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Corso di laurea specialistica in Sociologia e Ricerca Sociale Anno Accademico 2007-2008 Comunicazione politica (A) – Media e democrazia [35375] Prof. Gaspare Nevola 2 giugno 2006 La sinistra, la parata, l'arcobaleno. Lorenzo Ruzzene [128048]

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Nel presente elaborato viene presa in considerazione la celebrazione del 60° anniversario della Repubblica Italiana. La prima parte è dedicata all'inquadramento dell'evento, e in essa viene posto risalto sull'importanza dei riti politici anche nei regimi democratici contemporanei. Successivamente si ripercorrerà brevemente la storia degli anniversari della Repubblica dalla sua nascita ai giorni nostri, notando come in questo rito sia possibile leggere la storia politica e culturale italiana dal secondo dopoguerra. Infine l'attenzione si sposta alla celebrazione del 2006, in contesto in cui è avvenuta e gli eventi che l'hanno caratterizzata. La seconda parte è dedicata all'analisi delle modalità in cui l'argomento è stato riportato dalle principali testate giornalistiche italiane, studiando tramite l'approccio quantitativo e qualitativo gli eventi che sono stati presi in considerazione e come sono stati presentati. Nella parte conclusiva si cercherà di osservare le cornici di riferimento adottate dalla stampa, nelle loro caratteristiche, similitudini e differenze, alla luce di quanto esposto nella parte dedicata all'inquadramento teorico, fornendo infine delle considerazioni sull'evento e sulle modalità in cui è stato riportato sulla stampa considerata.

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Corso di laurea specialistica inSociologia e Ricerca Sociale

Anno Accademico 2007-2008

Comunicazione politica (A) – Media e democrazia [35375]Prof. Gaspare Nevola

2 giugno 2006

La sinistra, la parata, l'arcobaleno.

Lorenzo Ruzzene [128048]

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Sommario

Introduzione.......................................................................................................................... 31. Riti e democrazie contemporanee...................................................................................3

Riti in politica.............................................................................................................................3Riti nei regimi democratici........................................................................................................4Riti politici in Italia.....................................................................................................................6

2. Le celebrazioni del 2 giugno.............................................................................................7Nascita e crisi della festa..........................................................................................................8Tra declassamento e strumentalizzazioni.................................................................................9La svolta del 2000...................................................................................................................11

3. Il 60° anniversario della Repubblica............................................. ..................................12Il contesto...............................................................................................................................12I preparativi.............................................................................................................................13La parata e le altre celebrazioni..............................................................................................15

4. Metodologia della ricerca........................................................................ .......................165. Copertura dell'evento......................................................................................... ............166. Presentazione dell'evento................................................ ..............................................177. Considerazioni................................................................................................................ 20Conclusioni......................................................................................................................... 22Appendice.......................................................................................... ................................23

Prime pagine...........................................................................................................................23Elenco degli articoli.................................................................................................................24

Riferimenti bibliografici........................................................................................... ............27

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Introduzione

Nel presente elaborato viene presa in considerazione la celebrazione del 60° anniversario della Repubblica Italiana. La prima parte è dedicata all'inquadramento dell'evento, e in essa viene posto risalto sull'importanza dei riti politici anche nei regimi democratici contemporanei. Successivamente si ripercorrerà brevemente la storia degli anniversari della Repubblica dalla sua nascita ai giorni nostri, notando come in questo rito sia possibile leggere la storia politica e culturale italiana dal secondo dopoguerra. Infine l'attenzione si sposta alla celebrazione del 2006, in contesto in cui è avvenuta e gli eventi che l'hanno caratterizzata.La seconda parte è dedicata all'analisi delle modalità in cui l'argomento è stato riportato dalle principali testate giornalistiche italiane, studiando tramite l'approccio quantitativo e qualitativo gli eventi che sono stati presi in considerazione e come sono stati presentati. Nella parte conclusiva si cercherà di osservare le cornici di riferimento adottate dalla stampa, nelle loro caratteristiche, similitudini e differenze, alla luce di quanto esposto nella parte dedicata all'inquadramento teorico, fornendo infine delle considerazioni sull'evento e sulle modalità in cui è stato riportato sulla stampa considerata.

1. Riti e democrazie contemporanee

Riti in politica

Diversamente da quanto previsto da alcuni studiosi, i riti non hanno perso d'importanza nella società contemporanea. La prospettiva che se ne occupa in termini negativi, come una forma per ingannare le masse, è ancora dominante. Ciò porta ad occuparsene poco o a non farlo affatto. Ci sono però anche studiosi contrari a questo approccio, tra cui Gilmour, il quale sostiene che anche le società contemporanee hanno bisogno di miti e riti, in quanto si tratta di qualcosa di costitutivo per esse, di cui non si può fare a meno. Questo perché le relazioni sociali avvengono tramite strumenti simbolici, e la ritualità è una comunicazione simbolica a tutti gli effetti. I riti potranno cambiare forma, ma la loro presenza non è mai mancata in qualsiasi società.Il riferimento tradizionale in questa tematica è Durkheim, il quale parla di funzioni latenti e manifeste e osserva che in maniera latente le persone nell'adorazione nella divinità in realtà celebrano e adorano la società, producendo coesione sociale, comunanza, l'avere insomma qualcosa in comune. Non si tratta dunque di un fenomeno necessariamente legato alla sfera religiosa, che è in risalto in questa tematica solo perché al centro si ha il sentire emotivo dell'individuo, ma anche la sfera secolare, di natura immanente.Esiste anche la socializzazione laica, tramite riti civili, riti della Repubblica, più comunemente riti politici. Tramite essi avviene la proiezione dell'ordine del mondo secolare, ovvero il meccanismo di funzionamento della società, i suoi rapporti di potere, in modo trascendentale. Si nota come siano anche un modo per difendersi dall'imprevedibilità, dalla contingenza a cui sarebbe altrimenti sottoposta la vita sociale. Tramite i riti i simboli in essi utilizzati vengono trasformati in relazioni corrette, mediante la codifica di come dovrebbero essere le relazioni umane. I riti pubblici sono inoltre «drammi sociali» che suscitano o danno espressione simbolica a sentimenti collettivi [Nevola, 2004:238], e di conseguenza un rito di massa si riconosce per la sua capacità di

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coinvolgere l'opinione pubblica, di suscitare partecipazione diffusa ed emozioni collettive [ivi:233]La presenza e l'importanza dei riti nella politica non è dunque da sottovalutare. Un veloce sguardo permette di notare quanto tali attività siano diffuse: scioperi sindacali, manifestazioni di piazza, comizi (convention e congressi), hanno tutte una forte potenza comunicativa, e sono particolarmente ricercate dai partiti politici; non solo: la sfera diplomatica è anche densamente popolata di riti, con i suoi incontri ai vertici, i trattati, gli inni e le bandiere. Un'altra forma storica di rito, quella presa in particolare esame in questa ricerca, è la parata militare. Tutte forme che comunicano nelle variazioni che possono esserci nelle modalità, nel modo in cui vengono svolti i ruoli assegnati dal rito, ed inoltre perché sono l'allestimento di appetibili «palcoscenici di visibilità» per personalità pubbliche e persone comuni [ivi:229-230]. Il rito è così armonico, che esistono aperture alla rottura del rito, anche per l'individuo che infrange le regole a cui dovrebbe sottostare. In questi casi, analizzando il rapporto dei media con i riti, si nota come l'interesse dei mezzi di comunicazione si sposta, e l'infrazione del rito porta l'attenzione su di sé [ivi:244]. Come sostenuto da Segalen, “con l'avvento della società mediatica i rituali di natura politica hanno trovato un palcoscenico per la drammatizzazione e l'emozione collettive” [Segalen, 1998:95].Nel caso da noi preso in esame, si noterà questo aspetto, in quanto “i giorni di festa sono, appunto, giorni speciali. Le ricorrenze obbligano a prendere posizione, a dichiarare intenti e rendere esplicite le radici, a saldare il passato con il futuro. Dietro le frasi imposte dalla circostanza si finisce sempre per leggere, in filigrana, l'identità degli oratori” [Cartocci e Piscitelli, 2003:118]Da rilevare che un rito una volta creato tende a vivere per conto proprio. Si trasforma, cambia connotati, che possono divenire anche diversi dalle intenzioni originarie. Può anche sfuggire al controllo dei detentori del potere (o da chi lotta per esso), che solitamente utilizzano i riti pubblici strumentalmente per mantenere o cancellare la memoria storica. Da questo si comprende perché il rito, per lungo tempo considerato facente capo allo spirito conservatore (portatore delle tradizioni e fortemente legato al passato), possa avere anche un potenziale innovativo, potendo anche cambiare senso simbolico ed avere effetti sulla società di tipo diverso. Detta in altri termini, l'uso dei simboli durante l'evento rituale può avere un ruolo sia di tipo conservatore, che innovatore e rivoluzionario.

Riti nei regimi democratici

In questo elaborato l'attenzione si concentra su un particolare «rito civile», che celebra anche la democratizzazione del paese. Avviene dunque in un regime democratico, moderno, regime nel quale non si assiste affatto alla scomparsa dei riti, ma essi anzi sono protagonisti di una ripresa [Nevola, 2007:165]. Questo in quanto non deve venire a mancare la componente di «incanto democratico», anche se si tratta di democrazie mature [ivi:166]. Vi è il rischio infatti che ciò porti a una crisi democratica per il diffondersi di «disorientamento democratico», non tanto sui valori di fondo, ma piuttosto insoddisfazione per le istituzioni [ivi:172].Generalmente le lenti usate per pronunciare una diagnosi sulla crisi democratica seguono l'approccio della scelta razionale (in misura minore l'approccio incentrato sulla «cultura politica»), ma è inadeguato. Il cittadino democratico comune non è riducibile a un attore

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massimizzatore di utilità economica: i suoi giudizi nei confronti di un regime democratico sono frutto piuttosto di un «sistema di credenze», di identità e appartenenza collettiva. Si tratta insomma della possibilità dei cittadini di auto-riconoscersi nella propria comunità politica. Un regime democratico ha bisogno di «senso di appartenenza» e identità collettiva per tenersi in buona salute. Ed essi sono «schemi di rilevanza» per calcoli e valutazioni [ivi:175-179]. Sono le «ragioni del cuore», le quali motivano l'obbligazione politica, quel «cuore democratico» che “deve pulsare nelle comunità democratiche per assicurare loro stabilità, buon funzionamento, qualità” [ivi:180]. Il fondamento della legittimità di un regime democratico è fondato da sentimenti di identificazione collettiva, di riconoscimento reciproco. [ibid.]. Le democrazie sembrano però non comprendere questa associazione [ivi:181], anche perché sono in accordo con il disincantamento del mondo occidentale, e puntano a voler fondare la loro legittimità più sulle regole, sulle competenze e sulle utilità che possono giovare ai cittadini-consumatori (un tipo di legittimità molto simile a quella definita “legittimità basata sull'output” da Scharpf) [ivi:181-182]. Nemmeno molti scienziati politici sono attenti ai riti politici [ivi:18344], e perfino Schumpeter, che enfatizza la democrazia come metodo e procedura, parla di «credo democratico». [ivi:184]. Credo e metodo democratico sono strettamente legati: “fino a quando il suo credo gli detterà che il metodo democratico è degno di valore, il cittadino lo sosterrà, dando così vita ad una sorta di «credo nel metodo»”. Se lo spazio dell'incanto democratico viene lasciato vuoto, esso viene facilmente riempito da «incantatori» (dal populismo), che sono un sintomo, non una causa della crisi democratica (che invece punta solo sul metodo, sulle procedure e considera i cittadini come consumatori) [ivi:185-186]. Un esempio viene anche dalle periodiche accuse di brogli elettorali, dove la sacralità delle procedure non è fornita da valutazioni razionali, ma dalla presenza o meno di «credo democratico» [ivi:189].Vediamo meglio cosa si intende per ”incantesimo democratico”: esso si fonda su un patto di convivenza civile, che è un valore identitario e normativo sacro. La comunità politica che vi prende forma è la patria, e “il «patriottismo» è quel sentimento di comune appartenenza e di reciproca responsabilità che «lega» i cittadini alla patria e ne coltiva la «sacralità»” [ivi:190]. La sacralizzazione della patria corrisponde a un «velo d'incantesimo». Il patriottismo è perciò «devoto stupore» nella patria che si «autogoverna», ovvero stupore dei cittadini nei confronti di loro stessi. Per questo, ma non solo, è inopportuno porre in secondo piano l'importanza dello Stato-nazione.Il patriottismo si manifesta tramite la trasfigurazione simbolico-valoriale della comunità politica, attraverso “linguaggi e pratiche dei simboli” [ivi:192]. Una possibilità è tramite gli eventi extra-ordinari ovvero, e qui arriviamo al punto della questione, le ritualità pubbliche e civili; esse spesso sono viste come ricorrenze inutili, o peggio pericolose per timore che possano costituire l'humus per una rinascita di nazionalismo. Tale pregiudizio è presente sia nelle scienze sociali che nell'opinione pubblica colta. Per quanto concerne la nostra comunità scientifica di riferimento, si può dire che un errore delle scienze sociali è quello di reificare il costrutto della scelta razionale, auto-limitando l'analisi del proprio oggetto di studio. È più realistico l'approccio di Mosse, per il quale gli esseri umani, hanno un bisogno connaturato di miti e simboli. In tal modo si riesce anche a comprendere perché l'ordine politico viene rispettato [ivi:191-194]. Vi sono due modi per intendere il patriottismo democratico: come religione civile (patriottica) o come patriottismo costituzionale. Il primo è un “processo di sacralizzazione di certe espressioni della vita comunitaria, mediante rituali pubblici, liturgie civiche o politiche e pietà popolari. (...) Si basa principalmente su manifestazioni essenzialmente

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terrene di adorazione del sociale o del politico” [ivi:195-196]. La religione civile mette in atto un «incantesimo democratico» generico, tipico della società civile, indifferente alla forma di democrazia in cui si concretizza. Il patriottismo costituzionale è invece specifico dei regimi liberal-democratici di massa, e si fonda su “un processo di riconoscimento reciproco di legittimità tra una pluralità di forze politico-ideologiche antagoniste” che perciò rivaleggiano ma sulla base di regole condivise [ibid.]. Analiticamente suddivisibile in tre componenti (universalismo, storicità, politicità), si sostanzia in una Costituzione e produce un «incantesimo democratico» specifico. [ivi:196-197].Specifichiamo infine che alla presenza della religione civile non corrisponde necessariamente anche la presenza del patriottismo costituzionale. La sola religione civile non riesce a garantire una qualità democratica sufficiente, in quanto non abbina a fondo il metodo democratico al credo democratico, difettando sul principio di legittimità democratica fondamentale, ovvero la «centralità del popolo».

Riti politici in Italia

Questa prospettiva è particolarmente dibattuta in questi ultimi anni anche in l'Italia. Durante il settennato di Ciampi in particolare, si è notato l'impegno del Presidente in quella che viene definita «pedagogia civico-nazionale». Essa era intenzionata a risvegliare il senso di appartenenza nazionale, cercando di rilegittimare vocaboli (in termine «patria» soprattutto), luoghi, e riti che dalla nascita della Repubblica erano entrati in crisi, arrivando anche “ad essere censurati dagli orientamenti dominanti nella cultura politica alta del nostro paese e rimossi nel sentire comune” [Nevola, 2004: 237]. D'altronde questo mutamento lo si nota anche in un confronto con la letteratura sull'argomento proprio in quegli anni, dove viene osservato come il rifiuto di riti pubblici in Italia sia da associare a sintomo di disinteresse sia della cultura che della politico nei riguardi dell'identità nazionale [ivi:238]. Sosteneva ad esempio Bertelli, uno studioso di riti politici:

Il teatro del potere non è dunque solo espressione di forza statuale, è un collante d'identità sociale. In Italia, la nazione più dissacrante e dissacrata che il mondo occidentale conosca, lacerata e attraversata da tensione centripete, proprio per questo si direbbe che si stia perdendo ogni straccio di cerimoniale, nella misura in cui il paese reale si riconosce sempre meno nel paese legale. L'insediamento del presidente della Repubblica avviene con dimesse cerimonie all'interno del cortile del Quirinale. Le contestazioni della parata militare del 2 giugno, data legittimante della classe politica italiana, sono in questo senso un esempio estremamente probante. Presa nella tenaglia della contestazione pacifista filosovietica e dell'irenismo cattolico, la classe politica italiana si è vista costretta a sopprimere del tutto il giorno stesso della festività (ma abbiamo mantenuto la festa dell'Immacolata, con l'offerta floreale del papa alla colonna della romana Piazza di Spagna)! Un'oligarchia politica priva di spessore storico? Il pontefice come l'ultimo dei nostri sovrani? [Bertelli, 2000:19].

Questo a testimonianza di quanto sostenuto da Scoppola, ovvero che “gli italiani sono tornati alla democrazia sul binario di «appartenenze» separate piuttosto che su quello di una comune appartenenza nazionale e democratica” [Nevola, 2003:37], dando il via a quella lunga stagione di snazionalizzazione, durata fino agli anni novanta [ibid.]. Spesso il distacco degli attori politici rispetto ai riti viene associato dagli osservatori ad

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una mancanza di identità nazionale. Il rischio è quello di far coincidere la reazione ai riti con l'identità nazionale, ovverosia confondere la parte con il tutto [Cartocci e Piscitelli, 2003:118]. Il punto del problema è invece che la particolarità italiana è stata proprio la politicizzazione del tema nazionale e patriottico [ivi:119]. È avvenuta una rimozione sistematica di un intero insieme di termini (patria, nazione, patriottismo, identità e interesse nazionale), che è stata ai fondamenti dell'equilibrio politico su cui è nata ed è cresciuta la nostra Repubblica [ivi, 2003:120].Ma, come si è detto, il tema della nazione è in questi anni tornato d'interesse in Italia, per lo meno a livello di dibattito, con ricadute nella vita pubblica e politica [ivi:42].L'Italia infatti, nonostante i suoi problemi, è una democrazia che “pare aver ripreso a pensare alle ragioni del suo «stare insieme come nazione», a preoccuparsi di coltivare un senso civico nei termini di comune appartenenza, con i suoi radicamenti storici, le sue memorie, la sua cultura politica e istituzionale - comprese le divisioni e le lacerazioni che la accompagnano” [ivi:43].La pedagogia civico-nazionale di Ciampi ha ottenuto il plauso di gran parte dell'opinione pubblica, degli intellettuali, e dal mondo politico, anche da parte delle formazioni di sinistra. Si tratta di una conferma dell'efficacia di quest'opera, anche ricordando la tradizionale chiusura della cultura italiana nei confronti del tema nazionale. [ivi:156]. Il riscontro popolare, soprattutto, testimonia la presenza di un «humus socio-culturale» favorevole [ivi:157].

2. Le celebrazioni del 2 giugno

Il 2 giugno 1946 ha avuto luogo il referendum istituzionale, il cui esito è stato quello di proclamare la nascita della Repubblica Italiana. Contestualmente la popolazione italiana si è espressa riguardo all'elezione dell'Assemblea Costituente che avrebbe redatto, legittimata dall'elezione popolare, la Costituzione di cui quest'anno si celebra il 60° anniversario. Infine, anche se non di secondaria importanza, le elezioni del 2 giugno 1946 si contraddistinguono per essere state le prime nel nostro paese in cui sono state ammesse al voto anche le donne.Una fase senza dubbio storica del nostro paese. Tale importanza è evidenziata anche dalla propaganda elettorale dell'epoca, ed è ben sintetizzata ed espressa in questa dichiarazione del maggio 1946 di Degasperi:

“Tutte le piazze e tutti i comizi risuonano oggi della domanda: Repubblica o Monarchia? La domanda è posta male, troppo semplicisticamente. La domanda vera è questa: «Volete instaurare la Repubblica, cioè vi sentite capaci di assumere su voi, popolo italiano, tutta la responsabilità, tutto il maggior sacrificio, tutta la maggiore partecipazione che esige un regime, il quale fa dipendere tutto, anche il Capo dello Stato, dalla vostra personale decisione, espressa con la scheda elettorale?». Se rispondete sì, vuole dire che prendete impegno solenne, definitivo per voi e per i vostri figli, di essere più preoccupati della cosa pubblica di quello che non siete stati finora, d'aver consapevolezza che essa è cosa vostra, di dedicarvi ore quotidiane di interessamento e di lavoro.” [Ridolfi, 2003b:122].

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Nascita e crisi della festa

La nascita della Repubblica porta con sé anche delle problematiche inerenti ai simboli (stemma, bandiera, inno) da associare ad essa [ivi:116-121]: valga come caso esemplare il fatto che il primo decreto legislativo della Repubblica riguardò proprio la nuova bandiera italiana [ivi:116]. Non con meno urgenza si profilò la questione della stesura di un nuovo calendario di festività civili (e di festività religiose aventi effetti civili). La difficoltà consisteva nell'evitare che fossero presenti delle festività civili strumentalizzabili dai reduci fascisti [ivi:105-106]. Si scelse perciò, per contrassegnare la continuità dello Stato nazionale, il 4 novembre come “Giorno dell'Unità nazionale” [ivi:123]. Se in questo modo le prime due «Italie» erano state sistemate (l'Italia liberale con il 4 novembre, quella fascista rimuovendone ogni solennità), restava da ravvisare un evento che permettesse di simboleggiare un mito di fondazione il più possibile condiviso. La data del 2 giugno sembrava rispettare a pieno queste caratteristiche, ed infatti sin dal 1947 la data è stata riconosciuta come giorno di festa nazionale [ivi:124]. La sua storia però, sin dalle origini, si dimostra travagliata, con reazioni altalenanti rispetto alle celebrazioni e al significato che per essa era stato previsto. Come vedremo da una parte scadrà in manifestazione ufficiale, dall'altra sarà un'occasione di iniziative «di parte», senza riuscire a suscitare il coinvolgimento popolare presente in altri stati (il 14 luglio in Francia, il 4 luglio negli Stati Uniti, ecc.) [Ridolfi e Tranfaglia, 1996:39].Nei primi anni vi fu infatti un dibattito parlamentare, da cui emerse che il giorno di festa nazionale dovesse essere uno solo, e che l'anniversario referendario fosse il più indicato. Le altre date di rilevanza nel calendario civile (solo come «giorni festivi» e non come «feste nazionali») erano, come anticipato, il 4 novembre, il 1° maggio e il 25 aprile. Su quest'ultima data, l'anniversario della Liberazione, vi furono contrasti sin dalla fine della guerra. Dai reduci fascisti vissuta come un giorno di lutto, dalla sinistra vista come la vera data simbolica della rinascita dell'Italia (di cui il 2 giugno fu solamente la conferma elettorale), dopo qualche anno diventò anch'essa festa nazionale. Questa differenza nei fatti non era così evidente, mancando disposizioni di legge che distinguessero in materia. A livello simbolico questa gerarchia, e il dibattito relativo, assumono invece rilevanza, come poi gli anni a seguire dimostreranno, dove la rivalità tra il 25 aprile e il 2 giugno si fece talvolta marcata [Ridolfi, 2003b:129]. La prima «rappresentazione» dello stato si ebbe nel 1948, dove nella celebrazione del secondo anniversario della Repubblica vide la presenza del neo-eletto Presidente Einaudi (e la comparsa di quella che diverrà la storica «Flaminia blu» presidenziale), il cui stile strideva rispetto ai protagonisti di qualche anno prima [ivi:247]. È invece di colui che ne sarà il successore un ammonimento che avrebbe caratterizzato la storia repubblicana: “questa nostra Repubblica non può essere di nessun partito (...) deve mirare ad essere, sempre più effettivamente, di tutti gli italiani” [ivi:246]. La parata su via dei Fori Imperiali inizia a definirsi invece l'anno successivo, e assume i connotati di una «imponente rivista», con lo scopo sotteso di rilegittimare il ruolo delle forze armate, che marciando dimostrano la loro lealtà ai valori democratici della Costituzione e della Repubblica, e figurando anche come un omaggio dello Stato nei loro confronti [ivi:250]. In queste celebrazioni, a prima vista condivisibili dalla totalità dei partiti politici (salvo i monarchici), si intravedono le prime scissioni. Una riguarda la figura di Mazzini [ivi:248], la seconda l'ostilità dei partiti di sinistra e la presenza dei partigiani alla parata. In quest'ultimo caso è da rilevare che la sinistra ha teso a tradurre la festa in forme più popolari, oppure svolgendo una celebrazione autonoma in piazza San Giovanni. Per quanto riguarda i

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partigiani, solo nel 1947 poterono partecipare alla sfilata, e la loro presenza fu bandita fino alla metà degli anni '70 [ivi:251]. Questo particolare rapporto nei confronti delle Forze armate non è tuttavia prerogativa solo dei partiti di sinistra, riprendendo quanto è stato evidenziato da Virgilio Ilari, storico delle istituzioni militari: “condizionata dal pregiudizio pacifista e antimilitarista, ma in realtà antistatuale e antinazionale, dei tre grandi partiti popolari, la prima Repubblica italiana ha avuto un rapporto ambiguo con le sue Forze Armate” [Ilari, 2000:195]. In questi anni hanno luogo anche i primi ricevimenti al Quirinale e le onorificenze assegnate dal Presidente della Repubblica [Ridolfi, 2003b:252-255].Salvo la scontata considerazione che la festa repubblicana assumesse caratteri diversi in base alla figura e allo stile del Presidente, è da notare come la celebrazione nazionale assunse un'impronta più istituzionale, incentrata in ottica militare, facendone perdere l'originario coinvolgimento popolare. Addirittura, suggerisce Ilari, “più che un omaggio dell'esercito alla Repubblica, quella sfilata sembrava un omaggio della Repubblica all'esercito, quasi la nuova classe politica sentisse il bisogno di dimostrare al paese il patriottismo del governo e la legittimità nazionale delle istituzioni repubblicane” [Ilari, 2000:207; Ridolfi, 2003b:257-258].Durante la presidenza di Segni e Saragat ci fu qualche tentativo di rilancio, ma la festa del 2 giugno era oramai svuotata di significati ideali e ricondotta a mera retorica celebrativa e successivamente al ventennale si è aggravata questa condizione [Ridolfi, 2003b:260-261]. Saranno infatti gli anni del protagonismo dei movimenti giovanili, il sentimento antimilitarista sostenuto da diversi attori (radicali, gruppi extraparlamentari di sinistra e associazionismo cattolico di base) che in una celebrazione volta prevalentemente a rendere omaggio alle Forze Armate troveranno il loro obiettivo polemico. A questo si aggiunse la crisi economica di quegli anni, portando a rivendicare che per i costi superflui che comportava, la parata dovesse essere abolita [Ridolfi, 2003b:261].

Tra declassamento e strumentalizzazioni

Una vera e propria crisi si manifestò negli anni '70, in particolare tra il 1975 e il 1978, anni in cui si celebrarono il trentennale della Resistenza, della Repubblica e della Costituzione [ivi:132-133]. Nel 1975 vi furono eccezionali misure di sicurezza, in un clima piuttosto convulso, visti gli scontri avvenuti il 25 aprile. Per evitare tumulti, si consentì anche ai partigiani di prendere parte alla parata. Lo stesso Presidente Leone in una sua dichiarazione fece emergere il mutamento subito dalla celebrazione, da leggere nel contesto del terrorismo dell'epoca: “La ricorrenza del 2 giugno, Festa della Repubblica e delle Forze armate, non può essere considerata solo una rituale solennità, ma deve rappresentare anche l'occasione nella quale tutto il popolo si raccoglie intorno alle forze armate, presidio delle nostre libere istituzioni” [ivi:262-263]. Nel 1976, anno del terremoto in Friuli, la parata non si tenne in quanto l'esercito era impegnato nei soccorsi. Nel trentennale però si discusse anche dei motivi per cui le istituzioni e la festa del 2 giugno (in cui si sostanzia la compattezza e la lealtà degli attori politici) versassero in tale crisi. Degna di nota la dichiarazione di Leo Valiani, un protagonista della Resistenza e dell'azionismo: “Fatta la Repubblica, non ci si è preoccupati, da parte dei grossi partiti, di fare i repubblicani” [ivi:263]. In questa affermazione non è la similarità con la celebre frase storica ad attirare l'attenzione, ma il suo sottolineare che tale trascuratezza è da additare ai grossi partiti (DC-PCI, seppur con responsabilità diverse), e non ad un disinteresse dei cittadini. Ben diverso sarà il futuro del 2 giugno, dove si ritenne che “la Repubblica

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potesse rinunciare senza nocumento alla memoria del suo atto di nascita e alla forza dei suoi simboli, altrove indispensabili generatori di emozioni e sentimenti patriottici a sostegno delle istituzioni” [ivi:264]. Oppure, detto ancora meglio: “Era opinione diffusa tra intellettuali e politici che si potesse fare a meno di un vero patriottismo repubblicano, si era persuasi che l'abbandono della problematica della nazione e del suo tradizionale corredo di emblemi (inno, bandiera, feste) fossero prova di antifascismo (e comunque di sentimento democratico e di immunità da nostalgie nazionaliste)” [Cartocci e Piscitelli, 2003:119]. Il 1977 è l'anno del «declassamento»: viene emanata una nuova legge sulle festività, che oltre alla rimozione degli effetti civili di cinque festività religiose, sancisce il «primato» del 25 aprile sul 2 giugno (oltre a «declassare» anche il 4 novembre, festa della Vittoria). La festa della Repubblica diventa infatti «mobile» (ricorre ogni prima domenica del mese), prestandosi solo ai riti ufficiali, con carattere prevalentemente istituzionale e militare (ma senza la tradizionale parata). Resta il ricevimento al Quirinale, nei palazzi delle prefetture e la deposizione della corona al Milite Ignoto del Presidente. La ricorrenza del 25 aprile si era mostrata sia istituzionale che popolare, una festività insomma in cui entrambe le componenti potevano ritrovarsi accomunate. La parte politica più soddisfatta di ciò era il Partito Comunista, che fino ad allora aveva sempre svolto feste alternative, rispetto alla «Repubblica degli altri». [Ridolfi, 2003b:133-136,263], ed è da porre in rilievo come questa decisione coincida con il momento in cui il «bipartitismo imperfetto» aveva conseguito il massimo di forza elettorale (ovvero nelle elezioni del 1975 e del 1976) [Cartocci e Piscitelli, 2003:121]. Un sintomo della tanto deprecata «partitocrazia», anche piuttosto evidente, in quanto “i partiti occupavano anche lo spazio assegnato alle ritualità delle istituzioni, sovrapponendo persino sul piano della liturgia civile la politics alla polity” [ivi:123]. Tuttavia, se la soluzione era frutto di un riuscito compromesso, nel contempo ogni valenza integrativa della «ricorrenza» veniva perduto, dato che “le feste nazionali sono appunto istituzioni, in quanto costituiscono punti fermi, vincoli cui vengono ancorati significati e valori” [ivi:122] e che una ricorrenza è tale solo si compie in un tempo discontinuo dall'ordinario [ibid.].Negli anni '80, con Pertini Presidente della Repubblica e Craxi Presidente del Consiglio, ci fu un rinnovato interesse per la parata militare [Ridolfi, 2003b:137], anche se del significato originario non restava molto. Inoltre non era una questione degna d'interesse da parte delle istituzioni e della classe dirigente. Non solo: il tentativo craxiano di impostare una politica di orgoglio nazionale è a ben vedere comunque di natura strumentale [Cartocci e Piscitelli, 2003:123].Questo oblio, enfatizzato nel 1977, sarebbe durato fino ai giorni nostri [Ridolfi, 2003b:265]. La parata militare, in particolare, sarà nuovamente soppressa dal Presidente Scalfaro [Ilari, 2000:196].Negli anni '90, nei quali correva il cinquantesimo anniversario della Repubblica, il Presidente Scalfaro si trovò a doversi confrontare con la riconciliazione nazionale tra formazioni partigiane e Unione nazionale dei combattenti della RSI [Ridolfi, 2003b:278], e dunque si ritrovò ancora a doversi confrontare con il 25 aprile e la Resistenza, ovvero alle divisioni del paese sul proprio passato recente. Oltre ad essere una data che stava acquisendo nuovo vigore, e visto il declassamento in cui ancora versava la festa della Repubblica, Luciano Violante (all'epoca Presidente della Camera) propose, senza molta fantasia rispetto a quanto andavano sostenendo alcune parti politiche nei cinquant'anni precedenti (tra cui il PCI da cui proveniva), di celebrare entrambe le occorrenze il 25 aprile [ivi:278-279].

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La svolta del 2000

La svolta avviene a partire dal 2000, con il ripristino dello status originario del 2 giugno come “Festa Nazionale della Repubblica”1.Emblema questo della rinnovata politicizzazione della questione dell'identità nazionale, grazie all'opera di pedagogia civico-nazionale di Ciampi “volta a recuperare rilievo e visibilità ai rituali e agli emblemi della Repubblica: la bandiera, l'inno, il Vittoriano, fino all'iniziativa più incisiva e duratura: il ristabilimento della celebrazione della festa della Repubblica nella giornata del 2 giugno” [Cartocci e Piscitelli, 2003:123-124]. Quest'ultima iniziativa è la più emblematica per quanto riguarda il tema della patria italiana [Nevola, 2003:155]. Nel 2000 riprende anche la marcia sui Fori Imperiali, aspramente criticata da Ilari come un “modo per occultare con la marcetta delle bersagliere il deficit di sovranità, di democrazia e di legittimità delle nostre istituzioni, già minate dalla delega di potere all'Europa e alla concertazione tra le parti sociali” [Ilari, 2000:218]. Si può però piuttosto vedere come essa viene a ridefinirsi come una festa popolare, tesa ad esprimere orgoglio ed identificazione nazionale [Nevola, 2003:155]. Questo anche mediante la modifica della composizione della parata stessa, cui i quotidiani di quegli anni sintetizzano gli aspetti peculiari: “L'euro-parata si tinge di rosa” e “Sfila davanti a Ciampi l'esercito della pace” [Ridolfi, 2003a:38325]. Oltre alla trasmissione in diretta della parata si ha anche una programmazione televisiva tematica, iniziative nelle piazze cittadine, la riapertura dei giardini del Quirinale e la riproposizione del Vittoriano come simbolo architettonico nazionale [Nevola, 2003:155]. Nel 2002 la parata si svolse in forma solenne, per la prima volta con Berlusconi come Presidente del Consiglio [Cartocci e Piscitelli, 2003:117]. Non è questa la sede opportuna per un'analisi delle problematiche più o meno latenti della pedagogia civico-nazionale di Ciampi. È sufficiente notare come la definizione di cosa esattamente simboleggi la festa del 2 giugno non è ben chiara. Si tratta senza dubbio della nascita della Repubblica, ma talvolta viene fatto cenno ad essa come una celebrazione dell'Italia unita e, soprattutto, di “Festa della Patria” [Nevola, 2003:155]. Se si intende però fare riferimento al «patriottismo costituzionale». esso non è ancora in grado di essere praticabile, anche se i mutamenti nelle formazioni partitiche potrebbero far sperare nell'avviamento di un riconoscimento reciproco anche grazie alla scrittura di regole condivise, in quanto la situazione del patto costituzionale del dopoguerra è radicalmente mutata [Nevola, 2003:163]. In questa chiave tuttavia non stupisce notare che dalla svolta ciampiana il 2 giugno si vada affermando come una ricorrenza di maggiore aggregazione rispetto al 25 aprile e che, come vedremo, è avversata solo da una piccola parte dello spettro politico italiano, a differenza di quanto accadeva anche solo poco più di un decennio prima.

3. Il 60° anniversario della Repubblica

Il contesto

La celebrazione del 60° anniversario della Repubblica, il 2 giugno 2006, si è svolta in un clima politico piuttosto concitato. Vale la pena dunque riassumere alcuni elementi salienti

1 Si veda la Legge 20 novembre 2000, n. 336, http://www.parlamento.it/parlam/leggi/00336l.htm .

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del contesto2.In primo luogo è fondamentale segnalare le elezioni politiche dal 9/10 aprile, che hanno visto la vittoria, anche se con uno scarto non particolarmente elevato, della coalizione di centro-sinistra. Ciò ha portato allo svilupparsi di tensione tra i due poli, accresciuta dall'accusa da parte della coalizione di centro-destra (e del suo leader in particolare) di brogli avvenuti nel corso dello spoglio delle schede. In base a tali elementi, gli stessi soggetti hanno anche invocato di ricorrere all'invocazione di manifestazioni di piazza. La formazione dell'UDC teneva tuttavia una posizione più cauta.Il contesto temporale di riferimento della ricerca è quindi inserito nei primi «100 giorni» del governo Prodi, a cui corrispondono anche le nomine delle cariche istituzionali legate alla nuova legislatura (Presidenza del Senato e della Camera dei Deputati). Più nello specifico, la celebrazione ha avuto luogo nel corso delle ultime nomine della commissioni delle due Camere.Sin dai primi giorni di insediamento del nuovo governo sono state agitati alcuni allarmi sulle condizioni, prevalentemente economiche, in cui versava il paese, a causa, sempre a detta del governo appena formato, della pessima gestione negli anni precedenti. Vi è stato per esempio l'allarme del «blocco dei cantieri» delle infrastrutture in corso di costruzione in quel momento.Dal punto di vista istituzionale va ovviamente ricordato il fatto che in seguito alle consultazioni elettorali, le Camere riunite della neonata XV Legislatura e i rappresentanti delle Regioni avevano il compito di eleggere il Presidente della Repubblica. Il Presidente uscente Ciampi, sebbene avesse avuto proposte di proseguire il suo settennato (in particolare dalla coalizione di centro-destra), aveva già chiaramente espresso la sua indisponibilità. Le consultazioni sono state ricche di scontri, con il centro-destra preoccupato di un'eccessiva parzialità nella nomina delle massime cariche dello Stato. Non ebbe luogo dunque un'elezione bipartisan del nuovo Presidente della Repubblica come avvenne nel 1999 con Ciampi. Emblema di questa mancanza di accordo è stato il necessario ricorso ad un numero di votazioni superiore a tre per l'elezione di Giorgio Napolitano, dove dunque non era più necessaria la maggioranza qualificata. Berlusconi arrivò a consigliare ai componenti di partito di comportarsi “come se fossero a un funerale”. Da segnalare inoltre la già citata cautela dell'UDC e le manifestazioni di protesta (fischi) quando Ciampi, ora senatore emerito, sostenne il governo Prodi.Sempre sul piano istituzionale, e a ridosso della giornata considerata, il 28/29 maggio si tennero le elezioni amministrative. Più di 1200 comuni interessati (tra cui grandi città come Roma, Milano e Torino), otto province e la Regione Sicilia. Già il 30 sono stati disponibili i risultati, e la consapevolezza dell'eventuale necessità di ricorrere ai ballottaggi.Il ricorso alle urne non era ancora terminato: il 25/26 giugno si sarebbe svolto il referendum costituzionale sulla riforma della seconda parte della Costituzione. Non avendo raggiunto la maggioranza qualificata nel passaggio alle Camere, le modifiche attuate dal governo Berlusconi dovevano essere quindi confermate o meno dalla popolazione.Da segnalare che proprio nei giorni a ridosso della Festa Nazionale, iniziava ad entrare nell'agenda politica la tematica dell'indulto (all'epoca ancora definito «amnistia»). La stampa ne fornisce notizia associandolo a tematiche per certi versi simili, ma che hanno un carattere in larga misura differente. Si tratta del nostro passato (molto) recente, ovvero gli «anni di piombo», che sono tornati ad essere trattati in seguito al pronunciamento della

2 Gli avvenimenti sono tratti da [Briquet e Mastropaolo, 2007:17-28] e dai quotidiani del periodo esaminati.

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Corte Costituzionale, la quale ha chiarito la natura della controfirma del Ministro della Giustizia nelle concessioni di grazia, prerogativa del Presidente della Repubblica. Dopo questa pronuncia è stata perciò resa possibile la grazia a Ovidio Bompressi, con l'attiva partecipazione del Presidente Napolitano e del ministro in carica, Clemente Mastella. I quotidiani riportano quindi di una possibile concessione di grazia ad Adriano Sofri, e della celerità con cui è stato preso il provvedimento (pare senza nemmeno preavvisare la famiglia Calabresi, che l'ha appreso dai media). Il confronto con la storia del XX secolo si è avuto anche con il discorso pronunciato dal Papa nel corso della sua visita ad Auschwitz, e le reazioni che ha scatenato, suscitate dalla lettura dell'esperienza totalitaria proposta dal Pontefice.Altri temi che hanno impegnato le testate prese in esame sono le inchieste nel mondo del calcio (a cui è stato assegnato il classico suffisso, diventando «Calciopoli») e la partenza per i mondiali della nazionale di calcio. Qualche rilievo è stato dato anche al caso del «dossier Telecom», sulle rivelazioni prodotte dalle indagini. Ricollegandosi alla situazione economica, le prime dichiarazioni di Mario Draghi (succeduto ad Antonio Fazio alla guida della Banca d'Italia), hanno occupato diverse pagine dei quotidiani. Sul piano internazionale inoltre ha ottenuto una certa copertura il terremoto avvenuto nell'isola di Giava il 27 maggio, di cui le stime iniziali parlavano di 3500 morti.Ultimo, ma non di certo per importanza, è il caso delle missioni italiane all'estero. Era in corso la discussione sul ritiro italiano dall'Iraq (chiaramente espresso nel programma dell'Unione). La questione è emersa soprattutto perché occorreva procedere al rifinanziamento delle operazioni militari, comprese quelle in Afghanistan. In entrambi i casi sono segnalati disordini e instabilità sul campo, e all'interno della maggioranza non mancava chi propone un ritiro immediato da entrambe le zone in conflitto. Qualche giorno dopo il 2 giugno si sarebbe dovuta tenere una festa per il 192° anniversario dell'Arma dei Carabinieri, che però è stata cancellata per un attentato e alla morte di un italiano vicino a Nassiriya. Qualche giorno prima, Menapace aveva fatto dichiarazioni contrarie alle frecce tricolori (che come vedremo si sono esibite nella celebrazione della Festa repubblicana), proponendone addirittura l'abolizione. Successivamente non riuscirà ad essere eletta a presiedere la commissione difesa. Da segnalare in questo caso la presenza di un appello affinché la parata del 2 giugno non fosse militare3 (tra i firmatari figura anche la Menapace), e un articolo, sulla stessa linea, apparso su l'Espresso di Giorgio Bocca.

I preparativi

È arrivato il momento di descrivere i connotati salienti della celebrazione del 60° anniversario della Repubblica4.La vigilia è caratterizzata dal messaggio televisivo a reti unificate (Rai) alle ore 13, nel quale il Presidente sottolinea l'importanza del dialogo tra le forze politiche, offre un particolare omaggio alle Forze Armate, e dichiara rispetto anche per quanti nel referendum istituzionale votarono per la monarchia. In più ricorda che celebrare “ricorrenze come il 2 giugno, festeggiare insieme il compleanno della Repubblica, onorare i simboli della Nazione, esprimere un sentimento di più intensa appartenenza e comunanza patriottica, non significa fare vuota retorica, ma rafforzare le basi e le

3 Si veda http://www.peacelink.it/editoriale/a/16400.html .4 In questa sezione i riferimenti sono tratti dagli articoli esaminati e dalle sezioni apposite dei siti del

Quirinale (discorsi e comunicati), del Ministero della Difesa (approfondimenti, Festa della Repubblica), dell'Esercito (date storiche), della Rai e della Presidenza del Consiglio.

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motivazioni del nostro agire individuale e collettivo”.Il 1° giugno si è tenuto il tradizionale ricevimento al Quirinale e il concerto dell'orchestra della Rai, caratterizzati da un inusuale clima freddo e piovoso. In precedenza il Presidente Napolitano è stato impegnato nella stretta di mani di quanti hanno assistito al cambio della guardia dei Corazzieri, e all'assegnazione delle onorificenze a 25 Cavalieri del Lavoro. Il ricevimento della vigilia ha visto l'entrata in scena di nuove personalità del governo appena insediato, ma è stato soprattutto il «battesimo istituzionale» del neo Presidente, assieme alla «sfilata» delle personalità ecclesiastiche, politiche (da segnalare però l'assenza costante di Silvio Berlusconi), imprenditoriali e culturali di rilievo.Riguardo alla parata, era già noto che le unità sarebbero state minori rispetto agli anni precedenti, riduzione motivata ufficialmente dalle esigenze di bilancio della Difesa. Da rilevare che la preparazione della parata prende il via con il mese di marzo. Le prime voci parlavano di un dimezzamento che però nei fatti non avvenne, in quanto dalle circa 9000 coinvolte l'anno precedente, solamente 2000 non furono fatte sfilare, riducendo di trenta minuti la durata dell'esibizione. L'apertura della parata era dedicata alle missioni internazionali in Iraq e in Afghanistan, e le rappresentanze degli organismi internazionali (ONU, UE, NATO). L'intenzione generale, da parte del Quirinale e del Ministero della Difesa, era quella di rendere la rivista meno «marziale» e più civile possibile: su 7000 unità, 421 erano costituite da civili (tra cui le infermiere volontarie della Croce Rossa); non ci sarà nessuna parata aerea, formazione di elicotteri, carri armati, autoblindo, mitragliere, cannoni, missili, divise storiche e mezzi d'epoca. Titolo dell'evento: “W l'Italia”, per sottolineare “il legame indiscutibile tra la Repubblica, le sue forze armate e gli italiani”, come espresso dal Ministero della Difesa. Il tema è “la Repubblica e le sue forze armate”. Martedì 30 maggio, in serata, sono state svolte delle prove della parata in alcuni punti del suo percorso. Sin dalle ultime giornate di maggio era chiaro che la nuova maggioranza si sarebbe divisa in occasione della celebrazione ufficiale. Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani, Verdi, sinistra DS, Cobas e altre sigle «pacifiste» avrebbero tenuto una «contro-parata» a Castel Sant'Angelo, mentre le restanti forze politiche non avrebbero dimostrato problemi a presenziare e riconoscere la legittimità della parata militare. Il Presidente della Camera ed ex-segretario di Rifondazione Fausto Bertinotti aveva già dichiarato che avrebbe presenziato all'evento, in virtù della sua carica istituzionale (che corrisponde pur sempre alla terza carica dello Stato). Gli altri esponenti delle forze politiche che contestavano la parata avrebbero preso parte alla contro-manifestazione (di cui il leitmotiv era “Sbilanciamoci”), tranne alcuni ministri (Pecorario Scanio e Ferrero), e altri esponenti di rilievo, impegnati in altri eventi nel paese. Paolo Cento, sottosegretario all'Economia e alle Finanze, promette l'abolizione della parata per l'anno venturo. Sono state inoltre annunciate delle azioni di disturbo alla parata ai Fori Imperiali.Come da tradizione (dal 2001 [Ridolfi, 2003a:38325]), la parata ha avuto anche una copertura televisiva. La diretta è stata trasmessa su Raiuno a partire dalle 9.30, e dalle 12.15 alle 13.30 è stato trasmesso il tradizionale concerto. Inoltre era possibile seguire la diretta della parata anche su Internet, sul sito della Rai. Da segnalare, sempre su Raiuno, che il giorno precedente in prima serata si è tenuto uno show, condotto da Fabrizio Frizzi, che aveva intenzione di commemorare principalmente il 60° anniversario del voto alle donne. Inoltre si è parlato dell'anniversario della Repubblica anche in altre trasmissioni «contenitore», prevalentemente nella TV pubblica.

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La parata e le altre celebrazioni

Il 2 giugno si è aperto con l'omaggio al Milite Ignoto all'altare della Patria, e si è concluso con la comparsa delle Frecce Tricolori (unici aerei presenti). Infine, nel pomeriggio sono stati aperti i giardini del Quirinale fino al tramonto5.La parata si è svolta senza particolari disordini, con soddisfazione del Presidente Napolitano (soprattutto per l'interesse caloroso dei cittadini, e la forte presenza di giovani) e del Presidente del Consiglio Romano Prodi. Si segnala solo una piccola manifestazione di dissenso di Greenpeace contro le armi nucleari, che non ha però inficiato il corretto andamento del rito. Alla folla sono stati distribuiti migliaia di cappellini con la scritta “Forze Armate”.Vedremo che il gesto più osservato (e fatto osservare) è stato l'atto di Fausto Bertinotti, il quale si è appuntato una spilla raffigurante una bandiera arcobaleno proprio all'inizio della parata militare e dichiarando che la parata dovrebbe vestire gli stessi colori presenti spilla da lui indossata, con i soldati senza armi. Romano Prodi dichiara invece che la parata abbia avuto un “tono pacifista”, ed è d'altronde stato fatto notare come lo speaker durante la manifestazione abbia posto l'attenzione sulla “funzione profondamente modificata delle Forze Armate” e abbia evocato per cinque volte la parola «pace» (non citando invece quasi mai l'Iraq e l'Afghanistan). Sia Napolitano che Parisi (Ministro della Difesa) fanno menzione dei soldati in missione a Nassiriya, il primo riconoscendogli il merito di “contribuire a costruire la sicurezza, la pace e la democrazia nel mondo”, il secondo ricordandone i caduti degli attacchi.Le cinque più importanti cariche dello Stato e i componenti del Governo presenti tengono un atteggiamento rispettoso e attento, salvo Bertinotti, che pare essere a disagio nel contesto. Berlusconi, invece si fa notare per l'entusiasmo dimostrato esageratamente. Si segnalano anche rapporti distesi tra gli esponenti delle forze politiche presenti delle due coalizioni (il centro-destra era comunque – ovviamente – presente in tono minore), anche qualora nei giorni precedenti fossero avvenuti scontri di un certo tono. Le critiche coinvolgevano prevalentemente i contestatori e il Presidente della Camera, definendo la situazione “ridicola” e “imbarazzante”. Mancato al «battesimo» del settennato di Presidenza della vigilia, Berlusconi concilia i rapporti con il Capo dello Stato (che gli stringe la mano al termine della parata), verso cui fino a quel momento non aveva ancora dimostrato pieno riconoscimento. Alla fine della parata, Napolitano lascia il palco d'onore con la tradizionale Flaminia blu scoperta. L'ex Presidente Ciampi ha preferito non comparire per evitare di togliere la scena al suo successore. Alla «contro-parata» partecipa un numero di persone esiguo, risultando una manifestazione di piccola entità al confronto di quella che intende contestare. Il corteo non converge mai con la parata, arrivando ad una distanza fisica minima di mezzo chilometro.

5 Vedi nota 4

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4. Metodologia della ricerca

Lo studio dei riti politici trova nei resoconti giornalistici un gran numero di dati e informazioni. Un classico in questo campo di studi sono le ricerche di Kertzer su alcuni dei momenti peculiari dello scorso secolo [Corbetta, 1999:455-456]. Le cronache giornalistiche, oltre ad essere scritte e facilmente reperibili, sono ricche di particolari per lo studio di un fenomeno [ibid.].L'analisi dell'evento considerato è consistita nello spoglio sistematico delle tre testate a maggiore tiratura nazionale: Corriere della Sera, la Repubblica e La Stampa. Lo spoglio è avvenuto sulla base delle versioni cartacee dei giornali, in quanto la loro versione elettronica (online) non avrebbe consentito lo stesso tipo di osservazioni. L'unico svantaggio nell'esaminare solo queste tre testate giornalistiche consiste nel fatto che tutte hanno sede nella parte settentrionale del paese. Non rientrano in questo studio le parti dedicate alla cronaca locale e all'approfondimento culturale dei quotidiani. Il periodo di riferimento è stato l'intervallo compreso tra il 26 maggio e il 9 giugno, ovvero la settimana precedente e quella successiva alla celebrazione del 60° anniversario della Repubblica.La misurazione della copertura mediatica è avvenuta sia mediante l'approccio quantitativo che qualitativo. La prima pagina dei quotidiani è stata considerata a parte, in quanto ha caratteristiche strutturali e comunicative differenti dalle pagine interne.La questione di maggiore difficoltà è stata quella riguardante la selezione degli articoli. Per quanto con la maggior parte di essi non si ponesse il problema, in quanto auto-evidente, in altri casi era dubbia la pertinenza o meno dell'articolo, in quanto rifletteva solo marginalmente la celebrazione oggetto di studio. L'attenzione si è perciò focalizzata sugli articoli che facevano espressamente riferimento agli avvenimenti e alle reazioni connesse alla festa del 2 giugno e la sua celebrazione ufficiale a Roma.

5. Copertura dell'evento

Il numero di articoli che tratta l'argomento non si è rivelato elevato. La trattazione è praticamente concentrata in due giornate, ovvero il 2 e il 3 giugno. L'evento è trattato con rilievo nelle prime pagine di questi stessi giorni. Nella giornata stessa del 2 giugno, quando la parata e le contestazioni dovevano ancora avvenire, viene anticipato quello che avverrà (in particolare la divisione della maggioranza), e vengono riportate le dichiarazioni di Napolitano rilasciate nella giornata precedente. Lo spazio dedicato nelle prime pagine aumenta il giorno successivo, con titoli di grande portata e fotografie e vignette riguardanti la celebrazione. Per la composizione dettagliata delle prime pagine si rimanda all'appendice.Il numero totale di articoli presi in considerazione è pari a 39. Nella Tabella 1 sono riportati gli articoli presi in considerazione. Per l'elenco completo si rimanda all'appendice.

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Legenda Cron Articoli che si limitano a riportare gli avvenimentiCom Articoli di commento (editoriali, opinioni)Int Articoli riportanti un'intervista che ha come tema l'argomentoNei giorni non riportati non erano presenti articoli di rilievo.

Si può notare che il numero di articoli per testata è circa lo stesso. Quello de La Stampa è inferiore, ma si tratta di un quotidiano che ha un numero di pagine complessivo minore rispetto agli altri due, e il divario è minore se si considerano solo gli articoli di resoconto degli avvenimenti. Gli articoli compaiono generalmente nelle prime pagine, fatto salvo per quelli delle giornate precedenti al 2 giugno, apparsi in sezioni più marginali (per altro si tratta di una testata sola, la Repubblica). Le pagine interamente occupate dall'argomento in ogni testata sono 2-3.Ogni quotidiano ha dedicato all'avvenimento almeno un editoriale, e tre interviste a personalità di rilievo (politici, militari protagonisti in missioni celebri, intellettuali).

6. Presentazione dell'evento

Per quanto riguarda l'analisi qualitativa si può iniziare a osservare che le prime pagine delle testate esaminate presentano delle differenze. Già il 2 giugno il Corriere della Sera pone in rilievo in prima pagina la divisione che si preannuncia nella maggioranza e in minor risalto riporta le dichiarazioni del Presidente Napolitano (mettendo l'accento sulla necessità del dialogo tra le forze politiche). Le altre due testate invece riportano solamente queste ultime, accompagnandole da una fotografia del neo Presidente. Il giorno successivo l'attenzione all'evento aumenta, ed è tutta incentrata sulle polemiche scaturite della natura della contro-manifestazione, dal gesto di Bertinotti e dalle dichiarazioni di Prodi. In particolare, il Corriere della sera pone l'accento sul Presidente della Camera e dedica una vignetta di Giannelli raffigurante i componenti del governo in carica «sfilare» vestiti da banda militare davanti alla tribuna d'onore della parata (salvo il fatto che Romano Prodi non è sul palco, ma a guidare la banda “ancora in rodaggio”, nello sgomento del Presidente Napolitano). Da notare l'associazione, ma sarà così anche per le altre testate, delle polemiche della parata ai colloqui in atto tra il ministro degli Esteri D'Alema e il premier britannico Blair riguardanti il piano di ritiro dall'Iraq. Non si tratta di un semplice affiancamento, ma proprio di una fusione dei due eventi, integrato nel sottotitolo e nei rimandi. Nelle pagine interne la divisione è leggermente più evidente, in quanto si passa con gradualità dagli articoli considerati in questa ricerca alla questione

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Tabella 1: Articoli analizzati

Corriere della Sera la Repubblica La Stampa Totale testateTot Tot Tot Totale

28 mag / / / / 1 / / 1 / / / / 1 / / 129 mag / / / / / / / / / / / / / / / 030 mag / / / / / / / / / / / / / / / 031 mag / / / / / / / / / / / / / / / 0

01 giu / / / / 1 / / 1 / / / / 1 / / 102 giu 3 1 1 5 3 / 1 4 4 / 1 5 10 1 3 1403 giu 6 1 2 9 3 3 1 7 3 1 2 6 12 5 5 2204 giu / / / / / / 1 1 / / / / / / 1 1

Totale 9 2 3 14 8 3 3 14 7 1 3 11 24 6 9 39

Cron Com Int Cron Com Int Cron Com Int Cron Com Int

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del ritiro dall'Iraq.La Repubblica incentra il titolo sulla dichiarazione di Prodi, sempre utilizzando però il termine «pacifista». Anche in questo caso il ritiro dall'Iraq (ma aggiunge anche la divisione sull'Afghanistan) è integrato nelle polemiche delle celebrazioni. Lo foto di accompagnamento è dedicata a un raggruppamento di soldati della parata. La Stampa è sulla linea degli altri due quotidiani, ma si distingue dal porre sin dalla prima pagina Bertinotti nell'atto di appuntarsi la spilla.Le pagine interne, che come si è visto dedicano un certo spazio e rilievo alla vicenda, hanno anch'esse delle impostazioni differenti tra le testate. Il giorno della parata Corriere della Sera e la Repubblica presentano graficamente la composizione della parata. Tutte le testate riportano le dichiarazioni televisive di Napolitano, unite alla descrizione del primo evento mondano del Presidente. La divisione della maggioranza di governo vengono anticipate, fornendo a varie personalità titolate a prendere posizione la possibilità di manifestare la propria opinione. Il Corriere intervista l'architetto Fuksas, il quale contesta la decisione di Bertinotti di partecipare alla parata, la Repubblica riporta le opinioni di Vittorio Emanuele di Savoia riguardo al proseguimento dell'attività di riconciliazione con la Casa Reale, avviato sin dalla presidenza di Ciampi, e La Stampa interroga il generale Mini, comandante della missione Nato in Bosnia, che esprime preoccupazione per il fatto che le Forze Armate possano essere oggetto di pregiudizio, rischiando in tal modo che solo una parte politica ne riconosca i meriti. Il Corriere pubblica anche un commento critico nei confronti dei contestatori, definiti autoreferenziali e restii al dialogo.Il 3 giugno, dove sono condensati più della metà degli articoli presi in esame, vengono presentati gli eventi della parata e della contro-parata. I temi e la modalità in cui vengono pubblicati non differiscono particolarmente. Bertinotti ottiene un posto di primo piano (quello dedicato al Presidente Napolitano il giorno prima), e la spilla arcobaleno è raffigurata dettagliatamente. Il Corriere della Sera riporta addirittura quattro immagini, in cui si mostra momento per momento il gesto (ripreso da quattro fotografi diversi). Non mancano ovviamente fotografie riguardanti le persone e i mezzi impegnati nella parata, assieme alla folla di spettatori. Sempre il Corriere dedica ampio spazio ad alcune immagini «simbolo» della parata, come la suggestiva rappresentazione delle Frecce Tricolori e alcuni ritratti dei componenti delle diverse formazioni (tra cui anche le giovani donne della Marina e il cane mascotte dell'Arma dei Carabinieri). Un'altra immagine d'effetto viene inserita nelle pagine successive, riportando la raffigurazione del palco d'onore con le cinque più alte cariche dello Stato. Poco più sotto sono riportate, ma con una dimensione minore, le immagini della contro-manifestazione, lasciando trapelare il fatto che siano avvenuti degli scontri con le forze dell'ordine. La Repubblica preferisce riportare un'altra immagine classica: un bambino vestito a tema, che regge la bandiera italiana dell'occasione (dei «baby-Carabinieri» sono riportati anche nel Corriere), immagine contornata da altri momenti salienti della giornata. Anche La Stampa, come il Corriere, riporta l'esibizione delle Frecce Tricolori, anche se a causa delle sue pagine interne sono in bianco e nero sono di minor impatto. L'attenzione viene rivolta piuttosto alla figura di Bertinotti, colto in un momento di stanchezza, mentre ha le mani sul volto, con il Presidente Napolitano che volge lo sguardo altrove. Poco più in basso sono riportati i nuovi mezzi in dotazione alle forze dell'ordine “contro il terrorismo”.Le due testate a maggior tiratura dedicano delle vignette all'evento. La Repubblica ironizza su Bertinotti “con il cuore con i pacifisti, con la bigiotteria nelle istituzioni”, firmata da Ellekappa. Il Corriere invece riporta una vignetta di Vincino riguardante Berlusconi “the peace-man”.Passiamo ora ad esaminare gli articoli e il loro contenuto. Come è stato detto vengono

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riportati ampi dettagli sul gesto di Bertinotti e la descrizione del comportamento tenuto dalle nuove personalità politiche in carica. Brevi stralci sono dedicati alla contro-parata. Se nella cronaca degli eventi le testate non presentano particolari differenze, e nemmeno per l'oggetto degli articoli d'opinione (tutti incentrati a commentare l'impossibilità della durata di lungo periodo dell'Unione), le interviste meritano dell'attenzione in più. Il Corriere riporta infatti un'intervista a Pietro Ingrao e al maresciallo De Donno (ex Capo di Stato maggiore). Il primo contesta le critiche in quanto anch'egli prese parte alla parata; il secondo è una difesa accorata alle Forze Armate. La Repubblica intervista Casini, dove però l'argomento viene toccato brevemente, lasciando comunque intendere il senso del ridicolo che i contestatori provocano all'ex Presidente della Camera. La Stampa invece offre spazio alle opinioni fuori dal coro, prima con un intervista a Ferrero (ministro alla Solidarietà Sociale, Prc) e al generale Angioni. Il ministro dichiara in sostanza le posizioni ufficiali di Rifondazione Comunista, mentre il generale che guidò i Bersaglieri nella missione in Libano sostiene che se la parata militare dev'essere fonte di polemiche, tanto vale abolirla, lasciando i vari corpi liberi di sfilare come e quando desiderano, dimostrando ognuno le proprie capacità.Cerchiamo adesso di delineare i frames riguardanti l'evento. Uno di essi è la critica nei riguardi dell'ottusità e l'inopportunità dei contestatori della parata, il cui più preoccupante esito dovrebbe essere quello di impedire una durata a lungo termine del governo Prodi, a causa dello sfaldamento della coalizione dell'Unione. Questo in quanto in questa celebrazione ha presentato pubblicamente i suoi «ossimori», come scrive Francesco Merlo su Repubblica: la parata militare è «pacifista», come sostenuto da Romano Prodi; i componenti della coalizione che hanno un approccio sia di lotta che di governo, lettura degli eventi in linea con la tradizione storica del PCI; ma soprattutto Bertinotti, terza carica dello Stato, che si appunta una spilla pacifista durante il passaggio dei rappresentanti delle missioni all'estero, oltretutto mentre è posizionato vicino a colui che ne è pur sempre il comandante delle Forze Armate. L'improponibilità di questi contestatori sarebbe da ricondurre alle tradizioni politiche a cui fanno riferimento, che come si è visto non hanno praticamente mai partecipato alle celebrazioni del 2 giugno del passato.Un secondo tema ricorrente è il riconoscimento d'onore alle Forze Armate, il loro rapporto con le istituzioni e i cittadini (proprio come voleva il tema della parata dell'anniversario). Le Forze Armate in quanto sono tra le principali prerogative dello Stato-nazione, e dunque lo scarso senso patriottico (termine che ricorre senza connotati negativi) che si dimostra non rispettandole. È di facile associazione dunque il destino che dovranno subire le missioni in Iraq e in Afghanistan, il dibattito sull'interpretazione da dare all'articolo 11 della Costituzione (citato diverse volte, ma declinato in modi opposti). Gli scontri avvengono su quale immagine dare alla «morte» e alla «pace», e sul non riconosciuto (a detta dei contestatori) ruolo dei civili impegnati nei processi di pace, o che comunque potrebbero meglio rappresentare lo Stato. Un colpo di coda della polemica lo si ha nei giorni successivi, dove come si è visto nella parte dedicata al contesto, Lidia Menapace non sarà eletta alla Presidenza della Commissione. Vi sono anche altri motivi di natura politica, ma è da ricordare che aveva attaccato proprio un simbolo nazionale come le Frecce Tricolori (proponendone, forse polemicamente, l'eliminazione).L'ultimo frame, seppure meno ricorrente, sembrerebbe essere l'enfasi sulla «rottura» che il nuovo Governo dovrebbe costituire rispetto a cinque anni precedenti. Questo sia in luce della campagna elettorale alquanto concitata, che in base alle promesse e il programma elettorale della coalizione vincente.

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7. Considerazioni

Vediamo dunque di trarre un bilancio dalla mole di informazioni ricavate dai resoconti giornalistici riguardo al 60° anniversario della Repubblica. Impossibile non iniziare dall'evento più discusso dai media, ovvero il gesto di Bertinotti. Si tratta di un'infrazione al rito, messa in scena con indubbia capacità teatrale. Difficile sapere se ci sarebbero potute essere delle condizioni che avrebbero portato il Presidente della Camera a non indossare la spilla raffigurante una bandiera arcobaleno. Fatto sta che il risultato è stato quello di appuntarsi quel simbolo sul bavero proprio all'inizio della parata, durante l'arrivo del settore delle Missioni internazionali. Un gesto compiuto mentre tutti i media presenti erano attenti proprio alle sue reazioni, viste le sue note opinioni al riguardo e considerata la posizione del partito di cui era fino a qualche mese prima il segretario. Una tipica “azione per altri lontani” [Thompson, 1995:144], che non si sarebbe verificata senza la presenza e la risonanza assicurata che i media (grazie ai quali avvengono «quasi-interazioni mediate») gli avrebbero dedicato. Si trattava pur sempre della persona che la stessa stampa aveva bollato come la causa della caduta del primo governo Prodi. Reale o presunta che sia questa associazione, gli occhi puntati riflettevano anche il sospetto che presto o tardi tale situazione si sarebbe nuovamente verificata, a causa delle profonde divisioni riguardo a certi importanti temi nell'Unione. Ma si tratta di una delle prime prove di compattezza della maggioranza di governo, una delle ultime prima della pausa estiva (e dei mondiali di calcio): il Presidente della Camera non può permettersi azioni radicali, per quanto si distingua spesso proprio per questo, come quando intervistato successivamente alla morte di Agnelli, fu l'unico a operare la distinzione tra il piano personale e il suo ruolo da protagonista economico-sociale [Nevola, 2004:236]. Vale la pena di ricordare che l'anno successivo Bertinotti adotterà nuovamente lo stesso simbolo, mentre non è avvenuta la «contro-parata» in quanto a pochi giorni di distanza vi sarebbe stata la visita del Presidente Bush, e le due manifestazioni, oltre ad essere nella stessa città, sarebbero state eccessivamente ravvicinate, in quanto avrebbero coinvolto all'incirca le stesse forze politiche e movimenti. Resterebbe da valutare se il gesto di Bertinotti sia davvero anticonformista oppure la sua rilevanza sia stata eccessivamente amplificata. Non è questa però la sede opportuna per farlo. Vediamo piuttosto quello che rappresentava e cosa potrebbe aver prodotto.Introducendo l'opera di Turner, Navarini spiega il concetto di liminalità, la quale “crea un'esperienza di mutamento nelle situazioni in cui i membri che occupano una posizione marginale diventano «pubblici» ed entrano in conflitto rifiutando i significati che il sistema assegna loro. L'oggetto centrale di un'azione liminale, espressa con un rituale di rottura, è infatti il rifiuto dei codici dominanti. La sua finalità è di avviare in processo di costruzione di una nuova cultura, «facendo senso attraverso il rifiuto»” [Navarini, 2001:102]. E questo è proprio quello che ha tentato di proporre Bertinotti: cercare di ricodificare, secondo il suo sentire, il significato della «pace» e di ciò che sia realmente significativo nel rappresentare lo Stato. In toni diversi, lo hanno attuato anche gli altri contestatori, associando alle Forze Armate un'immagine di morte, alla parata quello di marcia funebre, e una più generale atmosfera lugubre in quella particolare manifestazione ufficiale (non alle altre, tuttavia). Gran parte dei contestatori sta confluendo in questi giorni nella formazione denominata “La Sinistra – L'Arcobaleno”. Non a caso, l'arcobaleno, che da anni è il vessillo dei contestatori alla globalizzazione e alla politica estera americana.Cerchiamo però di osservare l'intero sistema politico. L'imbarazzo per l'occasione non coinvolgeva solo Bertinotti, ma anche buona parte del governo, che pare sentire

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l'esigenza di distinguersi da quello precedente: riduzione delle unità, minore impatto dell'aspetto marziale e aggressivo, maggior risalto al concetto di «pace» e «pacifismo». In luce della storia della Repubblica e della sua festa, tale atteggiamento dei partiti di centro-sinistra non stupisce. Negli articoli considerati si afferma molte volte che tali misure siano state attuate per compiacere gli alleati «radicali», ma non sembra un'ipotesi particolarmente convincente. Molte delle posizioni degli contestatori sono appoggiate in linea di principio dalla restante maggioranza, seppure in modo più calibrato e accorto. Insomma, il maquillage della parata fa riferimento esclusivamente al loro elettorato, ai suoi valori e ai principi. La contestazione, la contro-parata, il “radicalismo sordo a qualsiasi dialogo” a cui fa riferimento Massimo Franco sul Corriere, hanno quanto più costituito un alibi. Riprendendo ancora Turner dal testo di Navarini: “l'esplosione di un conflitto può infatti funzionare come un'opportunità di rigenerazione integrativa, a patto che su di essa intervengano soggetti, azioni e simboli volti a usare il conflitto come un momento di riaffermazione dell'unità sociale” [ivi:98]. Ecco che allora le tanto criticate contestazioni, se declinate a dovere, forniscono la possibilità alla restante grande maggioranza dei cittadini a riconoscere nella parata una rappresentazione della Patria, una celebrazione di loro stessi, mediante la quale avviene una «ri-unione» della società. Anche grazie al fatto che l'identità collettiva verso la propria nazione è presente in forma latente ed emerge proprio nelle condizioni in cui viene messa in crisi, quando i cittadini e gli attori politici ne avvertono la necessità.Questo non è avvenuto per caso, è un percorso al quale sono occorsi anni, in cui per lo più l'organizzazione della parata era affidata alla coalizione di centro-destra. Possibile dunque che le differenze tra le parate a seconda della coalizione in carica saranno sempre meno percettibili (ma non assenti, ovviamente), e che, salvo minime percentuali, coinvolgano una popolazione sempre più vasta. D'altronde difficilmente, nel mondo contemporaneo, una celebrazione è in grado di integrare l'intera società [Etzioni, 2000:47]. Allora si può intende la potenzialità ancora non completamente espressa da quello che è stata una delle componenti più incisive della pedagogia civico-nazionale di Ciampi, in cui è possibile vedere come il ritorno al carattere straordinario del 2 giugno (giornata di vacanza da scuola e dal lavoro) che ne aumenta l'importanza [Cartocci e Piscitelli, 2003:126-127], ripristino della parata, imponente o meno non importa, ma un rito che può essere un fattore di mutamento sociale, fornendo occasioni per simboleggiare e dare forma e corpo a nuove concezioni di relazioni sociali [Etzioni, 2000:49]. Operazioni che per non restare vuota retorica, hanno trovato terreno culturale adatto ad accoglierle, potendo così radicarsi nella comunità politica di riferimento [Segalen, 1998:88]. Un terreno che non è più quello della cosiddetta «prima Repubblica», le sue identità partigiane e quella particolare situazione internazionale. In cui, e non meno importante, il proponente è stato un Presidente della Repubblica largamente condiviso. Tutto questo alla luce del connotato negativo che circondava le contestazioni della manifestazione ufficiale sulla stampa, e la grande rilevanza data a una spilletta grande forse due centimetri, all'importanza (celando tuttavia scherno) che assumevano certe dichiarazioni che hanno in realtà avuto un seguito minimo. Inoltre, nonostante l'anniversario «tondo» si offrisse alla dietrologia riguardo i presunti brogli al referendum del '46, nei quotidiani non ne è stato fatto molto riferimento. Non c'è timore in una celebrazione dai contorni torbidi, che non dovrebbe esserci in quanto gli italiani avevano votato diversamente. In cui non è stata fatta particolare menzione all'unità nazionale, altro riferimento che poteva mettere confusione su quale ricorrenza l'Italia celebrasse, e in che modo collocare eventualmente il ventennio fascista.Il 2 giugno può dunque essere un contributo al sentirci «una cosa sola». A riformulare il

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riconoscimento che avviene nel corso di una parata, vedendo in essa una rappresentazione di noi stessi, nell'immagine che abbiamo e vogliamo fornire all'interno e all'esterno dei nostri confini. Unita all'altra componente, spesso posta in secondo piano, che è quella che vede la parata sfilare in quanto i suoi componenti dimostrano lealtà alle istituzioni e alla popolazione dello Stato che stanno servendo. Ecco dunque spiegata l'importanza di un rito in una società moderna e democratica.Come si è detto nella parte introduttiva riguardante la situazione italiana, non basta solo una «religione civile». È anche fondamentale che i cittadini possano esprimere una forma di «lealtà indiretta» [Nevola, 2003:172], che non riesce a manifestarsi a causa dalla strutturazione del sistema partitico [ivi:182,195]

Conclusioni

Lo svolgimento di una ricerca che ha come fonte di informazioni i quotidiani è per sua natura una sfida nel riuscire ad esaminare il materiale oggetto di studio. Esso è ricco di informazioni, ma soprattutto è fondamentale un articolato bagaglio teorico per essere in grado di «leggere» gli eventi e le dinamiche in cui avvengono. Il tentativo riportato in questo elaborato ha cercato di analizzare il dibattito che ha coinvolto i più importanti giornali della stampa del paese nella celebrazione del 60° anniversario della forma Repubblica Italiana. Questo in quanto la stampa costituisce una buon misuratore dell'opinione pubblica nell'azione diretta a ribadire il valore della democrazia realizzato con la Repubblica.Mi auguro che la ricerca non risulti poco convincente, anche se malgrado tutto è stato un modo per fare pratica con uno studio concernente i resoconti giornalistici di un evento collettivo. L'impresa più difficoltosa (non ho timore di farlo presente) è stata quella di distinguere l'evento in sé da quello che invece ne era il racconto, o l'opinione. Di certo occorre conoscere approfonditamente la storia della ricorrenza e del contesto per riuscire a cogliere quali sono i temi ricorrenti utilizzati, in quanto le sole fonti giornalistiche risulterebbero fuorvianti.Resta comunque un'esperienza in grado di aprire uno spiraglio in questo filone di studi, utile per eventuali future ricerche e ricerche.

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Appendice

Di seguito sono riportati i riferimenti da cui sono stati tratti i dati della ricerca. Lo spoglio è avvenuto direttamente nella versione cartacea dei quotidiani (e quindi non da copie in microfilm), grazie all'archivio della Biblioteca Civica di Bolzano. Il materiale è anche disponibile su Internet (scansioni dai giornali cartacei), nella Rassegna Stampa del sito della Camera dei Deputati. Sebbene inadatto per la fase di selezione degli articoli di questa ricerca, è stato successivamente utile per la lettura approfondita dei testi. In tale sito è possibile anche svolgere delle ricerche tematiche, che tuttavia non sono paragonabili alla selezione «manuale» effettuata.

Prime pagine

Corriere della Sera

venerdì 2 giugnoLa parata del 2 giugno divide la sinistra(taglio medio, titolo 4 colonne, testo 2 colonne, rimando a pagg. 5 e 6)

sabato 3 giugno2 giugno, accuse a Bertinotti pacifista(taglio medio, titolo 4 colonne, testo 2 colonne, rimando a pagg. 2-6 e 32, vignetta)

la Repubblica

venerdì 2 giugno“Il 2 giugno non è retorica serve il dialogo”(taglio alto, riquadro 1 colonna, rimando a pagg. 6 e 7, foto)

sabato 3 giugnoProdi: un 2 giugno pacifista(taglio medio, titolo 5 colonne, testo 2 colonne, rimando a pagg. 2, 3, 9 e 19, foto)

domenica 4 giugnoLa scommessa di governare il paese degli ossimori(spalla sinistra, titolo e testo 1 colonna, rimando a pagg. 30)

La Stampa

venerdì 2 giugnoNapolitano: c'è bisogno di dialogo(taglio alto, riquadro 2 colonne, rimando a pagg. 6 e 7, foto)

sabato 3 giugnoLa Parata delle polemiche(taglio alto, titolo 5 colonne, testo 2 colonne, rimando a pagg. 2,3 e 4, foto)

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Elenco degli articoli

Corriere della Sera

venerdì 02 giugno

Pagina 5

Marzio Breda Napolitano e il 2 giugno: riparta il dialogo

Paolo Conti Ruini in prima fila tra il capo dello Stato e Lella Bertinotti

Pagina 6

Fabrizio Roncone Bertinotti sale sul palco. Il Prc alla contro-parata

Fabrizio Roncone Fuksas: Fausto sbaglia, va a sedersi con i guerrafondai(Intervista a Massimiliano Fuksas)

Massimo Franco Radicalismo sordo a qualsiasi dialogo (Commento)

sabato 03 giugno

Pagina 1

Massimo Franco Le Retroguardie(Commento, prosegue a pag. 32)

Francesco Verderami E Parisi diventò il «ministro di Nassiriya» (Prosegue a pag. 5)

Pagina 2

Roberto Zuccolini Parata del 2 giugno. Dal centrodestra accuse a Bertinotti

Paolo Conti E Fausto davanti ai soldati tocca la spilla arcobaleno

Pagina 3

Marco Galluzzo Berlusconi applaude. Poi il bagno di folla

Fabrizio Roncone «Critiche sbagliate, anch'io salii su quel palco»(Intervista a Pietro Ingrao)

Pagina 5

Marco Nese «Noi militari i veri pacificatori. Nell'Unione tanti pregiudizi»(Intervista all'amm. Marcello De Donno)

[non firmato]Prc, Verdi e Pdci alla contro-parata: «La sinistra è unita, Fausto è incoerente»

Marco Nese Martino non invitato. «Sono dispiaciuto»

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la Repubblica

domenica 28 maggio

Pagina 9

Claudia Fusani “2 Giugno lugubre, Bertinotti lo diserti”

giovedì 01 giugno

Pagina 14

Claudia Fusani 2 Giugno, la parata divide la sinistra

venerdì 02 giugno

Pagina 6

Giorgio BattistiniNapolitano, appello al dialogo. “È l'impegno del mio mandato”

Concita De Gregorio Te Deum in cappotto, sul Colle tutto il governo

Pagina 7

Claudia Fusani Bertinotti sul palco, Prc in piazza

Laura Laurenzi “Bene sulla monarchia, ora rientrino le salme”(Intervista a Vittorio Emanuele di Savoia)

sabato 03 giugno

Pagina 1

Francesco Merlo Il festival dell'ossimoro(Commento, prosegue a pag. 19)

Pagina 2

Giorgio Battistini 2 Giugno, l'Unione si divide. Bertinotti: male esibire le armi

Carmelo LopapaLa sinistra al governo e la piazza, quante assenze alla controparata

Pagina 3

Alessandra Longo Tra aerei, parà e carabinieri la spilla pacifista di Fausto

Pagina 9

Mario Calabresi “La sinistra è confusa e divisa ma è inutile cercare spallate”(Intervista a Pier Ferdinando Casini)

Pagina 18

Michele Serra L'amaca (Commento)

Corrado Augias Il 2 giugno sfila la Patria, non la guerra(Commento, in risposta a un lettore)

domenica 04 giugno

Pagina 1

Eugenio Scalfari La scommessa di governare il paese degli ossimori (Commento)

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La Stampa

venerdì 02 giugno

Pagina 6

Paolo Passarini Napolitano difende il 2 giugno: non è retorica

Amedeo La Mattina Nuove nomenklature. Ma la K comunista alla fine sbiadisce

Maria Corbi Il debutto del nuovo Quirinale è un brindisi bagnato

Pagina 7

Mattia Feltri Il referendum, Andreotti e i brogli

Francesco Grignetti Il gen. Mini: «Chi non ci ama se ne stia a casa»(Intervista al gen. Fabio Mini)

sabato 03 giugno

Pagina 1

Federico Geremicca L'Unione divisa(Commento, prosegue a pag. 4)

Pagina 2

Francesco Grignetti Polemiche e imbarazzi, un 2 giugno senza gioia

Francesco Grignetti L'applausometro premia Romano

Marina Cassi Ferrero: ma le istituzioni non sono i soldati(Intervista a Paolo Ferrero)

Pagina 3

Giacomo Galeazzi Il Fausto arcobaleno non unisce i pacifisti

Francesco GrignettiAngioni: rito stanco, che divide. Fosse per me lo abolirei da subito

(Intervista al gen. Franco Angioni)

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Riferimenti bibliografici

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[Ridolfi, 2003a] - Ridolfi M., 2 giugno: la festa della Repubblica, in Id. (a cura di), Almanacco della Repubblica. Storia d'Italia attraverso le tradizioni, le istituzioni e le simbologie repubblicane, Milano, Bruno Mondadori, pp. 371-385.

[Ridolfi, 2003b] - Ridolfi M., Le feste nazionali, Bologna, il Mulino.

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