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1_Book - Città Conoscenza Cultura Creatività. Il titolo di Capitale Europea della Cultura

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Accademia

L’editore si dichiara disponibile a riconoscere eventuali diritti relativi alle immagini dicui non fosse stato possibile rintracciare gli autori.

Tutti i diritti di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento, to-tale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi microfilm e copie fotostatiche), sonoriservati per tutti i Paesi e concessi solo con autorizzazione autografa dell’editore.

Questo volume è stato curato da Luana Lupo.

© Edizioni La Zisa - Palermo

www.lazisa.it

ISBN 978-88-9911-325-4

Benedetto Mazzullo

CITTÀ

CONOSCENZA

CULTURA

CREATIVITÀIl titolo di Capitale Europea della Cultura

Prefazione di Marco Picone

CITTÀ CONOSCENZA CULTURA CREATIVITÀIl titolo di Capitale Europea della Cultura

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Prefazione

Creatività a tutti i costi: Palermo e la corsa a Capitale Europea dellaCultura

La crisi economica esplosa nel 2008, nonostante i proclami ottimi-stici di quasi tutti i governi occidentali, pare ancora lontana da unasoluzione. Anzi, forse, sta spianando il terreno all’arrivo di una nuo-va ondata recessiva, preannunciata proprio in questi giorni da alcunisegnali d’allarme, ultimo dei quali il crollo del prezzo del petrolio. Chiscrive queste righe non è un economista, e dunque non ha titolo perfare previsioni; si limita invece al più “banale” ruolo di geografointeressato ai mutamenti economici che si verificano nel mondo con-temporaneo, e cerca di immaginare cosa ci prospetti il futuro imminente.Se i prossimi anni saranno, come alcuni sostengono, caratterizzati nonda un rilancio dei mercati occidentali o globali, ma, al contrario, dauna prolungata stagnazione, è palese che i pochi residui di finanzia-menti europei ancora esistenti diventeranno ancor più importanti diquanto non siano già oggi, e che anche gli enti meno virtuosi (comemolte regioni dell’Italia meridionale) saranno costretti, pena la lorostessa sopravvivenza, a trovare nuovi modi di accaparrarsi le pocherisorse disponibili, senza lasciarsele scappare. Dovranno quindi ela-borare nuove strategie creative per ottenere i fondi europei.

Già, creative. Questo aggettivo ormai ossessiona i nostri pen-sieri. Tutti dobbiamo – è un mantra inoppugnabile – essere piùcreativi se vogliamo salvaguardare un posto di lavoro (bando aisoggetti choosy e all’articolo 18, viva la flessibilità), se desideriamosbaragliare la concorrenza aziendale (think different, disse il gu-ru), o anche semplicemente se vogliamo raggiungere una presuntafelicità che pare sfuggirci dalle mani. Ebbene, in questo mondo incui la creatività ci è offerta come panacea per tutti i nostri mali, an-che le città devono (è un imperativo categorico!) essere creative.Del resto non lo stiamo scoprendo oggi: già dai primi anni del XXI

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secolo lo slogan delle città creative invade non solo l’accademia,ma anche e soprattutto i programmi elettorali della politica. Ai no-stri tempi tutte le città devono essere creative, o, se non lo sono maistate, devono reinventarsi in chiave creativa. Anche un piccolocentro delle aree più interne della regione più sperduta d’Europapuò divenire modello di sviluppo innovativo e creativo. Lascian-do magari qualche legittimo dubbio in chi lo conosce per quelloche è, ma quella è un’altra storia, tranquillamente sacrificabile sul-l’altare della creatività.

Logica conseguenza di queste affermazioni è che un evento comela designazione della futura capitale europea della cultura (Europe-an Capital of Culture, ECoC) diviene ben più della scelta della cittàche meglio incarni la portata culturale della tradizione europea: èpiuttosto un aspro terreno di scontro tra città che devono risanare illoro bilancio e che ambiscono ai fondi europei per rilanciare politi-che di attrazione turistica, di espansione, di dotazione infrastrutturalee così via. Il trend è iniziato nel 1990, quando la città europea dellacultura designata (solo in seguito la sigla mutò da “città” a “capita-le”) fu Glasgow, centro che sicuramente era meglio noto per il suopassato industriale e il clima tetro, piuttosto che per le straordinariedoti artistiche o culturali. Glasgow seguiva in elenco Atene, Firenze,Amsterdam, Berlino e Parigi: cinque città cui una storia plurisecola-re aveva realmente assegnato, ben prima del bollino dell’UnioneEuropea, il ruolo di capitali culturali. Mai invece la storia era stata al-trettanto generosa con la città scozzese: si trattava di un ribaltamentoessenziale, avvio di nuove politiche di ricerca fondi e di promozionedelle città. Negli anni successivi, a Glasgow seguirono altre città an-cor meno culturalmente celebri. Scorrere l’elenco delle capitalidesignate riesce addirittura a strappare qualche sorriso: alzi la manochi pensava che Sibiu, Reykjavik e Umeå fossero universalmente ce-lebri per il loro rilievo culturale nel mondo.

Poiché l’Unione Europea prevede con molti anni d’anticipo gliStati che dovranno eleggere le loro città come capitali, l’Italia ave-va riservato un posto per il 2019 (il successivo sarà nel 2033). Variecittà italiane si sono candidate a diventare capitali della cultura;molte di queste erano piccoli o medi centri, con qualche eccezio-

ne. Tra i grandi centri italiani c’era anche Palermo, successivamen-te esclusa dalla corsa alla designazione, mentre la vincitrice finaleè risultata Matera.

Il caso di Palermo è piuttosto significativo, poiché il Comune(sotto la sindacatura di Orlando, dopo un timido inizio legato alprecedente sindaco Cammarata) e altri enti e associazioni aveva-no puntato molto sulla candidatura, tentando di coinvolgere l’interacittadinanza nel processo. Tuttavia, il flop e le valutazioni negati-ve ottenute raccontano una storia che è utile conoscere, sia per nonripetere gli errori compiuti, sia per comprendere i criteri in baseai quali l’UE stabilisce i vincitori.

Benedetto Mazzullo ha avviato una ricerca sulla candidatura diPalermo a Capitale Europea della Cultura per il 2019, e sul falli-mento della candidatura stessa, in occasione della sua tesi di laurea– una laurea triennale, occorre dire, e questo non è un dettaglio se-condario, dato che ormai il sistema universitario italiano prevedeche le tesi di laurea triennali siano poco più che semplici riassun-ti di temi complessi, in barba a una tradizione molto più nobile maormai pressoché defunta. Il risultato finale del lavoro supera digran lunga non solo le attuali tesi di laurea triennali, ma anche, amio parere, molte tesi di laurea magistrali (ed essendo stato il suorelatore, conosco bene la passione profusa in questo lavoro). Do-po la laurea la ricerca non si è però conclusa, sia perché la corsaalla designazione è andata avanti giungendo alla nomina di Mate-ra, sia perché l’interesse manifestato da Benedetto per il temameritava ulteriori sviluppi. Il testo che tenete tra le mani è dunqueil risultato degli sforzi compiuti dall’autore per raccontare alla so-cietà civile, all’accademia e, se sarà interessata, anche alla politica,una possibile spiegazione del fallimento palermitano e della vitto-ria materana. Come tutti i racconti, anche questo è soggettivo epotenzialmente opinabile, ma ritengo che possa stimolare qual-che riflessione anche nel lettore meno attratto da queste tematiche.

Marco PiconeProfessore Associato di Geografia

Università di Palermo

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Introduzione

Nella maggior parte delle economie avanzate i sistemi urbanistanno subendo una profonda trasformazione. I cambiamenti del-la struttura economica, sociale e culturale che riguardano il mondointero, dalla seconda metà del XX secolo a oggi, hanno provoca-to profonde trasformazioni.

Nella prima metà del XX secolo Louis Wirth sostiene che le cit-tà sono caratterizzate da tre variabili: la dimensione, la densità el’eterogeneità. Oggi queste non sono più sufficienti poiché le cit-tà sono investite da macro-processi che mutano radicalmente isistemi urbani. Il cambiamento economico, conseguenza del pas-saggio dal modello fordista all’era flessibile (o addiritturapost-industriale), muove verso la terziarizzazione e la deindustria-lizzazione. L’omogeneità che caratterizza la società precedente èsostituita da una sostanziale disomogeneità che dà origine a unanuova forma sociale, in cui i valori degli individui non provengo-no e non sono influenzati dalla comunità di riferimento, ma sonocondizionati dai mass-media e sono mutevoli e instabili. È l’esplo-sione dell’economia del consumo, poiché il consumatore è semprepiù aperto alle novità. È questo il secolo in cui si determina unradicale cambiamento che configura la città in forme innovati-ve, non consentendo più di distinguere banalmente tra un’areacentrale e una periferica, ma accrescendo invece la complessitàmorfologica urbana. Questo è visibile analizzando lo spopola-mento dei centri storici, la nascita di nuove zone residenziali nelleperiferie, la mobilità urbana fra ‘centro’ e ‘periferie’, l’inserimen-to di nuove infrastrutture nel contesto urbano. Cambia anche ilsistema dell’abitare, sia nell’organizzazione interna della casa chenel rapporto con l’esterno, e l’abitazione, modulo base della strut-tura urbana, influenza i cambiamenti della morfologia fisica esociale della città.

Le trasformazioni urbane non riguardano solo la crescita di-

mensionale della stessa ma possono renderla irriconoscibile a chila vive, a chi ne fruisce e a chi deve amministrarla, poiché l’identi-tà di un luogo può mutare e la necessità d’innovazione può nonconnettersi alle politiche di governo urbano, che rischiano di es-sere obsolete già nel momento stesso della loro attuazione. Oggi,gli insediamenti urbani sono gli unici laboratori di studio utili acomprendere la complessità della società contemporanea, la disu-guaglianza sociale, la crisi economica e il degrado ambientale.

Nella post-globalizzazione, le città, o per meglio dire le post-metropoli, non riescono ancora a dare piena risposta alle molteplicisfide che caratterizzano la realtà, soprattutto a quelle sociali. L’eco-nomia odierna accantona i fattori di competitività su cui vertonoi vecchi modelli e s’incentra su risorse intangibili come la culturae la creatività.

Charles Landry nel testo The Creative City (2000) sostiene chenelle politiche urbane l’importanza dell’industria culturale è cen-trale ed è riconosciuta come motore della crescita economica ma,qualche anno dopo, Richard Florida nel testo The Rise of the Crea-tive Class (2002) argomenta una teoria secondo cui l’economiaodierna è mossa dalla classe creativa.

Alla luce di questa teoria è interessante studiare il caso del flopdella città di Palermo nella corsa al titolo di Capitale Europea dellaCultura e capire se cultura e creatività sono in antitesi o si compene-trano sostenendosi.

Lo studio è strutturato in tre capitoli.Il primo capitolo affronta, nella prima sezione, il progresso so-

cio-economico e lo sviluppo urbano in cui è illustrata la teoriaurbana e la crisi delle metropoli, le nuove dinamiche socio-econo-miche nelle post-metropoli e il ruolo dell’economia della conoscenzae della cultura; nella seconda sezione viene considerata la creati-vità come parola-totem e il modo in cui questa, alla luce delle teoriesulla creatività e la classe creativa negli studi europei e italiani, di-venti una strategia retorica che esaspera il termine cultura.

A seguire, il secondo capitolo affronta, nella prima sezione, imetodi della ricerca sociale, illustrando sia i quantitativi che i qua-

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litativi; nella seconda sezione sono illustrate invece le metodolo-gie di studio e le scelte operative.

Infine, il terzo capitolo affronta, nella prima sezione, il flop del-la città di Palermo nella corsa al titolo di Capitale Europea dellaCultura tramite lo studio dei documenti relativi al programma eu-ropeo, di quelli proposti dalla città e degli eventi e modalità concui è avvenuta l’esclusione; nella seconda sezione viene fornitaun’idea della creatività in numeri, in un confronto fra le CapitaliEuropee della Cultura in Italia e la città di Palermo.

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Indice

7 Prefazione di Marco Picone11 Introduzione

15 Capitolo 11.1 Il progresso socio-economico e lo sviluppo urbano

19 1.1.1 Teoria urbana e metropoli in crisi25 1.1.2 Post-metropoli e nuove dinamiche socio-economiche30 1.1.3 Il ruolo della conoscenza e della cultura

1.2 La creatività come esasperazione della cultura39 1.2.1 Creatività e classe creativa42 1.2.2 L’Italia e la creatività47 1.2.3 Creatività o strategia retorica?

57 Capitolo 22.1 La metodologia della ricerca

61 2.1.1 Ricerca sociale, metodologia e tecniche63 2.1.2 La ricerca qualitativa e quantitativa69 2.1.3 I metodi quantitativi71 2.1.3.1 Il questionario standardizzato74 2.1.4 I metodi qualitativi76 2.1.4.1 L’osservazione78 2.1.4.2 L’intervista82 2.1.4.3 L’uso dei documenti

2.2 Metodologia di studio87 2.2.1 Le scelte operative

91 Capitolo 33.1 Il flop di Palermo 2019

95 3.1.1 Il Titolo Capitale Europea della Cultura99 3.1.2 La candidatura al Titolo

101 3.1.3 Un ambizioso dossier

111 3.1.4 Re-immaginare la città112 3.1.5 Cosa non ha funzionato?115 3.1.6 Cosa ne pensa l’esperto?124 3.1.7 Considerazioni

3.2 Un’idea di creatività in numeri131 3.2.1 Le Capitali Europee della Cultura in Italia e Paler-

mo 2019137 Conclusioni139 Matera 2019. Capitale Europea della Cultura

143 Appendice153 Bibliografia