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2011 QUADERNI DI STORIA RELIGIOSA Fratres de familia Gli insediamenti dell’Osservanza minoritica nella penisola italiana (sec. XIV-XV) a cura di Letizia Pellegrini e Gian Maria Varanini

Dalla città al villaggio: aspetti dell’insediamento dei Minori osservanti nella diocesi di Como (secolo XV-inizio secolo XVI)

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2011q u a d e r n i d i s t o r i a r e l i g i o s a

Fratres de familiagli insediamenti dell’osservanza minoriticanella penisola italiana (sec. XiV-XV)

a cura di letizia Pellegrini e gian Maria Varanini

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Il territorio della diocesi di Como costituisce un punto di osservazio-ne integrativo sulle dinamiche che sostennero i fratres de observantia San-cti Francisci nella fase più tarda della loro diffusione entro la compagine del ducato di Milano.

Dopo la fondazione del convento cittadino di Santa Croce a Como attorno al 1440, la presenza dei Minori osservanti nella regione si con-solidò infatti solo nell’ultimo ventennio del Quattrocento, quando in rapida successione furono poste le fondamenta dei conventi di Bellinzo-na (1480), di Cermenate (1493) e di Lugano (1499); questa geografia sarebbe rimasta invariata fino alla prima metà del Seicento, quando gli Osservanti riformati si stabilirono a Dongo (1607), ad Azzio in Valcu-via (1608) e a Traona (1664)1, toccando con quest’ultima fondazione un territorio – la Valtellina – fino all’inizio del Seicento impermeabile all’ordine e, più in generale, ai Mendicanti2. Queste pagine intendono delineare i tempi e le circostanze che concorsero a disegnare questa map-pa, ma qui in sede preliminare è opportuno rilevare alcuni elementi di ordine generale che caratterizzarono tali assetti.

Analogamente all’insediamento dei Minori alla fine degli anni Venti del Duecento3, anche il radicamento di comunità di frati de observantia sembra essersi ancorato all’asse viario che da Milano muoveva verso la Francia, i territori elvetici e la Germania meridionale snodandosi attra-verso Saronno, Varese, l’alto Ticino e il valico del Gottardo, con l’itine-rario alternativo compreso tra Monza e Como4. In secondo luogo, diver-samente da quanto evidenziato dalla mappa delle fondazioni nel contado milanese, nella diocesi lariana i religiosi impiantarono i loro conventi in

Dalla città al villaggio: aspetti dell’insediamentodei Minori osservanti nella diocesi di Como(secolo xv - inizio secolo xvi)Elisabetta Canobbio

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centri di taglia modesta, in connessione a una gerarchia insediativa che, al di sotto di una sede vescovile di media grandezza5, era imperniata su pochi centri qualificati dal titolo di burgi (ma di non cospicua consisten-za demografica) e, soprattutto, su villaggi rurali frequentemente articola-ti in frazioni e contrade6. Infine, la ricostruzione degli assetti religiosi, so-ciali e politici che sollecitarono e corroborarono la presenza dei frati nel Comasco presenta numerosi elementi di incertezza a causa del quadro documentario molto compromesso dalla dispersione degli archivi con-ventuali: una lacuna cui solo in minima parte, almeno per il momento, possono sopperire le scritture prodotte dagli organi di governo di città e borghi e la documentazione notarile7. È dunque alla tradizione erudita dell’ordine che occorre principalmente far riferimento per evidenziare, al di là di qualche anacronismo e degli stereotipi propri del genere, gli elementi utili almeno ad abbozzare il sistema di relazioni nel quale gli Osservanti si introdussero8.

1. Gli esordi: la fondazione di Santa Croce extra muros Cumarum

Allo stato attuale delle indagini il primo riscontro documentario della stabile presenza dei frati in città è costituito dalla promozione al sud-diaconato, nel dicembre 1444, di Antonio Mandelli, ordinis Minorum conventus Sancte Crucis de la Buschalia Cumarum9, ma le cronache del-l’ordine anticipano di un decennio la fondazione del convento.

L’insediamento dei religiosi sarebbe stato infatti propiziato dalla de-vozione di Giovanna, Fiorbellina, Lucia ed Elisabetta Rusca, sorelle ed eredi del signore di Locarno Giovanni, che nel 1434 destinarono al-la costruzione di un convento osservante alcuni terreni siti presso una chiesa nei sobborghi della città10 – quaedam vetusta aedes, quae Sancte Crucis apud Boscaliam vocabatur 11 –, attestata almeno dallo scorcio del XIV secolo e secondo alcuni cronisti meta prediletta da Bernardino da Siena per le sue meditazioni durante i soggiorni a Como12. Il legame tra Santa Croce e i Rusca è menzionato anche dalla cronaca di Benvenuto Silvola da Milano, che però colloca la donazione entro le complesse vicende dell’eredità di Giovanni, nel 1434 assegnata da Filippo Maria

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Visconti a Luigi Sanseverino per contenere le ambizioni di una tra le più parentele eminenti dell’irrequieto panorama signorile comasco13. Secondo il cronista fu il Sanseverino, uno tra i più validi uomini d’ar-me del duca, a offrire ai frati una porzione delle proprietà di Giovanni ubicate a Como, ma la donazione fu perfezionata solo tra il 1440 e il 1471, quando le Rusca e i nipoti di Giovanni rinunciarono alle rispet-tive quote di eredità. Le sopravvivenze archivistiche non supportano in alcun modo i circostanziati riferimenti documentari con cui il Silvola corroborò la propria narrazione – sostanzialmente accolta da altre cro-nache dell’ordine e dalla erudizione cittadina14 – ma quanto è dato di conoscere circa l’eredità del Rusca offre qualche riscontro alle parole del frate-cronista: nella infeudazione al Sanseverino del 1438 e nelle più tarde divisioni patrimoniali tra i successori del Rusca, il locus de la Boschallia in plebe Sancti Fidelis Cumarum risulta essere effettivamente una delle zone di radicamento patrimoniale del ramo locarnese della parentela15, così come nel 1440 Filippo Maria Visconti confermò una divisione di beni ubicati in città tra il Sanseverino e Franchino Rusca, fratello di Giovanni, che plausibilmente potrebbe aver preceduto la do-nazione agli Osservanti16. Al di là delle incertezze cronologiche e della presumibile sovrapposizione di riferimenti documentari, ciò che nelle narrazioni sei-settecentesche connota l’arrivo dei Minori osservanti a Como è comunque il raccordo privilegiato istituito con notabiles perso-nae: un elemento che, come è stato rimarcato, costituiva «lo zoccolo du-ro dell’esistenza dei frati e dei conventi»17 e che, nella sua declinazione lariana, fu contrassegnato anche nel secondo cinquantennio del secolo da significative scelte esistenziali e manifestazioni di pietà da parte dei primi, potenti referenti dei frati. Memorie di famiglia ed erudizione dell’ordine, in particolare, diedero risalto alla figura di Vincenzo Rusca di Giovanni – che dopo aver rinunciato alla contea di Lugano entrò in Santa Croce agli inizi degli anni Quaranta e presso il convento si spense in fama di santità vent’anni più tardi – e a quella di Loterio, che nel 1464, prima di vestire l’abito dei Predicatori, donò alcuni terreni a Santa Croce insieme ai fratelli Giovanni e Pietro; nella seconda metà del Quattrocento, infine, nella chiesa del convento comasco eresse una cappella Pietro Rusca, figlio di Franchino, che presso il sacello celebrò

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anche la madre Beatrice Casati Rusca, terziaria francescana morta in odore di santità e sepolta nella chiesa di Sant’Angelo in Milano – altro convento legato alla memoria della famiglia18.

Sostanzialmente oscuro è anche l’avvio del cantiere, che è variamen-te datato tra il 1435 e il 1443, in relazione a concessioni papali che autorizzarono il vicario provinciale Cristoforo da Monza a edificare due conventi osservanti nella Provincia lombarda e a riformarne quattro19. I ragguagli sul destinatario dei privilegi apostolici – unanimemente indi-cato dalle fonti quale auctor del convento – sembrano confermare che l’insediamento cittadino dei Minori osservanti fu propiziato da emi-nenti interlocutori. Di Cristoforo, in particolare, i cronisti tramanda-no il servizio nell’esercito visconteo – talora ulteriormente qualificato con l’appartenenza del personaggio al più stretto entourage di Filippo Maria –, la sua decisione di rinunciare al servizio al duca dopo un col-loquio con Bernardino da Siena20, gli sforzi profusi nella promozione dell’Osservanza dopo l’ingresso nell’ordine dei Minori, anche grazie alle posizioni di rilievo assunte entro le gerarchie della Provincia milanese e al sostegno di Eugenio IV21. Nonostante la loro esiguità, i dati biografici sul frate connettono dunque le origini di Santa Croce a snodi istituzio-nali di grande rilievo per la prima espansione del movimento osservan-te22, ed evocano elementi che testimonianze coeve lasciano percepire come cruciali per il successo dei frati nel dominio di Filippo Maria: la fascinazione esercitata sui Milanesi dalla predicazione bernardinia-na23 e il favore, peraltro non privo di ambiguità, con cui all’Osservanza guardarono il duca e gli ambienti di corte, in continuità con la longeva opzione minoritica dei Visconti24.

Le implicazioni che tali relazioni ebbero sia per i vertici del Dominio sia per i frati sono evidenti qualora si consideri un terzo elemento che ve-rosimilmente contribuì alla concretizzazione delle istanze devozionali di cui si è dato conto. Nella primavera del 1439 il consiglio di provvisione di Como sollecitò l’excellentissimus predicator Silvestro da Siena a visitare benigniter la città, con l’obiettivo di giungere ad reconciliationem anima-rum populi et universitatis Cumane e di porre fine ai violenti scontri tra le fazioni locali che la scomparsa di Gian Galeazzo Visconti e il sostanziale riconoscimento accordato alle partes negli anni Venti da Filippo Maria

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avevano rivitalizzato25. La memoria della missione del frate osservante, tra i più stretti collaboratori di Bernardino da Siena26, è stata tramandata da due documenti emanati dalla cancelleria ducale: le lettere che notifi-carono il decreto col quale nel novembre 1439 il duca deliberò l’abolizio-ne delle parti e dettò criteri di elezione dei consigli basati non sull’iden-tità fazionaria ma sulla rappresentanza sociale, e l’arenga del decreto col quale l’anno successivo il principe approvò i capitoli della sancta unio che nel dicembre 1439 aveva fatto seguito alla predicazione di Silvestro. Nel primo documento il religioso risulta il tramite tra i sudditi e il dominus, cui ha trasmesso il sanctum propositum dei cittadini in abolendis et penitus erradicandis ex animo omnium partialitatibus 27; nel provvedimento del 1440 la parola del frate – assiduae predicationes, exhortationes, monitiones et devotae supplicationes – assurge a strumento di cui si è avvalso l’angelo celeste per liberare gli uomini dalle diaboliche conseguenze dell’ardor partialitatum et divisionum28. Esito dello zelo di Silvestro fu, appunto, la solenne cerimonia che formalizzò la pacificazione delle parti attraverso la convocazione dei cives nella chiesa dei conventuali di San Francesco, il giuramento collettivo di rispettare la concordia cittadina, la registrazione dei convenuti nel liber sancte unionis, l’indizione di una processione an-nuale che avrebbe perpetuato la memoria della pacificazione29: un rituale articolato alla cui regìa non dovette essere estraneo lo stesso Silvestro poiché negli anni seguenti esso fu replicato anche a Piacenza e a Lugano dopo suoi cicli di prediche30.

Quanto trasmesso dalla documentazione circa gli eventi del 1439 sug-gerisce quindi che condizione del proficuo inserimento degli Osservanti nel tessuto cittadino fu l’accordo tra i vertici della Provincia osservante, le autorità locali e, soprattutto, il potere ducale, che seppe avvalersi delle implicazioni civiche della predicazione di Silvestro31: una predicazione assai funzionale al disegno visconteo di repressione delle fazioni, in virtù della funzione disciplinatrice e al tempo stesso rinnovatrice connaturata alla «parola di pace»32 e, nello specifico, delle sue presumibili consonanze con la demonizzazione delle partes ricorrente nella cultura politica coeva, alla quale anche il principe andava attingendo con funzione di legittima-zione e di esercizio della propria egemonia33.

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2. Tra devozione pubblica e privata

Nel 1447 la consacrazione della chiesa di Santa Croce suggellò ed esaurì la prima fase della penetrazione dei Minori osservanti nel territo-rio lariano34. Le rare attestazioni documentarie del trentennio successivo danno conto essenzialmente della loro attività di predicazione condotta nei centri della diocesi su sollecitazioni dei ceti dirigenti locali, alle quali presumibilmente non era estranea la possibilità di impiegare la parola dei frati a fini propagandistici, in funzione di specifiche iniziative di governo e, più in generale, dell’irrobustimento dei raccordi coi gruppi sociali va-riamente interessati da tali interventi35. Le delibere dei consigli comunali informano peraltro che l’opzione a favore dei Minori era tutt’altro che esclusiva: le offerte che il comune di Bellinzona destinava al culto, in par-ticolare, indicano che in occasione della Quaresima, delle feste natalizie o di altre solennità le richieste del consiglio del borgo si indirizzavano in modo indifferenziato anche a comunità mendicanti dell’Italia padana, agli Osservanti e ai Conventuali di Como o agli Agostiniani del locale convento di San Giovanni al Dragonato36, mentre nel 1463 il consiglio di Lugano invitò a predicare sia Michele Carcano sia il guardiano di San Francesco, nello stesso borgo37.

Nello stesso torno di anni non si può però escludere che i vertici del movimento fossero interessati a consolidare in forme più istituzionaliz-zate la presenza osservante nella diocesi. Poco dopo la metà del secolo in effetti il borgo di Lugano fu oggetto di un progetto di insediamento dei frati de observantia sancti Francisci da parte di Bernabò Sanseverino, figlio ed erede del già ricordato capitano visconteo. Nel 1455 il Sanseverino manifestò a Francesco Sforza il proposito di dare esecuzione a uno dei legati testamentari di Luigi, che aveva assegnato la metà dei redditi del ca-strum e della terra di Pandino, infeudatagli nel 1438 insieme al Luganese, alla costruzione di un convento pulcrum et sufficiens destinato ad ospitare dodici monache dell’ordine di san Domenico. Poiché però, a oltre un de-cennio dalla morte, la volontà paterna non era stata soddisfatta, Bernabò intendeva dare esecuzione al legato in Lugano que cum aliis pertinentiis est sub dominio ipsius Bernabovis et ipsius maiorum fratrum, sostituendo con Minori osservanti la comunità di Conventuali, ritenuti nec numero

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quidem nec vivendi modo satis idonei 38. La puntualizzazione circa l’appar-tenenza di Lugano al feudo dei Sanseverino e il riferimento all’inadegua-tezza dei frati del convento di San Francesco – fondazione plausibilmente risalente alla prima fase dell’espansione di Minori nell’Italia settentriona-le39 – sembrano spie indicative della progettualità sottesa alla richiesta, ve-rosimilmente funzionale a consolidare la posizione dei feudatari nel borgo e nel Luganese attraverso concrete manifestazioni di pietà religiosa: una devozione che, senza escludere i luoghi officiati dal clero secolare40, pri-vilegiava un’esperienza regolare improntata all’opzione preferenziale per l’arctior vita e cinque anni prima consacrata dalla canonizzazione del suo più celebre promotore. Non sono note le circostanze che, nonostante il sollecito appoggio di Francesco Sforza41, determinarono il fallimento del-l’iniziativa, ma è possibile che le ambizioni del Sanseverino scontassero, insieme alle intuibili resistenze dei vertici francescani all’allontanamento dei Conventuali, le complicate relazioni tra i feudatari e i borghigiani: relazioni influenzate dallo scarsissimo radicamento locale dei Sanseverino, dalla conseguente mancanza di tradizionali vincoli di lealtà tra signori e sudditi e, al tempo stesso, dalla loro appartenenza allo schieramento guel-fo che limitò il loro tentativo di governare super partes 42.

3. La seconda affermazione osservante: i conventi di Bellinzona e Lugano tra riconoscimenti e resistenze

Un tono diverso assunse la presenza dei frati nell’ultimo ventennio del Quattrocento, quando la fondazione dei conventi di Santa Maria delle Grazie a Bellinzona e di Santa Maria degli Angeli a Lugano fissò i limiti settentrionali della geografia osservante nel dominio sforzesco. Impor-tanti piazze commerciali sull’itinerario che univa le città padane a quelle dell’Europa settentrionale, i due borghi erano capoluoghi di distretti di una certa ampiezza43 e presentavano un tessuto ecclesiastico articolato e in costante, profonda interazione con gli organi di governo comunitari, i cui interventi nell’ambito dell’organizzazione del culto costituivano un incisivo strumento di ordinato svolgimento della vita religiosa e di irro-bustimento dell’identità comunitaria44.

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Non è dato di conoscere minutamente gli elementi che sollecitarono lo stanziamento dei frati nei borghi – presumibilmente, l’annuale attività omiletica cui si è fatto cenno costituì un potente veicolo della proposta religiosa osservante –; ma le vicende dei cantieri evocano l’attenta regìa dei vertici della Provincia Cismontana nell’uniformare le locali istan-ze devozionali a moduli che ormai identificavano l’appartenenza di una fondazione al movimento. Oltre alla dedicazione mariana dei due con-venti, una suggestiva indicazione della fedeltà ai canoni progettuali pro-pri dell’Osservanza proviene da una delibera delle autorità provinciali, che verso la fine del 1481 incaricarono il guardiano di Varese di recarsi a Bellinzona per accertarsi che il cantiere di Santa Maria delle Grazie si attenesse ai disigna del vicario provinciale Michele Carcano – quindi al modello costruttivo che nella prima metà del secolo era stato fissato nella chiesa milanese di Sant’Angelo45.

In secondo luogo, la prossimità cronologica degli insediamenti sug-gerisce che in questa regione il dinamismo dei Minori osservanti abbia interagito proficuamente con meccanismi imitativi che indussero le vi-vaci comunità borghigiane a sollecitare il radicamento di forme di vita religiosa avvertite come costitutive della dimensione urbana – «lontani dalle città dove abbondano i predicatori» si definivano i Bellinzonesi nel 145946 – e a replicarle entro un raggio limitato. Secondo la documen-tazione superstite in effetti l’iniziativa comunitaria fu determinante nel-la fondazione dei conventi: nel 1480 i consiglieri approvarono quod in territorio Birinzone fiat conventus ordinis fratrum Francisci 47, mentre una lettera scritta ex pauperrimo loccello nostro Sancte Marie Angelorum prin-cipiato die primo mensis ianuarii et anni 1490 riferì che ripetute richieste dei borghigiani avevano indotto un gruppo di cinque Osservanti a stabi-lirsi in Lugano48, occupando una piccola chiesa dedicata a san Gottardo sulla quale nella seconda metà del Quattrocento il consiglio aveva gra-dualmente esteso il proprio patronato49. La cronologia dei cantieri tutta-via lascia intravedere che l’insediamento dei religiosi non fu lineare: nel 1484 il consiglio di Bellinzona stabilì di versare duecento lire terzuole al-la chiesa di Santa Maria delle Grazie que noviter fit et constuytur in vineys de Vassaliis 50, ma il convento fu consacrato nel 1495 e la chiesa dieci anni più tardi51; a Lugano, solo nel 1499 il capitano del borgo fu incaricato di

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svolgere un’indagine su una controversa permuta che avrebbe assicurato alla comunità un terreno sul quale erigere il convento e il vicario provin-ciale impetrò la conferma apostolica della resignazione di San Gottardo e la licenza di demolire l’edificio per permettere la costruzione della nuova chiesa, consacrata nel 151552.

Il protrarsi di queste fabbriche, che contrasta con i ritmi con cui pro-gredirono i cantieri osservanti inaugurati in pianura sullo scorcio degli anni Sessanta53, fu probabilmente condizionato anche dalle relazioni concorrenziali che si instaurarono con gli enti ecclesiastici preesistenti. A Bellinzona l’arrivo dei Minori complicò un quadro contraddistin-to dalla gelosa difesa delle proprie responsabilità nell’ambito della cura animarum da parte del clero della collegiata di San Pietro: nel 1482, vagliando l’opportunità di accogliere un Minore osservante quale pre-dicatore quaresimale secondo quanto indicato da lettere ducali, alcuni consiglieri rivendicarono le prerogative dei canonici e stabilirono che a costoro spettasse affidare l’incombenza a un predicatore idoneo qui est in Birinzona54 ma già due anni più tardi il consiglio affidò San Pietro ai frati di Santa Maria delle Grazie affinché vi predicassero durante la qua-resima del 1485 ed incaricò alcuni rappresentanti di diffidare i canonici della pieve dal nominare un predicatore absque parabula comunitatis, cuy ‹ms. cuya› interest 55.

Fu però sul piano delle risorse materiali che verosimilmente tali di-namiche si rivelarono gravide di conseguenze per la fortuna dei nuovi insediamenti. Punti nodali dell’organizzazione pastorale del distretto pievano gravitante sui due borghi, oggetto delle diversificate devozio-ni dei borghigiani, chiese e comunità regolari costituivano altrettante voci nel bilancio che annualmente, e non senza contrasti, gli organismi di governo locali destinavano agli edifici sacri e all’esercizio del culto56. Con tutta probabilità, dopo l’insuccesso del progetto di Bernabò Sanse-verino l’affermazione degli Osservanti a Lugano fu per qualche tempo impacciata dall’impegno profuso dalle istituzioni comunitarie nella vi-gile tutela di chiese ed enti assistenziali – a cominciare dal convento di San Francesco57: nel 1472 il consiglio aveva approvato la costruzione di un convento osservante purché il cantiere non fosse sostenuto de bonis predicti communis Lugani 58 ed evidentemente questa condizione dovette

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costituire a lungo una remora all’avvio del cantiere se, come già ricorda-to, il pauperrimus loccellus di Santa Maria degli Angeli ebbe origine solo nel 149059. Nel 1482 anche i Bellinzonesi stabilirono di non assegnare più a conventi eccedenze provenienti dalla taglia comunale60, ma i frati di Santa Maria delle Grazie continuarono a ricorrere nei bilanci del bor-go spartendo le elemosine della comunità con i canonici della pieve e con gli agostiniani del convento di San Giovanni al Dragonato61, nello stesso torno di anni interessato da un tentativo di riforma in senso osservante promosso dallo stesso consiglio comunale62. Solo nel primo ventennio del Cinquecento, in seguito al radicamento dei religiosi entro il tessuto religioso di Bellinzona, l’intervento delle autorità sembra essersi fatto più efficace: alla fine del 1512 i consiglieri stanziarono, peraltro non all’una-nimità, un contributo di sette ducati pro fabrica seu parte fabricationis pincture Passionis – il tramezzo della chiesa che probabilmente riprodusse quello di Sant’Angelo a Milano63 – mentre nel 1523 il borgo si assunse le spese per la pavimentazione e l’intonacatura di un locus destinato ad ospitare la biblioteca dei frati64. Altre attestazioni tuttavia, suggeriscono che anche a Bellinzona l’impulso determinante per la concretizzazione dell’insediamento dei religiosi provenne dal raccordo che i frati stabili-rono con esponenti di spicco della società locale – impressione, questa, avvalorata dal rilievo che anche la posteriore erudizione dell’ordine attri-buì a devote iniziative individuali. Alla fondazione di Santa Maria delle Grazie contribuirono i Molo, facoltosa famiglia del borgo connotata da robusti interessi commerciali, tradizioni notarili e solide relazioni con la corte ducale. Secondo cronache seicentesche, in particolare, il convento sorse su un terreno acquisito dai frati tramite la quota di eredità perve-nuta a frate Serafino Molo65; un’altra porzione di terreno sarebbe stata acquistata per conto dei frati dal padre di frate Bartolomeo Foghi, espo-nente di una parentela di potenzialità economiche inferiori ma pure assai attiva nel variegato quadro delle attività economiche del borgo66. Agli inizi del Cinquecento, infine, la devozione per i frati di Santa Maria delle Grazie finì col diversificare le opzioni devozionali dei Magoria, eminenti borghigiani qualificati dal titolo capitaneale: mentre nel 1475 i lasciti testamentari di Pietro Magoria avevano privilegiato la cappella da lui fondata nella chiesa degli agostiniani di San Giovanni, nel 1504 il figlio

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Giacomo legò ai Minori osservanti la discreta somma di duecento lire terzuole, imitato quattro anni più tardi dalla moglie Giovanna Cusa67.

4. In medio multorum pagorum: il convento di Santa Maria in Campo a Cermenate

Mentre si concretizzava l’affermazione presso i borghi di Bellinzona e di Lugano, la rete degli insediamenti osservanti quattrocenteschi in diocesi di Como trovava compimento con la fondazione di un convento presso Cermenate, villaggio in prossimità del confine meridionale tra la diocesi comasca e quella ambrosiana contrassegnato da un rilievo eco-nomico e demografico tutt’altro che disprezzabile68. Tale profilo trovava adeguati riscontri nell’organizzazione dei servizi religiosi, imperniata sul-la chiesa curata di San Vito e su altre tre chiese, sorte durante l’espan-sione che l’abitato aveva conosciuto dopo il Mille e ormai comprese nel beneficio parrocchiale. In particolare la chiesa di Santa Maria in Campo, posta all’esterno dei due principali nuclei abitati, doveva già costituire al-meno dal Duecento un punto di riferimento rilevante per la popolazione della zona, come suggerito dalla attestazione di un cimitero prospiciente l’edificio69. Negli anni Ottanta del Quattrocento, inoltre, la casa accanto alla chiesa, di proprietà del beneficio parrocchiale, era stata affittata a un religioso dell’ordine eremitano che verosimilmente affiancava o sostitui-va il rettore nella cura religiosa delle famiglie dei dintorni70. Fu appunto questo complesso costituito dalla chiesa, dalle vicine domus e dagli atti-gui fondi di terreno che costituì la prima sede della comunità osservante. Nel settembre del 1493, infatti, ottemperando ad alcuni accordi stipulati precedentemente con i nobiles e con i vicini, il rettore delle chiese del villaggio rinunciò pubblicamente ad ogni diritto su Santa Maria e sulle sue proprietà affinché alcuni religiosi potessero risiedervi, celebrandovi messe e offici divini. Il prete ed i nobiles Lancillotto Visconti e Donato e Cristoforo Carcano, procuratori della comunità, incaricarono quindi il notaio Ottorino Riboldi di redigere la supplica per ottenere dal vescovo di Como la formale separazione della chiesa dal beneficio curato e il suo conferimento ai Minori osservanti della Provincia di Milano71, che pro-

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babilmente fu formalizzato dalla Sede apostolica già l’anno seguente72; la chiesa conventuale fu consacrata nel 151873. Secondo schemi ricor-renti nell’erudizione dell’ordine, i frati cronisti motivarono l’interesse dei vertici della Provincia osservante per la località del Comasco con la preesistenza di una devozione locale mariana e con le concrete esigenze dell’attività pastorale74, ma determinante nell’insediamento dei religiosi nel villaggio dovette essere la sollecitazione della famiglia milanese dei Carcano, di cui atti privati attestano largamente il radicamento patrimo-niale in questa area di confine tra il contado milanese e quello comasco e i cospicui investimenti nei suoi edifici religiosi. Esponenti della famiglia ricorrono con insistenza nel primo trentennio di vita del convento: in-sieme a Cristoforo Carcano, Donato Carcano, nipote del beato Michele, fu tra i nobiles viri che presiedettero alla rinuncia del rettore curato di Santa Maria; nel 1499 uno dei frati di Cermenate fu incaricato dal do-minus Antonio Carcano di Giovanni di curare la restituzione di eventuali male ablata insieme al preposito di Arsago75, mentre nel 1501 Giovanni Antonio Carcano, significativamente detto «fra», era responsabile della custodia della cassetta posta nella chiesa del convento per raccogliere le offerte assicurate dalle indulgenze che era possibile lucrarvi76. Sono però le pratiche testamentarie di altri Carcano a ribadire il crescente rilievo che Santa Maria in Campo assunse nel consolidamento di quella che le fonti delineano quale peculiare devozione di questo ramo della parente-la, a integrazione del rilievo riconosciuto alla cappella di famiglia fondata nella chiesa milanese di Sant’Angelo. Nel 1503, in particolare, Ambrogio Carcano di Antonio legò al convento la cospicua somma di centocin-quanta ducati77; nel testamento del 1511 e in un codicillo del 1513 Fe-dele Carcano, abitante nel vicino villaggio di Bregnano, assegnò alla co-struzione del convento la somma di dieci fiorini, cioè trenta volte quanto fissato per la cattedrale di Como78; nel 1525, oltre a numerosi legati per chiese del capoluogo milanese e del contado, Gerolamo Carcano, senator ducalis, indicò la chiesa di Cermenate quale sede di sepoltura79.

Lo stretto legame tra Santa Maria in Campo e i Carcano costitui-sce un’altra esemplificazione del filo rosso che percorre il quadro della presenza osservante nel territorio diocesano. Di questo quadro la fram-mentarietà delle fonti lascia in ombra non pochi aspetti: indistinto ri-

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mane, ad esempio, il profilo sociale delle comunità di religiosi così come l’impegno pastorale dei Minori osservanti è visibile – limitatamente al-l’ambito della predicazione – solo dalla prospettiva delle autorità locali che ne sollecitarono la presenza; analogamente occorrerebbe valutare il radicamento degli Osservanti dalla prospettiva della pratica testamen-taria o dell’associazionismo del laicato. Quanto è sopravvissuto delle fondazioni quattrocentesche offre invece qualche spia del favore di cui i frati godettero soprattutto presso gruppi socialmente eminenti, i cui investimenti consentirono probabilmente alle nuove fondazioni di vin-cere i freni costituiti dalla concorrenza di altre proposte religiose, come si è vista tutt’altro che priva di conseguenze soprattutto sul piano delle risorse materiali. Ai potentes, invece, il raccordo coi frati che ambivano a rinnovare e a perpetuare il rigore esemplare della scelta di Francesco d’Assisi offriva una risposta alle proprie necessità spirituali ma anche uno strumento di ricerca di eternità proiettata anzitutto verso il mondo degli uomini – come plasticamente evocato, appunto, dal testamento di Gerolamo Carcano, che nella chiesa dei Minori osservanti di Cermenate immaginò di trovare riposo in un sepolcro di marmo ornato di littere sculpte demonstrantes nomen meum.

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Un sentito ringraziamento al dottor Giuseppe Chiesi, che mi ha messo a disposizione il suo saggio sul convento di Santa Maria delle Grazie in Bellinzona, in corso di stampa.

Abbreviazioni usateAF = Archivio della fabbrica del duomo di ComoAPCer = Archivio parrocchiale di CermenateASCo = Archivio di Stato di Como; ASC = Archivio Storico CivicoASDCo = Archivio storico della diocesi di ComoASMi = Archivio di Stato di Milano

Burocco, Chronologia seraphica = G.B. Burocco, Chronologia seraphica. Principio e felici pro-gressi de’ ff. Minori della Provincia milanese. Libro secondo, 1716 (Biblioteca Francescana in Milano, ms. T-XIII-015, copia anastatica).

Burocco, Descrittione chronologica = G.B. Burocco, Descrittione chronologica de’ principii, progressi, santità e dottrina della provincia di Milano de’ F.F. Min. Oss.ti, 1717 (Biblioteca Francescana in Milano, ms. T-XIII-014, copia anastatica).

Gonzaga, De origine = F. Gonzaga, De origine seraphicae religionis Franciscanae eiusque pro-gressibus, de regulari Observantiae institutione, forma admistrationis ac legibus, admirabi-lique eius propagatione, Romae 1587.

Scagliapesce, Istoria dell’origine = Istoria dell’origine, e progresso della Riforma di Milano de’ frati minori osservanti di San Francesco, nella quale si raccontano molte altre cose me-morabili, occorse in diverse parti del mondo, nuovamente composta da fra Francesco da Treviglio sacerdote della istessa riforma (prima metà del XVII secolo), Milano, Biblioteca Braidense, ms. AF XII 9.

Silvola, Della Minoritica Riforma = Della Minoritica Riforma di Milano cronica nona, rac-colta e scritta dal P. F. Benvenuto Silvola da Milano alunno della medesima (seconda metà del XVIII secolo, entro il 1778), Milano, Biblioteca Braidense, ms. AF XII 13.

Subaglio, Cronica della Riforma = Cronica della riforma de’ Minori Osservanti della provincia di Milano composta dal pre’ fra Gerolamo Francesco Subaglio da Merate della stessa rifor-ma, e Provincia di Milano (metà del XVII secolo), Milano, Biblioteca Braidense, ms. AF XII 10.

«AFH» = «Archivum franciscanum historicum»«BSSI» = «Bollettino storico della Svizzera italiana»«PSSC» = «Periodico della Società storica comense»

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1. A. Mosconi, S. Lorenzi, I conventi francescani del territorio comasco. Storia - religione - arte, in «PSSC», 50 (1983), pp. 167-282, pp. 231-236, 239-245, 246-247. Per quanto riguarda le fondazioni qui considerate, il convento di Como passò ai Riformati nel 1594 e quello di Lugano nel 1602: ivi, pp. 188-189; U. Orelli, S. Maria degli Angeli di Luga-no [frati minori riformati], in Der Franziskusorden. Die Franziskaner, die Klarissen und die Regulierten Franziskanerterziarinnen in der Schweiz, bearbeitet von K. Arnold et alii, Bern 1978, pp. 510-512.

2. In Valtellina l’unico insediamento mendicante fino all’inizio del XVII secolo fu quel-lo dei Predicatori a Morbegno: G. Perotti, Il convento domenicano di S. Antonio in Morbegno (1457-1798), in «Archivio storico della diocesi di Como», 4 (1990), pp. 97-126.

3. Lo stanziamento dei Minori nel Comasco resta in larga parte da indagare: per una rassegna generale si vedano Mosconi, Lorenzi, I conventi francescani e per le località di cui si tratterà in questo contributo A. Rovi, Chiese e conventi francescani a Como: S. Francesco, S. Croce e S. Donato, in Il Francescanesimo in Lombardia storia e arte, Milano 1990, pp. 297-317; U. Orelli, S. Francesco di Lugano, in Der Franziskusorden, pp. 459-464.

4. Lu. Pellegrini, Insediamenti francescani nell’Italia del Duecento, Roma 1984, p. 104.

5. Hanno stimato che negli anni Quaranta del Quattrocento Como e le terre circostan-ti contassero tra 7.500 e 9.000 abitanti M. Ginatempo, L. Sandri, L’Italia delle città. Il po-polamento urbano tra Medioevo e Rinascimento (secoli XIII-XVI), Firenze 1990, pp. 76 e 78 e G. Mira, Aspetti dell’economia comasca all’inizio dell’età moderna, Como 1939, pp. 17-18.

6. Qualche dato in M. Della Misericordia, Divenire comunità. Comuni rurali, poteri locali, identità sociali territoriali in Valtellina e nella montagna lombarda nel tardo medioe-vo, Milano 2006, in particolare alle pp. 877-881. Sugli assetti insediativi del ducato in rapporto alla geografia degli enti regolari e, più specificamente, alla rete di fondazioni del-l’Osservanza minoritica basti il rinvio ai saggi di Giorgio Chittolini e di Edoardo Rossetti in questo volume.

7. Gli archivi dei conventi di cui tratta in queste pagine andarono in gran parte di-spersi in seguito alla soppressione delle comunità: P.M. Sevesi, Santa Croce in Boscaglia di Como (antico convento francescano), Como 1927, p. 7; V. Gilardoni, Bellinzona. Santa Maria delle Grazie, in «Ticinensia», s. 2, 25-30 (1969), pp. 259-288, p. 265; U. Orelli, S. Maria delle Grazie di Bellinzona (1481/1483-1848), in Der Franziskusorden, pp. 483-490, p. 485. Qualche indicazione sulla fondazione dei conventi di Bellinzona e di Lugano si trova nelle delibere dei rispettivi consigli comunali: Le provvisioni del consiglio di Bellin-zona 1430-1500, Bellinzona 1994; G. Chiesi, «Fiat conventus». S. Maria delle Grazie e i Francescani a Bellinzona nel tardo Quattrocento, in La chiesa e il convento di Santa Maria delle Grazie a Bellinzona. Storia e restauri, Bellinzona (in corso di stampa), pp. 15-36, pp. 31-35 e L. Brentani, Miscellanea storica ticinese. Notizie d’arte, di coltura, di religione, di politica e di curiosità, I, Como 1926, pp. 118-127; non così per la fondazione di Santa Croce a Como, a causa della lacuna della serie delle Ordinationes del consiglio comunale dal giugno 1439 al 1449.

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8. Sulla cronachistica elaborata nei secoli XVII e XVIII presso i Minori riformati lom-bardi cfr. A. Mosconi, I cronisti delle province osservante e riformata di Milano: p. Bernar-dino Burocco da Monza (+1746) e p. Benvenuto Silvola da Milano (+ 1778), in «AFH», 71 (1978), pp. 130-149.

9. ASCo, Notarile, b. 19, notaio Francesco Riva, fasc. 1, ff. 71r-72v, 19 dicembre 1444.

10. L’instrumentum donationis, datato 22 maggio 1434 e rogato da Giacomo Paniga-rola, sarebbe stato confermato da Franchino Rusca sei anni dopo secondo Sevesi, Santa Croce, p. 10, che peraltro lamenta la mancanza di riscontri documentari nel fondo notarile dell’Archivio di Stato di Milano.

11. Così Benedetto Giovio, cui si deve la più antica attestazione dell’edificio, menzio-nato tra le chiese dei sobborghi cittadini toccate dalla processione dei Bianchi del 1399: B. Giovio, Historiae patriae libri duo. Storia di Como dalle origini al 1532, Como 1982 (ristampa anastatica dell’edizione del 1887), p. 222. Sull’area di influenza francescana de-limitata dall’ubicazione di Santa Croce, del convento di San Francesco e del posteriore insediamento dei Cappuccini, cfr. Rovi, Chiese e conventi, p. 300.

12. Scagliapesce, Istoria dell’origine, p. 82; Sevesi, Santa Croce, p. 8. Bernardino da Siena fu a Como probabilmente nel 1419 e nel 1432 (D. Pacetti, Cronologia bernardiniana, in S. Bernardino da Siena. Saggi e ricerche pubblicati nel quinto centenario della morte [1444-1944], Milano 1945, pp. 445-463, pp. 450, 455), sicuramente nel 1438, quando predicò senza successo contro le fazioni cittadine, come testimoniò il notaio Abbondio Raimondi in una cronaca compilata negli anni Sessanta del Quattrocento ed edita in appendice a Giovio, Historiae patriae, pp. 273-275, a p. 274.

13. Sulla signoria esercitata dai Rusca in Como dal 1408 al 1416 e sull’infeudazione del Sottoceneri e della Val d’Intelvi loro concessa da Filippo Maria Visconti quale risarcimento della rinuncia alla città si vedano in particolare G. Rovelli, Storia di Como, Como 1798-1808, III / 2, pp. 161-162; P. Schaefer, Il Sottoceneri nel Medioevo. Contributo alla storia del Medioevo italiano, Lugano 1954, pp. 355-357 e E. Motta, I Rusca signori di Locarno, di Luino, di Val d’Intelvi, ecc. (1439-1512), in «BSSI», 17 (1895), pp. 1-7, 33-41.

14. Silvola, Della Minoritica Riforma, pp. 160-162 menziona una sentenza favorevole alle Rusca confermata con rogito di Raffaello de Brociis (8 giugno 1440) e una ratifica della donazione da parte dei figli di Franchino formalizzata dal notaio Lancillotto Sudati (1 luglio 1471). Già il Gonzaga, De origine, pp. 343-344, associò il Sanseverino e le Rusca nella donazione e verosimilmente la cronaca cinquecentesca fu ripresa da Subaglio, Cronica della Riforma, pp. 27-28, da Rovelli, Storia di Como, pp. 280-281 e da L. Wadding, Annales Minorum seu trium ordinum a S. Francisco institutorum. Editio tertia, Quaracchi (Firenze), 1931-1964, XI, p. 127; data invece la donazione delle Rusca al 1440 A.P. Rusconi, Memorie storiche del casato Rusca o Rusconi, Bologna 1874, tav. V.

15. L’atto di infeudazione del 1438 che formalizzò la concessione del 1434 è edito da E. Motta, I Sanseverino feudatari di Lugano e Balerna, in «PSSC», 2 (1881), pp. 153-185 e

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193-310, a pp. 165-175; la documentazione sulle divisioni tra gli eredi si trova in ASMi, Famiglie, 161, fasc. Rusca e Rusconi.

16. Motta, I Rusca, p. 37.

17. Sul raccordo tra i Minori osservanti e le élites delle società ove si inserivano cfr. G. G. Merlo, Ordini mendicanti e potere: l’Osservanza minoritica cismontana, in Vite di eretici e storie di frati. A Giovanni Miccoli, a cura di M. Benedetti, G. G. Merlo, A. Piazza, Milano 1998, pp. 267-301, p. 287 e G.G. Merlo, Nel nome di San Francesco. Storia dei frati Minori e del francescanesimo sino agli inizi del XVI secolo, Padova 2003, p. 356; una recente rifles-sione, ricca di elementi di confronto tra le Osservanze degli ordini mendicanti, in S. Fasoli, Perseveranti nella regolare osservanza. I Predicatori osservanti nel ducato di Milano (secc. XV-XVI), Milano 2011, pp. VII-XII.

18. Su Vincenzo cfr. P. Sevesi, Il B. Vincenzo Rusca francescano, in «L’apostolato france-scano», 21 (1932), pp. 190-193; sulla donazione di Loterio cfr. Rusconi, Memorie storiche, tav. VI; su Beatrice Casati Rusca cfr. P.L. Tatti, Sanctuarium, seu martyrologium sanctae Nouocomensis Ecclesiae, Novocomi 1675, pp. 40-42; Burocco, Descrittione chronologica, p. 38; Rusconi, Memorie storiche, tav. V.

19. Bullarium franciscanum continens constitutiones, epistulas, diplomata Romanorum pontificum Eugenii IV et Nicolai V ad tres ordines S.P.N. Francisci spectantia, Nova series, t. I (1431-1455), Quaracchi 1929, p. 94, n. 190 (11 ottobre 1435) e p. 537, n. 1065 (7 giugno 1447). La fondazione del convento è messa in relazione alla concessione papale del 1435 da Sevesi, Santa Croce, p. 10 e da Mosconi, Lorenzi, I conventi francescani, p. 185, mentre una facoltà apostolica per l’erezione di due conventi osservanti del 1440, di cui peraltro non vi è traccia nel Bullarium, sarebbe all’origine della fondazione di Santa Croce secondo Gonza-ga, De origine, pp. 343-344; Scagliapesce, Istoria dell’origine, p. 82; P.L. Tatti, Degli annali sacri della città di Como, Como 1663-1683, III, p. 270; Subaglio, Cronica della riforma, pp. 27-28; Burocco, Chronologia Seraphica, pp. 452-454; Silvola, Della Minoritica Riforma, p. 157; Rovelli, Storia di Como, p. 280. Il Giovio ipotizzò che il convento fosse stato fondato nel 1443 (Giovio, Historiae Patriae, p. 222); a un errore di stampa nell’edizione veneziana dell’Historia patria è plausibilmente imputabile la precoce datazione del convento (1404) proposta da F. Ballarini, Compendio delle croniche della città di Como, Bologna 1968 (edi-zione anastatica dell’edizione del 1619), p. 134 ma confutata dal Tatti, Degli annali sacri, p. 270 e da Wadding, Annales Minorum, XI, p. 127. Questa datazione è ripresa da Silvola, Della Minoritica Riforma, p. 157, che la riferisce a un primo stanziamento dei frati in forme non istituzionalizzate presso la piccola chiesa di Santa Croce.

20. Cristoforo fu uno dei dodici cavalieri che costituivano la guardia del corpo di Filippo Maria Visconti secondo A. Calufetti, I vicari provinciali dei Frati Minori della Regolare Os-servanza di Milano dal 1428 al 1517, in «AFH», 72 (1979), pp. 3-36, pp. 5 e 7; il colloquio con Bernardino che fece seguito alla domanda del milite «se per la salute dell’anima sua era meglio entrare nella religione ò pure servire il duca» è dettagliatamente riferito da Burocco, Descrittione Chronologica, pp. 222-223. Il frate è stato indentificato con uno dei confessori scelti tra i Minori osservanti dalla duchessa Bianca Maria Sforza: Fasoli, Perseveranti, p. 28.

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21. Cristoforo è documentato quale vicario provinciale dell’Osservanza nel 1435, nel 1444 e nel 1447 e al suo impulso è attribuita anche la fondazione dei conventi di Novara e di Mortara. Guardiano di Sant’Angelo nel 1456, morì presso il convento milanese nel 1459: Ca-lufetti, I vicari provinciali, pp. 5 e 7; P.M. Sevesi, Il Beato Michele Carcano da Milano O.F.M., in «AFH», 3 (1910), pp. 448-463, 633-663; 4 (1911), pp. 24-49, 456-481, p. 637, nota 2.

22. Sul sostegno accordato da Eugenio IV alle numerose iniziative di fondazione e di riforma di conventi, a integrazione dei meccanismi di autonomo funzionamento dell’Os-servanza promossi dallo stesso Condulmer, cfr. in particolare M. Fois, I papi e l’Osservanza minoritica, in Il rinnovamento del Francescanesimo: l’Osservanza, Assisi (Perugia) 1985, pp. 29-105, pp. 45-60; Merlo, Nel nome di San Francesco, pp. 329-333.

23. Si vedano in particolare le testimonianze di M. Vegio, Vita II antiquior, in Acta sanctorum. Mai, V, Antwerpiae 1685, pp. 749-766, p. 760, e di Bartolomeo Morone in Il libro dei ricordi di Bartolomeo Morone, giureconsulto milanese (1412-1455), a cura di M.N. Covini, Milano 2010, p. 75; cfr. anche G. Zarri, Aspetti dello sviluppo degli ordini religiosi in Italia tra Quattro e Cinquecento. Studi e problemi, in Strutture ecclesiastiche in Italia e in Germania prima della riforma, a cura di P. Prodi e P. Johanek, Bologna 1984, pp. 207-257, a p. 244. Sul coinvolgimento emotivo del pubblico dei predicatori e sui «frutti della predica», comprese le conversioni, si leggono le suggestive pagine di M.G. Muzzarelli, Pescatori di uomini. Predicatori e piazze alla fine del Medioevo, Bologna 2005, pp. 75-88.

24. Sulla devozione di Filippo Maria Visconti per Bernardino da Siena cfr. Vegio, Vita II, p. 757 e R. Manselli, Bernardino da Siena, in Dizionario biografico degli Italiani, 9, Roma 1967, pp. 215-226, p. 218; considerazioni più sfumate, attente alle oscillazioni del duca nei confronti degli Osservanti in Fasoli, Perseveranti, pp. 9-12, 31-32; sulla continuità dell’opzione devozionale minoritica da parte dei Visconti, cfr. A. Cadili, I frati Minori e i Visconti nella Milano trecentesca, in «Cristianesimo nella storia», 30 (2009), n. 30, pp. 73-100. In linea di massima peraltro gli studi sull’Osservanza nel dominio di Milano hanno privilegiato le relazioni tra i frati e gli Sforza: cfr. G. Andenna, Gli ordini mendicanti, la comunità e la corte sforzesca, in Metamorfosi di un borgo. Vigevano in età visconteo-sforzesca, a cura di G. Chittolini, Milano 1992, pp. 145-191, specie pp. 145-156; G. Andenna, Aspetti politici della presenza degli Osservanti in Lombardia in età sforzesca, in Ordini religiosi e società politica in Italia e Germania nei secoli XIV e XV, a cura di G. Chittolini e K. Elm, Bologna 2001, pp. 331-371 e, ora, Fasoli, Perseveranti.

25. ASCo, ASC, Volumi, 3, f. 388r, 5 aprile 1439; Rovelli, Storia di Como, pp. 184-185. Sulla politica di Filippo Maria nei confronti delle fazioni cfr. M. Gentile, «Postquam malignitates temporum hec nobis dedere nomina...». Fazioni, idiomi politici e pratiche di go-verno nella tarda età viscontea, in Guelfi e ghibellini nell’Italia del Rinascimento, a cura di M. Gentile, Roma 2005, pp. 249-274.

26. In occasione della deposizione al processo di canonizzazione, frate Paolo da Siena lo elencò tra i consocii di Bernardino: Il processo di canonizzazione di Bernardino da Sie-na (1445-1450), Introduzione ed edizione a cura di Le. Pellegrini, Grottaferrata (Roma) 2009; Silvestro fu tra la ventina di predicatori optimi et devoti a tempore sancti Bernardini

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elencati nella Chronica fratris Nicolai Glassberger ordinis Minorum observantium, Quaracchi (Firenze) 1887, p. 396. Un profilo biografico del personaggio che accorda ampio spazio alla pacificazione comasca in A. Bertagna, Frater Silvester Senensis O. F. M. concionator saeculi XV, in «AFH», 45 (1952), pp. 152-157.

27. ASCo, ASC, Volumi, 46, f. 82r, 9 novembre 1439.

28. ASCo, ASC, Volumi, 46, f. 84r, 9 luglio 1440.

29. ASCo, ASC, Volumi, 46, f. 84r. Sulla sancta unio cfr. anche Rovelli, Storia di Como, pp. 187-188; Tatti, Sanctuarium, pp. 252-253. L’istituzione della processione fu conferma-ta da indulgenze di Eugenio IV e successivamente dal vescovo Gerardo Landriani: ASDCo, AF, Bolle pontificie, fasc. 1, 17 novembre 1440 e 27 agosto 1442.

30. Sul rituale della pacificazione piacentina del 1441 cfr. Bertagna, Frater Silvester, p. 159; per Lugano si vedano le disposizioni dettate dal consiglio del borgo edite da G. Martino-la, La pace del 1445 fra i guelfi e i ghibellini luganesi, in «BSSI», 26 (1951), n. 1, pp. 54-55.

31. Il sostegno delle autorità cittadine trova conferma anche nella delibera consiliare che il 17 agosto dispose la sospensione delle udienze presso i tribunali, affinché i cittadini potes-sero udire più agevolmente il verbum Dei predicato da Silvestro: Bertagna, Frater Silvester, p. 155. Sulle interazioni tra predicatori e autorità civili quale elemento condizionante gli esiti delle campagne omiletiche degli Osservanti cfr. J.-C. Maire Vigueur, Bernardino et la vie cita-dine, in Bernardino predicatore nella società del suo tempo, Atti del convegno del Centro di stu-di sulla spiritualità medievale (Todi 9-12 ottobre 1975), Todi (Perugia) 1976, pp. 251-282.

32. R.M. Dessì, Pratiche della parola di pace nella storia dell’Italia urbana, in Pace e guerra nel basso medioevo, Atti del XL Convegno storico internazionale (Todi, 12-14 ot-tobre 2003), Spoleto (Perugia) 2004, pp. 271-312, pp. 280-285; R.M. Dessì, Predicare e governare nelle città dello Stato della Chiesa alla fine del medioevo. Giacomo della Marca a Fermo, in Studi sul medioevo per Girolamo Arnaldi, a cura di G. Barone, L. Capo, S. Ga-sparri, Roma 2000, pp. 125-159; G.G. Merlo, Tra eremo e città. Studi su Francesco d’Assisi e sul francescanesimo medievale, Assisi 1991, p. 135. Sulle implicazioni sociali e politiche della predicazione dei Minori osservanti si vedano anche F. Bruni, La città divisa. Le parti e il bene comune da Dante a Guicciardini, Bologna 2003, pp. 163-201 e 281-309; Muzzarelli, Pescatori di uomini, pp. 88-93; M. Sensi, Le paci private nella predicazione, nelle immagini di propaganda e nella prassi fra Tre e Quattrocento, in La pace fra realtà e utopia, Verona 2005 («Quaderni di storia religiosa», 12), pp. 159-200; più in generale, si veda l’ampia rassegna storiografica di M.C. Rossi, Polisemia di un concetto: la pace nel basso medioevo. Note di lettura, in La pace, pp. 9-45.

33. F. Cengarle, Le arenghe dei decreti viscontei (1330 ca.-1447): alcune considerazioni, in Linguaggi politici nell’Italia del Rinascimento, a cura di A. Gamberini e G. Petralia, Roma 2007, pp. 55-87, p. 87. Sei mesi dopo il decreto notificato ai Comaschi nel 1439, il Vi-sconti emanò un decreto generale di omologo contenuto che riecheggia la demonizzazione delle partes di matrice bernardiniana: M. Gentile, Discorsi sulle fazioni, discorsi delle fazioni. «Parole e demonstratione partiale» nella Lombardia del secondo Quattrocento, in Linguaggi

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politici, pp. 381-408, in particolare pp. 392-394 e, dello stesso, «Postquam malignitates ...», pp. 254-255, 266-269. Sulle consonanze tra questo aspetto dell’omiletica di Bernardino, i canoni del concilio di Basilea e la coeva riflessione giuridica – con particolare riferimento al pensiero di Marino Garati da Lodi –, cfr. inoltre Dessì, Predicare e governare, pp. 134-141.

34. Tatti, Sanctuarium, pp. 52-53.

35. Nella seconda metà del secolo il consiglio di provvisione di Como cercò di coagu-lare il consenso dei cives attorno alla riforma del sistema assistenziale ricorrendo alla parola di Michele Carcano, che nello stesso torno di anni andava sostenendo analoghe iniziative a Milano e a Piacenza. Il frate predicò a favore dell’unificazione degli hospitalia antiqua sullo scorcio degli anni Sessanta, ma fu nuovamente invitato a predicare in tal senso nel 1481, mentre è solo presumibile il contenuto del ciclo di omelie del 1478, quando il consiglio comunale impetrò l’intervento ducale per trattenere il frate, espulso da Como su richiesta di alcuni ebrei residenti in città: ASCo, ASC, Volumi, 7, f. 160r, 11 aprile 1481 e Volumi, 6, f. 370v, 16 agosto 1478; Rovelli, Storia di Como, pp. 493-494. Sul rilievo della predicazione del Carcano sulle riforme ospedaliere del ducato basti il rinvio a Sevesi, Il beato Michele; sulle sue relazioni con gli Sforza cfr. Andenna, Aspetti politici, in particolare pp. 333-344 e Fasoli, Perseveranti, pp. 35-36.

36. G. Chiesi, Bellinzona ducale. Ceto dirigente e politica finanziaria nel Quattrocento, Bellinzona 1988, p. 183. Proveniva invece dal convento comasco di Santa Croce Paolo da Brescia, che a Bellinzona tenne un ciclo di prediche nel 1462: Le provvisioni, p. 62, n. 641, 1 ottobre 1462.

37. Brentani, Miscellanea, pp. 89-90; Sevesi, Il beato Michele, p. 655.

38. Ticino ducale. Il carteggio e gli atti ufficiali, I (Francesco Sforza), tomo I (1450-1455), a cura di L. Moroni Stampa e G. Chiesi, Bellinzona 1993, p. 405, n. 581, 30 luglio 1455.

39. Orelli, S. Francesco di Lugano, p. 459; Lu. Pellegrini, Insediamenti francescani, p. 104.

40. Sull’iniziativa promossa dal Sanseverino per assicurare l’officiatura della chiesa di San Gottardo in Lugano cfr. infra, nota 49.

41. Ticino ducale, p. 407, n. 582, 30 luglio 1455.

42. M. Della Misericordia, La «coda» dei gentiluomini. Fazioni, mediazione politica, clientelismo nello stato territoriale: il caso della montagna lombarda durante il dominio sforze-sco (XV secolo), in Guelfi e ghibellini, pp. 275-389, pp. 326-358.

43. Il rilievo economico ed amministrativo dei due borghi poggiava peraltro su assetti demografici tutt’altro che robusti, poiché le stime indicano che Bellinzona contava poco più che un migliaio di abitanti mentre lievemente più consistente doveva essere la popola-zione luganese: cfr. Chiesi, Bellinzona ducale (con stime sulla consistenza demica del borgo alle pp. 25-26) e, su Lugano, Della Misericordia, Divenire comunità, pp. 913-915 (con dati sugli assetti demografici a p. 849, nota 92 e a p. 915).

44. Su Lugano cfr. A. Moretti, Da feudo a baliaggio. La comunità delle Pievi della Val

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Lugano nel XV e XVI secolo, Roma 2006, pp. 213-227; su Bellinzona cfr. P. Ostinelli, Il governo delle anime. Strutture ecclesiastiche nel Bellinzonese e nelle Valli ambrosiane (XIV-XV secolo), Locarno 1998 e Chiesi, «Fiat conventus», pp. 20-25. Sul rilievo del governo delle res Ecclesiae sui processi di «comunalizzazione» ci si limita qui a rinviare ai saggi raccolti in La chiesa «dal basso». Organizzazioni, interazioni e pratiche nel contesto parrocchiale alpino alla fine del Medioevo (secoli XIV-XVI), a cura di S. Leoni Boscani e P. Ostinelli, Milano 2012.

45. Oggetto delle preoccupazioni del vicario provinciale era in particolare il numero delle celle, che non avrebbe dovuto superare il numero di tredici stabilito dal Carcano: Regestum Observantiae Cismontanae (1464-1488), Grottaferrata (Roma) 1983, p. 344 n. 49. Sull’importazione del cosiddetto ‘modulo bernardiniano’ in Ticino attraverso i cantieri qui considerati, si veda N. Soldini, Confini e periferie: note a volo d’uccello, in Il Rinascimen-to nelle terre ticinesi. Da Bramantino a Bernardino Luini. Itinerari, a cura di G. Agosti, J. Stoppa, M. Tanzi, Milano 2011, pp. 33-39, a p. 36; più in generale cfr. A.M. Romanini, I primi insediamenti francescani, in Il Francescanesimo, pp. 17-24 e A. Nova, I tramezzi in Lombardia tra XV e XVI secolo: scene della Passione e devozione francescana, in Il Francesca-nesimo, pp. 197-215. Le vicende di Bellinzona esemplificano anche l’intervento dei vertici provinciali per conferire rapidamente forme istituzionalizzate alle fondazioni: nel 1486 il convento figura infatti nel documento col quale Innocenzo VIII concesse al vicario France-sco Trivulzio di costruire o portare a compimento cinque conventi osservanti nella Provin-cia milanese: Bullarium franciscanum continens bullas brevia supplicationes tempore Romani pontificis Innocentii VIII pro tribus ordinibus S.P.N. Franscisci obtenta, nova series, t. IV, pars 2 (1489-1492), Grottaferrata (Roma) 1990, p. 261, doc. 587, 21 dicembre 1486.

46. Chiesi, «Fiat conventus», p. 20.

47. Le provvisioni del consiglio di Bellinzona, p. 98, n. 1031, 27 settembre 1480; Chiesi, Bellinzona ducale, p. 183, nota 142; Chiesi, «Fiat conventus», p. 31.

48. ASMi, Comuni, b. 19; Brentani, Miscellanea, p. 123.

49. Nel 1458, su proposta di Bernabò Sanseverino, il consiglio di Lugano aveva asse-gnato l’officiatura della chiesa al beneficiale della chiesa di San Biagio e anche in seguito il borgo affidò la celebrazione dei servizi religiosi a un prete secolare, che peraltro nel 1466 si fece sostituire da un frate del convento di San Francesco: Brentani, Miscellanea, pp. 146-149. Identificano con San Gottardo la prima sede degli Osservanti anche Gonzaga, De origine, p. 357; Scagliapesce, Istoria dell’origine, p. 96; Subaglio, Cronica della Riforma, p. 35; Burocco, Chronologia Seraphica, pp. 458-59; Silvola, Della Minoritica Riforma, pp. 242-296 (che però attribuisce il possesso della chiesa a una donazione da parte del vescovo di Como nel 1510), fino a I. Marcionetti, Chiesa e convento di Santa Maria degli Angeli a Lugano, Lugano 1999, p. 27.

50. Chiesi, «Fiat conventus», p. 32, 13 aprile 1484.

51. Wadding, Annales minorum, XV, p. 136.

52. Marcionetti, Chiesa e convento, p. 28; Orelli, S. Maria degli Angeli, p. 511. Nel 1498,

elisabetta canobbio

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inoltre, il consiglio di Lugano aveva versato la prima tranche della somma di ottocento lire terzuole assegnata alla costruzione del convento: Brentani, Miscellanea, pp. 118 e 123.

53. Si veda in proposito il contributo di Edoardo Rossetti in questo volume.

54. Le provvisioni del consiglio di Bellinzona, p. 102, n. 1075, 26 gennaio 1482; Chiesi, Bellinzona ducale, p. 182, nota 138.

55. Chiesi, «Fiat conventus», p. 32, 28 novembre 1484. Sulla centralità della collegiata nel-l’organizzazione dei servizi religiosi della pieve cfr. Ostinelli, Il governo delle anime, pp. 70-74.

56. Chiesi, Bellinzona ducale, pp. 223-228; Chiesi, «Fiat conventus», pp. 21-22; Osti-nelli, Il governo delle anime, pp. 253-263.

57. Si vedano le somme che nel secondo cinquantennio del secolo il consiglio luganese assegnò ai Conventuali in Brentani, Miscellanea, pp. 136-137.

58. Brentani, Miscellanea, p. 123.

59. ASMi, Comuni, b. 19, 1 gennaio 1490; Brentani, Miscellanea, p. 123.

60. Le provvisioni del consiglio di Bellinzona, p. 102, n. 1076, 30 gennaio 1482; Chiesi, Bellinzona ducale, p. 224, nota 338, Chiesi, «Fiat conventus», p. 31.

61. Le fonti sembrano però indicare un progressivo incremento dei fondi destinati ai Minori osservanti: nel 1484 il consiglio stabilì di ripartire tra i frati e il clero della pieve una somma promessa dal duca; sei anni dopo la metà del credito di 200 lire imperiali dovuto alla camera ducale andò agli Osservanti, mentre il rimanente fu destinato in parti eguali alla pieve e ai frati di San Giovanni; nel 1492 il consiglio stabilì di elargire ai frati la somma di cento lire terzuole e si impegnò a versarne il doppio qualora i crediti l’avessero permesso; nel biennio 1498-1499 la chiesa di Santa Maria delle Grazie beneficiò in misura maggiore rispetto alle altre chiese del borgo delle elemosine – peraltro non particolarmente cospicue – stanziate dal consiglio cittadino: Le provvisioni del consiglio di Bellinzona, p. 107, n. 1133, 28 novembre 1484; p. 114, n. 1232, 30 giugno 1490; p. 117, n. 1254, 3 gennaio 1492; p. 129, nota 1367, 5 gennaio 1498; p. 130, n. 1380, 4 gennaio 1499; Chiesi, «Fiat conventus», pp. 32 e 34.

62. Sulla richiesta di riforma in senso osservante del convento agostiniano avanzata dalla comunità e sulla reazione dei conventuali cfr. ASMi, Comuni, b. 19, 3 giugno 1490 e 10 giugno 1490; Comuni, b. 20, 3 agosto 1493.

63. Chiesi, «Fiat conventus», p. 35, 31 dicembre 1512, e L. Calderari, Bellinzona. Santa Maria delle Grazie, in Il Rinascimento, pp. 54-65, p. 64.

64. Chiesi, «Fiat conventus», p. 35, 12 aprile 1523.

65. Burocco, Chronologia Seraphica, pp. 188-193; Wadding, Annales Minorum, XV, p. 136. Forse faceva parte della quota di eredità del frate il terreno parzialmente confinante con il conventus noviter constructus che nel 1482 era pervenuto al cancelliere ducale Gio-vanni Molo tramite una permuta col vescovo di Como: Chiesi, «Fiat conventus», p. 31, 11 dicembre 1482; un profilo della famiglia, infine, in Chiesi, Bellinzona ducale, pp. 9-14.

aspetti dell’insediamento dei minori osservanti nella diocesi di como

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66. La donazione del Foghi è ricordata da Gonzaga, De origine, p. 356; Burocco, Chro-nologia Seraphica, pp. 188-193; Wadding, Annales Minorum, XV, p. 136. Sulla famiglia cfr. Chiesi, Bellinzona ducale, pp. 16, 22, 89, 90 e, per singoli esponenti, ad indicem.

67. Chiesi, «Fiat conventus», pp. 27-28, 34, 9 luglio 1504 e 3 aprile 1508.

68. Alla fine del secolo il villaggio doveva contare circa 600-700 abitanti, secondo le stime di P. Grillo, Cermenate e Asnago fra Medioevo ed Età Moderna: società, economia, isti-tuzioni, in Cermenate. Storia di un paese tra Como e Milano, a cura di E. Canobbio, Como 2001, pp. 91-113, a pp. 98-99.

69. ASMi, Pergamene per fondi, b. 120, 5 marzo 1271 e 7 marzo 1272.

70. APCer, b. 1, fasc. 3, A II / 1 (beneficio parrocchiale), 2 maggio 1484; ASMi, Ap-pendice Notai, b. 48, notaio Ottorino Riboldi da Besana, 22 gennaio 1486.

71. L’originale della donazione è conservato in APCer, Pergamene, n. 13, 23 settembre 1493; una sua copia fu trascritta da Burocco, Chronologia Serafica, p. 209.

72. ASMi, Amministrazione del Fondo di religione, b. 1743 [1805].

73. Burocco, Chronologia Serafica, p. 210; Wadding, Annales Minorum, XV, p. 59.

74. Burocco, Chronologia Serafica, p. 210; Wadding, Annales Minorum, XV, p. 59.

75. Subito dopo la morte di Antonio, inoltre, i sacerdoti residenti nel convento avreb-bero dovuto celebrare quattro messe in suffragio della sua anima, retribuite con la discreta somma di dieci fiorini ciascuna; per altri venticinque anni, inoltre, la memoria del defunto avrebbe dovuto essere perpetuata da un annuale: ASMi, Notarile, b. 4172, notaio Ambro-gio Riboldi da Besana, 7 febbraio 1499.

76. ASMi, Notarile, b. 4172, notaio Ambrogio Riboldi da Besana, 5 aprile 1501.

77. ASMi, Notarile, b. 2977, notaio Francesco Pagani, 30 settembre 1503. Sul rilievo della chiesa nella devozione dei Carcano rinvio al saggio di Edoardo Rossetti, alla cui cor-tesia devo la conoscenza di questo testamento e di quelli di Beatrice Visconti Carcano e di Gerolamo Carcano.

78. ASMi, Notarile, b. 4173, notaio Ambrogio Riboldi da Besana, 28 febbraio 1511 e 27 febbraio 1513.

79. ASMi, Notarile, b. 3771, notaio Giovanni Pietro Carcano, 10 settembre 1525. Nell’elenco dei legati dei Carcano destinati a Santa Maria in Campo non figura il nome di Donato, che aveva fattivamente partecipato alla cessione della chiesa ai Minori osservanti ma che privilegiò il convento milanese di Sant’Angelo; nel 1522, invece, fu sua moglie, Beatrice Visconti, a destinare venticinque scudi alla chiesa di Cermenate, nonostante avesse stabilito la propria sepoltura nella cappella di famiglia nel convento milanese: ASMi, Nota-rile, b. 2983, notaio Francesco Pagani, 22 febbraio 1522.