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MODALITÀ INSEDIATIVE E STRUTTURE AGRARIE NELL'ITALIA MERIDIONALE IN ETÀ ROMANA a cura di Elio Lo Cascio e Alfredina Storchi Marino ED l PUGLIA Bari 2001

La regione vesuviana tra II e VI secolo d.C

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MODALITÀ INSEDIATIVE E STRUTTURE AGRARIE

NELL'ITALIA MERIDIONALE IN ETÀ ROMANA

a cura di Elio Lo Cascio e Alfredina Storchi Marino

~ ED l PUGLIA

Bari 2001

GIANLUCA SORICELLI

LA REGIONE VESUVIANA TRA SECONDO E SESTO SECOLO D.C.

Il quadro che solitamente si propone dell'area vesuviana per il periodo suc­cessivo all'eruzione del 79 d.C. è quello di un territorio che, sconvolto dall'e­vento vulcanico, avrebbe stentato a riprendersi fino agli inizi del III secolo: un'area ormai desertificata, priva di vegetazione, arida, spopolata 1• Tranne sporadiche eccezioni, si è in genere ritenuto- pur con diverse sfumature- che i funzionari imperiali, abbandonata l'idea di ricostruire Pompei ed Ercolano, si siano limitati a sistemare i superstiti nelle città vicine, provvedendo per queste ultime al restauro dei monumenti danneggiati dalla catastrofe ma sen­za operare interventi sul territorio; in età adrianea, in un territorio ancora sconvolto dall'eruzione, si sarebbe provveduto a ripristinare la viabilità tra Neapolis, Nuceria e Stabiae per favorire i collegamenti diretti tra questi cen­tri; solo verso la fine del II/inizi III secolo avrebbe avuto inizio una lenta rioc­cupazione del territorio, documentata da pochi nuclei di sepolture e da spora­dici edifici.

Tuttavia, pur nei limiti imposti dalla documentazione a disposizione, sem­brano sussistere elementi sufficienti per proporre una diversa ricostruzione del processo di recupero dell'area vesuviana ali' indomani dell'eruzione pliniana, realizzato sì in più tappe ma già in fase più che avanzata agli inizi del III secolo.

All'indomani della devastante eruzione, per soccorrere la regione Tito no­minò due magistrati straordinari, i curatores restituendae Campaniae e so­stenne integralmente le spese per la ricostruzione dotando i due magistrati di

1 La prima parte di questo lavoro riprende quanto già scritto in Soricelli 1997a, cui si ri­manda per i riferimenti bibliografici. Nuove rassegne delle evidenze archeologiche posteriori al 79 d.C. in Pagano 1995-1996 e De Carolis 1997.

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mezzi finanziari tratti dalla sua cassa personale e ai quali trasmise anche i be­ni di quanti, senza aver lasciato eredi, erano stati vittime della catastrofe, evi­dentemente avocati al fiscus imperiale in quanto bona vacantia; l'anno suc­cessivo lo stesso imperatore sarebbe venuto in Campania per visitare i luo­ghi 2•

Le fonti non dicono quale sia stata l'attività svolta dai curatores, con il cui intervento sono poste in relazione una serie di iscrizioni, databili tra 1'80 e 1'82 d.C, rinvenute a Napoli, Nola, Nocera, Sorrento e Salerno 3; in esse si menziona il restauro di monumenti pubblici cittadini danneggiati a terrae mo­tibus, ovvero dai fenomeni tellurici che avevano accompagnato l'eruzione, sebbene non siano escluse eventuali allusioni ai danni provocati dai terremoti che avevano colpito l'area tra il 62 e il 79 d.C. La loro azione- un'eco della quale si può cogliere in alcuni noti versi di Stazio che, rivolgendosi alla mo­glie, nota come la vita nelle città campane stesse riprendendo i suoi ritmi nor­mali alludendo, in tale contesto, a Stabias ... renatas 4 - non deve essersi limi­tata, tuttavia, al restauro di pochi monumenti urbani, ma è da credere che uno dei compiti loro affidati- se non il principale- sia stato il recupero delle cam­pagne, per ridefinire i limiti fondiari e permettere una ripresa della produzio­ne agricola 5• Ciò è evidente soprattutto nel territorio nocerino ove sono state individuate due centuriazioni che hanno strutturato, in momenti diversi, il pae­saggio agrario della regione e che ancora oggi influenzano largamente l' orga­nizzazione del parcellare rurale: «Nuceria l», i cui resti più evidenti sono vi­sibili tra Nocera (a est) e S. Marzano/Angri (a ovest); «Nuceria Il», ben più marcata nel territorio ed estesa dalla linea di costa fino alle pendici dei monti Lattari 6• La più antica delle due è «Nuceria l», certamente anteriore all'eru­zione 7 e da questa parzialmente cancellata. Lo scavo recente di due limites,

2 Suet. , Tit. 8, 4; Cass. Dio, LXVI, 24, 3-4. La politica a favore dell'area vesuviana deve aver costituito uno dei punti cardini della politica di provvidenze sociali svolta da Tito e può essere si­gnificativo a tale riguardo che l'accento posto da Cassio Dione sul rifiuto ad utilizzare i fondi messi a sua disposizione da privati cittadini, città e sovrani alleati , ritorni nel luogo svetoniano re­lativo alla ricostruzione dei quartieri e dei monumenti pubblici di Roma distrutti dall'incendio dell'80, ricostruzione che Tito volle ugualmente sostenere impiegando solo i propri mezzi .

.1 Napoli: CIL X.1481; Nola: Simonelli 1972, 386-387; Nocera: Johannowsky 1986; Sorren­to: Not.Sc. 1901, 363; Salerno: Paci 1991.

4 Stat., Sii v. IV, 4, 84-85; III, 5, l 04. ' Il chiarimento e la ridefinizione dei limiti fondiari è stato un problema avvertito con ur­

genza nell'area vesuviana all'indomani , ad esempio, dell'eruzione del 1631, vd. Marturano­Scaramella 1997, 120.

" Sui due sistemi (il primo orientato 2°N, modulo di 710; il secondo I4°30'W, modulo di 708 m) vd. Esposito 1994, 117; Chouquer et alii 1987, 212-214, figg. 76-77; 228, 230-231.

1 Potrebbe essere in rapporto con la deduzione coloniale di età augustea (Lib. Col. I, 235-236 La.; così Chouquer et alii 1987, 228; Esposito 1994, 117) o, in alternativa, con la deduzione ne­roniana (Tac., A nn. XIII, 31, 2).

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sepolti dai prodotti piroclastici e non più riattivati, che ben si integrerebbero nella trama della centuriazione, mostra come quest'ultima si estendesse verso Pompei oltre i limiti accertati a suo tempo dal Castagnoli, fino a raggiungere, verosimilmente, il corso del Samo 8• La sopravvivenza di «Nuceria l» nel pae­saggio agrario attuale suggerisce una sua parziale riattivazione dopo l' eruzio­ne del 79 d.C., probabilmente limitata, a giudicare dalle tracce superstiti, al territorio immediatamente a nord e a ovest di Nocera e funzionale ad un pri­mo recupero degli spazi agricoli; ciò potrebbe essere confermato dal rinveni­mento di un breve tratto stradale, realizzato sulle ceneri del 79 d.C. al di so­pra del decumanus della centuriazione 9, del quale, evidentemente per ripristi­name la funzionalità, ricalca il tracciato e l'orientamento. Per le sue finalità, l'operazione deve aver avuto luogo negli anni immediatamente successivi al­l'eruzione e potrebbe rientrare nell'ambito degli interventi realizzati dai cura­tores restituendae Campaniae a favore di Nuceria, già documentati dall'iscri­zione relativa al restauro del teatro.

Una datazione posteriore al 79 d.C. può essere proposta anche per la centu­riazione che si estende tra Napoli, il Vesuvio e Taverna Nova: «Neapolis» 10• La cronologia suggerita in passato per questo sistema catastale - età augustea - si fonda sostanzialmente sulla identità di modulo e di orientamento con un secon­do sistema catastale, ~<Acerrae-Atella 1», che si estende immediatamente a nord di «Neapolis» senza però risultare integrabile con quest'ultimo all'interno della stessa griglia e che si riteneva essere ugualmente augusteo 11 • Le tracce più evi­denti si conservano lungo la fascia pedemontana del Vesuvio, in un'area pesan­temente investita dai prodotti piroclastici del 79 d.C. e ove in passato sono state scavate diverse ville rustiche sepolte dall'eruzione del79 d.C. 12• Lo spessore dei depositi piroclastici lungo tutta questa fascia induce a credere che, qualora «Neapolis» risalga all'età augustea, la centuriazione sia stata ripristinata all'in­domani dell'eruzione o, in alternativa, che sia stata realizzata dopo il 79 d.C., forse in relazione con le assegnazioni fondiarie che, secondo il Liber colonia­rum, Tito avrebbe realizzato nel territorio di Neapolis 13•

Analoghi interventi devono immaginarsi anche per i territori degli altri centri urbani- Nola, Surrentum, Salernum- colpiti dall'eruzione. È probabi-

R De' Spagnolis Conticello 1994, 54, 65 e 74, figg. 47 e 60, tav. l, nn. 38 e 43. 9 De' Spagnolis Conticello 1994, 53, figg. 45-46, tav. l, n. 36. 1° Chouquer et alii 1987, 207-208, fig. 70; 226-227. 11 Chouquer et alii 1987, 207, fig. 70; 226-227. Recenti lavori inducono a rialzare la data­

zione di «Acerrae-Atella l>> al II sec. a.C., vd. Giampaola 1997, 232. 12 Cfr. Soricelli 1997a, 150, nt. 57. 13 Lib.Col. I, 235, 15-19 La.; cfr. Chouquer et alii 1987, 227-228, nt. 396.

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le che ai curatores si debba anche un primo parziale ripristino della rete stra­dale e che la «rinascita» di Stabiae sia stata accompagnata dalla riapertura del­la strada che la collegava con Nuceria, evidentemente in funzione del nuovo ruolo di scalo marittimo del territorio nocerino assunto da Stabiae dopo la scomparsa del porto di Pompeii 14•

Le notevoli difficoltà che devono aver incontrato i funzionari imperiali a ricomporre il quadro del precedente assetto immobiliare e fondiario nei setto­ri maggiormenti colpiti dalla catastrofe potrebbero essere state all'origine del­la decisione di non ricostruire i due centri urbani sepolti dall'eruzione. Igno­riamo il destino di questi territori sul piano giuridico, tuttavia è poco probabi­le che sia stato possibile per gli antichi proprietari o i loro eredi tornare su fondi che non si era ormai più in grado di localizzare e terminare. Non sareb­be dunque da escludere che, come già i bona oppressorum ... quorum heredes non extabant erano stati rivendicati da Tito e destinati alla ricostruzione delle città campane, anche tali territori, nell'impossibilità di risalire alla precedente divisione fondiaria e ai rispettivi legittimi proprietari - sia che si fosse tratta­to di sopravvissuti all'eruzione, di eredi diretti delle vittime o, ancora, del­l' aerarium e/o del fiscus in base alla legislazione caducaria 15 - proprio dal fi­scus possano essere stati avocati in toto. Tale rivendicazione potrebbe aver avuto come base giuridica quella stessa normativa caducaria che aveva per­messo a Tito di avocare i bona delle vittime dell'eruzione o, in alternativa, rientrare nell'ambito della politica fondiaria perseguita da Vespasiano e da Ti­to, politica che nei suoi intenti rivela non solo interessi fiscali ma anche la preoccupazione di definire la condizione di terreni di incerto statuto sul piano agrimensorio, quali potevano essere appunto quelli sepolti nel 79 d.C. 16• L'e­ventuale passaggio di questi territori tra le proprietà imperiali potrebbe, peral­tro, ben giustificare perchè non si sia proceduto alla ricostruzione delle città sepolte, una decisione che potrebbe manifestare, piuttosto che la volontà di abbandonare al proprio destino aree non più economicamente vitali 17 , l'inte­resse dell'imperatore ad acquisire territori dalle note potenzialità economiche.

Nonostante questi primi interventi, la descrizione che a breve distanza di tempo dall'evento vulcanico alcuni autori - soprattutto Marziale e lo stesso Stazio - offrono della regione, ricordandone il precedente rigoglio, rende per­fettamente conto dell'aspetto desolato che essa aveva assunto e della minaccia

14 Sul ruolo di Stabiae quale porto di Nuceria all'indomani dell'eruzione, vd. Widemann 1990, 230; diversamente Esposito 1994, 112, secondo cui tale funzione sarebbe stata assolta dallo scalo di Vietri.

15 Sulla legislazione caducaria vd. Spagnuolo Vigorita 1978, part. 142-144. 16 Su tale politica cfr. Hinrichs 1989, 135-144. 17 Widemann 1990.

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ancora incombente del Vesuvio 18• Gli autori posteriori non aggiungono nulla di nuovo a quanto detto dai primi, soffermandosi sulla scomparsa di Pompei ed Ercolano, sepolte da ceneri e fango, e sulle cause dell'eruzione- interpre­tata come punizione divina - piuttosto che sulla storia successiva dei luoghi 19,

senza che nessuno di essi offra o sia interessato ad offrire una descrizione «geografica» dei luoghi all'indomani dell'eruzione.

Il solo autore ad offrire una rapida descrizione dell'ambiente vesuviano è Cassio Dione il quale fa precedere il racconto dell'eruzione pliniana da un'ac­curata descrizione del vulcano - probabilmente frutto di una conoscenza di­retta dei luoghi -così come doveva apparire negli anni in cui lo storico scri­veva, con le sue pendici coperte di alberi e vigneti 20, segno dunque non solo di una ormai avvenuta ricostituzione del manto arboreo ma anche di una pie­na ripresa delle attività agricole con un più o meno completo e precoce recu­pero delle superfici coltivabili (recupero necessariamente anteriore agli anni in cui scrive Dione) ed una popolazione rurale numericamente rilevante.

Ciò, evidentemente, contrasta con l'immagine più accreditata di un territo­rio sostanzialmente spopolato e pressocchè spoglio ancora alla fine del II -inizi III secolo. Tuttavia, almeno da un punto di vista «ambientale», non vi sa­rebbero stati impedimenti perchè, trascorso un breve arco di tempo, fosse sta­to possibile procedere ad una nuova messa a coltura delle aree sepolte e, d'al­tro canto, era ben noto in antico che i suoli vulcanici erano particolarmente produttivi e che i danni causati ai raccolti dai prodotti piroclastici erano, in un certo senso, bilanciati dalla accresciuta fertilità dei suoli negli anni successi­vi 21 • Dell'area vesuviana ciò è detto chiaramente agli inizi del VI secolo in una nota lettera di istruzioni che Cassiodoro, nelle sue funzioni di quaestor palatii di Teodorico, invia al prefetto Fausto: il sovrano ha deciso di accoglie­re la richiesta dei possessores neapolitani e nolani di esenzione dalla tassa fondiaria poichè i raccolti sono stati distrutti da un'eruzione del Vesuvio; tut­tavia, affinchè non vi siano frodi sull'entità dei danni subiti da ciascuno, Fau­sto deve nominare un ispettore che verifichi la realtà dei danni. Descrivendo

18 Mart., IV, 44; Stat., Silv. IV, 4, 78-80 sembra alludere al persistere di fenomeni vulcanici ancora negli anni intorno al 90 d.C. Sulle reazioni culturali ed emotive alla catastrofe vesuvia­na nella poesia di età flavia cfr. Polara 1997, 67-73.

19 Cfr. Soricelli l997a, 142-143. 2° Cass. Dio, LXVI, 21-22,1 (descrizione del Vesuvio); 22,2-23 (eruzione). Lo storico pos­

sedeva una villa a Capua e proprio nella città campana soggiornava nel 203 d.C. quando il Ve­suvio diede segni di attività, LXXVI, 2 (sull 'evento "vulcanologico" vd. Rosi - Santacroce 1986, 26). Anche a proposito di Baia- altra località campana- lo storico inserisce, mentre sta raccontando della costruzione del portus lulius da parte di Agrippa, una descrizione dei luoghi basata su conoscenze autoptiche (XLVIII, 51, 1-2).

21 Cfr. Strab., V, 4, 8 C 247 e VI, 2, 3, C 269; Procop., Bell.Goth., Il , 4, 29.

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gli effetti prodotti sui territori circostanti dalle eruzioni del Vesuvio, Cassio­doro sottolinea la fertilità delle ceneri vulcaniche e il veloce ricostituirsi del manto vegetale 22 • Il contesto di queste osservazioni è particolarmente signifi­cativo poiché l'eruzione che aveva spinto i proprietari neapolitani e nolani a rivolgersi a Teodorico- sulla cui datazione (505 o 512) torneremo in seguito - aveva colpito un'area che solo qualche decennio prima, nel 472, era stata devastata da un'eruzione di notevole violenza. Per quanto la descrizione cas­siodorea dell'attività vulcanica del Vesuvio possa essere «letteraria», le nota­zioni relative alla rapida ripresa della vegetazione suggeriscono una precisa conoscenza di quale fosse l'evoluzione dell'ambiente vesuviano all'indomani di fenomeni vulcanici, evidentemente fondata su quanto era stato osservato al­l'indomani delle precedenti eruzioni.

La documentazione archeologica, per quanto limitata, sembra confermare il quadro ambientale presentato da Cassio Dione, permettendo anche di preci­sare quando e con quali strumenti si è proceduto al recupero completo delle aree devastate nel 79 d.C.

È agli inizi del II secolo, durante i primi anni del regno di Adriano, che il recupero delle aree devastate dall'eruzione pliniana giunge a conclusione. Una serie di miliari databili agli anni 1201121 d.C. documentano, infatti, il rifaci­mento della rete stradale che serviva l'area vesuviana; rinvenuti a Napoli, Ca­stellammare di Stabia e Angri 23 , sono relativi alle strade che dovevano colle­gare Neapolis con Nuceria e quest'ultima con Stabiae. Nel caso della Nuce­ria-Stabias, è probabile, come accennato, che l'operazione adrianea sia stata preceduta da un primo parziale recupero del percorso ad opera dei curatores flavi, con la rimozione dei depositi vulcanici dalla sede stradale e la costru­zione ai lati, dove necessario, di muri di contenimento 24; se così fosse, il suc­cessivo intervento adrianeo, piuttosto che prevedere la rimozione delle ceneri dal piano stradale e la sua costruzione ex novo, dove lo scavo poteva risultare poco conveniente, potrebbe essere consistito in restauri al percorso o, meglio, nel sostanziale rifacimento della sede stradale ad una quota superiore, rical­cando, più o meno fedelmente, il tracciato anteriore 25 • La via da Neapolis a Nuceria, invece, deve essere stata necessariamente realizzata ex novo almeno nel tratto sigillato dalla spessa colata di fango che aveva sepolto Ercolano. Fi­nalizzato alla ripresa di comunicazioni dirette tra i tre centri, il ripristino del-

22 Cassiod., Variae IV, 50 (M.G.H., AA. XII, 137): Vomit fornax illa perpetua pumicas, sed fertiles harenas, quae /ice t diuturna fuerint adustione siccatae, in varios fetus suscepta germi­na mox producant et magna quadam celeritate ceperant quae pau/o ante vastaverant.

21 Napoli: CIL X. 6940; Castellammare di Stabia: CIL X. 6939; Angri: Varone 1965/84. 24 Miniera 1989, 244, n. 35; 265. 25 Cfr. Soricelli 1997a, 147.

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la rete viaria favoriva indubbiamente anche il reinsediamento nell'area, facili­tando i collegamenti tra i centri urbani e l'habitat rurale.

Necessaria premessa a tale reinsediamento era il procedere, attraverso nuove divisioni agrarie, alla riorganizzazione fondiaria della regione. «Nuceria Il», con il suo ampio sviluppo, sembra manifestare appunto l'intenzione di proce­dere ad una ristrutturazione integrale della valle del Samo e, soprattutto, della fascia più prossima alla costa, volta evidentemente ad un completo recupero delle aree colpite dall'eruzione del 79 d.C. Tale operazione agrimensoria costi­tuiva un atto giuridico-amministrativo necessario nel momento in cui si fosse inteso procedere alla riorganizzazione fondiaria del territorio ed è probabile, te­nuto conto che analoghe intenzioni paiono alla base del rifacimento della rete stradale, che le due operazioni siano state contemporanee. In ogni caso, è si­gnificativo che, in quest'area, lo sviluppo del nuovo insediamento rurale sem­bri coincidere o essere immediatamente posteriore a queste due operazioni: il complesso di via Lepanto a Pompei, costruito sulle ceneri del 79 d.C. sfruttan­do in parte le strutture di un edificio anteriore sepolto dali' eruzione, può essere datato al più tardi intorno alla metà del II secolo 26 , mentre la necropoli scavata agli inizi del secolo non lontano da Porta Vesuvio a Pompei comprendeva, tra le altre, due sepolture che hanno restituito monete di Antonino Pio e Lucio Vero 27 • Con questa precoce rioccupazione dell'area potrebbe essere ugualmen­te posto in relazione un piccolo gruppo di sepolture, alla cappuccina e in anfo­ra, rinvenute a Scafati e per le quali la presenza di una moneta di Domiziano offre come possibile terminus post quem gli inizi del II secolo 28 • Alla metà del II sec. potrebbe risalire anche un gruppo di sepolture rinvenute a Pimonte, una delle quali accompagnata da una lucerna con bollo KELCEI 29, mentre generi­camente al II sec. sono datate un gruppo di sepolture da S. Maria La Carità 30 e una tomba a camera rinvenuta a S. Antonio Abate 31•

A questo momento potrebbe risalire anche lo sfruttamento dell'area urbana di Pompei come cava di materiali. Come è noto, lo stato di spoglio dei princi­pali edifici e luoghi pubblici è stato interpretato come prova sia di uno stato di incompletezza degli stessi per il protrarsi dei lavori di restauro e ricostruzione dopo il terremoto del 62 d.C., sia di un recupero più o meno sistematico dei

26 Soricelli 1997a, 146. 27 Sogliano 1915, 501-502. 28 De' Spagnolis Conti celio 1994, 45 e n t. 81. 29 Mini ero 1989, 254-255, n. 73; sul bollo cfr. Bailey 1988, 102-103. Un altro esemplare con

bollo KELCEI, di provenienza sconosciuta, è in Scavi di Ercolano, VIII, Napoli 1792, tav. XXXVI.

30 Miniero 1989,251 , n. 61. 31 Miniero 1989, 254, n. 70.

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materiali da costruzione più pregiati, in particolare dei marmi, ad opera degli stessi scampati o per cura dell'amministrazione centrale all'indomani dell'e­ruzione; il problema non è secondario poiché a seconda dell'ottica scelta può risultare diversa la ricostruzione del quadro socio-economico di Pompei tra il 62 ed il 79 d.C. 32 La prima interpretazione, prevalente e fortemente sostenuta dal Maiuri (secondo cui la città sarebbe stata un immenso cantiere di lavoro) non sembra trovare conforto nei dati di scavo poiché, come di recente osser­vato, le tracce concrete di lavori di restauro/ricostruzione in corso a Pompei nel 79 d.C. sono nel complesso scarse; la seconda interpretazione- a cui si è ricorsi a più riprese per spiegare lo stato di incompletezza di alcuni dei mo­numenti pubblici ma che solo di recente è stata ripresa in maniera più organi­ca - appare senz' altro preferibile 33 • In particolare, è stato ipotizzato che il re­cupero sistematico dei metalli e dei marmi architettonici e di rivestimento de­gli edifici e delle aree pubbliche di Pompei sia stato organizzato nell'ambito delle attività svolte dai due curatores nominati da Tito e che l'operazione, dai costi certamente onerosi, sarebbe comunque risultata economicamente van­taggiosa per l'alto valore dei materiali recuperati poiché solo qualche anno più tardi - in età domizianea - il potenziamento delle attività estrattive avrebbe fornito Roma e l'Italia di una quantità di marmi policromi tale da ridume la rarità e il valore (e rendere, così, poco conveniente procedere al disseppelli­mento della città per il recupero dei marmi) 34•

È difficile dire se la quantità di marmi - policromi e non - e di materiali metallici in opera a Pompei prima dell'eruzione fosse tale da rendeme econo­micamente redditizio il recupero solo prima della fine del I secolo. Se ci si im­magina i principali edifici cittadini nel loro stato finito, si intuisce come le aree pubbliche di Pompei - che si può supporre fossero individuabili anche çlecenni dopo l'eruzione- possano aver costituito un'importante cava di ma­teriali edilizi, il cui sfruttamento può essere stato considerato economicamen­te vantaggioso anche dopo la fine del I secolo. Per quanto sia verosimile cre­dere che il recupero di materiali dall'area urbana si -sia protratto nel tempo e

32 Si confronti, ad es., il quadro tracciato da Zanker 1993, 139-146 con le osservazioni in Ze­vi 1994, 49-56. Per spiegare lo stato di incompletezza degli edifici pubblici ed il restauro in corso di edifici privati si è avanzata l'ipotesi, negli ultimi anni, di un secondo terremoto che avrebbe colpito l'area vesuviana negli anni 70, non registrato dalle fonti (cfr. i contributi rac­colti in AA.VV 1995); l'ipotesi sarebbe compatibile con i modelli geofisici che per la fase pre-79 d.C. prevedono una intensa fase sismica di cui il terremoto del 62 avrebbe costituito la ma­nifestazione più violenta ma, al momento, in assenza di indagini sistematiche sulle strutture murarie di Pompei, appare rischioso il tentativo di attribuire a tale ipotetico evento danni preCISI.

33 Zevi 1994, 53-54. 34 Zevi 1994, 55-56; cfr. Pensabene 1994, 282-283; 333.

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che nel corso dell'antichità e del medioevo si sia continuato a frugare nel la­pillo, è probabile che la gran parte dei materiali lapidei e metallici sia stata ca­vata in un arco di tempo nel complesso limitato, come suggerisce anche la si­stematicità dello spoglio, nell'ambito di un'attività razionalmente organizzata che richiedeva l'impianto di cantieri con attrezzature per il sollevamento ed il trasporto dei materiali cavati.

In alternativa a che ciò sia avvenuto prima della fine del I secolo, si può avanzare l'ipotesi che il recupero sistematico di marmi e metalli abbia avuto luogo poco più tardi, in età adrianea. Ciò potrebbe essere suggerito da un provvedimento di Adriano con il quale l'imperatore innovò la normativa sul rinvenimento dei tesori, stabilendo che in caso di scoperta una metà spettasse all'inventar l'altra al proprietario del fondo (privato, pubblico o fiscale) ; e tan­to più se, come è stato ipotizzato, il provvedimento riguardò innanzitutto le proprietà imperiali 35• Se così, la rioccupazione del territorio pompeiano e so­prattutto i lavori di scavo intrapresi nell'area della città antica (acquisita al­l'indomani della catastrofe dal fiscus imperiale) da parte- verosimilmente­di appaltatori privati potrebbero aver costituito la spinta ad innovare il regime dell'istituto, considerato che soprattutto i lavori di scavo nell'area urbana, per quanto finalizzati al recupero di marmi, bronzi e metalli non pregiati, avranno certamente condotto al rinvenimento di oggetti in metalli preziosi ponendo i l problema della legittima proprietà dei «tesori» rinvenuti in una scala decisa­mente maggiore rispetto al passato, tale da rendere necessario l'intervento norma ti v o dell'imperatore.

In ogni caso, il processo di reinsediamento sembra contemporaneo anche nel resto del territorio vesuviano. Ad esempio, a Ponticelli (Napoli), alle pen­dici nord-occidentali del Vesuvio, in anni recenti è stata scavata una villa ru­stica, associata ad una non estesa necropoli. L'impianto, di almeno 2000 mq., è stato costruito sui prodotti piroclastici del 79 d.C. a poche decine di metri da una più antica villa rustica - diversamente orientata - sepolta dall'eruzione pliniana; realizzato in età adrianea (come indica la ceramica presente nelle fosse di fondazione), vede ristrutturata e ampliata la parte residenziale nella prima metà del III sec. e solo nel corso del VI sec. il complesso sembra esse­re abbandonato. Le sepolture più antiche della necropoli, solo parzialmente indagata, sono collocabili verso la metà del II sec. o poco dopo 36

35 Gai., Inst. , ILI, 39; SHA, Hadrian. , 18.6; sulla normativa in materia cfr. Lauria 1955; l'i­potesi che il provvedimento possa aver riguardato inizialmente solo le proprietà imperiali è in Guarino 1981, 564-565.

36 Cfr. Archeologia e trasformazione urbana, 61-66.

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Anche a est di Ponticelli, sono segnalate strutture e materiali che testimo­niano la precoce rioccupazione di aree pesantemente investite dall'eruzione: due ampi complessi, uno dei quali a destinazione cultuale, realizzati in opera laterizia e datati al pieno II sec. sono stati rinvenuti nel comune di Pollena Trocchia 37 ; lungo le pendici del Vesuvio tra S. Anastasia e Somma Vesuviana, ricerche di superficie hanno permesso di individuare una serie di siti certa­mente posteriori all'eruzione pliniana e occupati, a giudicare dalla ceramica raccolta, tra la metà del II ed il V-VI secolo 38 mentre, a S. Sebastiano al Ve­suvio, lo scavo di una estesa villa rustica sepolta dall'eruzione del 79 d.C. ha permesso in passato di individuare una serie di strutture costruite sopra i ma­teriali erutti vi 39.

Anche la fascia costiera, tra Portici e Torre del Greco, ha restituito testi­monianze di una precoce rioccupazione: da Portici proviene l'iscrizione fune­raria di una Cerina Restituta, databile alla seconda metà del II sec. 40, mentre dal territorio a monte di Resina, a Ercolano, proviene una dedica a Silvano po­sta da Communis, saltuarius di un C. Petronius, iscrizione che gli editori del CIL datano al II sec. 41 A Torre del Greco, in località Sora, sono stati di recen­te portati in luce alcuni ambienti costruiti dopo il 79 d.C. sui resti di una gran­de villa distrutta dall'eruzione pliniana e ivi è stata rinvenuta una piccola ara marmorea con iscrizione, datata verso la fine del II o nel III secolo, in cui si parla di un lucus Iovi 42 ; poche centinaia di metri più a sud, in località Ponte di Rivieccio, al di sopra di una villa distrutta dall'eruzione (la «Terma-Ginnasio» indagata alla fine del secolo scorso dal Novi), sono stati portati alla luce un esedra semicircolare, un vano mosaicato e installazioni idriche; l'esedra, in particolare, sembra crollare ed essere abbandonata agli inizi o entro la prima metà del III sec. 43 È da notare, peraltro, come il procedere del reinsediamento si accompagni allo sviluppo di una nuova rete di aree cultuali, come suggeri­scono tanto la dedica a Silvano quanto l'indicazione, sull'ara da villa Sora, di un lucus lavi.

I complessi di via Lepanto a Pompei, di Ponticelli e di S. Sebastiano erano tutti dotati di impianti per la lavorazione dei prodotti agricoli, e in particolare di impianti per la torchiatura dell'uva (di certo a S. Sebastiano, dove in uno degli ambienti realizzati dopo il 79 d.C. era sistemato un torchio, e probabilmente a

37 Pagano 1991-1992. 38 Soricelli 1997a, 146. 39 Ce rulli Ire Ili 1965. 4° CIL X. 1477; per le modalità del rinvenimento vd. Minervini 1857. 41 CIL X.l409; sulla figura e le funzioni del saltuarius vd. Carlsen 1996. 42 Pagano 1993. 43 Pagano 1993-1994b.

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Ponticelli). È di estremo interesse osservare che la produzione viticola riprende subito ad essere esportata utilizzando anfore sia del tipo Dr. 2/4 che di un tipo che da queste sembra derivare tipologicamente e che le analisi delle argille per­mettono di attribuire all'area vesuviana. Delle prime, un gruppo consistente di esemplari- e, tra essi, due con tituli recanti uno l'indicazione Sur(rentinum vinum), l'altro la data consolare del124 d.C.- è stato rinvenuto a a Saint-Ro­main-en-Gal (Rhòne) in contesti di fine II-III 44 ; del secondo tipo di contenitore - prodotto tra II e III sec. in almeno 4 zone dell'area tirreni ca, una delle quali, per la presenza di inclusi caratteristici, è identificabile con l'area vesuviana­gli esemplari con argilla vesuviana paiono concentrarsi in Britannia 45 •

Quando, dunque, nei primi anni del III secolo Cassio Dione descrive le pendici del Vesuvio, il processo di rioccupazione dei territori circostanti do­veva realmente essere in una fase ormai avanzata, con il rinnovato sviluppo, favorito dalla fertilità dei suoli, di colture specializzate.

Nel corso del III sec. l'insediamento sembra infittirsi: da segnalare, in parti­colare, da Boscoreale il mosaico in bianco e nero con raffigurazione di Venere seduta su una conchiglia e ai lati due centauri marini, databile al più tardi entro la prima metà del III sec. 46 ; esso decorava uno degli ambienti non riscaldati di un impianto termale di notevoli dimensioni, probabilmente integrato nel com­plesso di una villa. Ambienti termali, posteriori al 79 d.C. ma di non meglio pre­cisata cronologia, sono segnalati anche a Ercolano, dove certamente nel corso del III sec. inizia ad essere utilizzata la necropoli di via Doglie 47 ; ancora nel III sec. sembra essere utilizzata la necropoli del Granatello a Portici 48 •

Difficile, allo stato attuale, delineare quali possano essere stati gli sviluppi successivi, stante il carattere lacunoso e casuale della documentazione costi­tuita prevalentemente da sepolture - in gruppi o isolate - spesso di difficile in­quadramento cronologico, sì che l'impressione di un ulteriore infittirsi del­l'insediamento tra IV e V sec. potrebbe anche dipendere dalla difficoltà a da­tare con precisione i singoli rinvenimenti. In ogni caso, nel corso del IV sec. si provvede a più riprese al restauro della rete stradale come mostra una serie di miliari di Massenzio, Costantino e, infine, di Valentiniano, Teodosio e Ono­rio 49 • I materiali ceramici mostrano, inoltre, la continuità di vita del comples-

44 Desbat-Savay Guerraz 1990. 45 Arthur-Williams 1992. 46 Stefani 1998, 366-367, fig. 8. L'indicazione delle onde marine mediante linee nere paral-

lele sembra essere una caratteristica dei mosaici di età severiana, cfr. Becatti 1961, 340. 47 Pisapia 1982. 48 CIL X. 8189; Pagano 1995-1996,41. 49 CIL X. 6936-6938 (S. Giovanni a Teduccio; Ercolano); Not. Scavi 1894, 315 (Sorrento);

D'A vino 1985 (Somma Vesuviana).

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so di via Lepanto, occupato almeno fino alla metà o poco dopo del V sec. e le cui strutture sono in ultimo obliterate dai materiali piroclastici dell'eruzione del 472 d.C. Almeno fino al VI sec. è occupata anche la villa di Ponticelli e lo stesso vale per i siti individuati sul versante settentrionale del Vesuvio tra S. Anastasia e Somma Vesuviana. La necropoli di via Doglie è anch'essa utiliz­zata almeno fino al V sec. mentre in località Sora, la frequentazione del sito prosegue fino alla fine del V -inizi VI sec. Non vi sono elementi per dire se e quali fossero le colture agricole privilegiate, tuttavia il riferimento di Ausonio ai vigneti del Vesuvio, se non ha carattere letterario, potrebbe essere indizio di una relativa vitalità della viticoltura nell'area vesuviana ancora sullo scorcio del IV sec. 50

Il materiale ceramico, sia dalle ville che dalle necropoli, mostra una preva­lenza delle importazioni dalla Tunisia. Da questa regione e dalla Tripolitania provengono infatti le anfore riutilizzate nelle varie aree di necropoli 51 e una decisa prevalenza di anfore tunisine si osserva anche a via Lepanto, dove compaiono anche sporadici frammenti iberici e orientali. La ceramica fine è ugualmente di provenienza per lo più africana ma ad essa si affiancano cera­miche di produzione locale (come indica l'argilla dagli inclusi caratteristici), che imitano puntualmente le forme africane 52 o che ad esse semplicemente si ispirano; in particolare, è da segnalare una serie di piatti apodi e scodelle più o meno profonde, ben documentata tra la ceramica tardo-antica di via Lepan­to 53 • Di produzione locale o regionale è anche una serie di boccalini e broc­chette dalla superficie esterna lucidata a stecca ben documentata a via Lepan­to ma attestata anche nei corredi funerari 54 .

L' intensa attività piroclastica del Vesuvio tra la fine del V e gli inizi del VI ha certo inciso sull'insediamento dell'area che, tuttavia, doveva già aver ri­sentito dell'incerta situazione deteiTIJinatasi nella regione nei decenni prece-

50 Mos., 210. Alle campagne vesuviane potrebbe alludere anche il bucolico quadro di Anth. Lat. 83, 78R, cfr. Polara 1997, 75.

51 Cfr. Pisapia 1982, tavv. XI-XIV. 52 Sori ce l li 1997b; all'imitazione di vasellame africano sembra essersi affiancata quella del­

le lucerne: una produzione vesuviana è stata infatti suggerita per una serie di lucerne che imi­tano il tipo africano Atlante X, vd. Jacobelli-Garcea 1991-1992, 137, nn. 11-12, fig . 3; 144.

53 È da rilevare l'assenza a via Lepanto di ceramica fine africana posteriore agli inizi del V, laddove sono attestate ceramiche dipinte (ad es. un esemplare di brocca tipo Arthur 1994, for­ma 94) e ceramiche da fuoco (ad es. frammenti del tipo Carsana 1994, forma 2) databili dalla metà del V sec.

54 Vd. ad es. , le due brocchette biansate rinvenute a S. Anastasia (Parma - Gifuni 1987) e a Pompei (De Carolis 1997, 17-19; AA.VV. 1998a, 115, Q1; il tipo è attestato anche a Napoli, Arthur 1994, forma 145). Per la cronologia di questa serie cfr. Arthur 1994, 211 ; gli esemplari da via Lepanto sono anteriori al 472 d.C. Da una sepoltura nei pressi di Boscoreale proviene il tipo monoansato in CVA, U.S .A. 3, Michigan l (Cambridge, Mass. 1933), tav. XL, 13.

LA REGIONE VESUVIANA TRA SECONDO E SESTO SECOLO D.C. 467

denti 55 • Secondo le fonti letterarie vi sarebbero state almeno tre eruzioni, nel 472, nel 505 e nel 512 56• Tanto la datazione di queste eruzioni quanto la loro realtà storica sono ancora oggetto di discussione, per quanto si osservi una certa tendenza a non dare credito alle notizie delle fonti. Sebbene si tenda a scartare dal numero delle eruzioni vesuviane quella del 505, considerata du­plicazione di quella del 472, ovvero a ipotizzare un unico evento occorso tra il 472 ed il 507/511 57 combinando insieme le rubriche del chronicon di Mar­cellinus Comes e del Paschale Campanum con la succitata lettera di Cassio­doro, sembra difficile poter negare la realtà dell'eruzione del 472, strettamen­te legata ad una ben salda tradizione costantinopolitana. La lettera di Cassio­doro, da parte sua, non permette alcuna ipotesi sull'entità dei danni causati dall'eruzione; la dinamica dell'episodio e la cautela mostrata sia dalle autorità periferiche che dall'amministrazione centrale, che predispone la nomina di un ispettore e chiede che si compia un accurato esame dei danni riportati da cia­scuno, potrebbero anzi indicare che l'eruzione avesse sì prodotto danni ma che questi fossero stati in fondo limitati. D'altra parte, danni alle colture tali da motivare la richiesta di un periodo di esenzioni fiscali possono essere de­terminati anche da eruzioni di modesta intensità e scarso impatto sul territorio.

La lettera di Cassiodoro dimostra, in ogni caso, che un'eruzione è occorsa agli inizi del VI sec. immediatamente prima o durante l'esercizio della sua quaestura palatii. Questa si colloca tra il 507 ed il 511 poiché dai riferimenti presenti nessuna delle lettere redatte nel corso di tale ufficio è databile con si­curezza prima o dopo tali date: è stata avanzata l'ipotesi che Cassi odoro po-

55 Cfr. Cassola 1991. 144-145. Il progressivo abbandono dei terreni coltivati sembra costi­tuire già un problema alla fine del IV sec., come si ricava da un provvedimento di Onorio che, nel 395, offre sgravi fiscali per consentire la rimessa a coltura in Campania di 132.000 ettari di terre desertate e incolte (CTh. XI, 28, 2); non sappiamo quali risultati ottenne il provvedimen­to, certo la situazione dovette aggravarsi qualche anno più tardi quando la regione è devastata dai Visigoti che saccheggiano Nola (cfr. Aug. De civ. dei, l, IO circa la prigionia presso Alari­co di san Paolina di Nola); alla partenza di questi ultimi, nuovi sgravi fiscali alla Campania so­no concessi dapprima per un quinquennio nel 413 (CTh. XI, 28,7) e ancora nel 418 (CTh. Xl, 28, 12). Gli effetti del passaggio dei Visigoti sull ' assetto fondiario dell'Italia saranno avvertiti ancora a distanza di anni se nel 451 Valentiniano III stabilisce la non perseguibilità dei curiali che avevano venduto le loro terre dopo il passaggio di Alarico (Nov. Val. XXXII, 5-6). Nel 455 la Campania è nuovamente investita dai Vandali che saccheggiano Capua e Nola e devastano le campagne, deportando in Africa parte della popolazione rustica (secondo Greg. Magn., Dia/. III, l e Pau!. Diac., Hist. Rom., XIV, 17, p. 207: FSIISS saec. VIII, Roma 1914, 201, rr. 11-19 il vescovo san Paolina- morto però già dal 431 -avrebbe assistito anche al saccheggio vanda­lico del 455, adoperandosi per riscattare i nolani deportati).

56 Rispettivamente Marcellinus Comes, Chronicon, M.G.H., A.A. XI, p. 90, a. 472; Paschale Campanum, M.G.H., A.A. IX, p. 330, a. 505 e 512.

57 V d. G. Colucci Pescatori 1986, 137-138; Pagano 1995-1996, 35-37 tra le due date- 472 e 505 - ritiene più probabile la seconda per la testimonianza offerta dalla lettera di Cassiodoro; in questo senso anche Albore Livadie et a/ii 1998, 71 .

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tesse essere in carica già nel 506 mentre la possibilità che lo fosse ancora nel­la seconda metà del 512 si basa esclusivamente sul possibile rapporto tra la lettera in questione e l'eruzione che il Chronicon Paschale pone nel 512 58•

Tuttavia, la quaestura palatii era una carica in genere annuale e di conse­guenza il possibile periodo di incarico di questo personaggio (507 /511) do­vrebbe essere ulteriormente ridotto risultando improbabile che egli possa aver ricoperto tale officium per un quinquennio (e più, se lo si volesse ritenere in carica ancora nel 512). Difficile, dunque scegliere tra le due date- 505 o 512 - , tuttavia la prima, in considerazione della durata media della quaestu­ra palatii, sembrerebbe, nonostante tutto, la più probabile.

Le indagini sul terreno permettono di identificare con i prodotti dell' eru­zione del 472 gli spessi depositi piroclastici visibili lungo le pendici nord e nord-est del Vesuvio (ove colmano le strette paleovalli radiali al cono del vul­cano diminuendo di spessore quando queste si allargano in pianura) e deposi­ti di caduta (pomici e ceneri) che giungono, verso nord-est, fino ad Avellino e Atripalda 59 . Con questa eruzione sono stati posti in relazione anche una serie di depositi di caduta individuati a ovest e a sud/sud-est del vulcano, a Torre del Greco, Pompei, Scafati e Poggiomarino, spessi, almeno a Pompei, ca. 50 cm, segno che anche le campagne su questi versanti del vulcano uscirono dal­la catastrofe danneggiate. Livelli piroclastici relativi all'eruzione del 472 co­prono l' impianto di via Lepanto segnando ne l'abbandono anche se forse non completo poiché almeno in un'area dello scavo tali livelli sembrano mancare; anche a Scafati, l'impianto in loc. Cartucciera, costruito nel IV sec. sfruttando strutture anteriori, crolla per le scosse sismiche che accompagnarono l' eruzio­ne e viene coperto da lapilli e cenere 60 . L'impianto di villa Sora sembra esse­re stato abbandonato verso la fine del V- inizi VI sec., forse a causa dei dan­ni subiti per l'eruzione, ma l'area dovette continuare ad essere occupata se è possibile identificarla con Sola, una delle località da cui Belisario avrebbe tratto gli abitanti per ripopolare Napoli nel 536 61 ; poco più lontano, l'eruzio-

58 Martindale 1980, 266; per quanto riguarda il prefetto Fausto, destinatario della mis si va, costui rivestì tale carica certamente tra il 509 e gli inizi del 512 ma non è da escludere che pos­sa essere stato in carica già prima di questa data poiché nessun altro prefetto è ricordato nelle prime lettere di Cassiodoro; anche nel suo caso, la possibilità che fosse ancora in carica nel lu­glio del 512 si fonda sull'eventuale identificazione tra l'eruzione menzionata nel chronicon e quella ricordata nella lettera cassiodorea, v d. Martindale J 980, 455.

59 Rosi - Santacroce 1986, 26-27. Depositi piroclastici posti in relazione con l'eruzione del472 sono presenti nel nolano (cfr. Sampaolo 1986, 116 e 118, nt. 28; La Forgia 1986, 94; De Caro 1997, 430-431; Albore Livadie et alii 1998 che tuttavia li pone in relazione con l'eruzione del 505), ad Avella (cfr. AA.VV. 1998b, 92), a Taurano (A v, cfr. AA.VV. 1998b, 72-75), ad Atripalda (Abellinum, cfr. Colucci Pescatori 1986; Colucci Pescatori- Fariello Samo 1989, 633-634).

60 De Spagnolis Conticello 1995, l 00-102. 61 Land. Add. Ad Pauli Historiam Romanam, XVIII, 222 (M.G: H. A.A. II, Berlin 1879, 373);

Pagano 1995-1996, 37.

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ne determinò il crollo di un mausoleo tardo-antico e i depositi piroclastici ne coprirono gli strati di crollo 62 • A Poggiomarino, in loc. Ceraso, i depositi pi­roclastici coprono le strutture di una villa occupata fino alla prima metà del V sec. ma già abbandonata quando ebbe luogo l'eruzione 63 •

Meno chiara è l 'identificazione al suolo delle eruzioni successive: livelli piroclastici posti in relazione con l'eruzione del 512 sono stati individuati a Terzigno e soprattutto nel settore nord-orientale del Vesuvio 64 ; ad essi si so­vrappone, intercalato da un sottile paleosuolo, un secondo livello di prodotti di caduta, eventualmente da identificarsi con l'eruzione del 685, pure caratte­rizzata da attività esplosiva, che produsse forti danni nelle campagne circo­stanti 65, e a cui potrebbero attribuirsi anche i depositi piroclastici individuati a Torre del Greco (villa Sora, mausoleo di via Tripoli) 66 .

Nonostante il ripetersi delle manifestazioni vulcaniche e i danni da esse in­flitti al territorio e alle colture, nel corso della prima parte del VI sec. il terri­torio vesuviano sembrerebbe conservare una relativa vitalità: le campagne de­vastate dall'eruzione del472 erano, infatti, nuovamente coltivate agli inizi del VI come mostra la lettera di Cassiodoro al prefetto Fausto e agli inizi della guerra gotica, Belisario ricorrerà anche agli abitanti degli agglomerati dell'a­rea vesuviana per rinsanguare la popolazione napoletana 67 •

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