14
1. INTRODUZIONE. A cavallo dei secoli XVII e XVIII, prima della “ri- voluzione scientifica” seguita alla formalizzazione del calcolo differenziale da parte di Gottfried Wilhelm Leibniz (1646-1716), la matematica vive- va ancora la grande stagione del ‘calcolo geome- trico’. In alcune discipline più specialistiche, come ad esempio la meccanica il formalismo algebrico era ancora vincolato ad una sua traslitterazione in termini geometrici. Infatti, la geometria era lo strumento che dava senso alle formule impiegate nei diversi campi del sapere meccanico; essa era in grado di dominare l’immaginario degli scienzia- ti e a condurli per mano lungo le complesse vie del ragionamento fisico. N. 10 - 2003 3 Quando Galileo Galilei (1564-1642) pubblica a Leida presso gli Elzevirii il suo celebre trattato – Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno à due nuove Scienze Attenenti alla mecanica & i movimenti locali [Galilei, 1638], aprendo l’oriz- zonte delle scienze meccaniche verso un nuovo mondo e inaugurando, di fatto, una nuova discipli- na la “Scienza delle costruzioni” – lo strumento che guida Salviati, uno dei tre personaggi dei dia- loghi galileiani, nel disvelare ai suoi interlocutori (Sagredo e Simplicio) la “nuova scienza” è ancora la geometria. Questa disciplina che Galileo sa im- piegare con grande sapienza e perizia, nonostan- te la complessità e la difficoltà dei suoi ragiona- menti che, in alcuni casi, appaiono a prima vista alquanto contorti, la geometria è il linguaggio at- Il “bollettino” presenta ai Lettori, per una meditata e puntuale acquisizione, il testo della lectio magistra- lis che il Professor Massimo Corradi dell’Università di Genova, architetto, allievo e collaboratore del com- pianto Professor Edoardo Benvenuto, ha pronunciato nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio il 25 giugno 2003 in occasione della cerimonia di festeggiamento dei Colleghi Ingegneri toscani che hanno compiuto cinquanta anni di laurea. La scelta del tema della lettura e il conseguente incarico a Corradi, uno dei massimi cultori della Storia dell’Ingegneria, in occasione della cerimonia che promuove l’incontro di Ingegneri appartenenti a più generazioni, è stata intenzionalmente effettuata per allargare l’orizzonte temporale e permettere agli ingegneri di rileggere le proprie radici culturali e disciplinari, riannodare i nes- si storici richiamando la memoria delle speculazioni teoriche e applicative più importanti per il progresso dei nostri studi. La lettura verte su una tematica che si rivela fondamentale per tutti i campi dell’Ingegneria, la Resisten- za dei solidi e, più in generale la Meccanica dell’Ingegneria nelle ricerche dal XVII al XVIII secolo, un pe- riodo che è da considerare tra i più fervidi e ricchi di risultati, fondante; l’argomento è studiato e visto però non solo nella sostanza applicativa così come si è sedimentato nelle conoscenze attuali che fanno parte del bagaglio culturale e scientifico degli Ingegneri e degli Architetti ma soprattutto, come si è detto, nell’a- nalisi dei meccanismi, delle incentivazioni, degli intenti ora ideali o speculativi, ora pratici, che hanno de- terminato le linee di sviluppo dell’ingegneria, della ricerca, della formazione degli ingegneri, al fine di rico- stituire la continuità degli sviluppi disciplinari soprattutto per un segmento significativo della storia dell’in- gegneria. È da rilevare, a questo proposito, che Corradi pone opportunamente in evidenza, tra l’altro, quanto complesse e profonde siano le basi teoriche e le stesse motivazioni umane oltre che applicative sulle quali si fonda l’ingegneria e quanto estese siano le specializzazioni che questa comprende sino a rag- giungere portata per molti versi globalizzante. La lezione è quindi, in sostanza, un vero trattato di fondamenti della “scienza dell’ingegnere”, perché sono presi in considerazione gli aspetti filosofici, matematici, geometrici, fisici, teorici e applicativi e perfi- no, per quanto concerne le relazioni tra i vari ricercatori, sociali e umani, restituendo l’attività dell’inge- gnere al più vasto ambito di attento studioso della natura, interprete delle leggi naturali secondo le esi- genze ideali, filosofiche e civili oltre che tecniche e scientifiche, della società. Le sue argomentazioni inducono la fondata convinzione che le ricerche sui temi della costruzione, cioè di un settore modesto, neppure prioritario o centrale, basato sull’empirismo, abbiano assunto carattere paradigmatico ed anzi che esse si siano incentrate sulla conoscenza della realtà; ciò che dava il senso, dell’ingegneria del mondo esperibile, nella più vasta accezione di tale espressione, e in fondo, modificabi- le oltre che acquisibile con l’intelletto, assegnando all’Ingegnere e all’Architetto il compito di ideatore e costruttore del modello della natura. La conoscenza della storia dell’Ingegneria è dunque uno dei fondamenti del progresso scientifico e tec- nologico. Gennaro Tampone Tra “Philosophia naturalis” e “Resistentia solidorumMassimo CORRADI lMPAGINATO N. 10 10-11-2004 15:48 Pagina 3

Tra “Philosophia naturalis” e “Resistentia solidorum”

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: Tra “Philosophia naturalis” e “Resistentia solidorum”

1. INTRODUZIONE.

A cavallo dei secoli XVII e XVIII, prima della “ri-voluzione scientifica” seguita alla formalizzazionedel calcolo differenziale da parte di GottfriedWilhelm Leibniz (1646-1716), la matematica vive-va ancora la grande stagione del ‘calcolo geome-trico’. In alcune discipline più specialistiche, comead esempio la meccanica il formalismo algebricoera ancora vincolato ad una sua traslitterazionein termini geometrici. Infatti, la geometria era lostrumento che dava senso alle formule impiegatenei diversi campi del sapere meccanico; essa erain grado di dominare l’immaginario degli scienzia-ti e a condurli per mano lungo le complesse viedel ragionamento fisico.

N. 10 - 2003 3

Quando Galileo Galilei (1564-1642) pubblica aLeida presso gli Elzevirii il suo celebre trattato –Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno àdue nuove Scienze Attenenti alla mecanica & imovimenti locali [Galilei, 1638], aprendo l’oriz-zonte delle scienze meccaniche verso un nuovomondo e inaugurando, di fatto, una nuova discipli-na la “Scienza delle costruzioni” – lo strumentoche guida Salviati, uno dei tre personaggi dei dia-loghi galileiani, nel disvelare ai suoi interlocutori(Sagredo e Simplicio) la “nuova scienza” è ancorala geometria. Questa disciplina che Galileo sa im-piegare con grande sapienza e perizia, nonostan-te la complessità e la difficoltà dei suoi ragiona-menti che, in alcuni casi, appaiono a prima vistaalquanto contorti, la geometria è il linguaggio at-

Il “bollettino” presenta ai Lettori, per una meditata e puntuale acquisizione, il testo della lectio magistra-lis che il Professor Massimo Corradi dell’Università di Genova, architetto, allievo e collaboratore del com-pianto Professor Edoardo Benvenuto, ha pronunciato nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio il 25giugno 2003 in occasione della cerimonia di festeggiamento dei Colleghi Ingegneri toscani che hannocompiuto cinquanta anni di laurea. La scelta del tema della lettura e il conseguente incarico a Corradi,uno dei massimi cultori della Storia dell’Ingegneria, in occasione della cerimonia che promuove l’incontrodi Ingegneri appartenenti a più generazioni, è stata intenzionalmente effettuata per allargare l’orizzontetemporale e permettere agli ingegneri di rileggere le proprie radici culturali e disciplinari, riannodare i nes-si storici richiamando la memoria delle speculazioni teoriche e applicative più importanti per il progressodei nostri studi.

La lettura verte su una tematica che si rivela fondamentale per tutti i campi dell’Ingegneria, la Resisten-za dei solidi e, più in generale la Meccanica dell’Ingegneria nelle ricerche dal XVII al XVIII secolo, un pe-riodo che è da considerare tra i più fervidi e ricchi di risultati, fondante; l’argomento è studiato e visto perònon solo nella sostanza applicativa così come si è sedimentato nelle conoscenze attuali che fanno partedel bagaglio culturale e scientifico degli Ingegneri e degli Architetti ma soprattutto, come si è detto, nell’a-nalisi dei meccanismi, delle incentivazioni, degli intenti ora ideali o speculativi, ora pratici, che hanno de-terminato le linee di sviluppo dell’ingegneria, della ricerca, della formazione degli ingegneri, al fine di rico-stituire la continuità degli sviluppi disciplinari soprattutto per un segmento significativo della storia dell’in-gegneria.

È da rilevare, a questo proposito, che Corradi pone opportunamente in evidenza, tra l’altro, quantocomplesse e profonde siano le basi teoriche e le stesse motivazioni umane oltre che applicative sullequali si fonda l’ingegneria e quanto estese siano le specializzazioni che questa comprende sino a rag-giungere portata per molti versi globalizzante.

La lezione è quindi, in sostanza, un vero trattato di fondamenti della “scienza dell’ingegnere”, perchésono presi in considerazione gli aspetti filosofici, matematici, geometrici, fisici, teorici e applicativi e perfi-no, per quanto concerne le relazioni tra i vari ricercatori, sociali e umani, restituendo l’attività dell’inge-gnere al più vasto ambito di attento studioso della natura, interprete delle leggi naturali secondo le esi-genze ideali, filosofiche e civili oltre che tecniche e scientifiche, della società.

Le sue argomentazioni inducono la fondata convinzione che le ricerche sui temi della costruzione, cioèdi un settore modesto, neppure prioritario o centrale, basato sull’empirismo, abbiano assunto carattereparadigmatico ed anzi che esse si siano incentrate sulla conoscenza della realtà; ciò che dava il senso,dell’ingegneria del mondo esperibile, nella più vasta accezione di tale espressione, e in fondo, modificabi-le oltre che acquisibile con l’intelletto, assegnando all’Ingegnere e all’Architetto il compito di ideatore ecostruttore del modello della natura.

La conoscenza della storia dell’Ingegneria è dunque uno dei fondamenti del progresso scientifico e tec-nologico.

Gennaro Tampone

Tra “Philosophia naturalis” e “Resistentia solidorum”

Massimo CORRADI

lMPAGINATO N. 10 10-11-2004 15:48 Pagina 3

Page 2: Tra “Philosophia naturalis” e “Resistentia solidorum”

4 N. 10 - 2003

traverso il quale lo scienziato pisano spiega lesue argute e innovative intuizioni sulla resistenzadei materiali, le sue considerazioni sulla “Scientianuova altra, de i movimenti locali”, quelle sul motodei proietti ed altro ancora.

Dalle origini (Aristotele, Archimede, i meccanicialessandrini, ecc.), fino a tutto il medioevo primae il Rinascimento dopo, i fondamenti della mecca-nica si rifacevano alle intuizioni, ai principi, alle ri-cerche di Simon Stevin (1548-1620), GiordanoNemorario (XIII sec.) e Gilles Personne de Ro-berval (1602-1675). In quegli anni si era così po-tuto assistere e si era visto convivere, in un ingar-bugliato intreccio, princìpi meccanici e regole em-piriche, numeri e grandezze, algebra e geome-tria. Le ‘scienze meccaniche’, sempre più orienta-te alla costruzione di macchine da cantiere emacchine idrauliche piuttosto che ad un ap-profondimento dei princìpi teoretici della discipli-na, così come era avvenuto per i ‘precetti’ dell’Ar-te e della Scienza del costruire propri della tradi-zione costruttiva antica e medievale, si erano di-panate come una matassa in un labirinto, senzaun percorso predefinito, ordinato e chiaro. Glistrumenti interpretativi dei princìpi meccanici, chevia via erano messi in campo e utilizzati dagliscienziati, fondavano la loro confirmatione nellemacchine semplici: la leva, la bilancia e la stadè-ra, il piano inclinato, la carrucola, il cuneo, la vite.Strumenti semplici, che, tuttavia, avevano apertouno spiraglio sui fondamenti della statica (lascienza dei pesi) e più in generale su quelli dellameccanica, sulla gravità (“gravitas secundum si-tum”), sul moto e così via. L’autorità della geome-tria euclidea e la sensatezza della statica archi-medea erano al tempo stesso garanzia e sicurez-za dei princìpi impiegati nelle arti meccaniche.

In questo modo si è assistito ad un lento ince-dere dei progressi scientifici in Meccanica, fino aquando, agli inizi del XVII secolo, gli studi di Ke-pler e Wallis – nell’ambito della meccanica cele-ste - stimolarono gli studiosi ad elaborare nuovied autonomi percorsi teoretici di ricerca, svincola-ti finalmente da quella attenta ed ossequiosa os-servanza delle opere degli antichi, che era stata ilparadigma di riferimento di tutti gli studi prece-denti. Un’accelerazione via via sempre più inten-sa, vieppiù sospinta dalla sempre maggior diffu-sione dei nuovi strumenti formali del calcolo diffe-renziale e integrale, e del calcolo delle variazioni.Questi innovativi strumenti matematici configura-rono così nuovi percorsi scientifici di ricerca, usu-fruendo di nuovi strumenti linguistici, oltre la teo-ria delle proporzioni e la geometria euclidea, ilcalcolo isoperimetrico e il calcolo differenziale,giungendo a rivoluzionare, nel breve arco di unsecolo e mezzo circa, i metodi d’interpretazionedei princìpi statici e meccanici. L’orizzonte della ri-cerca era dunque cambiato: esso non abbraccia-va più lo studio degli autori antichi in quanto vistocome strumento di confronto delle nuove scoper-te con un insieme di conoscenze consolidate eaccettate da secoli di tradizione, ma mutava per-ché cambiavano gli scenari e l’obiettivo diventavaquello di andare oltre in ogni campo del saperecon nuovi strumenti, nuovi metodi di calcolo, nuo-vi linguaggi. In quest’ottica René Descartes

(1596-1650) aprì la via ad una radicale riformaconcettuale del rapporto vivo fino ad allora tra al-gebra e geometria, inaugurando di fatto una nuo-va stagione per la matematica che avrà non pocainfluenza sugli sviluppi della meccanica. L’inven-zione del calcolo differenziale da parte di Leibnize Newton, finalizzata, in senso leibiniziano, aduna matematizzazione della scienza o ad una“mathesis universalis”, aveva mutato scenari eprospettive di ricerca. L’ambizioso progetto diLeibniz era stato, infatti, quello di ridurre a purageometria tutta la meccanica per mezzo di un so-lo assioma di tipo metafisico. Il calcolo delle qua-drature, lo studio di una grande varietà di curve(cicloidi generalizzate, ovali di Descartes, curvelogaritmiche ed esponenziali, ellissi, iperboli,ecc.), la rettificazione di un arco di curva o la de-terminazione della sua lunghezza, la ricerca delletangenti, il calcolo del volume di un solido, la de-terminazione del baricentro di figure piane o tridi-mensionale. Tutti questi soggetti erano temi cherichiedevano “nuovi” strumenti matematici. E talistrumenti dovevano essere in grado di rappresen-tare, nell’ottica newtoniana, le linee in quanto ge-nerate “per moto continuo di punti”, le superficigenerate “per moto continuo di linee” e i volumi“per moto continuo di superfici”, cosa peraltro os-servabile in natura – com’egli stesso aveva fattonotare – “ogni giorno nel movimento dei corpi”. Sitrattava dunque di una rivoluzione in senso fisicodelle grandezze matematiche motivata dalle nuo-ve idee di Isaac Newton (1642-1728) sulle fluentie sulle flussioni esposte nel Methodus fluxionum[Newton, 1671], in cui egli aveva anticipato quelloche diventerà il tema del nuovo calcolo infinitesi-male [Newton, 1676].

Grande veicolo di trasmissione dei saperi fu so-prattutto il grande scambio epistolare che era inuso tra i matematici del Seicento, uno dei veicolidi maggior diffusione dei nuovi metodi di calcolo,e l’occasione per far emergere nuove questioniattraverso anche l’intrecciarsi di differenti soluzio-ni per uno stesso problema, non raramente ac-compagnate da vivaci querelles, polemiche e di-scussioni sulla correttezza o meno dei risultaticonseguiti. Inoltre, questa diffusione delle nuoveidee e delle nuove scoperte tra gli scienziati ave-va allargato il campo d’azione soprattutto dei ma-tematici che uscivano dai loro ambiti strettamentedisciplinari interessandosi di problemi meccanicicome di resistenza dei materiali, di curve elasti-che come di statica e stabilità dell’equilibrio dellestrutture, dimostrando vieppiù l’affermazione diquella “geometria più sublime” che era stata evo-cata da Leibniz già nel 1684.

Per rimanere in ambito strettamente meccanicoè dunque opportuno riassumere alcuni momentisignificativi di questo turbinoso e travagliato pe-riodo successivo alla pubblicazione dei Discorsidi Galileo.

Nel 1678 Robert Hooke (1635-1703) pubblica aLondra la sua opera fondamentale Lectures depotentia restitutiva sul tema dell’elasticità. Nei fa-scicoli degli Acta Eruditorum, pubblicati a Lipsia apartire dal 1684, compaiono importanti scritti diLeibniz, Jacob e Johann Bernoulli, e del marche-se de L’Hospital sullo studio delle curve algebri-

lMPAGINATO N. 10 10-11-2004 15:48 Pagina 4

Page 3: Tra “Philosophia naturalis” e “Resistentia solidorum”

che piane. Jacob Bernoulli (1654-1705) studia laspirale logaritmica e trova l’equazione della curvaisocrona e della brachistòcrona (la “linea celerrimidescensus” che corrisponde ad una cicloide); lostesso Jacob, con l’aiuto del fratello Johann, risol-ve il problema della catenaria e determina l’equa-zione della lemniscata; Leibniz affronta il proble-ma dell’integrazione di un’equazione alle derivateparziali per descrivere il comportamento di una fa-miglia di curve date. Ancora Johann Bernoulli(1667-1748) propone di determinare a quale spe-cie di curva deve appartenere la curva di egualpressione o curva centrifuga. In tutti questi scrittiviene alla luce la fecondità e l’efficienza apportatadal nuovo calcolo leibniziano nella risoluzione didelicati problemi di matematica e di meccanica,anche se tra alcuni studiosi, e tra questi ricordia-mo Philippe de La Hire (1640-1718), era ancoravivamente raccomandato l’uso della geometria or-dinaria come strumento di verifica a garanzia deirisultati ottenuti con l’ausilio dei nuovi strumentimatematici. Beninteso, questa posizione metodo-logica non fu esente da critiche da parte dellostesso Leibniz, in quanto prevedeva l’impiego distrumenti di calcolo “à la façon des Anciens”. Nel1736 Leonhard Euler (1707-1783) pubblica la Me-chanica sive motus scientia analytice exposita,dove espone un insieme di risposte a numerosiquesiti posti dallo studio di problemi meccanici.

Nel 1744 lo stesso Euler dà alle stampe il suoMethodus inveniendi lineas curvas [Euler, 1744]importante compendio di studi sul calcolo dellevariazioni e sulle curve elastiche [Truesdell,1960]. Trent’anni dopo, nel 1773, Charles-Augu-stin Coulomb (1736-1806) scrive il suo Essai[Coulomb, 1776] in cui chiarisce numerosi e im-portanti problemi attinenti la Scienza delle costru-zioni e relativi alla flessione dei prismi, alla rotturadei solidi, alla statica degli archi e delle volte, allateoria dei muri di sostegno, ed altro ancora. Que-st’insieme di scritti, compreso quelli che, per bre-vità, non abbiamo citato, sono il preludio alla rivo-luzione scientifica, in senso ‘elasticista’, che av-verrà, nelle scienze meccaniche ed in particolarein Meccanica dei solidi e delle strutture, nel seco-lo XIX ad opera di Louis Navier (1785-1836),Siméon-Denis Poisson (1781-1840), Augustin-Louis Cauchy (1789-1857), Adhémar-Jean-Clau-de Barré de Saint-Venant (1797-1886), AlbertoCastigliano (1847-1884), ed altri ancora, e al re-pentino risveglio di questo secolo su nuove com-plessità, nuovi strumenti, nuove tecniche d’inda-gine tese però più alla conoscenza “assoluta” ecompleta di un particolare microcosmo scientifi-co, che alla comprensione del macrocosmo deisaperi meccanici.

2. IL CAMBIAMENTO DI PARADIGMAINTRODOTTO DAL CALCOLODIFFERENZIALE ED INTEGRALE NELLESCIENZE MECCANICHE.

Questo grande mutamento di scenario dovutoall’introduzione di nuovi strumenti matematici,cambia gli obiettivi delle indagini speculative e la-scia intravedere nuovi e sterminati campi di ricer-

N. 10 - 2003 5

ca. Da un lato si osserva come le questioni piùstrettamente legate alla costruzione delle macchi-ne sono lasciate alla pratica costruttiva e alla tec-nica, dove quest’ultima indugia più sulle applica-zioni pratiche che sulle questioni teoriche, sosti-tuendo infinite indagini minute su questioni di par-ticolari e sulla costruzione rinunciando, di fatto,ad una visione più generale dei problemi. D’altrolato, le speculazioni teoretiche e il sapere scienti-fico cambiano palcoscenico e si esercitano neicircoli scientifici e nelle Accademie, cominciandoad occuparsi di questioni più strettamente mate-matiche, dove la visione astratta del problema su-pera la questione più squisitamente ‘meccanicisti-ca’ e dove ogni concezione che prende in esamel’accadere, sia quello fisico che quello più ‘spiri-tuale’, non è più governata dalla presenza di unente superiore, e diventa così il prodotto di unapura causalità meccanica e dunque non preordi-nato ad una superiore finalità.

La scienza meccanica diventa così una discipli-na che fa uso del calcolo matematico per descri-vere i suoi complessi fenomeni, e auspica la ri-cerca di nuovi strumenti d’analisi di validità gene-rale, in grado di illustrare sia i fondamenti mecca-nici dei fenomeni fisici, sia le regole dei sistemicostruttivi. Non si tratta più di dedurre le regole e iprincìpi, attraverso una semplice reductio all’usodi macchine semplici, per le quali è sufficiente co-noscere alcuni strumenti matematici cosiddetti“elementari”: l’algebra e la geometria. La mecca-nica richiede nuovi strumenti d’indagine decisa-mente più raffinati, che consentano di abbraccia-re la generalità dei problemi per poi passare, at-traverso le applicazioni, alla soluzione e all’esa-me delle numerose questioni meccaniche solle-vate dalla matematica stessa.

In questo modo si viene a configurare un per-corso più ‘razionale’ e più ‘scientifico’ che va oltrela “sapienza dell’antico costruttore” che con il soloimpiego dell’algebra e della geometria euclideaera stata, fino a tutto il Seicento, e forse in parteanche per quello successivo, la guida e l’anima,la ratio e la logica per costruire “macchine a va-stità immensa” e per “ fabbricar navilii, palazzi otempli vastissimi” [Galilei, 1638].

L’incontro tra la matematica e l’esperienza em-pirica avrebbe così messo in luce, nello sviluppodel pensiero scientifico, il ruolo svolto dalla mec-canica, dedita allo studio del moto e dell’equili-brio, grazie al rigore e alla potenza astratta dellamatematica, ma sapendo anche aprirsi al ricono-scimento e alla spiegazione dei fenomeni fisici.

Dunque la tradizione aristotelica della scienzadel moto, il progetto di Archimede orientato allafondazione assiomatico-deduttiva della statica etutti i successivi tentativi degli scienziati rinasci-mentali di erigere la meccanica quale scienza su-balterna alla sola geometria contenevano già leipotesi meccanicistiche per spiegare il “sistemadel mondo”; il dibattito settecentesco sulla naturarazionale e non solamente empirica dei princìpimeccanici, fino al maturo disegno di Joseph-Louis Lagrange (1736-1813) di includere la mec-canica nell’analisi matematica, e nelle cui mani lameccanica era venuta a “raccogliersi in una solaformula” [Franceschinis, 1808, p. 73], rappresen-

lMPAGINATO N. 10 10-11-2004 15:48 Pagina 5

Page 4: Tra “Philosophia naturalis” e “Resistentia solidorum”

6 N. 10 - 2003

tano una suprema sintesi impreziosita da unasconfinata ricchezza di applicazioni.

Tuttavia, per comprendere il senso di questaimportante rivoluzione scientifica in meccanicaoccorre soffermarsi e fare alcune riflessioni sullanascita dei princìpi e sugli sviluppi degli strumentimatematici che, a partire dal XVII secolo, hannomutato paradigma e linguaggio alle scienze mec-caniche. Già Galileo nei Discorsi, e ancor primanel Saggiatore, aveva messo in luce la possibilitàdi affrontare i problemi meccanici attraverso lasostituzione delle speculazioni metafisico-mate-rialistiche con quelle più matematiche, rivedendoil principio secondo cui tutto quello che fino alloraera stato scoperto in Statica o in Meccanica nonpoteva essere conseguenza della sola esperien-za. Non è vero – aveva fatto notare Galileo - chesi deve assegnare all’esperienza il primato sullaconoscenza e sulla speculazione scientifica, per-ché l’esperienza mostra che qualcosa accade,ma non basta ad indicare che cosa accade e inche modo accade. D’altro canto lo stesso Galileo,aveva più volte sottolineato come una teoria chesi scontra con i dati dell’esperienza deve essererifiutata perché “anche un sol contrasto con l’e-sperienza è decisiva prova di falsità della teoria”,e di questo era talmente convinto che ciò che dàsensatezza all’esperienza è la sua immediata tra-duzione matematica. Ecco il primo passo di unarivoluzione dal piano più meccanicistico propriodella “sensata esperienza”, ad una visione piùmeccanica della realtà resa aderente al linguag-gio matematico della natura, prova reale, anzi ve-rità di ogni discorso. Non l’esperienza in sé, ma la“sensata esperienza” che contribuisce a disvelarela realtà delle cose, aprendo così la via all’incede-re di una “nuova scienza”.

Nel Settecento, sulla strada tracciata da Galileo,si è così assistito in modo esplicito ed inconfutabilealla preminenza assegnata alla matematica nellaspeculazione scientifica, facendone uno strumentoindispensabile ed esclusivo: la matematica, cosìcome per Galileo la geometria, soddisfa perfetta-mente alle esigenze prospettate dalla ricercascientifica ed è il vero ed unico strumento che puòaprire il pensiero alla conoscenza del mondo.

Cambia così la visione epistemologica dellarealtà in cui il dato dell’esperienza non è più resosensato dall’antica logica che lo immergeva in ungrande sistema metafisico e fisico della realtà,ma riceve la sua sensatezza dalla formulazione diipotesi matematiche che l’esperienza stessa èchiamata a convalidare. Ogni “postulato” deve es-sere matematicamente fruibile, in modo tale chele nuove proposizioni possono essere sottoporreal controllo dell’esperienza. L’hypothetice diventaallora il paradigma fondativo della scienza chepossiede in sé stessa il criterio per decidere sullavalidità dei princìpi da essa stessa enunciati. Laconseguenza di questa nuova impostazione teo-retica dello studio dei fenomeni meccanici asse-gna ora alla matematica, così come era avvenutonei secoli passati alla geometria, il primato sullalogica, superando l’uso delle regole, diventate aquesto punto solo passaggi intermedi di unagrandiosa dimostrazione matematica orientata astabilire la meccanica come rigorosa scienza ra-

zionale, e formalmente distinta dalla geometriastessa. Il modello matematico non si deve dun-que arrendere di fronte alla complessità dei feno-meni studiati, ma deve sempre tentare di rendereragione dei princìpi, dei teoremi, degli scolii enun-ciati mediante l’introduzione di opportuni assiomid’ordine generale che siano in grado di esprimerela natura del problema, soprattutto quelli mecca-nici. La scelta di un modello semplice per rappre-sentare un problema, dotato del minor numeropossibile di connotati o proprietà fenomenologi-che dell’oggetto fisico, garantisce allora geometri-ca esattezza alle proporzioni delle diverse partiche lo compongono. In questo modo tale modellopuò condurre alla definizione di un limite inferioreche ne caratterizza, ad esempio, la sua resisten-za (come nel caso dei solidi galileiani, che pur ap-partenendo ai solidi della geometria euclidea so-no caratterizzati dalla proprietà di essere dotati dipeso) o ne descrive la curva ottimale in funzionedi taluni parametri – ad esempio l’essere pesan-te, flessibile, estensibile o inestensibile - che con-dizionano il problema, ad esempio, del suo com-portamento flessionale.

Le proprietà dell’esser materiale diventano lequalità che caratterizzano i problemi meccanici ri-spetto a quelli strettamente matematici e consen-tono di differenziarsi da quest’ultimi negli scopi enelle finalità della ricerca delle soluzioni. L’obietti-vo della speculazione scientifica è allora quello dilimitare i campi d’indagine e, nel contempo, libe-rarli dall’insieme di quelle inconcludenti diatribemetafisiche che ne avevano offuscato l’orizzontenei secoli passati, sospendendo di fatto il giudiziosu quelle questioni che sono epistemologicamen-te incerte perché eccedono i limiti della cono-scenza umana o necessitano di nuovi strumentiinterpretativi. Questa visione puramente matema-tica del mondo, ebbe grande sviluppo a partiredalla fine del Seicento, ma non fu esente da fero-ci critiche espresse su di essa dallo stesso Leib-niz che, peraltro, molto contribuì al suo sviluppo.“Les simples Mathématiciens (Philosophes à no-tions incomplettes) qui ne s’occupent que desjeux de l’Imagination, sont capables de se forgerde telles notions; mais elles sont détruites pardes Raisons supérieurs” [Recueil, 1740, p. 99].Ma proprio le “notions incomplettes”, che caratte-rizzano – secondo Leibniz – la figura di taluni ma-tematici, sono in grado molte volte di descrivereproblemi scientificamente fecondi e capaci di in-terpretare un vasto insieme di fenomeni sotto leg-gi matematiche uniformi e complete e addirittura,in taluni casi, suggestive per la loro formulazione.Alla vera causa fisica, forse destinata a rimanereper sempre nascosta nei segreti della Natura –vedi ad esempio la disquisitio intorno all’esisten-za del vuoto [Benvenuto e Corradi, 1988] – si so-stituisce un modello matematico il cui scopo nonè la spiegazione del fatto reale, ma la sua rappre-sentazione attraverso un nuovo linguaggio dallemolteplici possibilità interpretative. In questo sen-so l’atto del rappresentare e in taluni casi preve-dere sul modello aspetti ancora ignoti della realtà,può diventare in senso causale la spiegazionedel fenomeno stesso. Allora, “la causa deve ap-partenere al reale, altrimenti è inganno, mentre il

lMPAGINATO N. 10 10-11-2004 15:48 Pagina 6

Page 5: Tra “Philosophia naturalis” e “Resistentia solidorum”

modello si accontenta di appartenere al più vagoorizzonte del possibile, ed anzi a quello della sualimpida regione che è governata soltanto da pre-fissati princìpi matematici” [Benvenuto, 1995, p.255]. Si assiste così ad un rovesciamento dei ter-mini del problema: all’esigenza dell’esplicazionecausale, il modello non disvela il ‘perché’, ma puòessere accolto come se lo facesse. In questosenso, alle “notions incomplettes” richiamate daLeibniz resta il compito della chiarezza e dellacoerenza, requisiti che consentono la traduzionedi queste “notions” in una veste matematica rigo-rosa. In questo modo il rigore del modello mate-matico sarà il mezzo per individuare il principioaltrimenti cercato a partire dalle “Raisons supé-rieurs” impigliate nella metafisica e sarà uno deitemi ricorrenti nella ricerca matematica sullascienza del moto a cavallo tra il XVII e il XVIII se-colo [Blay, 1992] o ancora, nel XIX secolo, pernoattorno al quale ruoterà la diatriba sulla teoriamatematica dell’elasticità tra de Saint-Venant eCastigliano da una parte, contro Green e Thom-son dall’altra [Benvenuto, 1981]. A titolo di esem-pio ricordiamo che l’attrazione intermolecolaredescritta da Newton, derivante da una azione adistanza tra le particelle e che serve a spiegare laforza o coesione che le tiene unite tra loro, è co-me l’ha definita de Saint-Venant “une loi assezgénéral, assez grandiose, c’est-à-dire simplepour que nous puissons … la regarder commepouvant etre celle à laquelle le souverain Législa-teur a soumis les phénomènes intimes” [de Saint-Venant, 1883, p. 41].

Il progetto di fondare la meccanica come unascienza razionale e rigorosa, distinta dalla geo-metria, si svilupperà alla fine del XVIII secolo, an-che con l’intento di risolvere la questione, ancoraaperta, se è lecito associare i princìpi matematiciai princìpi della Natura. Verso la fine del Settecen-to e i primi decenni dell’Ottocento, infatti, gli svi-luppi del dibattito scientifico sulla resistenza deimateriali, sulle curve elastiche e flessibili, sulcomportamento materiale che caratterizza lameccanica dei solidi e delle strutture, nonché ilsuccessivo ingresso della teoria assiomatica del-l’elasticità, hanno mostrato vieppiù l’attualità degliobiettivi della ricerca Galileiana. L’analisi dellecause attraverso le quali è possibile spiegare i fe-nomeni legati alla resistenza dei materiali e con-sentire altresì una descrizione generale delladeformazione dei corpi sotto sforzo, la definizionedi modelli fisico-matematici che consentano dirappresentare in modo semplice e chiaro le mo-dalità secondo le quali un solido o una struttura sideforma e si rompe sotto l’azione delle forzeesterne, la necessità di chiarire le modalità se-condo le quali un corpo si muove in un mezzo re-sistente o in un fluido, l’insieme di questi obiettivievidenzia quel grande progetto scientifico che vasotto il nome di “scienza degli ingegneri” e rac-chiude in sé l’insieme delle scienze meccaniche:la meccanica dei solidi e delle strutture, la mecca-nica dei materiali, l’architettura statica e idraulica,la scienza del moto e la balistica, ed altro ancora.Un insieme di ‘saperi’ finalmente liberato dalle dia-tribe metafisiche e in questa nuova veste piùorientato alla conoscenza del mondo fisico reale.

N. 10 - 2003 7

3. BREVE COMPENDIO STORICOSUI PRINCIPALI TEMI DI MECCANICASVILUPPATI NEL SETTECENTO.

Nel 1716 Jacques Hermann (1678-1733) pub-blica ad Amsterdam un importante trattato sullastatica dei corpi rigidi, che comprende anche lostudio del moto isocrono dei corpi e la teoria del-l’urto, nonché il tema dell’equilibrio e del moto deifluidi, in cui fa largo impiego del calcolo differen-ziale [Hermann, 1716] e anticipa i temi che saran-no oggetto della rivoluzione matematica in Mec-canica.

Alcuni anni dopo Euler [Euler, 1736 e 1744], acui peraltro Lagrange darà scarso peso nei suoiAbrégé historique esposti nella MechaniqueAnalytique e che invece vedremo assumere ilruolo di protagonista – personaggio cardine efondamentale – per lo sviluppo della Meccanica,affronta la dinamica del punto materiale con l’in-tento di fondare una scienza razionale a partiredalla definizione di ‘enti’ primitivi: il punto materia-le, la forza, distinguendo tra quella assoluta, co-me la gravità che agisce sul corpo a prescinderedalle sue condizioni di moto, e quella relativa, ilcui effetto dipende invece dalla velocità del corpostesso. Euler introduce la legge fondamentaledella dinamica secondo la quale l’incremento del-la velocità (dv) di un corpo è proporzionale allaquantità pdt dove p è la forza che agisce nell’in-tervallo di tempo dt. In questo modo egli è in gra-do di studiare numerosi problemi relativi al motodi un punto materiale prescindendo dalla suatraiettoria (punto libero che si muove lungo unacurva qualsiasi) e dal mezzo (un qualsiasi mezzoresistente o addirittura il vuoto).

Negli stessi anni – 1733 – Daniel Bernoulli(1700-1782) fraterno amico di Euler, stabiliscel’equazione differenziale che descrive l’oscillazio-ne di un insieme di pesi sostenuti da un filo flessi-bile, problema in seguito generalizzato da Eulerstesso al caso di una catena di pesi, associandoa questo tema la teoria delle corde vibranti già af-frontata da suo padre Johann e da Brook Taylor(1685-1731). L’argomento, di per sé stimolante,era stato preso in esame da Euler nel 1731 [Eu-ler, 1739] e i suoi studi lo avevano condotto alladefinizione dell’equazione dell’oscillatore armoni-co. Nel 1740 Alexis-Claude Clairaut (1713-1765)propone a Euler di risolvere il problema dell’oscil-lazione di una massa fluida, riallacciandosi allaquestione sorta intorno alla definizione della for-ma della terra [Clairaut, 1743]. Il problema si po-teva ricondurre – a parere del matematico france-se – alla soluzione di un’equazione differenzialeche doveva descrivere la condizione d’equilibriodi una generica forza, agente su di una particelladel fluido. La condizione d’equilibrio cercata èquella che assegna alla massa fluida la forma diuno sferoide ellittico (tesi peraltro già sostenutada Newton). Il fatto poi che la terra fosse appiatti-ta ai poli, come dimostrato dalle ricerche speri-mentali condotte in Lapponia per conto dell’A-cadémie di Parigi, era una conseguenza – secon-do Clairaut – della variazione di densità del no-stro pianeta, variazione che si ha avvicinandosidal centro della terra alla superficie del globo.

lMPAGINATO N. 10 10-11-2004 15:48 Pagina 7

Page 6: Tra “Philosophia naturalis” e “Resistentia solidorum”

8 N. 10 - 2003

La prima metà del diciottesimo secolo è vera-mente una stagione ricca di contributi per lo svi-luppo delle scienze meccaniche nel senso anzi-detto: nel 1736 appare il già citato trattato di Eulersulla Mechanica e, su un versante più specifico,quello sul moto dei liquidi e, due anni dopo(1738), è dato alle stampe il trattato di Daniel Ber-noulli (1700-1782) sull’idrodinamica [D. Bernoulli,1738]. Nel 1743 Jean-Baptiste Le Rond d’Alem-bert (1717-1783) pubblica il celeberrimo Traité dedynamique in cui espone il suo programma scien-tifico relativo alla scienza della meccanica, dellaquale si occuperà diffusamente negli anni se-guenti. Ma a d’Alembert si deve il merito di averchiarito il ruolo delle equazioni cardinali dell’equi-librio di un corpo rigido, gli studi sul moto dei flui-di, sulla resistenza incontrata da un solido che simuove in un fluido (paradosso di d’Alembert),quelli relativi al problema del moto di un grave, einfine quelli tesi alla ricerca dell’equazione chedescrive le vibrazioni trasversali di una corda ela-stica (equazione di d’Alembert per le corde vi-branti, nella forma di un’equazione alle derivateparziali del secondo ordine) [d’Alembert, 1761-80]. La tesi sostenuta dallo scienziato francese,che sottintende questo suo vasto progetto scienti-fico, è la seguente: la meccanica è una scienzarazionale, come la geometria e l’algebra, ed èfondata su princìpi necessariamente veri ed evi-denti per sé stessi e non su ipotesi conseguenti aprove di carattere empirico. Una rivoluzione meto-dologica che impone alla meccanica di espelleredal suo seno princìpi oscuri o non definiti, ipotesiinutili o sovrabbondanti.

L’imperativo di d’Alembert era estendere iprincìpi riducendoli [d’Alembert, 1758].

Per meglio comprendere questa tesi delloscienziato francese riportiamo il seguente esem-pio che meglio ne chiarisce il suo pensiero. Inquegli anni era ormai consolidato presso i geo-metri l’assioma secondo il quale la forza accele-ratrice deve essere proporzionale alla causa chela genera, cioè alla velocità. D’Alembert aveva ri-marcato che tale principio è inaccettabile comeverità contingente perché ciò “rovinerebbe la cer-tezza della meccanica e la ridurrebbe a non es-sere nulla più che una scienza sperimentale”;dunque tale principio, vero o falso che sia, “è inu-tile alla meccanica” e da essa deve essere bandi-to. Lo scienziato francese era però altrettanto cri-tico nei confronti dei filosofi (nel caso specificodei cartesiani) accusandoli di perdersi in sotti-gliezze di carattere metafisico e liquidò in modoaltrettanto deciso la famosa querelle sulle forzevive da lui giudicata “di perfetta inutilità per lameccanica”. Altre strade e altri princìpi dovevanoessere cercati per fondare la meccanica su basicerte e razionali. Il principio dell’equilibrio, la defi-nizione della forza d’inerzia e la composizione deimovimenti sono gli oggetti su cui – a parere delmatematico francese - era necessario accentrarel’attenzione degli studiosi. Secondo il programmadi ricerca di d’Alembert, assegnato un sistemaqualsiasi di corpi, ognuno dotato di un moto chenon deve dipendere da quello agente sugli altri, ilproblema generale della dinamica si doveva ne-cessariamente ridurre alla ricerca della legge che

descrive il moto di ciascun corpo. Ciò lo condussea formulare il principio della dinamica (noto comeprincipio di d’Alembert) secondo il quale “duranteun qualsiasi moto di un qualsiasi sistema mate-riale le forze perdute e le reazioni vincolari si fan-no a ogni istante equilibrio”. L’importanza di que-sto principio risiede nel fatto che ogni problema didinamica può essere ricondotto ad un corrispon-dente problema di statica, nel cui ambito si hasemplicemente l’equilibrio tra le reazioni vincolarie le forze attive. Il successivo intervento di La-grange, che ha saputo individuare la stretta con-nessione che esiste tra il principio di d’Alembert eil principio dei lavori virtuali, ha condotto nel mo-do più felice alla traduzione del principio di d’A-lembert nelle equazioni di Lagrange, il più effica-ce strumento formale della dinamica.

Il programma di ricerca formulato da d’Alembertaveva sollevato anche la seguente importantequestione: se le leggi della statica e della meccani-ca siano leggi di verità necessaria o contingente[Benvenuto, 1978]. A questo proposito ricordiamoche in merito alla definizione di forza acceleratrice(ϕ) - che secondo d’Alembert si può esprimerenella forma ϕdt=dv dove dt è la variazione del tem-po e dv quella della velocità - erano state date di-verse interpretazioni, orientate sempre e comun-que ad individuare nella definizione anzidetta unprincipio fondamentale della meccanica. DanielBernoulli aveva assegnato a questa definizione ilprincipio di verità contingente, mentre Euler nellasua Mechanica aveva tentato di dimostrare cheera invece una verità necessaria. D’Alembert su-pera la questione assegnando alla forza accelera-trice il ruolo di quantità proporzionale all’incremen-to di velocità: dunque è possibile ricondurre l’e-spressione della forza acceleratrice ad una sempli-ce definizione che come tale deve essere trattata[d’Alembert, 1758 p. 22 e segg.]. Una prima conse-guenza di questo suo diverso modo di affrontare lequestioni lo portò ad affermare che anche il princi-pio di conservazione delle forze vive non è altroche una conseguenza delle leggi della dinamica edi quelle relative all’urto elastico dei corpi.

Un’impostazione metodologica di questo tipodiede luogo a diverse diatribe sui princìpi dellameccanica che videro scontrarsi tra loro perso-naggi del valore di Euler, Voltaire d’Alembert eMaupertuis. In merito al problema della rifrazionedella luce attraverso mezzi eterogenei, o a quellorelativo all’urto elastico tra due corpi, Pierre-LouisMoreau de Maupertuis (1698-1759), aspramentecritico della metafisica cartesiana, introdusse ilprincipio della minima azione secondo cui la Na-tura segue sempre la via più breve (o di “minor re-sistenza”), sottolineando però che questo “princi-pio” era, a suo parere, solo la conseguenza di unfatto puramente meccanico. Il principio di minimaazione diventava allora per l’audace filosofo fran-cese un principio di carattere generale “regola efondamento della sua concezione finalista dell’u-niverso e prova suprema dell’esistenza di un Etretout puissant et tout sage” [Bottazzini, 1990, p.41]. Euler invece, più convinto che il principio diminima azione non fosse altro che un enunciatodel calcolo delle variazioni, s’impegnò a darneuna formulazione corretta dal punto di vista mate-

lMPAGINATO N. 10 10-11-2004 15:48 Pagina 8

Page 7: Tra “Philosophia naturalis” e “Resistentia solidorum”

matico, seppure limitata al caso di un punto mate-riale che si muove lungo una curva piana. La que-stione del minimo (o del massimo) della funzioneda studiare era ininfluente, secondo Euler, inquanto il problema si poteva ricondurre a quellodi minimizzare o massimizzare una certa funzio-ne; ciò gli dava modo di dare meno importanzaalla questione “metafisica” e ricondurre invece iproblemi nell’ambito della meccanica razionale.

3.1 Gli sviluppi settecenteschi del problemadi Galileo: ai primordi della teoria elastica della trave.

Il modello del solido galileiano non trova più nelSettecento sufficiente autorità per restare al cen-tro dell’attenzione degli studiosi. Nuovi oggetti enuovi strumenti di indagine richiedono un ulterio-re approfondimento del problema della “resisten-za dei corpi all’essere spezzati”.

Il modello del solido euclideo pesante non è piùsufficiente per descrivere la ‘realtà’ materiale deicorpi e dunque si introducono nuovi parametri uti-li per meglio caratterizzare tale comportamentomateriale. Nel 1678 Robert Hooke pubblica il suotesto fondamentale sull’elasticità [v. Hooke, 1678]in cui espone i risultati delle sue ricerche sul com-portamento elastico della trave e, seppure sot-toforma di anagramma (ceiiinosssttuu), esprimela legge di proporzionalità (legge di Hooke) tra laforza (F) e lo spostamento elastico (u) nella formaF=ku dove k è una costante di proporzionalità.Johann Bernoulli nel 1705 [v. Bernoulli, 1705] de-finisce la costante di proporzionalità k=EA/L infunzione di un nuovo parametro il modulo di ela-sticità (E) e delle caratteristiche geometriche delsolido (la lunghezza L e l’area A della sua sezio-ne trasversale). Il passaggio alla legge generaliz-zata di Hooke-Bernoulli in termini di tensioniσ=F/A e di deformazioni ε=∆L/L è allora immedia-ta e si compendia nella relazione σ=Eε. L’introdu-zione dei concetti relativi all’elasticità e l’attenzio-ne per il comportamento deformativo della trave,piuttosto che lo studio del suo comportamento a

N. 10 - 2003 9

rottura, attrae l’attenzione degli studiosi ed amplialo studio del problema di Galileo.

Edmé Mariotte (1620-1684) estende il criterio dirottura di Galileo, basato sul concetto che la resi-stenza della trave dipende dal raggiungimento diuna tensione limite (σ=σlim), osservando che esisteanche un limite all’elongazione delle fibre di cui ècomposta la trave e, tra queste, ne individua unaneutra che rimane indeformata; in questo modointroduce un criterio di rottura basato sulla defor-mazione limite (ε=εlim) [v. Mariotte, 1686], ripresonell’Ottocento da Barré de Saint-Venant con il no-me di criterio della dilatazione massima. Leibniz[v. Leibniz, 1684] estende ulteriormente il modellogalileiano, e pur individuando in maniera erroneala posizione della fibra neutra, da lui ipotizzata al-l’intradosso della trave semplicemente inflessa,determina la relazione che esiste tra la sollecita-zione esterna (il momento flettente M) e lo stato ditensione interno nella forma seguente: σ=(M/Ja)y,dove Ja è il momento d’inerzia calcolato rispettoalla posizione della fibra neutra e y è la posizionedella generica fibra della trave. Occorre tuttaviasottolineare che a questa formula era già perve-nuto Varignon nel 1702 [v. Varignon, 1702]. Antoi-ne Parent (1666-1716) consegue finalmente l’e-quazione corretta, cercata ormai da tanto tempo,nella forma M=σmaxBH2/6.

Si dovrà tuttavia attendere la fine del secolo pergiungere ad una chiarificazione del problema ealla sua soluzione definitiva, nella forma a noi og-gi nota. Artefice di questo risultato è stato Cou-lomb [v. Coulomb, 1776 e Heyman, 1972]. Chiaritii dubbi sulla posizione della fibra neutra e indivi-

duato l’insieme delle componenti dello stato ditensione agenti sulla sezione trasversale dellatrave (una tensione normale σ e una tensionetangenziale τ ) egli afferma che la soluzione si ot-tiene risolvendo un sistema di tre equazioni relati-ve all’equilibrio del corpo, note come equazionicardinali della statica, e che esprimono l’equilibriodelle forze agenti secondo le direzioni normale etangente al piano della sezione trasversale, e l’e-quazione di equilibrio alla rotazione; tali equazionisono espr;esse nella forma ∫AτdA=Q, ∫A1σdA= ∫A2σdAe ∫AσydA=M dove A individua l’area della sezionetrasversale, A1 e A2 sono rispettivamente la por-

Fig. 1 - Il modello galileiano della travea mensola.

Fig. 5 - Coulomb: la soluzione al pro-blema della flessione dei prismi(1773).

Fig. 4 - Parent: distribuzione dello sta-to di tensione in una trave a mensola.

Fig. 2 - Mariotte: il criterio della dilata-zione massima.

Fig. 3 - Leibniz (1684).

lMPAGINATO N. 10 10-11-2004 15:48 Pagina 9

Page 8: Tra “Philosophia naturalis” e “Resistentia solidorum”

10 N. 10 - 2003

zione di area soggetta a trazione e quella sogget-ta a compressione, Q individua il peso esternoche agisce all’estremo libero della trave galileiana(nel caso specifico una trave a mensola) e M è ilmomento flettente generato dal peso Q e valutatorispetto alla generica sezione in corrispondenzadella quale è calcolato l’equilibrio tra le forzeesterne e le sollecitazioni interne.

3.2 Curve flessibili ed elastiche: il dibattitosull’equilibrio funicolare e l’equazionedella catenaria

Uno tra i tanti temi aperti dalla trattazione gali-leiana sulla resistenza della trave fu anche quellodi determinare quale configurazione assume l’as-se della trave nella sua configurazione variata diequilibrio (o configurazione inflessa) sotto l’azio-ne di un certo sistema di forze (carichi), ovvero dideterminarne la sua linea elastica. Era esperien-za comune osservare che una verga o una lami-na elastica sotto l’azione di un certo carico con-centrato o distribuito si incurva – o come si dice siinflette –, anche se l’esempio della mensola gali-leiana, date le generose dimensioni della trave,poco consentiva di osservare il fenomeno, maqualunque altro oggetto dove una delle dimensio-ni del solido geometrico che lo rappresentava erapreponderante sulle altre dimostrava l’assunto diquanto anzidetto. Se in Architettura tale problemainteressava poco i costruttori e i maestri fabbricie-ri a causa delle cospicue dimensioni assegnatealle strutture portanti, ed anche perché, con riferi-mento ai problemi di ordine statico, l’interesse erapiù orientato ad osservare la formazione delle le-sioni e dunque la rottura dei corpi anziché lo statodi deformazione elastico, dal punto di vista mate-matico il problema assumeva invece un’importan-za particolare che attrasse l’interesse di molti stu-diosi, soprattutto matematici, dalla fine del Sei-cento e per tutto il Settecento. I nuovi strumentidel calcolo infinitesimale e del calcolo variaziona-le trovarono in questo ambito un’adeguata pale-stra per cimentarsi ed esercitarsi giungendo conEuler alla comprensione di un importante capitolodella Meccanica, quello relativo alle curve flessi-bili ed elastiche. Progenitore degli studi in questocontesto disciplinare fu il problema dell’equilibriofunicolare, cioè lo studio della configurazione as-sunta da una fune pesante fissata alle sue estre-mità: la catenaria. Tale equazione era già notaagli artisti rinascimentali: infatti, l’architetto Barto-lomeo Ammannati (1511-1592) aveva tracciato laforma dell’arco del ponte di Santa Trinità (1567) aFirenze proprio utilizzando l’equazione della cate-naria. Il problema, che in origine era già statomesso in luce da Galileo, il quale aveva espressol’opinione che la catenaria coincide con l’equazio-ne di una parabola, attirò l’attenzione di numerosistudiosi. Isaac Beeckman (1570-1637), alcuni an-ni prima di Galileo (1614-15), aveva risolto unproblema simile, quello di una fune priva di pesoè soggetta ad un sistema di carichi uniformemen-te distribuito ottenendo l’equazione di una para-bola e trovando la soluzione al problema del pon-te sospeso. Questa stessa soluzione si trova inuno scritto di Christiaan Huygens (1629-1695)del 1646 che ribadì la differenza tra il problema

del ponte sospeso e quello della catenaria giun-gendo a conclusione che, per quest’ultimo, la cur-va di equilibrio non poteva essere una parabola.Huygens formula un principio di estremo secondoil quale la fune pesante assume quella posizioneparticolare per cui il centro di gravità della funenella configurazione di equilibrio è il più bassopossibile. La soluzione non era ancora consegui-ta, ma ciò sicuramente escludeva tra le possibilisoluzioni proprio la parabola.

Nel 1673 il gesuita Ignace-Gaston Pardies(1638-1673) enuncia il suo teorema fondamentaleper la catenaria secondo il quale qualunque sia lacurva, il punto di intersezione tra due tangenti indue punti A e B appartenenti alla curva giace sullaverticale passante per il centro di gravità della por-zione di fune sottostante la corda AB. Intuizionegeniale perché coincide con l’ipotesi che la funepuò esprimere solo forza normale e dunque taleassunto verifica l’equazione di equilibrio delle for-ze in gioco: il peso della fune sottostante la cordaAB e gli sforzi agenti secondo le direzioni tangentinei punti A e B. La conclusione alla quale giunsePardies è la seguente: se la fune è omogenea epesante la curva cercata non può essere una pa-rabola ed è pertanto la catenaria. Se invece la fu-ne è priva di peso, e su di essa agiscono un’infi-nità di linee pesanti parallele ed egualmente di-stanti tra loro, allora la fune assume un andamen-to parabolico. Infatti, il baricentro del sistema di li-nee pesanti comprese tra il punto A e il punto me-dio C della corda AB passa a sua volta per il pun-to medio (D) del segmento AC; a sostegno dellasua tesi Pardies ribadisce che la parabola è l’uni-ca curva per la quale le tangenti in A e nel puntodi massimo (o minimo) della porzione di funecompresa nell’intervallo AC si incontrano in unpunto passante per la verticale tracciata per D.

La discussione divampò quando Jacob Bernoullipropose il tema all’attenzione degli scienziati deltempo con una memoria pubblicata negli ActaEruditorum. Huygens, Leibniz, Johann Bernoulli simettono al lavoro e nel 1691 appare un numeromemorabile degli Acta Eruditorum, in cui compaio-no gli scritti che contengono le soluzioni propostedai tre matematici. Huygens giunge alla soluzionedel problema utilizzando con perizia il metodogeometrico; Leibniz dà la formula analitica correttadella catenaria in un piano cartesiano di riferimen-to, anche se nella sua trattazione sono assenti giu-stificazioni di carattere meccanico; Johann Ber-noulli offre due soluzioni corrette al problema dellacatenaria e ne enumera ben tredici proprietà. Unarichezza di soluzioni che ha fatto notare Truesdellmostrano nell’ordine la matematica del passato(Huygens), quella del presente (Leibniz) e quelladel futuro (Bernoulli) [v. Truesdell, 1960, p. 50].

3.3 La ricerca della curva elastica

Un altro importante problema strettamente le-gato a quello della fune flessibile e, a parere diJohann Bernoulli, egualmente interessante ri-guarda l’inflessione o meglio la determinazionedella curva elastica di elementi strutturali monodi-mensionali (travi) sollecitati dal proprio peso o daun sistema di carichi ad essi applicati o comun-que da qualsivoglia altro genere di azioni (forze)

Fig. 6 - Teorema di Pardies (1673).

Fig. 7 - Pardies: la catenaria e il pontesospeso.

Fig. 8 - Jacob Bernoulli: il teorema diPardies.

Fig. 9 - Leibniz: soluzione del proble-ma della catenaria.

lMPAGINATO N. 10 10-11-2004 15:48 Pagina 10

Page 9: Tra “Philosophia naturalis” e “Resistentia solidorum”

esterne. La palestra dove si esercitano gli studiosisono ancora gli Acta Eruditorum di Lipsia che nelvolgere di pochi anni vedono la pubblicazione dinumerose e importanti memorie.

Jacob Bernoulli (1694) mette in relazione tra lo-ro il raggio di curvatura - per il quale scrive l’equa-zione in un sistema cartesiano di riferimento(O:y,z) nella forma 1/r=-d2y/dz2/(1+y’2)3/2 , dove ley=y(z) sono funzioni della variabile z – con unafunzione dipendente dalla sollecitazione esterna(nel caso specifico il momento flettente M): in for-mula 1/r=F(M). Le sue ipotesi tengono conto del-l’ipotesi di conservazione delle sezioni piane (lesezioni trasversali della trave si mantengono pia-ne dopo la deformazione), e della legge diHooke-Bernoulli (equazione di legame σ-ε) chelega lo stato di sollecitazione (le tensioni σ) aquello di deformazione (ε) attraverso un coeffi-ciente di proporzionalità che coincide con il mo-dulo elastico E del materiale (modulo di Young).Sebbene la soluzione matematica conseguita daBernoulli è corretta da un punto di vista formale, epertanto il problema poteva dirsi risolto (ovvero ri-condotto alle quadrature), la formula ottenuta nonera incoraggiante e le applicazioni difficili e com-plesse. L’impulso decisivo alla soluzione fu datoda Euler che formulò una rigorosa giustificazionedell’equazione di Bernoulli e determinò l’equazio-ne della linea deformata di una verga o di una tra-ve elastica nella forma Mx =EJx/r, dove Mx è il mo-mento flettente che agisce nel piano (y,z), Jx è ilmomento d’inerzia della sezione trasversale dellatrave ed è riferito all’asse x baricentrico e ortogo-nale al piano di riferimento (y,z), E è il modulo dielasticità del materiale e r è il raggio di curvatura.Questa equazione stabilisce un legame tra la sol-lecitazione esterna prodotta dalle forze e dai pesiagenti sulla struttura e la curvatura della linead’asse della trave inizialmente rettilinea. Nel 1735Euler risolve l’equazione proposta da Bernoullicalcolando, inoltre, lo spostamento indotto da uncarico concentrato applicato sull’estremo libero diuna trave a mensola (il problema di Galileo). Allostesso risultato perviene nel 1741 Daniel Ber-noulli partendo però dall’equazione di Euler pri-ma menzionata, e conseguendo la soluzione nelcaso della teoria linearizzata della trave elastica.L’anno seguente Daniel Bernoulli propone ad Eu-

N. 10 - 2003 11

ler di risolvere il seguente problema: “Vostra Si-gnoria potrebbe riflettere un poco se uno non po-tesse dedurre la curvatura direttamente dai prin-cipi della meccanica (…). In ogni caso, per unaverga elastica inizialmente rettilinea, io esprimol’energia potenziale della configurazione inflessacon ∫ds/r2 (…). Poiché nessuno come Voi conosceperfettamente il metodo isoperimetrico, Voi facil-mente risolverete questo problema di rendere∫ds/r2=minimo”. L’idea di Bernoulli è quella di otte-nere le equazioni dell’equilibrio elastico risolven-do un problema di minimo, imponendo cioè chel’energia potenziale elastica del sistema assumaun valore estremo compatibile con un sistema divincoli assegnati sullo stato di spostamento. Eulersi mette subito al lavoro e nel 1744 pubblica il giàcitato Methodus inveniendi lineas curvas maximiminimive proprietate gaudentes al quale è annes-so l’Additamentum I de curvis elasticis in cui èampiamente trattato il tema delle curve elastiche.

L’importante contributo di Euler nell’ambito dellameccanica, al di là della sua attenzione alla dispu-ta tra i sostenitori di una visione deterministicadella realtà fisica fondata sul concetto di causa ef-ficiente, e i sostenitori di una visione teleonomicadella realtà fondata invece sul concetto di finalità[v. Benvenuto, 1981], si compendia nella soluzio-ne del problema di minimo propostogli da DanielBernoulli; tale risultato lo condurrà all’enumerazio-ne delle curve elastiche in numero di nove e allascoperta del carico critico euleriano (da cui il no-me) che individua quel particolare valore del cari-co in corrispondenza del quale un’asta, una traveo una lamina elastica, soggetta ad un carico as-siale s’inflette in una configurazione variata diequilibrio distinta da quella iniziale rettilinea, maad essa infinitamente prossima.

La soluzione di Euler nella forma P=π2EJmin/4L2 –e relativa al caso della trave incastrata-libera (omeglio della colonna come suggerirà nel titolo delparagrafo 37 dell’Additamentum: Sulla forza delleColonne), dove i termini indicati hanno il significatogià noto, e Jminrappresenta il valore minimo del mo-mento d’inerzia della sezione trasversale della tra-ve – apre un nuovo capitolo della Scienza delle co-struzioni che va oltre il tema della resistenza deimateriali per occuparsi di quello relativo alla stabi-lità dell’equilibrio, anche se è doveroso sottolineareche i suoi risultati non trovarono molto interesse trai matematici e gli ingegneri suoi contemporanei.

Euler non abbandonerà il tema ritornando suc-

Fig. 10 - Jacob Bernoulli e l’elastica(1691).

Fig. 11 - Jacob Bernoulli: 1a soluzionedell’elastica (1694).

Fig. 13 - Euler: curva di 2a specie.

Fig. 14 - Euler: la stabilità dell’equili-brio.

Fig. 12 – Euler: l’elastica.

lMPAGINATO N. 10 10-11-2004 15:48 Pagina 11

Page 10: Tra “Philosophia naturalis” e “Resistentia solidorum”

12 N. 10 - 2003

cessivamente sull’argomento con una memoriadal titolo Sur la force des colonnes, pubblicata nel1759, in cui discuterà il problema degli effetti pro-dotti da un carico di punta sull’equilibrio di una co-lonna e introducendo la teoria linearizzata per de-terminare il valore del carico critico in funzione deidiversi parametri in gioco: l’elasticità del materialee le dimensioni della colonna. Solamente Lagran-ge opererà una discussione formale delle conse-guenze teoriche e astratte che derivano dalla di-scussione del problema per valori del peso P su-periori a quelli del carico critico in una nota dal tito-lo Sur la figure des colonnes, pubblicata nel 1770.

Euler si occuperà anche della definizione del-le equazioni indefinite di equilibrio per la trave ri-solvendo il problema di determinare la posizio-ne assunta, nella sua configurazione di equi-librio, da un filo perfettamente flessibile o ela-stico, sollecitato nei suoi singoli punti da un si-stema di forze e di ricercare successivamente lostato di sollecitazione o di inflessione di ognisuo elemento. Euler determina le relazioni chelegano tra loro le caratteristiche di sollecitazio-ne di una trave – individuate dalla forza normaleN(z), dalla forza tangenziale T(z) e dal momentoflettente M(z) valutate in corrispondenza di unagenerica sezione trasversale della trave – con icarichi esterni p(z) e q(z), rispettivamente agen-ti in direzione assiale e tangente rispetto alla se-zione trasversale della linea d’asse della trave,nella seguente formulazione: dN(z)/dz+p(z)=0,dT(z)/dz+q(z)=0 e d2M(z)/dz2=T(z) (dette anche“equazioni indefinite di equilibrio per la trave”).

3.4 La polemica sulle corde vibranti.

Nel 1749 d’Alembert aveva pubblicato una me-moria il cui argomento aveva suscitato grande in-teresse tra i meccanici suoi contemporanei; essariguardava il modo di rappresentare la vibrazionenel piano di una corda fissata ai suoi estremi [v.d’Alembert, 1749]. Il problema era già stato af-frontato da Johann Bernoulli nel 1727 seppurenel caso particolare di un sistema di n masseequidistanti tra loro e collegate da una fune flessi-bile, inestensibile e priva di peso. D’Alembert ri-solse il problema generale attraverso un’equazio-ne differenziale alle derivate parziali, detta anche“equazione delle onde” (∂2y/∂t2=a2∂2y/∂x2), per laquale riuscì ad ottenere l’integrazione in un casoparticolare. L’anno successivo Euler intervennesul tema con un breve saggio dal titolo Sur la vi-bration des cordes, formulando alcune precisa-zioni in merito all’equazione di d’Alembert, so-prattutto per quanto riguarda il tracciamento dellafigura iniziale della corda che deve poter esserearbitrario, ed espose una costruzione geometricadella soluzione. In un secolo ricco di polemiche equerelles sui princìpi della Meccanica non potevasfuggire all’interesse e alla vena polemica di alcu-ni scienziati anche il tema della vibrazione dellecorde elastiche. Non è questa la sede per adden-trarsi nello specifico della questione, per il qualerimandiamo il lettore ai testi citati in bibliografia,quanto riassumere in breve le conclusioni. La di-vergenza tra Euler e d’Alembert risiedeva, com’e-

ra prevedibile, nella forma da assegnare all’equa-zione risolutiva del problema, soluzione che do-veva comunque consentire di rappresentare le di-verse figure assunte dalla corda vibrante. Chi ali-mentò ulteriormente il fuoco della polemica fu nel1753 Daniel Bernoulli che suggerì la possibilità dirappresentare la vibrazione di una corda elasticaattraverso una serie trigonometrica: tale equazio-ne compendiava sia la soluzione di Euler chequella di d’Alembert. La questione andò oltre ilproblema strettamente meccanico investendo ilconcetto stesso di funzione, alla definizione dellaquale si doveva comunque ricondurre la soluzio-ne del problema [v. Truesdell, 1960]. Su questotema interverrà alcuni anni dopo (1759) Louis La-grange trattando il problema della natura e dellapropagazione del suono operando tuttavia peruna via diversa da quella percorsa da Euler, d’A-lembert e Daniel Bernoulli, ed elaborando unatecnica nuova (metodo dei moltiplicatori di La-grange) per integrare l’equazione differenzialeche descrive l’equazione della corda vibrante.

4. ULTERIORI CENNI SUI PRINCÌPIDELLA MECCANICA

Intorno alla metà del XVIII secolo tre differentivisioni della realtà materiale si dividevano i con-sensi, e accentuavano i contrasti, tra gli scienziatie i filosofi. Il plenum universale cartesiano, prodot-to dal concetto di res extensa, che non ammettevail vuoto per la sua intrinseca contradditorietà edunque era perpetuamente agitato da un com-plesso sistema di vortici; le azioni a distanza diNewton che operano, al contrario, attraverso lospazio vuoto nel quale risiedono tutti i corpi vinco-lati dalle forze d’attrazione; infine, il sistema dellemonadi di Leibniz, elementi costitutivi della realtàmateriale e non, e pertanto privi di parti e dunquein estensione, puri punti matematici dotati di spe-cifica identità che distingue ognuno da tutti gli altri.

Queste distinte visioni del mondo e della realtàmateriale animavano, anche in ambito stretta-mente meccanico, un intenso dibattito e propone-vano diverse impostazioni dei princìpi disciplinari.Tutto ciò aveva come conseguenza immediatal’orientamento della ricerca su diversi sentieri in-terpretativi dei medesimi fenomeni conosciuti.

La “filosofia sperimentale” coltivata da Newton– come lui stesso scrisse nella sua Recensio libridel 1712 [v. Newton (1712), 1958, p. 79] – aveva ilcompito di “spiegare le cause dei fenomeni chepossono venir confermate dall’esperienza” e dun-que “non la si deve riempire di opinioni impossibi-li a spiegare per mezzo dei fenomeni”. Tale impo-stazione concettuale sollevava però alcune im-portanti questioni. Le leggi della natura, che a pa-rere di Newton dovevano essere “eterne e univer-sali”, erano solo verità contingenti, sottomesse al-la sola evidenza della verifica sperimentale, edunque non più verità necessarie? E come si po-teva affrontare il problema del vuoto che Descar-tes aveva mostrato essere una contradictio inadiecto e Leibniz aveva negato in ragione di un‘superiore’ principio di ragion sufficiente che ave-va la sua giustificazione nella volontà di Dio?

lMPAGINATO N. 10 10-11-2004 15:48 Pagina 12

Page 11: Tra “Philosophia naturalis” e “Resistentia solidorum”

In questo ambito, al fine di portare un esempiochiarificatore della tesi più sopra enunciata e tenta-re una risposta ai quesiti sollevati, occorre fare al-cune considerazioni sull’enigmatico concetto di for-za [v. Jammer, 1958; Maltese, 1992; Benvenuto,1985] e sul problema della sua corretta misura chediede ampio spazio alla famosa querelle sulle for-ze vive, apertasi nel 1724 a seguito di un concorsopromosso dall’Académie des Sciences di Parigisul tema della “communication du mouvement”.

A partire da un problema a prima vista sempli-ce come, ad esempio, quello dell’urto elastico,l’oggetto del contendere risiedeva, come è noto,nel decidere se la forza dovesse essere misuratain base al tempo durante il quale essa agisce (te-si sostenuta dalla scuola cartesiana che asse-gnava il primato al concetto di quantità di moto),ovvero se la misura della forza dovesse invece di-pendere dallo spazio lungo il quale essa (vis viva)sposta il proprio punto di applicazione (tesi soste-nuta dalla scuola di Leibniz che assegnava il pri-mato all’equazione di bilancio tra forze morte e vi-ve). La questione era indubbiamente accattivan-te; essa coinvolgeva aspetti controversi comequello sulla natura del movimento e d’altro cantoindubbiamente enigmatici come quello dell’impe-netrabilità tra i corpi. La questione – come scrisseNewton nella sua Recensio libri più sopra citata –era certamente degna di venire seriamente edaccuratamente esaminata. Le idee di Newtonavevano trionfato in Inghilterra, viceversa la co-smologia cartesiana dell’ideale di una scienzapuramente meccanica dominava nel continente,influenzando sicuramente un anticartesiano qua-le si professava Leibniz [v. Koyré, 1972]. Le dispu-te passavano facilmente dal piano filosofico aquello metafisico, interessando problemi come ladefinizione della forma della Terra e coinvolgen-do, oltre ai matematici, gli astronomi, i geografi eanche i filosofi, come ad esempio Maupertuis, al-cuni sul versante cartesiano della querelle, altrisu quello newtoniano. Si passava dunque da di-squisizioni raffinate su problemi squisitamentemeccanici come la gravitazione universale [v.Maupertuis, 1732] a pubblicazioni divulgative co-me quelle sull’opera di Newton [v. Voltaire, 1734 e1738; v. Algarotti, 1737] utilizzate per megliodiffondere le idee di una scuola nei confronti del-l’altra. La tesi della necessità di un experimentumcrucis, peraltro sostenuta da Maupertuis, dovevaessere la chiave che avrebbe aperto la nuovascienza ad una visione cartesiana o ad una visio-ne newtoniana del mondo, stabilendo così la vali-dità dell’una piuttosto che dell’altra teoria. Non èquesta la sede per approfondire il tema oggettodella controversia, quanto sottolineare come leverifiche sperimentali promosse dall’Académieconfermarono – come abbiamo già avuto modo diricordare – la teoria newtoniana secondo la qualela Terra è appiattita ai poli. Una prima conseguen-za di questa vittoria della scuola di pensiero in-glese su quella francese fu la pubblicazione, nel1759, della traduzione in francese dei Principia diNewton ad opera di Madame du Châtelet. Fu l’af-fermazione della fisica di Newton sulla metafisicadi Leibniz o sulla fisica di Cartesio definita “una fi-sica matematica senza matematica” [v. Koyré, p.

N. 10 - 2003 13

87]. L’applicazione del calcolo ai problemi e allequestioni poste dalla meccanica, grazie anche al-l’ausilio dei nuovi strumenti del calcolo differen-ziale ed integrale, aveva aperto la strada ad unnuovo universo matematico fino ad allora scono-sciuto, dove la fisica e i suoi princìpi, dedotti spe-rimentalmente, potevano essere meglio descrittiattraverso un insieme di equazioni differenziali.

Nell’ambito di queste differenti scuole di pensie-ro, nel XVIII secolo Jacopo Riccati (1676-1754)era dedito a studi [v. Riccati, 1761] il cui oggettoera la ricerca di una legge generale d’ordine ma-tematico, ma fondata su princìpi certi della mec-canica, che consentisse di caratterizzare l’elasti-cità dei corpi, senza dover immaginare arbitrarierappresentazioni mentali della loro intima costitu-zione fisica. Tale legge che, sempre secondo Ric-cati, doveva prevedere un “perpetuo e non inter-rotto passaggio delle forze vive in morte, e dimorte in vive” può tradursi, nel linguaggio odier-no, nel principio di conservazione dell’energia.

In altri termini, ciò significa che il corpo perfetta-mente elastico gode della proprietà di conservarein sé l’energia ricevuta dall’esterno convertendolain forza morta (energia potenziale) e restituendo-la integralmente nella forma di forza viva, qualorasia liberato dai vincoli che lo trattengono. L’elasti-cità dunque, secondo Riccati, deriva dall’energiapotenziale acquisita e trattenuta dal corpo a se-guito della sollecitazione esterna.

Su tutt’altro versante filosofico e scientifico,seppure su temi analoghi, si poneva la ricerca diGiuseppe Ruggiero Boscovich (1711-1787). Nellateoria di Boscovich è ben presente il sistemanewtoniano e l’insegnamento di Leibniz. MentreRiccati era stato capace di trovare un punto diequidistanza tra le scuole di Newton e di Leibnizrespingendo comunque di ambedue la dimensio-ne metafisica dei loro assunti, in favore dei lorofecondi principi matematici che consentivano dicoordinare tra loro un gran numero di fenomeni,Boscovich coniugava insieme l’esistenza obbietti-va di una legge delle forze attrattive e repulsive,cui resta associata la definizione dell’ente mate-riale e l’inestensione degli elementi primi, simili aipunti matematici o alle monadi leibniziane.

Sulla falsariga e in analogia alla contrapposizio-ne tra queste due differenti scuole di pensiero sicolloca anche la contrapposizione tra Mécaniqueanalytique e Mécanique physique che bene fumessa in luce nel secolo successivo da S.-D.Poisson, uno dei fondatori della teoria molecolaredell’elasticità. La posizione di Poisson era oppo-sta al discorso programmatico di Lagrange pub-blicato nell’Avvertissement della MéchaniqueAnalytique del 1788. In esso Lagrange aveva pro-posto di “ridurre la teoria della meccanica e l’artedi risolvere i problemi ad essa connessi a delleformule generali, il cui semplice sviluppo forniscetutte le equazioni necessarie per la risoluzione diogni problema”. Dunque il suo obiettivo era riuniree presentare sotto uno stesso punto di vista i di-versi princìpi fino ad allora trovati per facilitare lasoluzione delle questioni di meccanica, mostran-done la dipendenza reciproca e porre in grado glistudiosi di emettere giudizi sulla loro correttezzae sulla portata di tali princìpi. Lagrange conclude

lMPAGINATO N. 10 10-11-2004 15:48 Pagina 13

Page 12: Tra “Philosophia naturalis” e “Resistentia solidorum”

14 N. 10 - 2003

che “non si troveranno affatto delle figure in que-st’opera. I metodi che espongo non richiedono nécostruzioni né ragionamenti geometrici o mecca-nici, ma soltanto operazioni algebriche assogget-tate ad un andamento regolare e uniforme. Colo-ro che amano l’analisi vedranno con piacere lameccanica divenire una nuova branca e mi saran-no grati di averne esteso così il dominio” [v. La-grange, 1788, p. VI].

Con la sua Méchanique Analytique, Lagrangeaveva mutato paradigma e obiettivi alle scienzemeccaniche e, di fatto, aveva rivoluzionato lo stu-dio della meccanica. La meccanica – scrive La-grange – si divide nella statica (e nell’idrostatica)e nella dinamica (e nell’idrodinamica). La staticasi fonda sul principio della leva di Archimede, suquello della composizione dei movimenti e sulprincipio dei lavori virtuali (vitesses virtuelles nel-la terminologia lagrangiana), da lui consideratouna specie di assioma della meccanica anche se,nella seconda edizione del suo trattato (1811),avverte che tale principio “non era di per sé stes-so abbastanza evidente da poter essere assuntocome principio primitivo”. A parere di Lagrange ilprincipio delle velocità virtuali rappresenta il car-dine di tutta la meccanica, lo strumento che “con-duce ad un metodo analitico semplicissimo per ri-solvere tutte le questioni di statica” e che, combi-nato col principio di d’Alembert, “fornisce inoltreun metodo analogo per i problemi di dinamica”.Tale metodo aveva consentito di ricavare i princìpidella conservazione delle forze vive, del movi-mento, il principio delle aree e quello di minimaazione, “risultati generali delle leggi della dinami-ca” e non princìpi primitivi di questa scienza.

A questa impostazione teoretica Poisson con-trapporrà nel secolo successivo la seguente posi-zione metodologica e relativa ad una sua visionedei fondamenti generali della meccanica: “… il se-rait à désirer que les géomètres reprissent sousce point de vue physique et conforme à la natureles principales question de la mécanique. Il a fallules traiter d’une manière tout-à-fait abstraite, pourdécouvrir les lois générales de l’équilibre et dumouvement; et en ce genre de généralité et d’ab-straction, Lagrange est allé aussi loin qu’on puis-se le conçevoir, lorqu’il a remplacé les liens physi-ques des corps par des équations entre les coor-données de leur différents points: c’est là ce quiconstitue la Mécanique analytique: mais à côté decette admirable conception, on pourrait mainte-nant élever la Mécanique physique, dont le princi-pe unique serait a ramener tout aux actions molé-culaires, qui trasmettent d’un point à un autre l’ac-tion des forces données, et sont l’intermédiaire deleur équilibre. De cette manière, on n’aurait plusd’hypothèses spéciales à faire lorsqu’on voudraappliquer les règles générales de la mécanique àdes questions particulières” [v. Poisson, 1828, p.361]. Come è già stato sottolineato [v. Benvenutoet al., 1996], il sistema di Boscovich fu successi-vamente ripreso da Barré de Saint-Venant [v.Benvenuto, 1997] per il quale la tesi sull’inesten-sione degli atomi appariva l’unica conclusionecoerente e ineccepibile sotto il profilo fisico-mate-matico, nonostante le obiezioni a lui mosse sullanatura puramente metafisica dell’assunto.

Questa “nuova visione del mondo” che pren-derà campo nel XVIII secolo e forse ancora di piùin quello successivo, tanto da suscitare la vibran-te esternazione di Poisson sopracitata e la giàmenzionata diatriba tra Mécanique physique(proposta da Poisson) e Mécanique analytique(proposta da Lagrange e ripresa, in questo seco-lo, dai sostenitori dell’assiomatica) si configuracome un importante e vasto progetto scientificoche va oltre i princìpi generali della Meccanica,per investire anche settori e discipline più specia-listiche e particolari come la balistica e l’idraulica,di cui faremo un breve cenno nel seguito. Si trattadi una rivisitazione di quella “filosofia della natu-ra” che oltrepassa la metafisica – per secoli rima-sta all’ombra del pensiero scolastico post-medie-vale – per diventare una scienza della realtà as-soluta. Dunque non più un’assoluta giustificazio-ne filosofica della realtà ma l’assiomatizzazionedella realtà fisica in termini matematici. Ciò darà ilvia ad una tendenza nuova nello sviluppo mate-matico del pensiero meccanico indirizzata al for-malismo puro, dove la scienza è concepita comeun sistema ipotetico-deduttivo basato esclusiva-mente su un insieme di definizioni implicite e for-mali degli enti fondamentali o primitivi, scelti adarbitrio, seppure appartenenti e compatibili con larealtà naturale.

Già Leibniz, introducendo le sue “monadi” co-me “unità reali”, enti o punti materiali che possie-dono sia la “realtà” della particella che l’esattezzadel punto matematico (e dunque l’immaterialitàdell’ente stesso), aveva aperto il campo a questanuova “concezione” del mondo. La ricerca di un“qualcosa” che potesse essere considerato pri-mo, supremo, universale, assoluto, necessario,eterno, infinito, in contrapposizione al fatto e al-l’oggetto particolare relativo, contingente, deriva-to, essendo soggetto al divenire e pertanto desti-nato a finire, dunque finito, o ancora ciò che è, osi può considerare, immateriale, soprasensibile,metempirico, trascendente in contrapposizione aciò che è, o si considera, fisico, naturale, materia-le, empirico, diede luogo a numerose ricerche emotivo di studio a parecchi scienziati per cercareo meglio tentare di formulare questa nuova visio-ne “matematica” della realtà della natura. La ricer-ca di un sistema di assiomi in quanto nozioni ge-nerali evidenti per sé e non dimostrabili, che stia-no a fondamento della meccanica e che dunquediano una definizione implicita dei concetti e deglienti fondamentali era la sfida lanciata da Lagran-ge alla “meccanica pratica” figlia della “nuovascienza” di origine galileiana. Come ha scritto J.Merleau-Ponty (v. Blay, 1992, p. 3) “l’un des élé-ments les plus importants de la révolution scienti-fique du Grand Siècle fut l’inauguration du projetd’une science mathématique de la nature substi-tuant à la physique qualitative héritée d’Aristote”.

Il sistema di Boscovich e con esso i principi del-la Mécanique Physique saranno avvertiti, nell’Ot-tocento, come la più compiuta espressione diquella “filosofia della natura” cui abbiamo fattocenno. Finalmente tale filosofia poteva animareun grande progetto scientifico, stimolato dallagrande perizia matematica di personaggi comeCauchy e Barré de Saint-Venant. Tale progetto e

lMPAGINATO N. 10 10-11-2004 15:48 Pagina 14

Page 13: Tra “Philosophia naturalis” e “Resistentia solidorum”

la successiva verifica sperimentale con l’ingressodella Mécanique physique, auspicata da Poissone anticipata dalla teoria di Boscovich, necessitavadella conferma dell’esistenza di forze attrattive erepulsive tra le particelle materiali. Inoltre essa ri-chiedeva di verificare se la pretesa unificazionetra “microcosmo” e “macrocosmo”, ovvero dalleazioni molecolari alla gravitazione universale,corrispondesse effettivamente alla natura dellecose o non fosse altro che un’affascinante imma-gine del pensiero “sempre proteso all’unità e allasemplificazione dei suoi costrutti”. Infine era ne-cessario, oltre che opportuno, indagare sull’esi-stenza o meno di modelli interpretativi più convin-centi che, pur rinunciando all’obiettivo di una tota-le riunificazione formale dei costrutti teorici, fossetale da consentire di esprimere in forma semplifi-cata la legge che mette in relazione tra loro le for-ze attrattive e repulsive tra le particelle. Questosarà il cammino che verrà intrapreso, dopo la fon-dazione della teoria matematica dell’elasticità av-venuta nel XIX secolo, da numerosi meccanici efisici italiani alle soglie del XX secolo.

BIBLIOGRAFIA.

Elenco delle fonti:Francesco Algarotti, Il newtonianismo per le dame, 1737.Bernard Forest de Belidor, La science des ingénieurs dans la

conduit des travaux des fortifications et d’architecture civile,C. Jombert, Paris, 1729.

Alexis-Claude Clairaut, Théorie de la figure de la terre tiréedes principes de l’hydrodynamique, Paris, 1743.

Charles Augustin. Coulomb, Essai sur une application desRègles de Maximis & Minimis à quelques Problèmes deStatique, relatifs à l’Architecture, “Mémoires deMathématique et de Physique, présentés à l’AcadémieRoyale des Sciences, par divers Savans, Année 1773”, VII(1773), Paris 1776, pp. 343-382.

Jean-Baptiste Le Rond d’Alembert, Traité de l’équilibre et dumouvement des fluides, Paris, 1744; idem, Nouvelle edition,chez Briasson, Paris, 1770.

Jean-Baptiste Le Rond d’Alembert, Recherches sur la courbeque forme une corde tendue mise en vibration, “HistoireAcadémie Sciences de Berlin”, 3 (1747), pp. 214-219, 1749;Suite des recherches sur la courbe que forme une cordetendue, mise in vibration, idem, pp. 220-249, 1749.

Jean-Baptiste Le Rond d’Alembert, Traité de Dynamique,Paris, 1743, 2a ediz.: 1758.

Jean-Baptiste Le Rond d’Alembert, Opuscoles mathémati-ques, 8 voll., Paris, 1761-80.

Leonhard Euler, Mechanica sive Motus Scientia analyticeexposita, T. I & II, Petropoli, 1736.

Leonhard Euler, Methodus inveniendi lineas curvas MaximiMinimive proprietate gaudentes, sive solutio problematisisoperimetrici latissimo sensu accepti, Additamentum I: Decurvis elasticis, Lausanne et Genève, 1744.

Leonhard Euler, Tentamen novae theorie musicae ex certissi-mis harmoniae principiis dilucide expositae, Petropoli, 1739;anche in Opera Omnia, III, 1, pp. 197-427.

Gregorio Fontana, Saggio sulla storia generale delle matema-tiche di Carlo Bossut, prima edizione italiana con riflessionied aggiunte di Gregorio Fontana, Nobile e Tosi, Milano,1802-1803.

Francesco Maria Franceschinis, Delle Matematiche Applicate,Padova, 1808.

Paolo Frisi, Instituzioni di meccanica, d’idrostatica, d’idrome-tria e dell’architettura statica, e idraulica …, Milano, 1777.

Paolo Frisi, Operum tomus secundus, mechanicam universamet mechanicae applicationem ad aquarum fluentium theo-riam continens, Mediolani, 1783.

Galileo Galilei, Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno adue nuove scienze attinenti alla mecanica ed i movimenti

N. 10 - 2003 15

locali, in Leida, Appresso gli Elzevirii, 1638 (ed. a cura diEnrico Giusti, Einaudi, Torino, 1990).

Guido Grandi, Instituzioni meccaniche, Firenze, 1739.James Gregory, Tentamina de motu penduli et projectorum,

Glasgow, 1672.Robert Hooke, Lectures de potentia restitutiva, or of spring

explaining the power of springing bodies, London, 1678.Charles Hutton, Nouvelles expériences d’artillerie, Paris, 1802Joseph-Louis Lagrange, Méchanique analytique, Paris, 1788.Edmè Mariotte, Traité du mouvement des eaux et des autres

corps fluides, chez Claude Jombert, Paris, 1686; nouv. éd.,Paris, 1718.

Isaac Newton, Methodus fluxionum et serierum infinitarum,1671 (pubblicato nel 1736). Vedi a questo proposito I.Newton, The Mathematical Papers of Isaac Newton, a curadi D.T. Whiteside et al., Cambridge, Cambridge UniversityPress, 1961-1981, 8 voll.

Isaac Newton, De quadratura curvarum, 1676 (trad. it. in G.Castelnuovo, Le origini del calcolo infinitesimale nell’eramoderna con scritti di Newton, Leibniz e Torricelli, 1938;nuova ed. Feltrinelli, Milano, 1962).

Isaac Newton, Recensio libri, 1712 in G. Cantelli (a cura di),La disputa Leibniz-Newton sull’analisi, Boringhieri, Torino,1958, pp. 17-81.

Siméon-Denis Poisson, Mémoire sur l’équilibre et le mouve-ment des corps élastiques, lu à l’Académie, le 14 avril 1828,“Mémoires de l’Académie Royale des Sciences de l’Institut”,VIII (1829), pp. 357-370.

Recueil de Diverses pièces sur la Philosophie, la Réligionnaturelle, l’Histoire, les mathématiques, etc. Par Mrs.Leibniz, Clarke, Newton, et autres Auteurs célèbres,Amsterdam, 1719; 2éme éd. 1740.

Jacopo Riccati, Saggio intorno il Sistema dell’Universo,Lucca, 1761.

Adhémar-Jean-Claude Barré de Saint-Venant, Note du § 11 àla Théorie de l’Elasticité des Corps Solides de Clebsch,Paris, 1883.

Niccolò Tartaglia, Quesiti et inventioni diverse, Venezia, 1546.Evangelista Torricelli Opera geometrica. Libro II: De motu,

Florentiae, 1644.Pierre Varignon, Nouvelles conjectures sur la pesanteur, chez

J. Boudot, Paris, 1690.Giuseppe Venturoli, Elementi di Meccanica e d’Idraulica,

Milano, 1806.Voltaire (François-Marie Arouet le Jeune), Lettres philosophi-

ques, Paris, 1734.Voltaire(François-Marie Arouet le Jeune), Eléments de la phi-

losophie de Newton, Paris, 1738.

Bibliografia generale e studi critici:David H. Arnold, The Mécanique Physique of Siméon Denis

Poisson : The Evolution and Isolation in France of hisApproach to Physical Theory, “Archive for History of ExactSciences”, vol. 28, 1983, Part I: pp. 342-367; Part II: pp. 267-287; Part II: pp. 289-297: Part IV: pp. 299-320; Part V: pp.321-342; Part VI: 343-367. Vol. 29, 1984, Part VII: pp. 37-54;Part VIII: pp. 53-72; Part IX: pp. 73-94.

Edoardo Benvenuto, Se le leggi della statica e della meccani-ca siano di verità necessaria o contingente, Istituto diDiscipline Scientifiche e Tecniche - Facoltà di Architettura -Università di Genova, Genova, 1978.

Edoardo Benvenuto, La scienza delle costruzioni e il suo svi-luppo storico, Sansoni, Firenze, 1981.

Edoardo Benvenuto, The parallelogram of forces,“Meccanica”, 20, n° 2 (June 1985), pp. 99-109.

Edoardo Benvenuto, An Introduction to the History ofStructural Mechanics, Springer, New York, 1991.

Edoardo Benvenuto, L’istituzione di una nuova scienza: deresistentia solidorum, in Atti delle celebrazioni galileiane(1592-1992) - Vol. IV “Tribute to Galileo in Padua”, EdizioniLINT, Trieste, 1995.

Edoardo Benvenuto, Natural philosophy, rational mechanicsand practical engineering in the work and life of AdhémarJean Claude Barré de Saint-Venant, “European Journal ofMechanics, A/Solids”, XVI, special issue, 1997, pp. 45-63.

Edoardo Benvenuto, Massimo Corradi, Breve storia del vuoto,“Nuova secondaria”, n. 6, Brescia, 1988, pp. 34-41.

Edoardo Benvenuto, Massimo Corradi, Federico Foce,

lMPAGINATO N. 10 10-11-2004 15:48 Pagina 15

Page 14: Tra “Philosophia naturalis” e “Resistentia solidorum”

16 N. 10 - 2003

Metaphysical Roots of the nineteenth Century Debate on theMolecular Theory of Elasticity, R.C. Batra & M.F. Beatty (edi-ted by), Contemporary research in the mechanics and mathe-matics of materials, CIMNE, Barcelona, 1996 pp. 79-91.

Michel Blay, La naissance de la mécanique analytique. Lascience du mouvement au tournant des XVIIe et XVIIIe siè-cles, puf, Paris, 1992.

Umberto Bottazzini, Storia della Matematica moderna e con-temporanea, UTET libreria, Torino, 1990.

Amy Dahan Dalmedico, Mathématisations. Augustin-LouisCauchy et l’École Française, Blanchard, Paris, 1992.

Salvatore Di Pasquale, L’arte del costruire. Tra conoscenza escienza, Marsilio, Venezia, 1996.

Pierre Duhem, Le systeme du monde: Histoire des doctrinescosmologiques de Platon a Copernic, Tomes I - X, Paris (s.d.).

Pierre Duhem, L’évolution de la Mécanique, Paris, 1903(nuova ed.: Vrin, Paris, 1992).

Pierre Duhem, Les origines de la Statique, Hermann, Paris,1905-06.

René Dugas, Histoire de la Mécanique, Neuchâtel, 1955 (ed.inglese: A History of Mechanics, Dover, New York, 1988).

Craig Graham Fraser, Calculus and Analytical Mechanics inthe Age of Enlightenment, Variorum, Aldershot, 1997.

Ivor Grattan-Guinness, Convolutions in french mathematics,1800-1840. From the calculus and mechanics to mathema-tical analysis and mathematical physics, Birkhäuser, Basel,1990.

Jacques Heyman, Coulomb’s Memoir on Statics, CambridgeUniversity Press, Cambridge, 1972.

Max Jammer, Storia del concetto di forza, Feltrinelli, Milano,1971.

Alexandre Koyré, Études newtoniennes, Paris, Hermann,1965; trad. it. Studi newtoniani, Einaudi, Torino, 1972; nuovaed., Torino, 1983.

Ernst Mach, La Meccanica nel suo sviluppo storico-critico,(trad. it.) Boringhieri, Torino, 1968.

Giulio Maltese, La storia di “F=ma”, Leo S. Olschki, Firenze,1992.

Roberto Marcolongo, Meccanica razionale, Hoepli, Milano,1904.

Antoine Picon, L’invention de l’ingénieur moderne, Pressesdes Ponts et chaussées, Paris, 1992.

István Szabó, Geschichte der mechanischen Prinzipien,Birkhäuser, Basel, 1977.

Sthephen P. Timoshenko, History of Strength of Materials,McGraw-Hill, New York, 1953 (nuova ed.: Dover, New York,1983).

Isaac Todhunter, Karl Pearson, A History of the Theory ofElasticity and of the Strength of Materials from Galilei toLord Kelvin, Cambridge, 1886-93.

Clifford A. Truesdell, Rational Fluid Mechanics. Introduction toLeonhardi Euleri Opera Omnia, ser. 2, vol. XII, Orell Füssli,Turici, 1954.

Clifford A. Truesdell, The rational mechanics of flexible or ela-stic bodies. Introduction to Leonhardi Euleri Opera Omnia,ser. 2, vol. XI/2, Orell Füssli, Turici, 1960.

Clifford A. Truesdell, Essays in the History of Mechanics,Springer, New York, 1968.

Massimo CORRADI, nato nel ’54 aGenova, si è laureato in Architetturanel 1978, è Professore associato diStoria della Scienza presso la Fa-coltà di Architettura dell’Universitàdi Genova, si occupa di progettazio-ne architettonica e strutturale, re-stauro statico e consolidamento de-gli edifici. È autore di numerosepubblicazioni e consulente e mem-bro di numerosi Enti nazionali edeuropei come esperto di Storia del-l’Architettura e di Meccanica delleCostruzioni.

lMPAGINATO N. 10 10-11-2004 15:48 Pagina 16