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MEMORIE DELL'ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI TORINO Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali Serie 4•, n. 16. UN ESEMPIO DI TORBIDITI DI CONOIDE SOTTOMARINA ESTERNA: LE ARENARIE DI SAN SALVATORE (FORMAZIONE DI BOBBIO, MIOCENE) NELL'APPENNINO DI PIACENZA ·MEMORIA DI EMILIANO MUTTI E GUIDO GHIBAUDO TORINO ACCADEMIA DELLE SCIENZE 1972 First description of outer fan depositional lobes

Un esempio di torbiditi di conoide sottomarina esterna: Le Arenarie di San Salvatore (Formazione di Bobbio, Miocene) nell'Appennino di Piacenza

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MEMORIE DELL'ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI TORINO

Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali Serie 4•, n. 16.

UN ESEMPIO DI TORBIDITI DI CONOIDE SOTTOMARINA ESTERNA:

LE ARENARIE DI SAN SALVATORE (FORMAZIONE DI BOBBIO, MIOCENE)

NELL'APPENNINO DI PIACENZA

·MEMORIA

DI

EMILIANO MUTTI E GUIDO GHIBAUDO

TORINO ACCADEMIA DELLE SCIENZE

1972

First description of outer fan depositional lobes

UN ESEMPIO DI TORBIDITI DI CONOIDE SOTTOMARINA ESTERNA: LE ARENARIE DI SAN SALVATORE (FORMAZIONE DI BOBBIO, MIOCENE)

NELL'APPENNINO DI PIACENZA (!)

Memoria di EMILIANO MuTTI e Gumo GHIBAUDO presentata dal Socio nazionale residente Roberto M ALARODA

nell'adunanza del 15 i\Iarzo 1972

Riassunto. - L e Arenarie di San Salvatore, Hna potente s~tccessione di torbiditi mioceniche facenti parte della Formazione di B obbio nell'Appennino piacentino, sono costituite dalla ripetHta alternanza di pacchi di strati arenacei e pelitico­arenacei. Queste due litofacies corrispondono rispettivamente alle Facies C e D che più in generale M utti & Ricci L~tcchi (1972) distinguono entro i sedimenti torbiditici.

La << non-canalizzazione )) delle facies arenacee e la presenza, entro queste, di megasequenze negative sono ritenHte come caratteri diagnostici di 1ma sedi­mentazione avvenuta entro la zona esterna di una conoide sottomarina profonda. Ciò deriva sia da un esame dei dati disponibili sull'assetto fìsiografico-deposi­zionale delle conoidi sottomarine attuali che dal confronto dei rapporti laterali

(1

) Questo lavoro rientra in un programma di ricerche sulle torbiditi dell'Ap­pennino eseguite con il contributo del C.N .R. e svolte in stretta collaborazione tra gli I stituti di Geologia di Bologna, Napoli e Torino e l' Istituto di Paleontologia di Modena. Le spese relative alla presente memoria sono gravate sui contratti di ricerca 70.00282/05 115.3823 e 71.00325.05. G. GHIBAUDO ha collaborato principa lmente nella fase relativa alla raccolta ed a ll'elaborazione dei dati. La discussione sui sedi­menti deltizii è tratta, oltrecché da un esame della bibliografia, dai risultati inediti di ricerche personali di E. MuTTI eseguite, in colla~orazione con J. RosELL dell'Uni­versità Autonoma di Barcellona e con J. FERRER e H. P. L uTERBACHER della ESSO PRODUCTION RESEARCH EUROPEAN, SU Sedimenti paleocenici dei P irenei spa­gnoli. Parte degli a rgomenti trattati in questa memoria relativi a lla deposizione torbiditica sono stati discussi con F. Rrccr L uccHI. Il la ureando G. CuTICA ha fornito un apprezzato aiuto durante il lavoro di t erreno. R. MALARODA e C. STURA:-I I hanno letto e discusso criticamente il manoscritto.

2 EMILIANO MUTTI E GUIDO GHIBAUDO

e verticali di facies dei depositi torbiditici esaminati con qtMlli di certi apparati deltizii.

Vi è strettissima analogia tra le barre di foce deltizie ed alcuni dei corpi arenacei delle Arenarie di San Salvatore. I n entrambi i casi, i sedimenti più grossolani si sovrappongono gradttalmente su facies più fini e svilttppano suc­cessivamente delle megasequenze negative che comportano, in pratica, un incre­mento del rapporto arenariafpelite verso l'alto. Questo tipo di successioni denota fasi di attivo avanzamento verso il largo degli apparati deposizionali sia nel caso dei delta che delle conoidi sottomarine profonde.

Entro le Arenarie di San Salvatore si rinvengono anche corpi arenace~ con contatto basale netto, pur se non erosivo, rispetto ai sedimenti più fini della litofacies pelitico-arenacea e sviluppanti megaseqttenze di tipo positivo. Questi corpi possono essere interpretati come il prodotto di una fase di sedimen­tazione transizionale rispetto alle facies canalizzate della conoide intermedia.

Nei sedimenti fossili di conoide sottomarina la canalizzazione o meno delle torbiditi pù't grossolane appare elemento di primaria importanza per la classificazione ambientale. Unita11-tente ad altri caratteri disc~t.Ssi da Mutti & Ricci Lucchi (1972), la distinzione tra associazioni di facies di conoide inter­media ed esterna può essere posta in corrispondenza alla scomparsa di corpi canalizzati con profondità superiore ai 2 m. È questo un criterio in certa misura arbitrario rispetto all'assetto fisiografico-deposizionale delle conoidi attuali ma ha il vantaggio di essere obiettivo e facilmente utilizzabile dal geologo nella analisi di facies delle torbiditi del passato.

Summary. - The San Salvatore Sandstone, a thick sequence of Miocene turbi­dites which is part of the Bobbio Formation in the northern Apennines, is made up of alternating sets of << proximal >> (sandy) and << distal >> (shaly) beds.

Sandfshale ratio, grain size and internal structures of these two facies compare well with those of Facies C and D, respectively, which have been recently introduced by Mutti & Ricci Lucchi (1972) for a more general descrip­tion of tttrbidite sediments.

The absence of channeling and the occu,rrence of thickening-~tpward cycles within some of the sandy bodies of the San Salvatore Sandstone are thought to be the result of a sedimentation which took place in an outer-fan environment. Several lines oj evidence support this interpretation and particularly: (1) the physiography and the sediment distribution of Recent deep-sea fan systems, and (2) the comparison of some oj the features of the San Salvatore Sandstone with those oj well-known prograding delta systems.

R emarkable similarities can be found between the thickening-1tpward cycles of the San Salvatore Sandstone and those of the stream-mouth bar se­quences in delta systems. I n both cases, these thickening- andfor coarsening­~tpward cycles refiect progradational events.

Other sandy bodies of the San Salvatore Sandstone, though non-channelized, display a sharp basal contact with the underlying shaly facies and are charac­terized by the occurrence of thinning-upward cycles. These bodies are thought

UN ESEMPIO DI TORBIDITI DI CONOIDE SOTTOMARINA, ECC. 3

to represent a type of deposition which tooke place in the inner part of the outer fan at the debouching terminus of the channels of the middle fan.

I n ancient deep-sea fan deposits, the occ~trrence of channelling at the base of coarse-grained turbidite bodies appears of primary importance for the environmental understanding of the facies associations. Along with other sedi­mentary feahtres which have been recently diswssed by Mutti & Ricci L ucchi (1972), a separation between mid-fan and outer-fan facies associations could be put tentatively at the disappearance of channels deeper than 2 m.

Current research in the northern Apennines, where these sediments are particularly widespread, should provide valuable information for a more precise characterization and a better understanding of outer-fan t~trbidites.

I. - Introduzione.

Depositi torbiditici interpret abili come il risultat o di una sedimen­t azione in ambiente di conoide sottomarina profonda (deep-sea fan ) sono stati descritti in vari lavori apparsi in questi ultimi anni (e . g., Walker, 1966b; J acka et al., 1968; Kelling & Woollands, 1969; Mutti, 1969; Nor­mark & Piper, 1969; Ricci Lucchi, 1969; PrPER, 1970b; Piper & Nor­mark, 1971). I caratteri generali di tali t orbiditi così come quelli specifici, indicativi di ulteriori suddivisioni a~bientali , sono stati più recentemente analizzati e discussi da Mutti & Ricci Lucchi (1972)\.

Come è st ato mostrato da questi due ultimi autori, all'interno delle conoidi fossili è possibile riconoscere tre distinte associazioni di facies che si ricollegano sostanzialmente ai tre ambienti di deposizione princi- · pale che si rinvengono nelle conoidi attuali : (1) conoide interna o superiore (upper fan) , (2) conoide intermedia (middle fan ) e (3) conoide esterna o inferiore (lower fan ).

I sedimenti di conoide esterna sono assai poco conosciuti sia nelle conoidi attuali che, a maggior ragione, in quelle fossili. Il loro riconosci­mento in queste ultime deve per conseguenza essere basato su criteri in larga misura indiretti. Mutti & Ricci Lucchi (1972) propongono di inter­pretare come t orbiditi di conoide est erna quelle associazioni di facies caratterizzat e dall'alternanza di ' corpi arenacei lent icolari, poco o nulla erosionali ed essenzialmente costituiti dalla loro Facies C (2), con sedimenti

(2

) Rimandiamo al lavoro di MuTTI & Ricci LuccHI (1972) per un'imposta­zione più generale del problema connesso a lla sedimentazione t orbiditica. Da questi a utori riportiamo in forma riassuntiva i cara t teri delle Facies C e D che verranno di frequente richiamate nel t esto di quest a memoria.

Facies C: arenarie da medie a fini, con le varie stru tture della sequenza di BouMA, e peliti omogenee, in strati piano-paralleli, continui, con frequent i strutture basali

4 EMILIANO MUTTI E GUIDO GHIBAUDO

peli ti co-arenacei (Facies D). Diagnostiche di questa associazione di facies sono le megasequenze negative, vale a dire il graduale passaggio dai sedi­menti fini della sottostante Facies D a quelli più grossolani della Facies C e l 'incremento progressivo, entro quest'ultima, dello spessore dei singoli strati verso l'alto.

Com'è accennato nel lavoro di Mutti & Ricci Lucchi (1972), queste conclusioni derivano in gran parte da osservazioni preliminari fatte da uno degli scriventi della presente memoria (E. Mutti) sui caratteri sedi­mentari delle Arenarie di San Salvatore, in Val Trebbia. In questa sede ci proponiamo pertanto di descrivere questi caratteri in dettaglio e di ridiscuterne il loro significato deposizionale un poco più estesamente, sviluppando soprattutto il tema relativo al confronto tra i depositi tor­biditici di conoide sottomarina e quelli deltizii. Tale confronto ci sembra possa fornire criteri assai utili per l'interpretazione ambientale di deter­minate successioni verticali di facies torbiditiche specie se esaminate sotto il profilo dell'analisi sequenziale.

II. - Sedimentologia delle Arenarie di San Salvatore.

1. GENERALITÀ E METODI DI STUDIO.

Le Arenarie di San Salvatore fanno parte di una successione di t erreni oligo-miocenici che costituiscono l'unità più profonda tra quelle affioranti entro l'ormai classica <c finestra)) di Bobbio nell'Appennino piacentino.

Esula dagli scopi di questo lavoro la discussione della complessa si­tuazione geologica locale che è stata argomento di numerose pubblicazioni nel corso di questi ultimi anni da parte sia di geologi italiani che stranieri. I risultati di gran parte di queste ricerche sono compendiati nello schema stratigrafico-tettonico che si può desumere dalla nuova carta geologica, alla scala 1 : 50.000, recentemente pubblicata dai Geologi dell'Università

ed abbondanti livelli con inclusi intraformazionali. Meccanismo deposizionale: cor­renti torbide in senso classico.

Facies D: arenarie fini e finissime, siltiti e peliti, in strati piano-paralleli su lunga distanza, con costante presenza di lamine da corrente nelle porzioni arenacee e siltose (lamine piano-parallele, ondulate, oblique e convolute). Meccanismo depo­sizionale : correnti torbide poco concentrate, depositanti in condizioni tra ttive (regime principalmente inferiore).

UN ESEMPIO DI T ORBIDITI DI CONOIDE SOTTOMARINA, ECC. 5

di Pavia (Bellinzona et al., 1968). A tale schema si rifà sostanzialmente la colonna stratigrafica indicativa della fig. 1 (3).

Lo studio sedimentologico delle Arenarie di San Salvatore è stato basato sul rilievo di dettaglio di una sezione stratigrafica, misurata lungo la S. S. 45 tra le progressive 89,100 e 89,900, e su osserva­zioni di campagna indirizzate alla precisa definizione dei rapporti verticali e laterali tra le varie litofacies distinte.

La sezione misurata si sviluppa per una potenza di 740 m, vale a dire per circa i due t erzi dello spessore com­plessivo delle Arenarie di San Salvatore, da noi stimato sm 1000-1100 m.

Il rilievo di questa se­zione è stato eseguito <<strato per strato>> seguendo, in una forma semplificata, i criteri di descrizione di Bouma (1962).

Le varie proprietà scalari di ogni singolo strato (spes­sore totale, spessore dei vari intervalli deposizionali, gra­nulometria) , così come quelle direzionali (orientazione delle

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~o

w z w u o 3:

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ASSOCIAZIOr..E DI F"ACtE S 01

CONOIDE SOT-OMARINA.

E.S.TERNA.

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ASSOC IAZ IONE DI FACIES 01

FRANGIA PERIFE RICA 01 CO:

NOIDE SOTTOMA RINA.

COMPLESSO DI SAN GUINETO (OliGOCE NE·MIOCENE PRELANGHIA NQ)

A

B c

AS!OOCIA ZIONE 01 FACIES Cf SCARPATA o(

Fig. 1. - Colonna s tratigrafica schematica dei terreni miocenici al nucleo della • finestra • di Bobbio.

strutture erosionali) ed altri vari attributi (presenza o meno di altre strut­ture di origine fisica ed organica), sono stati rispettivamente misurati

(~ Le modifiche apportate nella colonna della fig. 1 rispetto a lle conclusioni di BELLINZONA et al. (1968) riguardano i seguenti punti :

a) il contatto tra Argilliti di Brugnello ed il sottostante Complesso di San~

guineto è qui considerato come cert a mente stra t igrafico;

b) le Argilliti di P eli, ritenute dagli Autori suddetti un'unità litostratigrafica distinta, sviluppa t a a t etto delle Arenarie di San Salvatore, sono da noi considera te unicament e come un equivalente latera le, verso E, delle stesse a renarie. Sotto il profilo dei caratteri di facies, le Argilliti di Peli, quelle di Brugnello ed i livelli peli­tico-arenacei intercalati entro la successione delle Arenarie di San Salvatore sono virtualmente identici ed hanno lo stesso significat o in t ermini deposizionali;

Fig. 2. - Veduta delle Arenarie di San Salvatore e delle sottostanti Argilliti di Brugnello (a sinis tra nella foto) lungo il ,·ersante sini­stro della Val Trebbia tra Bobbio e Marsaglia. Si noti il marcato assottigliamento dei liveiU arenacei dal basso verso l'alto nella foto.

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8 EMILIANO MUTTI E GUIDO GHIBAUDO

fini interpretativi ed avrebbe inoltre tolto gran parte dell'immediatezza visiva ai vari grafici costruiti. Quando comprese tra 20 cm e 2 m di spes­sore, le intercalazioni di una litofacies nell'altra sono comunque riportate graficamente, anche se in forma schematica, a lato della colonna 1 della Tav. I. Al di sopra dei 2 m tali intercalazioni sono state considerate alla stregua di intervalli distinti ed al di sotto dei 20 cm non compaiono nella sezione. Queste ultime intercalazioni sono tuttavia annotate nelle tabelle originali.

In ragione di quanto sopra, i vari livelli distinti entro le Arenarie di San Salvat ore saranno d'ora innanzi considerati, per facilitare l'espo­sizione, alla stregua di pacchi di strati omogenei riferibili nella loro to­talità all 'una o all'altra delle litofacies suaccennat e. Di queste diamo qui appresso una breve descrizione.

3. - LITOFACIES ARENACEA.

Questa litofacies è rappresenta ta da stra ti in larga p revalenza spessi e massicci (5 ) di arenarie gradate la cui granulometria più frequente rientra nel campo delle sabbie medie e grossolane. Arenarie fini o a renarie molto grossolane, talora anche microconglomeratiche, si accompagnano alle precedenti.

Petrograficamente queste arenarie risultano costituite essenzialmente da quarzo, feldspati e frammenti di rocce; relativamente scarsi sono la matrice fine ed il cemento chimico. La tab. I mostra la composizione prin­cipale relativa a cinque campioni di arenarie studiati in sezione sottile mediante analisi modale; il diagramma Q-F-R (fig. 3) ne mette in evi­denza gli indici di maturità composizionale e di provenienza (6 ) . In base

(5

) P er lo spessore degli strat i è qui fatto riferitnento a lla classificazione ripor­tata in MuTTr (1969, p. 1038).

(6

) La determinazione della composizione principale è stata eseguita secondo i criteri proposti da GAzzr (1966) a cui si rimanda per una più approfondita discus­sione sulla metodologia di studio e di rappresentazione dei risultati. In breve, in accordo con questo Autore, durante l'esecuzione dell'analisi per p unt i sono stati raggruppati in classi a sé solo i frammenti d i rocce a grana fin e mentre per i frammenti di rocce a grana grossa si è considerato il singolo minerale a cui si sovrapponeva il cen tro del reticolo. Essendo infatti la quantità di frammenti di rocce a grana grossa presenti in un'arenaria direttamente legata a lla grana dell'arenaria stessa, conteggiare i fram­menti di rocce a grana grossa non renderebbe più confrontabili analisi composizio­nali eseguite su a renarie di diversa grana. Uno s t udio serniquantita tivo dei soli fram­menti di rocce, sia a grana fine che a grana grossa, è stato in seguito eseguito a part e su sezioni ottenute median te inglobamento in resina della frazione granulometrica più grossolana di uno dei campioni. La composizione principale è s tata infine rap-

E. MuTTI E G. GHIBAUDO - Un esempio di torbiditi di conoide sottomarina esterna, ecc. - TAv. I.

Ace. Se. di Torino - Memorie, Cl. di Se. Fis., Mat. e Nat. - Serie 4a n. 16.

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.... ... .. .. ..... .... ... . .. .. .. . . . ... . ... . .. . . . . . .... .... .. . . ..... ..... . . . . . . . . . . . . . . . . ... . ·.·.·.· .. ·.·.·.·.·.·.·.· .· ... ·.·.·.·.·.·.·.·.·.·.·.·.· .... .. .. ..

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5

38 59

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182

209

50

25

271 O m

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319

332

336 337

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35

394

426 428

36~!<~<~<l ____ ~--~----~~==~ 438

37

o 10 50 100 1000 o 10 50 100

DETTAGLIO DELLE ARE SAN SALVATORE

SEZIONE DI NARIE DI

(tra le progressive 89,100 e 89,900 della S.S. 45 tra Bobbio e Marsaglia)

@

~ ~137

~ 140

q 145

Q4 t 150

~146

155 1000

155

CD (2) @ @

ZONATURA DELLA SEZIONE E PERCENTUALI LITOLOGICHE NEl LIVELLI ARENACEI (INTERCALAZIONI

ARENACEE(·) E PELITICO-ARENACEE (-) COMPRESE TRA 20 E 200cm)

SPESSORE DEGLI STRATI ENTRO CIASCUN LIVELLO ARENACEO

SPESSORE DELL'INTERVALLO GRADATO (A) ENTRO GLI STRATI DI CIASCUN LIVELLO ARENACEO

DIAGRAMMA A ROSA DELLE PALEOCORRENTI ENTRO CIASCUN LIVELLO ARENACEO

1-37 NUMERO PROGRESSIVO DEl VARI LIVELLI

DALL ' ALìO VERSO IL BASSO

407-426 NUMERO DI STRATO AL TETTO E ALLA B~

SE DI OGNI INTERVALLO ARENACEO

7 NUMERO MISURE

AZIMUT MEDIA

150 VETTORIALE

Il MEGASEQUENZE NEGATIVE

'\\ MEGASEQUENZE '0, POSITIVE

Tav. I. - Sezione di dettaglio delle Arenarie di San Salvatore.

U N ESEMPIO DI TORBIDITI DI CON OIDE SOTTOMARINA, ECC.

TABELLA l.

1 2 3 l 4

Q l Quarzo (1 ) 31,5 35,4 30,5 36,2 Selci 1,0 - - 0,7

F

R

Feldspati (2) 26,8 26,0 37,8 30,6

Vulcaniti ac. e interm. 1,6 3,0 - 0,3 Vulcaniti basiche - 0,7 - -Serpentini - - 0,3 0,3 Serpen tinoscisti 7,0 4,3 1,0 5,0 Filladi 2,3 7,3 3,5 1,0 << Shales » 0,3 2,7 - -Siltiti 0,3 - - -

Clastici carbonatici 1,0 - 0,3 -

Miche e cloriti (3) 11,4 9,6 9,3 16,4

Altri 3,3 1,7 0,3 1,5

Matrice 6,5 3,3 8,7 6,7

Carbonati autigeni 7,0 6,0 8,3 1,3

100 100 100 100

Indice di maturità 45,9 44,6 41 ,7 49,8

Indice di provenienza 70,0 59,0 88,6 82,2

(1) In granuli s ingoli, policrista llini, in fram menti di rocce plutoniche. (2) In granuli singoli, in frammenti di rocce plutoniche. (3) In granuli singoli, in frammenti di rocce a grana grossa.

9

5

37,0 0,3

30,0

0,7 --1,7 4,0

-0,7

0,3

8,0

2,0

7,3

8,0

100

50,1

80,7

alla composizione principale determinata, le arenarie in questione sono classificabili come areniti arcosiche secondo Gilbert (1954), come areniti feldspatiche secondo Do t t (1964), come arcose secondo Pettijohn (1957),

presentata tramite un diagramma triangolare ricalcolando a cento la somma delle seguenti classi : Q (tutti i tipi di quarzo + selci), F (feldspati) , R (frammenti di rocce a grana fine). Tale diagramma mette chiaramente in evidenza gli indici di maturità

IMa = 100 (Q+~+ R) e di provenienza IPr = 100 (F ~ R)

2 .

10 EMILIANO MUTTI E GUIDO GHIBAUDO

ed infine come arcose (3 campioni) e arcose litiche (2 campioni) secondo Mc Bride (1963) e Folk (1968). La tab. 1 ed il diagramma Q-F-R mostrano come nel complesso i campioni studiati costituiscano un gruppo abba­stanza omogeneo caratterizzato da una maturità composizionale relati­vamente bassa (I 111 a--==: 50,1) e da un indice di provenienza nettamente spostato verso rocce plutoniche (IPr compreso tra 59,0 e 88,6). Dal punto di vista tessiturale i granuli clastici sono mal classati, prevalente­

90 -

80 -

70 -

so -

~ ...... 5 0 -

4 0 -

30 -

20 -

10-

Q mente subangolari o subar­rotondati e con scarsa sfe­ricità; questi dati, indicanti una bassa maturità tessitu­rale, contrastano in parte con la relativa scarsità di matrice (il rapporto granuli/ matrice essendo un indice di maturità tessiturale) che non supera in alcun cam­pione 1'8, 7% della composi­zione totale. Lo studio infine dei soli frammenti di rocce, sia a grana fine che a grana

F '------------------' R 96 8~ 7~ 6

10 5

10 4

10

~o ~o ~o grossa, mostra una netta l P r

Fig. 3. - Diagramma Q-F-R di alcuni campioni delle Arenarie di San Sal vatore.

prevalenza di frammenti di rocce granitico-gneissiche ri­spetto alle rocce a grana fi ne riportate in tabella I ,

confermando così la provenienza da rocce prevalentemente plutoniche già messa in evidenza dal diagramma Q-F-R.

La maggior parte degli strati appartenenti alla litofacies qui con­siderata comporta al tetto dell 'arenaria, un intervallo pelitico; le are­narie rappresentano tuttavia il litotipo più sviluppato entro questa lito­facies, rappresentando in media il 60-80% della stessa.

Gli spessori dei singoli strati possono variare tra minimi di 5 cm fino a massimi di 8 m ; gli spessori più frequenti sono compresi tra 30 e 200 cm.

Le superfici di stratificazione inferiori sono sempre net te e ben mar­cate e comporta no frequenti irregolarità dovute sia a fenomeni erosio­nali a piccola scala, vale a dire canali con profondità inferiori a 2 m , che ad effetti di carico o di slittamento immediatamente post-deposi­zionali. Solo in rarissimi casi (fig. 4) qualche strato appare coinvolto m blande pieghe da slumping. Comune è l'amalgamazione (senstt

UN ESEMPIO DI TORBID!T l DI CONOIDE S OTTOMARINA, ECC. 11

Walker, l966a) di stra ti arenacei sovrapposti a ttraverso erosione delle peliti originariamente interstra tificate (fig. 5).

Fig. 4. - Litofacies arenacea . Strato massiccio di arenaria grossolana deforma to alla base da r ipiega­menti da sl~tmf>i~tg. N. B. Come per t utte le fo to seguent i, il senso s tratigrafico è da destra verso sinistra.

All'interno dei singoli strati, le strutture deposizionali o intrastratali solo in casi assai rari mostrano il completo sviluppo dei vari intervalli

12 EMILIANO MUTTI E GUIDO GHIBAUDO

della cosiddetta sequenza di Bouma (1962). Normalmente, ad un intervallo inferiore gradato, o senza strutture apparenti, fa seguito un intervallo a sottili lamine oblique efo convolute ed infine un intervallo pelitico omogeneo (figg. 6 e 7). Nella t erminologia di Bouma la successione di

Fig. S. - Litofacies a renacea. Parte sommitalc di u n livello arenaceo a megasequenza negativa . Si no ti la marcata amalgamazione degli s tra ti, ben dis tinti nel basso della foto e rinsalda ti s ino a fo r­

mare apparentemente un unico stra to verso l'alto.

F ig. 6. - Particolare della litofacies arenacea. Strato cos tituito alla base da arenaria medio-grosso­lana g radata con a te tto arenarie molto fini e s iltiti a so ttili lamine oblique e convo lu te da corren te ;

ques te ultime sono in fine ricoperte da peliti omogenee.

Fig. 7. - Particolare della litofacies arenacea. Dettaglio di un intervallo deposizionale a lamine con volute.

14 EMILIANO MUTTI E GU IDO GH IBAUD O

tali intervalli deposizionali verrebbe ad essere espressa con il simbolo Tafcfe (1 ). Relativamente meno rappresentati sono altri tipi di sequenze e precisamente, in ordine di frequenza, T afcf, T afe, T af; infine, con carat­t ere di rarità, si trovano sequenze del tipo T a-cfe, Ta-cf e Tb-cfe.

Il passaggio tra l'intervallo inferiore gradato e quello a sottili lamine oblique, che di regola si sovrappone diret tamente al primo, avviene per­loppiù transizionalmente anche se in spazio assai ristretto; solo a volte è presente un netto salto granulometrico tra i suddetti intervalli.

Entro gli intervalli gradati è relativamente comune la presenza di clasti pelitici intraformazionali con dimensioni massime sui 20-30 cm.

In un caso si osservano infine, entro questa litofacies, spesse lamine oblique, molto mal definite ed interessanti la porzione basale di uno strato di arenaria medio-grossolana, che appaiono asintotiche rispetto alla superficie inferiore di stratificazione e formano con essa un angolo com­preso tra 6o e 1So.

Le strutture da corrente sono assai numerose in questi depositi (cf. figg. 8 e 9). Prevalgono i tipi riferibili ad impronte lasciate da oggetti trasportati dalla corrente a contatto con il fondo (tool marks) , e tra essi sono particolarmente frequenti i solchi di trascinamento (groove casts ) anche di dimensioni notevoli ; subordinat amente compaiono calchi di impronte dovute alla diretta azione della turbolenza sul fondo (scour marks) interamente rappresentati da docce di erosione (flute casts) .

Assai ben sviluppa te, entro i sedimenti arenacei a grana fine e quelli siltosi a sottili lamine da corrente, sono le strutture interlaminari, ed in particolare le longitudinal ridges (cf. crest e e solchi longitudinali di Ricci Lucchi, 1970).

Localmente prendono sviluppo in questa litofacies livelli particolar­mente ricchi di resti carbonizzati di veget ali, sia diffusi entro sedimenti arenacei a grana fine o siltosi che concentrati in piccole lenti di lignite. Alla base di qualche strato arenaceo si rinvengono frammenti di rest i veget ali, di dimensioni anche decimetriche, che secondo S. Dzulynski, con il quale abbiamo visitato la sezione nell'estate 1971, potrebbero in t ali casi rappresentare gli ori15inari tools degli associati groove casts.

La litofacies arenacea delle Arenarie di San Salvatore corrisponde a quei sedimenti torbiditici che recentemente Mut ti & Ricci Lucchi (1972) hanno designato come Facies C o Facies arenaceo-pelitica .

Concordemente con gli autori suddetti riteniamo che questi depositi possano essere interpret ati come il risultato di classiche correnti t orbide

n Quest a simboleggiatura sta ad indicare sequenze mancanti degli intervalli intermedi b e d (cf. MuTTI, 1969, p . 1044) .

F ig. 8. - Litofacies ar enacea. Frondescent cast alla base di uno stra to massiccio eli arenaria gradata La freccia indica il senso della corrente.

F ig . 9. - Litofacies arenacea. Associazione di tool casts (piccoli bounce e prod casts) a lla base di uno s trato eli arenaria fine. La freccia indica il senso della corrente.

16 EMILIANO MUTTI E GUIDO GHIBAUDO

e che, in particolare, gli intervalli gradati conseguano ad un abbandono dei granuli, da parte della corrente, estremamente rapido e senza effetti trattivi, e quelli a sottili lamine da corrente risultino da una deposizione sempre relativamente rapida ma tale da permettere una selezione oriz­zontale dei granuli in seguito a trazione sul fondo; gli effetti di quest'ul­tima vengono infine a cessare durante la deposizione delle peliti omogenee.

4. - LITOFACIES PELITICO-ARE NACEA.

Questi sedimenti sono rappresentati da una più o meno fitta alter­nanza di argilliti siltose grigio-scure ed arenarie molto fini e siltiti sottil­mente stratificate.

Le arenarie e le siltiti passano gradualmente, verso l'alto, nelle argil­liti interstratificate : ogni coppia arenite-pelite o siltite-pelite può quindi essere considerata alla stregua di un unico strato torbiditico.

Entro questa litofacies il rapporto sabbia & siltfpelite è sempre di molto inferiore all'unità; gli strati sono quasi esclusivamente medio-sot­tili e sottili ed hanno in media uno spessore di 12 cm con uno sviluppo della porzione arenaceo-siltosa di circa 4 cm e di 8 cm per quella pelitica.

Le strutture intrastrata~i delle porzioni arenacee o siltose sono rap­presentate da sottili lamine da corrente oblique, ondulate o convolute e più raramente parallele. In t ermini di sequenza di Bouma (1962), gli strati più comuni sono rappresentati da successioni di tipo T e-e ove tut­tavia le lamine parallele superiori dell'intervallo d non sono quasi mai indi­viduabili con chiarezza.

Le strutture da corrente sono rarissime poiché altrettanto rare sono le superfici di base esposte in questo tipo di sedimenti. Assai comuni sono viceversa le strutture interlaminari, sostanzialmente analoghe a quelle già citate per la litofacies arenacea.

Ulteriore caratteristica di questa litofacies è la marcata rielabora­zione dei sedimenti da parte di organismi limivori. Questa bioturbazione, messa in evidenza da un gran numero di gallerie e tane riempite da mate­riali più grossolani, è ristretta alla porzione pelitica degli strati (fig. l O) e solo raramente interessa la parte più alta della sottostante porzione arenaceo-siltosa.

I livelli della sezione che abbiamo riferito a questo tipo di facies sono in effetti assai inomogenei quando siano esaminati in dettaglio. Tale ino­mogeneità è data principalmente da un diverso rapporto arenite & sil­titefpelite, o, in altre parole, dallo sviluppo che possono prendere local­mente, sia all'interno di uno stesso livello che in livelli differenti, le inter­calazioni di arenarie fini e siltiti.

UN ESEMPIO DI TORBlDITI DI CONOIDE SOTTOMARINA, ECC. 17

Ove queste intercalazioni siano ben sviluppate, i livelli della litofacies pelitico-arenacea presentano una ben marcata stratificazione piano-pa-

Fig. 10. - Litofacies pelitico-arenacea. Dettaglio di uno strato la cui porzione pelitica sommitale (ove è posta la moneta da dicci lire) appare intensamente bioturbata.

rallela (fig. 11); ove invece le intercalazioni suddette vengano a mancare, o siano trascurabili, i livelli corrispondenti appaiono costituiti da peliti

~.

Fig. 11. - Litofacies peli tico-arenacea. Sviluppo pre,·alente d i pe!iti cd assenza di in tercalazioni arenaceo-siltose. Si no ti la marcata fissilità in lar ga misura indipendente dagli originari piani el i

s tra tificazione.

F ig. 12. - Litofacies pclitico-ar enacea. Le intercalazioni di arenarie fini e sil titi impartiscono a questi sedimenti una ben distinta s tratifìcazione secondo superfici continue e piano-parallele.

UN ESEMPI O D I T ORBIDI TI DI CONOIDE SOTT OMARINA, ECC. 19

macroscopi~amente omogenee, caratterizzate soltanto da una certa fis­silità che nella maggior parte dei casi è indipendente da originarie super­fici di stratificazione (fig. 12) . Ai fini del presente lavoro non abbiamo tuttavia ritenuto necessario procedere a suddivisioni ulteriori di facies entro questi depositi.

Nel loro complesso i sedimenti di questa litofacies corrispondono alla Facies D di Mutti & Ricci Lucchi (1972), ovverossia a torbiditi deposte da correnti relativamente lente e diluite che sedimentavano il loro carico sospeso più grossolano (sabbia fine e silt) a ttraverso il meccanismo di << traction-plus-fallout >> in regime inferiore di flusso.

Rimane il dubbio che il grande sviluppo di sedimenti pelitici all'in­terno di questa litofacies possa riflettere processi di deposizione in qualche misura indipendenti dalle correnti torbide e che, per conseguenza, questi sedimenti siano almeno in parte classificabili, nello schema di Mutti & Ricci Lucchi (1972), come depositi emipelagici o Facies G. Noi riteniamo cbe ciò corrisponda in tutta probabilità alla realtà dei fatti, ma è obiet­tivamente impossibile separare sul t erreno, sulla base delle sole osserva­zioni macroscopiche, le peliti torbiditiche da quelle emipelagiche. Per ragioni di convenienza, tutti questi depositi sono stati pertanto assimilati alla F acies D degli autori suddetti.

5. - p ALEOCORRENTI.

All' interno della sezione misura ta sono state effettuate, comples~

sivamente, 102 misure di paleocorrenti . La quasi totalità di esse proviene dalla litofacies arenacea dafa la scarsità di superfici di base esposte all'in­t erno di quella pelitico-arenacea.

Con i dati a disposizione si è proceduto al calcolo della media vettoriale relativa a tutte le misure e delle medie relative alle direzioni delle paleo­correnti entro ciascun livello arenaceo distinto della sezione misurata, così da mettere in evidenza un'eventuale variazione in senso stratigrafico nella direzione di trasporto finale dei clasti. I diagrammi a << rosa delle correnti>> relativi a tutte le misure sono riportati in fig. 13; i dati relativi ai singoli livelli arenacei compaiono in Tav. I (colonna 4) .

Il diagramma a <<rosa >> per tutti i dati mostra una chiara provenienza da NW ed una minima dispersione delle paleocorrenti che hanno deposto le Arenarie di San Salvatore. Di un certo interesse risulta l'andamento delle paleocorrenti all'interno dei vari livelli arenacei, procedendo dal basso verso l'alto nella sezione. L 'andamento in senso stratigrafico di questi diagrammi a << rosa >> mostra infatti come le differenze tra le medie vettoriali relative a ciascun livello arenaceo e la media vettoriale relativa

20 EMILIANO MUTTI E GUIDO GHIBAUDO

a tutte le osservazioni siano positive nella metà inferiore della sezione e negative in quella superiore.

Sebbene queste differenze non siano in assoluto molto rilevanti, questo fatto sta ugualmente ad indicare una leggerissima ma progressiva

STRUTTURE TUTTI l DATI

CON SOLA DIREZIONE

•· A. A.

STRUTTURE CON DIREZIONE E VERSO

(NUMERO

MISURE)

143° (MEDIA VETTORIALE)

Fig. 13. - Diagrammi a • rosa • delle direzioni delle paleocorrenti misurate nelle Arenarie di San Salvatore.

rotazione nel tempo, in senso antiorario, della direzione media delle paleo­correnti che hanno deposto ciascun intervallo arenaceo. Tale rotazione è legata, con tutta probabilità, all'avanzamento verso NE della scarpata che limitava sul lato sud-occiderttale la fossa di sedimentazione della Formazione di Bobbio (Ghibaudo & Mutti, in preparazione) .

6. - RAPPORTI LATERALI E VERTICALI TRA LE LITOFACIES DISTINTE.

Le osservazioni di terreno mettono in luce come i vari livelli costi­tuiti dalla litofacies arenacea rappresentino dei corpi isolati a sezione tra­sversale grosso modo lenticolare ed assai appiattita.

Ciò risulta ben chiaro lungo gli eccellenti affioramenti che si svilup­pano sul versante sinistro della Val Trebbia subito a monte di an alva­tore. Questo taglio naturale lascia vedere un rapido assottigliamento dei corpi arenacei e la loro sostituzione da parte di sedimenti più fini, pelitico­arenacei (fig. 2).

Tale assottigliamento, che è qui laterale rispetto alla direzione delle paleocorrenti ed è assai marcato su distanze dell'ordine di circa 200 m, avviene per progressiva perdita di spessore di ogni singolo strato arenaceo. Ciò significa che i corpi arenacei delle Arenarie di San Salvatore non sono contenuti entro originarie depressioni erosionali del fondo marino.

Analoghe condizioni si riscontrano, anche se con minor chiarezza di dettagli, parallelamente alle direzioni delle paleocorrenti, e più in parti-

UN ESEMPIO DI TORBIDITI DI CONOIDE SOTTOMARINA, ECC. 21

colare sottocorrente, lungo tutta l'area di affioramento delle Arenarie di San Salvatore ad E del Trebbia. I corpi arenacei sono qui sostituiti, talora assai bruscamente, dai sedimenti essenzialmente pelitici che Bellinzona et al. (1968) hanno definito come << Argilliti di Peli>> e che, dal punto di vista dei caratteri sedimentologici, corrispondono alla facies pelitico­arenacea delle Arenarie di San Salvatore.

Verticalmente i rapporti tra litofacies arenacea e pelitico-arenacea possono essere osservati in dettaglio lungo la sezione della S. S. 45.

Il contatto inferiore dei livelli che costituiscono la litofacies arenacea può essere sia transizionale che brusco. Nel primo caso alle sottili alter­nanze pelitico-arenacee succedono, verso l'alto, strati progressivamente più spessi della litofacies arenacea, dapprima separati da intercalazioni sempre più sottili di alternanze pelitico-arenacee e successivamente di­rettamente sovrapposti tra loro; ciascun intervallo t ermina in questo caso, verso l'alto, con un contatto netto rispetto al sovrastante intervallo pelitico-arenaceo e mostra spesso, nella sua porzione sommitale, fenomeni di erosione incanalata espressi da amalgamazioni e più o meno pronun­ciate irregolarità nelle superfici di stratificazione (fig. 14, cf. anche fig. 5). Nel secondo caso gli intervalli arenacei iniziano bruscamente con strati spessi e massicci e mostrano superiormente passaggi transizionali con la litofacies pelitico-arenacea. È tuttavia da notare che, anche in quest'ultimo caso, non sono presenti contatti basali erosionali a grande scala a conferma della già accennata << non-canalizzazione >> dei corpi arenacei.

Al fine di una migliore comprensione di queste relazioni stratigrafiche tra le due litofacies, è stata analizzata la distribuzione dello spessore dei singoli strati all'interno di ciascun livello arenaceo onde mettere in luce l 'eventuale presenza di <<cicli>> o << megasequenze >> (8

) significativi.

(8

) <<Ritmi », ~cicli » e << megasequenze » sono termini sostanzialmente sinoni mi utilizzati nella letteratura per definire una certa evoluzione di caratteri sedimentari entro una successione di strati. I caratteri presi in considerazione possono andare da veri e propri cambiamenti di facies sino a variazioni minori delle strutture intra­stratali e nella granulometria. Vi è molta confusione, per quanto riguarda i sedimenti t orbiditici, sia nella definizione di queste evoluzioni che, soprattutto, circa il signifi­cato che le stesse possono avere. Tra gli autori che hanno affrontato questi argomenti ricorderemo KELLING (1961) , KIMURA (1966), CuRCIO et al. (1968) , MuTTI (1969), Rrccr LuccHI (1970), WALKER (1970) e SAGRI (1971). In questo lavoro il termine di << megasequenza l> è utilizzato nel senso di << cycle )) degli autori di lingua inglese e fa riferimento, nella fattispecie delle Arenarie di San Salvatore, a successioni di strati che mostrano una distinta evoluzione nei singoli spessori. Quest 'evoluzione è considerata positiva quando vi è decremento di spessore dal basso verso l'alto e negativa nel caso cont rario (cf. anch e MuTTI & RICCI LuccHI, 1972).

22 EMILIANO li!UTTl E GUIDO GHIBAUDO

Per ogni livello sono stati costruiti due grafici, il primo relativo allo spessore totale e il secondo a quello del solo intervallo gradato degli strati

Fig. 14. - Litofacies arenacea. S trati di arenaria spessi e massicci al te tto di un livello arenaceo a megasequenza negativa. Si noti il contatto netto di tale livello rispetto ai sovrastanti sedimenti più fini della litofacies pelitico-arenacea a sinistra nella foto. Al tetto del livello arenaceo sono visibili irregolarit à delle superfici di stratificazione dovute a modesti fenomeni di canalizzazione. Come risultato di ciò, gli s trati arenacei sommita li sono più spessi verso il basso della fo to. Il cerchio indica

la posizione del martello.

34

36

UN ESEMPIO DI TORBIDITI DI CONOIDE SOTTOMARINA, ECC.

o

4 9

ESEMPI, DI VARI TIPI DI MEGASEOUENZE NEGA TI VE

ALL'INTERNO DI ALCUNI LIVELLI ARENACEI

l l -34

ARENARIE MEDIO GROSSOL ANE GRADATE O

SENZA STRUTTURA

ARENARIE FINI E 51LTITI CON LAMINE OA CORRENTE

E PELITI OMOGENEE Il MEGASEOUENZE

NUMERO DELL'INTERVALLO ARE"NA: NEGATIVE CEO RIFERITO ALLA SEZIONE

PRINCIPALE

Fig. 15 - Esempi di vari tipi di megasequenze negative nelle Arenarie di San Salvatore.

23

24 EMILIANO MUTT! E GUIDO GHIBAUDO

presenti. I due grafici sono mostrati rispettivamente nelle colonne 2 e 3 della Tav. I.

Di questi grafici, il secondo appare particolarmente significativo sotto il profilo dell'evoluzione verticale degli spessori e conferma sostanzial­mente la prima impressione che si ha sul terreno, ove gli intervalli gradati, più resistenti nei confronti della degradazione meteorica e quindi assai rilevati nel profilo d'erosione, appaiono chiaramente organizzati in mega­sequenze sia negative che positive.

Alla scala di un intero intervallo, il mettere in luce un andamento positivo o negativo nella variazione di spessore degli strati gradati, ov­verossia un decremento o un incremento progressivo nello spessore di questi dal basso verso l'alto, è certamente assai soggettivo quando i dati non siano analizzati attraverso opportune elaborazioni statistico-matema­tiche. Ai fini di questo lavoro crediamo tuttavia che l'approssimazione ottenibile attraverso un semplice esame qualitativo dei dati fornisca indi­cazioni sostanzialmente soddisfacenti e che come tali siano dunque da con­siderare gli andamenti positivi e negativi mostrati nella Tav. I (colonna 3). Lo stesso grado di approssimazione è d 'altra parte correntemente utilizzato nello studio dei carotaggi elettrici nella geologia del sottosuolo, ed in particolare nell'esame delle curve del potenziale spontaneo e della resi­stività, ai fini di individuare an_?amenti significativi nelle variazioni ver­ticali di litofacies (e. g., Fisher, 1969).

Le megasequenze messe così in evidenza per i livelli arenacei mostrano nel dettaglio d 'essere costituite da megasequenze minori che grosso modo coincidono per segno con quella principale. Esempi di megasequenze di questi due ordini sono mostrate, nel caso di evoluzioni negative, nelle colonnine della fig. 15.

III. - Discussione e interpretazione dei dati.

7. PREMESSA.

Come è già stato sottolineato nell'introduzione, i caratteri sedimen­tari delle Arenarie di San Salvatore sono stati interpretati da Mutti & Ricci Lucchi (1972) come indicativi di una deposizione in un ambiente di conoide esterna.

Tenendo per valida questa conclusione, basata su un'impostazione del problema della deposizione torbiditica assai più generale che quella del presente lavoro, ci proponiamo qui di seguito di approfondire qualcuno degli argomenti portati a sostegno dell'interpretazione suddetta da parte

UN ESEMPIO DI TORBIDITI DI CONOIDE SOTTOMARINA, ECC. 25

di Mutti & Ricci Lucchi ed in particolare le analogie marcate che possono essere messe in evidenza tra le associazioni di facies di conoide sottoma­rina e di certi apparati deltizii. Queste analogie consentono a nostro avviso di chiarire molti degli aspetti sedimentari delle Arenarie di San Salvatore e di meglio definire nello stesso t empo, in maniera più generale, i caratteri di facies dei depositi torbiditici di conoide esterna.

Prima di passare ad esaminare tali analogie, ci sembra tuttavia opportuna una breve rassegna di quelli che sono i lineamenti fisiografici e deposizionali di alcuni tra gli esempi meglio conosciuti di conoidi attuali.

8. - FISIOGRAFIA E SEDIMENTI DI QUALCHE CONOIDE ATTUALE.

Le recenti ricerche oceanografiche hanno mostrato come gran parte delle scarpate continentale siano incise da canyons e altre valli sottomarine di vario tipo. Attraverso tali valli, ed i canyons L'l particolare, vengono convogliate ingenti quantità di sedimenti clastici dalle aree di piattaforma fino alle pianure abissali. Dopo un trasporto più o meno lungo ad opera di correnti costiere e del moto ondoso, i sedimenti clastici di piattaforma vengono infatti intrappolati nelle testate dei canyons e di qui, attraverso vari tipi di trasporto gravitativo, trasferiti a profondità batiali o abis­sali dove si accumulano in conoidi sottomarine (deep-sea fan) sviluppate in fronte ai canyons stessi e sulle pianure antistanti (Shepard & Dill, 1966). Le conoidi sottomarine rappresentano di conseguenza luoghi deposizio­nali intermedi tra le aree di scarpata e le pianure batiali e abissali.

Tra le conoidi attuali meglio conosciute figurano quelle di La Jolla; Newport, Oceanside, Carlsbad, e Redondo sviluppate al largo della Cali­fornia, e le conoidi di Astoria e di San Lucas localizzate, rispettivamente, al largo della costa dell'Oregon, all'altezza del fiume Columbia, e della punta meridionale della Bassa California. Gli studi su tali conoidi sono riportati principalmente da Gorsline & Emery (1959), Shepard & Einsele (1962), Hand & Emery (1964), Shepard & Dill (1966), Shepard et al. (1969), Nelson et al. (1970), Piper (1970a) e Haner (1971) .

La conoide di La J alla.

La conoide di La J olia si sviluppa alla base del canyon omonimo al largo della costa della California meridionale. Dettagliati studi su questa conoide sono forniti da Shepard & Einsele (1962), Shepard & Dill (1966), Shepard et al. (1969) , Piper (1970a).

La conoide, costituita da sedimenti pleistocenici ed olocenici, è tagliata per quasi tutta la sua estensione da un'unica valle sottomarina che costituisce la continuazione del canyon di La Jolla. Presso l'apice

26 EMILIANO MUTTI E GUIDO G H IBAUDO

della conoide, ubicato a circa 540 m di profondità, la valle sottomarina è profonda 90 m e larga mediamente 1,5-2 Km; la profondità della valle decresce poi progressivamente verso la porzione più distale della conoide sino a diventare, dopo circa 40 km, una larga depressione, appena accen­nata, che si innesta successivamente nella morfologia piana del fondo del solco di San Diego cessando così di esistere come elemento fisiografico. Profili trasversali mostrano lo sviluppo di argini naturali (natural levees) che fiancheggiano la valle e di t errazzi lungo le pareti. Profili sismici a riflessione mostrano infine che la valle sottomarina t aglia sedimenti stra­tificati orizzontalmente mettendone così in evidenza il carattere erosionale.

La distribuzione dei sedimenti sulla conoide sembra legata ai processi attivi all'interno della valle sottomarina (Shepard et al., 1969; Piper, 1970a) . I sedimenti sul fondo della valle consistono di strati di sabbie medie o fini alternanti con strati argilloso-siltosi più sottili. Le sabbie possono raggiungere e superare i 30 cm di spessore e presentano comune­mente struttura gradata e lamine parallele e oblique a piccola scala. Alcuni strati contengono clasti di argilla intraformazionale e concentra­zioni i resti vegetali. Frammenti di a rgilla semiconsolidata di varie di­mensioni, franati dalle vicine pareti, si rinvengono infine comunemente a varie profondità sulla superficie del fondo. I sedimenti della porzione più distale della conoide sono simili a quelli che si rinvengono all'interno della valle sottomarina ma la quantità di pelite è notevol;nente più alt a. Lateralmente alla valle, sugli argini e sulle zone intervallive (open fan) , le sabbie diventano progressivamente più sottili e fini con l'aumentare della distanza dalla valle e corrispondentemente aumenta lo spessore degli interstra ti argillosi. Le strutture sedimentarie associate a queste sabbie comprendono esclusivamente lamine parallele e lamine oblique a piccola scala.

Le conoidi di Newport, Oceanside e Carlsbad.

P oco a nord di La J olla, i canyons di Newport, Oceanside e Carlsbad sviluppano alla loro base altrettante conoidi sottomarine. La fisiografia e la distribuzione dei sedimenti in tali conoidi sono state descritte da Hand & Emery (1964).

Contrariamente alla conoide di La J olla, caratterizzata da un 'unica valle sottomarina, la caratteristica fisiografica principale di queste conoidi è la presenza di numerosi canali. Questi si dipartono dalla valle sottomarina principale nella zona di apice della conoide e si ramificano poi, a loro volta, analogamente ai canali distributori di un delta subaereo. I canali de­crescono in profondità e diventano sempre più svasati verso la porzione più distale delle conoidi; sono fiancheggiati da argini naturali e conten-

UN ESEMPIO DI TORB I DITI DI CONOIDE SOTTOMARINA, ECC. 27

gono sabbie fini gradate e lamina te. Queste ultime, che di norma sono in strati più spessi di 10 cm, alternano con più sottili interstrati argilloso­siltosi. Sugli argini e sulle zone intervallive le sabbie risultano invece assenti ed i relativi depositi sono costituiti in prevalenza da un'alternanza di sottili strati siltosi e fanghi emipelagici.

La conoide di Redondo.

I principali caratteri fisiografici e deposizionali della conoide di Redondo, situata al margine settentrionale del bacino di San Pedro, sono stati recentemente messi in evidenza da Haner (1971). Anche questa conoide presenta numerosi canali separati da zone intervallive e svilup­panti lat eralmente argini naturali. Solo uno, tra questi canali, è attual­mente in attività; esso è direttamente connesso con la bocca del canyon e si suddivide successivamente in canali distributori secondari.

L 'applicazione di t ecniche usate dai geomorfologi per lo studio della segmentazione delle conoidi alluvionali ha permesso la suddivisione della conoide di Redondo in tre porzioni (conoide superiore, intermedia e di­stale), concentriche rispetto all'apice, caratterizzate ciascuna da un gra­diente di pendio approssimativamente uniforme e da particolari carat­t eristiche fisiografiche e deposizionali.

Per quanto riguarda il canale e la superficie della conoide attual­mente attivi, la conoide superiore è caratterizzata da un gradiente medio di pendio relativamente elevato (2,22°) ; il canale è profondamente inciso (33 m), presenta corso r ettilineo e non mostra sviluppo di argini naturali. I sedimenti all'interno del canale comprendono principalmente sabbie da grossolane a fini, per lo più senza struttura, sormontate da un intervallo pelitico. Lateralmente alla valle, sulla superficie della conoide, sono pre­senti solo fanghi altamente bioturbati.

La conoide intermedia è caratterizzata da una brusca diminuzione del gradiente medio (1,28°); il canale diviene meno inciso (10m), acquista un andamento meandriforme e risulta fiancheggiato da argini naturali. I sedimenti sul fondo del canale mantengono caratteri simili a quelli descritti per il tratto superiore; i sedimenti di argine risultano costituiti da alternanze di peliti con sabbie gradate e laminate. Le strutture sedi­mentarie rinvenute in queste sabbie comprendono principalmente lamine parallele e lamine oblique a piccola scala.

La conoide inferiore è infine caratterizzata da un gradiente medio leggermente superiore (1 ,52°) rispetto alla porzione intermedia e dalla sud­divisione del canale principale in canali distributori secondari ad anda­mento leggermente sinuoso. Questi ultimi sono ulteriormente meno incisi (4 m) e presentano argini naturali meno rilevati. Le sabbie all'interno dei

28 EMILIANO MUTTI E GUIDO GHIBAUDO

canali distributori diventano più fini e prendono sviluppo lamine paral­lele e lamine oblique a piccola scala. Lateralmente ai canali, i sedimenti di argine e delle zone intervallive risultano costituiti da alternanze di peliti con sabbie fini e silts con lamine sia parallele che oblique ben svi­luppate.

I canali abbandonati contengono attualmente solo fanghi biotur­bati e ciascuno di essi rappresenta uno stadio anteriore dello sviluppo della conoide; quest 'ultimo appare infatti caratterizzato da un progres­sivo spostamento laterale nel t empo della posizione dei canali da W verso E. L 'attività t ettonica, che nel caso di questa conoide è rappresentata da movimenti lungo faglie del basamento, sembra infine aver controllato la segmentazione della conoide e la creazione dei nuovi canali, e, di conse­guenza, lo sviluppo e la posizione delle principali facies sedimentarie costi­tuenti la conoide stessa.

La conoide di A stona.

Un dettagliato studio sulla fisiografia di questa conoide è fornito da Nelson et al. (1970). Analogamente alla conoide di R edondo, numerosi canali si dipartono dalla regione apicalé ma solo due di essi sono attual­mente connessi con la bocca del canyon di Astoria mentre gli altri rappre­sentano i resti di valli sottomarine più antiche. Anche per questa conoide possono essere riconosciute, sulla base del gradiente e delle caratteristiche fisiografiche, una porzione superiore, intermedia e inferiore.

Nella conoide superiore il gradiente di pendio è rela tivamente ele­vato e i canali sono profondamente incisi e stretti . Nella conoide inter­media il gradiente è più basso, i canali diventano più larghi e svasati e si suddividono in numerosi distributori; la conoide inferiore, infine, è caratterizzata da una topografia quasi piatta con numerosi canali debol­mente incisi. Lo spostamento laterale delle valli sottomarine rappresenta infine la caratteristica più evidente dello sviluppo della conoide nel tempo.

La conoide di San Lucas.

La conoide di San Lucas si sviluppa alla base del canyon San J osé al largo della punta meridionale della Bassa California. Questa conoide, contrariamente a quelle precedentemente descritte, non ha una valle sottomarina principale e dei canali ben definiti (Shepard & Dill, 1966), bensì presenta solo una serie di depressioni topografiche discontinue. Campioni di sedimenti raccolti sul fondo di una di queste depressioni mostrano sabbie grossolane e ciottoli; alternanze di sabbie fini e argille

UN ESEMPIO DI TORBIDITI D I CONOI DE SOTTOMARINA, ECC. 29

si trovano invece nelle aree sviluppate tra le varie depressioni (Normark & Piper, 1969). Le depressioni della conoide di San Lucas probabilmente rappresentano i resti di vecchi sistemi di canali caratterizzati da una rapida migrazione laterale e con conseguente loro sviluppo incompleto (Normark & Piper, 1969).

9. - ANALOGIE TRA SEDIMENTI DELTIZI! E SEDIMENTI TORBIDITICI DI

CONOIDE SOTTOMARI NA.

Benché le analogie fisiografiche tra conoidi sottomarine e conoidi a lluvionali siano paricolarmente vistose (cf. Nelson et al., 1970; Haner, 1971 ), le conoscenze relative ai caratteri deposizionali di queste ultime sono al momento inadeguate per consentire un utile raffronto reciproco sotto questo profilo. È nostra opinione che un confronto in questi termini sia invece non solo possibile ma anche significativo tra i sedimenti deltizii e quelli di una conoide sottomarina.

Per semplificare la discussione, ed anche perché una loro trattazione in qualche dettaglio andrebbe ben oltre gli scopi di questa memoria, ci rifa remo per quanto riguarda i sedimenti deltizii alle conclusioni dei più r ecenti lavori sull'argomento ed in particolare di quelli che in questi ultimi anni hanno trattato i sistemi deposizionali deltizii del Terziario della Gulf Coast (e. g., Fisher , 1968, 1969; Fisher & Mc Gowen, 1969 ; Fisher et al., 1970; etc.) .

Molto schematicamente le associazioni di facies deltizie riflettono tre ambienti deposizionali principali: (1) la pianura deltizia, (2) il fronte del­tizio ed (3) il prodelta. Poiché i sedimenti sabbiosi sono virtualmente ristretti ai primi due ambienti, il prodelta non sarà qui ulteriormente tra ttato nei suoi dettagli, così come non lo saranno gli ambienti e i sedi­menti delle parti marginali di un delta, in quanto t roppo influenzati da condizioni strettamente locali e quindi non rilevanti ai fini del confronto che si desidera discutere in questa sede. Per semplificare ulteriormente il problema, considereremo soltanto quei sistemi deltizii a carattere alta­mente costruttivo (high-constructive delta systems di Fisher, 1968), vale a dire quei delta ove l'azione delle correnti fluviali è largamente preponde­rante su quella del moto ondoso e delle correnti marine cosicché l'avanza­mento della linea di costa, e della retrostante pianura deltizia, avviene attraverso forme lobate o allungate assai caratteristiche (e . g., il delta a zampa d 'oca dell'attuale Mississippi).

In tali delta, pianura e fronte deltizii dànno luogo ad associazioni di facies assai ben definite come risultato di altrettanto ben definiti processi sedimentari (Tav. II).

30 EMILIANO MUTTI E GUIDO GHIBAUDO

La pianura deltizia è intagliat a da un certo numero di canali fluviali il cui compito principale è quello di trasferire delle masse d 'acqua dolce, con rela tivo carico di sedimenti di fondo ed in sospensione, nell'antistante piattaforma marina.

I sedimenti sabbiosi che si accumulano entro una pianura deltizia vengono preservati soprattutto attraverso il meccanismo della divaga­zione fluviale. Ogni canale fluviale che venga abbandonato dalla corrente contiene una certa quantità di sabbia sul fondo che non può ulteriormente essere rimossa: il canale viene pertanto riempito attraverso sedimenti via via più fini verso l'alto. '

Nelle aree comprese tra i suoi vari rami fluviali, la pianura deltizia sviluppa zone alluvionali emerse o più o meno t emporaneamente rico­perte da sottili specchi d 'acqua dolce e salmastra. Tali zone vengono perio­dicamente inondate dalle acque fluviali, quando queste tracimano durante i periodi di piena dagli argini naturali che bordano lateralmente i canali, e sono luogo di sedimentazione di materiali fini trasportati in sospensione da queste.

L 'accrezione della pianura deltizia è per conseguenza essenzialmente lat erale, sia in riferimento ai rami fluviali principali che secondari: i depositi che la determinano sono perloppiù peliti e sabbie fini cui si pos­sono eventualmente associare spessori più o meno rilevanti di depositi palustri, in particolare ligniti. Materiali più grossolani possono soltanto occasionalmente tracimare dai canali fluviali e deporsi nelle immediata­mente adiacenti zone alluvionali in conseguenza di localizzati fenomeni di rottura degli argini naturali (crevasse deposits) .

In ragione della migrazione dei canali fluviali, l'associazione di facies caratterist ica di una pianura deltizia è data da corpi sabbiosi più o meno completamente inglobati da facies più fini. Poiché questi corpi sabbiosi corrispondono al riempimento di preesistenti canali, la loro geometria est erna, su sezioni trasversali, è marcatamente lenticolare con pronunciata convessità verso il basso; il contatto con i sottost anti depositi è sempre netto ed erosionale.

All'interno, ciascuno di questi corpi sviluppa caratteri di megase­quenza positiva (fìning-upward cycle), legati al più o meno progressivo abbandono dell'alveo originario da parte della corrente fluviale. Tali caratteri si esprimono attraverso la successione verticale di litofacies che, dal basso verso l'alto, decrescono in granulometria e presentano paralle­lamente strutture deposizionali via via indicative di regimi di flusso sempre più bassi da parte delle correnti. Al t etto, questi corpi sabbiosi passano infine gradualmente a peliti e successivamente a facies di piana alluvionale efo palustri.

E . MuTTI E G. GHIBAUDO - Un esempio di torbiditi di conoide sottomarina esterna, ecc. - TAv. II.

Ace. Se. d i Torino - Memorie, Cl. d i Se. F is., Mat. e Nat. - Serie 4"' n. 16.

ELEMENTI DI CONFRONTO TRA SEDIMENTI DE LTIZI E TORBIDITI DI CONOIDE SOTTOMARINA

PD . BF

FD ~ ~-

PD

LE GEN DA

Pi D = PIANURA DELTIZIA

F D =FRONTE DELTIZIO

8 F =BARRE DI FOCE

P D = PRODE L TA

~, SEDIMENTI SABBIOSI F INI DI ARGINE E ZONE INTERDISTRIBUTARIE

FACIES PALU STRI

SEDIMENTI DI BARRA DI FOCE DISTALE

PELITI 01 PROOE'LTA

1: ·>·.::.:~·.::>1 : ARENARIA GRADATA

.-«' L AMINE OBLIQUE A PICCOLA SCALA

~' LAM INE OBLIOUE A GRANDE SCALA

.. - ·~ ~ ~ ....... .

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L_-./~PS ~~~ Cy = CANYON SOTTOMARINO

C ln= CONOIDE INTERNA

C l = CONOIDE INTERMEDIA

C E = CONOIDE ESTERNA

l i = ZONE INTERVALLIVE

==

TORBIOITI PELITICO-ARENACEE Cl ZONE INTERVALLIVE

TORBIDITI PELITICO-ARENACEE DI CONOIDE ESTERNA

TORBIDI TI PEL ITICO- ARENACEE DI PIANURA SOTTOMARINA

EMIPELAGITI

LIMITE TRA CONOIDE ESTERNA E INTERMEDIA NEl

SEDIMENTI FOSSILI

A1Ut01)1JI O L.

Tav. IL - E lementi d i confronto tra sedimenti deltizii e torbiditi di conoide sottomarina.

UN ESEMPIO DI TORBIDITI DI CONOIDE SOTTOMARINA, ECC. 31

Il fronte deltizio rappresenta un ambiente di deposizione assai com­plesso a causa della continua interazione tra processi fluviali e marini. Ove i materiali trasportati dalle correnti fluviali non siano ridistribuiti dal moto ondoso e dalle correnti costiere, alle bocche dei rami di distri­buzione fluviali vengono a formarsi dei tipici accumuli sabbiosi noti come << barre di foce >> e come << stream-mouth >> o << channel-mouth bars >> presso gli Autori di lingua inglese.

Nei sedimenti attuali questo tipo di deposizione è assai ben cono­sciuto nei suoi dettagli (e. g., Fisk, 1961; Coleman & Gagliano, 1965); ciò ha permesso, per analogia, un riconoscimento abbastanza sicuro di questi depositi nelle successioni del passato (e. g., Fischer, 1969).

La deposizione delle barre di foce è un processo assai rapido motivato dalla dissipazione dell'energia delle correnti fluviali a causa dell'attrito con l'acqua marina circostante. Poiché questa dissipazione è graduale ed aumenta dalla bocca del canale fluviale verso il mare aperto antistante, i sedimenti più grossolani vengono deposti immediatamente allo sbocco del canale e, tutt'attorno a questo, si distribuiscono sedimenti via via più fini sino alle peliti del prodelta.

Con l 'andare del tempo, e se i processi fluviali rimangono sensibil­mente prevalenti rispetto a quelli marini, ogni nmo di distribuzione flu­viale costruisce dinanzi a sé un corpo sabbioso lobato o digitato che con­tinua ad accrescersi verso il largo e che consente al canale fluviale di spo-stare sempre più in questa stessa direzione la sua zona di foce. 1

Nei sedimenti del passato le barre di foce sono riconoscibili per la loro geometria esterna e per i rapporti laterali e verticali che contraggono con i depositi incassanti; quando il loro sviluppo è tipico, la sezione tra­sversale è lenticolare biconvessa (Fisk, 1955).

In ragione del loro meccanismo di formazione, questi sedimenti, quando siano esaminati in sezione verticale, hanno un contatto inferiore graduale rispetto alle peliti di prodelta e mostrano ben definiti caratteri di megasequenze negative (coarsening ejo thickening-upward cycles) con incremento nella granulometria e nel rapporto sabbia/argilla verso l'alto (Fisk, 1961; Rainwater, 1966; Fisher, 1969). Parimenti, le strutture depo­sizionali riflettono condizioni di regime di flusso sempre più elevato ed al limite possono prendere sviluppo, al t etto di queste successioni, veri e propri depositi canalizzati che risultano da una sedimentazione estre­mamente prossimale rispetto alla foce fluviale.

Le barre di foce possono essere ricoperte al tetto o da sedimenti di pianura deltizia, se l'avanzamento della linea di costa è continuo, oppure da sedimenti trasgressivi di prodelta a seguito dell'abbandono del canale da parte della corrente fluviale per divagazione e conseguente insacca­mento del corpo sabbioso entro le sottostanti peliti.

32 EMILIANO MUTTI E GUIDO GHIBAUDO

Nei confronti della pianura deltizia, l'accrezione è qui assai più loca­lizzata e sviluppata sia verticalmente che verso il mare aperto in relazione alla continua deposizione di materiali sabbiosi alle bocche dei canali fluviali. Questo processo consente l'avanzamento verso il largo della linea di costa e l'effettivo accrescimento dell'edificio deltizio a spese della piat­taforma marina; le megasequenze negative che ne sono il tipico prodotto

Fig. 16. - Esempi di megasequenze negative legate a barre di foce deltizie nella Formazione di Ager (P aleocene) sul versante spagnolo dei Pirenei in provincia di Lerida.

sono note di conseguenza, nella terminologia inglese, come << progradational features >> (cf. fig. 16).

Sulla base di quanto per entrambi è stato riportato in precedenza, un confronto tra l'assetto deposizionale di un delta e quello di una conoide sottomarina profonda è schematicamente mostrato nella Tav. II.

Analogie marcate appaiono evidenti tra pianura deltizia e conoide intermedia da un lato e tra fronte deltizio e conoide esterna dall'altro.

Sia la pianura deltizia che la conoide intermedia sono aree di deposi­zione attiva soprattutto per quanto riguarda i materiali fini . La fisiografia di queste due zone è infatti caratterizzata da canali ed aree intervallive che controllano rispettivamente il trasferimento più a valle dei sedimenti più grossolani e l'intrappolamento di quelli fini che periodicamente tra-

UN ESEMPIO D I TORBIDITI DI CONOIDE SOTTOMARI NA, E CC. 33

cimano dalle zone canalizzate. È forse superfluo far notare che il confronto non può essere spinto a livello dei meccanismi di deposizione nei loro dettagli dal momento che i tipi di corrente sono fondamentalmente diversi nei due casi. J acka et al. (1968) e Stanley (1968) hanno peraltro sottoli­neato anche analogie assai significative sotto questo punto di vista.

Le associazioni di facies che risultano da questi due ambienti non sono dunque confrontabili nei loro dettagli (litofacies, strutture deposi­zionali , strutture organiche, etc.), ma hanno una comune organizzazione basata sulla presenza di corpi sabbiosi lenticolari, con base marcatamente erosiona le e caratteri di megasequenze positive, inglobati da litofacies più fini a strati la teralmente più continui e con intercalazioni sabbiose più o meno sviluppa te in relazione alle modalità che hanno controllato i fenomeni di tracimazione di materiali in sospensione dagli argini dei canali. Mutti & Ricci Lucchi (1972) riportano esempi di associazioni di facies torbiditiche, da loro interpret at e come di conoide intermedia, che riflett ono sostanzialmente quest o tipo di organizzazione (e. g., Dupuy et al., 1963; Jacka et al., 1968 ; Kelling & Woollands, 1969; Mutti, 1969; Ricci Lucchi, 1969; Piper , 1970b).

Di più diretto interesse a i fini di questo lavoro, e forse anche p iù significativo da un punto di vista più generale, è il confronto tra associa­zioni di facies di fronte deltizio, limitatamente ai rapporti tra barre di foce e prodelta, e quelle torbiditiche che Mutti & Ricci Lucchi (1972) hanno interpretato come di conoide esterna. Con particolare riferimento alla comprensione del significato ambientale dei caratteri sedimentari delle Arenarie di San Salvatore, questo confronto è discusso separatamente nel paragrafo successivo.

10. - I NTERPRETAZIONE AMBIENTALE DELLE ARENARIE DI SAN SALVATORE.

Pur non essendo canalizzate, le lenti arenacee delle Arenarie di San Sal­vatore riflettono una ben precisa localizzazione areale di processi sedi­mentari ad energia matcatamente più elevata di quelli operanti nelle aree di sedimentazione adiacenti ove si andavano accumulando i sedimenti più fini della litofacies pelitico-arenacea . Ciò comporta, come unica plau­sibile spiegazione, che t ali corpi lenticolari sono il prodotto di una sedi­mentazione operata alle bocche o alla terminazione di un reticolato di canali ove t ali processi erano confinati più a monte. Un altro argomento a favore di quest'ipotesi sta nel fatto che i sedimenti della litofacies are­nacea sono riferibili a correnti torbide molto dense che potrebbero rap­presentare una naturale evoluzione sottocorrent e di grain flows cana­lizzati.

34 EMILIANO MUTTI E GUIDO GHIBAUDO

Nel caso da noi studiato, la geometria lenticolare di questi corpi deriva da un assottigliamento delle arenarie sia lateralmente che a valle delle direzioni di trasporto dei clastici; la loro terminazione controcorrente non può essere direttamente osservata sulla base degli affioramenti locali. Nell'insieme la forma originaria di questi livelli non dovrebbe tuttavia di­scostarsi da quella di ventagli di modeste dimensioni, appiattiti e proba­bilmente in parte coalescenti, collegati direttamente attraverso la loro por­zione apicale al reticolato di canali di distribuzione della conoide intermedia.

Tali corpi sono inglobati, come si è visto, entro sedimenti più fini. Questi ultimi costituiscono a loro volta l'intero spessore delle sottostanti Argilliti di Brugnello che, come appare evidente in tutta l'area orientale degli affioramenti della Formazione di Bobbio, sono in parte eteropiche sottocorrente delle Arenarie di San Salvatore (cf. carta geologica di Bel­linzona et al., 1968) .

In ragione dei loro rapporti geometrici con i livelli arenacei entro le Arenarie di San Salvatore e del fatto che eli quest'ultima unità ne costi­tuiscono, come Argilliti di Brugnello, sia la base stratigrafica che un equi­valente laterale, i sedimenti della litofacies pelitico-arenacea sono qui interpretati come il risultato della sedimentazione fine, prevalentemente ancora torbiditica, entro il settore esterno della conoide in assenza ili apporti grossolani. Questi sedimenti possono per conseguenza corrispon­dere a fasi di inattività o di recessione dei canali di distribuzione più a monte o alla deposizione in aree protette da apporti grossolani in quanto estensioni di zone intervallive più alte.

Il tipo di sedimentazione torbiditica che abbiamo cercato di deli­neare in precedenza mostra non pochi punti di contatto con quello che caratterizza la parte frontale di certi apparati deltizii. Più in dettaglio, l'analogia con le barre di foce deltizie può essere spinta sino ai seguenti caratteri comuni, limitatamente ai corpi arenacei delle Arenarie di San Salvatore contraddistinti da megasequenze negative :

1) Geometria esterna lenticolare.

2) Contatti generalmente graduali, e comunque mai erosivi a grande scala, con i sottostanti sedimenti più fini.

3) Incremento verso l 'alto del rapporto sabbia:pelite (nel caso specifico delle Arenarie di San Salvatore ottenuto attraverso l 'incremento dello spessore dei singoli intervalli gradati).

4) Presenza di marcate superfici erosionali soltanto limitatamente alle porzioni sommitali di alcuni corpi arenacei.

5) Contatto generalmente netto rispetto alle facies più fini sovra-stanti.

UN ESEMPIO D I TORBIDITI D I CONOIDE SOTTOMARINA, ECC. 35

È evidente che sulla base di tali caratteri anche i suddetti corpi are­nacei delle Arenarie di San Salvatore hanno il significato di << prograda­tional features >> : essi, a nostro avviso, rappresentano delle vere e proprie << barre di foce >> t orbiditiche formatesi alla terminazione dei canali via via meno incisi al limite tra conoide int ermedia e conoide esterna.

La presenza di pur limitate zone canalizzate al tetto di qualcuno di questi corpi sta ad indicare che il loro avanzamento verso il largo era legato ad un parallelo avanzamento del margine esterno della conoide intermedia e del suo reticolato periferico di canali minori.

I corpi arenacei contraddistinti da contatti basali netti e da mega­sequenze positive possono rappresentare un prodotto intermedio tra le facies canalizzate, sviluppate più a monte entro la conoide intermedia, e le << barre di foce >> torbiditiche ora accennate.

el caso di livelli a megasequenze negative, il contatto netto che caratterizza il passaggio tra le lenti arenacee ed i sovrastanti sedimenti p iù fini può a rigor di logica essere ancora interpretato, analogamente a quanto accade per le barre di foce deltizie, come il risultato di un 'avul­sione del canale di distribuzione più a monte, ad un successivo insacca­mento dei sedimenti sabbiosi entro le peliti sottostanti ancora impregnate d'acqua, ed infine alla ripresa della sedimentazione più fine che, nel caso specifico dei depositi deltizii, ha un carattere <<trasgressivo>> in quanto le facies argillose di prodelta si sovrappongono a quelle sabbiose e più prossimali delle barre di foce. Lo stesso meccanismo può sostanzialmente essere ipotizzato anche nel caso di un graduale passaggio verticale tra facies arenacee e sovrastanti sedimenti più fini, ovverossia per i livelli arenacei contraddistinti da megasequenze positive.

Senza entrare nél merito delle ragioni ultime che stanno a capo del­l 'attività o inattività e delle migrazioni delle valli principali di una conoide, le m igrazioni d 'ordine minore, che abbiamo messo in evidenza per il reticolato di canali p :=riferici di distribuzione al limite tra conoide inter­media e esterna, possono forse essere legate semplicemente ad un eccesso di sedimentazione in zone immediatamente più a monte con conseguenti

· fenomeni di << braiding >>. L 'esempio della conoide attuale di Redondo, recentemente illustrat o· dalla Haner (1971), è assai significativo a questo riguardo: i canali appaiono << braided >> soltanto nella porzione più esterna della conoide e sono invece blandamente meandriformi più a monte. Ciò può stare a significare che il fenomeno di << braiding >> ha inizio anche in tal caso in relazione al passaggio tra aree di prevalente trasporto (conoide intermedia) e di prevalente deposizione (conoide esterna).

Un'interpret azione di questo genere ha infine il vantaggio di fornire una ragionevole spiegazione del sostanziale parallelismo delle paleocor­renti osservat e nei vari corpi arenacei delle Arenarie di San Salvatore,

36 EMILIANO MUTTI E GUIDO GHIBAUDO

parallelismo altrimenti assai difficile da interpretare se i corpi arenacei suddetti fossero il risultato di successive drastiche avulsioni di canali e valli di maggior importanza entro il sistema di distribuzione della conoide. La dispersione delle paleocorrenti dovrebbe essere in quest'ultimo caso assai pronunciata (vedasi ad esempio la dispersione delle paleocorrent i entro i depositi di conoide intermedia delle Arenarie di Messanagròs, Mutti, 1969, fig. 18), mentre le paleocorrenti possono mantenersi sostan­zialmente parallele in un reticolato di canali << braided >>.

Sia attraverso la relativa stabilità nel t empo delle direzioni delle paleo­correnti che il considerevole sviluppo verticale delle associazioni di facies descritte, le Arenarie di San Salvatore rappresentano condizioni di marcata stabilità paleogeografica ottenute per mezzo di un costante equilibrio tra subsidenza del bacino e quantità di apporti forniti. Analoghe situazioni di stabilità sono riportat e, anche per spessori assai più elevati , in asso­ciazioni di facies di fronte deltizio (e. g., Fisher, 1969, p. 246).

IV. - Conclusioni:

Anche se i caratteri fisiografici consentono una significativa suddivi­sione delle conoidi sottomarine a ttuali (Nelson et al., 1970; Haner, 1971), lo stesso criterio non può essere estrapolato direttamente allo studio delle conoidi del passato. Di queste sono infatti preservati soltanto i prodotti sedimentari che dell'originario assetto fisiografìco sono la con­seguenza più o meno diretta.

La conoscenza tuttora sostanzialmente scarsa dei sedimenti delle conoidi attuali in relazione alla fisiografia delle stesse costringe per conse­guenza, quando si vogliano studiare i sedimenti del passato, ad introdurre criteri in certa maniera arbitrari onde semplificare il problema della clas­sificazione ambientale di questi ultimi.

È questo, in modo particolare, il caso dei depositi torbiditici di conoide esterna, poco o nulla conosciuti e nei loro caratteri e nel loro contesto fisiografico entro gli apparati attuali di sedimentazione.

Nelle pagine precedenti si è sottolineato a più riprese il carattere di << non-canalizzazione>> dei corpi arenacei che, in alternanza con sedimenti più fini, costituiscono la successione stratigrafica delle Arenarie di San Sal­vatore. Questo carattere è per noi di primaria importanza, e quindi dia­gnostico, per il riconoscimento delle associazioni di facies torbiditiche di conoide esterna.

Nelle conoidi attuali la suddivisione tra zona intermedia ed esterna è principalmente basata su cambiamenti di gradiente nel pendio e su varia­zioni nei caratteri del reticolato di canali di distribuzione. La zona di co-

UN ESEMPIO D I T ORBI D I TI DI CONOIDE SOTTOMARINA, ECC. 37

noide esterna è ancora canalizzata , almeno per quanto riguarda il suo settore più interno, sia nello schema di Nelson et al. (1970) che in quello della Haner (1971). In entrambi gli schemi suddetti i canali divengono tuttavia sempre più appiattiti sino a confondersi, al largo, con la piatta topografia dei fondali antistanti.

Dal punto di vista dell'analisi di facies dei bacini del passato, t ali criteri puramente fisiografici soffrono di serie limitazioni ed in definitiva non possono che causare dubbi ed equivoci a livello interpretativo.

Il criterio da noi suggerito per l'analisi dei sedimenti fossili non modifica sostanzialmente il quadro fisiografico-deposizionale delle conoidi attuali ma sposta semplicemente il limite est erno della conoide intermedia sino a coprire tutta l'area canalizzata della conoide. In tal modo la << cana­lizzazione 1> o la << non-canalizzazione 1> dei sedimenti grossolani divengono criteri obiettivi e di facile utilizzazione geologica nell'analisi di facies.

Modeste canalizzazioni, inferiori ai 2 m di profondità, sono st ate descritte in precedenza per le porzioni sommitali dei corpi arenacei a megasequenze negative delle Arenarie di San Salvatore. Pur se nel corso delle nostre ricerche non ne abbiamo trovat o tracce sicure, è verosimile che analoghe sit uazioni possano essere anche rinvenute alla base dei corpi arenacei a megasequenze positive.

Come è st ato da noi implicitamente assunto, queste canalizzazioni d 'ordine minore possono arbitrariamente essere inglobate nel quadro deposizionale della conoide est erna, ponendo al di sopra dei 2 m di profondità il limite inferiore dei canali indicativi di conoide intermedia. Questo pro­blema è certamente da ridiscutere sulla base di ulteriori elementi ed è quanto ci proponiamo· di fare attraverso l'analisi di consimili depositi t orbiditici nell'Appennino set tentrionale (e. g., Arenarie del M. Gottero e Formazione Marnoso-arenacea) .

Sempre in riferimento alle Arenarie di San Salvatore rimangono ancora alcuni punti che ci sembra opportuno sottolineare.

I corpi arenacei che compaiono all'interno di quest'unità si ricolle­gano a due tipi principali di organizzazione verticale della stratificazione, ovverossia a megasequen~e positive e negative.

Nel primo caso riteniamo che t ali corpi siano il risulta to di una sedi­mentazione avvenuta subito a valle di una zona di conoide intermedia; per conseguenza, detti corpi hanno un cara ttere << prossimale 1>, o interno, nel contesto deposizionale di una conoide esterna. Pur non essendo cana­lizzati, essi mantengono un contatto basale netto che è elemento di t ran­sizione tra depositi canalizzati o meno.

Nel secondo caso, i corpi arenacei a megasequenze negative hanno perduto ogni legame diretto rispetto alle facies canalizzate della conoide intermedia e presentano quindi caratteri interpretabili come il risultato

s.

38 EMILIANO MUTTI E GUIDO GHIBAUDO

di una deposizione più a valle e più << distale >> rispetto a quelli del caso precedente. Sotto molti punti di vist a le megasequenze negative che si rinvengono entro questi depositi hanno strettissimi punti di contatto con i thickening-efo coarsening-upward cycles delle barre di foce deltizie e ri­flettono, come quest e ultime, fasi di attivo avanzamento verso il largo dei rispettivi apparati deposizionali.

Vi è la possibilità che in questo contesto il carattere negativo o positivo delle megasequenze t orbiditiche venga ad assumere significati ambientali insospettati in passat o da altri Autori (cf. Kelling, 1961 ; Kimura, 1966; Curcio et al. , 1968; Walker, 1970; Sagri , 1971). Sotto questo profilo, l'analisi sequenziale dei depositi t orbiditici diventa strUJI1ento indispen­sabile degli studi di facies e può trovare, come abbiamo cercato di dimo­strare in questo lavoro, un aiuto sost anziale nel confronto con certi cicli ftuvio-deltizii ormai ben conosciut i nel loro significato ambientale.

Da ultimo, la presenza di spessi accumuli di facies torbiditiche a grana fine (litofacies pelitico-arenacea), sviluppati sia come intercalazioni che come equivalenti laterali e sottocorrente dei corpi arenacei e mancanti tuttavia di quei caratteri di facies t ipici di associazioni di pianura sotto­marina (sensu Mutti & Ricci Lucchi, 1972), st a ad indicare, nel caso delle Arenarie di San Salvatore e della Formazione di Bobbio più in generale, che tali sedimenti furono deposti come una frangia periferica di conoide entro una zona di by-passing da parte delle correnti torbide di maggior volume. Analoga situazione è documentata da Piper (1970a) per la conoide attuale di La J olla .

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