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Sappiamo tutti, purtroppo, che nonostante i progressi della
scienza, non tutte le malattie sono curabili e, quindi, negli
ospedali, negli ospizi e nelle case in tutto il mondo, ci
imbattiamo nella sofferenza umana di numerosi malati.
Ed è proprio verso questi pazienti, che è indirizzato il vostro
nobile e prezioso impegno grazie al quale si riescono a
creare le condizioni che permettono ai malati di sopportare
anche malattie incurabili e ad affrontare l’evoluzione della
loro malattia in maniera degna.
Strategie di Prevenzione: controllo del rischio infettivo, igiene, primo soccorso
CORSO FORMATIVO A CURA DELL’ A.I.S.E.R.V.
Strategie di Prevenzione: controllo del rischio infettivo, igiene, primo soccorso
CORSO FORMATIVO A CURA DELL’ A.I.S.E.R.V.
Obiettivi
Colmare qualche carenza informativa
Fornire elementi di riflessione e di valutazione delle
infezioni legate all’assistenza
Indicare i comportamenti necessari a svolgere al meglio e
con maggiore sicurezza la propria opera
Strategie di Prevenzione: controllo del rischio infettivo, igiene, primo soccorso
CORSO FORMATIVO A CURA DELL’ A.I.S.E.R.V.
Finalità
Il corso sarà incentrato sulla:
promozione della salute e dei corretti stili di vita e sulla
diagnosi precoce
prevenzione dei rischi infettivi e degli eventi avversi
associati all’Assistenza residenziale, domiciliare e
ambulatoriale
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CORSO FORMATIVO A CURA DELL’ A.I.S.E.R.V.
Moduli
Il concetto di Prevenzione in generale
Elementi essenziali per il controllo del rischio infettivo
Raccomandazioni per l’applicazione delle precauzioni standard
Igiene alimentare
Primo soccorso negli eventi avversi
Dott. Giuseppe Cerrota
Dott. Luigi De Vito
Dott. Ciro Esposito
Dott. Domenico Guarnaccia
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CORSO FORMATIVO A CURA DELL’ A.I.S.E.R.V.
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CORSO FORMATIVO A CURA DELL’ A.I.S.E.R.V.
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" e' mali che nascono si guariscono
presto. Ma, quando, per non li avere
conosciuti, si lasciano crescere, in
modo che ognuno li conosce, non vi e'
più rimedio”
Niccolò Machiavelli (riportata nel testo “il principe" datato 1513)
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Prevenzione: concetti generaliLa prevenzione consiste in un insieme di
interventi volti a favorire e mantenere lo stato
di benessere ed evitare l'insorgere di malattie,
a livello di singolo individuo, di collettività e di
ambiente.
La prevenzione ha lo scopo di evitare
l'insorgenza delle malattie o di altri danni alla
salute e, quando questo non sia possibile, di
interrompere e di limitare la progressione
delle stesse, migliorandone l'esito ed
evitando la comparsa di complicazioni.
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Prevenzione: concetti generaliSicurezza sul lavoro
Nell’ambito lavorativo la prevenzione è
definita come “il complesso delle disposizioni
o misure necessarie per evitare o diminuire i
rischi professionali nel rispetto della salute
della popolazione e dell’integrità
dell’ambiente esterno”
Art. 2 lett. n) D.Lgs. 81/2008
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Prevenzione: concetti generaliSicurezza sul lavoro
Le misure di prevenzione sono di tipo strutturale o
organizzativo, come:
L’informazione, la formazione e l’addestramento dei
lavoratori;
La progettazione, costruzione e corretto utilizzo di
ambienti, strutture, macchine, attrezzature e impianti;
L’evitare situazioni di pericolo che possano determinare
un danno probabile (rischio);
L’adozione di comportamenti e procedure operative
adeguate;
Il controllo dei luoghi e la segnalazione di situazioni di
pericolo.
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Prevenzione: concetti generaliAmbito sanitario
In ambito sanitario si indica come
prevenzione “l’azione tecnica-professionale
che mira a ridurre la mortalità, la morbilità o
gli effetti dovuti a determinati fattori di rischio
o ad una certa patologia, promuovendo la
salute ed il benessere individuale e collettivo”
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Prevenzione: concetti generali
Gli obiettivi sono dunque:
proteggere il singolo;
controllare le malattie nelle popolazioni;
circoscrivere le malattie;
eradicarle.
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In base alla finalità si distinguono tre livelli di
prevenzione:
prevenzione primaria
prevenzione secondaria
prevenzione terziaria
Prevenzione: concetti generali
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è la forma classica e principale, focalizzata
sull’adozione di interventi e comportamenti in grado
di evitare o ridurre l’insorgenza e lo sviluppo di una
malattia o di un evento sfavorevole.
Interventi di prevenzione primaria sono rappresentati
ad esempio, dalle campagne antifumo, vaccinazioni,
dalle disinfezioni, dalle disinfestazioni,
dall'educazione sanitaria.
prevenzione primaria
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è rivolta alla diagnosi precoce delle malattie,
possibilmente ancora in uno stadio preclinico in modo
da interromperne il decorso sul nascere (ad esempio la
diagnosi precoce delle neoplasie maligne, Pap test).
La precocità di intervento aumenta le opportunità
terapeutiche, migliorandone la progressione e
riducendo gli effetti negativi.
prevenzione secondaria
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La sorveglianza sanitaria si colloca in tale livello e
consiste nella valutazione dell'idoneità specifica del
lavoratore alla mansione lavorativa attraverso
l'accertamento delle condizioni di salute del lavoratore
in funzione del rischio che il lavoro comporta.
prevenzione secondaria
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consiste nell'impedire eventuali complicanze o sequele
permanenti di uno stato patologico in atto.
In questo caso, la prevenzione è quella delle
complicanze, delle probabilità di recidive e della morte.
Con prevenzione terziaria si intende anche la gestione dei
deficit e delle disabilità funzionali consequenziali ad uno stato
patologico o disfunzionale.
prevenzione terziaria
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A. Prevenzione universale
B. Prevenzione della popolazione a
rischio
Piano Prevenzione 2013 - 2015
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1) Prevenzione delle malattie suscettibili da
vaccinazione
Raggiungere e mantenere le coperture vaccinali nei
confronti delle malattie per cui si è posto l’obiettivo
dell’eliminazione o del contenimento:
Azioni
Eliminazione del Morbillo e della Rosolia;
Migliorare la copertura vaccinale anti-influenzale
Prevenzione universale
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Proteggi te stesso e gli altri contro l’Influenza
Scegli la prevenzione
Vaccinazione anti-Influenzale
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Influenza: Segni e sintomi
L'influenza è una malattia che interessa principalmente
naso, gola e polmoni, causata dal virus dell’influenza.
I tipici sintomi sono:
febbre
brividi
tosse
mal di testa
dolori muscolari
stanchezza
Nei bambini si possono verificare anche episodi di
vomito e/o diarrea.
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Influenza: Complicanze
L’influenza può manifestarsi in forma lieve, ma a volte può
essere molto grave o addirittura fatale; la gravità può variare
da un anno all’altro. Le complicanze più comuni sono:
polmonite
disidratazione
peggioramento di malattie croniche preesistenti,
ad esempio quelle polmonari o cardiache, asma e diabete.
Le persone con complicanze serie necessitano, spesso, del
ricovero in ospedale.
I tassi di ospedalizzazione sono più alti per i bambini con
patologie croniche, per i bambini di età inferiore ai due anni e
per gli anziani.
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Rischio influenza
Settimana dal 27 al 2 febbraio 2014
Al massimo di intensità
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Raccomandazioni per la prevenzione
I vaccini contro l'influenza sono usati da oltre 60 anni.
Sono considerati sicuri e sono il più efficace intervento
a disposizione per prevenire morbosità e mortalità
correlate all’influenza
A causa della variabilità dei virus dell’influenza che
circolano ogni anno, la composizione del vaccino
cambia annualmente, per garantire protezione
contro i virus più diffusi
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E’ raccomandata e gratuita per:
Soggetti di età pari o superiori a 65 anni;
Bambini, ragazzi e adulti con particolari patologie;
Donne al 2° e 3° trimestre di gravidanza
Pazienti ricoverati presso strutture per lungodegenti
Medici e personale sanitario di assistenza
Familiari di soggetti ad alto rischio
Soggetti addetti a servizi pubblici di primario interesse collettivo
(forze di polizia e vigili del fuoco)
Personale che, per motivi di lavoro, è a contatto con animali che
potrebbero costituire fonte di infezione da virus influenzali non umani
Vaccinazione anti-Influenzale
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Raccomandazioni per la prevenzione
E ricordaLa prevenzione dell’influenza inizia dalle piccole azioni di igiene
personale. Non trascurare mai l’importanza del:
Lavaggio delle mani
( in assenza di acqua è consigliabile l’uso di gel alcolici)
La buona igiene respiratoria
(coprire bocca e naso quando si starnutisce o tossisce, trattare* i
fazzoletti e lavarsi spesso le mani)
Restare in casa già dai primi accenni di influenza
Usare mascherine, se si hanno sintomi influenzali, quando ci
si trova in ambienti sanitari come ospedali, ambulatori, ecc
* Usare preferibilmente fazzolettini di carta gettandoli in un contenitore
di rifiuti subito dopo l’uso
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2) Prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza
Ridurre le infezioni correlate all’assistenza sanitaria,
con particolare riguardo a quelle determinate da
pratiche assistenziali condotte in modo scorretto:
Azioni
interventi formativi e protocolli comportamentali;
stima dei microrganismi multi resistenti
Prevenzione universale
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3) Prevenzione delle malattie infettive per le
quali non vi è disponibilità di vaccinazione
Ridurre le malattie sessualmente trasmesse,
con particolare riguardo all’infezione da HIV:
Azioni
salute e benessere degli adolescenti;
educazione all’affettività e sessualità
Prevenzione universale
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4) Prevenzione delle malattie determinate da alimenti,
ivi compresa l’acqua destinata al consumo umano
Controllo e contenimento delle infezioni o
intossicazioni chimico-fisiche determinate da
alimenti:
Azioni
migliorare la sicurezza alimentare
Prevenzione universale
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5) Prevenzione e sorveglianza di abitudini, comportamenti, stili
di vita non salutari e patologie correlate (alimentazione
scorretta, sedentarietà, abuso di alcol, tabagismo, abuso di
sostanze)
Sorveglianza di patologie e rischi per la salute:
Azioni
prevenzione dell’obesità;
prevenzione dei disturbi da abuso di sostanze nelle scuole
medie di primo e secondo grado e nei luoghi di aggregazione
giovanile formali e informali.
Prevenzione universale
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1) Tumori e screening
Riduzione della mortalità per carcinoma della mammella, della
cervice uterina e del carcinoma del colon-retto:
Azioni
aumentare l’estensione dello screening del cancro della
mammella, del carcinoma della cervice uterina (Pap test, HPV) e
del carcinoma del colon-retto;
definizione di percorsi articolati per rischio individuale e per
familiarità.
Prevenzione della popolazione a rischio
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2) Diabete
Migliorare la diagnosi precoce, la gestione del paziente e l’offerta
assistenziale per il diabete perseguendo i seguenti obiettivi:
Azioni
individuare precocemente la malattia nella popolazione a
rischio;
predisporre protocolli per il controllo e la gestione integrata
del diabete;
definire percorsi assistenziali appropriati, considerando anche
la frequente presenza di comorbosità
Prevenzione della popolazione a rischio
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3) Malattie osteoarticolari
Migliorare la diagnosi precoce, la gestione del paziente e l’offerta
assistenziale per le malattie osteoarticolari:
Azioni
individuare la diffusione di tali patologie tramite indicatori
indiretti (SDO, consumo di farmaci antinfiammatori);
potenziare la diffusione di programmi di supporto;
Protezione e promozione della salute negli anziani
Prevenzione della popolazione a rischio
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Azioni preventive
Sottoporre a vaccinazione antitubercolare alcune categorie di
persone più esposte al rischio (es. operatori sanitari);
Far rispettare il regolamento di Igiene per quanto riguarda il
rapporto aria/illuminazione nelle abitazioni;
Rendere obbligatorio la pastorizzazione del latte destinato
all’alimentazione;
Rendere consapevole la popolazione della utilità di arieggiare
quotidianamente gli ambienti domestici e di lavoro.
Esempi di prevenzione primaria: tubercolosi
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Azioni preventive
Sottoporre alcune categorie di persone al Tine test
(es. alunni delle scuole elementari e medie);
Comunicare al paziente l’eventuale risultato positivo,
consigliando in questo caso ai familiari di sottoporsi ad ulteriori
accertamenti.
Esempi di prevenzione secondaria: tubercolosi
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Azioni preventive
Ricoverare il soggetto ammalato per gli interventi di
cura e riabilitazione;
Persuadere il paziente a non sputare per terra e ad
adottare particolari cautele quando tossisce, starnutisce
o si soffia il naso.
Esempi di prevenzione terziaria: tubercolosi
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Azioni preventive
Sostituire l’amianto con altri materiali non nocivi nella
produzione di manufatti;
Installare dispositivi di protezione per impedire l’inquinamento
ambientale;
Controllare periodicamente l’efficienza dei mezzi di protezione;
Istruire i lavoratori sui rischi e i danni da amianto e sull’uso
delle protezioni individuali;
Persuadere a smettere di fumare i fumatori presenti tra coloro
che sono esposti ad amianto.
Esempi di prevenzione primaria: asbestosi
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Azioni preventive
Sottoporre a controlli medici periodici tutti coloro
che sono esposti ad amianto.
Esempi di prevenzione secondaria: asbestosi
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Azioni preventive
Allontanare dalla fonte di esposizione l’individuo i cui
polmoni sono già danneggiati;
Curare i sintomi;
Persuadere il paziente a smettere di fumare
(per le persone esposte all’amianto, il rischio aumenta
di 50 volte se fumatore ) .
Esempi di prevenzione terziaria: asbestosi
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Alcuni azioni preventive hanno a che fare con i
comportamenti dell’individuo e fanno riferimento
ad azioni educative intraprese nei suoi confronti.
Persuadere il paziente a non sputare per terra e
ad adottare particolari cautele quando tossisce,
starnutisce o si soffia il naso
Persuadere il paziente a smettere di fumare
L’Educazione Sanitaria è parte della Prevenzione
Azioni preventive e comportamenti dell’individuo
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Quando produciamo un cambiamento nelle conoscenze,
negli atteggiamenti, nelle abilità, nei comportamenti,
nelle abitudini, nei valori, ecc., di una persona,
esponendolo a stimoli educativi, facciamo educazione.
Quando il cambiamento in gioco riguarda aspetti che
contribuiscono ad esporre (o a proteggere da) un danno
alla salute si parla di educazione sanitaria.
Educazione sanitaria
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A seconda di ciò che si intende cambiare attraverso
l’educazione sanitaria, si parlerà di finalità ed obiettivi diversi,
in particolare:
Educazione sanitaria
obiettivi area del scopo
Cognitivi sapere Migliorare il patrimonio delle
conoscenze della persona
(es. possibili danni da abuso di alcool)
Affettivi saper essere Mutare gli atteggiamenti o i valori di
una persona (es. aumentare la capacità
di rifiutare l’offerta di alcool da parte
degli amici)
Comportamento saper fare Mutare le sue abitudini (es. ridurre il
consumo giornaliero di alcool)
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CORSO FORMATIVO A CURA DELL’ A.I.S.E.R.V.
Da dove nascono i comportamenti che hanno una qualche
attinenza con la salute?
Se proviamo a fare un inventario di tutti quegli ambiti di vita
quotidiana dove le nostre scelte e il nostro comportamento
hanno a che fare con la nostra salute, scopriamo ben presto
che risultano interessati pressoché tutti gli ambiti e momenti
della nostra vita. Per esempio quando:
mangiamo, ci occupiamo della nostra igiene, ci muoviamo nel
traffico, lavoriamo, facciamo la spesa, facciamo l’amore, ecc.
Educazione sanitaria
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CORSO FORMATIVO A CURA DELL’ A.I.S.E.R.V.
Esistono due livelli o modalità di educazione alla salute:
Educazione alla salute formale (o esplicita), quella che si
realizza ogni volta che qualcuno, in maniera esplicita e
soprattutto intenzionale, cerca di insegnare a qualcun altro
cosa sapere o come comportarsi per tutelare la propria salute.
Educazione alla salute informale (o implicita)quella che passa in
modo non intenzionale (e viene assorbita in modo spesso
inconsapevole) attraverso le relazioni quotidiane, i discorsi di
tutti i giorni, l’osservazione del comportamento altrui, ecc.
Educazione sanitaria
Strategie di Prevenzione: controllo del rischio infettivo, igiene, primo soccorso
CORSO FORMATIVO A CURA DELL’ A.I.S.E.R.V.
Livello formale e informale di educazione alla salute
Contesti
educativi
Educazione formale Educazione informale
famiglia La mamma mi insegna
quando e come lavarsi i
denti e me ne spiega il
motivo fondandolo su
ragioni igieniche.
La mamma mette in tavola molto più
cibo di quanto ne servirebbe e insiste
per farcelo mangiare.
Le hanno trasmesso l’idea che i
bambini sono belli e sani quando
sono “in carne”.
scuola L’insegnante di scienze
tiene una lezione
sull’apparato digestivo
e sull’importanza di una
corretta e prolungata
masticazione dei cibi.
La maestra ci carica ogni giorno di
grandi quantità di compiti che
richiedono l’intero pomeriggio.
E’ convinta che fin da piccoli bisogna
imparare a impegnarsi con sacrificio
ed a anteporre il dovere al piacere.
gruppo Per me è molto importante
approvazione e l’ammirazione della
mia compagnia di amici.
Penso di sbalordirli
A. I. S. E. R. V.
Associazione Italiana per lo Studio E la RicercaVirologica
O. N. L. U. S.Registro Regionale del Volontariato n. 241– Decreto n. 14053 del 25/09/1996
…Se fossimo in grado di fornire a
ciascuno la giusta dose di nutrimento
ed esercizio fisico, né in difetto né in
eccesso, avremmo trovato la strada
per la salute…
Ippocrate (460-377 a.C.)
Principali funzioni del fegato
• Riserva di glicogeno, ferro e vitamine
• Elimina scorie metaboliche quali urea e bile
• Metabolizza zuccheri, proteine e grassi
• Filtra le sostanze tossiche potenzialmente
dannose per l’organismo in caso di accumulo
Indipendente dalle cause,
tutti i tipi di epatite danneggiano
le cellule epatiche
Virus che causano Epatite
primari secondari esotici
HAV EBV Virus della febbre gialla
HBV CMV Virus della febbre di Lassa
HCV HSV Virus della febbre emorragica
HDV V-Z Virus di Masburg delle scimmie
HEV Rosolia Virus della febbre della Rift Valley
GBV Morbillo
HGV Parotite
Adenovirus
Coxsackie B
1986: descritta la stretta relazione
di delta-virus conHBV
Storia dell‘Epatite Virale
inizio secolo XX: viene riconosciuta la natura infettiva di 2 differenti forme di epatite
forma altamente infettiva
(conosciuta poi come di tipo A)
1973: disponibilità del test HAV
1978: HAV viene riconosciuta
come non cronicizzante
HAV HEV HCV
1988: conferma di HEV
1983: il virus viene
distinto da HAV, polio-
o dai picorna-virus
1980: descrizione di
una forma oro-fecale NANB
bassa infettività di “epatite sierica”(definita poi di tipo B)
1965: scoperta dell‘Antigene Australia di tipo B (HBsAg)
rinnovato interesse che coinvolge le forme di epatite post-trasfusionale
Caratterizzazione della epatite da HBV
1977: descrizione
del Delta Virus Ag
HDVHBVHGV
GA/GB
1975: epatiti residue dopo
la introduzione dello screening
su HBV suggeriscono la
esitenza di altri virus epatici
1988: clonazione di HCV
residui casi attribuibili
ad altri virus ?
HBVCirca 400 milioni di portatori
HCVOltre 170 milioni di portatori
EPATITI VIRALI ACUTE E CRONICHE
•Elevati tassi di prevalenza
•Alto rischio di cronicizzazione
•Complicanze (cirrosi e epatocarcinoma)
OMS
Malattia epatica: Segni e Sintomi
• Stadi iniziali simil influenzali:
Affaticamento, mialgie e artralgie, inappetenza, nausea, diarrea, febbre, ittero
• Col progredire della malattia:
Brividi, perdita di peso, reazione di disgusto verso le sigarette ed il cibo, feci
ipocoliche, urina scura.
Molti individui contagiati risultano asintomatici
Test di funzionalità epatica
• Bilirubina
• Alanina aminotransferasi – ALT
• Aspartato aminotransferasi – AST
Risultano fortemente elevati in proporzione al grado di compromissione del fegato.
Non definiscono le cause
Epatite virale: il laboratorio
1 – Test di chimica clinica
non - specifici
2 – Test sierologici
marcatori specifici di Epatite
Sono richiesti diversi tipi di test
per la complessa natura del virus e
per la risposta individuale specifica.
Indicano la condizione del fegato
esempi:
. Transaminasi
. Bilirubina
. Gamma GT
conferma l’origine virale
Indicano la progressione
della malattia
Diagnosi di laboratorio
TESTDIAGNOSTICI
DIRETTI
INDIRETTI Ricerca anticorpaleE.L.I.S.A.
Microscopia elettronica
Coltura cellulare,
Ricerca Ag virali
Saggi molecolari
HBV marcatori sierologici
Antigeni Anticorpi
Anti HBc IgM
Anti HBc totali
Anti HBe
Anti HBs
HBs Ag
HBe Ag
enveloppe
HBs Ag capside
HBc Ag
(HBe Ag)
Marcatore sierologico : HBsAg
Prescrizione
Marcatore sistematico di tutti i profili di epatite
Determinazione e follow-up delle infezioni croniche
Determinazione per le donne in gravidanza
Profilo prima di interventi chirurgici
Obbligatorio per le sacche
1° marcatore ad essere rilasciato nel sangue
Indica infezione da HBV
Appare 2-4 settimane prima dei sintomi clinici
Profilo sierologico marcatori HBV
1 2 3 4 5 6 7 8 9 24 36 48
Total Anti-HBc
Anti-HBc IgM AbHBs Ag
HBe Ag Anti-HBe Ab
Anti-HBs Ab
result
Month
(epidemiology)
(acute infection)
(good pronosis)
(replication)
(infection)
(recovery
Immunity)
Infezione
HBsAg
HBc IgM Follow-up
HBsAb
HBeAg-HBeAb
antiHBcIgM
HBV-DNA
Epatocitolisi
HBc IgM
Replicazione
HBe Ag
Vaccinazione
HBsAb
EPATITE B
Epatite: B range completo
Screening sacche
HBsAg
HBcAb
Pattern sierologici nelle diverse forme e fasi
dell’infezione da HBV
Marker Perido incub.
Infez. acuta
Infez. passata
Infez. cronica
Vaccino
HBsAg - +/- - +
HBcAb
IgM- + - -/+
HBcAb - - + +
HBeAg + - - +/-
HBeAb - - +/- +/-
HBsAb - - + - +
HBV DNA
+ +
Profili discordanti insoliti
HBsAg positivo /anti HBc negativo
HBsAg, HBsAb e anti HBc positivi
Anti HBc positivo da solo
Anti HBs positivo da solo in paziente non immunizzato
HBsAg negativo /HBeAg positivo
HBeAg/anti HBe contemporaneamente positivi
Anti HBc totale negativo /anti HBcIgM positivo
Risultati HBsAg+/HBsAb+
• falsa positività
• sviluppo di immunocomplessi
• infezione doppia con differenti sottotipi di HBV
(un’infezione evolve a portatore mentre l’altra è
guarita, es. HBsAg/ad, antiHBs/ay)
Determinanti del vaccino
Gly>Arg in pos. 145Gene Pol
YMDD-mutazioni
selezionate dalla
Lamivudina
Mutanti pre-core
G>A in pos. 1896
Risposta anti-e
?
Mutanti core
Infezione occulta
Virus geneticamente mutati
Forte soppressione della replicazione
Tecniche di amplificazione genica
PCR
Polymerase Chain Reaction
LCR
Ligase Chain Reaction
NASBA
Nucleic Acid Sequence Based Amplification
Branched DNA
Amplificazione del segnale
TMA (NAT)
Transcription Mediated Amplification
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
Tecniche molecolari per HBV DNAcombinazione di alta sensibilita’ e ampio
range dinamico
log 10 copie genomiche/ml
Ibridiz
zazio
ne
Probesradioisotopici
1980 2003bD
NA 3
.0
bD
NA1.0
2000
Real-
tim
e P
CR
Metodi per la determinazione dell’HBV DNA
Metodo Limite sensibilità
Hybrid capture 3,0 x 106
Branched DNA 0,7 x 106
Liquid Hybridization 4,0 x 104
Polymerase chain reaction (PCR)
102 X 103
PCR real time < 12
Indicazione elettiva HBV-DNA
Presenza di anti-HBc isolato
(immunizzazione o epatite cronica?)
Inizio terapia con IFN e/o Lamivudina
(viremia > 100.000 copie/ml)
Monitoraggio terapeutico
Diagnosi precoce in neonati da madre
infetta
Metodiche molecolari nell’infezione da HBV
Dinamica della replicazione viraleValutazione del successo terapeuticoIndividuazione mutanti farmacoresistenti Prevenzione recidiva epatitica dopo il trapianto
Epatite cronica
Trapianto di fegato
Terapia
Farmacoresistenza
Diagnosi di Epatite delta
Diretta
• Test di biologia molecolare (PCR)
• Test immunoistochimico per ricerca
di HD Ag (poco utile per la fugace
presenza solo nella fase precoce)
Indiretta
• HDV Ab totali
• HDV Ab IgM
Infezione
acuta
(4/12
settimane)
Ann
iDur
ata
anti HBc
totale
anti
HDV
HBs
AgHD
Ag
IgM anti HBc
Solo il 2% evolve verso la cronicitàCoinfezione HBV/HDV
Profili sierologici dell’Epatite Delta
HBsAg HDV Ag HBcAb
IgM
HDV Ab
IgM
HDV Ab
Coinfezione acuta
HBV/HDV
+/-* + + + +
superinfezione HDV in portatore
cronico di HBV
+/-* + - + +
*L’effetto inibitorio dell’HDV sulla replicazione dell’HBV
Elementi Strutturali di HCV
Epatite C
Envelope
gp70 (E2)
gp31 (E1)
Proteine del
Capside
Core (p21)
RNA
Variabilità 5’UTR
Type 1a (HCV-1)
Type 1b (HCV-J)
Type 2a (HCV-J6)
Type 2b (HCV-J8)
Type 3a
Type 4
Type 5
Type 6
-114
CCATAGTGGTCTGCGGAACCGGTGAGTACACCGGAATTGCCAGGACGACCGGGTCCTTTCTTGGATCAACGCGCCTCAATGCCTGGAGATT
-204
TGGGCGTGCCCCCGCAAGACTGCTAGCCGAGTAGTGTTGGGTCGCGAAAGGCCTTGTGGTACTGCCTGATAGGGTGCTTGCGAG
GCAGAAAGCGTCTAGCCATGGCGTTAGTATGAGTGTCGTGCAGCCTCCAGGACCCCCCCTCCCGGGAGAG
-274 -264 -254 -244 -234 -224 -214
-104 -94 -84 -74 -64 -54 -44 -34
-194 -184 -174 -164 -154 -144 -134 -124
KY80
KY78
KY150
T
A
T
T
T
T
A
AA
A
C
C
C
C
CCC
A A AA
TT
TT
T
TGGG
GG
AA
AA
A A AAAT
T
TT T T
TCCC
C CC
C
G
G G A
CC
TT
Bukh, et al.
PNAS (1992) 89:4942-4946.
Genotipi HCV - Nomenclatura
Fonte: OPTION/BIO (1994): 121,1.
1a 1b 2a 2b 3a 3b 4 5 6
Okamoto I II III IV
Mori I II III IV V VI
Cha GI GII GIII GIII GIV GV
Nakao Pt K1 K2a K2b K3
Prototipo HCV-1
HCV-H
HCV-J
HCV-BK
HCV-T
HCV-JK1
HCV-J1
HCV-J4
HCV-J6 HCV-J8 E-b1
Ta
BR36
BR33
HD10
Tb Z6
EG-1
to
EG-33
BU79
GB80
GB116
GB549
GB809
SA3
SA4
SA1
SA7
BU74
PC
HK1
HK2
HK3
HK4
SA11
Simmonds
Isolati
Enzimi Epatici, ALT o AST
risultano elevati in caso di danno agli epatociti
solitamente fluttuanti nel corso dell’infezione
normalmente si esprimono nell’intervallo compreso
tra 0 e 45 U/ml
circa metà dei pazienti con epatite cronica da HCV,
istologicamente confermata, presentano livelli di
ALT nella norma o prossimi ad essa
HCV :Test Para-Specifici
Protocolli Diagnostici per HCV
Screening:
ALT
EIA
PCR
Conferma:
RIBA (Recombinant ImmunoBlot
Assay)
PCR Qualitativa e Genotipo
Monitoraggio della Terapia:
PCR Quantitativa
ALT
Antigeni utilizzati nella
diagnostica sierologica
CE1 E2NS2NS3 NS4 NS5
AA 1 191 383 809 1009 1619 2016 3003
= 154aa appartenenti alla Superossidodismutasi umana
= 239aa appartenenti alla sintetasi di E.coli CMP-KDO
SOD
CKS
ORTHO EIA3° Generazione
ABBOTT EIA3° Generazione
ABBOTT EIA
IM
ROCHE EIA3° Generazione
X
c22-3
c22-3
HC34
HC34
HC34
SOD
SOD SOD
SOD
SOD
SOD
SODCKS
CKS c100-3
c33-c
c33-c
c200
c200
Core NS3 NS4 NS5
HC31
HC43
NS5
NS5
Test RIBA-HCVC
ore
NS
2E
1E
2
NS
3N
S 4
NS
5
Control 1+
5-1-1
C100-3
C33-C
C22-C
SOD
POS NEG POS IND IND
Control 3+
Diagnosi di Infezione da HCV
Relazione tra test di screening e di conferma
Ripetutamente reattivo ad anti-HCV con ELISA
RIBA
Negativo Indeterminato o Positivo
PCR
NegativoPositivo
con RIBA positivo:
= paziente “immunizzato” ?
con RIBA indeterminato:
= falso positivo o
paziente “immunizzato”
= falso positivo
= infezione da HCV
Decorso diagnostico nella
Epatite C Acuta
6 12 18 24 1 4 7 10 13settimane anni
sintomatologia
Epatite Acuta
anti-core/NS3
anti-NS4
IgM
anti-core
ALT
RNA-PCR
6 12 18 24 1 5 10 15 20settimane anni
CAH
Epatite Acuta
anti-HCV-EIA
ALT
RNA-PCR
CPH CAH Cirrosi
/HCC
sintomatologia
//
//
IgM
Decorso diagnostico nella
Epatite C Cronica
Indicazioni alla determinazione HCV-RNA
a. Pazienti anti-HCV negativi• Immunocompromessi con transaminasi elevate ed
esclusione di altre cause note di epatopatia.
• Con crioglobulinemia mista essenziale.
• Con epatite acuta ad etiologia sconosciuta.
b. Pazienti anti-HCV positivi• Con transaminasi persistentemente normali.
• Figli di madre con infezione da HCV.
• Trattati con IFN con transaminasi costantemente normali per
oltre un anno dopo il completamento della terapia.
c. Soggetti con profilo sierologico dubbio• Positività di tipo “indeterminato” con i test immunoblotting.
• Risultati discordanti al test ELISA
HCV-RNA GENOTIPIZZAZIONE
LiPA(Line Probe Assay)
Sequenziamento(regione UTR o NS5)
Strip di Nitrocellulosa
DNA-probe
Scelta sul metodo diagnostico
• Significato clinico del
test
• Velocità del test
• Costo del test rispetto a
quelli convenzionali
EIA
sonde
colture
PCR
Principali cause di morte nel 2004Malattie cardiovascolari 16.665.000 (29%)
Malattie infettive e parassitarie 14.967.000 (26%)
Tumori 7.106.000 (12%)
Incidenti/morti Violente/suicidi 5.188.000 (9%)
Malattie polmonari croniche 3.696.000 (6%)
Morti associate a gravidanza 2.974.000 (5%)
Malattie dell’apparato digerente 2.376.000 (4%)
Malattie neuropsichiatriche 1.963.000 (3%)
Diabete mellito 1.105.000 (2%)
Altre cause 987.000 (2%)
Morti totali 57.027.000
I virus: caratteristiche generali
dimensioni estremamente piccole
parassitismo intracellulare obbligato
organizzazione strutturale semplice non cellulare
presenza di un solo tipo di acido nucleico (DNA o RNA)
I virus sono agenti infettivi con le seguenti caratteristiche distintive:
Spettro d’ospite. I virus si moltiplicano solo in particolari cellule ospiti e di conseguenza vengono suddivisi in tre classi principali:
virus batterici (o batteriofagi)
virus animali
virus vegetali
si moltiplicano per sintesi separata e successiva riunione dei loro componenti
Origine dei virus
Evoluzione retrograda
I virus sarebbero forme degenerate di parassiti intracellulari: i loro genomi si sarebbero progressivamente ridotti in quanto la maggior parte delle funzioni vengono fornite dalla cellula ospite.
Questa ipotesi potrebbe spiegare l’origine di virus complessi quali i Poxvirus
Teoria della “evasione dei geni”
I virus si sarebbero evoluti da elementi genetici capaci di replicazione autonoma (plasmidi e trasposoni)
Struttura dei virus
Le particelle virali, o virioni, sono costituite da una o più molecole di DNA o RNA rivestite da un involucro proteico o capside.
In alcuni virus il nucleocapside (acido nucleico + capside) può essere avvolto da un rivestimento membranoso (envelope)
Le dimensioni possono variare da 10 a 400 nm
In base alle caratteristiche morfologiche è possibile individuare 4 gruppi principali:
Virioni con capside icosaedrico
Virioni con capside elicoidale
Virioni dotati di envelope
Virioni complessi
Sia i capsidi elicoidali che icosaedrici sono strutture macromolecolari costruite da una o poche subunità proteiche, dette capsomeri, ripetute un gran numero di
Capsidi a simmetria elicoidale
Di forma cilindrica, costituiti da un unico tipo di capsomero avvolto a spirale attorno all’asse centrale contenente l’acido nucleico
I capsidi possono essere rigidi (virus del mosaico del tabacco e il batteriofago M13) o flessibili (virus influenzali)
Esempio: virus del mosaico del tabacco (TMV)Capside cilindrico rigido di 15-18 nm di diametro e circa 300 nm di lunghezza. L’unica proteina del capsomero è di 158 aa
Acido nucleico: RNA a singolo filamento di 6000 nucleotidiSpesso la ripetizione di una sola proteina rappresenta l’unica
Cristallizzato da Stanley nel 1935
Capsidi a simmetria icosaedrica
Icosaedro: solido regolare a 20 facce triangolari e 12 verticiI capsomeri sono formati da 5 o 6 protomeri che possono essere anche tutti identici
I pentoni o pentameripossiedono 5 subunità e sono disposti ai vertici dell’icosaedro; gli esoni o esameri hanno 6 subunità e costituiscono le facce
Il numero totale di capsomeri per i diversi virus assume valori definiti da equazioni derivate dalla cristallografia; sono
Esempi: i batteriofagi X174, MS2, Qbparvovirus (12 capsomeri),
Una volta sintetizzati ed esposti alle opportune condizioni, i protomeri interagiscono tra loro in modo specifico, associandosi spontaneamente a formare il capside
L’autoassemblaggio generalmente non richiede alcun intervento dall’esterno. Alcuni virus più complessi codificano per particolari fattori che, pur non essendo incorporati nel virione, risultano necessari per l’assemblaggio del virus
L’auto-assemblaggio dei virus
Protomeri e capsomeri sono legati tra loro mediante legami deboli non covalenti. Infatti, i capsidi (vuoti) sono facilmente dissociabili nei loro costituenti.
Virus dotati di envelopePresentano il nucleocapside rivestito da strutture membranarie complesse (involucro pericapsidico)
I virus con involucro sono comuni nel mondo animale, ma si conoscono anche virus batterici
L’involucro pericapsidico è generalmente costituito da un doppio strato lipidico in cui sono inserite glicoproteine (spicole)
Il capside all’interno può avere simmetria elicoidale o icosaedrica
La membrana deriva dalla cellula infettata in seguito al processo di liberazione dei virioni; le glicoproteine sono di origine virale
Virus con capsidi a simmetria complessa
Hanno una struttura complessa non assimilabile né a quella elicoidale né a quella icosaedricaRappresentanti: i poxvirus e i grandi batteriofagi
I poxvirus, di forma ovoidale o a mattone, sono i virus animali più grandi e possono essere osservati anche al microscopio ottico
Il genoma (DNA a doppio filamento) è associato a proteine e racchiuso in un nucleoide, a forma di disco biconcavo, delimitato da una membrana. Due corpi
colletto
guaina
elicoidale
spine
fibre
caudali
asse tubulare
(cavo)
placca basale
esagonale
testa
Virus con capsidi a simmetria complessa
I batteriofagi della serie T pari (T2, T4, T6)
Virus con capsidi a simmetria complessa
I batteriofagi T1, T5 e l hanno una testa icosedrica, la coda è priva di guaina, e non termina con una base piatta ma con rudimentali fibre caudali
Il batteriofago lambda
testa icosaedrica
coda non contrattile
I batteriofagi T3 e T7 possiedono una testa icosedrica, la coda breve non contrattile e priva di fibre caudaliTutti questi batteriofagi sono detti virus a simmetria binaria, poiché hanno sia la
I genomi virali
I virus contengono un unico tipo di acido nucleico in tutte e quattro le combinazioni: DNA a singola elica
DNA a doppia elicaRNA a singola elicaRNA a doppia elica
Anche la struttura del genoma è varia nei diversi virus. Il materiale genetico può essere organizzato in :un’unica molecola lineare
un’unica molecola circolare (DNA)
segmentato in più molecole
I genomi virali
La capacità codificante va dalle 3-4 proteine dei virus più piccoli (MS2 e Qb) alle oltre 100 proteine dei batteriofagi della serie T-pari e dei PoxvirusNella maggior parte dei virus a DNA il genoma è costituito da un doppio filamento (ds DNA) che può essere lineare oppure circolare
GGGCGGCGACCT
CCCGCCGCTGGA
Circolarizzazione del DNA di l
GGGCGGCGACCT
CCCGCCGCTGGA
X174 e il fenomeno dei geni sovrapposti
X174 è un piccolo batteriofago icosaedrico con genoma a DNA circolare a singolo filamentoÈ un esempio di come virus contenenti genomi di lunghezza limitata sfruttino al massimo l’informazione genetica attraverso il fenomeno dei geni sovrapposti
5386
I 5386 nucleotidi del genoma di X174 non sarebbero sufficienti a codificare tutte le proteine virali identificate. Si è scoperto, quindi, che una sequenza può codificare anche per due proteine: i geni sono
Il gene E è contenuto all’interno di D su un altro schema di lettura. La proteina A* è parte della proteina A ed è
A sintesi della forma replicativaA* inibizione della sintesi di DNA dell’ospiteE lisi della cellula ospite
Le fasi della moltiplicazione dei batteriofagi
1. Adsorbimento
2. Iniezione dell’acido nucleico
3. Fase replicativa precoce
4. Replicazione del genoma virale
5. Sintesi delle proteine capsidiche
6. Assemblaggio del capside e impacchettamento del genoma virale
7. Rilascio dei virus maturi (lisi)
1. Adsorbimento
2. Iniezione dell’acido nucleico
3. Fase replicativa precoce
4. Replicazione del genoma virale
5. Sintesi delle proteine capsidiche
6. Assemblaggio del capside e impacchettamento del genoma virale
7. Rilascio dei virus maturi (lisi)
Esperimento di crescita a ciclo unico (one-step)
L’ esperimento one-step permette di seguire le varie fasi della moltiplicazione virale partendo da un’infezione sincrona di una coltura batterica
Delbruck e Ellis, 1939
1) infezione di una coltura batterica (T=0 dell’esperimento). Tutti i batteriofagi inizieranno il ciclo di moltiplicazione contemporaneamente
2) lavaggio della coltura per eliminare i batteriofagi non ancora adsorbiti
3) ad intervalli di tempo viene determinato il numero di batteriofagi
liberati mediante il saggio delle placche
Curva di crescita a ciclo unico
periodo di latenza
periodo di eclisse
periodo di crescita
volume di scoppio
Tempo (minuti)
Num
ero
dei bat
teri
ofag
i
periodo di eclisse: periodo durante il quale non è possibile rilevare la presenza di particelle virali infettive neanche all’interno dei batteri
periodo di latenza: periodo di sviluppo dei fagi nel batterio infettato. I fagi non sono ancora liberati all’esterno. Nella fase finale sono presenti particelle mature nel batterio.
periodo di crescita: le cellule vanno incontro a lisi liberando i fagi infettanti. Quando tutti i batteri infettati saranno lisati si raggiunge il plateau
plateau
N. fagi al plateau
N. fagi latenza=
L’adsorbimento dei batteriofagi
I batteriofagi non aderiscono a un punto qualunque della superficie batterica ma riconoscono recettori specificiI recettori sono normali componenti della superficie dell’ospite quali proteine della parete, polisaccaridi, lipopolisaccaridi, acidi teicoici, flagelli e pili
In assenza di siti recettoriali il virus non può adsorbirsi
Se un recettore è alterato, l’ospite diventa resistente alla infezione da parte del virus che usa quel recettore. Tuttavia, anche i virus possono mutare per la struttura che riconosce il recettore tornando, così, capaci di infettare un ospite resistente
Fago PBSI di B. subtilis
Iniezione dell’acido nucleico
Nella gran maggioranza dei batteriofagi è solo l’acido nucleico virale a entrare nel batterio.I meccanismi di penetrazione differiscono notevolmente tra i diversi fagi finora studiati e sono in gran parte ancora oscuri. Nei fagi T-pari l’adsorbimento è dovuto al contatto tra le fibre caudali e il recettore (proteina della membrana esterna). La penetrazione del DNA si verifica dopo che la placca basale si è adagiata sulla superficie cellulare e si verificano cambiamenti conformazionali sia nella placca che nella guaina. Quest’ultima si contrae permettendo all’asse tubulare di penetrare attraverso la parete. Infine, con un meccanismo ancora sconosciuto, il DNA dalla testa, passando attraverso l’asse tubulare, entra nella cellula.
E. coli infettato da T4
I geni con funzioni correlate sono generalmente raggruppati per essere espressi contemporaneamente in un preciso istante del ciclo di replicazione
I geni introdotti nella cellula ospite vengono espressi secondo una ordinata sequenza temporale che consente una efficiente coordinazione degli eventi che portano alla produzione della progenie virale
Regolazione dell’espressione dei geni fagici
Geni precoci immediati: trascritti subito dopo l’ingresso, codificano per prodotti che partecipano alla replicazione del DNA virale e che bloccano le attività del batterio. La loro trascrizione si arresta nel giro di pochi minuti.
Geni intermedi o precoci ritardati: partecipano alla replicazione e alla ricombinazione del DNA. Possono essere trascritti per l’intero ciclo replicativo
Geni tardivi: codificano per proteine capsidiche, fattori che partecipano all’assemblaggio e proteine litiche
Il passaggio da una fase all’altra è geneticamente controllato attraverso la sintesi di nuova RNA polimerasi (T7) o fattori che alterano la specificità della RNA polimerasi batterica
geni precoci immediatis
blocca il fattore sigma geni precoci ritardati
Una delle proteine precoci immediate ha la funzione di bloccare il fattore sigma e quando raggiunge una certa concentrazione, i geni precoci immediati sono bloccati
Il controllo della trascrizione in T4 coinvolge la sintesi di proteine che modificano la specificità della RNA polimerasi dell’ospite in modo da farle riconoscere i diversi promotori fagici. I promotori precoci immediati sono letti direttamente dall RNA polimerasi attraverso il fattore sigma dell’ospite
fattori che modificano l’RNA polimerasi
geni ritardati
Regolazione della trascrizione in T4
Replicazione e sintesi delle proteine del fago T4
T4 ha uno dei più grandi genomi virali (1,7 x 105 bp) costituito da DNA a doppio filamento lineare
Vengono interrotte le attività del batterio (DNA, RNA e proteine batteriche non vengono più sintetizzati).
Immediatamente dopo l’ingresso del DNA vengono sintetizzate le proteine precoci: sono gli enzimi coinvolti nella trascrizione e replicazione del DNAvirale e enzimi che degradano il DNA batterico per fornire nucleotidi
Dopo 5 minuti ha inizio la replicazione del DNA virale
La sintesi del DNA di T4 richiede una notevole preparazione perché contiene idrossimetilcitosina al posto della citosina, che successivamente viene anche glucosilata. Questi residui glucosilati proteggono il DNA di T4 dall’attacco di alcune endonucleasi di E. coli, dette anche enzimi di restrizione, che altrimenti distruggerebbero il DNA virale effettuando tagli in siti specifici.
Questo meccanismo di difesa batterica è detto restrizione. Il DNA batterico è protetto dall’azione di questi enzimi grazie alla presenza di
enzimi di modificazione che effettuano modificazioni nei siti specifici riconosciuti dagli enzimi di restrizione
Assemblaggio delle particelle fagiche
I geni tardivi dirigono la sintesi di tre tipi diversi di proteine:1) proteine strutturali del fago2) proteine che intervengono nell’assemblaggio ma non faranno parte del fago3) proteine coinvolte nel processo di lisi batterica e liberazione dei fagiLe proteine necessarie all’assemblaggio vengono sintetizzate contemporameamente e sono utilizzate in “catene di montaggio” quasi indipendenti fino ad avere il fago maturo
L’impacchettamento del DNA avviene quando la testa è matura: circa 500 mm di DNA devono essere inseriti in una cavità di appena 0,1 mm.
L’impacchettamento avviene secondo il meccanismo detto “a testa piena” a partire dai concatenameri sintetizzati. Quando il volume della testa è totalmente riempito il concatenamero viene tagliato. In questo modo entra il 102% del genoma virale.
Adsorbimento dei virus animali
Adsorbimento avviene mediante l’incontro casuale tra il virus e la cellula ospite. Generalmente una glicoproteina sulla membrana plasmatica della cellula ospite costituisce il recettore
La capacità di un virus di infettare un determinato tipo di cellula o di tessuto risiede in gran parte nella distribuzione dei recettoriIl sito di legame sulla superficie del virus può essere rappresentato semplicemente da una proteina strutturale del capside come ad esempio le fibre che si estendono dai vertici degli icosaedri negli adenovirus, o le spicole dei virus dotati di envelope
Penetrazione e spoliazione
La penetrazione consiste nel passaggio del virus attraverso la membrana plasmatica. La spoliazione è l’allontanamento del capside e la liberazione dell’acido nucleico virale.
In alcuni virus nudi, come il poliovirus, dopo l’adsorbimento alla membrana cellulare si verificano cambiamenti
In virus rivestiti come i paramyxovirus, l’envelope virale si fonde con la membrana citoplasmatica e il nucleocapside entra nella cellula.
Tuttavia la maggior parte dei virus con envelope entra nella cellula attraverso un processo di endocitosi mediato dall’interazione tra il virus e i recettori localizzati in porzioni specializzate della membrana citoplasmatica rivestite, sul lato citoplasmatico, di una proteina detta clatrinaIn seguito al contatto la membrana si introflette formando delle vescicole contenenti le particelle virali. Le vescicole si fondono con i lisosomi e l’acidificazione sembra favorire l’espoliazione. La
Trascrizione e replicazione
L’espressione dei geni precoci serve a ottenere il controllo della cellula ospite e a replicare il genoma virale.
Alcuni virus animali inibiscono la sintesi di DNA, RNA e proteine dell’ospite ma generalmente non degradano il DNA cellulare.
Virus a DNAPer quanto riguarda i virus a DNA, la replicazione del DNA virale avviene nel nucleo cellulare con l’eccezione dei poxvirus: la loro replicazione avviene nel citoplasma grazie alla sintesi di una DNA polimerasi specifica.
Spesso la trascrizione dei virus a DNA avviene ad opera della RNA polimerasi cellulare ma alcuni virus possono anche portarsi una RNA polimerasi specifica (poxvirus).
I genomi virali
Per la maggior parte dei virus a RNA il materiale genetico è rappresentato da un singolo filamento di RNA (ss RNA)Se la sequenza corrisponde a quella dell’mRNA virale il filamento è definito positivo o + Esempi: il virus polio, il virus del mosaico del tabacco, e il virus del sarcoma di Rous sono virus con genoma a ssRNA positivo
Se la sequenza è complementare a quella dell’mRNA virale il filamento è definito negativo o -Esempi: il virus della rabbia, il virus del morbillo, e il virus dell’influenza sono virus con genoma a ssRNA negativo
I virus animali con filamento positivo presentano modificazioni tipiche dei messaggeri eucariotici: 7-metilguanosina (cap) al 5’ e coda di poli-A al 3’
Molti genomi a RNA risultano segmentati e si ritiene che ogni segmento codifichi per una proteina virale
Trascrizione e replicazione
Virus a RNANella maggior parte dei virus a RNA la replicazione avviene nel citoplasma.
Virus a RNA positivo
ss RNA+ mRNA (+)funziona direttamente da mRNA
-
Replicasi(RNA polimerasi RNA dipendente)
+
Il filamento + funge direttamente da mRNA che codifica, oltre alle altre proteine necessarie, anche la Replicasi (Rna pol RNA dipendente). Questa inizialmente sintetizza RNA negativi usando come stampo il filamento positivo del genoma, e poi li usa come stampi per produrre ulteriori molecole positive che costituiranno i genomi della progenie virale
Virus a RNA negativo
- ss RNA mRNA (+)
RNA polimerasi RNA dipendenteassociata al virus
-
L’RNA genomico non può funzionare come mRNA né le cellule ospiti hanno polimerasi capaci di trascrivere mRNA usando come stampo RNA.
Come può essere sintetizzato RNA messaggero?
Per superare il problema questi virus portano, nel loro capside, alcune molecole di Trascrittasi (Rna pol RNA dipendente) che inizialmente sintetizza RNA positivo che funge da messaggero, e da questo, in seguito sintetizzera gli RNA negativi che costituiranno il genoma della progenie virale
Trascrizione e replicazione
Virus a RNA a doppio filamento
ds RNA+mRNA (+)RNA polimerasi RNA dipendente
associata al virus
- -usa come stampo il filamento
+-
Anche in questo caso l’RNA genomico non può funzionare come RNA messaggero
Alla sintesi del messaggero provvede una Trascrittasi associata al virus e inettata insieme al genoma virale. Il messaggero virale codifica per un’altra RNA pol RNA dipendente che svolge la funzione di Replicasi e sintetizzerà RNA a doppio filamento per le nuove particelle virali.
Trascrittasi
Trascrizione e replicazione
+ ss RNA
mRNA (+)
+-
Trascrittasi inversa
DNA polimerasi RNA dipendenteassociata al virus
+ ss RNA(virione)
Retrovirus
Sono virus a singolo filamento di RNA + ma si differiscono da tutti gli altri perché sintetizzano i propri mRNA e replicano il proprio genoma passando attraverso un intermedio a DNA
Sono caratteristici anche per il fatto di essere “diploidi”. Infatti, nel loro capside sono presenti sempre due filamenti di RNA. Associati al genoma sono anche la Trascrittasi inversa (DNA polimerasi RNA dipendente) e tRNA di origine virale che svolge la funzione di primer per la sinstesi del DNA virale
Trascrizione e replicazione
tRNA virale
5’ 3’
attività RNAsi H
La trascrizione inversa
degradazione RNA
ibrido RNA/DNA
5’3’
sintesi del filamento complementare di DNA
I geni tardivi dirigono la sintesi delle proteine capsidiche, che si assemblano spontaneamente come avviene per la morfogenesi dei batteriofagi. L’assemblaggio di virus con envelope è generalmente simile a quello dei virus nudi.
Sintesi e assemblaggio
Liberazione dei virioni
I meccanismi di liberazione di virus nudi differiscono da quelli dei virus dotati di envelope.I virus nudi in genere vengono liberati mediante lisi della cellula ospite.
Nei virus con envelope la formazione dell’envelope è contemporanea alla liberazione e la cellula ospite può continuare a riversare virus all’esterno
Inizialmente le proteine codificate dal virus vengono incorporate nella membrana citoplasmatica, poi per gemmazione del nucleocapside si forma l’envelope.
Infezioni acute: sono caratterizzate da una comparsa abbastanza rapida e da una durata ridotta; le cellule infettate generalmente vanno incontro a morte (effetto citopatico) e vengono liberati numerosi virioni. Le infezioni acute sono tipiche dei picornavirus, herpesvirus e adenovirus.
Effetti citopatici1) inibizione della sintesi di DNA, RNA e proteine
2)danneggiamento dei lisosomi con liberazione di enzimi idrolitici
3)alterazione della membrana plasmatica per inserimento delle proteine virali (attacco del sistema immunitario)
4) alta concentrazione delle
Infezioni persistenti o croniche: possono durare anche molti anni. I virus possono replicarsi più lentamente senza causare una sintomatologia clinica. Sono presenti anticorpi diretti contro il virus infettante.Il virus dell’epatite B, il virus di Epstein-Barr e il virus del morbillo possono dare infezioni persistenti.
Infezioni latenti: dovute a virus che, dopo una iniziale fase moltiplicativa, arrestano il proprio ciclo di sviluppo e diventano quiescenti. La fase di latenza può durare un certo periodo dopo il quale può verificarsi una recudescenza dell’infezione con una manifestazione spesso diversa da quella iniziale.I virus erpetici possono dare infezioni latenti.
L’ herpes simplex di tipo 1 infetta in genere i bambini e rimane quiescente per anni a livello dei gangli del sistema nervoso; periodicamente può attivarsi e dare le caratteristiche lesioni erpetiche (herpes labiale)
Il virus della varicella zoster (herpes zoster) provoca la varicella come prima manifestazione; non viene eliminato dal sistema immunitario ma diventa quiescente
Coltivazione dei virus
I virus animali vengono coltivati inoculando animali sensibili o uova embrionate di pollo (uova fecondate e incubate per 6-8 giorni)
Di recente i virus vengono coltivati su monostrati di cellule animali; questa tecnica mette in evidenza aree localizzate di lisi cellulare chiamate placche, o foci proliferativi (virus oncogeni)I virus vegetali possono essere coltivati impiegando colture di tessuti vegetali, oppure piante intere. Le foglie si inoculano meccanicamente spalmandole con una miscela di virus e una sostanza abrasiva. Nelle aree infette si sviluppa una lesione necrotica localizzata
I batteriofagi sono i virus più facilmente coltivabili. L’infezione di una coltura di batteri sensibili porta nel giro di circa un’ora alla lisi dei batteri con produzione
Metodi di saggio dei virus
È possibile determinare la quantità di virus presente in un campione:1) contando il numero di particelle virali2) misurando la concentrazione di unità infettantiIl numero delle particelle virali può essere anche 1 milione di volte superiore al numero delle unità infettantiConteggio del numero di particelle virali
diretto: microscopio elettronicoindiretto: saggio di emoagglutinazione
Conteggio delle unità infettantisaggio delle placchedose infettante (ID50) e dose letale (LD
Conteggio al ME
Il campione virale viene mescolato a microscopiche sferette di latex a concentrazione nota. Per una determinata superficie si fa il rapporto tra il numero di virus e il numero di sfere e si risale alla
Saggio di emoagglutinazione
eritrociti
virus
diluizione 10 20 40 80 160 320 640 1280 2560 5120
Diluizioni seriali di sospensione virale vengono aggiunte ai globuli rossi. Il titolo emoagglutinante è dato dalla diluizione più alta che dà ancora agglutinazione
Saggio delle placche
Ogni placca ha avuto origine da una singola particella virale, quindi, il numero delle placche prodotte equivale al numero di virioni infettanti o di unità formanti placca(PFU).
Dal numero delle placche e considerando la diluizione effettuata, si risale alla concentrazione di particelle infettanti.
placche di lisi su tappeto batterico
4-5 ml di top agarinfezione
0,2 ml di batteri
ultima diluizione virale
dopo 24h
Efficienza di piastramento
I conteggi ottenuti con il saggio delle placche sono sempre inferiori a quelli ottenuti con il microscopio elettronico. L’efficienza con cui i virus infettano le cellule ospiti raramente raggiunge il 100% e spesso può essere considerevolmente inferiore.
Una efficienza inferiore al 100% può essere in parte dovuta alla presenza di particelle virali difettive, ma più spesso è dovuta al fatto che, nelle condizioni usate, l’infezione da parte di queste particelle non ha avuto successo.
Mentre per i virus batterici l’efficienza di piastramento supera spesso il 50%, nel caso di molti virus animali può essere molto bassa, tra lo 0,1 e 1%.
Il rapporto quantitativo tra il numero delle unità infettanti e il numero delle particelle virali (determinato mediante conteggio al microscopio elettronico) è definita efficienza di infezione.
E.I =Unità InfettantiConteggio al ME
Anche se sono necessarie molti virus per infettare una cellula, l’infezione è iniziata sempre da un solo virus
Il saggio delle placche può essere applicato anche a virus animali e vegetali quando si dispone di cellule sensibili all’infezione che crescano in vitro
In alternativa, molti virus animali possono essere inoculati sulla membrana corionallantoidea degli embrioni di pollo dove producono lesioni localizzate dette pustole
Per i virus vegetali si spalma una sospensione di virus con una sostanza abrasiva su foglie sensibili. I virus daranno delle lesioni necrotiche
In tutti i casi, moltiplicando il fattore di diluizione per il numero di pustole o lesioni necrotiche si ottiene la concentrazione di unità infettanti di una sospensione viraleQuando è impossibile ricorrere al saggio delle placche si usa il metodo della diluizione finale. Organismi viventi o colture cellulari sono inoculati con diluizioni seriali di una sospensione virale per determinare la diluizione che uccide o
Acqua pulita, un bisogno
per l’uomo
“L’accesso all’acqua pulita costituisce un bisogno umano primario, quindi un diritto fondamentale dell’uomo. L’acqua contaminata rappresenta un serio pericolo per la salute sia fisica che sociale dell’intera popolazione.
L’assenza d’acqua sicura è un offesa per la dignità umana.”
Kofi Annan
(Segretario Generale O.N.U.)
Un emergenza planetaria per la salute umana
Infezioni legate all’acqua
• Trasmesse con acqua contaminata con feci e
urine umane ed animali
• Dovute a carenze d’acqua – scarsità o
inaccessibilità - problemi d’ igiene
• Ospitate dall’acqua che costituisce l’habitat per
organismi ospiti nei quali alcuni parassiti
trascorrono parte del loro ciclo vitale
• Propagate dall’acqua attraverso condutture
Ambienti sui quali è possibile intervenire
Fonti più importanti d’inquinamento idrico
• I liquami
• Gli effluenti industriali
• Le piogge
• Il deflusso superficiale agricolo
e urbano in conseguenza
delle piogge
La contaminazione delle acque di
superficie con liquami ha assunto proporzioni allarmanti ed ha attirato l’attenzione delle competenti autorità
sanitarie anche perché, a causa del depauperamento delle risorse idriche,
sempre più spesso le acque dei fiumi, dei laghi e addirittura del mare vengono
utilizzate, previo trattamento, come acque potabili.
Microrganismi trasportati dai liquamioltre a batteri noti essi veicolano anche molte particelle virali escrete con le feci
dall’uomo o dagli animali
• Salmonella
• Shigella
• Vibrio cholerae
• Yersinia
• Campylobacter
• Virus enterici
arrivano nelle acque fognarie e, potendo spesso resistere
ai normali trattamenti di depurazione e disinfezione, provocano la contaminazione delle acque marine
attraverso i fiumi e gli scarichi afferenti.
I virus enterici vengono eliminati dagli individui
infetti attraverso le feci
In questo ambiente il numero di tali particelle si riduce sensibilmente per effetto della diluizione.
Virus enterici in diversi tipi di campioni
CAMPIONE VIRUS
Feci Fino a 1010/g
Liquami 1 - 104 (fino106)l
Fiumi e Laghi 0.1 – 102/l
Mare 0.01 – 10 (fino 102)l
La quantità di particelle virali nelle acque marine è molto bassa
paragonata a quella mediamente rilevata nei corsi idrici in essa
confluenti.
Fattori inattivantiLa riduzione della contaminazione da virus
dell’ambiente marino è imputabile oltre che
all’effetto della diluizione anche da:
• Salinità
• Temperatura
• Luce solare
• Sostanze tossiche
• Antagonismo microbico
Denominatore comune: danneggiamento del
capside e/o degli acidi nucleici, blocco della
trascrizione e quindi della replicazione.
Importante problema di sanità pubblica
Tuttavia la presenza di agenti virali in qualsiasi tipo di acqua destinata:
• Al consumo umano
• Ad attività ricreative
• Alla molluschicoltura
• Nei terreni in prossimità di falde idriche
• Alla coltivazione di ortaggi
Dose minima infettante
Patogeni Popolazione
infettata %
Dose minima
infettante necessaria
a produrre infezione o
malattia
Salmonella 25-50 105-107 organismi
Shigella 25 10-100 organismi
HAV 25 1-10 UFP*
Rotavirus 25 1-10 UFP*
* UFP: unità formanti placca
In teoria una sola particella è in grado di determinare
l’infezione, anche se poi lo sviluppo di uno stato di malattia
clinica dipende anche da altri fattori
Fattori favorenti i virusresistenza biologica
• Aggregazione o ”Clumps”
formate da 2-10 unità virali
Maggiore resistenza alle condizioni
ambientali avverse
• Adsorbimento nei confronti di
materiale organiche ed inorganico
(particelle argillose, silicati, batteri, cellule
algali, ecc.).
Aumento dei tempi di sopravvivenza
Due fenomeni sembrano essere alla base della persistenza
e della diffusione di questi microrganismi nell’ambiente:
Tempi di sopravvivenza virale
Protetti da materiale organico ed inorganico, i virus riescono a
sopravvivere per lunghi periodi nell’ambiente marino e a
percorrere anche lunghe distanze, spesso parecchi chilometri,
rispetto ai punti di scarico ed in relazione anche alle correnti
marine incontrate.
2-168 giorni in acqua di rubinetto
2-130 giorni in acqua di mare
25-125 giorni nel suolo
Fino a 190 giorni nei mitili
I virus enterici possono quindi sopravvivere al di fuori
delle cellule ospiti per giorni o addirittura per mesi
Virus patogeni per l’uomo presenti
in ambiente acquatico
Famiglia Genere Specie Sierotipi Malattia
Picornaviridae Enterovirus Polio 3 paralisi, febbre,
meningiti,
poliomelite
Coxsackie A 23 meningiti,
inf. respiratorie
Coxsackie B 6 miocarditi, febbre,
eruzioni cutanee,
meningiti,pleurodinie
Echovirus 32 meningiti, febbre,
eruzioni cutanee,
diarrea, inf. resp.
Epatovirus HAV 1 Epatite infettiva
Virus patogeni per l’uomo presenti
in ambiente acquatico
Famiglia Genere Specie Sierotipi Malattia
Reoviridae Reovirus Umano 3 ?
Rotavirus Umano 6 Gastro-enterite
Caliciviridae Calicivirus Umano 5 Gastro-enterite
Norwalk 1 Gastro-enterite
Epatite E 1 Epatite infettiva
? Astrovirus Umano 5 Gastro-enterite
Coronaviridae Coronavirus Umano 1 Enterocolite
Toroviridae Coronavirus
like
? Gastro-enterite
Adenoviridae adenovirus umano > 50 Gastro-enterite,
congiuntiviti,
Inf. Resp.
Enterovirus
Per "ENTEROVIRUS" si intende il gruppo di virus
compresi nell'accezione classica del termine:
Polio, ECHO e Coxsackie e HAV;
Nei "VIRUS ENTERICI", oltre agli Enterovirus in
senso stretto, vengono compresi altri virus ad
habitat intestinale come:
Rotavirus, ParaRotavirus, Small Particle Virus,
Coronavirus, Astrovirus e Adenovirus Enterici.
In ItaliaUno dei più grandi successi
1955 – vaccino inattivato
1959 – vaccino attenuato
1958 – più di 8000 casi
1966 - 1980: circa 500 casi
1981 – 1984: solo 7 casi
Dal 1985 – nessun caso
In AfricaProblema di sanità pubblica
11-55 casi /100.000 abitanti
Vaccino poco efficace
Interferenza virale
Diffusione virus selvaggio
Grande attenzione sul Poliovirus e necessità del controllo della
contaminazione delle acque per:
Grande diffusione di virus selvaggio da vaccino attenuato
Il virus vaccinale, nell’ambiente, può trasformarsi in virulento
Fenomeno dell’immigrazione di extracomunitari
Coxsakievirus A1-A24 B1-B6
Contagio interumano
La presenza in ambito familiare
di un malato comporta:
comparsa di Ab specifici in 80-90%
Eliminazione del virus con le feci
Più volte isolati dalle acque di
superficie in diverse parti del mondo.
Non sono comunque riportati episodi
epidemici di origine idrica.
Patologie:
pleurodinia
cardiopatie
meningiti
esantemi
diarrea
diabete
Echovirusenteric cytopathogenic human orphan
31 sierotipi responsabili di quadri clinici
estremamente diversi
Possono provocare malattie paralitiche,
esantematiche, diarrea
Sono stati isolati qualche volta
dall’ambiente idrico ma non sono
documentate epidemie.
Sono piccoli come i virus coxsackie
Eterogenei e prevalenti soprattutto in estate ed in autunno
capside
RNA a singolo
filamento
4 principali polipeptidi
Vp1, Vp2, Vp3, Vp4
1973 – M.E.
Stabile a pH acido
Resistente all’etere
Inattivato a 100°C in
5’
Attivo per mesi a +
4°C
Sensibile al cloro
a [2,5 mg/l]
pH dipendente
Disinfezione delle acque
• La concentrazione di cloro libero usata per la
normale disinfezione delle acque che rispettino gli
standard batteriologici varia da 0,5 mg/l per 1 ora
(raccomandata dall’ OMS)
a 1 mg/l per 30 minuti (raccomandata dall’
American Water Works Association Comitee).
Solo a concentrazioni pari a 2,5 mg/l di cloro attivo
HAV perde la capacità di riprodurre l’infezione nelle scimmie
!!!!!!!!!!!
• Le attuali norme di legge per la depurazione dei
frutti di mare prevedono il controllo della
contaminazione batterica.
• Non sempre l’assenza di indicatori batterici attesta
la qualità virologica.
• Allo studio metodi di rilievo dei virus applicabili ai
molluschi.
Si nutrono filtrando ingenti quantità di
acqua e concentrano nell’epatopancreas
virus e batteri presenti
L’ittero si manifesta nel 70-80% degli
adulti ed in meno nei bambini
L’escrezione fecale dell’ HAV ha inizio 7-
10 giorni dopo l’esposizione e continua in
media per 2-3 settimane dopo l’inizio della
normalizzazione dei livelli dell’ALT
Il grado di infettività è massimo durante
l’ultimo periodo dell’incubazione, che si
estende fino a due settimane, prima della
manifestazione dei sintomi
Regioni meridionali
Infezione precoce nell’infanzia nelle
Presenza di Ab specifici in più del 70% dei
soggetti di 30-40 anni.
Regioni settentrionali
Presenza di Ab specifici in più nel 30-38% dei
soggetti di 30-40 anni.
In Italia I casi di epatite A
rappresentano circa la metà dei
casi notificati di epatiti acute.
In termini di morbosità quasi
100 decessi all’anno sono
associati con l’epatite A
fulminante.
Quasi il 30% dei casi di HAV
riferiti riguardano bambini in
età inferiore ai 15 anni.
Infezione endemica in tutto il mondo
Manifestazioni epidemiche in condizioni
igienico-sanitarie carenti.
Epatite virale acuta da HAV
Fasce
d’età
Ottobre 2002
Febbraio 2003
(395 campioni)
%
Ottobre 2003
Febbraio 2004
(512 campioni)
%
0-12 22 27,8 38 19,8
13-24 39 49,4 84 43,7
25-65 18 22,8 69 35,9
> 65 0 0 1 0,5
Totale 79 20,0 192 37,5
EVA da HAV
periodo Ottobre 2003/febbraio 2004
020406080
100
ottobr
e
nove
mbr
e
dice
mbr
e
genn
aio
febb
raio
Nu
mero
di
ca
si
Serie1
Profilassi
• Le buone abitudini igieniche facilitano la
prevenzione dell’infezione da HAV
• La prevenzione della malattia clinica per mezzo
delle immunoglobuline (IG), che forniscono
una protezione a breve termine, si è dimostrata
vantaggiosa.
• Le IG hanno avuto un basso impatto sulle
epidemie diffuse all’interno di comunità
specifiche e sull’incidenza totale >
Profilassi
Si può procedere alla profilassi con IG
precedentemente all’esposizione in caso
di persone che:
• Intendano viaggiare in paesi in via di
sviluppo.
• Intendano risiedere o viaggiare in zone
con sistemi idrici e fognanti inadeguati e
dove cibo ed acqua siano potenzialmente
contaminata
Prevenzione
•Nuove tecnologie per il trattamento efficace delle acque luride
•Tecniche analitiche semplici e sensibili eseguibili sulle acque
•Adozione di metodi di disinfezione più efficaci
•Proporre vaccinazioni protettive
•Istruzione del personale che opera nel settore alimentare
•Educazione sanitaria del consumatore
•Rispetto di strette norme di igiene
•Disinfezione della persona, degli abiti, dei locali, delle
attrezzature e delle lavorazioni in generale
•Cuocere gli alimenti almeno alla temperatura di 70°C
Viene inattivato dal trattamento con il cloroformio
e da cicli di congelamento-scongelamento.
Ancora oggi non è possibile coltivarlo in vitro, su
linee cellulari.
Isolato per la prima volta nel 1983 in URSS da feci
di pazienti.
Nel 1987 alcuni ricercatori dei CDC sono riusciti a
visualizzare il virus al ME in preparati di feci di un
macaco sperimentalmente infettato.
La prima epidemia di origine idrica di epatite E di cui si ha documentazione si verifico nel
1956 a Nuova Delhi; si ammalarono diverse decine di migliaia di persone e, in quel tempo,
sia per i sintomi che per le modalità di insorgenza dell'epidemia, dovuta alla
contaminazione dell'acquedotto con liquami, fu ritenuto che si trattasse di epatite A.
Nei paesi in via di sviluppo, specialmente in Asia
centrale e sud-orientale, nel Nord-Africa, l'epatite E
si presenta in forma epidemica a trasmissione
idrica, coinvolgendo un numero enorme di soggetti.
Nei paesi occidentali non si sono
mai registrate epidemie di epatite E,
se si fa eccezione del Messico, dove
nel 1986, sono stati registrati due
episodi epidemici sempre di origine
idrica.
Durante un'epidemia verificatasi in
Algeria, a causa della
contaminazione con liquami del
fiume che riforniva di acqua potabile
la regione colpita, è stato notato che
l'epatite E, che ha di solito un
andamento favorevole, presenta
invece un elevato tasso di mortalità,
circa il 20%, nelle donne in
gravidanza .
In Italia l'epatite E non è un problema, tuttavia è necessario prendere in considerazione anche questo agente etiologico perché l'immigrazione da paesi di alta endemia può contribuire a introdurre in modo rilevante questa patologia soprattutto nelle regioni meridionali dove le infezioni oro-fecali rappresentano ancora un evento importante a causa delle condizioni igieniche scadenti.
Vie di Trasmissione
La trasmissione avviene solitamente per via enterica
attraverso
Ingestione di acqua o alimenti contaminati
(modo di trasmissione più comune)
Igiene personale insufficiente
Da persona a persona (poco comune)
Soggetti a Rischio
Residenti in zone endemiche
Viaggiatori in zone endemiche
Decorso Clinico
Periodo di incubazione: 15-60 giorni, con una media di 40 giorni
I sintomi si manifestano di solito improvvisamente e sono
simili a quelli dell’infezione da epatite virale di altro tipo:
malessere, anoressia, nausea/vomito dolori addominali e febbre
Il tasso più alto di malattia sintomatica (ittero) è stato riscontrato
negli adulti in età giovanile o media
Non sono stati riportati casi di infezione cronica
A livello mondiale la mortalità è dell’1-2%. Può raggiungere il 15-
20% nelle donne in gravidanza.
Prevenzione / Profilassi
La storia dell’immunità naturale non è stataaccertata
Attualmente non sono disponibili vaccini oimmunoglobulina per la prevenzione dell’infezioneda HEV
La prevenzione a lungo termine è affidataprincipalmente alle seguenti precauzioni: scorte diacqua potabile sicura, igiene accurata, evitare ifrutti di mare, la frutta e la verdura non cucinatinelle zone a diffusione endemica.
Non è disponibile nessuna terapia
Epatite A
1. Che cos'è l'epatite A
2. Quanto è diffusa?
3. Come si trasmette?
4. Come si manifesta?
5. Come si può prevenire?
6. Esiste un vaccino contro l'epatite A?
7. Quali sono gli alimenti più a rischio di trasmissione di epatite A?
8. Come si contaminano gli alimenti vegetali con il virus dell'epatite A?
9. Il lavaggio con acqua potabile è efficace per ridurre la concentrazione virale?
10. Quali trattamenti garantiscono l’eliminazione del virus dagli alimenti?
11. Che cosa è stato fatto finora dall’autorità sanitaria per ridurre il rischio
per chi consuma frutti di bosco surgelati, non sottoposti ad un trattamento di cottura?
Che cos'è l'epatite A
È una malattia infettiva acuta causata da
un virus a RNA che colpisce il fegato
Quanto è diffusa?
È presente in tutto il mondo, sia in forma sporadica che epidemica, ma con una maggior frequenza nei
Paesi del sud del mondo.
In Italia la malattia è endemica soprattutto nelle Regioni meridionali, dove più diffusa è la pratica di
consumare frutti di mare crudi.
Tuttavia, possono verificarsi epidemie o casi sporadici su tutto il territorio nazionale, legati non
solamente al consumo di frutti di mare ma anche di altri alimenti (vegetali e frutta) o acqua (per es. di
pozzo) contaminati.
Come si trasmette?
In genere il contagio avviene
per contatto diretto da persona
a persona o attraverso il
consumo di acqua o di alcuni
cibi (crudi o non cotti a
sufficienza) contaminati dal
virus.
Come si manifesta?
Molto spesso decorre in maniera asintomatica, soprattutto nel corso di epidemie e nei bambini.
L’epatite A, dopo un periodo di incubazione di 15-45 giorni dall’infezione, si manifesta con la comparsa di inappetenza,
malessere generale, febbre e nausea.
Dopo qualche giorno compare l’ittero, cioè la presenza di colorito giallognolo della pelle e delle sclere (la parte bianca dell’occhio) e delle mucose, dovuto alla aumentata concentrazione di bilirubina
nel sangue a causa della diminuita funzionalità del fegato.
La malattia ha generalmente un’evoluzione benigna, dura dalle 2 alle 10 settimane, e dopo la guarigione conferisce un’immunità
permanente.
Non cronicizza mai.
Come si può prevenire?
Rispettando le norme igieniche generali per la prevenzione delle malattie a trasmissione oro-fecale e trasmesse da alimenti crudi:
non consumare frutti di mare crudi. La cottura è l’unica misura efficace per eliminare o inattivare il virus dell’epatite A dai molluschi bivalvi o da altri prodotti freschi contaminati come frutta e verdura
lavare accuratamente le verdure prima di consumarle
lavare e sbucciare la frutta
non bere acqua di pozzo
curare scrupolosamente l’igiene personale, specie delle mani: lavarsi le mani dopo aver usato il bagno, dopo aver cambiato un pannolino,
prima di preparare il cibo, prima di mangiare ecc.
essere scrupolosamente puliti nella manipolazione di cibi e bevande.
Si raccomanda, inoltre, ai viaggiatori, diretti verso paesi con scarse condizioni igienico-sanitarie o endemici per epatite A, prima di partire, di
consultare i centri vaccinali presenti sul territorio regionale, autorizzati per la profilassi internazionale, per avere consigli sulla vaccinazioni.
Una volta arrivati nel paese, di mangiare solo cibi cotti, in particolare verdure e frutti di mare, e di bere esclusivamente acqua in bottiglia e non consumare ghiaccio (se non si conosce l’esatta provenienza dell’acqua
con cui è stato preparato).
Esiste un vaccino contro l'epatite A?
Si, esiste un vaccino che protegge da questo tipo di infezione,
altamente efficace e ben tollerato.
La protezione si raggiunge già dopo 14-21 giorni dalla prima dose,
è quindi molto importante per proteggere rapidamente persone (es.
familiari) venute in contatto con una persona affetta da epatite A o
persone in procinto di recarsi all’estero in paesi a rischio.
Una seconda dose a distanza di 6/12 mesi dalla prima ne prolunga
l’efficacia protettiva, fornendo una protezione per un periodo di 10-
20 anni.
La vaccinazione è raccomandata nei soggetti a rischio, fra cui
coloro che sono affetti da malattie epatiche croniche, coloro che
viaggiano in Paesi dove l’epatite A è endemica, coloro che
lavorano nei laboratori dove ci può essere contatto con il virus, gli
omosessuali maschi, i soggetti che fanno uso di droghe e i contatti
familiari di soggetti con epatite A in atto.
Quali sono gli alimenti più a rischio di
trasmissione di epatite A?
Tra il 2007 e il 2012 l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e il Centro europeo per la lotta alle malattie (ECDC) hanno riportato focolai
dove sono state individuate diverse tipologie di alimenti quali veicoli di infezione, come: pesce e prodotti a base di pesce, crostacei, molluschi e prodotti contenenti molluschi, vegetali, succhi,
pomodori secchi, frutti di bosco e fragole.
Negli ultimi mesi in alcune regioni italiane si è osservato un incremento dei casi di epatite A e vi
sono evidenze che questo incremento possa essere correlato al consumo di frutti di bosco misti
congelati.
Come si contaminano gli alimenti
vegetali con il virus dell'epatite A?
La fonte di contaminazione più frequente dei
vegetali è costituita dall’acqua contaminata
utilizzata per l’irrigazione e/o la fertirrigazione.
Attraverso l’acqua i virus si depositano
preferibilmente sulla superficie esterna dei
vegetali e non è ancora ben chiaro se esista un
meccanismo di internalizzazione.
Al momento solo per le cipolle sono disponibili
dati scientifici che dimostrano, mediante prove
sperimentali, il trasporto dei virus attraverso le
radici.
Il lavaggio con acqua potabile è efficace per
ridurre la concentrazione virale?
Sì, il lavaggio domestico può ridurre la
concentrazione virale presente sulla
superficie del vegetale e sulla frutta,
tuttavia non elimina completamente tale
contaminazione.
Inoltre l’accurato lavaggio può essere utile
anche ad allontanare altri contaminati
presenti sulla superficie.
Quali trattamenti garantiscono
l’eliminazione del virus dagli alimenti?
Il trattamento con il calore è in grado di distruggere il virus.
Le temperature raggiunte durante le preparazioni alimentari garantiscono la completa sanificazione.
Considerate le evidenze ad oggi disponibili, si raccomanda di impiegare i frutti di bosco congelati acquistati per preparazioni sottoposte a cottura, come ad esempio le salse e le marmellate.
Che cosa è stato fatto finora dall’autorità
sanitaria per ridurre il rischio per chi consuma
frutti di bosco surgelati, non sottoposti ad un
trattamento di cottura?
Basandosi sull’analisi dei dati finora disponibili,
sono stati adottati dalle autorità sanitarie e dagli
operatori del settore alimentare i provvedimenti
necessari a ridurre e prevenire il rischio per la
salute del consumatore.
In particolare, il ritiro e il richiamo dei prodotti dal
mercato a seguito delle notifiche di allerta
rappresentano misure che contribuiscono a
diminuire il rischio di infezione.
Individuazione di casi di EPATITE A in Italia
S
SITUAZIONE EPIDEMIOLOGICA IN EUROPA
Nell’aprile 2013 sono stati segnalati tramite il Sistema di
Epidemic Intelligence di informazione per le malattie
trasmesse da alimenti e acqua (EPIS - FWD) ed il sistema di
Allerta rapida della Commissione Europea (EWRS) due
cluster internazionali di Epatite A, il primo che coinvolgeva
pazienti dei Paesi Nord - Europei (cluster presumibilmente
legato al consumo di frutti di bosco congelati di importazione
extra - EU), il secondo turisti di rientro dall’Egitto.
I primi di maggio sono stati, inoltre, segnalati casi di Epatite
A in turisti stranieri che avevano soggiornato in Nord Italia.
Individuazione di casi di EPATITE A in
Italia
SITUAZIONE EPIDEMIOLOGICA IN ITALIA
A fronte di tale situazione si è provveduto a valutare la presenza di un incremento del numero dei casi di epatite A in Italia attraverso le notifiche di malattia infettiva
ed il sistema di sorveglianza SEIEVA.
Dai dati è emerso, negli ultimi mesi, un importante incremento , rispetto agli anni precedenti, dei casi di 2 epatite A in Italia.
In particolare, su 1 6 regioni che hanno trasmesso dati aggiornati al 20 maggio 2013,
risulta un incremento delle notifiche di Epatite A pari al 70% nel periodo marzo -maggio2013 rispetto allo stesso periodo del 2012.
In relazione a ciò è necessario rafforzare la sorveglianza dell’Epatite virale A
ed avviare indagini sul territorio nazionale finalizzate ad identificare sia l’esistenza di possibili casi autoctoni correlati che, eventualmente, le potenziali fon
Individuazione di casi di EPATITE A in
Italia
PRESENZA DEL VIRUS DELL’EPATITE A NEGLI ALIMENTI
In relazione ad un cluster familiare di epatite A , a seguito di consumo di una torta guarnita con frutti
di bosco, verificatosi ad aprile 2013, è stato effettuato il campionamento e l’analisi di una confezione ancora integra di frutti di bosco misti congelati,
sui quali è stato riscontrato il virus.
Sono attualmente in corso le indagini per il sequenziamento del virus.
È stato attivato, pertanto, il sistema di allerta rapido comunitario RASFF sugli alimenti (Notifica 2013.0694), in quanto i frutti di bosco sottoposti
ad analisi erano originari di diversi Paesi esteri (Bulgaria, Polonia, Serbia e Canada).
Ulteriori indagini sulla materia prima sono ancora in corso, per verificare la possibile origine della contaminazione.
DEFINIZIONE DI CASO DI EPATITE A
Criteri clinici
Criteri di laboratorio
Criteri epidemiologici
Classificazione dei casi
Criteri clinici
Qualsiasi persona che presenti una manifestazione di sintomi distinti (ad esempio
stanchezza, dolori addominali, perdita di appetito, nausea e vomito intermittenti), e
almeno una delle seguenti tre manifestazioni:
1.febbre
2.ittero
3.livelli elevati di transaminasi sieriche
Criteri di laboratorio
Almeno uno dei seguenti tre criteri:
1.identificazione dell’acido nucleico del
virus dell’epatite A nel siero o nelle feci
2.risposta anticorpale specifica al virus
dell’epatite A
3.identificazione dell’antigene del virus
dell’epatite A nelle feci
Criteri epidemiologici
Almeno uno dei seguenti quattro criteri:
1.trasmissione interumana,
2.esposizione a una fonte comune,
3.esposizione ad alimenti o ad acqua da
bere contaminati,
4.esposizione ambientale.
Classificazione dei casi
A. Caso possibile N. A.
B. Caso probabile
Qualsiasi persona che soddisfi i criteri clinici e presenti una correlazione epidemiologica.
C. Caso confermato
Qualsiasi persona che soddisfi i criteri clinici e d
i laboratorio.
Uso corretto degli antisettici e disinfettanti
La scelta appropriata dei preparati
ad azione disinfettante/antisettica e
il loro corretto utilizzo attraverso
procedure standardizzate e’
significativo nella prevenzione e
controllo delle infezioni ospedaliere
E’ consolidata la convinzione della
necessità di affrontare globalmente il
problema delle I.O. con una strategia
complessiva che riconosce nelle
procedure di sanificazione uno strumento
fondamentale di profilassi delle malattie
infettive
L’uso indiscriminato dei disinfettanti può
portare agli stessi inconvenienti di cui si è
reso responsabile il mal controllato uso di
antibiotici
Classificazione dei disinfettanti
• Dispositivo medico (D.M. classe IIa)
• Specialità Medicinale (mucose e cute lesa)
• Presidio Medico- Chirurgico
(cute integra e disinfezione ambiente)
Problemi connessi all’uso
1)molti disinfettanti in commercio
2)spesso si adoperano disinfettanti e antisettici
quando non sono necessari
3)spesso non adatti
4)mal diluiti
5)uso di strumentari sempre più complessi
6)assenza di strategie d’uso corrette
• COME SCEGLIERE….???In base alle caratteristiche dell’oggetto e alla sua destinazione d’uso
In base alla popolazione microbica che ipotizzo contaminare il substrato
In base al livello di attività del disinfettante
In base alla modalità d’impiego e tipo di confezionamento
L’efficacia degli antisettici e disinfettanti è
condizionata da tre fattori:• Caratteristiche del preparato
• Corretta indicazione d’uso
• Modalità di impiego
Livelli di disinfezione
Disinfezione di basso livello: può uccidere la maggior parte dei batteri, alcuni virus ed alcuni funghi,
ma non è in grado di uccidere i microrganismi resistenti come bacilli
tubercolari o le spore batteriche
Disinfezione di livello intermedio: inattiva il bacillo tubercolare, le forme batteriche vegetative, la maggior
parte dei virus e alcuni funghi, ma non le spore batteriche
Disinfezione di alto livello: distrugge tutti i microrganismi ad eccezione delle spore
Spore batteriche
(bacillus subtilis)
Micobatteri
(mycobacterium tubercolosis)
Virus piccoli non lipofili (poliovirus)
Funghi (tricophyton spp.)
Batteri in forma vegetativa (pseudomonas aeruginosa, staphylococcus aureus)
Virus di dimensioni intermedie o lipofili
Sterilizzazione
Disinfezione di alto
livello
Disinfezione di medio
livello
Disinfezione di basso
livello
Aree di azione da sottoporre a disinfezione
Ambienti e superfici
Cute e mucose
Strumenti e materiale sanitario
Principi generali di utilizzo
• Tutte le superfici e strumenti devono subire il processo di pulizia/detersione e asciugatura
• Deve essere evitato il contatto del disinfettante con saponi additivi non previsti nella formulazione
• Deve essere evitato che l’apertura del contenitore venga a contatto con le mani o con altri materiali
• Dopo l’uso il flacone deve essere chiuso immediatamente
• Deve essere evitato il travaso di disinfettanti
• I disinfettanti non vanno usati quanto l’obiettivo è quello della pulizia/detersione o quando l’obiettivo è la sterilizzazione
• Le soluzioni acquose dei disinfettanti devono essere sostituite spesso perché soggette all’inquinamento batterico da gram-
Classificazione
Antisettici
• IODOPOVIDONE
• CLOREXIDINA GLUCONATA• CLOREXIDINA ALCOLICA
Disinfettanti
ALCOOL ETILICO 95°
IPOCLORITO DI SODIO
ACIDO PERACETICO
ORTOFTALALDEIDE
Antisettici Iodopovidone:
Soluzione contenente complessi solubili di iodio con polimeri neutri come il polivinil-pirrolidone in grado di rilasciare gradualmente lo iodio. Inibiscono la sintesi proteica mediante ossidazione di gruppi sulfidrilici e formazione di N-iododerivati
SOLUZIONE ALCOLICA, SOLUZIONE ACQUOSA, SOLUZIONE 7,5% SAPONOSA
• Spettro di azione: GRAM+ e GRAM-, virus e miceti, l’attività nei confronti del mycob. Tubercolosis è condizionata dal tempo di contatto e dalla concentrazione
• Tossico per ingestione, può provocare grave acidosi metabolica, se applicato su ustioni che superano il 20% della superficie corporea, interferiscono con la funzionalità tiroidea
• Indicazioni d’uso:
• Lavaggio antisettico, lavaggio chirurgico delle mani
• preparazione del campo operatorio;
• antisepsi della cute lesa, ferite superficiali e profonde;
Antisettici clorexidina
• Composto biguanidico cationico dotato di gruppi lipofili. Si presentacome polvere bianca a reazione basica, solubile in acqua solo inseguito a salificazione con acido gluconico. Elevata affinità per leproteine dell’epidermide che determina il suo rapido e persistenteassorbimento a livello dello strato corneo della cute
SOLUZIONE 0,5% ALCOLICA, SOLUZIONE 2% ALCOLICA, SOLUZIONE 7,5% SAPONOSA
Per attrazione elettrostatica la molecola cationica della clorexidinaraggiunge la superficie batterica anionica e in seguito adassorbimento superficiale determina alterazioni di membrana conperdita di costituenti citoplasmatici(azione batteriostatica) e ad alteconcentrazioni coagulazione delle proteina citoplasmatiche (azionebattericida)
Spettro di azione: GRAM+, GRAM-, micobatteri, virus liofili, miceti, virusidrofili, spore
• Indicazioni d’uso:• lavaggio antisettico e chirurgico delle mani;
• antisepsi della cute per punture terapeutiche e diagnostiche ad alta invasività (alcolico 2%)
• preparazione del campo operatorio ( alcolico 0,5%)
Antisettici Perossido d’idrogeno 3%
• L’attività viene espressa in Volume Totale di ossigeno che è in grado di liberare (3%=10 volumi)
• E’ un potente biocida sui materiali inanimati, da ricondursi alla quota di radicali liberi che si producono a contatto con gli ioni metallici presenti nel substrato o prodotti dal metabolismo dei batteri.
• Ha invece minore efficacia sui tessuti viventi, dipendente dalla presenza della catalasi tissutale che scinde il perossido dì idrogeno in acqua ed ossigeno impedendo la formazione dei radicali liberi.
Antisettici clorossidante elettrolitico
Preparazione di sodio ipoclorito ottenuto mediante elettrolisi parziale di cloruro di sodio.
Il potere disinfettante viene espresso come “cloro disponibile”. (ppm per le soluzioni, % per i prodotti solidi)
Ossidazione dei gruppi sulfidrilici dei sistemi enzimatici del metabolismo batterico.
• Spettro d’azione: GRAM+, GRAM- micobatteri, miceti, virus liofili, virus non liofili e spore.
• Tossici se ingeriti
• Indicazioni:
• antisepsi della cute lesa, ferite superficiali, piaghe e ustioni;
• antisepsi dei genitali esterni. (0,05%)
• Concentrazioni pari al 5,5% (55000 ppm) sono utilizzate come disinfettanti
Disinfettanti Alcooli
L’alcool etilico è un liquido incolore, volatile, infiammabile che forma con l’acqua una miscela azeotropica costituita dal 95,57% in peso di alcool e dal 4,43% da acqua. (70% maggiore attività germicida).
Denaturazione delle proteine
• Spettro d’azione: GRAM+, GRAM-,micobatteri, miceti, virus liofili, virus non liofili e spore.
Tossicità. Controindicato nell’antisepsi di ferite mucose ed ustioni per la sua azione irritante.
• Indicazioni:
• disinfezione di superfici (cappe)
Disinfettanti Acido peracetico
• Prodotto dalla reazione dell’acido acetico con acqua ossigenata. Utilizzato come sterilizzante in sistema chiuso in fase liquida a 50 °C anche se l’attività è condizionata dalla disponibilità di accessori che facilitano il contatto con tutte le superfici da trattare. Se utilizzato in soluzione presenta instabilità chimica.
• Ossidazione di alcuni componenti cellulari in particolare enzimi e proteine.
• Spettro d’azione: GRAM+, GRAM-, virus, micobatteri e spore (tempo di contatto)
• Indicazioni:disinfezione di materiali pluriuso
Disinfettanti Aldeidi
• Sono caratterizzate da una notevole reattività chimica dovuta alla presenza di due gruppi carbonilici terminali in grado di alchilare gruppi aminici, idrossilici, sulfidrilici e di formare polimeri inattivi; complesse procedure di utilizzo.
• Ortoftaladeide non necessita di attivazione
• Spettro di azione: GRAM+, GRAM-, micobatteri, virus, spore
• Tossicità: tossico per via sistemica sia locale
• Indicazioni d’uso: trattamento di strumentazioni termolabili
Antisepsi cute e mucose (mani)
• Iodopovidone al 7,5%in soluzione saponosa
• Clorexidina gluconato al 4% in soluzione saponosa
• Alcool etilico denaturato al 70%
Antisepsi di cute lesa• Iodopovidone al 10% in soluzione acquosa
• Clorossidante elettrolitico (I scelta in caso di ferite estese, di II scelta in caso di allergia)
• Perossido di idrogeno 3% solo per lavare la ferita da corpi estranei
Antisepsi della cute per punture terapeutiche a bassa invasività
Clorexidina gluconato al 0,5% in soluzione alcolica al 70%
Antisepsi della cute per punture terapeutiche ad alta invasività
Clorexidina gluconato al 2% in soluzione alcolica al 70%
Antisepsi preoperatoria
Iodopovidone al 10% in soluzione alcolica
( interventi chirurgici non in prossimità di mucose)
Iodopovidone al 10% in soluzione acquosa
(interventi chirurgici in prossimità di mucose)
Clorexidina gluconato al 2% in soluzione alcolica
(II scelta)
Disinfezione articoli sanitari
• Articoli critici (strumenti introdotti direttamente nel corpo umano, nel sangue o in aree del corpo normalmente sterili)
• Articoli semicritici (strumenti che entrano in contatto con mucose intatte)
• Articoli non critici (strumenti che entrano in contatto solo con cute integra)
STERILITA’
ALTA
DISINFEZIONE
PULIZIA CON
ACQUA CALDA
E DETERGENTE
Conservazione e smaltimento
La conservazione va effettuata in recipienti chiusi, al riparo dalla
luce e dal calore, possibilmente in armadi chiusi
Precauzioni per il personaleD.lgs 81 /2008 prevede misure specifiche la protezione dei
lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti dagli effetti degli agenti chimici presenti sul luogo di lavoro o che siano il risultato di ogni attività lavorativa che comporta la loro presenza.
D.lgs 65/2003 “attuazione di direttive comunitarie relative alla classificazione, all’imballaggio e all’etichettatura dei preparati pericolosi.
Le etichette applicate sul contenitore devono assicurare una corretta informazione
• Identificazione del prodotto
• Responsabile della commercializzazione
• Istruzioni per il corretto uso e dosaggio
• Informazioni sulla composizione chimica
• Il quantitativo nominale del contenuto
• Le indicazioni di pericolo
• Simboli che segnalano rischi per la salute e la sicurezza
• Informazioni sulla biodegradabilità
Le etichette devono esporre un simbolo che evidenzi un eventuale :
rischio sotto il profilo infortunustico (E, O, F, F+)
rischio tossicologico (Xn, Xi, C, T, T+)