso parlato del-l’ironia e del distacco che il compositore evidentemente ricerca quale fondamento del suo stile teatrale. Il grande musicologo Carl Dahlhaus scrive che questi istanti delle opere rossiniane ci danno l’impressione di una “musica sulla musica”, la sensazione “che Ros-sini, mentre componeva la musica, se ne distanziasse al medesimo tempo e precisamente in un modo che esso stesso, a sua volta, è di-ventato musica”. Quella di Rossini è insomma una riflessione me-talinguistica, l’idea di abbandonare di quando in quando le ragioni del dramma e la consequenzialità degli eventi per lasciare che la musica si affermi parlando in un certo senso di sé stessa, delle pro-prie possibilità espressive, dell’ebbrezza sonora che sa, essa sola, suscitare. Si tratta di un calcolo estetico deliberato, un nuovo modo di pensare il teatro musicale: Rossini ce lo dimostra nel modo più lampante proprio nel Barbiere, nel grande Terzetto alla fine del se-condo atto (“Ah! Qual colpo inaspettato”). La situazione parte da un ennesimo colpo di scena, la rivelazione che l’umile Lindoro in realtà è il Conte Almaviva. Il Terzetto comincia mostrandoci la rea-zione dei tre personaggi, Rosina stupita e felice, il Conte trionfante e Figaro soddisfatto per il successo dei “suoi raggiri”. A questo punto, la logica vorrebbe che i tre si affrettassero a fuggire per non essere sorpresi sul più bello proprio in casa di Don Bartolo; ma Ros-sini, con un colpo di genio, decide improvvisamente di lasciare che le ragioni della musica prendano il sopravvento su quelle del

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Fanny Persiani nel ruolo di Rosina, Théâtre Italien, Parigi 1844

dramma. O meglio, che sia così per due personaggi su tre, Rosina e il Conte, che noncuranti della situazione cominciano a cantare, addirittura a gorgheggiare in estasi, quasi che il Terzetto si trasfor-masse improvvisamente in un Duetto d’amore, mentre il povero Figaro conti-nua invano a metterli in guardia (“Presto! Andiamo! Vi sbrigate!”). Ma a un certo punto Figaro comincia a fare letteral-mente il verso ai due innamorati, “con-traffacendo” (così la didascalia scenica) le loro effusioni canore, ossia imitando la fine di ogni frase cantata (“Dolce nodo/Nodo”; “Che fai paghi/Paghi”) e in-fine unendosi ironicamente ai due in un esteso vocalizzo. Inutile dire che il libretto di Sterbini non prevede nulla di simile, nel testo poetico i tre personaggi si limi-tano a cantare ognuno la propria strofa. È un’intuizione vertiginosa: per usare un termine novecentesco, Rossini realizza in questo istante straordinario una sorta di molteplice effetto di straniamento, visto che i due innamorati si dimenticano to-talmente della realtà sotto l’azione ine-briante del proprio canto, ossia della musica; e che Figaro scende sul loro stesso piano, e proprio attraverso il canto arriva addirittura a prenderli in giro. A dimostrare la complessità del “gioco” metalinguistico rossiniano, basterà aggiungere che questa formidabile sezione del Terzetto è in realtà un ennesimo autoimprestito, proviene da una cantata, davvero poco conosciuta, che il compositore aveva scritto qualche anno prima, Egle ed Irene.

Lo spazio a disposizione non ci permette di affron-tare a fondo altri aspetti di quest’opera inesauri-bile. Posso quindi solo accennare di sfuggita all’uso sorprendentemente esteso della musica di scena (in ben quattro occasioni i personaggi in scena “cantano una canzone”: le due serenate del Conte nel primo atto, e le Arie di Rosina e Bartolo nel se-condo), all’ossequio rossiniano verso le convenzioni operistiche (l’immancabile temporale, la comica Aria della vecchia serva, perfino la ripresa della vec-chia forma del Vaudeville nella scena conclusiva), o alla singolare struttura tonale dell’opera, in cui ri-corre ossessivamente, e sempre con un effetto di “rottura”, di interruzione della logica armonica, la tonalità di Mi bemolle (gli esempi più evidenti di questa funzione destabilizzante si trovano nel Fi-nale primo, ma si noti che il “colpo di cannone” del-l’Aria di Basilio arriva proprio in questa tonalità, e in Mi bemolle è l’ingresso inaspettato dello stesso Ba-silio all’inizio del Quintetto nel secondo atto). Un’ultima parola la merita l’orchestra del Bar-biere: leggera e scintillante, in ogni istante pen-sata per dare risalto alla situazione drammatica e soprattutto per essere il motore del crescendo e degli spumeggianti vortici sonori in cui l’ascolta-tore viene continuamente trascinato. Orchestra singolare, comunque: Rossini utilizza tra le percussioni i sistri (evi-dentissimo il loro rintocco acuto e cristallino nella sezione con-clusiva del Finale primo, “Mi par d’esser con la testa”) e la grancassa, ma rinuncia ai timpani; e tra i fiati dosa con parsimo-nia l’uso dell’oboe, che non suona in molti numeri della partitura. Solo nella Sinfonia introduttiva e nel Finale primo questo stru-mento è davvero in primo piano: quando Rosina si lamenta “pian-gendo” (“Ecco qua! Sempre un’istoria”), Rossini prescrive per accompagnarla un Solo di oboe, flebile e lamentoso. Un istante breve e tuttavia indimenticabile.

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Vincenzo Felice Santini nel ruolo di Figaro,

Théâtre Italien, illustrazione

di Louis Maleuvre, Parigi 1828

Henriette Sontag nel ruolo di Rosina,

Théâtre Italien, illustrazione

di Louis Maleuvre, Parigi 1828

9 GIUGNO 1892 (2 recite) direttore d’orchestra Edoardo Mascheroni interpreti Gemma Bellincioni Roberto Stagno Antonio Cotogni Francesco Navarrini Aristide Fiorini

1 LUGLIO 1893 (2 recite) direttore d’orchestra Francesco Spetrino interpreti Regina Pinkert Enrico Giannini Grifoni Antonio Cotogni Paolo Wulmann Fernando Galletti Gianoli

23 OTTOBRE 1899 (4 recite) direttore d’orchestra Teofilo De Angelis direttore di scena Nino Vignuzzi interpreti Luisa Tetrazzini Oreste Gennari Pietro Cesari (poi Enrico Moreo) Giovanni Balisardi Ettore Borelli

5 MAGGIO 1900 (4 recite) direttore d’orchestra Leopoldo Mugnone direttore di scena Nino Vignuzzi scenografo Ettore Sormanni interpreti Maria Barrientos Leopoldo Signoretti Enrico Moreo Ruggero Galli Ettore Borelli

2 MARZO 1901 (3 recite) direttore d’orchestra Oscar Anselmi scenografo Ettore Sormanni interpreti Maria Barrientos Luigi Alvarez (poi Francesco Daddi) Ferruccio Corradetti Alfonso Mariani Fernando Galleti Gianoli

Maria Barrientos Rosina, 1901

Il barbiere di Siviglia al Teatro dell’Opera

a cura di alessandra malusardi

7 MAGGIO 1881 (4 recite) direttore d’orchestra Alessandro Pomè interpreti* Bianca Donadio Vittore Deliliers Alessandro Polonini Giovanni Mirabella Firmino Migliara

18 MAGGIO 1882 (4 recite) direttore d’orchestra Giovanni Bottesini interpreti Elvira Repetto Trisolini Roberto Stagno Arturo Marescalchi Enrico Cherubini

17 NOVEMBRE 1883 (4 recite) direttore d’orchestra Alessandro Pomè interpreti Bianca Donadio Ugo Candio Paul Lhérie Alessandro Bottero Federico Carbonetti

24 GIUGNO 1885 (2 recite) direttore d’orchestra Edoardo Mascheroni

interpreti Gemma Bellincioni Vittore Deliliers Antonio Cotogni Romano Nannetti Giuseppe Ciampi

30 DICEMBRE 1888 (8 recite) direttore d’orchestra Leopoldo Mugnone direttore di scena Natale Fidora interpreti Emma Nevada (poi Elvira Brambilla e Virginia Ferni Gerrnano) Oreste Emiliani (poi Ludovico Fagotti) Ettore Borelli (poi Cesare Gizzi e Antonio Cotogni) Enrico Cherubini (poi Roberto Villani) Giuseppe Frigiotti (poi Ettore Giordani)

TEATRO COSTANZI

* I nomi degli interpreti principali che hanno partecipato alle diverse edizioni dell’opera sono elencati secondo il seguente ordine dei personaggi: Rosina, Il conte di Almaviva, Figaro, Basilio, Bartolo.

Gemma Bellincioni

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18 NOVEMBRE 1911 (4 recite) direttore d’orchestra Luigi Mancinelli direttore di scena Romeo Francioli scenografo Cesare Ferri interpreti Elvira De Hidalgo Fernando Carpi Ruffo Titta Nazzareno De Angelis Giorgio Schottler

Elvira De Hidalgo Rosina, 1911

15 FEBBRAIO 1908 (11 recite) direttore d’orchestra Leopoldo Mugnone (poi Teofilo De Angelis) direttore di scena Ludovico Saracco scenografo Pietro Stroppa interpreti Mignon Gloria Nevada Fernando De Lucia (poi Fernando Carpi) Giuseppe De Luca Adamo Didur (poi Berardo Berardi) Federico Carbonetti

4 APRILE 1910 (unica recita) direttore d’orchestra Pietro Mascagni scenografi Pietro Stroppa e Cesare Ferri interpreti Regina Pinkert Umberto Macnez Ruffo Titta Carlo Walter Pompilio Malatesta Federico Carbonetti

16 APRILE 1911 (4 recite) direttore d’orchestra Luigi Mancinelli (poi Teofilo De Angelis) direttore di scena Ercole Masini scenografo Cesare Ferri interpreti Graziella Pareto Umberto Macnez Ruffo Titta Nazzareno De Angelis Giuseppe Kaschmann

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Graciela Pareto Rosina, 1911

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3 APRILE 1920 (5 recite) direttore d’orchestra Edoardo Vitale direttore di scena Armando Beruccini scenografo Cesare Ferri interpreti Angeles Ottein Giacomo Lauri Volpi (poi Manfredi Polverosi) Armando Crabbé Nazzareno De Angelis (poi Teofilo Dentale) Michele Fiore 17 GENNAIO 1923 (6 recite) direttore d’orchestra Gabriele Santini direttore di scena Vincenzo Dell’Agostino scenografo Cesare Ferri interpreti Angeles Ottein Alessio De Paolis (poi Carlo Farina) Riccardo Stracciari Giorgio Lanskoy (poi Angelo Masini Pieralli) Gino De Vecchi

20 OTTOBRE 1917 (8 recite) direttore d’orchestra Teofilo De Angelis interpreti Angeles Ottein Armando Marescotti Apollo Granforte Paolo Argentini (poi Umberto Di Lelio e Guido Fernandez) Cesare Di Cola 19 FEBBRAIO 1918 (5 recite) direttore d’orchestra Ettore Panìzza (poi Teofilo De Angelis) direttore di scena Romeo Francioli scenografo Cesare Ferri interpreti Elvira De Hidalgo Carlo Hackett Giuseppe Danise Giulio Cirino Cesare Di Cola

15 FEBBRAIO 1919 (5 recite) direttore d’orchestra Gino Marinuzzi direttore di scena Armando Beruccini scenografo Cesare Ferri interpreti Elvira De Hidalgo Tito Schipa (poi Emilio Perea) Carlo Galeffi (poi Enrico Molinari) Nazzareno De Angelis (poi Paolo Argentini) Cesare Di Cola

5 GENNAIO 1915 (5 recite) direttore d’orchestra Edoardo Vitale direttore di scena Romeo Francioli scenografo Cesare Ferri interpreti Elvira de Hidalgo Arnoldo Georgewsky Mattia Battistini Carlo Walter Antonio Pini Corsi 7 APRILE 1916 (5 recite) direttore d’orchestra Edoardo Vitale direttore di scena Giuseppe Cecchetti scenografo Cesare Ferri interpreti Elvira De Hidalgo Tito Schipa Riccardo Stracciari Carlo Walter Gino De Vecchi

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TEATRO REALE DELL’OPERA

11 APRILE 1929 (4 recite) direttore d’orchestra Gaetano Bavagnoli direttore di scena Ezio Cellini scenografo Camillo Parravicini interpreti Bidu Sayão Dino Borgioli Benvenuto Franci (poi Emilio Ghirardini) Nazzareno De Angelis Adolfo Pacini

25 SETTEMBRE 1925 (4 recite) direttore d’orchestra Romeo Arduini direttore di scena Amleto Toccafondi scenografo Cesare Ferri interpreti Luisa Neré Tino Folgar Luigi Bernardi Salvatore Baccaloni Arturo Pellegrino

16 GENNAIO 1926 (7 recite) direttore d’orchestra Giulio Falconi (poi Edoardo Vitale e Angelo Questa) direttore di scena Vincenzo Dell’Agostino scenografo Cesare Ferri interpreti Laura Pasini (poi Margherita Salvi e Bidu Sayão) Alessio De Paolis (poi Nino Ederle) Carlo Galeffi Tancredi Pasero Gaetano Azzolìni

Bidu Sayão 1926

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25 MAGGIO 1942 (4 recite) direttore d’orchestra Vincenzo Bellezza registi Bruno Nofri e Oscar Saxida Sassi scenografo Camillo Parravicini interpreti Gianna Pederzini (poi Magda Piccarolo, Emilia Carlino e Rina Pellegrini) Muzio Giovagnoli Gino Bechi (poi Mario Basiola) Giulio Neri Vito De Taranto

10 FEBBRAIO 1944 (4 recite) direttore d’orchestra Fernando Previtali (poi Luigi Ricci) regista Bruno Nofri scenografo Camillo Parravicini interpreti Gianna Perea Labia (poi Maria Bertozzini) Gino Sinimberghi (poi Costanzo Gero) Tito Gobbi Giulio Neri Vito De Taranto 21 SETTEMBRE 1944 (8 recite) direttore d’orchestra Francesco Salfi regista Bruno Nofri scenografo Camillo Parravicini interpreti Maria Bertozzini (poi Elisa Farroni e Attilia Archi) Gino Sinimberghi (poi Walter Artioli) Tito Gobbi (poi Paolo Silveri e Guerrino Masini) Giulio Neri (poi Bruno Sbalchiero e Italo Tajo) Giulio Tomei (poi Vito De Taranto)

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8 FEBBRAIO 1933 (6 recite) direttore d’orchestra Antonio Guarnieri (poi Teofìlo De Angelis) regista Marcello Govoni scenografo Camillo Parravicini interpreti Mercedes Capsir Dino Borgioli (poi Alessio De Paolis) Carlo Galeffi Giacomo Vaghi Salvatore Baccaloni 20 APRILE 1935 (5 recite) direttore d’orchestra Tullio Serafin (poi Oliviero De Fabritiis) regista Marcello Govoni scenografo Camillo Parravicini interpreti Vina Bovy Dino Borgioli (poi Bruno Landi) Carlo Galeffi (poi Benvenuto Franci) Fernando Autori Salvatore Baccaloni (poi Adolfo Pacini)

22 MARZO 1938 (6 recite) direttore d’orchestra Vincenzo Bellezza regista Marcello Govoni scenografo Camillo Parravicini interpreti Margherita Carosio (poi Gianna Perea Labia e Liana Grani) Tito Schipa (poi Giulio Gari, Bruno Landi ed Enzo De Muro Lomanto) Carlo Galeffi (poi Benvenuto Franci) Giacomo Vaghi (poi Giulio Tomei) Filippo Romito (poi Carlo Scattola)

10 FEBBRAIO 1941 (9 recite) direttore d’orchestra Tullio Serafin (poi Emilio Rossi) registi Bruno Nofri e Oscar Saxida Sassi scenografo Camillo Parravicini interpreti Gianna Pederzini (poi Liana Cortini, Emilia Carlino, Rina Pellegrini e Margherita Carosio) Luigi Fort (poi Gino Sinimberghi e Muzio Giovagnoli) Gino Bechi (Mario Basiola) Tancredi Pasero (poi Giulio Neri, Italo Tajo ed Ernesto Dominici) Giulio Cirino (poi Adolfo Pacini e Vito De Taranto)

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4 GENNAIO 1950 (8 recite) direttore d’orchestra Oliviero De Fabritiis (poi Giuseppe Morelli e Nicola Rucci) regista Oscar Saxida Sassi scenografo Camillo Parravicini interpreti Giuseppina Arnaldi (poi Hedda Marino, Graciela Rivera e Ginetta La Bianca) Tito Schipa (poi Gino Mattera e Cesare Valletti) Tito Gobbi (poi Paolo Silveri) Giulio Neri (poi Tancredi Pasero) Vito De Taranto

Graciela Rivera, Paolo Silveri, Tancredi Pasero

Graciela Rivera, Paolo Silveri, Vito De Taranto

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26 OTTOBRE 1945 (3 recite) direttore d’orchestra Francesco Salfi regista Bruno Nofri scenografo Camillo Parravicini interpreti Angelica Tuccari Tito Schipa (poi Muzio Giovagnoli) Armando Dadò Giulio Neri Giulio Tomei 30 DICEMBRE 1945 (5 recite) direttore d’orchestra Francesco Salfi regista Bruno Nofri scenografo Camillo Parravicini interpreti Angelica Tuccari (poi Alda Noni) Gino Sinimberghi Tito Gobbi (poi Enzo Mascherini e Gino Bechi) Giulio Neri Vito De Taranto

22 APRILE 1947 (5 recite) direttore d’orchestra Francesco Salfi regista Enrico Frigerio scenografo Camillo Parravicini interpreti Angelica Tuccari Rodolfo Moraro (poi Gino Sinimberghi e Cesare Valletti) Tito Gobbi Italo Tajo Vito De Taranto

9 SETTEMBRE 1948 (unica recita) direttore d’orchestra Vincenzo Bellezza regista Bruno Nofri scenografo Camillo Parravicini interpreti Liana Grani Gino Sinimberghi Enzo Mascherini Nicola Rossi Lemeni Giulio Tomei

TEATRO DELL’OPERA

15 FEBBRAIO 1945 (13 recite) direttore d’orchestra Francesco Salfi (poi Luigi Ricci) regista Riccardo Picozzi scenografo Camillo Parravicini interpreti Maria Bertozzini (poi Emilia Carlino, Attilia Archi, Elisa Farroni e Angelica Tuccari) Francesco Albanese (poi Giovanni Manurita, Costanzo Gero e Gino Sinimberghi) Enzo Mascherini (poi Paolo Silveri e Guerrino Masini) Giulio Neri (poi Bruno Sbalchiero) Vito De Taranto

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Giuseppe Taddei e Luigi Alva

Anna Moffo e Vito De Taranto

26 DICEMBRE 1951 (6 recite) direttore d’orchestra Vincenzo Bellezza (poi Luigi Ricci) regista Bruno Nofri scenografo Camillo Parravicini interpreti Rena Gary Falachi (poi Dolores Wilson, Gianna Perea Labia e Angelica Tuccari) Agostino Lazzari (poi Luigi Rumbo e Gino Sinimberghi) Tito Gobbi (poi Enzo Mascherini) Giulio Neri Vito De Taranto (poi Umberto Frisaldi)

30 DICEMBRE 1955 (11 recite) direttore d’orchestra Angelo Questa (poi Alberto Paoletti) regista Franco Enriquez scenografo Pier Luigi Pizzi interpreti Giulietta Simionato (poi Antonietta Pastori e Giuseppina Arnaldi) Ferruccio Tagliavini (poi Agostino Lazzari) Tito Gobbi (poi Renato Capecchi, Paolo Silveri e Sesto Bruscantini) Giulio Neri Vito De Taranto (poi Carlo Badioli)

13 FEBBRAIO 1960 (7 recite) direttore d’orchestra Oliviero De Fabritiis (poi Ugo Catania) regista Mario Lanfranchi scenografo Pier Luigi Pizzi interpreti Anna Moffo (poi Elvina Ramella) Luigi Alva (poi Fernando Bandera e Carlo Zampighi) Giuseppe Taddei (poi Guido Guarnera) Nicola Rossi Lemeni Vito De Taranto

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Teresa Berganza

Rolando Panerai, Paolo Montarsolo

e Fernando Corena

1 APRILE 1965 (9 recite) direttore d’orchestra Carlo Maria Giulini regista Eduardo De Filippo scenografo Filippo Sanjust interpreti Teresa Berganza (poi Bianca Maria Casoni) Luigi Alva Rolando Panerai Paolo Montarsolo Fernando Corena

Teresa BerganzaTeresa Berganza e Rolando Panerai

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27 MAGGIO 1987 (3 recite) direttore d’orchestra Maximiano Valdes regista Antonello Madau Diaz scenografo e costumista Roberto Laganà interpreti Cecilia Bartoli Maurizio Comencini Angelo Romero Silvano Pagliuca Mario Bertolino

Cecilia Bartoli e Angelo Romero

26 APRILE 1967 (6 recite) direttore d’orchestra Bruno Bartoletti regista Eduardo De Filippo scenografo Filippo Sanjust interpreti Bianca Maria Casoni Renzo Casellato (poi Luigi Alva) Rolando Panerai Paolo Montarsolo Angelo Nosotti

23 NOVEMBRE 1971 (14 recite) direttore d’orchestra Carlo Franci (poi Danilo Belardinelli e Alberto Zedda) regista Sandro Bolchi (poi Bruno Nofri) scenografo Maurizio Monteverde interpreti Bianca Maria Casoni (poi Giuseppina Dalle Molle) Luigi Alva (poi Franco Bonanome e Renzo Casellato) Robert Kerns (poi Angelo Romero e Alberto Rinaldi) Paolo Montarsolo (poi Franco Pugliese e Nicola Rossi Lemeni) Enzo Dara (poi Gianni Socci e Giorgio Tadeo)

16 FEBBRAIO 1986 (15 recite) direttore d’orchestra Marcello Panni regista Antonello Madau Diaz scenografo e costumista Roberto Laganà interpreti Raquel Pierotti (poi Adriana Anelli e Agnes Baltsa) Paolo Barbacini (poi Yoshihisa Yamaji) Angelo Romero (poi Leo Nucci) Justino Diaz (poi Silvano Pagliuca e Enrico Fissore) Mario Bertolino (poi Sesto Bruscantini)

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27 MAGGIO 1997 (10 recite) direttore d’orchestra Gianluigi Gelmetti regista, scenografo e costumista Hugo De Ana interpreti Anna Caterina Antonacci (poi Daniela Barcellona) Paul Austin Kelly (poi Bruce Fowler) Roberto Frontali (poi Fabio Previati) Ildebrando D’Arcangelo Bruno Praticò

Anna Caterina Antonacci e Paul Austin Kelly

14 GENNAIO 1992 (14 recite) direttore d’orchestra Piero Bellugi regista Carlo Verdone scenografo Dante Ferretti costumista Maurizio Millenotti

interpreti Sonia Ganassi (poi Jennifer Larmore) Ramon Vargas (poi Nicola Pamio, Rockwell Blake e Eduardo Ayas) Bruno Pola (poi Angelo Veccia e Roberto Servile) Simone Alaimo (poi Franco De Grandis e Carlo Lepore) Alfonso Antoniozzi (poi Romano Franceschetto)

Sonia Ganassi 1992

Anna Caterina Antonacci 1997

26 GENNAIO 1999 (8 recite) direttore d’orchestra Evelino Pidò regista, scenografo e costumista Hugo De Ana interpreti Monica Bacelli (poi Daniela Barcellona) Juan Diego Florez (poi Raul Gimenez) Roberto Frontali (poi Fabio Previati) Giovanni Furlanetto (poi Luciano Leoni) Bruno Praticò (poi Matteo Peirone)

27 MAGGIO 2003 (7 recite) direttore d’orchestra Gianluigi Gelmetti scenografo Maurizio Varamo costumista Anna Biagiotti interpreti Laura Polverelli (poi Agata Bienkowska) Raul Gimenez (poi Giovanni Botta) Massimiliano Gagliardo (poi Sergio Bologna) Natale De Carolis Bruno Praticò (poi Filippo Morace) 10 DICEMBRE 2005 (5 recite) direttore d’orchestra Gianluigi Gelmetti scenografo Maurizio Varamo costumista Anna Biagiotti interpreti Laura Polverelli (poi Giacinta Nicotra) Raul Gimenez (poi Juan Francisco Gatell) Massimiliano Gagliardo Natale De Carolis Bruno Taddia

20 DICEMBRE 2008 (5 recite) direttore d’orchestra e regista Gianluigi Gelmetti scenografo Maurizio Varamo costumista Anna Biagiotti interpreti Laura Polverelli Juan Francisco Gatell Massimiliano Gagliardo Pierluigi Dilengite Bruno Taddia 18 APRILE 2012 (7 recite) direttore d’orchestra Bruno Campanella regista Ruggero Cappuccio scenografo Carlo Savi costumista Carlo Poggioli interpreti Annalisa Stroppa (poi Marina Comparato) Jaun Francisco Gatell (poi Alessandro Luciani) Alessandro Luongo (poi Vincenzo Taormina) Nicola Ulivieri (poi Mikhail Korobeinikov) Paolo Bordogna (poi Marco Camastra)

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Il barbiere di Siviglia, 2003

Il barbiere di Siviglia, 2012

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11 FEBBRAIO 2016 (8 recite) direttore d’orchestra Donato Renzetti regista e scenografo Davide Livermore costumista Gianluca Falaschi interpreti Chiara Amarù (poi Teresa Iervolino) Edgardo Rocha (poi Merto Sungu) Florian Sempey (poi Julian Kim) Ildebrando D’Arcangelo (poi Mikhail Korobeinikov) Simone Del Savio (poi Omar Montanari)

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cambiale di matrimonio con la quale il diciottenne Rossini inau-gura la sua intensa carriera operistica. L’anno successivo si tie-ne a Bologna la prima di un’altra sua opera, L’equivoco stra-vagante.

1812. Numerose sono le commissioni: l’opera seria Ciro in Babilo-nia, La scala di seta, primo capolavoro buffo rossiniano; al Tea-tro alla Scala viene invece rappresentata La pietra del paragone che meritò ben 53 repliche; a novembre a Venezia un’altra far-sa, L’occasione fa il ladro, cui seguirà Il signor bruschino.

1813. In questi anni il musicista, già molto apprezzato dal pubbli-co, conferma il suo successo con due opere dal soggetto di-versissimo per due teatri veneziani: Tancredi, la sua prima ope-ra seria rappresentata al Teatro La Fenice il 6 febbraio, e L’Ita-liana in Algeri, opera comica andata in scena il 22 maggio al Teatro San Benedetto. Il 26 dicembre è la volta dell’Aurelia-no in Palmira che debutta alla Scala.

1814. Un’altra importante opera sempre per Milano è Il turco in Ita-lia che non viene però accolta con l’entusiasmo cui Rossini era ormai abituato; Sigismondo per la Fenice di Venezia è invece un vero e proprio fiasco. A seguito di questi insuccessi e a cau-sa della composizione di un Inno dell’indipendenza, risultato sgradito agli occupanti del Lombardo-Veneto, Rossini lascia l’Italia settentrionale per Napoli.

1815. Il legame con questa città durerà fino al 1822 ed importan-tissimo si rivelerà il rapporto con il pubblico napoletano in at-tesa ormai da tempo di un musicista che riporti la tradizio-ne musicale ai fasti del passato. L’incontro di Rossini con il fa-moso impresario Domenico Barbaja porta alla commissione di un’opera seria, Elisabetta regina d’Inghilterra che debutta al San Carlo di Napoli il 4 ottobre 1815. Intanto al Teatro Val-le di Roma va in scena il dramma semiserio Torvaldo e Dor-linska. In un breve periodo di licenza a Roma, Rossini firma un contratto con il Duca Cesarini Sforza per un’opera buffa da con-segnarsi il 20 gennaio 1816 (era già il 15 dicembre).

1816. Rossini e il librettista Cesare Sterbini scelgono un soggetto non originale: la commedia di Pierre-Augustin Caron de Beau-

Gaetano Dura, Ritratto di Gioachino Rossini, Napoli, 1835

1792. Gioachino Rossini nasce a Pesaro il 29 febbraio. Si avvicina alla musica grazie al padre Giuseppe Antonio, trombetti-sta al Comunale di Lugo di Romagna, e alla madre Anna Guidarini, che si di-letta in canto. A soli sei anni Gioachino si guadagna già i suoi primi denari come “listaro della banda” (suonatore di triangolo). Nel 1799 il padre viene ar-restato dal governo pontificio per aver suonato durante feste e manifestazioni e rimane rinchiuso nel carcere di Pesaro fino alla battaglia di Marengo. Conclusa questa tragica esperienza la famiglia decide di trasferirsi a Bologna. Siamo nel 1800.

1804. A Bologna il giovane Rossini prende le-zioni di musica dal maestro Primetti e di clavicembalo dal canonico Malerbi; du-rante una breve villeggiatura a Ravenna, compone le bellissime Sei Sonate a quat-tro ispirandosi ai modelli di Haydn e Mo-zart, tanto da essere soprannominato “il Tedeschino”.

1806. Accettato dai soci dell’Accademia Filarmonica di Bologna, il 24 giugno entra al Liceo Musicale dove segue le classi di vio-loncello, pianoforte, canto e, sotto la guida di padre Stanislao Mattei, contrappunto. Appena quattordicenne, dimostra il suo interesse per la musica per il teatro componendo un’opera, Demetrio e Polibio, rappresentata a Roma solo sei anni dopo.

1808. Per il saggio annuale dell’Accademia l’11 agosto compone la cantata Il pianto d’Armonia sulla morte di Orfeo, che vince il primo premio. Il 23 dicembre dello stesso anno esegue una sin-fonia che diventerà l’introduzione della sua opera L’inganno felice, rappresentata a Venezia.

1810. Il 3 dicembre 1810 debutta a Venezia, su commissione del Tea-tro San Mosè della Serenissima, la farsa comica in un atto La

Cronologia della vita e delle opere di Gioachino Rossini

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raon, ou Le Passage de la mer Rouge, una sorta di ampliamento del Mosè in Egitto.

1828. A quest’anno risale la composizione del melodramma giocoso Le Comte Ory.

1829. Di nuovo per l’Académie Royale, Ros-sini compone un’opera importantis-sima, sia sotto il profilo artistico-mu-sicale ma soprattutto per la valenza che avrà nella vita del musicista pe-sarese, poiché sarà la sua ultima ope-ra: Guillaume Tell, ispirata alla trage-dia Wilhelm Tell di Friederich Schiller, capolavoro di perfezione destinato ad influenzare il teatro francese e quel-lo italiano.

1830. Un anno molto triste per Rossini, che, tornato a Bologna, decide di ri-partire poi solo per Parigi, essendo il matrimonio con sua moglie ormai in crisi. Nello stesso anno, a seguito della caduta di Carlo X, il compenso che era stato assicurato a Rossini viene sospeso per i successivi sei anni.

1831. Durante un suo viaggio in Spagna ot-tiene una commissione dall’arcidiacono di Siviglia per uno Sta-bat Mater.

1832. Si lega sentimentalmente ad Olympe Pélissier a Parigi. Del-lo Stabat Mater scrive solo sei pezzi e commissiona all’ami-co Giuseppe Tadolini la stesura di altri sei.

1837. Si separa legalmente dalla moglie Isabella Colbran. 1842. Il 7 gennaio al Théâtre Italien viene accolto con grande suc-

cesso il suo Stabat Mater che verrà poi rappresentato a Bologna sotto la direzione di Gaetano Donizetti.

marchais del 1775 Le barbier de Séville. Decidono però di inti-tolarla Almaviva, o sia l’inutile precauzione, per non confon-derla con Il barbiere di Siviglia già musicato da Paisiello. De-butterà al Teatro Argentina di Roma il 20 febbraio, assumendo poi il titolo che renderà una delle opere più famose di Rossi-ni, Il barbiere di Siviglia. Ritorna a Napoli, dove il 26 settem-bre al Teatro de’ Fiorentini va in scena La Gazzetta, mentre al Teatro del Fondo (che in quel periodo sostituiva il San Carlo distrutto da una incendio il 12 febbraio dello stesso anno) Otel-lo ossia il moro di Venezia, su modello shakespeariano.

1817. Il lavoro che chiude la fortunatissima stagione dell’opera buffa rossiniana è invece Cenerentola ossia la bontà in trionfo che debutta al Teatro Valle di Roma il 25 gennaio; d’ora in poi Ros-sini si dedicherà solo all’opera seria. Dopo la semiseria Gaz-za ladra, allestita alla Scala, torna a Napoli in novembre con Armida e un’altra serie di opere in cui si manifesta un lega-me con la tradizione operistica del passato ma non priva di nuove prospettive.

1818. Al Teatro San Carlo di Napoli vengono rappresentate Mosè in Egitto (5 marzo) e Ricciardo e Zoraide (3 dicembre).

1819. Sempre al San Carlo: Ermione (27 marzo), La donna del lago (24 ottobre) su libretto di Tottola tratto da Walter Scott.

1920. Maometto II (San Carlo, 3 dicembre). Nello stesso anno com-pone anche una Messa di Gloria eseguita nella chiesa di San Ferdinando a Napoli.

1821. Viene rappresentata a Roma, al Teatro Argentina, Matilde di Shabran con la direzione di Paganini.

1822. Zelmira (San Carlo, 16 febbraio). Scrive inoltre le cantate La San-ta Alleanza e Il vero omaggio, entrambe eseguite a Verona per il Congresso della Santa Alleanza. Nello stesso anno, il 22 mar-zo, sposa a Bologna la cantante spagnola Isabella Colbran, so-prano conosciuta ai tempi degli studi giovanili, già interpre-te di molte sue opere.

1823. Con all’attivo ben 34 opere, il compositore ritorna alla tradi-zione settecentesca con Semiramide, monumentale melo-dramma rappresentato al Teatro la Fenice. Nell’ottobre del-lo stesso anno decide di trasferirsi con la moglie in Inghilterra dove viene accolto trionfalmente, anche se il fallimento del King’s Theatre lo indirizzerà presto verso Parigi.

1824. Nella capitale francese ottiene l’incarico di direttore del Théâ-tre Italien per il quale prenderà l’impegno di scrivere un’ope-ra e di portare in scena alcuni suoi successi operistici italiani riadattati per il pubblico francese. Rimarrà a Parigi fino al 1829.

1825. In occasione dell’incoronazione di Carlo X scrive la cantata Il viaggio a Reims.

1826. Durante il periodo parigino viene nominato “Premier com-positeur du Roi” e “Inspecteur général du chant en France”.

1827. Per il Théâtre de l’Académie Royale de Musique invece scrive al-cuni rifacimenti di sue opere precedenti, tra cui Moïse et Pha-

Gioachino Rossini. Albumina formato

carte de visite (Roma, Museo Centrale

del Risorgimento)

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1845. Assume la direzione del Conservatorio di Bologna, nello stesso anno muore Isabella Colbran.

1846. Sposa Olympe Pélissier ed insieme decidono di vivere a Firenze, anche a causa delle ostilità createsi con i patrioti rivoluzionari a Bologna.

1855. In primavera Rossini e sua moglie tornano a Parigi: i consen-si del pubblico continuano ed il compositore riprende a scri-vere, anche se solo per passatempo e in occasioni private. La sua villa nei pressi di Parigi diviene luogo d’incontro per in-tellettuali e alta società ed è in queste occasioni che Rossini esegue i suoi componimenti. Molti di essi sono per pianoforte, voce e piccoli gruppi strumentali: Album italiano, Album de chaumière, Album puor les enfants adolescents, Album pour les enfantes dégourdis.

1863. Per un ridotto complesso strumentale di 4 solisti, 8 corni, 2 pia-noforti e harmonium, scrive la Petite messe solennelle che adat-terà per grande orchestra nel 1867.

1868. Nell’autunno le sue condizioni di salute, che avevano già de-stato preoccupazione da qualche tempo, peggiorano note-volmente, nonostante i piccoli segni di miglioramento del-l’ultimo periodo parigino. Il musicista muore il 13 novembre presso la sua residenza parigina di Passy. Personalità da tut-to il mondo giungono a Parigi per le esequie. Importantissi-mi saranno i suoi lasciti alla città di Pesaro; soprattutto fon-di e manoscritti, che serviranno per l’istituzione di un Liceo mu-sicale che verrà inaugurato nel 1882, così come Rossini ave-va desiderato. La salma, inizialmente deposta al cimitero di Père-Lachaise, verrà nel 1887 esumata e tumulata presso la Ba-silica di Santa Croce di Firenze.

Gioachino Rossini, foto di Etienne Carjat, 1865

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Discografia essenziale a cura di luigi bellingardi

1929-30 Lorenzo Molajoli; Teatro alla Scala; Dino Borgioli, Salvatore Baccaloni, Mercedes Capsir, Riccardo Stracciari, Vincenzo Bettoni; arkadia.

1952 Victor De Sabata; Teatro alla Scala; Cesare Valletti, Melchiorre Luise, Dora Gatta, Gino Bechi, Nicola Rossi Lemeni; memoria.

1956 Carlo Maria Giulini; Teatro alla Scala;Luigi Alva, Melchiorre Lui-se, Maria Callas, Tito Gobbi, Nicola Rossi Lemeni; melodram.

1960 Bruno Bartoletti; Orchestra della Radio Bavarese; Nicola Monti, Giorgio Tadeo, Gianna D’Angelo, Renato Capecchi, Carlo Cava; deutsche grammophon.

1962 Vittorio Gui; Festival di Glyndebourne; Luigi Alva, Ian Walla-ce, Victoria De Los Angeles, Sesto Bruscantini, Carlo Cava; emi.

1972 Claudio Abbado; Teatro alla Scala; Luigi Alva, Enzo Dara, Te-resa Berganza, Hermann Prey, Paolo Montarsolo; Jean Pierre Ponnelle; deutsche grammophon dvd.

1974-75 James Levine; Orchestra Filarmonica di Londra; Nicolai Ged-da, Renato Capecchi, Beverly Sills, Sherrill Milnes, Ruggero Rai-mondi; emi.

1982 Riccardo Chailly; Teatro alla Scala; Paolo Barbacini, Enzo Dara, Marilyn Horne, Leo Nucci, Samuel Ramey; sony classical.

1987 Bruno Campanella; Teatro Regio di Torino; Rockwell Blake, Enzo Dara, Luciana Serra, Bruno Pola, Paolo Montarsolo; nuova era.

1988 Gabriele Ferro; Orchestra della Radio di Stoccarda; David Kue-bler, Carlos Feller, Cecilia Bartoli, Gino Quilico, Robert Lloyd; Mi-chael Hampe; arthaus musik.

1988 Ralf Weikert; Metropolitan; Rockwell Blake, Enzo Dara, Kathleen Battle, Leo Nucci, Ferruccio Furlanetto; John Cox; deutsche grammophon dvd.

1992 Alberto Zedda; Netherlands Opera di Amsterdam; Richard Croft, Renato Capecchi, Jennifer Larmore, David Malis, Simo-ne Alaimo; Dario Fo; image entertainment dvd.

2001 Nello Santi; Teatro dell’Opera di Zurigo; Ronaldo Macias, Car-los Chausson, Vesselina Kasarova, Manuel Lanza, Nicolai Ghiaurov; Grisha Asagaroff; tdk euroarts dvd.

2002 Bruno Campanella; Opéra National di Parigi; Roberto Saccà, Carlos Chausson, Joyce DiDonato, Dalibor Jenis, Kristinn Sig-mundsson; Coline Serreau; arthaus musik dvd.

2005 Maurizio Barbacini; Teatro Regio di Parma; Raul Gimenez, Al-fonso Antoniozzi, Anna Bonitatibus, Leo Nucci, Ricardo Za-nellato; Beppe De Tomasi; hardy classic dvd.

2005 Gianluigi Gelmetti; Teatro Real di Madrid; Juan Diego Florez, Bruno Praticò, Maria Bayo, Pietro Spagnoli, Ruggero Raimon-di; Emilio Sagi; decca dvd.

2009 Antonino Fogliani; Teatro La Fenice; Francesco Meli, Bruno De Simone, Rinat Shaham, Roberto Frontali, Giovanni Furlanet-to; Antonino Fogliani; dynamic dvd.

2010 Antonio Pappano; Opera di Covent Garden; Juan Diego Florez, Alessandro Corbelli, Joyce DiDonato, Pietro Spagnoli, Ferruc-cio Furlanetto; Moshe Leiser & Patrice Caurier & David Ste-vens; virgin classics dvd.

2011 Andrea Battistoni; Teatro Regio di Parma; Dmitry Korchak, Bru-no Praticò, Ketevan Kemoklidze, Luca Salsi, Giovanni Furlanetto; Stefano Vizioli; arthaus musik dvd.

Per ogni edizione sono indicati: data di incisione; direttore; orchestra; cantanti principali (secondo il seguente ordine dei personaggi: Conte d’Almaviva, Don Bartolo, Rosina, Figaro, Don Basilio); regista (per i video); etichetta.

Diplomato in composizione e direzione d’orchestra al Conservatorio Verdi di Milano, è Direttore Musicale dell’Opera di Roma e dell’Or-chestra Mozart, consulente artistico della Mahler Chamber Orchestra (MCO). È stato Direttore principale della Royal Concertgebouw Or-chestra (RCO) e ha ricoperto ruoli di prestigio per Accademia Nazio-nale di Santa Cecilia, Royal Philharmonic Orchestra, Orchestre national de France, Royal Opera House di Londra, Comunale di Bologna, Oper-nhaus Zürich. Berliner e Wiener Philharmoniker, Symphonieorchester des Bayerischen Rundfunks (BRSO) e Filarmonica della Scala sono solo alcune delle istituzioni con cui collabora. Dirige le nuove produzioni di Falstaff con la regia di Carsen (Londra, Milano, Amsterdam), Parsi-fal con la regia di Herheim (apertura Bayreuth Festival 2008) e di Gi-rard (Metropolitan Opera New York), Elektra, La bohème, Die Mei-stersinger von Nürnberg, Il trovatore (Salisburgo); alla Scala La traviata (inaugurazione 2013), Don Carlo (inaugurazione 2008), Lohengrin, Lulu, Die Meistersinger von Nürnberg, Falstaff e Wozzeck; Pelléas et Mélisande al Maggio Fiorentino, Tristan und Isolde al Théâtre des Champs-Ély-sées di Parigi e all’Opera di Roma (inaugurazione 2016/17). Nel 2016 inizia il ciclo di concerti “RCO meets Europe” con il progetto “Side by Side” per musicisti delle orchestre giovanili. Nel 2017/18 ha diretto la RCO in Salome ad Amsterdam e in concerto in Europa, Corea del Sud, Giappone, Carnegie Hall, i Berliner Philharmoniker alla Philharmonie di Berlino, Orchestra e Coro della Scala, La damnation de Faust a Roma, l’MCO in tournée, l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Ce-cilia, la BRSO a Monaco, Filarmonica della Scala e Philharmonia Or-chestra di Londra. Apre le stagioni dell’Opera di Roma con Rigoletto (2018/19) e Les vêpres siciliennes (2019/20). Nel 2019 dirige Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Filarmonica della Scala, Mag-gio Fiorentino, Staatskapelle Dresden, BRSO di Monaco, Gewandhaus di Lipsia. Il 2020 lo vede con l’Opera di Roma ne I Capuleti e i Montecchi e Zaide al Costanzi, in concerto al Quirinale e nel Rigoletto al Circo Mas-simo, oltre che sul podio di Orchestra Rai, Coro e Orchestra del San Carlo di Napoli, Orchestre National de France e Orchestra Mozart al Ravello Festival. Riceve l’Abbiati (miglior direttore 2015) e l’onorificenza di Chevalier de la Légion d’honneur della Repubblica Francese (2016). Ha inciso con Sony Classical, RCO Live, C Major.

Daniele Gatti

Ha cominciato a lavorare giovanissimo a Napoli nel 1977, fondan-do il gruppo Falso Movimento e realizzando spettacoli che fonde-vano gli elementi del teatro, del cinema, della musica e delle arti vi-sive come Tango Glaciale, Il desiderio preso per la coda da Picasso, Ri-torno ad Alphaville da Godard, tutti destinati a lunghe tournée in-ternazionali. Ha messo in scena sia tragici greci che autori con-temporanei, e cura la regia di opere liriche nei maggiori teatri del mondo. Il suo primo lungometraggio Morte di un matematico na-poletano vince il Gran Premio Speciale della Giuria a Venezia nel 1992. Seguono L’amore molesto (dal romanzo di esordio di Elena Ferran-te), Teatro di guerra, L’odore del sangue, tutti presentati al Festival di Cannes. Si è dedicato alla realizzazione di due film ambientati nel-l’Italia dell’Ottocento, Noi credevamo e Il giovane favoloso, che han-no coinvolto milioni di spettatori, e completato questa ideale trilogia ambientata nel passato con Capri-Revolution. Ha fondato Teatri Uni-ti, diretto il Teatro di Roma e il Teatro Stabile di Torino, con i quali ha realizzato spettacoli come Rasoi da Enzo Moscato (coregia con Toni Servillo), Edipo re e Edipo a Colono di Sofocle, I dieci comanda-menti di Raffaele Viviani, Operette morali da Giacomo Leopardi (pre-mio Ubu per la regia), La serata a Colono di Elsa Morante, Morte di Danton di Georg Büchner, Il sindaco del rione Sanità di Eduardo De Filippo (premio Le maschere come migliore spettacolo). Da que-st’ultimo ha tratto il suo film più recente, presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia nel ’19. Nel campo del teatro mu-sicale ha lavorato al fianco di alcuni tra i più grandi direttori d’or-chestra, a cominciare da Claudio Abbado. Tra le sue numerose pro-duzioni liriche spiccano la trilogia Mozart/Da Ponte, Lulu di Berg, le tre opere verdiane tratte da Shakespeare, i Rossini al Festival di Pe-saro (premio Abbiati per la regia di Matilde di Shabran), Cavalleria rusticana realizzata alla Scala in dittico con Pagliacci e ripresa al-l’Opéra Bastille con Sancta Susanna di Hindemith. Le sue produzioni di Antigone di Ivan Fedele al Maggio, The Bassarids di Hans Werner Henze all’Opera di Roma e Chovanscina di Mussorgskij alla Scala han-no ricevuto tutte e tre il Premio Abbiati. Nel 2018 il Museo Madre di Napoli gli ha dedicato un’ampia mostra retrospettiva.

Mario Martone

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Anna Biagiotti

Dopo gli studi di scenografia all’Accademia di Brera, è assistente ai costumi alla Scala di Mi-lano per produzioni di Strehler, Damiani, Ron-coni, Zeffirelli. Nel 1983 al Grand Théâtre de Ge-nève collabora con Jerome Savary e Jean Marie Simon. Lavora poi al Piccolo di Milano, Regio di Parma, Verdi di Trieste, La Monnaie, Oper Köln, English National Ballet, MET di New York, New National Theatre Tokyo, Japan Opera Founda-tion, Gran Teatro di Shanghai. All’Opera di Roma dal 1989, dal ’94 vi dirige i laboratori di sar-toria e firma i costumi di Gilgamesh (Battiato), Tosca (Zeffirelli), Il barbiere di Siviglia, Così fan tut-te e Sakuntala (Gelmetti), Il pipistrello (Crivelli), Tannäuser, Mefistofele e Manon (Grinda), La bo-hème (Gandini), Tosca del ’900 (Talevi), Attila, Na-bucco, Aida a Caracalla, Lo scoiattolo in gamba al Teatro Nazionale; dei balletti Serata Picas-so/Massine (anche a Pompei), Pérséphone, Mi-chelangelo, Cleopatra, Petruška, Il carnevale de-gli animali, Carmen (Bubenícek, 2019), Le quat-tro stagioni (Peparini 2020, Circo Massimo e Tea-tro Costanzi). Riceve La Chioma di Berenice 2009 per i costumi della Tosca di Zeffirelli, il Pre-mio Bucchi 2010 come migliore costumista di Balletto. All’Arena di Verona firma i costumi de Il sogno veneto di Shakespeare, Trittico ’900, La Cenerentola, Nel cuore del ’900, Il corsaro, Bou-tique Fantasque e Blue Moon. Al Verdi di Trieste de Il pipistrello, La bohème e Tosca; al Lirico Spe-rimentale de Il barbiere di Siviglia e La Cene-rentola. All’estero La traviata, Aida, La bohème, Le nozze di Figaro, Così fan tutte e Otello (Giap-pone), Aida (Seul), Dido and Aeneas (Macao). Del 2011 i costumi per un episodio di To Rome with love di Woody Allen.

Ruzil Gatin

Classe 1987, si laurea in Arte Drammatica al-l’Università di Mosca e si diploma in Canto al Conservatorio del Kazan, con cui partecipa a L’amore delle tre melarance (Truffaldino), Evge-nij Onegin (Lenskij), Le nozze di Figaro (Basilio), Roméo et Juliette (Tebaldo). Vince competizio-ni internazionali quali la Youth of 21st Century in Bulgaria, The Way of Stars a San Pietroburgo, Morning Star e Grand Prix Youth Festival Com-petition a Mosca. Nel 2016 vince il Concorso AsLi-Co e debutta nel ruolo di Pang in Turandot in ventitré città italiane. Segue il debutto come Don Narciso ne Il Turco in Italia al Fraschini di Pavia, Sociale di Como e Ponchielli di Cremona. Entra all’Accademia rossiniana a Pesaro dove parte-cipa alla produzione de Il viaggio a Reims come Libenskof e di Ricciardo e Zoraide come Zamor-re. Tra i recenti impegni Don Ramiro ne La Ce-nerentola a Brescia, Cremona, Pavia, Ferrando in Così fan tutte e Lindoro ne L’Italiana in Algeri a Trieste, il debutto alla Scala come Conte d’Al-maviva ne Il barbiere di Siviglia per il Progetto Ac-cademia, Il viaggio a Reims per AsLiCo, Mosè in Egitto a Pisa e Novara. È cover di Juan Diego Fló-rez in Orphée et Eurydice alla Scala e Ricciardo e Zoraide al ROF di Pesaro. Debutta al Bol’šoj di Mosca ne Il viaggio a Reims, alla Royal Danish Opera con Il barbiere di Siviglia. Torna alla Sca-la ne La Cenerentola e al Bol’šoj ne Il barbiere di Siviglia, debutta La sonnambula per AsLiCo, Thybald in Romèo et Juliette alla Scala, Il viag-gio a Reims al Palau de les Arts di Valencia, Don Pasquale al Bol’šoj, Il barbiere di Siviglia al Mag-gio Fiorentino, Opera di Roma, Mosca e Piacenza, Il turco in Italia al San Carlo di Napoli.

Pasquale Mari

Lighting designer e direttore della fotografia, so-cio fondatore del gruppo di lavoro teatrale e ci-nematografico Teatri Uniti, è compagno di la-voro stabile delle regie teatrali e operistiche di Martone e, nel tempo, anche di Servillo, Cecchi, Binasco, Cirillo, Dini, Zingaretti. Lavora a nu-merose produzioni d’opera nei maggiori festi-val europei (Aix-en-Provence, Pesaro, Salisbur-go), collabora con direttori come Abbado, Chung, Gatti, Gergev, Mehta, Muti, e registi quali De Rosa, Amelio, Bellocchio. Tra le occasioni più pre-stigiose: Matilde di Shabran al Rossini Opera Fe-stival e al Covent Garden, Falstaff e Macbeth al Théâtre des Champs-Élysées, Cavalleria rusti-cana, Andrea Chénier e la recente Chovanšcina alla Scala, Don Pasquale al Teatro Real di Madrid, Elektra al Petruzzelli di Bari, Simon Boccanegra a La Fenice di Venezia, Mariinskij di San Pietro-burgo e Carlo Felice di Genova, The Bassarids (2015) e Maria Stuarda (2017) all’Opera di Roma, Cavalleria rusticana/Sancta Susanna all’Opéra Bastille (2016). È lighting designer de Il flauto ma-gico dell’Orchestra di Piazza Vittorio e di molte creazioni del Balletto Civile di Michela Lucenti. Tra i lavori per il cinema: Teatro di guerra (Mar-tone), L’uomo in più (Sorrentino), Il bagno tur-co e Le fate ignoranti (Ozpetek), Renzo e Lucia e Lezioni di volo (Archibugi), L’ora di religione, Buon-giorno, notte e Il regista di matrimoni (Bellocchio), La città ideale (Lo Cascio), Gorbaciof (Incerti), Vita agli arresti (Martinelli). Riceve due volte il Glo-bo d’Oro, un Ciak e un Esposimetro d’Oro, un pre-mio Sacher, e, per il teatro, il premio Maschere 2016 e 2018.

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Roberto Gabbiani

Nato a Prato, dopo gli studi umanistici si è di-plomato in pianoforte e composizione presso il Conservatorio di Firenze. Giovanissimo viene chiamato al Teatro Comunale di Firenze, allora sotto la guida artistica di Riccardo Muti, che nel 1974 lo nomina maestro del Coro del Maggio Musicale Fiorentino. Collabora con i maggiori di-rettori d’orchestra internazionali e contribuisce alla realizzazione delle stagioni sinfoniche e dei festival. Ha diretto l’Orchestra e il Coro del Maggio Musicale Fiorentino firmando prime esecuzioni mondiali di Aldo Clementi, Luciano Berio, Luigi Nono, Goffredo Petrassi. Dal 1990 al 2002 è stato chiamato da Riccardo Muti alla di-rezione del Coro del Teatro alla Scala di Milano, dove ha diretto le prime mondiali di composi-zioni di Azio Corghi, Fabio Vacchi, Adriano Guar-nieri. Al contempo, ha riscoperto diverse opere dimenticate o “minori” del Cinque e Seicento ita-liano. Ha effettuato tournée al fianco del Mae-stro Muti e partecipato alle trasferte del Teatro alla Scala in tutto il mondo. Ha collaborato con l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e Myung-Whun Chung e con il Coro di Radio France. Nel 2002 Luciano Berio lo ha nominato direttore del Coro dell’Accademia di Santa Cecilia, iniziando così una collaborazione durata fino al 2006 con progetti rivolti alla valorizzazione e alla scoperta di musiche polifoniche. Dal 2008 è direttore del Coro del Teatro Regio di Torino, chiamato dal suo Direttore Musicale Gianandrea Noseda. Dopo la acclamata tournée del Regio in Giappone e in Cina, dalla stagione 2010-11 è nominato Diret-tore del Coro del Teatro dell’Opera di Roma.

Alex Esposito

Basso-baritono. Nato a Bergamo nel 1975, si af-ferma presto come uno degli artisti più inte-ressanti della sua generazione, collaborando con direttori quali Abbado, Pappano, Chung, Naga-no, Gatti, Biondi, Chailly, Mariotti e registi come Mussbach, Guth, Vick, Michieletto, Alden, Pelly e Pizzi. Si esibisce regolarmente nelle più pre-stigiose istituzioni musicali tra cui Scala, Feni-ce, Wiener Staatsoper, Bayerische Staatsoper di Monaco, Deutsche Oper di Berlino, Royal Ope-ra House di Londra, Teatro Real di Madrid, Opé-ra National di Parigi. Tra gli impegni più recen-ti, L’elisir d’amore, Don Giovanni, Le nozze di Fi-garo, Les contes d’Hoffmann e Macbeth alla Ba-yerische Staatsoper, La damnation de Faust e Anna Bolena all’Opera di Roma, ancora Les con-tes d’Hoffmann e Mosè in Egitto al San Carlo di Napoli, Faust e Don Quichotte (debutto nel ruolo) alla Deutsche Oper di Berlino, Macbeth a Macerata (altro debutto nel ruolo), Semiramide alla Bayerische Staatsoper e a La Fenice, Il Tur-co in Italia alla Scala e il debutto come Filippo II nel Don Carlo a La Fenice. Prossimamente tor-nerà all’Opéra di Parigi con Die Zauberflöte. È sta-to insignito, quale Miglior cantante del 2006, del Premio Franco Abbiati 2007 della critica musi-cale italiana e nel settembre 2020 del titolo di Kammersänger della Bayerische Staatsoper.

Andrzej Filonczyk

Nato nel 1994, si forma all’Accademia di Musi-ca a Breslavia con Bogdan Makal. È stato mem-bro dello Young Talents Programme del Teatr Wielki Opera Nordowa (con Eytan Pessen) e del-l’International Opera Studio a Zurigo. Ha par-tecipato nel 2016 allo Young Singers Project Sal-zburger Festspiele, ed è tornato al Festival di Sa-lisburgo nel 2017 nel ruolo di Gubetta (Lucrezia Borgia). Il suo debutto operistico avviene al Te-atr Wielki di Poznan nel 2015 sotto la direzione di Gabriel Chmura come Tonio in Pagliacci, nel 2016 nel ruolo di Evgenij Onegin. Vince, tra gli altri, il primo premio alla nona edizione del-l’International Stanisław Moniuszko Vocal Com-petition. Interpreta inoltre Figaro ne Il barbie-re di Siviglia (Opernhaus Zürich e Teatro Bol’šoj di Mosca), Guglielmo Cecil nella Maria Stuarda (Opernhaus Zürich), Silvio in Pagliacci (Teatro Re-gio di Torino e Royal Opera House Covent Gar-den a Londra), Marcello ne La bohème (Canadian Opera Company in Toronto). Recenti Pagliacci in forma semiscenica per la NDR, Le nozze di Figaro al Palau de Les Arts di Valencia, Die tote Stadt (Ba-yerische Staatsoper) e La bohème alla Royal Ope-ra House. Impegni futuri includono I Puritani al-l’Oper Frankfurt, Madama Butterfly e La bohè-me al Teatro San Carlo, L’elisir d’amore alla Lyric Opera di Chicago.

Vasilisa Berzhanskaya

Membro dello Youth Opera Program del Bol’šoj dal 2015 al 2017, in questo stesso anno è anche solista della Deutsche Oper Berlin. Nel 2016 en-tra all’Accademia Rossiniana di Pesaro. Sempre nel 2017 è nello Young Artists Program del Fe-stival di Salisburgo. Nella stagione 2017/18 can-ta nel ruolo di Angelina ne La Cenerentola di Ros-sini al Theater Basel. Dopo aver debuttato come Rosina ne Il barbiere di Siviglia di Rossini alla Deutsche Oper Berlin, canta nello stesso ruo-lo al Mikhajlovskij di San Pietroburgo. Debutta anche come Siebel nel Faust e canta nel ruolo della Marchesa Melibea ne Il viaggio a Reims di Rossini, nuova produzione della Deutsche Oper Berlin dove, nella stagione 2018/19, debutta inol-tre come Fenena nel Nabucco e come Olga in Ev-genij Onegin. Ancora tra i debutti quello come Vagaus in Juditha triumphans di Vivaldi per De Nationale Opera di Amsterdam e come Aristea ne L’Olimpiade di Vivaldi a Basilea e al Concer-tgebouw in Amsterdam. Il debutto all’Opera di Roma avviene come Angelina ne La Cenerentola di Rossini. Al Festival di Salisburgo 2019 canta nel ruolo di Diana in Orphée aux enfers di Of-fenbach. Tra gli impegni più recenti Il barbiere di Siviglia e Nabucco a Berlino e Romeo (en tra-vesti) ne I Capuleti e i Montecchi diretta da Gat-ti all’Opera di Roma. Lavora con direttori quali Andrea Marcon, Donald Runnicles, Mariss Jan-sons, Giacomo Sagripanti, Giampaolo Bisanti, Dmitri Jurowski, Vladimir Jurowskij, Alexan-der Vedernikov, Vladimir Fedoseev, Enrique Mazzola, Stefano Montanari e molti altri.

Alessandro Corbelli

Nato a Torino, ha cantato in tutti i maggiori tea-tri d’opera: alla Scala Così fan tutte, Le nozze di Figaro, Don Giovanni, La Cenerentola, Le Comte Ory, Lodoïska, Fedora; al Covent Garden L’Italiana in Algeri, La Cenerentola, Così fan tutte, Don Pa-squale, Il Turco in Italia, La Fille du régiment, Il bar-biere di Siviglia, Adriana Lecouvreur; all’Opéra di Parigi La Cenerentola, L’Italiana in Algeri, Così fan tutte, Madama Butterfly, Gianni Schicchi, La Fil-le du régiment; alla Wiener Staatsoper Così fan tutte, Le nozze di Figaro, I Puritani e La Cene-rentola. Dal suo debutto al Metropolitan Ope-ra nel ’97 con La Cenerentola (Dandini) vi torna regolarmente per L’Italiana in Algeri, L’elisir d’amore, Gianni Schicchi e La Cenerentola (Don Magnifico). Debutta al Glyndebourne Festival nel 1985 come Dandini ne La Cenerentola e vi tor-na come Leporello nel Don Giovanni e in nuo-ve produzioni di Gianni Schicchi e Don Pasqua-le. Canta Don Magnifico ne La Cenerentola alla Los Angeles Opera e al Metropolitan, Don Bar-tolo ne Il barbiere di Siviglia a San Francisco e Chi-cago, Gianni Schicchi al Regio di Torino, Geronio ne Il Turco in Italia ad Aix-en-Provence nel 2014. Nella stagione 2018/19 si esibisce al Me-tropolitan Opera come Sulpice ne La Fille du ré-giment e al Royal Opera House Covent Garden come Melitone ne La forza del destino. Nel 2019/20 canta come Don Magnifico a Zurigo e Vienna e torna a Chicago come Bartolo ne Il bar-biere di Siviglia. Tra i riconoscimenti, il Premio Ab-biati della Critica per Leporello nel Don Giovanni alla Scala, il Premio Rossini d’Oro per Don Ge-ronio ne Il Turco in Italia a Pesaro.

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Pietro Faiella

Attore, sceneggiatore e regista. Diplomato al-l’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico con Orazio Costa, ha lavorato in teatro con Mas-simo Castri, Roberto Guicciardini, Dario Fo, Ce-sare Lievi, Marcello Cava, Giorgio Albertazzi, Car-lo Giuffré, Mario Martone, recitando nei più im-portanti Teatri Stabili Italiani. Al cinema e in te-levisione ha lavorato con Terence Hill, Giulio Base, Monica Vullo, Francesco Vicario, Franco Bro-cani, Fiorella Infascelli, Michele Soavi, Luigi di Gianni, Aureliano Amadei, Di Trapani&De An-gelis, Ascanio Celestini, Giuseppe Gagliardi, Claudio Noce, Donato Carrisi, Andrea Molaioli e Alessio Cremonini. Ha diretto e tradotto le piè-ce teatrali John e Joe di Agota Kristof e Mamma torna di Grumberg. Ha curato la regia di Delirio a due di Ionesco, Flaianerie da Flaiano, Aoi di Ta-keshi Kawamura. Ha tradotto per Luca Ronco-ni e il Piccolo Teatro di Milano la pièce La com-pagnia degli uomini di Edward Bond. Per la Fon-dazione FIND-Alain Daniélou ha curato la tra-duzione dei poemi epici La cavigliera d’oro e Ma-nimekalai. Autore teatrale e sceneggiatore, ha ricevuto i premi ARGOTOFF 2010 con la pièce Mondocane, e Calcante 2012 con Carceraria. È sta-to finalista al Premio Solinas - Talenti in corto. È autore dei documentari Partisan kids, prodotto da Raistoria e Metamorfosi di un poeta, sulla vita di Ovidio, prodotto dalla Overcom. Ha curato la regia della puntata pilota della webserie Ledis ed ha scritto e diretto il cortometraggio Il ritratto.

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Paolo Musio

Attore e autore di testi e di adattamenti teatrali. Diplomatosi presso l’Accademia Nazionale d’Ar-te Drammatica Silvio D’Amico di Roma nel 1987, ha collaborato, in parti di rilievo o di pro-tagonista, in Italia e all’estero, con i seguenti re-gisti: Trionfo, Patroni Griffi, Salveti, Testori, Squarzina, Castri, Terzopoulos, Barberio Corsetti, Waas, Cirillo, Nekrosius, Ronconi, Cobelli, Mar-tone, Rambert, Bogomolov, Popolizio. Nel 1993 fonda la compagnia Quellicherestano, per la rea-lizzazione di spettacoli da testi di autori come Brecht, Jarry, Achternbusch, Büchner, Müller, Lor-ca, Strindberg, Plauto, Schwab, Moravia. I suoi testi teatrali sono: “Quelli che restano”, “Venerdi”, “La vita normale”, “Renata”, “I soccombenti”, “Il banchiere anarchico” da Pessoa, “Eremos” da Mi-chelstaedter, “L’uomo invisibile” da Wells e Cioran. A partire dal 2002 promuove e realizza progetti interdisciplinari che coinvolgono arti-sti come Jannis Kounellis, per il tramite di Ter-zopoulos, Thorsten Kirchhoff, Daniel Bacalov. Nel 2012 inaugura lo spazio Idiòt a Torino, nel quar-tiere di Porta Palazzo. Il luogo è uno studio d’ar-tista che si apre al pubblico in occasione di even-ti. Idiòt è un progetto interdisciplinare che è ba-sato su educazione e sguardo sulla società, ri-cerca teatrale, attenzione ai vari linguaggi del-l’arte contemporanea. Per Idiòt allestisce gli spet-tacoli Voce, con Thorsten Kirchhoff, Uomo invi-sibile e Furore da Steinbeck e una lettura del De rerum natura di Lucrezio. È tra i docenti colla-boratori dell’Accademia Nazionale d’Arte Dram-matica Silvio D’Amico di Roma.

Roberto Lorenzi

Diplomato al “Boccherini” di Lucca vince il 62° Concorso AsLiCo per il ruolo di Don Basilio ne Il barbiere di Siviglia, poi il “Titta Ruffo” e il “Ric-cardo Zandonai”. Nel 2017 è finalista al Cardiff Singer of the World. Nel 2013 entra nel Singers Project del Festival di Salisburgo e nell’ensem-ble dell’Opernhaus Zürich dopo il diploma al-l’Opera Studio del Teatro nel 2015. A Zurigo de-butta nei ruoli di Lorenzo ne I Capuleti e i Mon-tecchi, Priore ne La Straniera, Alidoro ne La Ce-nerentola, La Vengeance in Médée, Don Pru-denzio ne Il viaggio a Reims, Montano nel-l’Otello, Caronte nell’Orlando Paladino, Geroni-mo ne Il matrimonio segreto, Le Gouvernuer ne Le comte Ory, Zuniga in Carmen e Publio ne La clemenza di Tito. Debutta alla Scala di Milano ne La bohème diretta da Rustioni per la regia di Zef-firelli. Interpreta Angelotti nella Tosca, Almavi-va ne Le nozze di Figaro e Don Giovanni a Luc-ca; Alidoro ne La Cenerentola a Pisa, Chieti e Lil-le; Ferrando ne Il trovatore per AsLiCo; Daland in Der fliegende Holländer all’Olimpico di Roma, Comunale di Bologna e Regio di Torino; Don Gio-vanni (Leporello) a Tel Aviv; Petite messe solen-nelle a Pesaro; Il viaggio a Reims al Musikverein di Vienna; Gualtiero Valton ne I Puritani al Massimo di Palermo. Debutta come Priore ne La Straniera al Concertgebouw di Amstedam, come Colline ne La bohème nel Circuito Mar-chigiano ed è Zuniga in Carmen per l’Opera di Roma alle Terme di Caracalla. In concerto si esi-bisce nel Requiem di Verdi al Teatro Verdi di Pisa, in quello di Mozart a Lucca, nel Messiah di Händel a Madrid, Danzica e Siviglia.

Patrizia Biccirè

La carriera la porta nei maggiori teatri d’opera italiani ed europei, dal Teatro alla Scala di Mi-lano al Teatro Comunale di Bologna, per pro-seguire con il Teatro Massimo di Palermo, La Fe-nice di Venezia, Teatro Regio di Torino, Royal Ope-ra House Covent Garden, Théâtre du Châtelet e Théâtre des Champs-Élysées a Parigi, Glyn-debourne Festival, Opéra di Montecarlo, Grand Théâtre de Genève, Teatro Real di Madrid, Tea-tro São Carlos di Lisbona, Lincoln Center di New York, New National Theatre di Tokyo. Il de-butto sulle scene avviene con La scala di seta al Rossini Opera Festival di Pesaro. Si esibisce poi in opere di Monteverdi, Mozart e Rossini, pas-sando da Fiorilla ne Il Turco in Italia a Susanna, Zerlina e Despina fino a parti più liriche quali Marguerite nel Faust di Gounod, Elettra nel-l’Idomeneo di Mozart, Mathilde nel Guillaume Tell di Rossini, Cio-Cio-San in Madama Butterfly di Puccini, Adalgisa in Norma di Bellini, Selika ne L’Africaine di Meyerbeer. Collabora con diretto-ri quali Antonio Pappano, Riccardo Muti, Sir Char-les Mackerras, Sir John Eliot Gardiner, René Ja-cobs, Philippe Herreweghe, Louis Langrée, Ot-tavio Dantone, Rinaldo Alessandrini, Alberto Zed-da, Evelino Pidò, Fabio Biondi, Michele Mariot-ti e registi quali Graham Vick, Pier Luigi Pizzi, Wil-ly Decker, Hugo De Ana, Roberto De Simone, Ma-rio Martone, Ferruccio Soleri, Emilio Sagi, Davi-de Livermore, Anne Teresa de Keersmaeker, Damiano Michieletto, Trisha Brown, Arnaud Bernard.

* Le prime parti sono indicate con l’asterisco e sono poste in ordine di anzianità.

Primi violini Vincenzo Bolognese*

(di spalla) Francesco Malatesta Luciana Hazan Maurizio Bonacci Emmanuelle

Thomasson Ann Stupay Massimiliano Destro Giulio Arrigo Maria Lucia Campagna Marina Pacione Annalisa Giordano Pierluca Vigiano Barbara Agostinelli Paolo Coluzzi Claudio Pacione Alessandro D’Andrea Secondi violini Carlo Alberto

Gardenghi* Arrigo Serafini* Adalberto Muzzi Stefania Viri Rose Helene Valmy Paolo Vincenzo Bigi Antonella Subrizi Alessia Loporchio Giampiero Marchetti Emanuela Biagi Francesco Minore Remo Colangelo Maria Teresa De Sanio

Viole Koram Jablonko* Mauro Abenante Francesco Agostini Paolo Finotti Paola Bolognese Margherita Fina Bruno Pucci Fabrizio Antonini Luisa Caldera Violoncelli Andrea Noferini* Massimo Bastetti Luca Peverini Fabio Fagioli Giuseppe Chignoli Marius Iulian

Parascan Paolo Ciminelli Nino Testa Andrea Bergamelli Augusto Chiri Contrabbassi Ugo Bocchini Michele Palmiero Gennarino Frezza Roberto Gambioli Flauti Carlo Enrico Macalli* Matteo Evangelisti* Paola Grassini Giovine Marta Rossi

(anche ottavino e flauto in sol)

Ottavino Lorenzo Marruchi Oboi Luca Vignali* Gianfranco Bortolato* Fabio Severini Andrea Tenaglia Clarinetti Angelo De Angelis* Francesco Defronzo Piero Canuti

(clarinetto piccolo) Clarinetto basso Sauro Berti Fagotti Eliseo Smordoni* Pasquale Marono Marco Perin Controfagotto Fabio Morbidelli Corni Agostino Accardi* Carmine Pinto* Michele Ferri Leonardo Feroleto Giuliano Spaccini

Trombe Davide Simoncini* Lucia Luconi Tromboni Marco Piazzai* Antonio Sicoli Friedrich Ventura Timpani Ignacio Ceballos

Martin* Gabriele Cappelletto* Percussioni Rocco Luigi Bitondo Marco Pagliarulo Domenico D’Argenzio Arpa Agnese Coco* Roberta Inglese*

Orchestra

DIRETTORE MUSICALE Daniele Gatti

Coro

Soprani primi Federica Albonetti Rita Cammarano Carmela Cimaglia Susanna Cristofanelli Claudia Farneti Maria Luisa Iurilli Stefania Rosai Anita Selvaggio Antonella Scafati Marika Spadafino Sabrina Tolli Carolina Varela

Soprani secondi Laura Bertazzi Laura Calzolari Claudia Cozzari Francesca Cundari Marzia Giaccaia Piera Lanciani Giuliana Lanzillotti Lee Yuen Sung Arianna Morelli Alessia Nobili Cristina Tarantino

Mezzosoprani Sabrina Baldi Silvana Cosimi Giovanna Ferraresso Carmela Ferraioli Angela Nicoli Silvia Pasini Lorella Pieralli Francesca Rossetti Elisabetta Viri

Contralti Maria Concetta Colombo Alessandra Franceschi Emanuela Luchetti Claudia Marchetti Donatella Massoni Michela Nardella Emilia Santo Nicoletta Tasin Marzia Zanonzini

Tenori primi Michael Alfonsi Luca Battagello Francesco Bovino Aurelio Cicero Danilo Di Benedetto Vincenzo Di Betta Andrea La Rosa Refat Lleshi Giordano Massaro Fabrizio Menotta Massimiliano Nardone Gianni Timpani

Tenori secondi Giuseppe Auletta Vinicio Cecere Marco Ciatti Daniele Marcorelli Sergio Petruzzella Maurizio Rossi Maurizio Scavone Leonardo Trinciarelli

Baritoni Pierluigi Bello Leo Paul Chiarot Alessandro Gaetani Francesco Luccioni Daniele Massimi Francesco Melis Romualdo Savastano Antonio Taschini Fabio Tinalli

Bassi Antonio Albore Stefano Canettieri Alessandro Fabbri Massimiliano Fiorini Massimo Mondelli Giampiero Pippia Stefano Pitaccio Roberto Valenti

MAESTRO DEL CORO Roberto Gabbiani

Direttore degli Allestimenti Scenici Michele Della Cioppa

Direttore di Produzione Silvia Cassini

Direttore Risorse Umane Alessandra Bazoli

Tel. 06 481 601 Biglietteria operaroma.it Leonardo Magno

Tel. 06 48160255 - 06 4817003 Fax 06 4881755 [email protected]

Ufficio Stampa, Comunicazione, Editoria Cosimo Manicone Tel. 06 48160291 [email protected] [email protected] Dipartimento Didattica e Formazione Promozione Pubblico Nunzia Nigro Tel. 06 481 60243 [email protected] [email protected] Fundraising e Membership Roberta Sulli Tel. 06 48160515 / 06 48160502 [email protected] [email protected] Direzione di sala Massimo Di Franco Tel. 06 48160501 - 338 5784497 [email protected]

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A cura di Cosimo Manicone

Redazione Maria Stefanelli, Annalisa De Carlo

Progetto grafico Ettore Festa, HaunagDesign Impaginazione Valentina Porretta, HaunagDesign

Illustrazione di copertina Gianluigi Toccafondo

Stampa Tipografica Renzo Palozzi, Marino (Roma)