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VIII MODULO LA COSTRUZIONE DEL SE’ Chi sono io? Chi sono io?

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VIII MODULOLA COSTRUZIONE DEL SE’

Chi sono io?

Chi sono io?

IL CONCETTO DI SÉ

Il Sé costituisce l’oggetto di studio di numerose discipline:

Filosofia : Sartre e l’Esistenzialismo, in genere

Psicologia: W. James

Psicologia sociale: G. H. Mead

Psicologia della personalità: Maslow, Erikson,..

Psicologia dello sviluppo: Mahler, Piaget, Stern, Lewis, Zazzo,…

IL CONCETTO DI SÉ

Il Sé è un concetto multidimensionale, che possiede diverse valenze:

Individuale/sociale

Soggettiva/oggettiva

Cognitiva

Emotivo/affettiva

IL CONCETTO DI SÉ: ALCUNE DISTINZIONI

Io/identità: è la componente che apprende, organizza, interpreta l’esperienza. Esprime l’esistenza dell’individuo come separato, distinto dagli altri, costante e continuo nel tempo.

Sé: è ciò che un individuo appare a se stesso, sulla base della percezione che egli stesso ne ha e che riceve dagli altri

Senso di Sé: è la conoscenza che l’individuo ha di sé. Comprende l’autostima (valutazione di sé).

IL MODELLO DI JAMES

Per primo W. James (1890) ha postulato un concetto multidimensionale del Sé, distinguendo tra:

Io: il sé conoscente Me: il sé conosciuto (“Me materiale”, “Me

sociale”, “Me spirituale”)

Ha distinto inoltre tra: Sé attuale: effettivo e reale Sé potenziale: desiderato, prodotto delle

mete e delle aspettative personali

IL MODELLO DI MEAD

G. Mead (1934) considera il Sé il prodotto del rispecchiamento (looking glass self) che ogni individuo effettua negli altri.

Grazie a processi sempre più complessi di tipo cognitivo, simbolico e sociale, l’individuo interiorizza gli atteggiamenti, i ruoli sociali, le rappresentazioni e le aspettative del gruppo sociale di appartenenza (“altro generalizzato”) e costruisce il proprio sé.

IL MODELLO DI BRUNER

Secondo Bruner (1986,1990), grazie al linguaggio e alla struttura narrativa del pensiero, l’individuo, già dalla prima infanzia, tende a dare significato e coerenza alle proprie esperienze, collocandole nel contesto culturale di appartenenza.

Tale processo (raccontare-organizzare-dare significato) costituisce la narrazione e produce la memoria autobiografica e un costrutto coerente che progressivamente diventerà il Sé.

IL MODELLO DI BRUNER

La narrazione implica il passaggio da un linguaggio “interno” (per sé) ad uno “esterno” (per gli altri) (Smorti, 2007):

Linguaggio interno: è una sorta di dialogo con se stessi, non soggiace a nessun tipo di vincolo, è caratterizzato dal dominio del tutto sulla parte, del senso sul significato, non è articolato in modo sintattico e fonetico, ma è piuttosto contratto e basato su riferimenti contestuali e significati impliciti.

Linguaggio esterno: è vincolato dalle regole fonetiche, sintattiche e culturali che impongono che il linguaggio si adatti al contesto e allo scopo, e dalla necessità di rispettare le regole convenzionali del racconto, che rendono la narrazione comprensibile agli altri, coerente e dotata di senso.

IL MODELLO DI BRUNER

Smorti utilizza la metafora dell’imbuto con un filtro:

Nel passaggio dal linguaggio interiore a quello esterno, è come se ogni parola o pensiero dovesse passare attraverso il filtro degli strumenti della cultura e dell’appartenenza sociale: si verifica un vero e proprio processo di selezione e di riorganizzazione degli eventi presenti nella memoria autobiografica, che conduce ad un modo diverso, cioè più culturale e sociale, di dare significato alle proprie esperienze e quindi di definire la propria identità personale.

Quindi, attraverso la narrazione l‘individuo costruisce il Sé e lo rende comprensibile e conoscibile agli altri.

IL MODELLO DI GUIDANO

V. Guidano (1988) considera il Sé una struttura complessa di tipo sistemico, la cui stabilità e coerenza (identità) è garantita dall’equilibrio tra la necessità di avere relazioni con gli altri (apertura del sistema) e la necessità di affermarsi, separandosi ed individuandosi (chiusura).

Tale duplice istanza si evidenzia già dal primo nucleo del Sé, definito dalla propria amabilità sociale e dalle prime forme di autonomia e competenza.

SELF DETERMINATION THEORY

Secondo la Self Determination Theory (Connell, 1990; Deci e Ryan, 2008) la

percezione di sé che un individuo sperimenta durante il proprio agire nei

contesti sociali è il prodotto, la risultante dell’incontro tra i propri bisogni individuali di base, da un lato, e i modelli, o pattern di

relazione sociale in cui egli è inserito, dall’altro.

SELF DETERMINATION THEORY

Competenza, connessione e autonomia sono i tre bisogni di base dell’individuo

LA SEPARAZIONE COME BISOGNO LA SEPARAZIONE COME BISOGNO DI BASEDI BASE

Connell (1990), nell’ambito della Self Determination Theory, considera il bisogno di separazione in termini di bisogno di autonomia:percepirsi come separati dagli altri, di esistere come entità propria e distinta sia in senso fisico (separazione), sia in senso psicologico (separatezza), di evitare un controllo esterno nella messa in atto delle proprie azioni.

L’autonomia può quindi essere intesa, innanzitutto, come esperienza di autoregolazione, legata cioè alla percezione di scegliere di dare inizio, mantenere o interrompere il proprio comportamento, e in secondo luogo come esperienza di una connessione tra le proprie azioni e gli obiettivi, i desideri, i valori che le hanno mosse.

LA SEPARAZIONE COME BISOGNO DI BASE

L’individuo, secondo Connell, soddisfa questo bisogno quando sperimenta se stesso come artefice e regolatore delle proprie azioni e quando sente che la motivazione che lo spinge ad agire viene da lui stesso, è cioè interna ed intrinseca.

I processi di base, quindi, connessi al soddisfacimento di questo bisogno, sono fondamentalmente quelli di autoregolazione e di percezione di un locus interno rispetto al controllo delle proprie azioni.

LA CONNESSIONE COME BISOGNO DI BASE

La connessione costituisce l’altra faccia della medaglia:

È necessario separarsi da ciò con cui si è in relazione, ma costruire la relazione è la condizione per la separazione

LA CONNESSIONE COME BISOGNO DI BASE

BISOGNI SOCIALI: RIVOLTI VERSO L’ESTERNO, VERSO GLI ALTRI

(Sullivan, 1953; Bowlby, 1973; Weiss, 1973)

Bisogno di attaccamento/sicurezza Bisogno di relazioni sociali Bisogno di appartenenza Bisogno di confrontarsi/identificarsi Bisogno di avere un partner

LA CONNESSIONE COME BISOGNO DI BASE

Si tratta di un tema centrale e dominante della psicologia dello sviluppo.

E’ indubbiamente il bisogno, tra tutti, più indagato

Continuità tra la concezione classica (passato), anche di tipo filosofico, che vede l’uomo come un animale sociale, e quella attuale che vede, soprattutto rispetto al futuro, l’uomo come individuo tecnologicamente sempre più connesso

LA CONNESSIONE COME BISOGNO DI BASE

Si riferisce alla necessità, anche biologica, di sentirsi sicuri e protetti nel contesto sociale, di avvertire di essere parte di un tutto, di sperimentarsi come capaci e degni di essere amati e, a propria volta, di amare.

Il bisogno di relazione appare infatti soddisfatto quando l’individuo realizza il contatto o la prossimità con gli altri individui, quando le proprie richieste vengono accolte, in sostanza quando egli percepisce un senso di connessione con il mondo esterno.

LA CONNESSIONE COME BISOGNO DI BASE

Tra i processi che contribuiscono al soddisfacimento di questo bisogno appaiono significativi quelli relativi alla costruzione di schemi relazionali, da cui può emergere un’idea di sé, degli altri e della relazione in termini di sicurezza, di amore, di connessione, ma anche di competenza (sentirsi capaci e degni di amare ed essere amati).

Gli Internal Working Models (IWM) (Bowlby, 1988) costituiscono un buon esempio

LA CONNESSIONE COME BISOGNO DI BASE

La psicologia dello sviluppo è prevalentemente una psicologia della relazione:

Teoria psicodinamica delle relazioni oggettuali

Teoria dell’attaccamento

Modello interazionista dello sviluppo

LA CONNESSIONE COME BISOGNO DI BASE

L’approccio psicodinamico alle relazioni oggettuali descrive come il legame tra il bambino e l’oggetto d’investimento delle pulsioni, mentre si realizza, conduce all’autonomia:

soltanto se il bambino ha costruito una relazione profonda e sicura con una madre sensibile e sollecita (che soddisfa quindi il suo bisogno di connessione), ma nello stesso tempo non intrusiva e rispettosa del suo bisogno di separazione, potrà accedere alla capacità di stare solo (Winnicott, 1970), alla separatezza interiore (Klein, 1978) e alla consapevolezza di sé (Mahler, Pine, Bergman, 1978).

LA CONNESSIONE COME BISOGNO DI BASE

La teoria dell’attaccamento sottolinea l’importanza della relazione, ma attraverso la costruzione di una relazione l’individuo procede da una condizione di dipendenza totale ad una di autonomia (interiorizzazione della relazione).

Il punto di arrivo è la costruzione dei primi schemi di sé (IWM) in termini di amato/non amato, competente/non competente.

Il legame di attaccamento da un lato soddisfa il bisogno di connessione, ma dall’altro consente di sperimentare le prime forme di autonomia (i primi nuclei del Sé) e di competenza (capacità di amare ed essere amati)

LA CONNESSIONE COME BISOGNO DI BASE

Il modello interazionista dello sviluppo ha sottolineato come l’individuo sia predisposto alla socialità e ha mostrato come le interazioni siano un potente fattore evolutivo, in quanto esse concorrono alla costruzione di competenze di vario genere (linguistica, sociale, emotiva, ..).

Grazie a tali competenze l’individuo definisce il proprio modo di essere, acquisisce cioè quelle informazioni su di sé (sé categoriale) che gli consentono di differenziarsi dagli altri e di svolgere un ruolo nel contesto sociale (Dunn, 1990)

LA CONNESSIONE COME BISOGNO DI BASE

In sintesi, coloro che hanno enfatizzato la connessione come un bisogno di base, pur in prospettive diverse,

hanno sottolineato come tale istanza evolutiva conduca, se soddisfatta, a percepire quel senso di

sicurezza e di competenza che consente sia di separarsi (fare a meno di) dagli altri, sia di

differenziarsene, affermando una propria identità e individualità.

LA COMPETENZA COME BISOGNO DI BASE

Riflettendo sui bisogni di base di separazione e di connessione è emerso che essi difficilmente possono essere distinti, è come se costituissero le due facce della stessa medaglia, cioè dello sviluppo, il quale a sua volta non è che un’acquisizione progressiva di competenze.

SEPARAZIONE CONNESSIONE

COMPETENZASono tre istanze evolutive di base e intrecciate tra loro

LA COMPETENZA COME BISOGNO DI BASE

Il bisogno di competenza (Elliot, McGregor, Thrash, 2002) si riferisce alla necessità di produrre un effetto sull’ambiente.

Quest’ultimo viene in effetti percepito come soddisfatto quando l’individuo sperimenta di essere capace di produrre un effetto voluto, o un esito positivo, o di evitarne uno non voluto, o esito negativo. Allo stesso modo ciò accade quando egli si aspetta e quindi prevede di riuscire in un compito o nella messa in atto di un comportamento.

Rispetto al senso di competenza, e quindi alla possibilità di percepirsi come tali e di soddisfare questo bisogno, due processi appaiono cruciali: la conoscenza delle proprie abilità (sperimentare di saper fare, credere di essere in grado di fare, avere fiducia nelle proprie capacità), e la consapevolezza delle strategie utili al saper fare (come agire per raggiungere un esito positivo e per evitarne uno negativo).

LA COMPETENZA COME BISOGNO DI BASE

In sintesi, il bisogno di competenza viene soddisfatto quando l’individuo, in una determinata circostanza e rispetto ad un’azione specifica, sa che cosa e come deve fare per realizzarla.

Il soddisfacimento del bisogno di competenza conduce ad esercitare una qualche forma di controllo, dall’interno, sull’azione, e quindi sulla realtà esterna. L’individuo sperimenta dunque di non essere “in balia” del mondo esterno, ma di essere, rispetto ad esso, distinto e autonomo.

Quindi, l’esperienza di percepirsi come competente, di esercitare un

effetto sull’ambiente, lo conduce di fatto anche a comprendere il proprio senso di autonomia e a sentire di essere diverso e separato da ciò su cui esercita un controllo.

LA COMPETENZA COME BISOGNO DI BASE

BISOGNO DI COMPETENZA

BISOGNO DI AUTONOMIA

LA COMPETENZA COME BISOGNO DI BASE

Precursori del soddisfacimento del bisogno di competenza:

Reazioni circolari secondarie (Piaget, 1936), intorno ai sei mesi, grazie alle quali un movimento, o un’azione, che produce un effetto sull’ambiente viene ad essere generalizzato ed inserito nel repertorio degli schemi di azione.

Comparsa delle emozioni autocoscienti (Harter, 1999) verso la fine del secondo anno di vita: esse sono strettamente connesse ad una prima forma di valutazione di sé, e in particolare all’effetto che il proprio comportamento esercita sulla realtà esterna.

SEPARAZIONE, CONNESSIONE E COMPETENZA

Dalle riflessioni precedenti emerge lo stretto legame tra le 3 istanze evolutive di base e l’importanza che esse ricoprono rispetto alla costruzione del Sé

SeparazioneConnessione

Competenza

SELF DETERMINATION THEORY

Competenza, connessione e autonomia sono le dimensioni principali del sistema del Sé,

poiché i processi attraverso cui tali istanze vengono soddisfatte consentono all’individuo di costruire, percepire e sperimentare le diverse componenti e caratteristiche del proprio modo

di essere nelle varie situazioni.

SELF DETERMINATION THEORY

Alcuni pattern interattivi possono, in una situazione specifica e durante una determinata attività, risultare più o meno funzionali al soddisfacimento dei bisogni individuali, e quindi consentire all’individuo stesso di sperimentare in quella situazione un senso del Sé più o meno positivo.

Le variazioni nel sistema del Sé dipendono dunque dal grado con cui le istanze di base vengono accolte e soddisfatte dal contesto relazionale.

I BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO

Le caratteristiche del contesto possono favorire o meno il soddisfacimento di tali bisogni e, in questo modo, concorrono alla costruzione di un Sé più o meno soddisfacente (stabilità, benessere, adattamento)

I BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO

Sono tre le caratteristiche dell’ambiente relazionale, in grado di influenzare il soddisfacimento dei bisogni di base di autonomia, competenza e connessione:

“struttura” “sostegno all’autonomia” “coinvolgimento” Queste vanno intese anche rispetto alla percezione che

di queste ha l’individuo, e non soltanto come elementi oggettivamente posseduti dal contesto.

I BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO

Struttura Si intende un contesto molto chiaro e definito, tale per

cui l’individuo è consapevole di ciò che può aspettarsi.

Sperimentare una relazione strutturata significa percepirla come coerente e stabile, e quindi ben definita e prevedibile; al contrario, in assenza di struttura, l’individuo percepisce incoerenza, instabilità e non sa, in una particolare circostanza, che cosa può aspettarsi da essa.

I BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO

Sostegno all’autonomia

Il sostegno all’autonomia viene percepito all’interno di una relazione in cui il partner riconosce il bisogno di separazione e di controllo interno delle proprie azioni, e quindi non è intrusivo e non esercita un controllo eccessivo sul comportamento.

I BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO Coinvolgimento

Il coinvolgimento caratterizza quella relazione o quel contesto socio-culturale in cui l’individuo percepisce su di sé l’attenzione, la partecipazione e la preoccupazione degli altri; egli sente di essere accettato e di essere partecipe di un tutto, sperimenta un senso di appartenenza e di connessione.

In caso contrario egli percepirà un senso di isolamento e

un sentimento di solitudine.

CONTESTO E CULTURA DI RIFERIMENTO

Le caratteristiche del contesto si esprimono non solo a livello di relazione ma anche di cultura di

riferimento:

culture di tipo collettivistico, o individualistico, proprio perché diversamente caratterizzate rispetto alla struttura, al supporto all’autonomia o al coinvolgimento, soddisfano in modo diverso i bisogni di competenza, di autonomia e di relazione, e quindi influenzano la percezione del Sé in particolari circostanze (Dennis, Talih, Cole, Zahn-Waxler, Mizuta, 2007).

CONTESTO E CULTURA DI RIFERIMENTO

Anche i modelli di socializzazione presenti nei diversi contesti familiari e/o educativi possono orientare l’azione dei partner delle relazioni in modo tale da soddisfare in modo differente i bisogni sociali o individuali dei bambini (Corsano, Cigala, 2004).

Diverse situazioni cliniche di malessere e di inadeguata percezione di sé, descritte da Buchholz (1997) come caratteristiche dell’attuale cultura occidentale, vengono dalla studiosa spiegate in relazione ad una sorta di mancato riconoscimento del bisogno di autonomia, soffocato, sul piano culturale, da un’enfasi eccessiva sugli aspetti di connessione e di relazione.

CONTESTO, DOMINIO DI VITA E FASI EVOLUTIVE

Le caratteristiche del contesto possono avere significato diverso, maggiore o minore salienza anche rispetto a:

Dominio di vita: casa/scuola/gruppo dei pari,.. Fase evolutiva dell’individuo.

Gli stessi bisogni di base, per altro, si esprimono con forza e modalità differenti a seconda dell’età degli individui.

BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO: UN ESEMPIO DI RICERCA

Smeekens, Riksen-Wairaven e van Bakel (2008) hanno condotto una ricerca da cui emergono bene le interazioni tra bisogni di base e caratteristiche del contesto.

Tema: relazione tra profili di adattamento e l’interazione genitore/bambino (contesto di riferimento)

Hp: i profili di adattamento variano rispetto alle caratteristiche del contesto

Soggetti: 107 bambini di 5 anni

BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO: UN ESEMPIO DI RICERCA

Il profilo è definito rispetto ai tre bisogni di base: Competenza: valutata attraverso una prova di

competenza percepita (Puppet Interview - Cassidy, 1988)

Autonomia: valutata attraverso una prova di autoregolazione e coping (California Child Q-set - Block e Block, 1980)

Connessione: valutata attraverso la sicurezza dell’attaccamento (Attachment Story Completion Task - Cassidy, 1988), competenza sociale coi pari (vari strumenti) e adattamento a scuola (SRS- Chandler et al., 1985)

BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO: UN ESEMPIO DI RICERCA

Il profilo è definito anche rispetto a dimensioni comportamentali, quali :

• Internalizzazione (ansia, depressione, ritiro sociale, bassa stima di sé)

• Esternalizzazione (aggressività, antisocialità,..)

valutate attraverso il Child Behavior Checklist (CBCL) e il Teacher Report Form, entrambi di Achenbach (1991), strumenti di osservazione indiretta per genitori e insegnanti.

BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO: UN ESEMPIO DI RICERCA

Il contesto (interazione col genitore) è stato valutato mediante una prova in cui i genitori dovevano dare istruzioni su come svolgere un compito.

La situazione, videoregistrata, è stata codificata mediante le scale di Erickson et al., 1985), che valutano:

Supporto emotivo / ostilità (Coinvolgimento)Non intrusività, rispetto autonomia (Sostegno

all’autonomia)Coerenza nella strutturazione delle regole/Chiarezza nel

dare le istruzioni (Struttura)

BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO: UN ESEMPIO DI RICERCA

Mediante l’analisi dei clusters sono emersi 3 profili di autonomia:

I profilo: adattamento (punteggi alti in tutte le scale) (circa il 60 % dei bambini)

II profilo: disadattamento (punteggi bassi in tutte le scale, problemi di esternalizzazione) (circa il 20 %)

III profilo: “insuccesso” (20 %) (buona sicurezza di attaccamento, bassa autoregolazione e bassa competenza percepita, bassa prosocialità, inibizione, problemi di internalizzazione)

BISOGNI DI BASE NEL CONTESTO: UN ESEMPIO DI RICERCA

I profili sono stati correlati con le caratteristiche del contesto.

• Il I profilo è correlato con livelli alti di struttura, supporto all’autonomia e coinvolgimento

• Il II profilo è correlato con livelli bassi di struttura, coinvolgimento e supporto all’autonomia

• Il III è correlato a buoni livelli di struttura, coinvolgimento e basso supporto all’autonomia

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’

Nel percorso di sviluppo del concetto di sé si individuano due momenti significativi (Lewis, 1990):

Sé esistenziale (Sé come agente): è la consapevolezza di sé, cioè la capacità di comprendere che si esiste come individui distinti e separati dagli altri.

Sé categoriale: è il vero e proprio concetto di sé, cioè l’attribuzione a sé di caratteristiche (la collocazione di sé all’interno di categorie che lo definiscono).

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Sé esistenziale

Si costruisce entro il II anno di vita

Viene valutato mediante: Prove di riconoscimento visivo allo specchio

(Lewis, Zazzo) Uso adeguato di pronomi personali e nome

proprio Presenza di autoaffermazione e di emozioni

complesse (vergogna, orgoglio,..).

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’

Sé esistenziale

Esperienze che favoriscono l’acquisizione del Sé esistenziale:

Reazioni circolari primarie e secondarie (Piaget)

Protoconversazioni (Stern) Contingenza tra le proprie azioni e gli effetti

di queste (Piaget) Dialogo emotivo (Stern, Trevarthen) Osservazione ed esplorazione del proprio

corpo

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’

Sé esistenzialeIl percorso di acquisizione del Sé esistenziale

è stato descritto da: Piaget (1937): sul piano cognitivo, rispetto al

processo di costruzione dell’oggetto (e differenziazione del soggetto)

M. Mahler (et al., 1975): sul piano affettivo, rispetto al processo che, dalla fusione e simbiosi con la madre, conduce alla separazione e all’individuazione.

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’

Sé esistenzialeFonagy (2002) ha fornito un interessante

modello di sviluppo del Sé, focalizzandosi in particolare sul

Sé come agente mentale, cioè sulla comprensione che l’individuo ha di essere un’entità che agisce e ha un effetto sul

mondo

Egli si chiede come ciò avvenga

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Il modello di Fonagy si colloca in un contesto teorico che dà importanza, per la costruzione del Sé a:

• Processi mentali (il bambino conosce la propria mente grazie alla comprensione della mente altrui)

• Interazione affettiva col caregiver come contesto in cui si costruisce il Sé

• Rapporto tra emozione e cognizione (consapevolezza delle emozioni)

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Sia il Sé come agente mentale (Io) sia il Sé come oggetto (Me) non sono dati alla nascita,

ma si costruiscono grazie al processo di mentalizzazione (o funzione riflessiva), cioè il fare esperienza di essere un organismo dotato

di mente.La funzione riflessiva (capacità di riflettere

sulla mente) può essere rivolta verso di sé (autoriflessione) o verso gli altri. Ciò aiuta a distinguere tra realtà interna ed esterna.

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Mentalizzazione: processo che porta alla consapevolezza che l’esperienza che abbiamo

del mondo è mediata dalla nostra mente.Organizzare tale esperienza attraverso la

mente porta a costruire un’idea di Sé

Mentalizzazione Costruzione del Sé

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Mentalizzazione:

regolazione affettiva (tra bambino e caregiver)

affettività mentalizzata

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

regolazione affettiva (tra bambino e caregiver): capacità di modulare le proprie emozioni rispetto all’altro)

affettività mentalizzata: comprensione dei

significati soggettivi dei propri stati affettivi. E’ la forma più matura di regolazione affettiva. Implica il Sé

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Se il processo di mentalizzazione fallisce, la psicoterapia può aiutare a raggiungere una condizione di

affettività mentalizzata

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Alcune domande:

Perché il processo di mentalizzazione avviene a partire dalla regolazione

affettiva?Perché le emozioni sono i primi stati mentali che si sperimentano e che si

attribuiscono agli altri (poi intenzioni, desideri, credenze,..)

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Alcune domande:

Perché le emozioni sono gli stati mentali più precoci?

Perché sono innate e universali, si accompagnano a correlati fisiologici, comportamentali ed espressivi che le

rendono facilmente riconoscibili.

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Grazie al processo di mentalizzazione si verifica un passaggio evolutivo importante: da una condizione di “equazione tra stati affettivi interni ed esterni”

(tipica del bambino piccolo) alla distinzione tra stati mentali effettivi (interni) e stati mentali

rappresentati (cioè consapevoli e rielaborati rispetto alla realtà esterna)

Solo quando il bambino distingue le due realtà può integrarle dando vita a stati affettivi come

rappresentazioni, può comprendere il senso del “come se” e del “fare finta” e sperimentare diverse

rappresentazioni di sé.

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Il punto di partenza e il punto chiave del processo di mentalizzazione è la regolazione affettiva che avviene nell’interazione col

caregiver.

Passaggio progressivo dalla co-regolazione all’autoregolazione (delle emozioni e di sé)

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Ci sono diversi livelli di regolazione affettiva:

• Omeostasi: modulazione dell’emozione in funzione del ripristino dell’equilibrio fisiologico (non è consapevole)

• Regolazione interpersonale: modulazione dello stato emotivo per adattarlo agli altri (prima forma di autoregolazione)

• Affettività mentalizzata: modulazione che tiene conto dei significati soggettivi dei propri stati affettivi

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Il passaggio dal I agli altri livelli di regolazione affettiva è reso possibile dal rispecchiamento

emotivo da parte dell’adultoE’ il punto centrale del modello di Fonagy

Per spiegarlo, Fonagy ricorre al modello del bio-feedback. Ipotizza che la teoria classica del

bio-feedback possa essere applicata al contesto dell’interazione col caregiverTeoria del bio-feedback sociale

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Teoria del bio feedback

Al paziente si insegna ad avere consapevolezza di uno stato interno (ad es. frequenza

cardiaca) associandolo contingentemente a qualcosa di esterno che varia in modo

concomitante.

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Teoria del bio feedback socialeIl bambino impara a prendere consapevolezza di

un stato interno non consapevole (uno stato emotivo) associandolo allo stato emotivo che l’adulto manifesta contingentemente a quello

del piccolo(già a poche settimane i piccoli sono in grado di

rilevare e reagire, sperimentandole, alle contingenze)

Detezione e massimizzazione della contingenza

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Teoria del bio feedback sociale

La detezione e la massimizzazione della contingenza svolgono due funzioni importanti:

1)Autoidentificazione (il bambino fa esperienza di sé come soggetto agente

2)Orientamento verso l’oggetto sociale (che risponde)

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Teoria del bio feedback sociale

Quindi, quando l’adulto rispecchia emotivamente lo stato interno del bambino,

gli consente di fare un’esperienza di contingenza e di associare la configurazione che vede nell’adulto al proprio stato interno

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Teoria del bio feedback sociale

Per massimizzare la contingenza, il bambino introduce delle piccole variazioni nel proprio

comportamento, che si sintonizzano con quelle del genitore (il rispecchiamento non è

continuativo).Questa sintonizzazione induce il bambino a

ridurre e regolare i propri stati emotivi

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Teoria del bio feedback sociale

Oltre che contingente, il rispecchiamento affettivo dell’adulto deve anche essere

marcato, cioè esagerato.La marcatura fatta dal genitore aiuta il bambino

a capire che quello che vede nell’altro è il proprio stato emotivo e non l’altrui.

Questo lo aiuta a differenziare tra stato interno e realtà esterna (costruzione del Sé)

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Teoria del bio feedback sociale

Se il bambino percepisse che quello che vede nell’altro è l’altrui stato emotivo, oltre a non differenziare tra sé e la realtà esterna (che sarebbe percepita come un prolungamento di

sé), non regolerebbe il proprio stato emotivo, ma lo intensificherebbe.

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Teoria del bio feedback sociale

Come fa il bambino a capire che quello che vede è una marcatura e non lo stato reale dell’adulto?Perché nel tempo il bambino sperimenta nel

genitore due tipi diversi di esperienza emotiva: quella realistica e quella marcata,

le distingue e “capisce” che quella marcata rispecchia il proprio stato e non quello

dell’adulto.

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Teoria del bio feedback sociale

Grazie alla marcatura, il bambino gradualmente interiorizza anche la modalità del “come se”, del “fare finta”, che lo aiuterà a distinguere i due livelli della realtà (interna ed esterna) e a costruire delle rappresentazioni integrate di

essa e di sé.

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Teoria del bio feedback socialeQuindi, il rispecchiamento contingente e marcato (che è

istintivo nel genitore) svolge alcune funzioni fondamentali:

• Aiuta il b. a identificare e raggruppare alcuni indizi che definiscono il suo stato interno (sensibilizzazione)

• Lo aiuta a costruire delle rappresentazioni consapevoli dei propri stati interni (costruzione della rappresentazione)

• Regolazione delle emozioni• Acquisizione del codice comunicativo della marcatura.

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Possono esserci nel caregiver stili devianti di rispecchiamento emotivo, che possono sviluppare nel bambino forme di disadattamento o psicopatologie:

• Assenza di marcatura

• Presenza di marcatura, ma con incongruenza emozionale

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Assenza di marcatura

Il bambino attribuisce all’altro il proprio stato emotivo, non distingue tra realtà interna ed esterna, l’emozione negativa risulta amplificata piuttosto che regolata.

Bambino e genitori sono sopraffatti dallo stato emotivo, assenza di contenimento emotivo.

Tendenza nel bambino all’identificazione proiettiva, difficoltà di differenziazione di sé.

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Presenza di marcatura, ma con incongruenza emozionale

L’adulto risponde con una reazione diversa da quella del bambino (ad es. piccolo attivato, eccitato gioiosamente, mamma risponde arrabbiandosi.

Il bambino percepirà in modo distortio i propri stati affettivi (Falso Sé o Sé alieno)

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Attraverso il processo di mentalizzazione il bambino diventa progressivamente

consapevole di sé come agente mentaleFonagy delinea lo sviluppo del Sé agente (Io),

aspetto trascurato dalla letteratura, che si è concentrata sullo sviluppo del concetto di

sé.

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

5 livelli nell’acquisizione della comprensione di essere un agente mentale:

FisicoSociale

TeleologicoIntenzionale

Rappresentazionale(autobiografico)

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

• Il I livello (Sé come agente fisico) è un Sé pre-riflessivo (non psicologico).

• Gli altri costituiscono il Sé riflessivo (psicologico), grazie al quale l’individuo può riflettere (funzione riflessiva) sulla propria e altrui esperienza in termini di stati mentali (emozioni, affetti, intenzioni, desideri, credenze, motivazioni,..)

• Costruzione del Sé: mentalizzazione

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Sé come agente fisicoDa 0 a 6 mesi il bambino comincia ad avere una vaga idea

di sé (corporeo, pre-riflessivo) come origine di azioni sull’ambiente, di forza fisica che produce cambiamenti nell’ambiente.

Varie ricerche mostrano:Sensibilità alle contingenze (perfette)Reaz. CircolariCapacità di adeguare i propri movimenti allo spazio

(esperimento “stanza mobile”)Osservazione di parti del corpo

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Sé come agente sociale• Entro il I anno di vita il bambino comprende che i

propri comportamenti hanno un effetto sugli altri.

• Le ricerche mostrano che già alla nascita il bambino è attratto dagli stimoli sociali, sa imitare e interagisce.

• La comprensione del sé come agente sociale implica la consapevolezza di ciò.

• Gli studiosi si sono chiesti quando ciò avviene. Ci sono diverse posizioni in letteratura.

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Sé come agente sociale• Intersoggettività – posizione forte (Tronick,

Trevarthen): presente su base innata. Il bambino comprenderebbe subito i propri e altrui stati interni (es. le emozioni e le intenzioni), osservando il proprio caregiver (“come me”).

• Intersoggettività – posizione più debole (Tomasello): presente su base innata, ma la comprensione degli stati propri e altrui compare solo intorno ai 9 mesi.

• Intersoggettività senza stato iniziale (Fonagy): non è data alla nascita, ma si costruisce in modo mediato attraverso le interazioni col caregiver.

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Sé come agente socialeLa propensione innata agli stimoli sociali e alle interazioni

non agisce direttamente, ma indirettamente:• favorisce la prossimità• esprimendosi come proto-conversazioni, dialogo emotivo,..

favorisce l’autoregolazione (il bambino dapprima subisce la funzione regolatrice dell’adulto, poi sperimenta di avere effetti sull’altro)

• stimola nel genitore il rispecchiamento emotivo

In sintesi, crea un ambiente favorevole all’apprendimento e alla comprensione degli stati mentali, che sono acquisiti intorno

ai 18 mesi.

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Sé come agente sociale

Quindi, la mentalizzazione vera e propria (consapevolezza di Sé come agente mentale) ha

inizio intorno ai 18 mesi

prima ci sono solo dei precursori (gesto dell’indicare, attenzione condivisa, riferimento sociale,..)

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Sé come agente teleologicoE’ la comprensione che le proprie azioni hanno un

esito e che possono essere messe in atto in funzione di questo.

Già Piaget aveva mostrato che intorno a 9 mesi i bambini sembrano agire rispetto a uno scopo

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Sé come agente teleologicoSecondo Fonagy il Sé teleologico è distinto da

quello intenzionale, perché quest’ultimo presuppone una maggiore consapevolezza degli stati mentali (intenzioni)

Infatti, gli studi sui bambini autistici e sui primati mostrano che essi possiedono un Sé teleologico , ma non comprendono gli stati mentali delle intenzioni.

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Il Sé come agente intenzionale• Comprensione che all’origine di un’azione ci sia

un’intenzione o in genere uno stato mentale che la muove (teoria della mente).

• Già dai due anni i bambini usano il verbo “volere” e comprendono i desideri, le preferenze. Mostrano empatia e comportamento prosociale

• Le credenze compaiono più tardi (3-4 anni)

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Sé come agente rappresentazionale e autobiografico

Comprensione che il Sé è una rappresentazione, cioè un insieme complesso di attributi, esperienze, attività, ricordi, che può essere pensato e richiamato alla mente (su cui si può riflettere).

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Fonagy

Sé come agente rappresentazionale e autobiografico

Prima dei due anni c’è amnesia infantile perché non c’è Sé esistenziale (né linguaggio)

Intorno ai due anni il bambino comincia a comprendere il Sé come rappresentazione, ma solo più tardi lo organizza temporalmente (Sé “esteso” nel passato e nel futuro, cioè autobiografico”)

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’(Fonagy)

In sintesi, anche riprendendo Bruner, il Sé autobiografico è il prodotto di:

• Sé esistenziale• linguaggio• memoria,• mentalizzazione• narrazione

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’

Sé categoriale Si costruisce a partire dai 2 anni circa

Si costruisce parallelamente alla conoscenza degli altri

Segue di pari passo:• lo sviluppo cognitivo (schemi cognitivi via via più

complessi consentono nuove conoscenze e nuove modalità di rielaborazione delle conoscenze);

• lo sviluppo affettivo e sociale (le relazioni con gli altri consentono di ricavare informazioni su di sé)

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Sé categoriale

Il sé categoriale è stato studiato prevalentemente attraverso l’uso del linguaggio (metodo narrativo).

Le definizioni che i bambini danno di sé inglobano progressivamente le seguenti categorie (Schaffer, 2004):

Età Genere Caratteristiche fisiche Oggetti posseduti e attività svolte Abilità e tratti psicologici

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’

Sé categoriale

Secondo Guidano (1988) i primissimi nuclei del Sé (I infanzia) hanno origine nelle relazioni familiari e riguardano l’amabilità sociale, la sicurezza, le competenze di base connesse all’autonomia, le prime norme.

Tali nuclei, poi, si consolidano all’interno di altre relazioni, soprattutto con i pari, costruendo un Sé costituito sempre da schemi relazionali, normativi e di competenza, adeguati al livello evolutivo raggiunto.

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’Sé categoriale

Strutturalmente, il concetto di sé si modifica nelle seguenti direzioni (Harter, 1999; Schaffer, 2004):

Dal globale al differenziato Dalla giustapposizione all’organizzazione Dall’incoerenza alla coerenza Dal concreto all’astratto Dall’induzione alla deduzione Dall’assoluto al comparativo Distinzione progressiva tra Sé pubblico e Sé privato,

Sé reale e Sé ideale

SVILUPPO E COSTRUZIONE DEL SE’

Sviluppo cognitivo Concetto di Sé e degli altri

Periodo sensomotorio Distinzione tra Sé e gli altri: consapevolezza di SéPrimi schemi relazionali e normativi

Periodo preoperatorio Il bambino identifica Sé e gli altri ricorrendo ad indici percettivi, tratti esteriori e comportamenti contingenti.Giustappone i tratti senza organizzarli in modo coerente.

Periodo operatorio Grazie all’acquisizione della costanza e dell’identità degli oggetti, il bambino è in grado di riunire in un costrutto globale e unitario i diversi tratti. Utilizza le comparazioni, il riferimento a tratti psicologici e a stati interni, dapprima connessi ai comportamenti osservati (pensiero concreto), e poi da questi sempre più svincolati (pensiero astratto).

ETA’ PRESCOLAREETA’ PRESCOLARE

Fino agli anni ’80/’90 gli studiosi hanno indagato il Sé in età prescolare attraverso l’uso di domande aperte, frasi da completare…,

che non hanno favorito l’emergere di competenze tacite.

ETA’ PRESCOLAREETA’ PRESCOLARE

Dagli anni ‘90 in poi nuovi studi condotti con nuove metodologie (Eder, 1990; Marsh, Ellis e Craven, 2002; Brown et al., 2009; Fivush, 2007) hanno evidenziato che i bambini di età prescolare sono capaci di attribuirsi caratteristiche non solo fisiche ma anche di tipo psicologico (emotivo, sociale, tratti di personalità) e di organizzarle in modo coerente.

ETA’ PRESCOLAREETA’ PRESCOLARE

Rispetto allo sviluppo del Sé l’età prescolare possiede alcune peculiarità:• Consolidarsi del linguaggio: sé verbale e narrato, conversazioni coi genitori e i pari• Consolidarsi delle autonomie: sviluppo di molte competenze e approvazione sociale rispetto ad esse (sovrastima di sé)• Consolidarsi dell’attività simbolica:il bambino si sperimenta nel gioco, “far finta”, sé rappresentazionale e autobiografico• Teoria della mente: si completa il processo di mentalizzazione• Consolidarsi delle emozioni autocoscienti

EMOZIONI SOCIALI, O EMOZIONI SOCIALI, O “AUTOCOSCIENTI” “AUTOCOSCIENTI”

Ogni emozione sociale possiede:

1.Una causa elicitante2.Implicazioni per sé / per gli altri3.Correlati emotivi e comportamentali

ORGOGLIO:

1.Raggiungimento di mete e obiettivi definiti nel contesto della relazione2.Percezione di competenza / di avere risposto alle aspettative degli altri3.Felicità e comportamento di esibizione

EMOZIONI SOCIALI, O EMOZIONI SOCIALI, O “AUTOCOSCIENTI” “AUTOCOSCIENTI”

VERGOGNA:

1.Trasgressione di norme definite nel contesto della relazione2.Percezione di inadeguatezza / di avere deluso gli altri3.Tristezza e comportamento di ritiro/evitamento

SENSO DI COLPA:

1.Trasgressione/violazione di norme definite nel contesto della relazione affettiva2.Percezione di inadeguatezza / danno per gli altri3.Ansia e agitazione e comportamento di riparazione

SVILUPPO DELLE EMOZIONI SOCIALISVILUPPO DELLE EMOZIONI SOCIALI(Harter, 1999; Lewis, 2008) (Harter, 1999; Lewis, 2008)

2-3 anni: solo indici espressivi

4 anni: nominano correttamente e comprendono la valenza affettiva dell’emozione

3-6 anni: comprensione del legame tra norme ed emozione

7 anni: portano esempi corretti di situazioni elicitanti, ed esplicitano i modelli parentali

8 anni: consapevolezza che l’emozione può essere provata indipendentemente dall’osservazione degli altri

STUDI SUL REMINISCING

Gli studi sul “reminiscing” hanno mostrato aspetti interessanti riguardo al Sé in età prescolare e alla formazione del Sé autobiografico.

Per “reminiscing” si intende l’atto di ricordare insieme (bambino-genitore) eventi del passato vissuti da entrambi

Gli studiosi (Fivush et al., anni 2000) si sono soffermati sugli stili di conduzione dei genitori

STUDI SUL REMINISCING

Attraverso le conversazioni e gli stili di conduzione di queste, i genitori favoriscono modalità più o meno complesse ed elaborate di narrazione autobiografica e quindi di costruzione del Sé.

Gli studi sul “reminiscing” hanno individuato due stili materni caratteristici, correlati a competenze narrative nei bambini:

•Stile “elaborativo” : ampie descrizioni, maggior numero di dettagli e particolari (favorisce nel bambino, anche a lungo termine, una maggiore competenza ed autonomia nel ricordare gli eventi del proprio passato e nello strutturarli in sequenze narrative più complesse).

•Stile “ripetitivo” : modalità tipo “domanda-risposta”, finalizzato non tanto ad estendere ed ampliare le capacità del bambino nel ricordare, bensì a testarle o verificarle (favorisce narrazioni più semplificate).

STUDI SUL REMINISCINGDIFFERENZE DI GENERE… (Fivush, Brotman, Buckner, Goodman, 2000; Fivush, Buckner, 2003)

Sia le madri sia i padri mostrano differenze tra maschi e femmine:•Con le figlie: stile più elaborativo e ad alto contenuto emotivo e strutture narrative di tipo socio-relazionale•Con i figli maschi: stile più ripetitivo, minor riferimento alle emozioni (tranne alla rabbia) e strutture narrative più “autonome” (centrate su oggetti e eventi)

…E DI CULTURA (Markus e Kitayama, 1991, 2001; Wang, 2004)

Cultura occidentale (nordamericana ed europea): conversazioni tra adulto e bambino che stimolano a focalizzarsi su di sé, a parlare delle proprie esperienze, a soffermarsi sui particolari e a fornire descrizioni dettagliate (favorisce un Sé indipendente, definito e rappresentato come unico e differenziato)Cultura orientale (giapponese e cinese): le conversazioni attribuiscono meno importanza al ricordo di eventi individuali, focalizzandosi sulla comunità nel suo complesso, e sottolineando emozioni o stati interni connessi alle relazioni con gli altri e alla vita di gruppo. (favorisce nel bambino la costruzione di un “Sé interdipendente”, definito e rappresentato rispetto agli altri)

ETA’ SCOLARE

In età scolare (fanciullezza) gli studi sul sé si sono concentrati maggiormente sull’autostima,

sulla percezione di competenza, differenziando in modo netto tra vari ambiti

del sé (da quello fisico, a quello interpersonale, scolastico/accademico,..)

L’AUTOSTIMA

L’autostima è la valutazione, il giudizio che l’individuo esprime su di sé.

Si costruisce parallelamente al concetto di Sé ed è il prodotto di:

Esperienze vissute (successi, fallimenti,..) Aspettative degli altri Giudizi ricevuti dagli altri

L’AUTOSTIMA

Esperienze entro cui si costruisce l’autostima:

Interazioni bambino/genitore Interazioni tra pari Gioco (solitario e sociale) Attività scolastiche ed extrascolastiche Professione Relazioni con un partner ………………..

L’AUTOSTIMA

Valutazione dell’autostima:

Interviste/colloqui (con i più piccoli e i loro familiari)

Tecniche di “Self-report” (a partire dall’età scolare): questionari in cui i soggetti devono attribuirsi un punteggio su scale relative a varie abilità

Test del “Bean bag”: giochi di difficoltà variabile che permettono di misurare il livello degli obiettivi che i bambini si pongono

L’AUTOSTIMA

Livelli e correlati dell’autostima in età scolare (Coopersmith, anni ‘70)Bassa stima di sè Alta stima di sè

Timidezza/introversione Socievolezza/estoversione

impopolarità Popolarità

Insuccesso scolastico Successo scolatico

Ritiro e isolamento sociale Competenza sociale

Dipendenza dal contesto/conformismo

Autonomia rispetto al contesto

L’AUTOSTIMAL’autostima è un costrutto stabile ed autoreferente:

l’individuo tende cioè a confermare la propria valutazione, interpretando in questa direzione le esperienze.

Diener e Dweck (‘70) hanno rilevato che i bambini di età scolare , in seguito a fallimenti, usano un linguaggio diverso (interpretando la situazione) a seconda del livello di autostima:

•Bassa autostima: bambini rinunciatari

Alta autostima: b. orientati alla padronanza

“..mi sono confuso” “più è difficile e più devo impegnarmi”“ho sbagliato” “ancora un po’ e ce la faccio”“non sono capace..” “mi piace avere più scelte”“rinuncio” “riproviamo”

L’AUTOSTIMA

L’autostima è coerente con le valutazioni degli adulti di riferimento:

Insegnanti: la valutazione dell’insegnante corrisponde al livello di autostima dell’allievo

Genitori: la valutazione del genitore corrisponde al livello di autostima del figlio; correlazione tra autostima dei genitori e dei figli

SVILUPPO DELL’AUTOSTIMA

Secondo Berti e Bombi (2005) fino all’età scolare l’autostima tende ad essere prevalentemente positiva, a causa di:

Ottimismo protettivo Confronto rispetto a sé e al passato Limiti cognitivi

SVILUPPO DELL’AUTOSTIMA

Per quanto già precocemente i bambini esprimano giudizi su di sé, traendone condizioni di benessere/malessere, molti autori ritengono che un vero e proprio costrutto di autostima sia presente solo dopo l’età scolare.

La valutazione di sé infatti implica il confronto tra tre istanze (Higgins, 1989, 1991):

Sé reale: “come io sono”Sé ideale: “come mi piacerebbe essere”Sé normativo: “come dovrei essere”

SVILUPPO DELL’AUTOSTIMA

La capacità di autovalutazione si struttura negli anni secondo livelli differenti (Higgins, 1989, 1991):

I livello (I anno di vita): il bambino percepisce solo delle contingenze tra il proprio e altrui comportamento, che lo portano gradualmente alla distinzione di sé.

II livello (2-3 anni): il bambino mette in relazione il proprio comportamento con gli stati emotivi degli altri, che costituiscono una prima forma di valutazione.

III livello (età prescolare): la capacità rappresentativa e la teoria della mente consentono di anticipare gli effetti delle proprie azioni e le reazioni emotive degli altri.

IV livello (fanciullezza): il Sé è stabile e differenziato al suo interno e valutato rispetto a norme e valori.

V livello (adolescenza e età adulta): gli standard normativi e valoriali utilizzati per la valutazione di sé e l’autoregolazione devono tenere conto di contesti sociali diversi e non sempre in accordo. Occorre un’integrazione in funzione di un’identità stabile e coerente.

PREADOLESCENZA

Con la preadolescenza, i processi di costruzione del sé prendono un nuovo slancio poiché accade qualcosa di molto importante:

Il secondo processo di separazione e individuazione

   

        

(A. Freud, 1936; Blos, 1962):

Disinvestimento affettivo degli oggetti primari (svalutazione, attacchi aggressivi, oppositività, apatia, narcisismo, investimento sui pari).

Rinuncia della rappresentazione idealizzata dei genitori, costruita nell’infanzia (sentimenti depressivi, di lutto e di rinuncia).

Rinuncia delle identità infantili (anche rispetto al corpo), costruite sulla dipendenza affettiva dai genitori (sentimenti depressivi, ma anche di smarrimento rispetto al venir meno di punti di riferimento, sottrazione del proprio corpo ai genitori).

 

TEORIA DELLA “RICAPITOLAZIONE” DI A. FREUD (1936)

L’adolescenza costituisce la prima ricapitolazione della sessualità infantile, il primo momento, cioè, in cui si attua una sorta di “riepilogo” e ciò che è accaduto prima può aiutare a comprendere il presente. E’ una sorta di punto critico. La seconda ricapitolazione si avrà nel climaterio.

In seguito alle stimolazioni della pubertà si verifica, dopo la fase di latenza, il riemergere dell’ES, notevolmente rafforzato, mentre l’IO e il SUPER-IO in parte sono rigidi, in parte deboli.

Dallo scontro (conflitto) tra l’ES e l’IO e il SUPER-IO può generarsi o il carattere, o una nevrosi.

TEORIA DELLA “RICAPITOLAZIONE” DI A. FREUD (1936)

Tale conflitto si esplica mediante la messa in atto di meccanismi di difesa, che spiegano alcuni atteggiamenti o modi di essere peculiari dell’adolescenza:

Intellettualizzazione: tendenza alla discussione, alla speculazione intellettuale

Ascetismo: scelta di vita rinunciataria Narcisismo: centrazione su di sè Rimozione: isolamento (perché vengono rimossi gli oggetti infantili) Disinvestimento affettivo (anche del Super-IO): senso di solitudine e

antisocialità Spostamento: ammirazione e idealizzazione di amici o di altri adulti

L’esito del conflitto (nevrosi o carattere) dipende dall’intreccio di diversi fattori: 1)la forza degli impulsi dell’ES (pubertà); 2) la capacità dell’IO di tollerare gli

impulsi; 3) il tipo e l’efficacia dei meccanismi di difesa dell’IO.

TEORIA DI P.BLOS (1962)

La formazione del carattere avviene attraverso alcune sfide (che implicano l’affrontare dei compiti di sviluppo)

La prima e più importante è costituita dal II processo di separazione/individuazione, che avviene attraverso:

il disinvestimento affettivo dei genitori: determina senso di vuoto, di isolamento, perché bisogna de-idealizzare le immagini dei genitori costruite nell’infanzia, ma consente di impegnarsi affettivamente in nuove relazioni, sperimentando nuove identità.

la regressione : consente di difendersi dal senso di vuoto e dall’angoscia che derivano dal disinvestimento precedente, e si manifesta attraverso un ritorno all’azione rispetto al pensiero e alle parole, attraverso l’ammirazione incondizionata nei confronti di altri adulti (reminiscenza dell’idealizzazione dei genitori), attraverso l’attivazione di stati emozionali di tipo fusionale (all’interno di gruppi religiosi, ideologici, ecc..), attraverso un’attività frenetica per colmare il vuoto.

TEORIA DI P.BLOS (1962)

La seconda sfida è la rielaborazione dei traumi infantili (la regressione consente, tornando indietro, di affrontare i conflitti irrisolti; le nuove capacità dell’Io consentono di affrontarli superando l’impressione infantile di difficoltà schiacciante)

La terza è la costruzione della continuità dell’io: l’adolescente deve trovare una coerenza e una costanza nel tempo tra le nuove individuazioni vissute

La quarta è la formazione di un’identità sessuale

TEORIA DI P.BLOS (1962)

Questo percorso avviene attraverso alcune sottofasi distinte:

preadolescenza (pubertà)

prima adolescenza (avvio del processo di separazione dai genitori)

adolescenza vera e propria (investimento su altri oggetti)

tarda adolescenza (compimento dell’individuazione- formazione del carattere)

Alla fine del percorso il giovane acquisisce un sé stabile, precisi confini tra sé e il mondo oggettuale, un Super-io sempre meno

edipico, autonomia dalle fonti esterne di sostegno.

TEORIA DI D.WINNICOTT (anni ’60/80)

Donald Winnicott sottolinea la dimensione dell’ambivalenza degli adolescenti, l’oscillare tra un atteggiamento di sfida e di dipendenza rispetto ai genitori.

I giovani si trovano in una sorta di “bonaccia”, un periodo di inconsistenza, di vuoto, di percezione di futilità, che li porta a sfidare il mondo adulto, ma anche a ricercarvi conforto (ambivalenza).

  L’obiettivo del percorso adolescenziale consiste nel raggiungimento di una

condizione di indipendenza, intesa come una forma matura di dipendenza.

Ciò accade quando il giovane si sente pronto ad identificarsi con gli adulti (e i propri genitori) senza sentire minacciata la propria autonomia (senso vero di sé) (ritorna la complementarità, quasi paradossale , tra autonomia e dipendenza, della prima infanzia)

Il processo è favorito da un ambiente “sufficientemente buono”, che sa tollerare il bisogno di sfida e di separatezza e sa intervenire nei momenti di richiesta di dipendenza. Lasciare che passi il tempo…

EVOLUZIONE DELL’APPROCCIO PSICODINAMICO

Già a partire da Winnicott l’attenzione si sposta sui processi di trasformazione del Sé che hanno luogo durante la separazione, e gradualmente si afferma un approccio più relazionale, che tende a vedere la separazione dai genitori in modo più morbido.

Più che separarsi del tutto, occorre riformulare i rapporti con gli oggetti interni (le rappresentazioni degli altri e di sé) e così facendo si ristruttura il Sé.

Questo processo, a seconda degli autori, è stato chiamato Personalizzazione (Winnicott), Soggettivazione (Cahn, Novelletto), Individuazione (Senise), Sviluppo della funzione riflessiva (Ammaniti).

Più che di separazione netta si giunge a parlare di trasformazione dell’attaccamento (Ammaniti).

In generale, per quanto ritenuti importanti, gli aspetti somatici vengono ridimensionati (indebolimento del paradigma ricapitolazionista) e si attribuisce maggiore importanza agli aspetti relazionali sia interni sia esterni (ambiente e contesto)

PROSPETTIVA DI AMMANITI

   

        

Massimo Ammaniti preferisce parlare di “modificazione dell’attaccamento” piuttosto che di “processi di separazione”.

Il compito evolutivo principale dell’adolescente consiste nel raggiungere un equilibrio tra il “bisogno di base sicura” e il “bisogno di autonomia” (Ammaniti et al., 2011).

L’attaccamento sicuro favorisce la funzione riflessiva (capacità di vedere se stessi e gli altri in termini di stati mentali e di rispecchiarsi nell’immagine che gli altri possiedono di noi) in adolescenza. Questa capacità aiuta nei processi di costruzione dell’identità e di ridefinizione delle relazioni con gli altri.