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Comunicazioni sociali Rivista di media, spettacolo e studi culturali Anno XXVIII Nuova serie Sezione Teatro N. 2 Maggio-Agosto 2006 IMMAGINI DELLO SPAZIO E SPAZIO DELLA RAPPRESENTAZIONE a cura di Andrea Spiriti e Giovanna Zanlonghi Poste Italiane SpA spedizione in Abb. Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004 nº 46) art. 1, comma 1, DCB Mi

CS 2/2006 - Immagini dello spazio e spazio della rappresentazione. Percorsi settecenteschi fra arte e teatro

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«Comunicazioni sociali» 2/2006€ 14,00

Comunicazioni socialiRivista di media, spettacolo e studi culturali

Anno XXVIII Nuova serieSezione Teatro

N. 2 Maggio-Agosto 2006

IMMAGINI DELLO SPAZIO ESPAZIO DELLA RAPPRESENTAZIONE

a cura di Andrea Spiriti e Giovanna Zanlonghi

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In copertina:Giovanni Carlo Sicinio Bibiena (Carlo Carloni figurista), Affreschi del salone delle feste di Villa Lechi, Montirone (BS)

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Colori compositi

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ISSN 0392-8667

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UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE MILANO

Anno XXVIII Nuova serieSezione TeatroN. 2 Maggio-Agosto 2006

Immagini dello spazio espazio della rappresentazionea cura di Andrea Spiriti e Giovanna Zanlonghi

COMUNICAZIONI SOCIALI

In caso di mancato recapito si restituisca al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa

Pubblicazioni dell’Università CattolicaLargo Gemelli 120123 Milano

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Rivista di media, spettacolo e studi culturali

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© 2006 Vita e Pensiero - Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro CuoreProprietario: Istituto Giuseppe Toniolo di Studi SuperioriÈ vietata la riproduzione degli articoli senza il preventivo consenso dell’Editore

Abbonamento annuo: per l’Italia € 37,00 - per l’Estero € 53,00Prezzo del presente fascicolo: per l’Italia € 14,00 - per l’Estero € 19,00Conto Corrente Postale 989202

Redazione e Amministrazione: L.go Gemelli, 1-20123 Milano (tel. 7234.2368 red.; 7234.2310 amm.)Direttore responsabile: Gianfranco Bettetini

Registrazione del Tribunale di Milano 30 novembre 1973, n. 446

Copertina: Andrea MussoComposizione: Gi&Gi, Tregasio di Triuggio (Mi)Stampa: Tipolito Uggè di Bottelli Santino, Crema (Cr)

Finito di stampare nel mese di febbraio 2007Pubblicità inferiore al 45%

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Comitato scientificoCLAUDIO BERNARDI, GIANFRANCO BETTETINI, ANNAMARIA CASCETTA, FRANCESCO CASETTI,FAUSTO COLOMBO, SISTO DALLA PALMA, RAFFAELE DE BERTI, BRUNO DE MARCHI †,RUGGERO EUGENI, CHIARA GIACCARDI, GUIDO GOLA †, ALDO GRASSO, VIRGILIO MELCHIORRE,SILVANO PETROSINO, PIER CESARE RIVOLTELLA, GIORGIO SIMONELLI

DirettoreGIANFRANCO BETTETINI

RedazioneCHIARA GIACCARDI, coordinatoreMASSIMO LOCATELLINICOLETTA VITTADINILAURA PEJA, segretario

COMUNICAZIONI SOCIALIRivista di media, spettacolo e studi culturali

A CURA DEL DIPARTIMENTO DI SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE EDELLO SPETTACOLO E DELL’ALTA SCUOLA IN MEDIA, COMUNICAZIONEE SPETTACOLO

pubblicazione quadrimestrale

Anno XXVIII Nuova serieSezione TeatroN. 2 Maggio-Agosto 2006

La pubblicazione di questo fascicolo ha ricevuto il contributo finanziario dell’Università Cattolica nell’anno 2004,sulla base di una valutazione dei risultati della ricerca in essa espressa.

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Sommario

ANDREA SPIRITI - GIOVANNA ZANLONGHIPresentazione

ANDREA SPIRITIIl primo e il secondo rococò: arte e spazio

PIETRO DELPEROLo spazio dei giardini nel Settecento come spazio teatrale.L’esempio del Nymphenburg a Monaco di Baviera

LAURA FACCHINI nuovi spazi della vita e della ritualità di corte a Varese.I soggiorni di Francesco III d’Este duca di Modena (1765-1780)

VITTORIA ORLANDI BALZARITeatralità, spazio e arredamento rococò.L’esempio della famiglia Verri

RENZO GUARDENTIGiochi di figure e d’ombre nel secolo dei Lumi.Note su alcune visioni del Settecento teatrale

GERARDO GUCCINIDalla quadratura alla scenografia.Riflessioni sul ‘teatro’ dei Bibiena

LUCIA VALCEPINAUn ‘luogo’ d’incontro tra le arti.Interpretazione e simbologia dello spazio scenico nella trattatisticasettecentesca

IMMAGINI DELLO SPAZIO E SPAZIO DELLA RAPPRESENTAZIONEPercorsi settecenteschi fra arte e teatro

a cura di Andrea Spiriti e Giovanna Zanlonghi

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La stessa qualificazione semantica ed etimologica dei concetti di teatro e spettacolo(greco theâomai, guardare; latino spectare, osservare) specifica il nesso intrinseco frale arti e il teatro, raccordandole sulla base dell’esperienza del guardare e dell’eserciziodella vista. Una storia ormai millenaria ha mostrato che in ogni epoca l’arte e il teatrosi sono rapportate fra loro sulla base di debiti, prestiti, citazioni, trasposizioni, rimandipiù o meno espliciti. Gli studi che hanno messo a fuoco tali intrecci hanno coniatonozioni oggi ormai entrate nel bagaglio concettuale, lessicale e metodologico di questediscipline: l’idea di una ‘intertestualità’ che rintracci elementi di dialogo, anche adistanza, fra tali tipologie di testi piuttosto che l’idea – a partire da Lotman – di un ‘iso-morfismo’ che individui le convergenze e le analogie di modellizzazione e simbolizza-zione, conducono alla consapevolezza della rete dei richiami tra i vari campi del sape-re di un determinato momento storico. Dagli studi di Pierre Francastel sulla reciprocainterazione in epoca umanistica e dalla lezione iconografica di Ludovico Zorzi, le disci-pline teatrali hanno fatto grandi passi sia nei metodi (contro approcci ingenui o indebi-te distorsioni)1, sia nei risultati2.

Molti sono ovviamente i punti di vista da cui tentare di mettere a fuoco questatransdisciplinarità: ma siamo convinti che il cammino non abbia alternative. Si puòragionare sull’iconologia (politica o meno), sulla committenza, sul rapporto dell’operacon il pubblico, e dunque spostarsi sul terreno della comunicazione e dell’interpreta-zione; si può ragionare sullo spessore formale delle immagini oppure sulla sincroniadelle relazioni che queste intrattengono con l’universo dei segni circostanti; ma non sipuò ignorare che l’epoca degli ‘orticelli’ autonomi, ancorché spesso redditizia in termi-ni accademici, è ormai arretrata e provinciale.

Il punto di vista adottato in questo fascicolo monografico è in un certo senso frut-to di un approccio di taglio chiasmatico. Si è scelto di provare a osservare una specifi-ca sezione della cultura moderna, il Settecento, con particolare ma non esclusiva atten-zione all’Italia, mettendo a fuoco il tema dello spazio e partendo dall’assunzione che idue universi linguistici si vadano in questo secolo costituendo attraverso il consapevo-le e reciproco rapportarsi dell’uno all’altro. Come dire: il linguaggio artistico – in par-

PRESENTAZIONE

1 Lo status quaestionis in S. MAMONE, Arte e spettacolo. La partita senza fine, in EAD., Dèi, Semidèi,Uomini. Lo spettacolo a Firenze tra neoplatonismo e realtà borghese (XV-XVII secolo), Bulzoni, Roma 2003,pp. 27-67.

2 L’impulso dato da Cesare Molinari alla definizione di una iconografia del teatro è ora giunto a matu-razione con la banca dati Dionysos, contenente amplissima documentazione (si veda il saggio di RenzoGuardenti in questo fascicolo).

COMUNICAZIONI SOCIALI, 2006, n. 2, 133-136© 2006 Vita e Pensiero / Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore

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ticolare il rococò – sulla scorta dell’eredità barocca guarda al teatro come modelloespressivo e modella i propri spazi secondo dinamiche teatrali e scenografiche, mentrela scena guarda alla pittura per definirsi come tableau. A tale scopo si offrono esempidi lettura di fatti artistici in cui è possibile individuare le tracce di una sensibilità tea-trale e fatti teatrali che rimandano alla pittura.

Il saggio di Andrea Spiriti coglie la nascita del rococò negli Erblände ad opera degliartisti lacuali lombardi (a cominciare dal grande Diego Carloni di Scaria, secondo la gra-fia del cognome adottata a distinzione dal ramo di Rovio) come fenomeno legato per unverso al mantenimento del linguaggio formale barocco, per un altro ad un radicale muta-mento di sensibilità (incluso il criterio-chiave di spazialità); e in forte parallelismo conla sequenza delle guerre di successione. Un campo d’indagine privilegiato è sicuramen-te la villa, dall’applicazione extraurbana dello schema palaziale alla vera e propria strut-tura di delizia e più ancora di rapporto meno mediato con la natura. Investito da unanuova estetica del disimpegno, della gentilezza, della discorsività, lo spazio della villadiviene lo spazio del comodo, della conversazione, dell’incontro relazionale che nelsalotto e nel giardino celebra il rito della villeggiatura, poi divenuto topos drammaturgi-co. Arcadia e illuminismo si incontrano in una visione sostanzialmente cristiana, anzimuratoriana nelle due fasi successive dominate dai Borromeo e da Benedetto XIV.Persino il teatro stesso viene pensato e ideato – come si legge nel saggio che VittoriaOrlandi Balzari dedica alla famiglia Verri – come espressione di un ‘comodo’ cui non siintende rinunciare: «Nudrirsi, vestire decentemente, alloggiare discretamente sono iprimi bisogni […] un palco (a teatro) è nel mio sistema il comodo più necessario». Il tea-tro dunque come luogo deputato dell’ozio aristocratico e di questa settecentesca perce-zione dell’esistenza intesa come una cerimonialità meno solenne e austera e più apertaai piaceri della vita sensibile. Il teatro, insomma, come il nuovo rito sociale che sul pal-coscenico, nel giardino e nella villa celebra le proprie liturgie sociali.

Dell’importanza sociale del giardino assunto a teatralizzazione del paesaggio natu-rale discorrono sia il saggio di Pietro Delpero che di Laura Facchin. Il primo esaminaun’area nodale, la Baviera dei Wittelsbach con il suo ruolo naturale di mediazione fraVienna e Versailles, fra arte lombarda e arte francese, fra le Terre ereditarie e la Sassoniaelettorale. Il caso emblematico di Nymphenburg permette di ricostruire con precisionela storia e la maturazione di una concezione del giardino dove gli spazi non solo fun-gono da scenari della ritualità di corte con i loro raffinati squarci scenografici ispiratialle quinte teatrali, ma sono progettati secondo un’idea teatrale del paesaggio. Questoriscontro avviene anche nella più vicina città di Varese dove Francesco III d’Este (casolimite a sua volta: principe sovrano a Modena, governatore absburgico a Milano, feu-datario a Varese; quasi, sia detto senza ironia, attore dai molti ruoli) vuole la sua villaimmersa in uno spazio scenograficamente realizzato con viali in fuga prospettica, nic-chie, statue, zone di riposo e di svago, secondo un’idea teatralizzata del giardino comequinta naturale.

Dalla cultura della villa e dal ruolo che essa assume nella civiltà settecentesca sidesumono importanti richiami alla cultura teatrale. Oltre alla già menzionata centralitàdella villa come luogo di divertimento, di svago e di otium, più defilato ma connesso conl’esperienza teatrale è il ruolo della quadratura nella gestione dello spazio chiuso. Nellavilla di rappresentanza la quadratura funge da proiezione immaginaria di uno spaziorazionale che apre la parete chiusa del salone a una dimensione di illusorietà e di illu-sionismo scenografico. Essa – come si osserva nel saggio dedicato alla villa verriana diBiassono – condivide con la coeva scenografia il carattere di sfondo teatrale in un dupli-ce senso: in prima istanza, come sfondo a trompe l’œil che crea ambienti architettonici

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dilatati e ‘finti’ e in seconda istanza come sfondo della teatralità della civiltà di villa edei suoi riti mondani, con gli aristocratici nel ruolo di attori sociali. Inoltre, non è forsemolto lontana dal vero l’ipotesi – purtroppo non suffragata da molte prove documenta-rie dirette ma su cui non sarebbe inutile uno sforzo di ricerca – che queste pareti a qua-dratura possano anche avere avuto la funzione di sfondi scenografici nell’assai diffusaattività teatrale della villa, non solo in funzione di sfondi per le rappresentazioni masoprattutto per quella pratica di letture drammatizzate, spesso accompagnate da musi-ca, di cui invece disponiamo di più precisa documentazione. Nella villa settecentesca enei suoi giardini lo spazio si presenta non solo come ‘contenitore’ di azioni sociali e tea-trali ma anche luogo ideato secondo logiche e finalità teatrali, dove gli attanti socialipartecipano di una costruzione teatrale dello spazio architettonico, con una frequenzametaforica nella letteratura tutt’altro che casuale.

Se il teatro può essere considerato un paradigma ermeneutico delle arti, comedocumentano i casi analizzati in questa sede, certamente vale anche l’affermazione con-traria, ossia che il Settecento teatrale sia il secolo che per eccellenza si misura con il lin-guaggio figurativo. Come osserva Gerardo Guccini, nella coscienza storiografica in for-mazione in questo secolo, si assiste a una ridefinizione dell’universo teatrale segnatadallo scarto fra le istanze riformatrici da un lato e le pratiche produttive dall’altro, i duecotés che cerchiamo di documentare in questa sede. Ma soprattutto, i due volti delSettecento teatrale tendono a divaricarsi per il fatto che il movimento della riforma tea-trale passa attraverso linee (accademie, bibliofilia, memorie di spettatori e di attori...)che spesso non partono e non finiscono sulle tavole del palcoscenico.

Renzo Guardenti propone un interessante viaggio fra le testimonianze del ‘teatroin forma di quadro’, ossia fra quelle ‘visioni teatrali’ che «possono essere considerat[e]come documenti attendibili dell’immagine mentale che un certo tipo di teatro ha pro-dotto sul pubblico». Si tratta di un repertorio di documenti figurativi che si configura-no come esempi di memoria riflessa. Attraverso Claude Gillot, Watteau, i suoi eredi(Nicolas Lancret, Jean-Baptiste Pater, Jean-Baptiste Oudry) e William Hogarth, lo stu-dioso fiorentino riflette sulla complessità degli intrecci. Questi dipinti infatti intratten-gono con la scena una filiazione indiretta e si attestano come «un universo parallelo econchiuso, sorta di scatola ottica di un teatrino di cui vengono rivelati subitanei fram-menti di scene e accadimenti della vita delle maschere». Nelle tele permane memoriafigurativa di una spettacolarità che invade la scena. E qui i livelli di intertestualità sigiocano su vari piani: può essere in gioco la memoria di un assiduo spettatore comeHogarth che trasferì sulla tela specifici momenti delle rappresentazioni, innestando tal-volta un processo a boomerang in cui sarebbe stata poi la scena a ispirarsi alla tela; pos-sono essere le tracce di un gusto diffuso a riecheggiare i modi e le pose della Commediadell’Arte, nota più per le immagini circolanti che per la visione diretta degli spettacoli(come accade nell’iconografia delle porcellane di Meissen o di Nymphenburg); oppu-re, infine, può essere istituito un più intrinseco rapporto nell’impostazione drammaticadella tela dove è lecito riconoscere la medesima sostanza di vita della coeva dramma-turgia. Esemplare è il ciclo del Mariage à la mode dove la struttura drammatica dei sog-getti rappresentati conduce alla struttura drammatica della comedy of manners.

Sui rimandi fra ‘sistemi affini’ riflette anche Guccini. Focalizzando l’attenzionesull’esperienza artistica dei Bibiena, lo studioso riconduce l’ideazione della scena adangolo alle soluzioni pittoriche della quadratura. L’innovativa realizzazione scenogra-fica viene letta come soluzione funzionale alla creazione di uno spazio illusivo. Comela quadratura consente la penetrazione dell’osservatore nello spazio fittizio della figu-razione fino a farne un abitante reale – come dimostrano gli esempi addotti – così pure

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la scenografia ad angolo intende catturare lo spettatore integrandolo in un’unità percet-tiva dinamica.

La vocazione visiva dello spettacolo settecentesco è indagata pure nel saggio diLucia Valcepina che documenta le numerose spinte che attraversano la trattatistica dellospazio teatrale nella direzione della valorizzazione della composizione figurativa delquadro scenico. La metafora pittorica si piega a diversi esiti: diviene strumento valuta-tivo negativo per condannare la scena (come nel caso di Rousseau) oppure, sul versan-te opposto, chiave ermeneutica per tracciare una nuova poetica della scena intesa come‘dipintura’. Su questo secondo versante si collocano senza dubbio Diderot ma ancheAntonio Conti, lo stesso Carlo Goldoni e i vari novatores che credono nel valore cono-scitivo del sensorio e sostengono un’autonomia dello spazio scenico come spazio realedell’immaginazione.

Dall’approccio interdisciplinare emergono significative convergenze: il legameche rapporta la tecnica pittorica della quadratura alla scena bibienesca, la centralità chelo «sguardo pittorico» occupa tanto nella creazione delle scenografie quanto nelle pagi-ne della trattatistica, la significativa tensione alla costruzione secondo scansioni dram-matiche e teatrali dello spazio figurativo, sia esso quello bidimensionale della tela pit-torica – come documentano gli esempi hogarthiani –, sia esso quello architettonico dellesale rococò o dei giardini aristocratici. Ancora: il decisivo ruolo delle immagini, in par-ticolare delle incisioni, quale serbatoio della memoria teatrale in esse depositata, attra-verso un rinvio moltiplicatore delle spinte immaginative che dal teatro si riversano nel-l’immagine figurativa e la alimentano. Anche, e converso, il dramma come matricegenerativa di spazi figurativi e scenografie fantastiche.

Ma, soprattutto, si impone la fascinazione visiva dello spettacolo dominata da unpiacere sensuale, fulcro di un processo di fruizione estetica orientata dallo sguardo: edè questa l’essenza più profonda del rococò, vale a dire l’elevazione del ludico e del pia-cevole a criterio decisivo di uno stile di vita che vuole essere opera d’arte (e dunquerecita) in un modo ben diverso da quello rinascimentale o barocco ma che proprio perquesto rivela sottili modernità e, di contro, proprie ed ineludibili specificità.

Andrea Spiriti - Giovanna Zanlonghi

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