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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,50 Copia arretrata € 3,00 (diffusione e vendita 7-8 maggio 2021) L ’O SSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO Unicuique suum Non praevalebunt Anno CLXI n. 102 (48.725) venerdì 7 maggio 2021 Città del Vaticano y(7HA3J1*QSSKKM( +=!"!,!z!: Santuari mariani in America latina Creatività del Mistero We care ALLINTERNO Oggi in primo piano Ripensare la teologia PIERANGELO SEQUERI, ARNALD O CASALI E ROBERTO CETERA ALLE PA G I N E 2 E 3 Che mondo corre - Il Giro d’Italia Tra ascese e ascesi ATTILIO NOSTRO A PA G I N A 3 Esplode la richiesta mondiale Sta finendo la sabbia CHIARA GRAZIANI NELLINSERTO « A TLANTE» La poesia come salvezza DANIELE MENCARELLI A PA G I N A 5 di CHIARA GRAZIANI I care . Mi sta a cuore. Don Lorenzo Milani l’aveva fatto scrivere sui muri del- la scuola dei figli dei con- tadini, i suoi ragazzi di Barbia- na. Ursula von der Leyen, presi- dente della Commissione euro- pea, si è fatta ispirare dalla forza insopprimibile che hanno solo le parole piene di senso dette auto- revolmente. Nella tempesta del- la pandemia, con la comunità in- ternazionale divisa su come cor- rere prima e meglio in soccorso dei Paesi poveri, rimasti indietro nella vaccinazione, la presidente non indica una soluzione ma un’apertura all’altro. I care. Me ne assumo la responsabilità. «Questo deve essere il motto dell’Europa. We care» ha detto. Gli Stati Uniti hanno propo- sto la sospensione dei brevetti sui vaccini, ritenendola la via più breve verso la produzione di farmaci generici accessibili ed economici. Italia e Francia sono sulla stessa linea. La Germania, con la cancelliera Angela Mer- kel, ha però introdotto il dub- bio che il problema non siano i brevetti ma «la capacità di pro- duzione e gli standard di quali- tà». I Paesi dell’Unione non hanno, dunque, la stessa visione su come affrontare l’incendio della casa comune. Di certo sanno che non basta spengere le fiamme nel salotto buono se il sottoscala brucia. Il realismo compatta tutti in una direzione. Occuparsene. Don Lorenzo, come ebbe a scrivere ai suoi giu- dici ne «L’obbedienza non è più una virtù», aggiunge anco- ra oggi: prendere a cuore, inte- ressarsi. Come lui aveva preso a cuore quei ragazzi scartati dalla scuola ufficiale. Senza schemi o formule. Ma agendo, subito, con il cuore aperto e le maniche rimboccate. «L’esatto contrario — scrisse — del fascista “me ne frego”». Con il cuore e presto. di ALV E R ME TA L L I L a maratona è partita. Lo start l’ha dato Papa Francesco nel- la basilica di San Pietro il 1° maggio. I cristiani del piane- ta hanno iniziato la corsa delle Ave Maria per la fine della pandemia che da oltre un anno affligge la terra e se- mina lutti e distruzioni. Sabato prossi- mo, 8 maggio, toccherà all’Argentina e al santuario di Luján, poi a quello cubano di Nuestra Señora de la Cari- dad del Cobre (20), per passare al santuario dei santuari, quello di Gua- dalupe in Messico (26). Lentamente i grandi santuari del- l’America Latina tornano a popolarsi. Sulle vette delle Ande, nelle immense pianure dell’America del Sud, tra le intricate foreste dell’America Centrale riprendono — debitamente distanziati — i pellegrinaggi alle Madonne varia- mente apparse. Non si può dire che la fantasia del Mistero non si sia sbizzarrita nel ma- nifestare il più intimo dei dogmi cat- tolici in decine di modalità differenti in lungo e in largo per tutto il conti- nente. Se la Madonna nazionale dei panamensi sopravvive al saccheggio del pirata Morgan, quella del Nicara- gua, la purissima per il popolo, arriva nel Paese centroamericano nascosta nella sacca di un fratello di Santa Te- resa d’Avila. Intanto, più a sud dell’istmo dell’America Centrale, la Vergine del Quinche rassicura gli in- dios dell’Ecuador che non saranno di- vorati dall’orso famelico che imper- Gli esempi di Pio VII e Pio IX Vaccini per tutti, vaccini per i poveri di ANDREA TORNIELLI E ra il 1822, Edward Jenner, il padre dell’immunizzazio - ne moderna attraverso il vaccino contro il vaiolo, era ancora in vita quando nello Stato pontificio allora guidato da Pio VII veniva attuata una massiccia campa- gna vaccinale, fortemente incorag- giata e minuziosamente preparata da un decreto a firma del cardinale segretario di Stato Ercole Consalvi. Quella tra la Chiesa cattolica e le cu- re preventive per evitare epidemie e pandemie è un’alleanza antica: uno sguardo alla storia ci permette di in- quadrare meglio ciò che Papa Fran- cesco ha detto a proposito dei vacci- ni contro il covid-19 e ciò che ha at- tuato favorendo l’accesso al siero per i poveri e i senzatetto. Le persone or- dinatamente in fila nell’atrio del- l’Aula Paolo VI, accompagnate dal cardinale elemosiniere Konrad Kra- jewski, accolte personalmente dal vescovo di Roma e “gratificate” an - che con un piccolo dono in cibarie non rappresentano infatti una novi- tà. Il decreto di Consalvi Tra le fine del Settecento e l’ini- zio dell’Ottocento la crescita dell’e- pidemia di vaiolo in Europa fu al- larmante. Nel Centro Italia si regi- strò un picco nel 1820. Il Pontefice non rimase a guardare. Il cardinale segretario di Stato di Pio VII, nel provvedimento legislativo del 20 Appello di oltre 200 ong Embargo sulle armi al Myanmar NEW YORK, 7. Più di 200 ong hanno chiesto al Consiglio di si- curezza delle Nazioni Unite di imporre «con urgenza» un em- bargo sulle armi nel Myanmar come forma di rappresaglia con- tro la giunta militare che governa il Paese dal colpo di Stato dello scorso 1° febbraio. La misura ser- virebbe a «porre fine al massacro di chi protesta contro gli attuali leader» si legge in un comunica- to. Il clima nel Paese asiatico si fa sempre più teso: ogni giorno cor- tei di protesta sfilano nelle princi- pali città. Non mancano gli scon- tri con le forze dell’ordine. Ursula von der Leyen cita don Milani come modello per rispondere alla crisi della pandemia (Danish Siddiqui/Reuters) SEGUE A PA G I N A 7 SEGUE A PA G I N A 6

E m b a rg o sulle armi al Myanmar

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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO

Unicuique suum Non praevalebunt

Anno CLXI n. 102 (48.725) venerdì 7 maggio 2021Città del Vaticano

y(7HA

3J1*QS

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!:

Santuari mariani in America latina

Creatività del Mistero

We care

ALL’INTERNO

Oggi in primo piano

Rip ensarela teologia

PIERANGELO SEQUERI,ARNALD O CASALI E ROBERTO

CETERA ALLE PA G I N E 2 E 3

Che mondo corre - Il Giro d’Italia

Tra ascesee ascesi

ATTILIO NOSTRO A PA G I N A 3

Esplode la richiesta mondiale

Sta finendola sabbia

CHIARA GRAZIANI

NELL’INSERTO « ATLANTE»

La poesiacome salvezza

DANIELE MENCARELLI A PA G I N A 5

di CHIARA GRAZIANI

I c a re . Mi sta a cuore. DonLorenzo Milani l’avevafatto scrivere sui muri del-la scuola dei figli dei con-

tadini, i suoi ragazzi di Barbia-na. Ursula von der Leyen, presi-dente della Commissione euro-pea, si è fatta ispirare dalla forzainsopprimibile che hanno solo leparole piene di senso dette auto-revolmente. Nella tempesta del-la pandemia, con la comunità in-ternazionale divisa su come cor-rere prima e meglio in soccorsodei Paesi poveri, rimasti indietronella vaccinazione, la presidentenon indica una soluzione maun’apertura all’altro. I care. Mene assumo la responsabilità.«Questo deve essere il mottodell’Europa. We care» ha detto.

Gli Stati Uniti hanno propo-sto la sospensione dei brevettisui vaccini, ritenendola la viapiù breve verso la produzione difarmaci generici accessibili edeconomici. Italia e Francia sonosulla stessa linea. La Germania,con la cancelliera Angela Mer-kel, ha però introdotto il dub-bio che il problema non siano ibrevetti ma «la capacità di pro-duzione e gli standard di quali-tà». I Paesi dell’Unione nonhanno, dunque, la stessa visionesu come affrontare l’incendiodella casa comune. Di certosanno che non basta spengere lefiamme nel salotto buono se ilsottoscala brucia. Il realismocompatta tutti in una direzione.Occuparsene. Don Lorenzo,come ebbe a scrivere ai suoi giu-dici ne «L’obbedienza non èpiù una virtù», aggiunge anco-ra oggi: prendere a cuore, inte-ressarsi. Come lui aveva preso acuore quei ragazzi scartati dallascuola ufficiale. Senza schemi oformule. Ma agendo, subito,con il cuore aperto e le manicherimboccate. «L’esatto contrario— scrisse — del fascista “me nef re g o ”». Con il cuore e presto.

di ALV E R ME TA L L I

La maratona è partita. Lo startl’ha dato Papa Francesco nel-la basilica di San Pietro il 1°maggio. I cristiani del piane-

ta hanno iniziato la corsa delle AveMaria per la fine della pandemia cheda oltre un anno affligge la terra e se-mina lutti e distruzioni. Sabato prossi-mo, 8 maggio, toccherà all’A rg e n t i n ae al santuario di Luján, poi a quellocubano di Nuestra Señora de la Cari-dad del Cobre (20), per passare alsantuario dei santuari, quello di Gua-dalupe in Messico (26).

Lentamente i grandi santuari del-l’America Latina tornano a popolarsi.Sulle vette delle Ande, nelle immensepianure dell’America del Sud, tra leintricate foreste dell’America Centrale

riprendono — debitamente distanziati— i pellegrinaggi alle Madonne varia-mente apparse.

Non si può dire che la fantasia delMistero non si sia sbizzarrita nel ma-nifestare il più intimo dei dogmi cat-tolici in decine di modalità differentiin lungo e in largo per tutto il conti-nente. Se la Madonna nazionale deipanamensi sopravvive al saccheggiodel pirata Morgan, quella del Nicara-gua, la purissima per il popolo, arrivanel Paese centroamericano nascostanella sacca di un fratello di Santa Te-resa d’Avila. Intanto, più a suddell’istmo dell’America Centrale, laVergine del Quinche rassicura gli in-dios dell’Ecuador che non saranno di-vorati dall’orso famelico che imper-

Gli esempi di Pio VII e Pio IX

Vaccini per tutti, vaccini per i poveridi ANDREA TORNIELLI

Era il 1822, Edward Jenner, ilpadre dell’immunizzazio -ne moderna attraverso ilvaccino contro il vaiolo, era

ancora in vita quando nello Statopontificio allora guidato da Pio VIIveniva attuata una massiccia campa-gna vaccinale, fortemente incorag-giata e minuziosamente preparatada un decreto a firma del cardinalesegretario di Stato Ercole Consalvi.Quella tra la Chiesa cattolica e le cu-re preventive per evitare epidemie epandemie è un’alleanza antica: unosguardo alla storia ci permette di in-quadrare meglio ciò che Papa Fran-cesco ha detto a proposito dei vacci-ni contro il covid-19 e ciò che ha at-tuato favorendo l’accesso al siero per

i poveri e i senzatetto. Le persone or-dinatamente in fila nell’atrio del-l’Aula Paolo VI, accompagnate dalcardinale elemosiniere Konrad Kra-jewski, accolte personalmente dalvescovo di Roma e “gratificate” an -che con un piccolo dono in cibarienon rappresentano infatti una novi-tà.

Il decreto di ConsalviTra le fine del Settecento e l’ini -

zio dell’Ottocento la crescita dell’e-pidemia di vaiolo in Europa fu al-larmante. Nel Centro Italia si regi-strò un picco nel 1820. Il Ponteficenon rimase a guardare. Il cardinalesegretario di Stato di Pio VII, nelprovvedimento legislativo del 20

Appello di oltre 200 ong

E m b a rg osulle armi

al MyanmarNEW YORK, 7. Più di 200 onghanno chiesto al Consiglio di si-curezza delle Nazioni Unite diimporre «con urgenza» un em-bargo sulle armi nel Myanmarcome forma di rappresaglia con-tro la giunta militare che governail Paese dal colpo di Stato delloscorso 1° febbraio. La misura ser-virebbe a «porre fine al massacrodi chi protesta contro gli attualileader» si legge in un comunica-to. Il clima nel Paese asiatico si fasempre più teso: ogni giorno cor-tei di protesta sfilano nelle princi-pali città. Non mancano gli scon-tri con le forze dell’o rd i n e .

Ursula von der Leyen cita don Milanicome modello per rispondere alla crisi della pandemia

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 venerdì 7 maggio 2021

Oggi in primo piano - Ripensare la teologia

di ARNALD O CASALI

U na visione dell’avvenire generatrice di speranza, unateologia profetica e critica, in grado di uscire dalle auleuniversitarie ed entrare nelle chiese e nella società civile,capace di liberarsi dall’autoreferenzialità per riscoprire la

freschezza del Vangelo.Li chiamano i “Tre tenori” della teologia: tre giganti del pensierocontemporaneo sulle cui spalle salire per scrutare l’orizzonte dellafede. Christoph Theobald, Elmar Salmann e Pierangelo Sequeri sisono riuniti — anche se solo virtualmente — lo scorso 5 maggio alPontificio Istituto Giovanni Paolo II per una vera e propria“rifondazione” della teologia.«Nella comunità cristiana e nella società la teologia è praticamentesenza peso» ha spiegato Sequeri. «I teologi vengono guardati conrispetto, ma la fede — dicono tutti — è un’altra cosa».Per questo a quarant’anni dalla nascita dell’Istituto (voluto nel 1981da Papa Wojtyła) i tre grandi teologi europei si sono prodotti in unapolifonia che nelle parole del Gran cancelliere, l’a rc i v e s c o v oVincenzo Paglia, è diventata una vera e propria chiamata alle armi.Aprendo l’incontro il presule ha annunciato infatti la pubblicazionedi Salviamo la fraternità – insieme: un appello rivolto a cento teologi ecento intellettuali «perché si confrontino sul sapere della fede». «Lasperanza che ci accomuna — ha aggiunto Paglia — è quella diaiutarci a non abitare la terra invano ma ad onorare il mistero di unaorigine e di una destinazione che ci sovrastano».Preludio di questa possibile “fraternità intellettuale”, il convegno«Oggi e domani. Immaginare la teologia» ha visto i tre professoricollegati in streaming da altrettanti Paesi: Italia, Francia eGermania. «Dobbiamo lasciare accedere tutti alle falde acquiferedello Spirito Santo» ha detto Theobald. «La teologia ha smesso dievangelizzare i fedeli perché è troppo occupata a evangelizzare séstessa» ha aggiunto Sequeri. «Negli ultimi 65 anni — ha spiegatoSalmann — siamo passati dall’immagine del Cristo Re a quella delFratello in cammino, dal potere maschile al gender, dalla ideologiadella purezza al senso dell’esplorazione, dalla confessione allapsicoterapia. Oggi siamo i rabdomanti delle orme perdute deldivino».Mistica e storia, provocazioni e paradossi: pur immersa nellacomplessità della materia, questa ricerca dell’essenza delcristianesimo si è rivelata sorprendentemente godibile: i “Tre tenori”del pensiero cattolico hanno liberato la disciplina da elucubrazioniaccademiche per restituirle la semplicità delle parabole evangeliche.D’altra parte, ha notato Sequeri, Gesù non si cimenta mai indissertazioni dottrinali mentre affida la Rivelazione del Regno auna narrazione fatta di granaglie, monetine perse, contratti dilavoro, figli malati e una signora che aveva cinque mariti e non eranemmeno sposata.Dal concilio di Trento al Vaticano II, dagli scandali sugli abusi alruolo delle donne, dalle benedizioni delle coppie omosessuali e leunioni irregolari all’ecumenismo e l’ospitalità eucaristica: le due oredi conversazione hanno affrontato tutti gli snodi cruciali, tenendosempre presente l’invito espresso da Papa Francesco nella Evangeliigaudium a «semplificare senza perdere profondità, esprimere la veritàdi sempre con un linguaggio che consenta di riconoscere la suaperenne novità, stabilire la preponderanza del reale sull’idea,superare una dottrina monolitica e manifestare l’inesauribilericchezza del Vangelo» fino alla nascita di una nuova teologia che«non cerchi la prova dell’esistenza di Dio ma l’emergere della suaessenza». «Un Dio non anziano e monotono ed esclusivo, maospitale — ha detto Salmann — forse un Dio più francescano, nonrazionale ma quintessenza dell’amicizia».«Il futuro secolare avrà una teologia — ha concluso Sequeri — se lateologia cesserà di essere un semplice strumento di addestramentodottrinale del personale ecclesiastico e si metterà in nome delVangelo a servizio della creatura».Moderato da Lucia Vantini, l’incontro è stato trasmesso in diretta inquattro lingue (italiano, inglese, francese e portoghese) sui profiliYoutube e Facebook dell’Istituto Jp2, dove la registrazione rimanedisp onibile.

Pubblichiamo stralci dell’intervento tenutoda uno dei relatori del webinar «Oggi e do-mani. Immaginare la teologia» che si è tenu-to lo scorso 5 maggio a Roma, al PontificioIstituto teologico Giovanni Paolo II, su ini-ziativa della Cattedra Gaudium et spes.

di PIERANGELO SEQUERI

Non so dire quale futuro avrà la teolo-gia che noi pratichiamo. E per esseresincero, mi domando persino se essaavrà realmente un futuro. Intendia-moci, la sua pratica attuale non man-ca di giustificazione e merita ogniimpegno. Però, al di là della retoricad’ufficio, non possiamo non doman-darci per quanto tempo potremo an-cora sopportare l’enorme scarto frale energie profuse e gli effetti deside-rati.

Nella comunità cristiana come an-che, rispettivamente, nella società ci-vile, la teologia è praticamente senzapeso. In entrambe, sia pure con ledebite differenze, la dichiarazione dinon voler aver nulla a che fare con lateologia dei teologi, sia pure accom-pagnata da un tratto puramente este-riore di umiltà e di rispetto, suonacome un crisma di attendibilità, e ri-spettivamente di autenticità, dellatestimonianza della fede. La fedenon è un’ideologia, non è una teoria,non una morale, non è una politica,ripetono tutti. In questo senso, i piùcoraggiosi aggiungono: non è nep-

pure una teologia. Capita in effetti,non raramente, che gli stessi teologidi professione adottino questa retori-ca, precisamente per segnalare la lo-ro intenzione di proporre un pensie-ro della fede che non vuole essere ri-compreso dentro gli schemi dellateologia di scuola: passata o presenteche sia.

Naturalmente, tutto questo hauna sua essenziale verità: la fede nonè una teoria. Il lato paradossale delpuntiglio di queste esclusioni però èsotto i nostri occhi: la fede non èun’ideologia, ma abbiamo un auto-revole Catechismo della dottrina cattolica,che espone ordinatamente e sistema-ticamente, in centinaia di pagine lelinee maestre dell’ortodossia dellafede. La fede non è una morale, cer-to, ma la stragrande maggioranzadei conflitti di intepretazione suiquali si decide la coerenza della fedesono questioni morali. La fede non èuna politica, naturalmente: rimane ilfatto che il profilo della presenza cri-stiana che accredita — e provoca —universalmente la vitalità della fedenella sfera pubblica, non sono le ce-lebrazioni della sacra liturgia, ma lepratiche della carità sociale.

Il disinnesco della fede dagli equi-voci di questi paradossi — chiamia-moli così — sarebbe un compito dellateologia. Dove appare il paradossodi tutti i paradossi. La fede non è unateoria, ma la teologia lo è. Se la scena

della teologia non fosse oggi tumul-tuosamente oscurata — e persino oc-cupata — dai blog dei dilettanti allosbaraglio e dalle veline delle tifoseriedi partito, si potrebbe forse riaprirelo spazio di una domanda importan-te, oggi sostituita da risposte che laignorano.

Fede e pensiero: l’antinomiae il paradosso

La fede non è una teoria: la sua ri-velazione non ha questa forma, ilvangelo non ha questa origine. Ep-pure, la fede in Gesù Cristo ha aper-to, proprio nella storia del logos uma-no, la via di un pensiero che, quandoperde la ragione, perde anche la fe-de. Esiste nella teologia attuale lospazio fondativo di questa domandaradicale, che cerca il fondamento delcristianesimo storico nella antinomiadi questa fede pensante? Il vangelodi Gesù annuncia l’avvento del re-gno di Dio nella vita del mondo, in-siste sulla necessità di volere libera-mente questo avvento prima di ognialtra cosa, istituisce il suo discepola-to come testimonianza della realepossibilità di sperimentare la suarealtà. Il nomos della religione (la leg-ge, il culto, la comunità), così comel’intero logos della vita (il padre la ma-dre, la società e i beni lavoro e i beni)sono posti in una epoché — uno statodi sospensione, un “come se” — cheimpone di verificare sempre di nuo-

L’immagine ecclesiale e l’immagine pubblica del sapere della fede

Bastioni da abbattereo ponti da costruire?

di ROBERTO CETERA

L a professoressa Lucia Vantini, in-segnante di Teologia fondamen-tale e di Antropologia filosofica, evicepresidente del Coordinamen-

to delle teologhe italiane, ha moderato l’in-contro sulla rifondazione della teologia dicui diamo conto in queste pagine.

Quale teologia per l’oggi. Un oggi segnato da unacrisi che è passaggio epocale. Crisi che investe alleradici anche la Chiesa. Il discorso su Dio dell’oggi èessenzialmente ecclesiologico? La teologia dell’oggi sialimenta dell’esperienza del popolo di Dio per tor-nare ad esso?

Nelle crisi non è facile avere una visionelucida degli eventi, per cui occorre tornareall’essenziale con il coraggio di interrogar-lo di nuovo. Dovrebbe trattarsi di una ri-presa e non di una ripetizione, nella dispo-nibilità a lasciarsi sorprendere e spostare.L’essenziale della storia di Gesù Cristo èche non c’è risurrezione senza croce e sen-za incarnazione, per cui una teologia al-l’altezza del presente — oggi come ieri —deve farsi attenta alle storie di sofferenza ea quello che accade ai corpi in carne e os-sa.

In questo momento, dunque, c’è biso-gno di risvegliare la responsabilità politicadella teologia e la sua sapienza incarnata,per riconoscere i corpi e i loro legami comelo spazio in cui la vita di fede accade. Inquesto orizzonte, anche la Chiesa è inqualche modo un corpo di cui prendersicura, prestando attenzione alle lingue e al-le pratiche malate che la logorano, portan-

dola a tradire lo stile evangelico di frater-nità/sororità e lontano dai luoghi in cuipulsa la vita. La teologia per l’oggi, allora,non teme di nominare le croci del mondo edi ospitare le verità escluse per paura, anziavverte in questo una precisa responsabili-tà; al contempo, proprio in quanto ispiratada una logica pasquale, cerca e tocca ipunti di leva dei processi di liberazione edi libertà dal male, significando e metten-do in circolo quella gratuità del bene di cuispesso ci si nutre quasi senza accorgerse-ne.

Questa aderenza alla realtà è possibilesolo lasciando vuoto il posto di Dio, fa-cendo indietreggiare il sé. Come leggiamoin Veritatis gaudium: il pensiero buono nonsatura gli spazi del senso ed è «sempreaperto al maius di Dio e della verità, sem-pre in sviluppo» (Vg 4).

Si ha spesso l’impressione che l’orientamento allamissionarietà della teologia indicato da PapaFrancesco in «Veritatis gaudium» non sia statopienamente metabolizzato dal mondo teologico. Esi-ste un “recinto teologico”, che pur dentro un confron-to plurale, rimane comunque separato dal corpo vi-vo della Chiesa?

I testi del Nuovo Testamento nasconooriginariamente destinati alla comunità.Essi non si limitano al tentativo di rag-giungere i contesti, bensì se ne lascianoanche raggiungere. Vi si trova infatti atte-stata una Chiesa che sa riorganizzarsi perla missione. Non si tratta di un adegua-mento strategico ma di un dinamismoevangelico, fatto di continue dilatazioni etrasformazioni. Pensiamo per esempio

agli effetti simbolici connessi all’episo diodella donna siro-fenicia, di cui il recenteSeminario nazionale del Coordinamentodelle teologhe Italiane — Riformare, si può? —è un’espressione. O pensiamo alla discus-sione ecclesiale attestata negli At t i , cheapre le porte della Chiesa ai Gentili.

Su questo, avviato da Matteo Crimella,si è recentemente attivato un interessanteconfronto nel CAT I , dove le diverse Asso-ciazioni teologiche italiane stanno attual-mente lavorando sul tema della riformadella Chiesa. Ne è emerso che i recinti cisono e che spesso servono a piegare le dif-ferenze di chi vi abita. È come se le diffe-renze potessero essere sopportate fino aun certo limite e solo come camei da nonmenzionare nei titoli di coda. In qualchemodo, si rifà la domanda sbagliata: “Chi èil mio prossimo?”. Ancora una volta, sicerca un confine da tracciare e non unaporta da aprire e dalla quale passare comeChiesa in uscita. Allora la pluralità diven-ta un nome vuoto e già la comunione in-tra-ecclesiale pare troppo: sembra più unmiracolo che un’esperienza. Ancora molteresistenze rendono dunque difficile la me-tabolizzazione di quell’orientamento allamissionarietà di cui parla Papa Francesco.

Salmann nel suo intervento ha richiamato la vetu-stà del confronto tra fede e ragione che ha influenza-to la teologia dell’ultima parte del secolo scorso, eformato un’intera generazione di teologi. La fine del-le ideologie pone alla pastorale ma anche alla teolo-gia domande diverse dalla disputa sulla “ra g i o n e -volezza” della fede. La teologia sta rispondendo aquesta nuova sfida?

Salmann ha ricostruito con grande luci-dità le metamorfosi di questo tempo.L’immagine di Dio prima gravita attornoall’ordine simbolico del Padre, poi assumeun’impronta filiale — regale e poi kenoti-ca— e ora ci immerge nell’età dello Spirito,con tutte le sue simbologie naturali, eroti-che, terapeutiche, mistiche, sociali... Que-sto ha portato con sé diverse riconfigura-

Quale teologiaper l’oggi?

A colloquio con Lucia Vantini

Al Pontificio Istituto Giovanni Paolo II

Tre tenoriper una rifondazione

L’OSSERVATORE ROMANOvenerdì 7 maggio 2021 pagina 3

Oggi in primo piano - Ripensare la teologiaCHE MOND O CORRE • Il Giro d’Italia

Tra ascesee ascesi

Abbiamo bisogno di eroi

di ATTILIO NOSTRO

D omani a Torino prenderà il via il 104° Giro d’I-talia con 23 squadre di 8 corridori ciascuna,percorrendo 3.479 chilometri lungo 13 regionidella penisola fino a raggiungere, domenica 30

maggio, la città di Milano. Quest’anno saranno ricordatediverse ricorrenze: 160 anni dell’unità d’Italia, 700 annidalla morte di Dante, 90 dall’ideazione della maglia rosae i 100 anni dalla nascita dell’indimenticabile AlfredoMartini. Si passerà nella terra che diede i natali al com-missario tecnico della nazionale italiana di ciclismo, a Gi-no Bartali e a Gastone Nencini.

Perché spetta al Giro celebrare queste circostanze? Per-ché al Giro viene chiesto di farsi eco di questa memoria?Perché il Giro non è un evento soltanto sportivo o socia-le: è la storia di un popolo e di una nazione, anzi ne è lasua celebrazione!

Ma è possibile scorgere nel Giro d’Italia anche unarappresentazione della vita di fede?

Questo non è un azzardo, se consideriamo che Pio XIInel 1949 elesse e proclamò la Madonna del Ghisallo pa-trona dei ciclisti. Non c’è campione del ciclismo che nonabbia offerto alla Madonna del Ghisallo in dono e comeex voto la propria maglia o addirittura la bici, come Alfon-sina Strada che fu la prima donna a partecipare al Girod’Italia nel 1924.

Nella lettera che annunciava il suo ritiro dalle corse, in-dirizzata al suo fraterno amico Card. Elia dalla Costa, Gi-no Bartali scrisse: «Credo che il faticare in sella sia ciòche più si avvicina alla preghiera. Quando muovo i peda-li percepisco una vicinanza con il creato, con il grandeMistero che ci accompagna nella vita. Non vorrei sem-brarLe blasfemo o irriverente a dirLe queste cose, ma esi-ste in me una vicinanza tra la bicicletta e la funzione re-ligiosa».

Ma quali elementi del ciclismo tra i tanti potrebberoaiutarci a rintracciare questo parallelo tra bici e fede?

Lo “stadio” dei ciclisti è la strada. Quella stessa cheusiamo noi per andare al mare, in campagna o in monta-gna. Una delle tre cattedre da cui Gesù insegnava eraproprio la strada perché essa è l’emblema stesso dell’in-contro, della ricerca, del cammino dell’uomo ma anchedella sua quotidianità. Chi percorre le strade in bici cercaqualcosa in sé stesso ma anche fuori; spesso trova pano-rami e cieli mozzafiato, incontra persone speciali, ma so-prattutto incontra sé stesso.

La seconda cattedra da cui Gesù insegnava era la men-sa: basti pensare a Marta e Maria, Zaccheo, la donna del-l’unzione, l’Ultima cena. La squadra di ciclisti non è maisoltanto un gruppo sportivo: è una famiglia, una comu-nità, un cenobio, perché è ascolto e accoglienza dei nuo-vi, è crescita dei giovani nei consigli degli “anziani”, èmentalità da acquisire ed esperienze da fare, fallimenti dacapire e ripartenze da tentare. Si muore e si risorge nellasquadra, nella relazione con i miei compagni di camminoche vedono qualcosa di me che io non conosco ancora.

La terza cattedra da cui Gesù ha insegnato è la croceche è il luogo dove Gesù ha espresso in maniera compiu-ta tutto il suo amore per noi. Gesù lì diventa il paradigmadell’amore vero. Anch’io non desidero — così come scrisseGinettaccio — essere blasfemo ma il mio pensiero corre al19 luglio del 1997, quando Marco Pantani tornò al Tourdopo un grave infortunio che lo condizionò per due an-ni.

Quel giorno Pantani riuscì nell’impresa di scalare tradue ali di folla i 21 tornanti dell’Alpe d’Huez, il “tempioverticale” del Tour: 14 chilometri di dolore, sudore e fati-ca che diventeranno la sua rinascita e la sua esplosione.L’anno dopo infatti realizzò il sogno della doppietta Gi-ro-Tour, ma quel giorno ho capito (perché l’ho visto coimiei occhi) cosa significa il ciclismo: è una parabola me-ravigliosa della nostra vita, completata dall’abbraccio delpadre di Pantani che aspettava il ritorno alla vittoria disuo figlio da due anni: lo aspettò lì sul traguardo dell’Al-pe d’Huez per abbracciarlo come un figlio ritrovato.L’urlo di Marco Pantani divenne il mio, il nostro urloperché tutti, in fondo, sentivamo che nel suo riscatto, nelsuo rialzarsi, nel suo ritrovare sé stesso c’eravamo anchenoi, con le nostre storie interrotte e umiliate da incidenti,vite che possono (e devono) diventare un capolavoro!

Non è soltanto un gioco di parole accostare l’ascesa al-l’ascesi cristiana: la sua essenza non consiste forse nelprendersi cura di sé e coltivare un cuore capace di rinun-ce, speranze, impegno, umiltà, ma anche grinta, realismo,ma anche saper osare, saper andare oltre sé stessi e rina-s c e re ?

Penso davvero che la bicicletta possa insegnarci ad ave-re più consapevolezza e più rispetto della natura, dell’ariache respiriamo, delle città che abitiamo, delle strade chepercorriamo e della gente che popola il nostro mondo.

Ecco perché il ciclismo ha bisogno di eroi: per impa-rare a sperare, per saper osare oltre i limiti e gli schemidecisi dall’esterno o dettati da noi.

vo la loro capacità di ospitare questofondamento non religioso e nonideale del senso della storia e dellarealtà del mondo, che nasconde e ri-vela il segreto dell’intimità di Dio.

L’evento fondatore di questa rive-lazione la porta in campo con la lin-gua delle parabole, che lo rendonoenigmaticamente decifrabile soltan-to nelle pieghe della vita quotidianadella condizione umana che è comu-ne. Queste parabole resistono allacostruzione di un sistema religiosoche le sostituisca. (...)

Esiste una teologia all’altezza delfondamento antinomico del pensie-ro credente, impegnato ad abitarecon identico spirito e verità il culto ela cultura: senza separarli, senza ri-solverli l’uno nell’altra? Esiste unateologia della creazione all’altezzadella rivelazione del corpo del Si-gnore e della sua redenzione ad ope-ra dello Spirito? Come si produce —e come si legittima — la straordinariaaffinità del logos della fede e del logosdel pensiero, che si sviluppa senzasoluzione di continuità nei luoghibassi e nei luoghi alti del pensiero

della polis, ovunque si formino “i pa-radigmi del pensiero” che orienta ediscerne gli affetti capaci di prossi-mità fra gli uomini, e ovunque si svi-luppi l’umana “coscienza del senso”dell’origine e della destinazione del-l’agape di Dio per l’uomo?

La depressione, la conversione,la ripresa

Il legame cristologico ed ecclesia-le del culto e della cultura, come asseportante della trascendenza dellospirito destinato ad abitare e a riscat-tare il corpo, è un inedito: religioso èumano. L’abbattimento di questobastione, la costruzione di questoponte, è un rischio assoluto. Impos-sibile pensare di essere all’altezza diquesto impossibile di Dio. Eppure,senza questa impossibile testimo-nianza, la fede non è trovata e la ra-gione è perduta.

La nostra teologia ha un’episte-mologia che illumina questo antino-mico fondamento della fede? Lavorasu questo crinale mondano della ra-gione? Oppure si limita a indicarel’istituzione ecclesiale e la tradizione

teologica come referente di una lin-gua autoreferenziale che vorrebbeanche, per ciò stesso, essere universa-le? E la Chiesa è all’altezza di questateologia? La cerca veramente? Unateologia fondata sulla intelligibilitàcommossa e commovente di questaantinomia, iscritta nella storia deglieffetti del fondamento che né la reli-gione né il pensiero avrebbero potu-to porre, ha un destino nel k a i ro s del-l’epoca appena iniziata? Restituiràalla Chiesa il suo ruolo di mediazio-ne impossibile all’uomo e possibile aDio, bella e fragile nella sua ostinataprofessione di non sostituzione delcorpo del Signore, servizievole e nonservile nei confronti della comunitàumana? Restituirà al mondo la pas-sione di uno sguardo sul mondo dalpunto di vista della redenzione spe-rata e della prossimità mancata — l’u-nico punto di vista degno dell’eterno— che solo le vittime della nostra fol-lia avranno titolo per giudicare?

Esiste troppa teologia senza verodestinatario, nella Chiesa. E troppidestinatari senza vera teologia, nelpensiero nella nuova città secolaredell’età secolare. La teologia eccle-siastica si occupa eccessivamente disé stessa e si intrattiene con l’infinitoracconto del suo pensiero, della suastoria, del modo in cui si è formata,dei suoi beni e dei suoi ornamenti.La sua stessa realtà, ora, mostra dinon essere neppure all’altezza di talericchezza — vera o presunta: e il suoracconto, per quanto ora rivisitatocon mille espedienti retorici di rin-giovanimento, non fa nessun effet-to.

La teologia muove le labbra, riem-pie le pagine, ma è come se non aves-se voce. Indica la Chiesa come refe-rente del mistero, ma essa stessa diceche dovrebbe essere diversa da comeappare per corrispondervi in modoimmediato, trasparente, eloquente:per gli stessi credenti. In questo pun-to esatto vorrei inserire il primo inne-sco dialettico della mia provocazio-ne. L’autoerefenzialità della Chiesa,che la ha adottato come referente diesperienza e di concretezza del reali-smo della fede, è stata aggravata — incerto modo involontariamente — fi-no a un punto di crisi proprio dal rin-novamento epistemologico che do-veva liberarne la trasparenza intellet-tuale e l’esperienza concreta.

La teologia ha abbracciato con-vintamente l’autoreferenzialità dellafede nel momento in cui si è definitaessenzialmente come auto-compren-sione della propria fede. In un qua-dro epocale in cui l’a u t o - c o m p re n -sione della propria esperienza si è av-viato a diventare un principio di au-toreferenzialità inoltre passabile delpensiero a riguardo della verità e delsenso, la formula teologica non pote-va che essere declinata come opinio-ne privata. La teologia è la fede cheparla di sé, la scelta di un punto di vi-sta, il pensiero di uno stato di vita.Qualsiasi cosa arrivi dopo — la testi-monianza, la trascendenza, l’ineffa-bilità di Dio, l’irruzione dell’Altro —è destinata a rimanere rigorosamenteinterna a quella struttura auto-refe-renziale della soggettività. Né vale, aneutralizzare questa impenetrabilechiusura, il disperato ritorno a unimprobabile oggettivismo che le siaestraneo e perciò immune: le ragionidel suo superamento, che ha presoatto della sua irricevibile estraneitàall’esperienza reale del senso, riman-gono valide. Lamentarsi è sterile.Una fede che pensa di possedere inproprio la verità di tutti, in un modoche non è accessibile a nessun altro,se non accetta prima di identificarsicon essa, deve necessariamente an-nunciare sé stessa. Coltiverà esclusi-vamente il linguaggio che la confer-ma nella propria identità. E finiràper parlare soltanto a sé stessa: quel-lo che sta accadendo ora.

zioni nel nostro rapporto con i testi biblici,ma anche nella nostra attenzione e sensibi-lità verso i temi e soprattutto verso i sog-getti: le donne, le persone emarginate perdiversi motivi (etnici, sessuali, sociali, eco-nomici). I fondamentalismi sono una rea-zione impaurita e inadeguata a gestirequesta complessità. La scommessa da fareè giustamente sulla ricerca di un Dio ini-ziatico e ospitale. Ciò ci porta natural-mente lontano da un’ermeneutica teologi-ca segnata dall’asse fede/ragione, che a di-re il vero per le donne è stata sempre unp o’ estranea perché costruita a partire daun logos apparentemente universale ma difatto maschile.

A questo punto non si tratta però di in-tegrare la trama di pensieri, testi e pratiche“femminili” in un paesaggio che mantienele proprie mappe: non c’è da aggiungerediscorsi, ma da ripensare insieme, donne euomini, la teologia.

La pandemia ha riproposto con forza il tema delsenso della morte, che tocca il cuore vivo del kerigmaoriginario della tomba vuota. La teologia recente èsembrata essere più focalizzata sul senso della vitache sul senso della morte. C’è uno spazio perché lateologia possa tornare a declinare in forme attualiz-zate il concetto di “vita eterna”?

A me questa focalizzazione della teolo-gia sul senso della vita pare essenziale.Non voglio rimuovere il pensiero dellamorte né evitare la finitezza. Sono convin-ta però che una teologia creaturale, centra-ta sulla nascita, abbia già fatto pace con illimite, perché lo prevede nella forma dellagratitudine per qualcosa che nessuno puòdarsi da sé: la vita stessa. Valorizzandosimbolicamente l’elemento materno comecifra di un’ospitalità ricevuta nel corpo diun’altra, la teologia si incarna veramentenella storia. La pandemia attuale ci hamesso di fronte alla morte, certamente,una morte stravolta nella sua forma singo-lare e personale, perché spesso avvenutasenza affetti vicino. Tuttavia questa pan-

demia ci ha anche fatto scoprire che siamocapaci di solidarietà, di prossimità, di curaper l’estranea/o. Così, per ereditare la vitaeterna occorre andare ai crocicchi dellestrade con un senso di gratitudine e custo-dire una recettività vitale: è lì che la Sa-pienza passa e che attraverso la solidarietàumana rende possibili esperienze di rina-scita dal male, vere e proprie anticipazionidella vita eterna che ci aspetta.

I relatori al convegno hanno tutti riferito del carat-tere anche antropologico del cambiamento epocale incorso. In che misura questo sfida l’impianto teologicotradizionale? Come sta rispondendo il mondo teolo-gico a questa sfida?

Sì, i tre relatori hanno descritto moltobene il cambiamento epocale in corso e lesfide connesse: ripensando una nuova re-ciprocità tra teologia e magistero cattoli-co, il prof. Theobald ci ha riportato allastruttura messianica del kerigma neotesta-mentario, che domanda uno stile di vita edi pensiero al contempo critico e capace disogno; il prof. Salmann ha descritto il pae-saggio attuale nelle sue intense metamor-fosi religiose e teologiche che richiedonouna sintonizzazione capace sia di gioia siadi sofferenza; infine il prof. Sequeri haevocato una teologia che conosce la diffe-renza tra ciò che è sacrificabile e ciò che èconsacrabile, una teologia che farà tesorodella testimonianza della samaritana e delpubblicano, non dell’isolamento dei levitie dei sacerdoti. La risposta del mondo teo-logico a queste sfide è forse ancora timida,perché questo si tiene lontano dai crocic-chi delle strade nei quali si parlano linguealtre, impreviste e scomode. Se è vero —come si dice — che noi siamo un colloquio,le nostre teologie sono il frutto dei nostridialoghi concreti. Se ci si tiene lontano daqualcuna/o, è la sua esperienza a mancarenelle nostre parole su Dio e viene inevita-bilmente compromesso il sogno paolinodi una Chiesa che non fa un uso gerarchi-co delle differenze.

L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 venerdì 7 maggio 2021

Guardia costiera libica attacca pescherecci italiani

Sparinel Mediterraneo

Poco ambizioso per l’O nuil piano europeo contro la povertà

DAL MOND O

Scontro tra Regno Unito e Franciasulla pesca nel canale della Manica

Sale la tensione tra Regno Unito e Francia a causa delladelicata questione della pesca sulla Manica. Prima la pro-testa di una cinquantina di pescatori francesi per il rifiutodi Londra all’accesso nelle proprie acque di pesca e poiParigi che invia due motovedette all’isola di Jersey per ri-spondere all’invio britannico di due navi da guerra. In-tanto, l’Unione europea accusa Londra di «non rispettarele disposizioni dell’accordo» post-Brexit. L’intesa sulleregole prevede che i pescatori europei abbiano accesso al-le acque britanniche, previo l’ottenimento di una licenzadi pesca inglese. Da tempo, i pescatori francesi denuncia-no da parte britannica lentezze amministrative nel conce-dere l’autorizzazione.

Repubblica del Congo: il governo rassegnale dimissioni al presidente

Il primo ministro della Repubblica del Congo, ClementMouamba, ha presentato le dimissioni, mercoledì, insie-me con la sua squadra di governo, al presidente DenisSassou Nguesso, riconfermato per un quarto mandatocon l’88,4% dei voti lo scorso 21 marzo e insediatosi il 16aprile. L’esecutivo uscente attenderà al disbrigo degli af-fari correnti fino a quando Sassou Nguesso nominerà unnuovo primo ministro. La data è ancora da definire. Mo-uamba, 77enne, ex ministro delle Finanze e alto dirigentedella Banca degli Stati africani centrali (Beac), era statonominato primo ministro nel 2016.

ROMA, 7. Momenti di forte ten-sione ieri al largo della Libiadove tre pescherecci italiani,partiti da Mazara del Vallo, so-no stati attaccati con proiettilidalla guardia costiera libicamentre stavano pescando a cir-ca 30-40 miglia nautiche dallacittà di Misurata. GiuseppeGiacalone, al timone di unadelle tre imbarcazioni, l’Aliseo,è stato «leggermente ferito» aun braccio e trasferito sulla fre-gata Libeccio — nave della ma-rina italiana impegnata nell’O-perazione Mare Sicuro — inter-venuta sul posto nelle primeore del pomeriggio. «Hannosparato ad altezza uomo», hadichiarato il sindaco di Mazaradel Vallo, Salvatore Quinci.

Pochi giorni fa, lo stesso pe-schereccio Aliseo, insieme conaltri sei natanti, aveva subito untentativo di sequestro da partedi un gommone delle miliziedel generale Khalifa Haftar allargo di Bengasi. Pure in quel-l’occasione i libici avrebberosparato colpi in aria per intima-re al comandante di fermarsi.

Negli ultimi mesi, poi, ci so-no state frequenti tensioni traItalia e Libia per l’attività di pe-sca italiana al largo delle costenordafricane. Lo scorso settem-bre un gruppo di marittimi ita-liani era stato sequestrato damotovedette libiche mentre pe-scava, accusati dalle autoritàlocali di operare nelle acqueterritoriali libiche.

I Paesi della Ueaffrontano la questionedei brevetti sui vaccini

OP O R T O, 7. L’agenda del so-cial summit di Oporto, cheriunisce i paesi dell’Unioneattorno ai temi dell’o ccupa-zione, è stata di fatto riscrittadall’urgenza della questionevaccini rilanciata dall’iniziati-va statunitense sui brevetti.Gli Usa hanno comunicatoalla Organizzazione mondialedel comercio (Wto) di esserefavorevole a sospendere leprotezioni della proprietà in-tellettuale per consentire aiPaesi poveri la produzionedei vaccini. Le reazioni, dal-l’appoggio della Francia aidubbi della Germania, sonostate diverse. Di certo, comeha detto per prima la presi-dente della Commissione Ur-sula von der Leyen, c’è la di-sponibilità a discutere anchedi questa possibile soluzioneper valutarne la capacità diottenere l’obiettivo principa-le: vaccinare tutti e prestissi-mo. I tempi della pandemia,con le varianti del virus ingrado di diversificarsi adogni nuovo ostacolo che in-contrano, sono il vero nemicodella campagna di vaccina-zione.

La mossa del presidente

Biden, dunque, ha creato untavolo informale decisionaledi fatto. Alla prima occasionedi ritrovarsi in presenza —an-che se non tutti hanno rite-nuto di preasenziare se nonin video call — si tratta di de-cidere come rilanciare. Conuna grande assente però, laCancelliera Angela Merkel,che ci sarà sì, ma collegata daremoto. Il suo pensiero è giànoto: «Mancano le capacitàproduttive, il problema non èla liberalizzazione dei brevet-ti» era stato il commento acaldo, poi ribadito. La Mer-kel si è detta convinta che laprotezione della proprietà in-tellettuale sia importante. Pa-rigi, invece, con il presidnteEmmanuel Macron, si dice«del tutto favorevole alla re-voca» della protezione ai bre-vetti.

Ha fatto sentire la sua vo-ce dalla Wto, la direttrice ge-nerale Ngozi Okonjo-Iweala«Il mio lavoro — ha detto — èdi portare i membri del Wtoa lavorare insieme per trovareuna soluzione pragmatica al-l’ineguale distribuzione deivaccini» verso i Paesi in viadi sviluppo.

di ANNA LISA ANTONUCCI

Nelle città d’E u ro p aogni notte dormo-no per la strada ol-tre 700 mila persone

mentre il 20,9 % della popola-zione totale e il 22,5% dei bam-bini sono a grave rischio pover-tà ed esclusione sociale. «Unarealtà inaccettabile» ha dichia-rato il Relatore speciale delleNazioni Unite per i diritti uma-ni e l’estrema povertà, OliverDe Schutter, che, alla vigilia delvertice sociale europeo previstoper il 7 maggio a Porto, in Por-togallo, ha giudicato «pocoambizioso» il piano per com-battere la povertà nel prossimodecennio che l’Europa si appre-sta a presentare al summit. Ilprogramma prevede, entro il2030, di ridurre di 15 milioni dipersone e 5 milioni di bambini iltotale della popolazione minac-ciata dalla miseria. Troppo po-co, secondo De Schutter che hatracciato un quadro inquietantedella situazione sociale in Euro-pa, a fronte di una visita ufficia-le alle istituzioni dell’Ue effet-tuata tra novembre 2020 e gen-naio 2021. «Con più di 90 milio-ni di persone e 20 milioni dibambini minacciati dalla fame edall’esclusione sociale siamoveramente lontani dal raggiun-gere il primo obiettivo dell’A-genda per lo Sviluppo sosteni-bile e cioè povertà zero» ha det-to. Oltretutto, ha sottolineato,

il piano che verrà presentato aPorto «non prevede alcun ob-bligo per gli Stati membri del-l'Ue di rispettare i nuovi impe-gni e non esiste alcun meccani-smo per chiedere conto dellemisure adottate ai governi».«Gli effetti devastanti dellapandemia ci ricordano crudel-mente che l’Unione europeadeve anteporre la vita umana al-la concorrenza economica» hainsistito e per questo è necessa-rio che l'Ue chieda agli Statimembri di sviluppare piani na-zionali realistici, trasparenti eresponsabili per contrastare lapovertà». Il Relatore specialeha giudicato valide le modalitàcon cui l’Europa ha reagito ra-pidamente alla pandemia e so-speso le regole di budget perpermettere agli Stati membri dispendere al di là dei plafond fis-sati dai trattati, accordando lo-ro miliardi di euro di prestiti esovvenzioni nel quadro di un ri-lancio economico e di resilienzaprevisto dal NextGeneratio-nEu, il pacchetto di misure perla ripresa dal covid, «ma sel’Europa vuole andare oltrequeste risposte immediate allacrisi e rinforzare realmente la re-silienza sociale — ha sottolinea-to De Schutter — tutto ciò è in-sufficiente». Si tratta infatti «diassicurare che le misure preseper ridurre la povertà nel conte-sto della pandemia attuale nonvengono cancellate da politicheeconomiche miopi che danno la

priorità alla concorrenza socialee fiscale e impongono una rigo-rosa disciplina di bilancio» haaffermato. Il rischio per l’Euro -pa, secondo De Schutter, èquello di una «corsa istituzio-nalizzata al ribasso» tra gli Statimembri, che significa salari piùbassi, meno protezione e garan-zie per i lavoratori in nome del-la competitività. «Nove milionidi lavoratori nei Paesi europei,vivono già in povertà anche sehanno un lavoro, a causa del-l'aumento delle forme di lavoroatipiche o perché i salari sonosemplicemente troppo bassi»ha insistito il Relatore speciale.

Dal 2009, gli stati membridell'Ue hanno ridotto i loro in-vestimenti nella protezione so-ciale, nella sanità e nell'istru-zione. «Di conseguenza, nonerano preparati ad affrontarel'attuale crisi», ha detto ancora.Fino a poco tempo fa, il diktatin Europa era: tagli profondi aibilanci sociali in nome dell'or-todossia di bilancio. «Sebbenequeste regole siano state ora al-

lentate, temo che i Paesi chedecidono di aumentare i loroinvestimenti sociali attraverso inuovi pacchetti di stimolo sa-ranno puniti in seguito, quan-do saranno ripristinate le rego-le sui deficit massimi. Sarebbeuna sconfitta per i diritti socia-li» ha sottolineato De Schut-t e r.

Per questo, per mettere inatto misure concrete per com-battere la povertà e proteggerei diritti sociali — ha detto anco-ra il rappresentante Onu — l'U -nione europea deve fare a me-no di questa concorrenza dan-nosa e ripensare le sue regoleeconomiche fondamentali. Aquesto scopo, secondo DeSchutter, «il vertice sociale diPorto è un’opportunità unicaper generare un ampio consen-so per una strategia anti-pover-tà a livello dell’Ue che rafforzi iservizi pubblici, aiuti i senza-tetto, affronti il problema deisalari inadeguati e introducapiù giustizia fiscale» ha con-cluso.

Operazione della poliziaa Rio de Janeiro: 25 morti

BRASÍLIA, 7. Si è concluso con 25 morti il bilancio del violentoscontro tra narcos e polizia a Jacareizinho, una favela nella zonanord di Rio de Janeiro, in Brasile. C’è anche un agente fra le vitti-me di quello che viene considerato il blitz più sanguinoso nellastoria della città e che la sezione Brasile di Amnesty Internationalha definito un «massacro». Dal luglio del 2016 non si verificavanooperazioni con un numero così elevato di morti. Nella sparatoriasono rimasti feriti due passeggeri della metropolitana, mentre re-sidenti e automobilisti, colti di sorpresa dal confronto a fuoco, sisono dati alla fuga. La Procura di Rio ha aperto un’indagine sulledenunce riguardo l’operato della polizia nella favela, nota comebase del gruppo criminale Comando Vermelho. Inoltre ha resonoto che sta «adottando tutte le misure per verificare i motivi e lecircostanze dell’operazione e le morti provocate dall’interventodegli agenti». Per la polizia civile di Rio l’operazione era stata«ben pianificata» e «non c’è stato altro da fare che respingere l’ag -gressione dei trafficanti», nonché ostacolarne la fuga.

Un gruppodi senzatettoin una cittàeuropea. Nell’Uesta aumentandoil rischio povertà.

L’OSSERVATORE ROMANOvenerdì 7 maggio 2021 pagina I

AatlanteC R O N A C H E D I U N M O N D O G L O B A L I Z Z A T O

Sta finendo la sabbia

La lezionedegli uccelli migratori

ANNA LISA ANTONUCCI A PA G I N A II

Covid: Indiaal collasso

ANDREA WA LT O N A PA G I N A III

Esplode la richiesta mondiale ma l’ecosistema non può sostenerla senza morire

di CHIARA GRAZIANI

Fame di sabbia: l’economiamondiale che cerca modellisostenibili, ha una disperatafame di sabbia: le serve a rico-struire la normalità per il do-po pandemia. Ponti, strade,centri urbani, ospedali: maanche lo schermo dei compu-ter, gli smartphone, le lenti ot-tiche, i vetri delle finestre, ifiltri per l’acqua.

L’economia divorava sab-bia prima della pandemia del2o20 già a ritmi ben più acce-lerati di quelli fisiologici che ifiumi rispettano nel produrla.Ora che la pandemia non èpassata ma ci impone un ri-pensamento di sistema ed in-frastrutture adeguate, la famedi sabbia è diventata dispera-ta.

Solo gli Stati Uniti mette-

ranno qualcosa come 3.500miliardi dollari per infrastrut-ture pubbliche ormai fatiscen-ti. E questo vorrà dire soprat-tutto: calcestruzzo, a base disabbia. Sabbia da estrarre daifiumi, la più pregiata, dai la-ghi, dalle spiagge, lasciandosolo quella dei deserti, troppolevigata.

Perché la sabbia è la mate-ria prima più saccheggiata epreziosa dopo l’acqua. Ma sesull’acqua si fanno guerre dasempre, è negli ultimi due se-coli che la sabbia è diventatapane. Ce ne siamo accorti po-co: troppo a portata di mano,troppo facile da estrarre, tantovisibile da essere trascuratadal legislatore. Il consumo deifiumi e delle spiagge, però, èesploso per sostenere l’urba-nizzazione commerciale primadel nord del mondo, poi del

sud. L’impatto sugli ecosiste-mi fluviali, lacustri e marini,dal nord e centro America, fi-no a Cina, India, Cambogia,Vietnam e Thailandia è statogravissimo. Per avere un’ideadella mostruosa quantità disabbia che occorre per realiz-zare i progetti di infrastruttureefficienti imposti dalla pande-mia basti dire che la previsio-ne pre-covid diceva che le 40gigatonnellate (una gigaton-nellata equivale a mille milio-ni di tonnellate) estratte nel2014, sarebbero “solo” qua-druplicate una volta l’anno. Egià così sarebbe stata una bru-talizzazione dei sistemi fluvia-li che, ogni anno, ne rilascia-no circa 20 gigatonnellate, co-me riporta un rapporto delmarzo scorso, finanziato daun programma dell’Unioneeuropea, Horizon. Ora che

occorre produrre buon lavoro,luoghi nuovi da abitare in si-curezza, trasporti più raziona-li, il calcestruzzo dovrà scorre-re. Ma forse non c’è abbastan-za sabbia per tutti. E, non acaso, si teme che le «mafiedella sabbia», già note nelcontinente indiano, possanomettere le mani su una risorsaconsiderata “cheap” e illimita-ta.

Il paradosso della svolta in-frastrutturale è che, se non siaggiustano le prospettive, sipotrebbe aggravare la crisiambientale. L’estrazione in-tensiva della sabbia ha già da-to prova di effetti gravi comela deviazione dei corsi d’ac-qua, alluvioni, erosioni dellerive, abbassamento del livellodei laghi e, ovviamente, perdi-ta di specie animali selvatiche.Il fiume Mekong è già studia-

to come un caso scuola. Ilfondo abbassato di un metro emezzo nel tratto vietnamita,gli isolotti scomparsi in quelloindonesiano preoccupano. E,forse non a caso, dovrebbeiniziare a mesi, fra le proteste,lo sfruttamento della sabbiadel Duck, negli Usa. 450 chi-lometri di sistema fluviale do-ve vivono pesci unici e in viad’estinzione. Uno ha un nomein lingua Cheeroke che signi-fica più o meno «pesce verdu-ra». Sta nelle pozze stagnantiall’ombra della vegetazione edè un gioiellino dell’adatta-mento della vita. I residenti egli ambientalisti rinforzano gliargini delle pozze per proteg-gerlo, mentre i cercatori disabbia sono quasi pronti a co-minciare a sbancare. Una lottaper il fiume assai più decisivadi quanto si immagini.

L’OSSERVATORE ROMANOpagina II venerdì 7 maggio 2021 venerdì 7 maggio 2021 pagina III

A Aatlante atlante

Rifugiati: con la pandemia a rischioi canali di ingresso sicuri negli StatiNel decennio precedente la pandemia di Covid-19, grazie al rilascio di permessi per motivifamiliari, lavoro e studio, circa 1,5 milioni dipersone provenienti dalle nazioni che generano ilmaggior numero di rifugiati, sono state accolte da

35 Paesi Ocse e dal Brasile. Lo rivela il rapporto“Safe Pathways for Refugees II”, pubblicatomercoledì. Lo studio — realizzato dall’U n h c r,Agenzia Onu per i rifugiati, insieme all’O cse,Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppoeconomico — prende in esame le ammissioni dipersone in fuga da sette Paesi: Afghanistan,Eritrea, Iran, Iraq, Somalia, Siria e Venezuela,avvenute dal 2010 al 2019. Degli 1,5 milioni dipermessi per motivi non umanitari rilasciatinell’arco del decennio in esame, 156.000 sono staticoncessi nel solo 2019; cifra che supera l’obiettivo

annuale di 120.000 stabilito nella strategia sureinsediamento e canali complementari lanciatasu scala mondiale da governi, società civile eUnhcr. La pandemia, però, rischia di frenare iprogressi compiuti sui canali di ingresso sicurinegli Stati. Malgrado i dati relativi al 2020 nonsiano ancora stati elaborati, le due organizzazioniprevedono un calo significativo del numero diammissioni concesse in questo periodo per effettodella chiusura delle frontiere e delle restrizioni aimovimenti. «Gli sforzi profusi da numerosi Statiper l’ammissione di rifugiati mediante questi

canali hanno consentito di riunire famiglie e datoai rifugiati l’opportunità di mettere a fruttotalento, capacità e competenze per contribuirealle comunità che li hanno accolti», ha dichiaratoGillian Triggs, assistente dell’Alto commissarioUnhcr per la Protezione. «Dobbiamo impedire —ha affermato — che il Covid vanifichi glieccezionali progressi compiuti». L’Unhcr lanciaun appello «affinché un maggior numero di Paesisi impegni a reinsediare i rifugiati, incrementare ladisponibilità di canali sicuri e ridurre gli ostacoliposti alle ammissioni».

Dalle periferie

La lezionedegli uccelli migratori

di ANNA LISA ANTONUCCI

Affrontano viaggi lunghissimi epericolosi per abbandonare unambiente diventato inospitale esenza cibo e raggiungerne unaltro che gli consente di viveremeglio, ma mantenendo sem-pre la promessa di tornare neiluoghi in cui sono nati. Sonogli uccelli migratori che uni-scono il mondo coi loro incre-dibili viaggi senza confini. Unsimbolo perché la loro ricercadi un luogo migliore dove vive-

re e crescere i propri figli acco-muna anche tanti esseri uma-ni.

Grandi o piccoli, da soli o incompagnia, i migratori rappre-sentano il 40 per cento delle ol-tre 10mila specie di uccelli co-nosciute. La loro vita è quelladei pendolari, si muovono ci-clicamente tra due aree, quelledi riproduzione, a nord, e quel-le di svernamento, a sud. Inprimavera si dirigono a nordper nidificare, in autunno inve-ce si spostano a sud, per tra-scorrere l’inverno in luoghi conclimi più caldi e accoglienti. Eciò avviene regolarmente ognianno per abbandonare un am-biente diventato inospitale,verso un altro che gli consentedi sopravvivere con maggioriprobabilità nonostante i peri-coli del viaggio. Con i lorospostamenti stagionali gli uc-celli migratori ci ricordano i ci-cli della natura. I loro viaggiinterminabili soffrono l’inqui-namento e l’intervento dell’uo-mo sull’ambiente. Il loro biso-gno di un habitat naturale e sa-no li rende ambasciatori globa-li della natura e dunque nonsolo collegano diverse parti delpianeta ma riconnettono anchele persone alla natura e a sestesse come nessun altro ani-male al mondo. Per questo laGiornata mondiale degli uccel-li migratori, istituita dalle Na-zioni Unite e che ricorre il se-condo sabato di maggio, non èsolo una celebrazione degli uc-celli, ma è anche un momentoimportante per riflettere sul

nostro rapporto con la natura.Quest’anno la Giornata ha

un significato ancora più im-portante perché la pandemia,che non ha impedito agli uc-celli di continuare a cantare evolare tra i luoghi di riprodu-zione, ci ha permesso nel silen-zio innaturale delle nostre cit-tà, in cui gli spostamenti e leattività di milioni di personesono stati limitati, di ascoltaree osservare gli uccelli come maiprima. Anzi per molti il cantodegli uccelli è stato un confor-to durante i duri mesi di isola-mento, collegando le personetra loro e la natura nonostantele chiusure. Dunque il temascelto per la Giornata mondia-le 2021 è “canta, vola e elevaticome un uccello” e le mille ini-ziative organizzate nel mondohanno lo scopo di sensibilizza-re il pianeta sull’importanza disviluppare uno sforzo comuneper proteggere gli uccelli mi-gratori e il loro habitat senza ilquale non sono in grado di so-pravvivere. La loro morfologiae fisiologia gli permette di vo-lare rapidamente e su lunghedistanze. Sono in grado diorientarsi grazie al sole duranteil giorno, e alle stelle di notte eper i campi geomagnetici inqualsiasi momento. Ma i loroviaggi estenuanti hanno biso-gno di una serie di siti lungo illoro viaggio dove fermarsi a ri-posare. Alcune specie possonoarrivare a percorrere fino a16.000 chilometri due volte al-l’anno, passando dalla Siberiaalla costa occidentale dell’Afri-ca, scendendo addirittura finoalla punta del Sud Africa.Questo fa comprendere comesiano essenziali i luoghi di sca-lo da cui dipende la loro vita.Ma la mano dell’uomo spessocausa la perdita di tali luoghi eciò può avere un impattodrammatico sulle possibilità disopravvivenza degli uccelli mi-gratori.

Dunque l’invito all’uomo èquello di riconciliarsi con lanatura ascoltando e osservandola vita di questi animali la cuipresenza intorno a noi, nellecittà, nelle campagne, nei par-chi e nei giardini pubblici, nel-le foreste e in montagna, nellezone umide e lungo le coste haavuto un effetto benefico sullasalute umana durante la pan-demia, secondo gli studi messia punto da illustri scienziati.Le molte iniziative organizzatein occasione della Giornatamondiale dalle numerose agen-zie internazionali per l’ambien-te vogliono dunque far cono-scere il miracolo della migra-zione degli uccelli per aumen-tare la consapevolezza sulla lo-ro importanza ecologica e lanecessità per l’uomo di rispet-tare l’ambiente.

di FABRIZIO PELONI

Sciopero nazionale a oltranza dal28 aprile scorso in Colombia.Più di una settimana di ininter-rotte, agitate proteste a Bogotácome a Medellín, a Cali come aBarranquilla, a Cúcuta, Carta-gena, Duitama, e poi a Monte-ría, a Popayán e Ibagué controil controverso disegno di leggesulla riforma fiscale voluta dalgoverno del presidente colom-biano Iván Duque.

Si è scoperchiato, con violen-za, il vaso contenente forti ten-sioni e differenze sociali, acuite-si con la crisi generata dalla pan-demia di Covid-19. Nel 2020,infatti, il numero di poveri nelPaese è aumentato di 3,6 milionidi persone, da 17,4 milioni a 21milioni, secondo il Dipartimen-to amministrativo di statisticanazionale. Di queste ben 2,8 mi-lioni sono finite in condizionedi estrema povertà. E ancora so-no oltre cinquecentomila le atti-vità costrette a chiudere e un mi-lione i nuovi disoccupati regi-strati lo scorso anno.

In tale contesto la propostadi riforma fiscale — ritenuta ini-zialmente assolutamente neces-saria e comunque ritirata dome-nica scorsa dallo stesso Duque—, con un previsto aumentodelle tasse soprattutto per laclasse media e per chi guada-gna di meno, ha acceso la mic-cia dell’indignazione popolare,che oggi appare inarrestabile.Nonostante, dunque, il propo-

sito di Duque di arrivare conurgenza a un nuovo piano di ri-forma del sistema tributario, daraggiungere col più ampio con-senso possibile attraverso untavolo negoziale con le opposi-zioni, il moto di rivolta dellapopolazione è proseguito.

Come spesso accade nei Pae-si latinoamericani quando lapopolazione è esausta, si svegliada una forma di costante torpo-re — quasi una sorta di autodife-sa inconsapevole — e, non piùanestetizzata, tira fuori tutta lapropria rabbia. La protesta

monta e la motivazione inizialerimane solo la scintilla da cui èscaturito un malcontento che inrealtà ha radici profonde.

Ciò che è affiorato nelle cittàcolombiane dalla scorsa setti-mana contro la politica econo-mica programmata dal governo,a dir la verità, si era già abbon-dantemente palesato nel no-vembre 2019, ed era ripreso nelsettembre scorso, dopo l’ucci -sione di un avvocato a Bogotáda parte delle forze di Polizia.In entrambe le occasioni, se-

condo quando sottolineato dalComitato per il Paro Nacional(sciopero generale), il governonon si era premurato di istituireun tavolo di negoziazione con leopposizioni e con i vari movi-menti rappresentativi delle fa-sce più deboli e delle comunitàindigene del Paese.

E ora la protesta si sta già sca-gliando contro i progetti di ri-forma della sanità e del lavoro,nonché contro la modifica delsistema pensionistico. L’assen -za di leader riconosciuti comepunto di riferimento nelle mani-

festazioni, poi, ren-de più complicateeventuali trattativeper trovare soluzio-ni al problema, chepossano dirsi soddi-sfacenti. «Le mani-festazioni non sonogestite da nessuno,sono le personestanche da anni dimiseria», ha scritto

su Twitter César Pachón, leaderdel mondo contadino che nel2013 ha guidato le proteste nellecampagne contro il governoprecedente e che oggi siede inParlamento in rappresentanzadel Movimento alternativo in-digeno e sociale.

I colombiani che scendonoin piazza, ora, hanno l’obiettivomassimo. Ovvero stanno met-tendo in discussione l’i n t e rooperato del governo centraleguidato da Duque, il cui man-dato è in scadenza nell’agosto

Colombia:un malcontento

con radici profonde

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Scontro tra i titanidel mondo high-tech

Il processo tra Apple ed Epic Games èappena entrato nel vivo in un tribunalefederale dell’Oakland, in California, epotrebbe avere enormi ripercussioni sututto il mondo dell’high-tech. La com-pagnia di Cary, leader nello sviluppo divideogiochi, ha accusato Apple di ap-profittare della sua posizione di mono-polio sul mercato imponendo regole ar-bitrarie sull’Apple Store.

Le origini di questa battaglia tra ledue compagnie risale allo scorso ago-sto, quando Epic Games pubblicizzòun metodo per ottenere sconti esclusivisul popolare videogioco Fortnite trami-te un percorso esterno rispetto al famo-so negozio online della compagnia diCupertino. Apple ha quindi deciso dibloccare Fortnite su tutti i suoi disposi-tivi. Epic Games ha risposto aprendouna causa legale.

La principale critica di Epic Games èche iOS, il sistema usato da Apple, è

fondamentalmente un sistema chiuso,che obbliga a restare (e comprare) in unsolo ecosistema, quello della casa diCupertino. In altre parole, se un’appnon passa per lo store di Apple non c’èalcun modo di utilizzarla su un iPhoneo un iPad. Una situazione che il ceo diEpic Games, Tim Sweeney, ha definitosenza mezzi termini di abuso di posi-zione dominante. La risposta di Appleè che Epic Games era consapevole dellecondizioni dello store.

Ora il processo potrebbe durare di-verse settimane e ridefinire l’intero si-stema di funzionamento della app eco-nomy, un business che nel solo 2020 haraggiunto un valore di 111 miliardi didollari, superando del 30 per cento i ri-cavi del 2019. La cosa interessante è cheEpic Games non è sola in questa batta-glia: molte altre aziende sviluppatrici diapp si stanno unendo nell’attacco alpresunto monopolio di Apple.

Si è scoperchiato, con violenza,il vaso contenente forti tensioni edifferenze sociali, acuitesi con la crisigenerata dalla pandemia di covid-19

L’OSSERVATORE ROMANOpagina II venerdì 7 maggio 2021 venerdì 7 maggio 2021 pagina III

A Aatlante atlante

La Francia concede la cittadinanza a 2000stranieri in prima linea nella lotta al covidOltre 2.000 lavoratori stranieri impegnati inprima linea durante l’epidemia del coronavirus,mostrando «il loro legame alla nazione», sonostati naturalizzati francesi. Lo ha annunciato,mercoledì, il ministero dell’Interno di Parigi. «Adoggi, 2009 persone hanno acquisito lacittadinanza francese, di cui 665 bambini», nelquadro di una procedura accelerata, dicono daParigi. Lo scorso settembre, la viceministraresponsabile per la Cittadinanza, Marlène

Schiappa, aveva chiesto ai prefetti di «accelerare efacilitare» l’accesso alla cittadinanza agli stranieriche hanno «contribuito attivamente» alla lottacontro il Covid-19, tra cui personale sanitario,agenti di sicurezza o manutenzione, baby-sitter,cassieri, aiuti domestici e netturbini.

Argentina: 2 cittadini su 3 si sono impegnatiad aiutare gli altri durante la pandemiaLa pandemia ha fatto crescere i gesti di solidarietàin Argentina che, con oltre tre milioni di casi e piùdi 60mila decessi, è tra i Paesi più colpiti dal

coronavirus. È quanto emerge da studi realizzatisul tema e rilanciati dall’agenzia di stampa Telam.L’impatto della crisi sanitaria e dai lunghi periodidi blocco totale alle attività non essenziali è statosignificato anche sul piano economico. Stando aidati ufficiali, nel 2020 il 42% dei 45 milioni dicittadini argentini ha vissuto in povertà, mentre il40% è impiegato nell’economia informale.Nonostante questi dati negativi, sono peròaumentate le iniziative di solidarietà rispetto aglianni precedenti. Secondo uno studiodell’Universidad Argentina de la Empresa

(Uade) tra gli abitanti dell’area metropolitanadella capitale Buenos Aires, circa due cittadini sutre si sono impegnati in attività di aiuto daquando è iniziata la pandemia, nel marzo 2020. Idati raccolti, invece, dalla società di sondaggiVoices e dall’agenzia di “fundraising” per le ongQendar, indicano che quasi metà degli argentiniha donato beni alle persone più vulnerabili,mentre oltre un terzo dei cittadini ha realizzatodel volontariato.

Covid: Indiaal collasso

di ANDREA WA LT O N

L a grave situazione pandemica dell’India stapeggiorando. L’Organizzazione mondialedella Sanità ha riferito che il Paese haregistrato, durante la settimana trascorsa, la

metà dei casi di coronavirus e un quarto delle mortiprovocate dal Covid-19 di tutto il mondo. Il primoministro Narendra Modi è stato accusato di nonaver agito precocemente dopo che una serie digrandi eventi, che hanno visto la partecipazione didecine di migliaia di persone, hanno favorito ladiffusione del contagio. La seconda ondata deicontagi potrebbe, inoltre, non essere l’ultima. Unconsigliere scientifico del governo ha infatti resonoto che nuove ondate pandemiche sarannoinevitabili in futuro.L’aumento di casi di coronavirus in India staprovocando il collasso del sistema sanitario. Alcunipazienti muoiono nelle sale d’attesa o fuori dallecliniche sovraffollate prima ancora di essere riusciti afarsi visitare da un medico. Ci sono carenze di letti,ossigeno, personale sanitario e solamente pochipazienti riescono afarsi ammettere inospedale. Anche nellestrutture sanitarie,però, la situazione èpessima e c’è ilconcreto rischio dimorire per assenza dicure mediche.La tragicità dellasituazione ha portatoal paradosso che iparenti dei ricoverati,preo ccupatidall’assenza di curemediche, ne chiedonola dimissione. Ilgoverno, supportatoda alcune nazionistraniere, sta cercandodi distribuire le scortedi ossigeno in tutto ilPaese sfruttando larete ferroviaria. Unesp onentedell’esecutivo ha dichiarato che non c’è necessità dicedere al panico.La campagna vaccinale è afflitta da alcuneproblematiche. In teoria chiunque può ricevere unvaccino ma quest’ultimo deve essere pagatodall’individuo che lo riceve oppure dalla regione diresidenza. Il risultato è che alcuni governi regionalisono in grado di coprire le spese ed i cittadini piùricchi possono farsi immunizzare, mentre il resto dellapopolazione è lasciato allo sbando. L’esecutivo dovràimpegnarsi a rendere la vaccinazione gratuita per tuttied a dedicare sufficienti risorse umane edamministrative per far sì che questo principio teoricopossa trasformarsi in qualcosa di più concreto. Unosforzo di questo genere potrebbe contribuire, senzadubbio, a rassicurare la nazione.La crisi in corso appare in netto contrasto con quantoaccaduto durante la prima ondata della pandemia. Inquell’occasione il governo di Narendra Modi avevaimposto un lockdown molto severo vietando, a partiredal marzo 2020, tutti gli spostamenti interni edinternazionali e chiudendo fabbriche, scuole, uffici etutti i negozi non essenziali. Il numero di casi avevaraggiunto il picco a settembre, toccando quotacentomila ed aveva poi rallentato in manierasignificativa, raggiungendo i suoi minimi a gennaio efebbraio. Modi aveva dichiarato, alla fine di gennaio,che il Paese aveva sconfitto il virus e questadichiarazione, secondo gli esperti, aveva spinto lepersone ad abbassare la guardia nei confronti dellemisure sanitarie come l’uso delle mascherine ed ildistanziamento sociale.

2022. La sua popolarità, al mo-mento soprattutto per la gestio-ne della pandemia, sembrereb-be scesa ai minimi storici.

L’esecutivo di Bogotá, daparte sua, ha sempre sostenutocome la riforma del fisco fosseassolutamente necessaria e in li-nea con le indicazioni del Fon-do monetario internazionale.Puntava infatti a raccogliere23,4 miliardi di pesos per mi-gliorare lo stato delle finanzepubbliche e dare continuità aiprogrammi sociali per i più po-veri. Obiettivo del disegno dilegge era raccogliere fondi — ab -bassando la soglia a partire dal-la quale si inizia a pagare l’im -

posta sul reddito — da adopera-re poi in programmi sociali cheavrebbero raggiunto 19 milionidi persone che vivono in situa-zioni di forte disagio.

Il cambio al vertice del mini-stero delle Finanze, ora guidatodell’ex ministro del Commer-cio, Industria e Turismo, l’eco -nomista José Manuel Restrepo,lascia presagire l’intenzione delgoverno di dialogare con tuttele parti sociali per arrivare aduna nuova versione della rifor-ma tributaria. Questa dovrà«tener conto dei più vulnerabilidella società», le prime paroledel neo ministro.

Per molti analisti, il pianoabolito per riformare le finanzecolombiane era di fondamenta-le importanza per limitare il de-bito pubblico, salito a livelli re-cord dall’inizio dell’era “Co -vid”, e far ripartire il prodottointerno lordo che ha fatto regi-strare un passivo di quasi il 7%nel 2020.

E comunque la diffusione delvirus, come nel resto dell’Ame -rica Latina, è stata e continua aessere preoccupante con un to-tale di circa 76.000 decessi equasi tre milioni di contagi. IlPaese è nel vivo della terza on-data, caratterizzata dalla diffu-sione della virulenta variante diManaus (Brasile), e il sistemasanitario è messo a dura provacon i posti letto delle terapie in-tensive esauriti in molte città.

Il presidente Duque, il 1°maggio, ha deciso di schierarel’esercito e la Squadra mobileantisommossa (Esmad) perfronteggiare quelli che ha defi-nito «atti di terrorismo urba-no». E il ministro della Difesa,Diego Molano, ha accusato igruppi armati illegali che opera-no nel Paese di essere dietro leviolenze registrate durante le

manifestazioni di protesta. Mo-lano ha parlato di “atti organiz-zati” e finanziati dalla dissiden-za delle Farc e dell’Eln. Le forzedell’ordine, in molte circostan-ze, hanno letteralmente repres-so le manifestazioni e messo inatto abusi e violenze nei con-fronti dei dimostranti. Per que-sto hanno però ricevuto la con-danna delle Nazioni Unite edella comunità internazionale.«Siamo profondamente allar-mati dagli eventi nella città diCali in Colombia, dove la poli-zia ha aperto il fuoco sui mani-festanti, uccidendo e ferendo uncerto numero di persone» ha di-chiarato nei giorni scorsi MartaHurtado, portavoce dell’AltoCommissariato per i dirittiumani a Ginevra. L’Unione eu-ropea si è pronunciata tramitePeter Stano, portavoce dell’Al -to rappresentante per gli affariesteri e la politica di sicurezzaJosep Borrell, delineando come«una priorità» il porre fine all’e-scalation di violenze ed «evitarequalsiasi uso sproporzionatodella forza da parte delle forzedi sicurezza», e aggiungendo,in tal senso, di confidare «sulleistituzioni colombiane per in-dagare e assicurare alla giustiziai responsabili delle violazionidei diritti umani e delle liber-tà».

L’Organizzazione mondialecontro la tortura (Omct) in uncomunicato stampa del 4 mag-gio, ha affermato che «durantele proteste è stato segnalato intutto il Paese l’uso sproporzio-nato e indiscriminato di armi le-tali e meno letali. Una moltitu-dine di materiali fotografici eaudiovisivi mostrano le brutaliazioni delle forze di sicurezza,che in flagrante violazione deglistandard internazionali e deiprotocolli interni utilizzano ar-

mi letali contro manifestanti epassanti indifesi». L’Omct hapure riferito che ci sono state al-meno 42 azioni delle forze del-l’ordine contro difensori dei di-ritti umani e attacchi subiti daoltre 30 giornalisti. Per questoha formalmente richiesto «lacreazione di una commissioneindipendente con supporto tec-nico internazionale per indaga-re, senza indugio, su tutti gli attidi violenza, l’uso indiscriminatodella forza, la violenza sessualee la privazione arbitraria dellalibertà, al fine di identificare iresponsabili e applicare le san-zioni previste».

Anche l’Organizzazione na-zionale dei popoli indigeni del-la Colombia ha invocato il ritirodell’esercito e dell’Esmad. Pro-prio la presenza e l’atteggia -mento degli agenti della Squa-dra antisommossa nelle stradeavrebbe alimentato l’impeto deimanifestanti più facinorosi, che,in risposta, hanno tramutato ladisperazione in brutali atti divandalismo. Non sono mancatefasi di durissimi scontri nelle va-rie città colombiane, e, tragica-mente, come capita in tali circo-stanze, non sono mancate le vit-time, oltre una ventina tra i civi-li, tra cui almeno tre minori, eun capitano della polizia, JesúsAlberto Solano, accoltellato aSoacha, vicino a Bogotá.

Dialogo e riconciliazione so-no le uniche strade da percorre-re. In tal senso si è pronunciatoanche l’episcopato colombiano,che per oggi, primo venerdì delmese, ha promosso una Giorna-ta di preghiera per la pace nelPa e s e .

Ma n i f e s t a z i o n idi protesta

in Colombia (Ansa)

L’OSSERVATORE ROMANOpagina IV venerdì 7 maggio 2021

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Il clero africano e la sfidadella sostenibilità

di GIULIO ALBANESE

Le Sacre Scritture, la Tradizionee il Magistero della Chiesahanno sempre sottolineato lacentralità dello Spirito Santonell’azione evangelizzatrice.Ciò significa che la dimensio-ne pneumatica è fondamentalee dunque imprescindibile nel-l’annuncio e nella testimo-nianza del Vangelo. Ciò nontoglie che nel momento in cuinasce una comunità essa deb-ba essere organizzata e ammi-nistrata sostenendo stabilmen-te, anche a livello economico, ivari servizi preposti alla litur-gia, alla catechesi e alla carità,per non parlare di altre attivitàlegate comunque all’afferma-zione dei valori del Regno.Tutto questo nella consapevo-lezza che non è comunquepossibile prescindere, etica-mente parlando, dal principionon negoziabile della destina-zione universale dei beni. È inquesto perimetro che si collo-ca la riflessione, sempre attua-le, sul sostentamento del cleronelle chiese particolari.

Se da una parte è fonda-mentale la fede nella Provvi-denza che ogni credente èchiamato a coltivare; dall’al-tra, come peraltro indicato daipadri conciliari nel DecretoPresbyterorum Ordinis, è impor-tante che i ministri ordinati«non trattino l’ufficio ecclesia-stico come occasione di gua-dagno, né impieghino il reddi-to che ne deriva per aumenta-re il proprio patrimonio perso-nale» (PO 17). In duemila an-ni di storia, sono state messein campo diverse iniziative pergarantire la remunerazione delclero: dai cosiddetti «diritti distola», dovuti e riservati peralcuni servizi religiosi specifi-ci, ai patrimoni beneficiali,che garantivano un reddito aiministri del culto e alle lorocomunità.

Questi ultimi di fatto crea-rono delle disparità in quantoalcuni esponenti del clero tito-lari dei suddetti patrimoni, di-sponendo di molti benefici le-gati alle loro parrocchie, eranoin una condizione di privilegiorispetto ad altri confratelli.Com’è noto il Concilio Vatica-no II non solo ribadì l’insegna-mento dell’Apostolo Paolo —«il Signore ha disposto checoloro i quali annunciano ilVangelo vivano del Vangelo»(1 Cor 9,14) — ma precisò che«se non si provvede in un altromodo a retribuire equamente ipresbiteri, sono i fedeli stessiche vi devono pensare, datoche è per il loro bene che essilavorano; i fedeli, cioè, sonotenuti da vero obbligo a pro-curare che non manchino aipresbiteri i mezzi per condurre

una vita onesta e dignitosa»(PO 20). Inoltre, nello stessoDecreto conciliare si dichiarò«che il sistema beneficiale de-ve essere abbandonato, o al-meno riformato a fondo, inmodo che la parte beneficiale— ossia il diritto al reddito dicui è dotato l’ufficio ecclesia-stico — sia trattata come cosasecondaria, e venga messo inprimo piano, invece, l’ufficiostesso» (PO 20).

Quanto scritto finora rap-presenta una sorta di doverosapremessa, in termini generali,per comprendere la complessi-tà di un tema che riguarda ilclero a livello mondiale, edunque anche quello dissemi-nato nel vasto continente afri-cano. A differenza di quantoavviene in molti Paesi europei,in Africa non esistono impian-ti legislativi che possano ga-rantire il sostentamento delclero e in alcuni contesti, pro-fondamente segnati dall’esclu-sione sociale, è assai arduo re-perire delle risorse che possa-no rispondere all’istanza luca-na secondo cui «l’operaio hadiritto alla sua paga » (Lc10,7). Sebbene, in linea diprincipio, ci si possa appellarea quanto prescritto in materiada Diritto Canonico Univer-sale, soprattutto in considera-zione dell’attuale congiunturasegnata pesantemente daglieffetti collaterali della pande-mia Covid-19 sull’economiacontinentale, molti presbiteridiocesani, unitamente alle lorocomunità, sono in grande sof-ferenza. Da questo punto di

vista è certamente di grandeaiuto, sebbene insufficiente arispondere alla domanda, ilcontributo delle Pontificieopere missionarie (Pom), cheerogano stabilmente, attraver-so il cosiddetto Fondo univer-sale, un contributo annualeper ogni Diocesi, oltre a copri-re i costi per la formazione deiseminaristi maggiori, dei cate-chisti a tempo pieno, garan-tendo peraltro l’erogazione disussidi straordinari, oltre al so-stegno dell’infanzia attraversoil finanziamento di progetti.

Rimane il fatto che sebbenevi siano numerose organizza-zioni e gruppi di appoggiodisseminati nelle Chiese di an-tica tradizione come quelle oc-cidentali, in genere i contribu-ti destinati direttamente allapastorale attiva in Africa scar-seggiano. A questo propositooccorre rilevare che la forte di-minuzione di missionari/estranieri in Africa, legata al de-ficit di vocazioni ad gentes, stasempre più avendo incidenzenegative anche sugli aiuti dal-l’estero e sulla gestione dei be-ni.

A tale proposito occorre ri-levare che molte comunitàparrocchiali, come anchestrutture educative e sanitarie,sono passate in questi annidalla gestione dei missionari/eal clero autoctono il qualepurtroppo, molto spesso, nondispone di sufficienti benefat-tori in grado di garantire unproseguo delle attività sulcampo. A ciò si aggiunga ilfatto che lo stesso areopago

missionario, sebbene abbiagoduto dei benefici del soste-gno a distanza, in molti casinon è stato capace di avviareprogrammi di sostenibilitànella gestione delle opere.

Sempre in tema di remune-razione del clero, occorre rile-vare che nell’Africa Sub Saha-riana, dove è concentrata lamaggioranza dei cattolici afro,alcune Diocesi hanno presol’iniziativa di incaricare i fedelidelle varie comunità parroc-chiali di provvedere al soste-gno del clero e delle attivitàparrocchiali. Un discreto nu-mero di vescovi ha fatto dun-que appello alla creatività e al-la fraternità, declinata in ter-mini di solidarietà e condivi-sione. Si tratta però di iniziati-ve che nelle zone più svantag-giate rimangono a volte infrut-tuose per la scarsa disponibili-tà di risorse economiche daparte delle comunità locali.

In un’interessante indaginericognitiva sul sostentamentodel clero nel mondo, redattanel 2019 e aggiornata al 2020,Monsignor Luigi Bressan, Ar-civescovo emerito di Trento edex diplomatico della Santa Se-de, ha osservato che in un Pae-se come la Nigeria, il più po-poloso del continente conquasi 200 milioni di abitanti,dove i cattolici costituiscono il14 per cento della popolazio-ne, per il sostentamento delclero non c’è uniformità tra leDiocesi, ma sostanzialmentevi sono due distinti sistemi.«Il primo è centralizzato: valea dire che tutte le offerte rac-colte durante le celebrazionisono destinate al Fondo par-rocchiale, il quale versa l’80per cento alla Diocesi, che cer-ca a sua volta di realizzareun’equa distribuzione a livellodiocesano per il sostentamen-to; ma se una determinata co-munità non riesce a garantireun introito sufficiente per ilparroco, il Consiglio parroc-chiale deve trovare i mezzi persupplire. Il secondo sistema èinvece contributivo: dalle par-rocchie si versa il 25 per cento

alla Diocesi, mentre la parroc-chia si impegna a mantenere ilproprio parroco generalmentetramite offerte in natura. Qua-lora poi vi fossero intenzionidi Sante Messe, esse rimango-no al sacerdote; se per caso neavesse in eccesso, egli è tenutoa versarle alla Diocesi per levocazioni. Qua e là, ma anco-ra raramente, vi sono poi ge-nerosi benefattori che arrivanoa donare il 10 per cento delproprio reddito alla Chiesa».

Diversa è invece la situazio-ne in Sud Africa dove le Dio-cesi locali sono impegnate araggiungere l’autosufficienza edispongono di una «FinancialCommission» per garantire unequo sostegno ai sacerdoti.«Ogni Diocesi — spiega Mon-signor Bressan — stabilisce unminimo e vi contribuisce, rice-vendo comunque un sostegnodirettamente dalle parrocchie.È cura della Diocesi dare di-rettive, stabilire il minimumcui ogni prete abbia diritto,promuovendo comunque lapromozione della solidarietà».In Kenya invece vi sono solita-mente due collette domenicali,ossia una per la parrocchia el’altra per il sacerdote, a cui sicerca di assicurare circa 200euro al mese. In questo Paese,spiega sempre MonsignorBressan, «la comunità devecomunque poter fornire glialimenti al parroco; talvoltaquesto principio è posto dalVescovo come condizione pri-ma dell’assegnazione di un sa-cerdote ad una determinataparrocchia. Similmente si pro-cede in Tanzania».

In alcuni Paesi si constata latendenza, da parte di frangecospicue del clero, a far frontealla penuria di risorse econo-miche, attraverso attività pri-vate generatrici di reddito.Come accade anche in altreparti del mondo, all’interno diuna stessa Diocesi possono es-servi zone benestanti ed altredepresse. Ciò può determinareuna sperequazione nella con-dizione di vita dei fedeli e delclero loro assegnato.

S a c e rd o t ecelebra messa

a Lagos,in Nigeria.

Una zona colpitada terrorismo

e scontri etnici.

Il sud del Madagascar sull’orlo della carestiaCentinaia di migliaia di persone nel sud del Madagascarsono minacciate da una devastante carestia a causa dellaforte siccità degli ultimi mesi, a cui si sono aggiunte tem-peste di sabbia senza precedenti, che hanno reso molti pa-scoli e terreni agricoli inutilizzabili. L’allarme del Pro-gramma alimentare mondiale (Pam) indica che, con i tassidi malnutrizione acuta in crescita, è necessaria una azione

urgente, per rispondere a questa crisi umanitaria. «Abbia-mo assistito a scene strazianti di bambini malnutriti e fa-miglie alla fame», ha dichiarato il direttore del Pam.«L’entità della catastrofe — ha detto — è oltre l’immagina -bile». In assenza di cibo, fino all’80% della popolazione,in alcune aree del sud, è costretta a cibarsi di locuste, altriinsetti e foglie selvatiche. La crisi si prevede di lungo pe-riodo, dal momento che la siccità determinerà quest’announ crollo del 40% della produzione alimentare.

PIÙ DI MILLE PA R O L E

Rifugiati rohingyaappena sbarcatiin Bangladesh.

Sono migliaia quelliche per fuggire

dalle violenzee dalle

discriminazioniin Myanmar

cercano rifugioin altri Paesi

( R e u t e rs )

L’OSSERVATORE ROMANOvenerdì 7 maggio 2021 pagina 5

«E poi saremo salvi» di Alessandra Carati

Le nostre vitedivise

«I Venturieri» di Carla Maria Russo

Muzio e l’invenzione degli Sforza

Arte dell’i n c o n t roLa poesia come salvezza. Anche dal covid

CITTÀ METROPOLITANA DI NAPOLI ESITO DEL BANDO DI GARA D’APPALTO

Il 02/04/2021 si è conclusa la procedura di gara di affida-mento di attività di manutenzione impianti antincendio in Convenzione di Soggetto Aggregatore con criterio aggiu-dicazione o.e.p.v.Lotto 1 Napoli, bando P047/2018 CIG 76813312DE, base euro 8.000.000; Offerte pervenute n. 4; Impresa aggiu-dicataria: AIR FIRE SPA codice fiscale 06305150580; Ribasso di aggiudicazione 15%; 26%; 30%; 21%. De-termina aggiudicazione 8973 del 30/12/2020. Lotto 2 Salerno, bando P047/2018, CIG 7681345E68, base euro 2.250.000; Offerte pervenute n. 4; Impresa ag-giudicataria: GE.GI. Srl, codice fiscale 06163961219. Ribasso di aggiudicazione 35,34%; 25%; 35%; 45%. Determina aggiudicazione 8975 del 30/12/2020. Lotto 3 Caserta, bando P047/2018, CIG 7681363D43, base euro 1.750.000; Offerte pervenute n. 5; Impresa aggiu-dicataria: C.N. COSTRUZIONI GENERALI SPA, codice fiscale 05931780729. Ribasso di aggiudicazione 1%; 35%; 40%; 64,32%. Determina aggiudicazione: 8972 del 30/12/2020 e 2493 del 8/4/2021. Lotto 4 Avellino, bando P047/2018, CIG 768136923A, base euro 1.000.000; Of-ferte pervenute n. 1; Impresa aggiudicataria: GIELLE SRL, codice fiscale 05157680728. Ribasso di aggiudicazione 17%; 17%; 35,6%; 40%. Determina aggiudicazione: 8976 del 30/12/2021. Lotto 5 Benevento, bando P047/2018, CIG 7302446911, base euro 750.000,00; Offerte perve-nute n. 0. Determina 8973 del 30/12/2020.

IL DIRETTORE Anna Capasso

CAFC SpA (UD)Bando di gara - CIG 8724860E3A

È indetta una procedura aperta relativa alla for-nitura di reagenti per la depurazione - Luo-go di esecuzione: presso gli impianti di de-purazione gestiti da CAFC S.p.A. (UD). Valore complessivo stimato in Euro 1.343.000,00. Durata: indicativamente 3 (tre) anni. Criterio di aggiudicazio-ne: minor prezzo. Scadenza delle offerte: ore 12.00 del 11.06.2021. Documentazione su https://app.albofornitori.it/alboeproc/albo_cafc e/o sul sito inter-net www.cafcspa.com. Invio alla GUUE il 29/04/2021Il Responsabile del Procedimento ing. Michele Mion

di DANIELE MENCARELLI

La poesia è l’arte dell’incontro. Co-me la vita. Per parafrasare un gran-de artista, Vinicius De Moraes, e ilsuo album del 1969 che lo fece col-

laborare con i nostri Giuseppe Ungaretti eSergio Endrigo. Nomi da capogiro ed espe-rienze d’avanguardia se paragonate al no-stro presente.

Eppure, nessuna mancanza è così tre-mendamente contemporanea come lapoesia. Proprio perchéeduca a incontrare contutto quel che ne conse-gue, quella magnifica li-turgia di gesti, piccoli egrandi, che ci introducononella vita degli altri. Gestioggi censurati. Pericolosi.Per colpa di questa pande-mia che ha ristabilito dicolpo buona e cattiva edu-cazione, capovolgendoetichette e regole. Un ab-braccio, stringersi la ma-no, parlarsi occhi negli occhi quando i di-scorsi diventano impegnativi e viene natu-rale avvicinarsi al proprio confidente delmomento. Tutto vietato. E cattivo. Oggitentare un abbraccio è cosa malsana.

Per gli adulti, tutti noi, tutti quelli chehanno alle spalle anni e anni di vita in as-senza di pandemia, tornare alla normalitàsarà abbastanza semplice, ci vorrà del tem-po, questo sì, ma vivere in assenza di carna-lità è semplicemente disumano, innaturale.Ma per un bambino invece? Per un essereumano che ha formato o sta formando pro-

prio in questo tempo di virus il suo legamecon il prossimo quanto sarà impegnativo?Per lui, tutti loro, non si tratterà semplice-mente di una rieducazione a vivere comesempre, per loro sarà una rivoluzione vera epropria. Dovranno imparare da zero. Perfarlo, per alfabetizzare piccoli e meno pic-coli all’arte della vita, dunque della poesia,non possiamo fare a meno proprio dei poe-ti e della loro lingua. E i poeti, e gli editoridi poesia, ci sono e investono in passione esostanza. In opere che rimarranno.

Come lo storico marchio Vallecchi tor-nato a nuova vita. Sotto la guida di Isabel-la Leardini ha inaugurato una collana dipoesia che riproporrà autori fuori catalo-go, giganti che rischiano l’oblio. Come Pie -

ro Bigongiari. L’enigma innamorato. antologia1933-1997 a cura di Paolo Fabrizio Iacuzzi(Firenze, pagine 224, euro 18), che permet-te a chi non ha conosciuto, o vuole risco-prire l’opera di questo grande maestro, co-me riconosce con parole perfette Milo DeAngelis nella prefazione.

Da un maestro indiscusso, centrale, apoeti contemporanei e ai loro editori chescommettono e vivono la poesia. Comenel caso del libro di Laura Corraducci, Ilpasso dell’obbedienza (Bergamo, Moretti & Vi-

tali, 2021, pagine 112, euro12). La collana — curata daPaolo Lagazzi, StefanoLecchini e Giancarlo Pon-tiggia — non è certo scono-sciuta a chi si occupa dipoesia in Italia, semmaiesattamente il contrario. DaFranco Loi a Gabriella Si-ca, a Luigi Fontanella, GianRuggero Manzoni. Sonomolti i poeti che nel corsodegli anni hanno animatoquesta splendida collana.

Non ultima proprio la Corraducci. Per im-pasto linguistico, per quella speranza chefa della cristianità un orizzonte naturaleper tutti noi, alcune delle poesie contenutein questo libro rimandano a figure indi-menticate della nostra poesia. Prima fratutti la Sicari, totem personale immancabi-le. «Rinascerò anch’io sotto forma di vela /accesa e fertile nei giorni di vento / in atte-sa di mani nelle sere d’inverno».

Altro poeta ed altro editore. StefanoMaldini, classe 1972, è un compagno di vi-ta e poesia. In una sola parola d’amicizia.Anche questo dovremo reimparare. A nonavere paura di dichiarare, gridare, le nostreamicizie e vicinanze, dentro questa epocache ci vorrebbe tutti educatamente distan-ti gli uni dagli altri. Invece no. Maldini èun poeta di confine. La sua parola arrivasempre dopo una perlustrazione lunghis-sima, dopo tempi di silenzio in cui il lavoropoetico è sinonimo di veglia. Pubblica De -serto bianco con un altro editore di cui si par-la sempre troppo poco. Il riminese Raf-faelli Editore. La copertina di Deserto bianco(2020, pagine 68, euro 12) non ha nulla dainvidiare ai libri pubblicati dai grandi co-lossi, anzi. La perlustrazione umana, poilinguistica, di Maldini lavora in perennesottrazione. In questo senso, per chi cono-sce la sua produzione, Deserto bianco è para-digmatico, a partire dal titolo, perché rag-giunge una vetta difficilmente replicabilerispetto alla capacità di ridurre all’essenza,all’osso, la versificazione, sempre più so-spesa e rarefatta. Il risultato è una poesiaaffilatissima, e indimenticabile. «Tuo pa-dre un battito / limpido di vento / nel gol-fo / d’aria della vita».

Ci salverà la vaccinazione di massa,questo è certo, ma per tornare veramente avivere non potremo fare a meno della pa-rola che sa dire questo e tutti gli altri mon-di.

Piero Bigongiari

Lo storico marchio Vallecchiè tornato a nuova vitaHa inaugurato una collanache riproporrà giganti fuoricatalogo che rischiano l’oblio

di GIULIA ALBERICO

A metà strada tra audaci capimilitari e scaltri uomini d’af-fari, i capi delle compagniedi ventura furono protagoni-

sti assoluti, tra fine XIV e prima metàdel XV secolo, dei continui scontri ar-mati che laceravano l’Italia del tempo.I Venturieri (Milano, Piemme, 2021, pa-gine 512, euro 19), come recitail titolo del poderoso lavorodi Carla Maria Russo, prove-nivano talvolta da una nobiltàminore, altrettanto spesso era-no di origini modeste, si trat-tava soprattutto di uominidotati di ambizione, forza eabilità nell’esercizio delle ar-mi. È il caso di Giacomo At-tendolo — Giacomuzzo noto col dimi-nutivo Muzio — che incontriamo nelleprime pagine del romanzo poco piùche un rozzo contadino. Il raccontodi Russo prende le mosse da quandoMuzio, in aperta ostilità con il padre

e insofferente a una vita fatta solo difatica e privazioni, grazie alla suaspregiudicatezza e alla voglia d’avven-tura, lascia Cotignola, piccolo borgonel ravennate, e si arruola come mer-

cenario nelle fila dell’e s e rc i t odi Boldrino da Panicale. Gio-vanissimo guadagna ben pre-sto la stima del più importan-te capitano del tempo, Alberi-co da Barbiano, venturierodella Compagnia di SanGiorgio. Muzio è tenace,sempre pronto ad imbracciarele armi, a spronare i soldati,

chiede a tutti di “sforzarsi”, usa que-sto termine così frequentemente dameritare il soprannome di “Sforza”che diventerà, in seguito, il suo nomelegittimo: Muzio Attendolo Sforza.Con la precisione di un entomologo e

il piglio sicuro della romanziera, Rus-so ci immerge in un affresco storicoavvincente, sempre seguendo l’ascesadi Muzio, capostipite di quella che sa-rà una vera e propria dinastia col fi-glio Francesco marito di Bianca Ma-ria, l’ultima dei Visconti, chiamato afuror di popolo a divenire signore diMilano dopo l’esperienza viscontea ela breve parentesi della RepubblicaAmbrosiana. L’autrice, sempre attentaa una dettagliata documentazione sto-rica, indaga tutti i personaggi, anchecomprimari, nella sfera pubblica e pri-vata, ne mostra senza fare sconti lecrudeltà e il grande mecenatismo ver-so le arti, la natura spesso tracotante esuperba, l’opportunismo politico, maanche le pieghe più nascoste dell’ani-mo come la fedeltà profonda di chicome Cicco Simonetta servì gli Sforza

da segretario impeccabile, l’amore te-nace di una vita come quello di Mu-zio Sforza per Lucia Terzani che nonsposerà ma da cui avrà otto figli, tracui il predestinato a succedergli, Fran-cesco, o il temperamento crudele e ar-rogante di Giangaleazzo, causa primadel dolore e della fine precoce di Do-rotea Gonzaga, vittima del suo sot-trarsi ai patti matrimoniali. E, ancora,la saggezza di Bianca Maria Viscontiche contribuì, alla morte dell’amatoFrancesco, a mantenere il ducato diMilano unito e compatto tanto da po-ter dire con orgoglio al figlio Gianga-leazzo di rientro dalla Francia «viconsegniamo lo Stato nella stessaquiete e integrità che c’era vivendoSua Eccellenza». Un racconto che sisnoda attraverso più di un secolo fat-to di splendori e sangue, di accese ri-valità e grandi uomini, un tempo incui la re a l p o l i t i k determina nozze, al-leanze, tradimenti ma che rese le cortiitaliane l’espressione più fulgida delRinascimento.

di GIULIA GALEOTTI

È una notte del 1992 quan-do una bambina bosnia-ca di 6 anni e sua madrefuggono dalla mattanza

che sta sconvolgendo la loro terra.La meta è la frontiera con l’Italiadove le aspetta il padre, che leporterà a Milano. Inizia così E poisaremo salvi (Milano, Mondadori,2021, pagine 276, euro 18), splen-

dido romanzo d’esordio di Ales-sandra Carati che vedrà quellabambina diventare adulta. In Ita-lia nascerà il fratellino Ibro, e lavita scorrerà tra difficoltà e risulta-ti, tra identità da costruire o ritro-vare. E nulla, proprio nulla, saràfacile.

Come si cresce? Aida è sola, lostrappo obbligato ha scardinatonon solo e non tanto lei, ma i ge-nitori, e così la vita di tutti saràsempre altrove. Altrove rispetto aMilano («“Cosa vi aspettate dal-l’Italia?”. “Di non crepare” ha ri-

sposto Fadil a bruciapelo. Miopadre si è fatto rosso in viso. “Miaspetto di essere trattato come uncittadino” ha detto con i pugnistretti»). Ma altrove anche rispet-to alla terra d’origine. Perché nonha senso un altrove che la guerraha nel frattempo cancellato; per-ché un altrove non può essere unp o’ qui e un po’ là («Eravamo“quelli che tornavano ma non re-stavano”»). Così la famiglia si

consuma, tutti pri-gionieri di qualco-sa che tenta discorticarli vivi —per il padre è larabbia, per la ma-dre la tristezza,per lo zio il vino,per Ibro la malat-tia mentale. PerAida, è il bisognodi avere il dirittodi scegliere, di de-cidere il proprioposto nel mondo.

Un giorno ilsuo bisogno in-contra quello diEmilia, una volon-taria dolce e acco-gliente. Piano pia-no, inesorabilmen-te, Aida ne appro-fitta, divora le

possibilità che la donna e suo ma-rito possono offrirle, andando ol-tre la laurea in medicina («Volevol’autorevolezza che il mestiere dimedico ti può dare»): chiede diessere adottata. «Ho firmato tuttele pratiche alla svelta, quasi senzaguardare. Sarei stata erede unica

di Emilia e Fran-co. Ogni mia scel-ta era mescolatacon i soldi, dall’i-nizio di tutto, e sa-rebbe stato inutiletentare di difen-dermi da questarealtà. Sentivo chemi spettava un ri-sarcimento per lavita che mi eratoccata in sorte enon importava dache parte arrivas-

se, ero pronta a prendermelo senzal’ombra di un senso di colpa». Maè davvero Aida che si approfitta, oè forse la sua seconda casa — inuovi genitori, il Paese — ad ap-profittarsi di lei e del suo biso-gno?

C’è la guerra, nel romanzo diCarati. Quella guerra così vicina anoi, e così subito rimossa, che hapolverizzato un Paese, disintegra-to nuclei («La nostra famiglia spa-rata in aria e dispersa dappertut-to»); che ha ferito anche con laparola («Dopo la guerra, tutte leparole che sembravano serbe era-no prese come una provocazione.[...] Mio padre [...] ogni volta ri-schiava di litigare con qualcuno.“Non voglio usare la lingua perschierarmi”»).

Ma oltre alla guerra, nel roman-zo, ci sono le guerre — continue,

quotidiane — perché essere esulinon è solo questione di terra(«Sentivo di essere separata e laseparazione scavava piano, in si-lenzio, una cavità e in quella cavi-tà cresceva un’altra me, piccola,cieca, senza pelle»).

Crescere è una frattura? Cresce-re è tornare? Perché, anche qui, iritorni possono essere tanti. È intempo, ad esempio, Aida quando,richiamata dal disagio profondodel fratello, torna «nell’altra vi-ta»?

Irrompendo, la schizofrenia pa-ranoide che fa? «Guardavo Ibro enon vedevo il mio adorato fratello,vedevo il disordine pericolosocontro cui avevo pazientementecostruito un muro. (…) Volevarimpastare quello che eravamo equello che eravamo stati. Il suo di-sturbo era la faglia delle nostre vi-te divise tra un qui e un là».

È costruito su un continuo cri-nale, E poi saremo salvi. Fatto di unprima e di un poi, o forse di unprima e di tanti poi. Due terre,due famiglie, due vite, due di-mensioni; la normalità e il disa-gio, la ricerca e la malattia menta-le, il bisogno di risarcimento el’impossibilità di averlo — il cheperò, per qualcuno almeno, po-trebbe non precludere la salvezza.«Mi sono chiesta come si possasopravvivere alla propria vita».Ma la risposta c’è.

Il libro è costruito su un continuo crinaleFatto di un prima e di un poio forse di un prima e di tanti poiDue terre, due famiglie, due dimensioni;la normalità e il disagio,la ricerca e la malattia mentale

Nel romanzo c’è anchela guerra nell’ex Jugoslavia,quella guerra così vicina a noie così subito rimossa

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 venerdì 7 maggio 2021

CITTÀ METROPOLITANA DI NAPOLIESITO DI GARA

Bando SIA 06/2019 Affidamento dei servizi di ingegneria ed archi-tettura per la progettazione definitiva, esecutiva e coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione dei “Lavori di Riqualificazio-ne dello svincolo della Perimetrale di Melito - Scampia con Viale della Resistenza” CIG 8159112837 Importo complessivo appalto euro 218.400,00. Offerte pervenute: 1. Aggiudicatario: RTI STCV srl, con sede legale in C.so V. Emanuele n. 715, Napoli Codice fiscale e P.IVA 04293650638 - Dott. Daniele Cardinale, con sede legale in Via Tempa Pilone, 69 Montesano sulla Marcellana (SA) P.IVA 05496350652, che ha ottenuto un punteggio totale di 95,499 offrendo un ribasso del 35,00%. Determina Dirigenziale di aggiudi-cazione definitiva n. 9086 del 31.12.2020.

IL DIRIGENTE Dott.ssa Anna Capasso

COMUNE DI SANT’AGNELLOBando di gara CIG 8636310C75

La Centrale Unica di Committenza Penisola Sorrentina per conto del Comune di Sant’Agnello indice procedura aperta per il Servizio integrato di igiene urbana, operazione di recupero frazione organica derivante da raccolta differenziata relativa alle varie tipologie di rifiuti interessate dal CER 20.01.08 pres-so impianto autorizzato. Importo: € 990.766.86. Durata: anni tre. Termine per la presentazione delle offerte 10.05.2021 ore 12.00. Apertura: 11.05.2021 ore 12.00.Bando, Capitolato e Allegati sono disponibili su www.comune.sorrento.na.it; www.comune.sant-agnello.na.it; cucpenisolasorrentina.tuttogare.it. Invio GUCE: 31.03.2021.

IL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTOMaresca Antonio

Vaccini per tuttivaccini per i poveri

Il pensiero e l’eredità di Igino Giordani

Una porta spalancatasulla verità

Momenti con un grande testimone cristiano

Quattro incontri

di MARCO TESTI

Leggere Igino Giordani. Uneroe disarmato di Alberto LoPresti (Roma, Città Nuo-va, 2021, pagine 253, euro

17) significa rivivere una stagionecomplessa ma straordinaria, in cui— ed è cosa che accade raramente —etica, fede, politica e privato si com-penetrano in un modo tale da ri-specchiare non solo lo spirito di untempo, ma un insegnamento in gra-do di andare oltre quello stesso tem-po. Perché come scrive il presidentedella Repubblica Sergio Mattarellanella sua prefazione, per Giordani«la fede era una porta spalancatasulla verità e sulla libertà dell’uo -mo».

Il libro di Lo Presti — che si av-vale di testimonianze inedite e diuna postfazione della figlia di Igi-no, Bonizza — ricostruisce infatti ilcammino di un uomo libero. Tan-to libero da scontrarsi con le gerar-chie, quelle fasciste prima, partiti-che, editoriali ed ecclesiali poi, e dirivedere criticamente le propriescelte di fronte alla testimonianzadi figure, come quella di ChiaraLubich, di cui Giordani capì subi-to l’importanza. La necessità diuna fraternità in cui uomini e don-ne potessero vivere senza steccatidi sorta tra consacrati e laici, spo-sati e celibi, in povertà, obbedien-za e castità, come ai primordi delcristianesimo era da sempre den-tro lo scrittore tiburtino. Nei suoistudi sui mistici e sul monachesi-

mo, nel suo romanzo storico, Lacittà murata (1936), nella sua adesio-ne al terz’ordine domenicano du-rante la sua permanenza a NewYork nel 1928, emergeva la neces-sità impellente di vivere comuni-tariamente la fede.

E questo gli costò molto, difronte alle insinuazioni di chi so-spettava che avesse perso la testa

per le “signorine” (Lubich e le suesodali) o che inseguisse derive pe-ricolose (di qui la sua testimonian-za di fronte al Sant’Uffizio nel 1951sul Movimento dei Focolari) e an-che all’interno della stessa fami-glia. Chi immaginasse la “Giorda -nia”, così scherzosamente la chia-mava lui, come un quadretto edifi-cante di gente beatamente sorri-dente e in accordo su ogni cosa,avulsa dall’umano troppo umano,sbaglierebbe di grosso. Le paginein cui si affronta, dall’esterno o pervoce degli stessi figli, il tema di

quella famiglia mostrano un pa-norama ben diverso: persecuzio-ni, problemi ad arrivare alla finedel mese, imbarazzi allorché nac-que la profonda amicizia con Lu-bich, la distanza caratteriale tra luie la moglie Myra, che tra l’a l t roapparteneva a una cospicua fami-glia di Tivoli, mentre Giordani erafiglio di un muratore, sono la pro-va che in quella famiglia non man-carono i rischi della rovina.

Come non mancarono i mo-menti bui per Giordani, non solodurante la persecuzione fascista(Farinacci lo aveva fatto oggettodi “attenzione” per aver aiutato al-cune famiglie ebree a scamparedalle deportazioni) ma anchequando all’interno stesso del mo-vimento in cui era così entusiasti-camente entrato, e che gli avevacambiato la vita, si sentì messo daparte. A questo difficile momentoLo Presti dedica intense pagineche lasciamo al lettore, ma già daquesti episodi si intuisce la pro-fonda partecipazione di Giordania quel ritorno alla comunità origi-naria che lui vedeva come forse lasola possibilità di recuperare ilsenso della fede; quella stessa fedeche lo scrittore intuiva in crisi, nonsolo per gli attacchi che dagli anniTrenta le erano venuti dal neopa-ganesimo nazista o dal materiali-smo marxista: si trattava di unacrisi interna al cristianesimo, col-legata alle ragioni dell’uomo cheintende vivere pienamente una so-cietà in cui la ricerca dell’“in più”,dell’apparire, del piacere in sé eper sé è diventata il vecchio-nuovodio.

È qui il punto fondante della ri-cerca storica — e narrativa, bastipensare alla Città murata — di Gior-dani, che va in due direzioni: le ra-dici originarie, quelle a contattocon il Cristo (e coloro che hannoricercato quelle radici nei secoli avenire) e il medioevo. Non a casodue momenti storici in cui di fron-te al lusso della società colonialeromana e al languido estenuarsinella ricerca di un piacere chesconfinava sempre di più nei terri-tori di Thànatos, si stagliava unanuova concezione: quella di unacomunità che condividesse tutto,dalla Parola al cibo.

Ecco che in Giordani può rav-visarsi il sottile filo rosso dello spi-rito della ricostruzione. Non è uncaso che una parte del patriziatoromano, non solo degli artigiani edel popolo, sia rimasta affascinatada quello che Pasolini avrebbechiamato il sogno di una cosa, siaai tempi del dominio in Palestinanel primo secolo dell’era volgare,sia nel lento declino di quello stes-so impero. Nel sesto secolo Bene-detto aveva camminato nel per-corso dell’ascetismo solitario pri-ma e del cenobitismo poi, comepiù tardi un altro figlio del territo-rio osco-umbro, seicento anni do-p o.

Su questi straordinari esempi di“folli” che paradossalmente sonoalla base non solo della spirituali-tà, ma della stessa civiltà (il mona-chesimo benedettino rigeneròun’economia che era collassata suse stessa) dovette riflettere un uo-mo del secolo breve che però, asua volta, aveva in mente, anzi,nello spirito, qualcosa di altrettan-to radicale e arcaico, teso alle ori-gini stesse del Messaggio: la con-divisione fraterna senza distinzio-ne di sesso, età, livello sociale. Unaltro folle, per i più, che però hareso di nuovo praticabile una stra-da che sembrava perduta nei de-serti della civiltà.

di FRANCESCO PISTOIA

Le pagine intense e limpi-de che Alberto Lo Prestidedica a Igino Giordani.Un eroe disarmato (Città

Nuova, 2021) risvegliano in metanti ricordi, mi riportano agli an-ni del liceo e della Giac, mi invi-tano a ripercorrere, e a riviverecon passione tanti momenti delmio approccio a un grande testi-mone cristiano. Ecco. Associazio-ne Beato Felton, Corigliano (Co-senza). Una piccola bibliotecache i frati minimi alimentano te-nendo conto delle esigenze degli“aspiranti” e del movimento stu-denti e lavoratori. Leggiamogiornali e riviste su cui scrive Igi-no Giordani, vite di santi, libri disociologia. Il primo incontro ècol maestro di giornalismo. Nesiamo innamorati. Vogliamo co-struire un giornalino che ci portifuori… dalla sagrestia. Ci rivol-giamo a lui con ingenuità e glichiediamo d’essere instradati. Elui ci suggerisce di seguire un cor-so di giornalismo per corrispon-denza promosso dall’Azione cat-tolica. Il giornalismo è strumentodi apostolato e di dibattito: oc-corre attrezzarsi, anche linguisti-camente, ed educarsi all’autenti -cità. Il giornale («Noi giovani»)nasce, destinato a percorrere unsuo cammino ricco di entusiasmoanche se accidentato (accuse dieresia per la sua apertura a sini-stra). Un secondo incontro è conlo storico del pensiero sociale cri-stiano. Seguivamo conversazionisettimanali di dottrina socialedella Chiesa: ed ecco Igino Gior-dani. La passione con cui il Ti-burtino scrive sul Messaggio so-

ciale di Gesù, degli apostoli, deipadri trascina. Ci si sente carichidi fervore: si avverte il compito didiffondere i valori del cristianesi-mo sociale. E si è già sulla via del-l’impegno politico, ossia dell’im -pegno per la giustizia sociale eper la crescita della comunità.Terzo incontro. L’agiografo. Levite di santi, beati, servi di Dioche Igino scrive sono un patrimo-nio di storia e di cultura spiritua-le. Il suo capolavoro agiografico(a parte gli scritti dedicati allaMadre di Dio) è Caterina da Siena.Un cuore che incendia dell’amore di Dio.Segue (e non solo per la sua va-lenza letteraria) Francesco di Paola.Un eremita in una reggia. I due santinel loro agire sono spinti da unospirito ardente di riforma dellaChiesa e della società. E Maddale -na di Canossa non è solo un innoalla carità, è — per me — via checonduce a Rosmini. C’è tantaconsonanza tra il sentire di Iginoe lo spirito dei santi. Francesco diPaola: Chi prega agisce bene. Igi-no: Chi agisce bene prega. Fran-cesco accoglie un religioso che looffende. Igino non reagisce all’in -sulto di un giovane del suo parti-to che lo contesta mentre illustrala proposta di legge sull’obbie -zione di coscienza. L’anno dellamia maturità incontro IginoGiordani traduttore e interpretedi Giustino filosofo e martire.Giustino affronta gli intellettualipagani che perseguitano i cristia-ni sul loro terreno, da filosofo.Anche i filosofi greci sono “cri -stiani”. Siamo sulla via del dialo-go tra passato e presente. Un elo-gio della filosofia. Un disegno dasviluppare e portare avanti conv i g o re .

giugno 1822, recentementecommentato da Marco Ra-petti Arrigoni su b re v i a r i u m . e u ,predispose la campagna vac-cinale avendo il Papa «ulti-mamente ordinato l’ino cula-zione del Vajuolo Vaccinone’ suoi Stati». È interessan-te leggere all’inizio del docu-mento queste attualissimeparole dedicate al vaiolo che«malignamente insidia l’uo -mo dal liminare della vita[...] ed infierisce sulla specieumana quasi per distruggerlanel suo nascere. Questo tri-stissimo pensiero ognora av-vivato ed inasprito dalle ripe-tute stragi del morbo avreb-be dovuto persuadere ognipopolo ad abbracciare con ilpiù vivo trasporto e praticarecon pari riconoscenza l’ino -culazione vaccina, metodoquanto semplice altrettantoefficace a rintuzzare la vene-fica forza del malore». Il «te-sto unico vaccinale» promul-gato nello Stato pontificio didue secoli fa definisce il vac-cino un dono di Dio, «unmezzo sì energico messo dal-la divina Provvidenza come adisposizione dell’Amore Pa-terno a salvamento della pro-le in sù l’albore della vitaquando essa più forma l’og -getto delle sue affettuose cu-re, ed in assicurazione dellesperanze della famiglia e del-la patria, era al certo da atten-dersi che superati gli ostacolisi fosse propagato in ogni do-ve colla maggiore rapidità».Anche allora, però, i pregiu-

dizi impedirono di salvare vi-te umane. «Ma pure non fucosì — continua il testo —. Unradicato pregiudizio fu in al-cuni genitori più forte ancoradell’amore stesso della pro-le».

Campagna vaccinalee obblighi per i medici

Su disposizione di PapaPio VII veniva pertanto creatauna Commissione centrale divaccinazione «per la propa-gazione dell’ino culazionevaccina in tutta l’estensionedegli Stati Pontifici», incari-cata di vigilare sull’op eratodei medici vaccinatori «perla buona esecuzione dell’ino -culazione vaccina» e si stabi-livano regole «sulla conser-vazione costante di un depo-sito del virus vaccino sì inRoma, che in tutte le Com-missioni provinciali delloStato». Veniva inoltre istitui-to un Consiglio di vaccina-zione con funzioni consulti-ve, i cui membri erano sceltitra i docenti delle facoltà di

medicina delle università diRoma e di Bologna. Eranoistituite Commissioni pro-vinciali di vaccinazione inogni Legazione, dipendentidalla Commissione centralee con poteri di indirizzo e vi-gilanza, per garantireuna disponibilità di vac-cini sufficiente «a farnegratuitamente la distri-buzione a tutti quei me-dici e chirurghi, che neabbisognassero». Parti-colare attenzione era ri-volta ai bambini, e il de-creto prevedeva unacampagna di inocula-zione negli orfanotrofi.I medici dovevano esse-re o diventare esperti nelvaccinare e non era pre-vista né la possibilità diopporsi né l’imp erizia,al punto che per eserci-tare nello Stato pontifi-cio era indispensabileattestare di essere in grado divaccinare secondo il metododi Jenner: «Fra i requisiti ne-cessarii da presentarsi daiMedici e Chirurghi allorchéaspireranno a qualche con-dotta dovrà esservi un certifi-cato di saper ben conoscereed eseguire tutto ciò che siappartiene all’innesto del Va-juolo Vaccino. [...] Senza talecertificato non si potrà onni-namente conseguire una con-dotta medica o chirurgica».

Incentivi per vaccinarsiLa popolazione era chia-

mata ad aderire alla campa-gna vaccinale, lasciandosi al-le spalle timori e pregiudizi.

E nella legislazioneveniva specificato cheper ottenere sussidi,benefici o premi, eranecessario allegare il«certificato dal qualerisulti che il chiedenteessendo padre di fami-glia ha fatto praticarela vaccinazione». La«riprensibile condot-ta» dei “no vax” dell’e-poca veniva censura-ta, avendo loro rifiuta-to «la vaccinazioneonde preservare lapropria prole, e gli in-dividui della famigliache essi governano».E così, come conse-guenza, perdevano il

posto in graduatoria se ave-vano chiesto sussidi: «in par-rità di meriti saranno pospo-sti a quelli che l’avessero pra-ticata con premura, in ogget-ti dipendenti da Sovrana be-neficenza».

Leone XIIe il Belli “no vax”

Ma l’ambizioso program-ma vaccinale non riuscì a de-collare, a motivo della diffi-coltà a convincere la popola-zione e a superare i pregiudi-zi. Nel settembre 1824 il suc-cessore di Papa Chiaramonti,Leone XII, con una circolarelegatizia abolì l’obbligatorie -tà stabilita due anni prima,affermando che ci si potevavaccinare, sempre gratuita-mente, su base volontaria efacoltativa. A salutare consoddisfazione questa deci-sione un famoso “no vax”,Giovanni Gioacchino Belli,che in un sonetto intitolatoEr linnesto scriveva: «Sia bbe-nedetto li Papa Leoni / e ssinche cce ne sò, Ddio li conzoli

/ c’ha llibberato li nostri fijjo-li / da st’innoccolerie de vor-mijjoni. / Vedi che bell’ideeda framasoni / d’attaccajje pefforza li vaglioli / pe ffajjearisvejjà ll’infantijjoli! / Id-dio scià mmessa la Madre

Natura / su st’affari, coll’ob -brigo prisciso / de mannàcchi jje pare in zepportura».Il Belli attribuiva dunque ai“massoni” l’idea di voler ino-culare il virus del vaiolo e la-mentava il fatto che il vacci-no toglieva spazio al ruolo af-fidato da Dio a Madre Natu-ra e si toglieva a una creatura«la fortuna di guadagnarsi ilPa r a d i s o » !

Il successore di Papa Leo-ne, Gregorio XVI, ridiedenuovo impulso alle campa-gne vaccinali, rimettendo inauge buona parte della legi-slazione di Pio VII e Consalvie istituendo nel 1834 la Con-gregazione speciale di sanità.È Papa Gregorio a disporrela vaccinazione obbligatoriaper i detenuti nelle carceridello Stato pontificio.

Pio IX e i “due pauli”per il richiamo

Con l’elezione di Giovan-ni Maria Mastai Ferretti, l’ul -timo Papa re, l’impegno vac-cinale continua e s’intensifi -cano le campagne per offrirela copertura anti-vaiolo aipiù poveri. A fronte di unriaccendersi dell’epidemia divaiolo, Pio IX nel 1848 pro-mosse una campagna per lavaccinazione con una parti-colare attenzione alle fascepiù disagiate della popola-zione, coinvolgendo le par-rocchie chiamate a fornire inomi dei vaccinandi. PapaMastai, con la notificazionedatata 23 aprile, stabilì ancheun piccolo premio in denaro— due pauli — per coloro che,dopo aver fatto la vaccinazio-ne gratuita, fossero tornatiotto giorni dopo per far veri-ficare ai medici il buon esitodella stessa.

George Peter Alexander Healy «Pio IX»

Jacques-Louis David, «Pio VII»

CO N T I N UA DA PA G I N A 1

L’OSSERVATORE ROMANOvenerdì 7 maggio 2021 pagina 7

Le organizzazioni cristiane sulle politiche europee per l’immigrazione e l’asilo

Per liberarsi dagli errori del passatodi CHARLES DE PECHPEYROU

Nonostante le «buo-ne intenzioni»espresse dallaCommissione eu-

ropea in occasione del lanciodel nuovo Patto sulla migra-zione e l’asilo nel settembre2020, presentato allora comeun nuovo inizio per la gestio-ne dei flussi migratori nel Vec-chio continente, molte propo-ste contenute nel testo ricor-dano, «in tanti aspetti, le poli-tiche del passato, con i loro di-fetti», e per questo vanno ana-lizzate con cura, controllandose sono davvero nuove, valu-tando in che misura rispettinoi diritti umani e come affronta-no le attuali irregolarità nel-l’ambito dell’asilo e della mi-grazione. È quanto ritengononumerose organizzazioni cri-stiane, tra cui la Commissionedelle conferenze episcopalidella Comunità europea (Co-mece), la Comunità di Sant’E-gidio, il Jesuit refugee service,l’International catholic migra-tion commission (Icmc) Euro-pe, la Commissione delleChiese per i migranti in Euro-pa (Ccme), Eurodiaconia eancora Don Bosco Internatio-nal. Allo stesso tempo, questeistituzioni emettono ancheuna serie di raccomandazionispecifiche in diversi settori.Riguardano la gestione e il fi-nanziamento dell’asilo e dellamigrazione, i controlli antece-denti all’ingresso in un paesedi accoglienza e le procedurealle frontiere, le politiche dirimpatrio, la cooperazionecon i paesi terzi, nonché laquestione della criminalizza-zione delle operazioni di ricer-ca e delle missioni di salvatag-gio in mare.

Nel loro commento, le or-ganizzazioni cristiane manife-stano preoccupazione in meri-to «al rispetto del diritto fon-damentale e internazionale eall’efficacia nel fornire prote-zione immediata a chi ne habisogno». «Sfortunatamente— deplorano — le propostesembrano ancora essere condi-zionate dal presupposto cheall’interno dei flussi migratorimisti verso Europa, la maggiorparte delle persone non abbiadiritto alla protezione». Al-trettanto inquietante è il fattoche nel Patto si ritenga chesoltanto un terzo delle perso-ne che arrivano in Europahanno diritto ad una protezio-ne internazionale. Una affer-mazione, insistono le organiz-zazioni cristiane, che «potreb-be mettere a repentaglio ilprincipio della valutazione in-dividuale di ogni singola si-tuazione». Ecco perché unaparticolare attenzione va ga-

rantita ai molti candidati che,provenienti da gruppi specifici(negli ultimi anni, ad esempio,i cittadini siriani o afgani),hanno bisogno di una prote-zione riconosciuta da tribunaliindipendenti dal punto di vi-sta organizzativo e politico,che del resto «spesso criticanola qualità delle decisioni presein un primo tempo».

Successivamente la Comecee i suoi partner europei chie-dono che sia posta «una mag-gior attenzione sull’asilo comediritto individuale» e sulla

«responsabilità» comune deipaesi. Notano poi «alcuni mi-glioramenti lodevoli per quan-to riguarda i legami familiari— che ora includono le perso-ne con cui si è creato un lega-me dopo aver lasciato il paesedi origine». Inoltre, il posses-so di un diploma o di un titolorilasciato da un istituto scola-stico di uno Stato europeo «èstato giustamente introdottocome criterio di individuazio-ne dello Stato responsabile».Tuttavia, deplorano, alcunecorrezioni previste ai regola-

menti di Dublino non sonostate portate a termine, comeinvece era stato annunciato, enella maggior parte dei casi loStato membro responsabile ri-mane il primo paese di entra-ta.

Da parte sua, la Comece siera già espressa sul tema dellemigrazioni in una dichiarazio-ne rilasciata a metà dicembre,nella quale augurava che ilprocesso di negoziazione delPatto europeo mantenesse«quei punti che pongono l’uo-mo, la dignità umana e il benecomune al centro delle politi-che di migrazione e di asilo» eche affrontasse «alcune di-sfunzioni del sistema attuale,per esempio le indecorosecondizioni di accoglienza deimigranti». Il Patto «deve pro-muovere un contesto di acco-glienza e un approccio equo egiusto nei confronti dei biso-gnosi», affermava ancora laComece, poiché, come ha det-to Papa Francesco nella sua«Lettera sull’Europa» dell’ot-tobre scorso, «si tratta di sce-gliere fra un modello di vitache scarta uomini e cose e unoinclusivo che valorizza il crea-to e le creature».

C re a t i v i t àdel Mistero

versa nel loro territorio, men-tre alla popolarissima vergi-ne cubana del Cobre, se neaggiunge una seconda, dettadell’Exílio, che prima di rag-giungere la destinazione fi-nale in terra statunitense sta-ziona, chissà perché, nel-l’ambasciata d’Italia a L’A-vana.

E che dire della patronadel Venezuela, che apparve aun indio così impaurito dallamanifestazione divina cheper tutta risposta tentò di in-filzarla a colpi di freccia! Ellasi dileguò lasciando in manoallo sconcertato cacicco unapiccola pergamena con lapropria immagine come se sitrattasse di un moderno bi-glietto da visita.

Le Madonne dei paesidelle Ande svettano nei san-tuari ad alta quota, circonda-te da pellegrini e condor. Lavergine colombiana di Chi-quinquirá, dipinta su unarazzo di cotone di fatturaindigena, si autorestaura do-po essere stata abbandonataalle inclemenze del tempo.Ai suoi piedi si inginocchieràil liberatore d’America inpersona, Simón Bolívar, chene porterà le insegne nellebattaglie per l’indip endenzalatino-americana.

Le Madonne guerriereforgiano la storia delle nazio-ni del continente. In testa laboliviana detta Urqupiña,impressa sugli scapolari disoldati e comandanti nellecampagne militari per l’e-mancipazione. La Madonnacilena del Carmen, importa-ta dalla Spagna dai frati diSant’Agostino, ha una tradi-zione militare non minoredella sua omologa bolivianase si considera che San Mar-tín in carne ed ossa la onoròcon il titolo di Patrona delEjército de los Andes; men-tre Bernardo O’Higgins, al-tro onorato generale di eser-citi liberatori la denominòPatrona y Generala de lasArmas Chilenas alla vigiliadella celebre battaglia diChacabuco, decisiva per lesorti della incipiente nazio-ne.

E che dire delle Madonnecaparbie, quelle che il postodove essere onorate se lo so-no scelte da sole, facendositrovare in un punto determi-nato e resistendo ai tentatividi essere sloggiate, talvoltadisposti dalle stesse autoritàecclesiastiche! Per dissuaderechi la voleva trasferire in al-tro loco la piccola immaginedella Madonna del Chapí, inPerú, divenne così pesanteche fu impossibile rimuover-la da dove si era piantata. Ilmiracolo della sua ostinazio-ne si diffuse per tutta la re-gione ispirando i pellegriniche da allora percorrono lun-ghe distanze per terreni im-pervi, disseminando lungo ilcammino delle pietre di di-verse dimensioni per allegge-rirsi simbolicamente del pec-cato che li opprime.

Nel sud dell’America Lati-na, nelle pampas argentine,si racconta che il carro chetrasportava la Madonna ver-so la sua vera destinazione sipiantò in un punto del cam-mino e i buoi non ne vollerosapere di proseguire verso la

meta stabilita. Spostata piùvolte ritornò sempre nellostesso posto, nelle vicinanzedel villaggio argentino diLuján, che da allora vennechiamato il luogo del mira-colo.

Al di là dei confini del-l’Argentina, intanto, nel vici-no Paraguay, un indio corre-va a perdifiato per nascon-dersi dagli inseguitori di unatribù rivale. Si occultò dietroun tronco caduto ed ebbe so-lo il tempo di promettere chel’avrebbe intagliato con l’im-magine della Madonna sefosse riuscito a passare inos-servato ai suoi persecutori. Ecosì avvenne, l’indio poté ri-tornare sui suoi passi sano esalvo e mantenne la promes-sa che aveva fatto.

La singolarità della Ma-donna dell’Uruguay, dettadei Treinta y Tres, è quella dinon averne alcuna. La suapopolarità, infatti, non è le-gata ad avvenimenti straordi-nari, né a segnali che tra-scendessero l’ordine naturaledelle cose. Solo la “fortuita”coincidenza di trovarsi nelmomento giusto — l’atto so-lenne della dichiarazioned’indipendenza — nel postogiusto: la fattoria scelta daipatrioti per celebrare il rela-tivo congresso sanzionato-rio.

Tutte Madonne dolorosequelle dell’America Latina,nell’aspetto e/o nel nome,partecipi della condizionesofferente delle popolazioniche si sono date il compito diproteggere, e che proprio perquesto, il popolo più umilesente connaturali alla pro-pria condizione di precarietàsulla terra.

L’indigeno, il popolano, ilderelitto, sono i privilegiatidelle manifestazioni dellaMadre di Dio in terra latino-americana, sia esso contadi-no, pescatore, bracciante, o ilpiù celebre Juan DiegoCuauhtlatoatzin, l’indio dal-la genealogia náhualtl, ar-chetipo di tutti gli umiliatidel continente. L’evento por-tentoso che ha fatto le fortu-ne della patrona dell’A rg e n -tina, è stato presenziato dauno schiavo afrobrasiliano,mentre la Madonna bolivia-na dagli inconfondibili trattiindigeni, è stata intagliata daun discendente inca di benpoveri natali.

La famosa Aparecida delvicino Brasile venne “p esca-ta” da tre umili pescatori sulfiume Paraiba; la Señora deSuyapa, patrona dell’Hon-duras, si è fatta incontrare daun giovane e povero brac-ciante. Fedele alla regola, an-che la madonna di Caacupéè opera di un indio della stir-pe guaranì dai poverissiminatali, come quella bolivia-na.

Tutte sono Madonne ma-dri, infinitamente madri,completamente madri che sicomportano come tali, e co-me tali sono sentite dal po-polo delle villas che le onorainvocandole. E tutte, quasisenza eccezione, portano inbraccio il figlio di Dio, loprotendono teneramenteverso il v i l l e ro , esprimendo lavicinanza di un potere final-mente equanime, redentore ecapace di giustizia vera inquesto mondo e nell’aldilà.

CO N T I N UA DA PA G I N A 1

Monsignor Basil Bhuriya, ve-scovo verbita di Jhabua, in In-dia, è morto nel pomeriggio digiovedì 6 maggio, all’età di ses-santacinque anni. Il compian-to presule era infatti nato l’8marzo 1956 a Panchjui, diocesidi Jhabua. Ordinato sacerdotedella Società del Divin Verboil 5 maggio 1986, il 18 luglio2015 era stato eletto alla Sederesidenziale di Jhabua e il suc-cessivo 10 ottobre aveva ricevu-to l’ordinazione episcopale.

Lutto nell’episcopato

NOSTRE INFORMAZIONIIl Santo Padre ha ricevuto questa matti-na in udienza le Loro Eccellenze i Mon-signori:

— Christophe Z. El-Kassis, Arcive-scovo titolare di Roselle, Nunzio Apo-stolico in Pakistan;

— Angelo Accattino, Arcivescovo ti-tolare di Sabiona, Nunzio Apostolico inBolivia;

— Giuseppe Fiorini Morosini, Arci-vescovo emerito di Reggio Calabria -Bova (Italia);

— Giancarlo Vecerrica, Vescovo eme-rito di Fabriano-Matelica (Italia).

Il Santo Padre ha accettato la rinun-cia all’ufficio di Ausiliare dell’A rc i d i o -cesi Metropolitana di Birmingham (In-ghilterra), presentata da Sua EccellenzaMonsignor William Kenney, C.P., Ve-

scovo titolare di Midica.

Provvista di Chiesa

Il Santo Padre ha nominato Vescovodi Cerreto Sannita - Telese - Sant’Agatade’ Goti (Italia) il Reverendo Monsi-gnore Giuseppe Mazzafaro, del clerodell’Arcidiocesi Metropolitana di Na-poli, Amministratore Parrocchiale diSan Gennaro all’Olmo e Consulente delConsiglio Episcopale dell’Arcidio cesi.

Il Santo Padre ha nominato MembroOrdinario della Pontificia Accademiadelle Scienze Sociali l’Illustrissimo Pro-fessore Fabio Ferrucci, Docente di So-ciologia presso l’Università degli Studidel Molise (Italia).

Nuovo membrodella Pontificia

Accademiadelle scienze sociali

Fabio FerrucciNato a Mirano, Venezia, il 25 ottobre1963, dopo essersi laureato in Scienze po-litiche presso l’Università di Perugia haconseguito il dottorato in Sociologia ePolitiche sociali in quella di Bologna. Èdocente di Sociologia dei processi cultu-rali e direttore del dipartimento di Scien-ze umanistiche, sociali e della formazionepresso l’Università del Molise. È membrodel collegio di Dottorato di ricerca inter-nazionale in Social Work and PersonalSocial Services presso l’Università catto-lica di Milano. Fa parte di comitati scien-tifici di varie riviste e collane editoriali. Isuoi principali ambiti di studio sono lafamiglia, il terzo settore e le politiche so-ciali, temi sui quali ha pubblicato nume-rosi contributi. In particolare si occupadelle politiche di inclusione delle personecon disabilità in contesti lavorativi ededucativi. Dal 2018 fa parte del consigliodirettivo della Conferenza nazionale uni-versitaria dei delegati dei rettori per la di-sabilità.

Giuseppe Mazzafaro, vescovo di CerretoSannita - Telese - Sant’Agata de’ Goti

Nato l’11 febbraio 1955 a Napoli, terminate lescuole superiori ha lavorato come agente dicommercio per un ventennio; nel frattempo,frequentando la Comunità di Sant’Egidio ele sue iniziative di carità, ha maturato la scel-ta vocazionale. Dal 1995 al 2000 si è prepa-rato al sacerdozio nel seminario arcivescoviledi Napoli, ricevendo l’ordinazione presbitera-le l’11 ottobre 2000. Vicario parrocchiale dellabasilica napoletana di Santa Maria di Puglia-no (2000-2005); parroco di Santa Caterina aErcolano (2005-2010) e di Santa Maria deiMiracoli nel capoluogo campano (2010-2014),dal 2000 è stato responsabile regionale e perla formazione giovanile delle Comunità diSant’Egidio; dal 2011 segretario particolaredell’arcivescovo di Napoli, collaboratore nel-le attività caritative dell’arcidiocesi metropo-litana, presidente del comitato di assistenzadelle istituzioni religiose, responsabile delservizio ai senza fissa dimora e dal 2019 pre-lato della cappella del Tesoro di san Genna-ro. Fino ad ora è stato amministratore par-rocchiale di San Gennaro all’Olmo, a Napo-li, membro del consiglio presbiterale e consu-lente del consiglio episcopale dell’arcidio ce-si.

Nomina episcopalein Italia

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 venerdì 7 maggio 2021

Riunione online

Riforma e pandemiaall’esame del Consiglio

di cardinali

Il giuramento di 34 nuove Guardie svizzere

Coraggio e fiduciaper costruire il futuro

Messa presieduta dal cardinale Czerny nell’anniversario della morte dell’eroico primate d’Ungheria

L’attualità dell’esempio di József Mindszenty

Ha discusso la metodologia di lavoro che dovràessere implementata per la revisione e correzionedi alcuni testi normativi a seguito della futuraentrata in vigore della prossima costituzioneapostolica — così come delle ulteriori prospettiveaperte dal testo in elaborazione — il Consiglio dicardinali incontratosi nel pomeriggio di ieri, gio-vedì 6 maggio. Lo ha comunicato nella stessa se-rata la Sala stampa della Santa Sede, precisandoche l’organismo si è riunito online alle 16 per viadella situazione sanitaria.

Dai rispettivi Paesi di residenza si sono colle-gati i cardinali Óscar Andrés Rodríguez Mara-diaga, salesiano; Reinhard Marx; Seán PatrickO’Malley, cappuccino; Oswald Gracias; FridolinAmbongo Besungu, cappuccino. Dal Vaticano sisono connessi i cardinali Pietro Parolin e Giu-seppe Bertello e il vescovo Marco Mellino, se-gretario del Consiglio. Papa Francesco ha segui-to i lavori, collegandosi da Casa Santa Marta.

Dopo il saluto del Pontefice, sono stati di-scussi alcuni temi di ordine corrente, ciascunporporato descrivendo anche la situazione dellapropria regione, le conseguenze economiche esociali della pandemia da covid-19 e l’imp egnodella Chiesa a favore della salute, della ripresaeconomica e del sostegno offerto ai più bisogno-si.

Le precedenti riunioni del Pontefice con i car-dinali che lo aiutano nel governo della Chiesa enella riforma della Curia romana si erano svoltenei giorni: 1-3 ottobre e 3-5 dicembre 2013; 17-19febbraio, 27-30 aprile, 1-4 luglio, 15-17 settembree 9-11 dicembre 2014; 9-11 febbraio, 13-15 aprile,8-10 giugno, 14-16 settembre e 10-12 dicembre2015; 8-9 febbraio, 11-13 aprile, 6-8 giugno, 12-14settembre e 12-14 dicembre 2016; 13-15 febbraio,24-26 aprile, 12-14 giugno, 11-13 settembre e 11-13dicembre 2017; 26-28 febbraio, 23-25 aprile, 11-13giugno, 10-12 settembre e 10-12 dicembre 2018;18-20 febbraio, 8-10 aprile, 25-27 giugno, 17-19settembre e 3-5 dicembre 2019.

Interrotti a febbraio 2020 proprio a causa del-le misure volte a contrastare il contagio da co-ronavirus, gli incontri erano ripresi con la nuovaformula di un solo giorno e via internet il 13 ot-tobre dello stesso anno, proseguendo poi il 1° di-cembre 2020.

Il prossimo appuntamento è fissato per il me-se di giugno.

Ancora una volta è stata la pan-demia a dettare l’agenda del giu-ramento delle nuove reclute del-la Guardia svizzera pontificia.Infatti, a causa delle restrizioniper il contenimento del covid-19,la cerimonia — tenutasi, come datradizione, nel cortile di San Da-maso in Vaticano — si è svoltacon una ridotta presenza di per-sone. Vi hanno preso parte solol’arcivescovo Edgar Peña Parra,sostituto della Segreteria di Sta-to, che la presiedeva, gli strettifamiliari delle nuove reclute e irappresentanti ufficiali dellaChiesa e della Confederazioneelvetica. Per tutti gli altri c’è sta-ta la diretta in streaming. Ciònon ha impedito che anche ieri

pomeriggio, giovedì 6 maggio,sia risuonato il giuramento di 34giovani che hanno promesso fe-deltà al Papa e alla Chiesa, nellostesso giorno in cui si ricorda ilsacrificio di 147 militi uccisi nel1527 per difendere la vita delPontefice.

Un giuramento è qualcosa diimportante e coinvolge intera-mente l’esistenza, ha sottolinea-to il cappellano del Corpo, donThomas Wiedmer. Questo ge-sto, ha spiegato rivolgendosi alleGuardie, «non è semplicementeuna vuota formula da ripetere,perché state prendendo Diostesso a testimone. Il vostro giu-ramento, quindi, è esso stessoun atto di venerazione a Dio»,

un atto di fede.Purtroppo, è statala sua constatazio-ne, nel mondo enella società odier-ni Dio, «la sua Pa-rola trasmessa a noie i suoi comanda-menti, rischianocontinuamente diessere dimenticati».È, quindi, impor-tante, la testimo-nianza di fede dellereclute, «in questotempo di pandemiache necessariamen-te costringe a chie-derci ciò che davve-ro conti nella vita»,affinché l’uomomoderno possa«essere ricondottonuovamente aDio». La formulache le guardie sonochiamate a ripetere«non può essereespressione di uncapriccio del mo-

mento, ma una promessa solen-ne a cui aderire con perseveran-za». Con questo gesto, gli ala-bardieri infatti affermano «l’esi-stenza di valori importanti per iquali vale la pena di lottare, per-severare e, se necessario, soffri-re». Anche i martiri, ha ricorda-to il cappellano, «ne erano con-vinti, perché non hanno rinun-ciato alla loro fede e al loroamore per Cristo». Pertanto,con il giuramento si affermal’impegno di rimanere fedeli esaldi «nel rappresentare e viverevalori universali e quindi di darefrutti anche per il bene della so-cietà».

Da parte sua, il comandanteChristoph Graf ha parlato dellarealtà attuale e delle esigenze delCorpo militare, sottolineandoche esso ha bisogno ogni anno«di circa 35 nuove guardie perpoter garantire un effettivo com-pleto di 135 uomini». Grazie auna campagna di reclutamentosu vasta scala, ha spiegato, «sia-mo riusciti a suscitare l’i n t e re s s edi giovani svizzeri». Tuttavia, hafatto notare, «al giorno d’oggi latradizione non basta più come

argomento». Il comando «ha ilcompito di preoccuparsi dell’av-venire e della crescita futura delCorpo»: pertanto, mantenere vi-va questa realtà significa «ade-guare continuamente la Guardiaalla situazione attuale»; metterea disposizione dei militi «mate-riale moderno e adeguato, indi-spensabile per svolgere bene ilproprio servizio; fornire loro unasolida preparazione di base euna valida e interessante forma-zione e specializzazione». Maserve inoltre «indicare una soli-da prospettiva per il futuro;creare i presupposti, anche fi-nanziari, per rendere interessan-te la permanenza presso di noi;mettere a loro disposizione unalloggio che corrisponda alleesigenze attuali di spazio, como-dità e sicurezza».

La convinzione di essere alposto giusto e l’ottimismo di po-ter raggiungere insieme unobiettivo «sono i presuppostiper continuare a svolgere in mo-do responsabile il compito affi-dato alla Guardia svizzera pon-tificia al momento della sua fon-dazione nel 1506, ovvero vegliaresulla sicurezza del Santo Pa-dre». Ma, ha sottolineato il co-mandante, «la buona volontà dasola non basta. Dipendiamo dalsostegno e dall'incoraggiamentoda parte dei nostri superiori edel nostro Paese».

Graf ha poi invitato a riflette-re sull’anno dedicato a san Giu-seppe, proclamato da PapaFrancesco. Dai Vangeli, ha det-to, «apprendiamo poco di lui.Non ci è stata tramandata nessu-na parola di questo umile e di-screto carpentiere». Ma quel po-co che sappiamo «non ci fa pen-sare a un uomo di molte parole,bensì a un uomo dell’ascolto,delle decisioni e dell’azione sin-cero, affidabile e integro». Unuomo che, «a dispetto di ognipaura e di ogni dubbio, facevacon coraggio e totale fiducia inDio tutto ciò che gli veniva chie-sto». Ciò vale, ha concluso, «piùdi mille parole». Occorre, per-ciò, lasciarsi «ispirare ogni gior-no da san Giuseppe», facendoproprie le sue «qualità, ma so-prattutto la sua salda fiducia inD io».

Alla cerimonia hanno parteci-pato alcune autorità svizzere, trale quali, il presidente della Con-federazione elvetica Guy Parme-lin, il presidente del Consiglionazionale, Andreas Aebi, e ilpresidente del Consiglio degliStati, Alex Kuprecht. L’e s e rc i t osvizzero era rappresentato dal-l’alto ufficiale superiore RolandFavre, mentre la Conferenza epi-scopale dall’ausiliare di Losan-na, Ginevra e Friburgo, il vesco-vo Alain De Raemy, già cappel-lano della Guardia svizzera.

L’attualità dell’esempio del cardinaleJózsef Mindszenty (1872-1975), che«ha incarnato l’intero dramma delpopolo ungherese», è stata rilanciatadal porporato gesuita Michael Czer-ny durante la messa presieduta giove-dì pomeriggio, 6 maggio, nell’anni-versario della morte dell’eroico arci-vescovo di Esztergom.

Organizzata dall’ambasciatad’Ungheria presso la Santa Sede, dalPontificio Istitutoecclesiastico unghe-rese, dalla Fondazio-ne di Santo Stefanod’Ungheria, dal Pon-tificio Collegio ger-manico-ungarico edalla comunità degliungheresi residenti aRoma, la celebrazio-ne si è svolta nellachiesa di Santo Ste-fano al Monte Celio,di cui Mindszenty fucardinale titolare.

Rievocandone la«figura coraggiosa,onesta e vera», che«la repressione e lapersecuzione nonannientarono», ilsotto-segretario della Sezione mi-granti e rifugiati del Dicastero per ilservizio dello sviluppo umano inte-grale ha rimarcato le «sfide analo-ghe» che dobbiamo affrontare oggi:

«Vi sono molti regimi che mostranotendenze totalitarie — ha denunciato— e sopprimono le libertà. Milioni dipersone cercano rifugio dalla guerra,dalla povertà e dal degrado ambien-tale, mentre le voci che si alzano perinvocare dignità e libertà vengonozittite con fredda violenza». Ma, haassicurato, davanti alle «disugua-glianze e divisioni» che «persistononella società, l’odierno successore di

san Pietro invita il mondo a resisterealla tentazione naturale di difendereil proprio “noi” e ad aspirare, invece,a un noi sempre più grande», ha aggiuntocitando il tema del messaggio di Pa-

pa Francesco per la prossima Giorna-ta mondiale del migrante e del rifu-giato, che lo stesso cardinale Czernyaveva presentato alla stampa in mat-tinata.

Un’esperienza, quella della migra-zione, che il porporato gesuita havissuto sulla propria pelle e che ha ri-cordato nell’omelia: «Nel 1948, i mieigenitori, mio fratello minore e io fug-gimmo dalla Cecoslovacchia in Ca-

nada». Nella nazionenordamericana, haraccontato, «i nostricontatti furono princi-palmente con altri ri-fugiati del secondodopoguerra prove-nienti dai Paesi deva-stati dell’Europa». E,ha aggiunto, «il passa-to traumatico vissutoci accompagnò nelnuovo mondo, defi-nendoci, a volte, sullascorta delle paure cheavevamo», al puntoche — ha spiegato a ti-tolo di esempio — «imiei genitori mangia-vano in maniera ecces-siva, perché temevano

che un altro disastro potesse far rivi-vere loro la fame». Si viveva in unclima di «paura palpabile. La gentecostruiva rifugi antiaerei negli scanti-nati e li riforniva di provviste nel ca-

so scoppiasse una guerra nucleare.Tuttavia, gli anni Cinquanta segnaro-no un periodo di ripresa economicaper l’Occidente» e «si percepivanosegnali che facevano sperare perfinoin una nuova libertà nei Paesi delblocco comunista, una fiamma glo-riosa e promettente che arse per alcu-ne settimane durante la rivoluzioneungherese dell’ottobre 1956», che eb-be tra i protagonisti proprio il cardi-nale Mindszenty, di cui Papa Bergo-glio ha riconosciuto le virtù eroichedichiarandone la venerabilità nel feb-braio 2019. «Forte — ha spiegatoCzerny — fu l’impatto che questo av-venimento ebbe sul mondo intero. Acasa nostra visse per sei mesi un rifu-giato ungherese, “Buba”. Il ragazzi-no di dieci anni che ero, rimase col-pito dal coraggio dei rivoluzionari.Ero inorridito dalla crudeltà con cuifu attuata la repressione». Lo stessoprimate d’Ungheria «era stato con-dannato all’ergastolo nel 1949, perpoi essere liberato e, in seguito,quando l’auspicato sostegno dall’e-sterno non arrivò», fu «costretto a ri-fugiarsi presso l’ambasciata degli Sta-ti Uniti». Eppure, ha concluso il ce-lebrante, il cardinale Mindszenty«non si preoccupò delle minacce, maattinse alla sua forza interiore umana,culturale e spirituale per restare libe-ro, fedele alla sua chiamata e alla suamissione, per continuare a crescere ea evangelizzare».