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La cupola di S. Gaudenzio a Novara, opera di Alessan- dro Antonelli, è la più completa sintesi architettonica dei profondi rapporti che intercorrono tra meccanica e geometria, tra materia e costruzione, tra scienza e tec- nica, un compendio costruito di scienza e arte del cos- truire. Le complesse interrelazioni tra forma e struttura, tra immagine dell’architettura e costruzione materica, in un complesso giuoco di forme geometriche ed ele- menti strutturali sono perfettamente evidenti nella complessa costruzione del sistema architettonico-strut- turale che costituisce l’ossatura muraria e portante de- lla cupola antonelliana. Senza entrare nello specifico della storia della costruzione della Basilica novarese per la quale esiste una sufficiente letteratura di genere, in questa breve nota si vuole affrontare il complesso e forse anche tormentato percorso progettuale e costrutti- vo che ha consentito ad Antonelli di realizzare e innal- zare la più audace e alta costruzione muraria italiana di tutta la storia dell’architettura. Opera d’arte unica, irri- petibile, geniale e, purtroppo, ancora poco conosciuta e studiata nei più reconditi misteri dell’arte della costru- zione figlia di un importante maître à penser e simbolo dell’ingegno costruttivo di uno dei più intriganti perso- naggi dell’architettura italiana del XIX secolo. ALESSANDRO ANTONELLI TRA FILOSOFIA E SIMBOLISMO Alessandro Antonelli (1798–1888), personaggio «mi- nore» della cultura architettonica italiana dell’Ottocen- to, considerato forse tale per una sua vocazione profes- sionale di tipo «regionale», seppure noto a livello na- zionale per la Sinagoga di Torino, meglio nota come Mole Antonelliana (1863–1889), è lo stereotipo dell’architetto-ingegnere-costruttore. Antonelli è archi- tetto a tutto tondo, avvezzo all’uso delle geometrie e all’impiego dei materiali secondo sistemi costruttivo- tecnologici di raffinata sapienza, cultore della forma, ma anche autentico conoscitore della firmitas delle strutture nei più profondi recessi del comportamento resistente e dei sistemi strutturali murari. La consapevolezza di essere magister della «geo- metria della riga e del compasso», disciplina insegna- ta nelle Scuole di Applicazione per gli Ingegneri, dove l’arte e la scienza del costruire sono «pane» quotidiano per i futuri allievi ingegneri e architetti, fornisce ad Antonelli la capacità di cimentarsi in «es- perimenti» progettuali che travalicano i canoni cos- truttivi dell’epoca. Tali canoni seppure conformi ad una architettura del neoclassicismo altrimenti non ec- cessivamente radicata in ambito italiano, come invece nel resto d’Europa, per un classicismo d’antan tipica- mente italiano che travalica lo spazio e il tempo, che è «tradizione» architettonica che suggerisce Antonelli a «rivestire» le sue architetture di elementi classici sep- pure forse oramai anacronistici per l’epoca. Ma Alessandro Antonelli sa andare oltre. La sua capacità di utilizzare i materiali murari, di trasforma- re la «pesantezza» della muratura in elementi struttu- rali leggeri anche se a prima vista massicci, in armo- niose figure architettoniche, in complessi intrecci di La Basilica di S. Gaudenzio a Novara: architettura di luci, forme e strutture Massimo Corradi

La basilica di S.Gaudenzio a Novara: Architettura di luci, forme e strutture

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La cupola di S. Gaudenzio a Novara, opera di Alessan-dro Antonelli, è la più completa sintesi architettonicadei profondi rapporti che intercorrono tra meccanica egeometria, tra materia e costruzione, tra scienza e tec-nica, un compendio costruito di scienza e arte del cos-truire. Le complesse interrelazioni tra forma e struttura,tra immagine dell’architettura e costruzione materica,in un complesso giuoco di forme geometriche ed ele-menti strutturali sono perfettamente evidenti nellacomplessa costruzione del sistema architettonico-strut-turale che costituisce l’ossatura muraria e portante de-lla cupola antonelliana. Senza entrare nello specificodella storia della costruzione della Basilica novareseper la quale esiste una sufficiente letteratura di genere,in questa breve nota si vuole affrontare il complesso eforse anche tormentato percorso progettuale e costrutti-vo che ha consentito ad Antonelli di realizzare e innal-zare la più audace e alta costruzione muraria italiana ditutta la storia dell’architettura. Opera d’arte unica, irri-petibile, geniale e, purtroppo, ancora poco conosciuta estudiata nei più reconditi misteri dell’arte della costru-zione figlia di un importante maître à penser e simbolodell’ingegno costruttivo di uno dei più intriganti perso-naggi dell’architettura italiana del XIX secolo.

ALESSANDRO ANTONELLI TRA FILOSOFIA

E SIMBOLISMO

Alessandro Antonelli (1798–1888), personaggio «mi-nore» della cultura architettonica italiana dell’Ottocen-

to, considerato forse tale per una sua vocazione profes-sionale di tipo «regionale», seppure noto a livello na-zionale per la Sinagoga di Torino, meglio nota comeMole Antonelliana (1863–1889), è lo stereotipodell’architetto-ingegnere-costruttore. Antonelli è archi-tetto a tutto tondo, avvezzo all’uso delle geometrie eall’impiego dei materiali secondo sistemi costruttivo-tecnologici di raffinata sapienza, cultore della forma,ma anche autentico conoscitore della firmitas dellestrutture nei più profondi recessi del comportamentoresistente e dei sistemi strutturali murari.

La consapevolezza di essere magister della «geo-metria della riga e del compasso», disciplina insegna-ta nelle Scuole di Applicazione per gli Ingegneri,dove l’arte e la scienza del costruire sono «pane»quotidiano per i futuri allievi ingegneri e architetti,fornisce ad Antonelli la capacità di cimentarsi in «es-perimenti» progettuali che travalicano i canoni cos-truttivi dell’epoca. Tali canoni seppure conformi aduna architettura del neoclassicismo altrimenti non ec-cessivamente radicata in ambito italiano, come invecenel resto d’Europa, per un classicismo d’antan tipica-mente italiano che travalica lo spazio e il tempo, che è«tradizione» architettonica che suggerisce Antonelli a«rivestire» le sue architetture di elementi classici sep-pure forse oramai anacronistici per l’epoca.

Ma Alessandro Antonelli sa andare oltre. La suacapacità di utilizzare i materiali murari, di trasforma-re la «pesantezza» della muratura in elementi struttu-rali leggeri anche se a prima vista massicci, in armo-niose figure architettoniche, in complessi intrecci di

La Basilica di S. Gaudenzio a Novara: architettura di luci, forme e strutture

Massimo Corradi

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Administrador
Texto escrito a máquina
Actas del Sexto Congreso Nacional de Historia de la Construcción, Valencia, 21-24 octubre 2009, eds. S. Huerta, R. Marín, R. Soler, A. Zaragozá. Madrid: Instituto Juan de Herrera, 2009
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forme resistenti, in giochi di forme, luci e struttureche vanno oltre una «pratica» architettonica e cos-truttiva per essere sperimentazione, ricerca, voglia diprovare quello che nessuno fino ad allora aveva osa-to tentare; ebbene, tutte queste componenti formali,

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Figura 1Sezione della Basilica di S. Gaudenzio. Archivio di Stato diNovara

Figura 2Interno della volta semicircolare impostata sul tamburo co-lonnato detta «Gran Tazza»

Figura 3Sistema di colonne giustapposte a sostegno delle «GranTazza»

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stilistiche, costruttive, tecniche, tecnologiche, struttu-rali fanno di Alessandro Antonelli un innovatore, pa-ragonabile per certi versi all’opera di un grande ar-chitetto quale è stato Antoni Gaudì (1852–1926),maestro nella sperimentazione architettonica forma-le, costruttiva e strutturale.

Seppure la Mole di Torino rappresenta per la cul-tura architettonica italiana e per la città di Torinoesempio del genio dell’architetto di Ghemme, la Ba-silica di San Gaudenzio in Novara (1855–1878) è in-vece l’espressione più raffinata è compiuta della sa-pienza costruttiva dell’architetto piemontese,esempio inimitabile di come sia possibile conciliarela triade vitruviana della utilitas, firmitas e venustasin un’opera costruita che travalica i confini dellaprassi per divenire ingegno, coraggio, sperimentazio-ne, compiutezza tecnica e strutturale, in un giuoco divuoti e di pieni che mostra le capacità della materiadi elevarsi a vette di magnificenza e arditezza

che, per citare le parole di Arthur Schopenahuer(1788–1860), elevano l’Architettura al rango di dis-ciplina principe dove l’Architettura è la vera lotta delpeso contro la gravità. Oltre una visione di tipo hege-liano della architettura come progressiva compren-sione e rivelazione attraverso il superamento dialetti-co dell’esteriorità, Antonelli —nello spirito delfilosofo di Danzica— contrappone una architetturadelle forme, delle materie e delle strutture mossa edominata da un principio irrazionale: la volontà.

Infatti, la volontà dell’architetto piemontese, chenon è quella di stupire, ma di studiare, conoscere,sperimentare, forme, materiali, strutture, re-interpretain architettura quella che è la distinzione kantiana trafenomeno e noumeno, tra ciò che si manifesta all’in-terno delle forme, che da trascendentali diventano

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Figura 4Arconi sghembi di sostegno del tamburo della cupola. Inquesta immagine si vedono i conci lapidei di irrigidimentodella chiave e il sistema di concatenamento orizzontale

Figura 5Il sistema strutturale dell’ «imbuto» Antonelliano: sezionetrasversale. Archivio di Stato di Novara

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necessariamente materiali fino a diventare oggettomaterico, compiuto, formale, artistico, e l’architettu-ra in sé, in- sperimentale, e quindi in- conoscibile senon attraverso la formazione culturale, umana e artis-tica dell’architetto progettista e costruttore.

Nell’opera di Antonelli il dominio della ragione,della forma, della rappresentazione diventa attraversola materia quello della conoscenza concepita comerapporto tra architettura immaginata e architetturacostruita, vincolata alle forme, allo spazio e al tempo,dove il principio di causalità si traduce in un vero eproprio principio di ragion sufficiente per la compren-sione dell’architettura nella sua complessità di rap-porti tra forma, materia e struttura, dove tutto è pensa-to con intelligenza e raziocinio, con passione e gustoartistico, con coscienza tecnica e capacità tecnologicae nulla è lasciato al caso se non il caso diventa perAntonelli prassi consolidata e capacità progettuale.

Se l’arte è opera del genio —come scrive Scho-penhauer (Schopenhauer [1891] 1991)— l’architet-tura è per Antonelli la traduzione di un insieme disaperi che coinvolge l’arte, la geometria, la statica,la resistenza dei materiali, i numeri negli oggetti, lageometria nelle forme, i pesi nelle materie, al fine dicogliere e tramutare in opera costruita le idee «eter-ne» che sovrintendono l’ idée constructive in archi-tecture (Malverti 1987). Questo processo intellettua-le permette di riprodurre le idee e di comunicarleattraverso e per mezzo di diverse forme espressive;così come avviene per l’arte e la poesia. L’architet-tura è tale, come scrive il filosofo tedesco, che «lasua origine unica è la conoscenza delle idee; il suounico fine, la comunicazione di tale conoscenza»(Schopenhauer [1819] 1991, 223). In questo senso il«genio» di Antonelli traduce un pensiero «forte» inarchitettura costruita, portando le capacità e il «donoinnato» dell’architetto costruttore al grado supremodelle possibilità insite in ogni uomo, in ogni proget-tista, in ogni architetto. Nondimeno, la Basilica diSan Gaudenzio è considerata l’edificio in muraturapiù alto del mondo. In questo senso si capisce la for-te volontà dell’architetto piemontese di travalicare ilimiti della ragione umana, anche a dispetto di unacommittenza cieca e tenacemente legata solo al latoeconomico della costruzione, a progettare e costrui-re, seppure grazie ad un artificio progettuale che havisto crescere passo dopo passo la cupola della basi-lica gaudenziana, un’architettura che diventa sogget-to puro della conoscenza sia nei termini vitruviani

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Figura 6Sistema delle volte ribassate di irrigidimento dell’ «imbuto»murario

Figura 7Particolare delle strutture verticali dell’ «imbuto» in corris-pondenza dell’estradosso della «Gran Tazza»

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già ricordati, ma, e soprattutto, nel saper estrarre daipiù reconditi luoghi della memoria e della conoscen-za quella capacità di astrarre dalle cose particolari,siano esse forme architettoniche, elementi struttura-li, materiali, oggetti, le loro relazioni, interconnes-sioni, capacità di dialogare all’interno di un sogget-to, l’architettura della Basilica di San Gaudenzio,che finisce per perdersi nell’intuizione geniale diogni forma, di ogni elemento costruttivo, di qualsi-voglia struttura, dimenticando la propria individua-lità e diventando così la valenza metafisica di unavera e propria «liberazione» della conoscenza dallapropria sottomissione alla volontà.

L’architettura della basilica antonelliana diventaallora la sublimazione di un processo progettuale econoscitivo delle possibilità formali, materiche estrutturali dell’architettura muraria, considerata come«arte bella», e prescindendo dalla sua destinazione aifini pratici; in questo senso l’architettura di Antonelliè al servizio della volontà e della conoscenza pura,

essa favorisce l’intuizione di idee relative al com-plesso intreccio di saperi che coinvolge l’architettopiemontese nell’atto progettuale, oggettivazione de-lla sua forte volontà a conseguire il complesso e tra-durlo in semplice, come «il peso, la coesione, la rigi-dità, la durezza». La sua architettura, allora, ècontemplata come opera d’arte, ma anche comeesempio di una maestria nell’uso della geometria ele-mentare (la cupola esterna e un arco di circonferen-za) propria di una tradizione matematica che richia-ma l’uso di strumenti semplici, la riga e il compasso,e della consapevolezza statica e materica che esibiscela lotta tra il peso che lo trascinerebbe verso il bassorendendolo una massa informe, e la rigidità che gliconferisce forma e verticalità. Antonelli, così, prean-nuncia una rivoluzione nell’arte e nella scienza delcostruire che vedrà impegnati dopo di lui personaggipiù o meno noti dell’ingegneria e dell’architetturacome, tra i tanti, Paul Séjourné (1851–1939), costrut-tore di arditi ponti in muratura e carismatica figura

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Figura 8Particolare delle strutture verticali dell’ «imbuto» in corris-pondenza dell’imposta della cupola esterna

Figura 9Particolare della cupola esterna: imposta

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dell’ultimo periodo dell’architettura muraria (Séjour-né 1913–16) e il già menzionato Antoni Gaudì il cuiappellativo, l’architetto di Dio, bene esplicita la vo-lontà dell’uomo di superare i limiti dell’esperienzasensibile, della realtà materiale, con la volontà diprogettare e costruire architetture che trascendonoogni possibilità di comprensione.

LA BASILICA ANTONELLIANA

La Basilica di San Gaudenzio a Novara è dunque lasintesi più raffinata e compiuta della genialità proget-tuale, artistica, costruttiva e strutturale di AlessandroAntonelli, seppure la stessa è limitata alla costruzio-ne della sola cupola, essendo la basilica opera sette-centesca (1577–1690) dell’architetto Pellegrino Ti-baldi (1527–1596).

Prima dell’esperienza della Sinagoga torinese(1863–1889), poi Museo del Risorgimento, opera che

darà fama all’architetto piemontese, Antonelli si dedi-ca alla progettazione (iniziata nel 1841) e alla costru-zione (1844–1878) della Basilica di Novara. Impresaeccezionale per progettualità, ardimento costruttivo,tecnica di cantiere e, soprattutto, capacità di interseca-re tra loro distinte e diverse complessità legate allaforma, seppure basata su geometrie elementari, ne fafede il compasso conservato nell’omonima sala, allastruttura, che impegnò forze ed energia oltre i limitidelle capacità umane, all’immagine in grado di stupi-re con la costruzione dell’inimmaginabile.

Il percorso progettuale seguito dal Alessandro Anto-nelli per la realizzazione della cupola di San Gauden-zio disvela la forte volontà dell’architetto di superare ilimiti della tradizione architettonica e costruttiva coevacon un’opera che deve e vuole essere momento di ri-cerca e sperimentazione delle capacità umane e delleproprietà della materia di interloquire in una dialetticapositivistica che esaltando il progresso delle scienze,delle tecniche e delle tecnologie deve coniugare ciòche è reale, concreto, sperimentale, contrapponendosia ciò che è solo formale o in termini più generali as-tratto legato all’immagine dell’architettura piuttostoche alla sua forma materiale e artistica, ciò che è utile,efficace, produttivo in opposizione a ciò che è inutile,vacuo fine a se stesso come poteva essere l’architetturaclassica o neo-classica. Infatti, il classicismo di Anto-nelli supera i confini dell’architettura costruita e so-prattutto i temi cari ad una cultura romantica e idealistacosì da ripercorrere la strada tracciata dal positivismodi Claude Henri de Rouvroy, conte di Saint-Simon(1760–1825) nella sua opera Il catechismo degli indus-triali (Saint-Simon 1823–24) che venne diffuso da Au-guste Comte (1798–1857) quando nel 1830 pubblicò ilprimo volume del Corso di filosofia positiva (Comte1830). In questo senso si può dire che il positivismo diAntonelli, messa da parte la filosofia idealistica consi-derata come un’inutile astrazione metafisica, si caratte-rizza per la fiducia nel progresso scientifico e per iltentativo di applicare il metodo scientifico a tutte lesfere della conoscenza e della vita umana e, soprattut-to, all’architettura costruita e non a quella immaginatae disegnata nelle scuole di Beaux-Artes.

Il progetto di Antonelli segue un pensiero forteche in un percorso inframmezzato da successivi ap-profondimenti sa coniugare le problematiche artisti-che, compositive, progettuale e tecnicistiche con l’e-sistente. L’idea costruttiva dell’architetto piemonteseè tuttavia volta ad una ricerca formale, strutturale e

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Figura 10Particolare della cupola esterna: sommità

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tecnologica che sa coniugare l’antico, ovvero l’esis-tente, con il moderno —nel senso di rinnovamento dicaratteri e principi ermeneutici dell’architettura intermini Heidegerriani, l’autenticità della costruzioneche non è semplicemente un presupposto empiricoper la conoscenza del momento progettuale— ovveroil classicismo formale traslitterato con l’impiego diardite soluzioni strutturali, con un uso appropriato eidoneo, quasi zelante, con una pignoleria che può aprima vista sfiorare l’eccesso (vedi l’uso delle malte,dei laterizi sagomati a mano negli arconi di sostegnodel tamburo, nell’uso della pietra massiccia, dura,compatta, nei concatenamenti e nelle chiavi e chia-varde di ferro), con un’attenzione alle nuove esigen-ze di una tecnica che vuole anche essere spettacolare,pur contenuta tenacemente e con ferrea volontàall’interno di una ragione costruttiva che non ammet-te deroghe e ripensamenti all’uso ragionato e intelli-gente dei materiali e delle strutture.

Il progetto della cupola di san Gaudenzio si concre-tizza allora in una ricerca che si può compendiare in

un canone che vede tre temi progettuali che l’architet-to deve svolgere: il problema della forma architettoni-ca, la scelta del modello strutturale, l’uso appropriatodei materiali. In questo senso Antonelli è innovatore.Seppure legato a conoscenze artistiche proprie di unclassicismo romano delle scuole di Architettura o me-glio sarebbe dire di Belle Arti, di un classicismo dimaniera di matrice piemontese che privilegia il diseg-no, l’ornato, la composizione architettonica al mo-mento meramente tecnico, strutturale, materiale, An-tonelli è comunque partecipe, seppure a modo suo, diun progresso scientifico —e in particolare delle scien-ze meccaniche— che mette alla prova la sua capacitàdi intuire il comportamento statico degli elementistrutturali, siano essi presi singolarmente che nel con-testo di strutture complesse o di grande complessità;la capacità dell’architetto è dunque quella di tradurrequeste intuizioni in un processo di concatenazione distrutture, presidi statici, elementi portanti, spingenti,di archi, di volte, di contrafforti in una sinfonia strut-turale che attraverso un alternarsi di masse e di vuoti,

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Figura 11Archi di irrigidimento

Figura 12Sistema di archi di irrigidimento e contro-archi di scarico

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di pesi e di forze, di ombre e di luci, innalza passodopo passo la cupola Gaudenziana alle più elevatevette della ricerca formale e strutturale. Il tamburocon gli ordini interni ed esterni di colonne, pilastri, eancora colonne monolitiche giustapposti; la «grantazza» che copre la perfetta geometria circonferenzia-le del transetto su cui si imposta e da cui si dipartonogli ordini colonnati; l’imbuto strutturale che si ergefino alla sommità della cupola esterna che si svuota inuna successione di nervature portanti collegate davolte ribassate di irrigidimento forate in chiave conun occhio per mantenere il senso di verticalità finoalla sommità e contraffortate da archi e contro-archidi scarico; l’arditezza della cupola esterna in fogliocostolonata da nervature secondo i meridiani e i para-lleli che denunciano dall’interno la volontà di crearevuoti colmati solamente da un piano materico in late-rizio in foglio, fino alla lanterna che per successive

giustapposizioni di piani si erge imperniata sulla scalaelicoidale in muratura.

La lettura della costruzione Antonelliana è alloracome uno spartito di una sinfonia Rossiniana dove uncrescendo di immagini artistiche, formali e strutturaliaccompagna l’osservatore alla sommità della costruzio-ne dove doveva ergersi la statua del Cristo Salvatore.

Dalla imponenza e pesantezza della muratura Ti-baldiana, alla leggerezza della scala in laterizio e pie-tra, dal massiccio formalismo strutturale degli archisghembi che sostengono il tamburo, alla sottilevacuità della cupola laterizia in foglio (spessore12 cm), rivestita di un «cappotto» lapideo ma sempli-cemente imperniato nelle costole con chiavarde di fe-rro, quasi un tessuto rivestito di pelle forte e dura chesi erge su una muscolatura corporea possente ma lon-gilinea posta intorno ad una ossatura muraria cherappresenta il pensiero forte della concezione struttu-rale della costruzione e del progetto Antonelliano.

Ma in questo raffinato processo di progettazione ecomposizione architettonica Alessandro Antonellimostra il suo grande ingegno di architetto-costruttore,Maître d’Ouvrage et Architecture, uso all’impiego dimateriali con intelligenza e dovizia, alla scelta di ele-menti e strutture le più confacenti al tema estetico eprogettuale della sua architettura, ad una ricerca for-male che non è solo disegno di architettura, rappre-sentazione, ma volontà tradotta in materia di crearesoluzioni che superino il dominio della ragione e de-lla forma in un connubio che solo pochi architettidell’epoca o a lui successivi hanno saputo e saprannoespletare con ardimento e perizia, sapere e coraggio.Ma non il coraggio inconsapevole dell’ingenuo chesfida l’incoscienza, ma il coraggio dettato dalla sa-pienza dell’antico costruttore di Galileiana memoria.

LISTA DE REFERENCIAS

Comte, Auguste. 1830–42. Cours de philosophie positive.Paris: Rouen frères (Bachelier).

Malverti, Xavier. 1987. L’idée constructive en Architecture.Paris: Picard (Edition dirige Xavier Malverti).

Saint-Simon, Claude Henri de Rouvroy, conte di. 1823–24.Catéchisme des industriels. Paris: impr. de Sétier.

Schopenhauer, Arthur. [1819] 1991. Il mondo come volontà erappresentazione. Milano: Mursia. Edizione originale: DieWelt als Wille und Vorstellung. Leipzig: Brodhaus 1819.

Séjourné, Paul. 1913–16. Grandes Voûtes. Bourges: Impri-merie Vve Tardy-Pigelet et fils.

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Figura 13La struttura portante dell’ «imbuto» Antonelliano con gliarchi di alleggerimento della massa muraria e i blocchi lapi-dei di irrigidimento e regolarizzazione dei piani di trasmis-sione degli sforzi verticali

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