2. BREVE STORIA DI UN FALSO ETIMOLOGICO
L'ipotesi della derivazione del toponimo di Scauri dalla
gens romana degli Emili Scauri, dovuta alla conservazione nella
memoria del nome in connessione alla presenza della villa, nasce
nella ricerca antiquaria della metà del Settecento e si tramuta
quasi istantaneamente in solida certezza.
L'indagine antiquaria
II percorso della toponomastica storica si inizia con
Francesco Maria Pratilli, sulla cui serietà e affidabilità di storico
ed erudito pende la netta valutazione espressa da Mommsen, che
tra i primi ne verificò l'attitudine al falso documentario,
pienamente riconosciuta e condannata dalla storiografia:
"Sequitur qui infestava et maculavi! cum imìversam regni
Neapolitani epigraphiam tum maxime litteratorum lapidimi
thesaurum Campanum Franciscus Maria Pratillius canonicus
Capuanus [...]" 7. Tenuta nella dovuta considerazione la
17 Theodor Mommsen in CIL X, 1883, p. 373: "Viene poi colui chedanneggiò e contaminò non solo l'intera epigrafìa del regno di Napoli, masoprattutto il tesoro campano delle iscrizioni, il canonico di CapuaFrancesco Maria Pratilli". Su Pratilli si noti il duro giudizio di Bloch, che lodefinisce "un morto che non è morto abbastanza" visti i notevoli danniarrecati dal falsario di S. Maria Capua Vetere allo studio della StoriaMedievale. Herbert Bloch, Monte Cassino in thè Middle Ages I, 1986, p. 223.Si consulti anche Nicola Cilento, // falsario della stona dei Longobardimeridionali: Francesco Maria Pratilli (1689-1763), pp. 35-51, in Italia
20
modalità di studio e ricerca di Prati l l i , è tuttavia opportuno
ricordare che nelle sue pagine del 1745 si trova per la prima volta
instaurato un collegamento, peraltro sfumato e privo di qualsiasi
testimonianza letteraria, epigrafica o di altra natura, tra il nome
corrente del luogo e gli antichi proprietari della vil la: "Quindi a
un altro miglio [il XTC della via Appia] è la torre, e la spiaggia
di Scauro [...] e questa spiaggia, e torre di Scauro sembra forse
la dinominazione presa da qualche villa, colà di presso, di M.I &
Emilio Scauro Console Romano più volte'1'' .
La connessione tra il territorio dell'odierna Scauri e la
residenza degli Scauri ricompare il secolo successivo nell'opera di
Pasquale Cayro, canonico di Minturno e antichista di fama,
stimato e utilizzato da Mommsen, il quale, tuttavia, non esitava ad
ascrivergli imprecisioni ed errori nell'identificazione dei centri
laziali. Nel suo erudito lavoro di ricerca sulla ricostmzione storica
del Lazio19, Cayro sostiene la derivazione del toponimo moderno
dalla villa degli Scauri, la cui esistenza è assicurata da una lettera
di Cicerone ad Attico. Nella lettera citata20, tuttavia, Cicerone
accenna al restauro della sua villa di Formia, senza fornire alcun
meridionale longobarda, Napoli 1971.18 Francesco Maria Pratilli, Della via Appia riconosciuta e descrina daRoma a Brindisi libri IV, Napoli 1745, p. 154.19 Pasquale Cayro, Notizie storielle delle città del Lazio Vecchio. Napoli1816, p. 141.20 Cfr.Cic.AdAtt.lV, 2.
21
indizio a presunte residenze degli Scauri nei dintorni .
Da Cayro dipende Gaetano Ciuffi, anch'egli canonico
minturnese, che, citando a più riprese il precursore, sostiene
senza alcuna esitazione che "Verso la parte occidentale [del
territorio di Pire] si osservano le reliquie della famosa [sic!] villa
di Marco Emilio Scaltro [...] Dal nome di questo console prese il
luogo il suo nome, ed ora corrotamente si appella Scavo IT'^. A
sostegno della tesi anche Ciuffi apporta una incongrua
testimonianza di Cicerone, tratta anch'essa dalla corrispondenza
con Attico, ma anche in questa lettera, del 54 a.C., non si
riscontra alcun collegamento con la presente ricerca. Le parole di
Cicerone si riferiscono, infatti, al prossimo processo in cui
difenderà Messio di fronte a giurati provenienti dalle tr ibù
Pomptina, Velina e Mecia e l'accenno a Scauro (figlio) è del tutto
accidentale: Cicerone si augura che Scauro sia tra i magistrati
^
21E interessante notare che, al di là delle forzature operate dalla ricercaantiquaria, nella documentazione epistolograflca e letteraria ciceroniana nonsi trova mai un riferimento a una villa degli Scauri. L'assenza di riferimentiacquista un valore non indifferente se si consideri l'assidua frequentazionedei luoghi da parte di Cicerone, proprietario della residenza di Formia, ilegami con la famiglia degli Scauri, le vicende che portarono l'oratore piùvolte a soggiornare a Minturno, soprattutto tra il 51 e 49 (e//:, tra le altretestimonianze, ad Alt. V, 1 - transita per Minturno il 7 maggio 51; VII, 13 e13a e ad. Fam. XIV, 14 - si ferma a Minturno il 23 e 24 gennaio 49 ne l l afase delle trattative con Cesare, durante il viaggio da Arpino a Cuma) e ladiscreta conoscenza del territorio, attestata dalla citazione dell'importanza deisaliceti pubblici per l'attuazione della legge agraria di Rullo in De legeagraria II, 36.22 Gaetano Ciuffi, Memorie storiche e archeologiche della città di Traetto,Napoli 1854, p. 88.
22
designati nelle prossime elezioni consolari per le conseguenze
positive che la candidatura potrebbe avere sul processo per
corruzione che lo attende23. Eppure il medesimo Ciuffi, prima di
aderire, con falsi indizi, alla impostazione originata da Prati l l i ,
qualche anno addietro, nel proporre l'identificazione sul territorio
del centro di Pirae, non faceva menzione alcuna di una vi l la di
Scauro e definiva il luogo come "promontorio di Scavoli", senza
sottolinearne, come farà in seguito, la corruzione popolare .
Tra Cayro e Ciuffi si situa Nicola Corcia, che nel 1843
non ha dubbi nell'attribuire a Marco Emil io Scauro la vi l la , i cui
23 Cfr. Cic. Ad Att. IV, 15: "Servii ius edixit i/t adesset. fri bus habelPomptinam, Velinam, Maeciam. pugnalar acriler; agiìur ìamen saìis. deindeme expedio ad Drusum, inde ad Scaurum. parantur orationibus indicesgloriosi, fortasse accedent edam consules designati, in qitibus si Seaurus nonfuerit, in hoc iudicio vaìde laborabif", "Servilio lo ha convocato [Messioj.Ha le tribù Pomptina, Velina e Meda. Si combatte duramente, ma vaabbastanza bene. Quindi mi preparo per Durso e poi per Scauro. Sipredispongono titoli gloriosi per i miei discorsi. Forse si aggiungerannoanche i consoli designati. E se Scauro non sarà uno di loro, si troverà indifficoltà in questo processo".24 G. Ciuffi, "Sulla situazione dell'antica Pira" in Bullettino archeologiconapoletano XXVI (1844), p. 9. Il Ciuffi polemizza con il Cayro chelocalizzava l'antica Pirae sul colle o promontorio di Scavoli, mentre egliriteneva che fosse "vicino la proprietà D'Urso, in località Faraone". Perquanto riguarda il problema della localizzazione di Pirae, è u t i le ricordareche nel 1819 Domenico Romanelli in Antica topografia isterica del Regno diNapoli HI, Napoli 1819, p. 427 aveva proposto di collocare lo scomparsocentro citato da presso "la scafa di Min turno", ossia verso la foce delGarigliano dove nell'alto medioevo sarà allestito il transito del fiume tramiteimbarcazioni (cfr. infra n. 186). L'ipotesi è ripresa da Giuseppe Del Re inDescrizione topografica fìsica economica politica de' Reali Dominj al di quadel faro nel Regno delle Due Sicilie con cenni storici fin da' tempi avanti ildominio de'Romani /, Napoli 1830, p. 285.
23
resti afferma siano ancora ben visibili e riconoscibili'".
Nel 1873 Francescantonio Riccardelli, altro canonico
traettese, riprende acriticamente le affermazioni di Corcia e
Ciuffì, accostandovi la notizia tratta da "Campania sacra e
civilis" di tale Alessandro Draccarielli, secondo la quale il primo
Scauro avrebbe acquistato la villa nel 112 a.C. dai Catulla di
Minturno26. L'informazione, peraltro non sostenuta da alcuna
fonte, si dissolve sotto i colpi dell'erudizione di Mommsen, che
dimostra la falsità sia dell'opera, sia dell'autore, creato dalla
fantasia invero scarsa di Riccardelli che ha evidentemente fatto
ricorso all'anagramma del proprio nome" . Un altro mistificatore
sulla nostra strada.
Con il nuovo secolo le influenze classiche ottocentesche
lasciano il passo alle suggestioni romane ed imperiali del regime
25 Nicola Corcia, Storia delle due Sicilie dall'antichità più remota al 1789 I,Napoli 1843, p. 509: "Un altro ramo dell'Appio corre da Formio, a Miniurnaper le deliziose spiagge di Gianola e di Scavali, celebri l'una per un tempiodi Giano, e per la villa di M. Emilia Scauro l'altro, da cui presera il nome[...] / secoli non hanno neppur cancellate le grandi reliquie della villa delconsole romano" .26 Francescantonio Riccardelli, Minturno e Traetto. Svolgimenti stariciantichi e moderni, Napoli 1873, pp. 66-67.27 T. Mommsen in CIL X p. 595. Si ricorda qui, a titolo di curiosità non privadi significato per la nostra indagine, che al medesimo Riccardelli (op. e//., p.108) risale anche l'attribuzione del Castrimi Argenti a tale Cornelio Argento,patrizio romano, per altro ignoto, mediante un'epigrafe accolta da Mommsennel medesimo volume del Corpus in cui identifica l'autore come falsario (p.36, n. 802): "Cornelio Argento, optimo viro diligenti q(ui) castrimi [—] fecithonores [—] Minturnen(es)", "A Cornelio Argento, persona ottima ecoscienziosa, che costruì la fortezza, i Minturnesi offrirono"'.
24
fascista.
Nel 1923, il glottologo ed archeologo, Francesco Ribezzo
effettua una ricognizione sui resti del presunto porto di Pirae, di-1 o
cui fornisce il resoconto precedentemente citato" : ne l la
comunicazione sull'indagine sul campo, fitta di rimandi storici e
letterari, Ribezzo non fa alcun cenno alla presenza della famiglia
degli Scauri nel territorio. Ma, nel 1935, Angelo De Santis,
presenziando al IV Congresso Nazionale di Studi Romani e
citando il medesimo studio di Ribezzo, afferma che "sembra che
egli [Scauro] avesse una villa presso il castrimi Pirae"" .
Il "sembra che" di De Santis, diviene immediatamente
convinzione assoluta, nel 1942, con Giuseppe Tommasino.
In una tanto dotta quanto retorica dissertazione sul territorio e la
cultura degli Aurunci, Tommasino, che pur riconosce il silenzio
delle fonti letterarie ed epigrafìche, non ha dubbi nel far risalire il
nome del luogo alla famiglia degli Scauri, ai quali, nella
28 Cfr. supra n. 14.29 A. De Santis, Orme di Roma nella toponomastica della regioneGaetana"m Atti del IV Congresso Nazionale di Studi Romani, a cura di C.Calassi Paluzzi, 1938, p. 7. De Santis nel suo intervento cita anche, tra glialtri, il toponimo Gianola riconducendolo ad un presunto tempio di Gianopresente nel territorio. Sappiamo, ora, che il toponimo deriva invece dallaforma medievale Janula, deformazione tarda di Diana (ma in latinoaltomedievale anche "porta"). A Gianola, una piscina d'allevamento itticodell'attigua presunta villa di Mamurra, trasformata in un attracco privatointorno al 1930 dal Marchese Carlo Afan de Rivera, viene ancora indicatadalla segnaletica turistica quale "porticciolo romano". Cfr. SalvatoreCiccone, La piscina nel porto dì Gianola.'.http://aleelatan.files.wordpress.com/2010/10/la-villa-di-mamuiTa-sul-promontorio-di-gic3aOnola.pdf.
25
ricostruzione storica, assegna "l'acquisto od il possesso di una
prima villa nel golfo di Gaeta e di una seconda nel piccolo porto
di Pirae, i cui avanzi restano addossati alla cinta megalitica
della scomparsa città, a pie' del colle che dal nome di questo
console romano fu detto appunto Scauri" . Gli Scauri
avrebbero, dunque, posseduto ben due ville, acquistate o
costruite nella zona grazie al prestigio di cui godevano presso le
genti del posto31, perché, dal punto di vista commerciale,
potessero funzionare anche da centro di controllo per il
commercio del carbone, che il padre del console del 115 a.C.
esercitò32 e - si suppone - lasciò in eredità alla famiglia, che ne
continuò l'attività anche quando gli interessi politici divennero
preminenti.
La rievocazione di carattere economico e sociale sorvola sulla
labilità degli indizi ai quali si accenna: che i rustici presso i quali
Scauro padre esercitava una considerevole influenza fossero gli
abitanti di Minturno e dell'antica Pirae è pura invenzione, data la
genericità dell'espressione presente nella richiamata lettera ad
Attico; parimenti frutto di libera ipotesi è l'idea che l'attività
30 Giuseppe Tommasino, Aurunci Patres, Gubbio 1942, pp. 302-308 e inpart. p. 307.31 Ci si appoggia molto labilmente all'affermazione di Cicerone, riferita aScauro figlio, ad Alt. IV, 16, 6, secondo la quale "est pondus apud rusticos inpatris memoria", "gode di una certa autorità presso i contadini grazie alricordo del padre".32 De vìi: ili. LXXIT,!: "paìer eius quamvis patricius oh paupertalemcarbonarium negotium exercuif\ padre, benché patrizio, a causa dellapovertà avviò un'impresa per la lavorazione del carbone"'.
26
imprenditoriale legata all'estrazione e al commercio del carbone
fosse proseguita dalla famiglia degli Emili Scauri e che tale
sistema produttivo fosse legato a miniere negli Appennini Ausoni.
Benché la ricerca si invischi in questa rete di supposizioni non
provate, a Tommasino va, comunque, ascritto il merito di aver
allargato la prospettiva di ricostruzione storica, inserendo la villa
in un contesto economico e commerciale di importanza locale e
valorizzando i legami con il territorio, e di aver in tal modo
superato la stantia rievocazione dei fasti di una residenza di cui
nulla garantisce l'esistenza.
L'indagine archeologica e le fonti letterarie
Chi si è dedicato alla ricostruzione del profilo
archeologico del territorio si è ugualmente affidato all'assunto,
ormai considerato patrimonio acquisito e incontestabile della
ricerca storica, che il luogo conservasse la memoria della
presenza degli Scauri.
Basti ricordare l'icastica affermazione di Jotham Johnson, a cui si
deve quella che ancora oggi rimane la principale indagine
archeologica della città e del territorio di Minturno: anche i suoi
resoconti non dedicano molte risorse ad approfondire la
questione della villa "o/ an Aemìlìus Scaurus \vhose nome is
27
commemorateci in thè modern village of S
E tale acritica sicurezza ha comportato l'inutilità di procedere a
verifiche e approfondimenti, con l'eccezione dell'osservazione
formulata da Paul Arthur, che ha richiamato l'attenzione su
un'interessante notizia tratta dal Liber Pontificali^, peraltro già~* A
riportata alla luce da Raffaele Castrichino^ , secondo la quale, tra
le risorse utilizzate da papa Sisto ITI (432-440) per l'edificazione
della Basilica Liberiana, futura Basilica S. Maria Maggiore, vi
furono le offerte tratte da "possessio Scauriana, territorio
Gazitano, [...] possessìo Marmorata, territorio Penestrino, [...]
possessio Celeris, territorio Afilano'''j:'. L'indizio, senz'altro
consistente, potrebbe rappresentare, allo stato delle fonti, l 'unico
effettivo collegamento tra il territorio e la famiglia degli Scauri:
dal fatto che una ripartizione del latifondo di pertinenza del
patrimonio di San Pietro conservasse nel la denominazione il
ricordo degli antichi possessori del fondo, quasi quattro secoli
dopo l'ultima apparizione sulla scena del potere di eminenti
rappresentanti della gens, sarebbe lecito dedurre che gli Scauri
avessero posseduto presso la costa di Minturno una vi l la capace
di costituire, per decenni, il centro di gravitazione economica e
anche sociale di tutto il settore.
33 J. Johnson, Excavations at Minturnae I, 1935, p. 81.34 P. Arthur, in Minturnae, 1989, p.184. R. Castrichino, Scauri da eschara.
1978,pp. 28sgg.35 Liber Pontifìcaìis LXVI, 3.
28
Non si può, tuttavia, tacere che mentre le altre due possessiones
sono chiaramente identifìcabili - l'una presso la Torre delle
Marmore sulla via Labicana, l'altra ad Affile - sul territorio
"Gazitano" pende l'ambiguità di una lettura incerta che, nella
proposta di Duchesne36 produce un hapax, tanto più sconcertante,
in quanto in altro luogo il redattore del Liber si riferisce al
territorio di Gaeta con la denominazione più perspicua di3*7
"territurìo Gaetano"' . Alle numerose varianti relative al termine
"Gazitano", si affiancano, inoltre, le molteplici letture relative
all'identificazione della possessio, che aggiungono incertezza a38incertezza .
La possessio Scauriana rimane, pertanto, ambigua
nell'individuazione e imprecisata nella sua collocazione^9, benché
sia opportuno riconoscere che il passo citato costituisca, in ogni
caso, un indizio, -l'unico reale, benché labile, indizio fornito dalle
36 Autore, insieme a Cyrille Vogel, dell'edizione critica del Liber pubblicatanel 1884 e riedita a Parigi nel 1981.37 Liber Pontificai XXXIV, 31.38 Castrichino, Scauri da eschara, pp. 31-32. Tra le varianti, Castrichino, ilcui lavoro ha l'indubbio merito di svelare "la favola di una villa del consoleMarco Emilio Scauro a Scaltri" (p. 15), sottolinea la forma scariana,presente in due codici riportanti la notizia della possessio, nella qualeindividua la derivazione da un originario toponimo greco eskhara (pp. 31sgg.): in questa ricostruzione, Scauri andrebbe inteso come il risultato dellacorruzione popolare di un toponimo indicante "la sede del fuoco", di cui siconserverebbe ancora traccia nel XT secolo nella forma Escauri, attestata inun atto del 1059 (cfr. infra, p. 69).
39 Va inoltre tenuto presente che , data la diffusione anche in altre aree deicognomina Scaurus e Scaurianus (cfr. infra pp. 63-64), la possessioscauriana potrebbe collocarsi in luoghi diversi, come, ad esempio, la Sabina.
29
fonti- su un eventuale legame tra gli Scauri e una porzione
extraurbana di territorio.
Fatta eccezione per questa indicazione, sottolineata prima
da Castrichino, poi da Arthur, la più volte asserita generica
concordanza degli studiosi sembra non rendere necessario il
supporto di prove, che quasi mai vengono fornite e, quando vi si
accenna, a una breve ricerca si dissolvono rapidamente, come i
fallaci richiami ciceroniani.
Anche l'ultima voce in ordine di tempo che si è levata a
sostegno dell'assegnazione della villa a Marco Emilio Scauro,
rappresentata dalla monografia di Antonio Lepone, non può
evitare di sottolineare, con onestà, "l'assenza di una
testimonianza epigrafica diretta, di una prova schiacciante circa
la frequentazione dell'antico sito da parte del princeps
senatus"40. E tuttavia anche questa ricerca, cui va riconosciuto
comunque il merito di aver raccolto e analizzato un discreto
numero di fonti disponibili e di considerarsi solamente una tappa
di un'indagine ancora da esplicarsi pienamente, si instrada nel
percorso conosciuto, fondandosi su affermazioni che rasentano il
limite delle pure supposizioni .
40 Marco Emilio Scauro princeps senatus, Marina di Minturno 2005, p. 119.41 Tale deve essere considerato, ad esempio, il richiamo a un Metello (di.,pp. 115 e 120), il cui nome è presente su un cippo di confine rinvenuto nel
30
Anche la ricerca sul campo, dalla quale - come già
accennato - si fanno discendere con evidenti salti logici
conclusioni non illustrate e tanto meno dimostrate, non è esente
da incertezze, identificazioni azzardate, rivisitazioni improvvise.
Costituisce un significativo esempio dell'antimetodo applicato la
questione delle mura di Minturno e di Pirae, la cui datazione,
reciprocamente intrecciata, non ha mai beneficiato di basi solide.
Inizialmente Johnson, per motivi stilistici rifiuta la datazione al
350 a.C. della costruzione delle mura poligonali di Minturno,
che, a suo dire, costituisce l'ipotesi più bassa formulata dagli
studiosi, e preferisce connetterle alla presenza etnisca o, in ogni
caso, collocarle intorno al 500 a.C.42 In questa ricostruzione priva
di riferimenti materiali, le mura di Pirae, definite come pseudo-
poligonali, sono ritenute successive alle fortificazioni di
territorio mintumese, e la conseguente associazione con Cecilia Metella,moglie di Marco Emilio Scauro andata in sposa a Sii la dopo la sua morte. Lostesso Lepone (ibid. p. 109) , da notizia di una leggenda popolare riguardanteil Monte d'Oro, il promontorio a nord del golfo scaurese, secondo la quale ilnome dell'altura deriverebbe dal tesoro di Marco Emilio Scauro che visarebbe nascosto. A questa tradizione locale, tuttavia, ne andrebbero aggiuntealmeno altre due: una riferisce che il patrimonio nascosto sotto la collinasarebbe stato sepolto in quei luoghi dai Saraceni. E l'altra - soprattutto - cheracconta come il nome derivi dai riflessi del sole al tramonto che,confondendosi con i colori della macchia mediterranea e le rocce giallastredel promontorio, danno al monte caratteristiche e suggestive colorazionidorate ed ambrate.42 L'ipotesi riprende la datazione di Francesco Ribezzo in Rivista Indo-Greco-Italica VII (1923), pp. 113-121, in part. p. 121), il quale assegna lemura poligonali al periodo tra il IV e V secolo, quando ritiene che il centro,di antica origine ausone, abbia raggiunto il massimo splendore. Per unasintetica ricostruzione delle ipotesi cronologiche, cfr, Giorgia Rosi, //territorio di Scauri in Minturnae, Roma 1989, pp. 97-119, in pait. p. 109.
31
Minturno43.
Anni dopo, riconsiderando le strutture alla più ampia luce delle
testimonianze italiche, lo stesso Jonhson, senza più intervenire su
Pirae, non ha il minimo dubbio, per l'evidenza stessa delle prove
materiali, a ritenere le mura minturnesi il prodotto
dell'insediamento della colonia romana44.
Ma l'incertezza su Pirae si estende molto al di là della datazione
delle supposte fortificazioni, ampliandosi a comprendere
l'identificazione stessa del sito e l'individuazione della funzione
delle strutture conservatesi, le quali, ad aumentare la difficoltà
del quadro ricostruttivo, insistono per la maggior parte su
proprietà private e presentano, allo stato attuale, una realtà
estremamente frammentata. Dalle ricognizioni effettuate nel
corso della seconda metà del secolo scorso e sintetizzate nella
citata esposizione di G. Rosi, sembra debbano distinguersi tre
tipologie di resti: un ampio basamento delimitato da mura di
sostruzione e fortificazione, nelle quali si apre una porta a doppio
arco, un criptoportico e un complesso ad archi, dal quale si
accede a un ambiente coperto da volte a botte. Sulla base di
analogie costruttive e stilistiche, l'insieme è datato tra il III e il I
secolo a.C. Da questo precario insieme di strutture e dai materiali
43 J. Johnson, Excavations ai Minturnae, I p. 22.44 Johnson in AJA LVIII (1954), p. 147: "// is quìte cìear that thè polygonallimestone castrum of Minturnae can, and must, belong lo thè per i odimmediately following thè arrivai ofthe Roman colonists in 295 b.C".
32
ceramici di varie tipologie rinvenuti, l'archeologia ricava con
intatta sicurezza l'esistenza di una v i l la di età repubblicana,
costruita sui resti dell'antico oppidum, che non si esita a
qualificare come "imponente"*-, dove la realtà dei fatti concreti
suggerirebbe maggiore cautela.
La scarsità dei resti e la conseguente frammentaria ricostruzione
della pianta degli edifici, congiunta alla assoluta assenza di
campagne di indagine e scavo condotte scientificamente, anche
per la difficoltà oggettiva della localizzazione, parcellizzata in
proprietà private, suggerirebbe, infatti, quale migliore
disposizione, la sospensione del giudizio sulla identificazione e
funzione d'uso delle strutture.
Un principio pratico che, invero, andrebbe applicato per molte
tracce degli insediamenti antichi, laddove la carenza di fonti
primarie e secondarie, materiali e letterarie, dovrebbero indurre
ad accettare, in luogo di solerti e indubbie identificazioni, la
convivenza di più ipotesi, che, nel nostro caso, potrebbero ridursi
a due, entrambe, allo stato degli indizi, sostenibili: una residenza
privata o un edifìcio a carattere commerciale, un horreum - un
magazzino - a uso dell'attracco ai piedi del monte, sorto dalla
riconversione della fortificazione costruita a protezione della
costa della colonia romana di Minturno.
45 Rosi, op. cit., p. 108.33
3. PER UN INTERPRETAZIUNE VERIDICA
DELLE FONTI+
Dalla ricognizione sugli studi appare chiaro che
l'attribuzione della villa agli Scauri sia il frutto antiquario di una
semplice associazione di idee, capace di creare un fantasma
etimologico.
Sorta come invenzione partorita, invero senza eccessiva enfasi,
dal falsario Pratilli, che forse intendeva in tal modo omaggiare il
proprio mecenate, membro della famiglia Carafa-Caracciolo,
famiglia a cui apparteneva il luogo, l'associazione tra il territorio
e la gens degli Scauri si perpetua nel tempo come riflesso
incondizionato, scavalcando i lacci e i criteri di un'indagine che,
per essere scientifica, dovrebbe beneficiare della chiarezza delle
fonti. Invece, laddove le fonti non esistono, si inventano,
spacciando come tali cattive o malevoli intcrpretazioni di testi
che parlano, in realtà, di tutt'altro.
Del resto, l'inesistenza di una tradizione locale sulla
derivazione del toponimo dagli Scauri è dimostrata dalla vicenda
di un ritrovamento agli inizi del Cinquecento, una sedia datata
dalla ricerca antiquaria all'età imperiale, rinvenuta sulla spiaggia4(S
di Scauri e trasportata a Montecassino nel 1507 : i dotti che
46 La notizia della sedia era leggibile nei libri contabili del monastero, come34
trattano la notizia ipotizzano diverse origini per la sedia, tra le
quali una supposta villa di Varrone nel territorio di Cassino47, ma
nessuno connette il reperto con la villa di Scauro, che solo a
partire dal 1745, ossia dall'invenzione di Pratilli, viene collocata,
per diceria tramandata, immediatamente sopra a quella spiaggia.
Segno evidente che ancora nel 1500 non si è formata la falsa
tradizione sulla villa di Scauro e tantomeno la fittizia etimologia
del toponimo.
Come possa nascere un simile assioma è nitidamente
indicato, tra l'altro, dall'affermazione contenuta nel Dictionary of
Greek and Roman Geography di William Smith, che nel 1854
scrive: "...thè names of thè Torre di Scauri and a spot called
Mamurano evidently indicate thè site of villas of Aemilius
si ricava dall'anonimo della Descrizione /storica del Monastero diMontecassino, 1775, p. 228: "Siamo però noi di sentimento, che questa sediaavesse servito qualche segnare per uso de' luoghi, così intatta, come si vede,fu indi trasportata sopra del monastero da Scauli sopra a spalle di uomini.Come in tal luogo trovata, non si è scoperto ancora. Questo Scauli è porto dimare alle foci del fiume Gattigliano, come si rileva da un libro giornale diconti del 1507 del monastero cassinese. Da alcuni segni della struttura essapuò assentarsi che fosse stata lavorata nel secolo di Augusto, come l'annostimata persone intendenti di tali sorti di antichità, che l'anno veduta, ediligentemente osservato".Andrea Caravita, / codici e le arti a Montecassino ///, Montecassino 1870, p.562, la definisce "sella pertusa" sulla scorta di descrizioni di Catone eCassiodoro, la data alla tarda età repubblicana o al primo impero, ne ipotizzal'appartenenza a un patrizio romano proprietario di una v i l l a presso Gaeta eriferisce che "fu rinvenuta a Scauli, porto di mare presso le foci delGarigliano, e trasportata sulla Badia nell'anno 150T\7 Cfr. Domenico Bartolini, Viaggio da Napoli alle Fuorché Caudine ed a
Benevento e di ritorno a Caserta ed a Monte-Casino, Napoli 1 827, p. 235.35
Scaurus and of thè wealthy Mamurra"4*. La derivazione di
Scauri da Scauro è talmente evidente (significativo
quQ\Y"evidently indicate...'" che passa sopra a qualsiasi principio
di corretta indagine) da provarsi da sé, senza alcun bisogno di
ulteriori approfondimenti!
Le fonti antiche, che nulla dicono riguardo all'esistenza di
una residenza degli Scauri nel territorio, possono rivelarsi molto
significative nel loro silenzio. Per comprendere la valenza
dell'assenza di notizie, è necessario ripercorrere sinteticamente le
vicende umane dei due principali esponenti della famiglia, tra il
II e il I secolo a.C49.
Marco Emilio Scauro padre nasce nel 16250 da una
famiglia patrizia decaduta e costretta, per ragioni patrimoniali, a
48 W. Smith, voi. I, London 1856, p. 905.49 La gens prosegue con il figlio di Marco Emilio Scauro il giovane e MuciaTertia, la prima moglie di Pompeo: chiamato anch'egli Marco Emilio Scauro,abbandona il fratellastro Sesto dopo la sconfitta di Nauloco (App. BC V, 14,142) e, ad Azio, combatte insieme ad Antonio. Viene graziato da Ottavianoper intercessione della madre (DC LI, 2, 5). Il figlio del terzo Marco Emilio,Mamerco Emilio Scauro, definito da Tacito "// più fecondo oratoredell'epoca" (Ann. Ili, 31) e "'straordinario per nobiltà e oratoria, ma di vitariprovevole" (Ann. VI, 29), si mette in urto con Tiberio fin dal 14 d.C. (Ann.I, 13), subisce un processo per lesa maestà nel 32 (Ann. VI, 9), riporta accuseplurime per lesa maestà, adulterio e pratiche magiche nel 34. Si suicida primadel processo su esortazione della moglie Sesia. Dopo di lui non si hanno piùnotizie degli Scauri (/oc, cit.) e la gens, forse, finisce con la sua persona.50 La data di nascita si ricava da Asconio XXII, dove si legge che Scauro, a72 anni, fu accusato di tradimento, per aver armato gli alleati durante laguerra sociale, dal tribuno della plebe Quinto Vario, che esercitò tale caricanel 90.
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