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Università degli Studi di Cagliari Dipartimento di Pedagogia, Psicologia, Filosofia Master di primo livello in Management dei prodotti e servizi della comunicazione Comunicazione visiva ed editoria digitale CULTURE E PRATICHE DELL’IMMAGINE @paolocosta 14-15 nov. 2013 1

Culture e pratiche dell'immagine

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Materiali per il corso di Comunicazione visiva ed editoria digitale del Master di primo livello in Management dei prodotti e servizi della comunicazione dell'Università di Cagliari. Un excursus sulle principali teorie critiche sullo statuto dell’immagine, dai visual studies alla cultura del software, e sulla declinazione dei paradigmi contemporanei della visualità e dell’immagine in alcuni dispositivi socio-culturali: media di informazione, arte, reti sociali online.

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Università degli Studi di Cagliari Dipartimento di Pedagogia, Psicologia, Filosofia

Master di primo livello in Management dei prodotti e servizi della comunicazione Comunicazione visiva ed editoria digitale

CULTURE E PRATICHE DELL’IMMAGINE @paolocosta

14-15 nov. 2013

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In sintesi: tre polarità

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Attraverseremo lo spazio che separa sguardo e immagine, simbolo

e simulacro, immagine e scrittura.

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In sintesi: due valenze

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Le immagini non sono solo oggetti da studiare, ma anche

strumenti per conoscere il mondo.

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In sintesi: un auspicio

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Leggere la cultura attraverso le pratiche – anche triviali – e la

manipolazione di prodotti e servizi.

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SGUARDO/IMMAGINE Prima polarità

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«Un uomo si mette in marcia per raggiungere, passo a passo, la saggezza. Non è ancora arrivato.»

Italo Calvino, Palomar, 1983

Albrecht Dürer Der Zeichner des liegenden Weibes 1538

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«Descrivi il cielo stellato»

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Lo sguardo crea immagini del mondo

L’immagine nasce dall’incontro fra mondo e sguardo

La visione è sempre mediata da dispositivi tecnici (cfr. la seconda parte della lezione)

Ogni sguardo sul mondo è condizionato dalle immagini di quel mondo preesistenti e prodotte da altri

I media hanno dunque una duplice valenza: sono filtri fra il nostro sguardo e il mondo, ma anche canali attraverso cui ci pervengono le immagini prodotte da altri

A volte lo sguardo stesso si fa immagine e spettacolo

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«Matrix is the world that has been pulled over your eyes to blind you from the truth.»

Andy e Larry Wachowski, The Matrix, 1999

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Problemi di percezione(*)

Il mondo è un universo silenzioso, informe e grigio, che contiene molecole, atomi e campi elettromagnetici, cose che non hanno – in sé – colore, odore, sapore e temperatura.

Forme e colori – così come odori, suoni, caldo e freddo – non sono proprietà del mondo, ma costruzioni della mente.

L’immagine è il prodotto dei nostri meccanismi cognitivi, è un allestimento del nostro cervello.

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(*) Enrico Bellone, Qualcosa, là fuori. Come il cervello crea la realtà, Torino, Codice Edizioni, 2011

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Lo spettacolo dello sguardo

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Lo sguardo dell’artista

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Faccia a faccia L’artista montenegrina esibisce il proprio sguardo, ingaggiando lo spettatore in un dialogo muto. Un tavolo e due sedie. Su una sedia la performer, sull’altra lo spettatore, che può guardare la Abramović negli occhi per tutto il tempo che desidera, fino alle lacrime. È una prova fisica ed emotiva che coinvolge entrambi e che può rivelarsi incredibilmente difficile da sopportare.

La performance è andata in scena nel 2010 al MoMa di New York, tutti i giorni per tre mesi, sette ore al giorno, per un totale di 700 ore. Ne sono scaturiti una serie di ritratti, realizzati dal fotografo Marco Anelli, e un film.

Marina Abramović The Artist is Present 2010 The Museum of Modern Art, New York

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«Nous appartenons à des dispositifs, et agissons en eux.» Gilles Deleuze, Foucault, Historien du présent, 1988

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Il dispositivo: Foucault e Agamben Michel Foucault(*) definisce dispositivo («dispositif»)

qualunque istituzione in grado di catturare, orientare, modellare e controllare i gesti, le opinioni e i discorsi degli esseri umani: sono dispositivi la scuola, il carcere, l’ospedale, la fabbrica, ecc.

Giorgio Agamben(**) allarga l’ambito a una serie di oggetti e pratiche che non sono in connessione diretta con il potere: la penna, la scrittura, la filosofia, l’agricoltura, le sigarette, il computer, il telefono cellulare e il linguaggio stesso.

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(*) Michel Foucault, Surveiller et punir, Paris, Gallimard, 1975 (**) Giorgio Agamben, Che cos'è un dispositivo?, Roma, Nottetempo, 2006

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Che cos’è dunque un dispositivo? Device | (tecn.) meccanismo, congegno o elemento che, da

solo o inserito in un meccanismo più complesso, in un apparecchio o in un impianto, serve per compiere una determinata funzione

Apparatus | (filos.) rete di elementi discorsivi che indirizzano e regolano il comportamento del soggetto, attraverso i quali il soggetto stesso si costituisce e ha la possibilità di esprimersi

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This is not a device

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Neanche questo è un «device»

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Apparati visivi e cultura visuale La mediazione dei dispositivi influenza la produzione e la

circolazione delle immagini Chiamiamo regime scopico(*) il rapporto che si instaura fra

a) sguardo, b) dispositivi ottici e mediali, c) immagini prodotte e fatte circolare attraverso tali dispositivi

La cultura visuale definisce l’insieme dei fattori che condizionano e guidano l’interazione fra visualità, apparati e istituzioni.

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(*) Christian Metz, Le signifiant imaginaire, Paris, UGE, 1977 (**) Nicholas Mirzoeff, An Introduction to Visual Culture, London, Routledge, 2009 (2)

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Teoria visuale e forma simbolica Una teoria della visione è anche una forma simbolica(*)

In questo senso non è né realistica, né empiristica: è semmai un’attività formale ideativa e costruttiva, come la scienza secondo la concezione di Cassirer(**)

Oggi i filmati triviali pubblicati su YouTube sono forse portatori di una nuova forma simbolica (***)

(*) Erwin Panofsky, Die Perspektive als Symbolische Form, Berlin-Leipzig, Warburg, 1927 (**) Ernst Cassirer, Philosophie der symbolischen Formen, Berlin, Bruno Cassirer, 1923-1929 (***) Paolo Granata, Arte, estetica e nuovi media, Bologna, Lupetti, 2009

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Where the hell is Matt?

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Uno sguardo globale sul mondo

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Un territorio, una mappa

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Lo spettacolo del potere

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Lo spettacolo del terrore

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La guerra come spettacolo(*)

La prima Guerra del Golfo non ha avuto luogo: è stata accuratamente sceneggiata («scripted») in quanto evento mediatico, o guerra virtuale

9 11 è stato un capolavoro mediatico: «we can perceive the collapse of the WTC towers as the climatic conclusion of twentieth-century art’s ‘passion for the Real’– the ‘terrorists’ themselves did not do it primarily to provoke real material damage, but for the spectacular effect of it»(*)

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(*) Slavoj Žižek, Welcome to the desert of the real, London, Verso, 2002

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La guerra come spettacolo(*)

Shock and awe («colpisci e stupisci»): le immagini si mostrano opache, in grado di sfuggire a ogni radar; il loro proliferare le rende immuni da critica

Tuttavia il pubblico è consapevole della possibilità di manipolare le immagini: il che le rende banali e insignificanti

Siamo sommersi da immagini che non possiamo controllare, ma che non possiamo rifiutare di guardare

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(*)Nicholas Mirzoeff, Watching Babylon. The war in Iraq and global visual culture, New York, Routledge, 2005

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«Viewers make meaning»(*)

Esiste anche una chiave di lettura differente, meno apocalittica e più vicina all’approccio dei cultural studies

Ogni contenuto mediale è soggetto a un processo di codifica da parte di chi lo produce (emittente) di successiva decodifica da parte di chi ne fruisce (destinatario)

La decodifica implica appropriazione e ricontestualizzazione L’appropriazione può essere condotta dalla cultura egemone

o dalle culture antagoniste

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(*)Marita Sturken e Lisa Cartwright, Practices of Looking: An Introduction to Visual Culture, Oxford, Oxford University Press, 2009 (2)

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SIMBOLO/SIMULACRO Seconda polarità

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Il problema della referenzialità Per Platone esistono solo due modi di riprodurre la realtà:

uno autentico e uno infedele

Baudrillard(*) ne identifica invece quattro: lo specchio, l’anamorfosi (contraffazione deliberata), la finzione (riproduzione in assenza del referente) e il simulacro

Quest’ultimo è una messa in scena priva di alcuna relazione con la realtà, ma vera in sé

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(*) Jean Baudrillard, Simulacres et simulation, Paris, Galilée, 1981

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L’ipertrofia delle immagini L’avvento della digitalizzazione e della miniaturizzazione

ha cambiato il nostro rapporto con le immagini

Con le immagini elettroniche intratteniamo un rapporto bulimico: le ingeriamo senza sosta, mossi da un’ossessione collettiva(*), una smania di registrazione e documentalità (**)

Esiste una relazione fra diluvio visuale e perdita della capacità referenziale delle immagini?

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(*) Geert Lovink, Networks Without a Cause: A Critique of Social Media, Cambridge, Polity, 2012 (**) Maurizio Ferraris, Documentalità. Perché è necessario lasciar tracce, Roma-Bari, Laterza, 2009

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Programmati dalle immagini?

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Alterazioni Nell’incubo di Cronenberg la smania negli occhi porta alla fusione uomo-macchina. Vittima di un segnale televisivo pirata, che trasmette pornografia snuff, il protagonista del film, Max Renn (James Woods) viene catturato in un incubo sempre più realistico. Dalle allucinazioni alla deformazione del corpo e alla sua fusione con elementi meccanici.

David Cronenberg Videodrome 1983 Canada

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La registrazione del sogno

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Neuroimaging Il desiderio prometeico di registrare, per via digitale, tutto ciò che si presenta alla visione. Il neuroimaging è la rappresentazione delle intenzioni mentali del soggetto umano nel momento in cui queste sono elaborate dal cervello o magari dai sogni. Nel film la protagonista, Clair Tourneur (Solveig Dommartin), è sopraffatta da questa tecnica e vive con una telecamera davanti agli occhi.

Wim Wenders Bis ans Ende der Welt 1991 Germania

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Occhio elettronico Abbiamo imparato a confidare nell’immagine fotografica. Ci possiamo fidare di quella digitale?. «Con la pittura tutto era semplice: essendo unico l’originale, ogni copia era una copia, cioè un falso. Con la fotografia e poi col cinema tutto si è fatto più complesso: l’originale è un negativo e non può esistere senza la copia, tutt’altro: ogni copia è un originale. Ora, con l’immagine elettronica, e presto con quella digitale, non c’è più negativo e tantomeno positivo. L’idea stessa di originale decade. Tutto è copia. Ogni distinzione sembra puro arbitrio» (traduzione dalla versione italiana).

Wim Wenders Aufzeichnungen Zu Kleidern und Stadten 1989 Germania

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Un’era post-fotografica?(*)

Le riflessioni di Wenders rimandano al luogo comune secondo il quale l’immagine digitale ha un rapporto con la realtà più debole rispetto a quella analogica

Secondo questa idea, l’immagine analogica rappresenta il mondo reale in modo fedele, naturale e puntuale

Dal carattere tecnico-semiotico del medium, dunque, si fa derivare in modo deterministico la sua ontologia

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(*) William J. Mitchell, The Reconfigured Eye. Visual Truth in the Post-photographic Era, Cambridge, MIT Press, 1992 e M. Hansen, Seeing with the Body: The Digital Image in Postphotology, «Diacritics», 31 (2001), pp. 54-82

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La cultura del software(*)

Il software è la nostra nuova interfaccia con il mondo: esso porta con sé sintassi, metafore, modelli dell’immaginazione

I nuovi media permettono di manipolare e diffondere oggetti culturali attraverso processi automatizzati

Inoltre consentono modularità (struttura frattale), variabilità (infinite varianti) e transcodifica culturale

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(*) Lev Manovich, Software Culture, Milano, Olivares, 2010

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Manipolazione e realismo(*)

W.J.T. Mitchell contesta le basi deterministiche dell’ontologia digitale del suo omonimo W.J. Mitchell

Il fatto che l’immagine digitale sia più facile da rielaborare di quella analogica non implica la perdita di relazione con il referente, anche perché esso non è sempre «ciò che si vede»

L’immagine digitale offre anzi maggiore ricchezza informativa e si presta a simulazioni più sofisticate, che permettono di ottenere migliori effetti di realismo

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(*) William J. Thomas Mitchell, Realismo e immagine digitale, in Roberta Coglitore (a cura di), Cultura visuale. Paradigmi a confronto, Palermo, Duepunti, 2008

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La sconfessione del reale(*)

C’è anche chi, prima dell’avvento della digitalizzazione, ha manifestato scetticismo sulla capacità dell’immagine di aiutarci a riconoscere il reale

Per S. Sontag la fotografia – nel suo porsi come realtà, piuttosto che come interpretazione – manca di forza gnoseologica: la realtà del mondo non è nella sua immagine

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(*) Susan Sontag, On Photography, New York, Penguin, 1977

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«Photography implies that we know about the world if we accept it as the camera records it. But this is the opposite of understanding, which starts from not accepting the world as it looks. All possibility

of understanding is rooted in the ability to say no. Strictly speaking, one never understands anything from a photograph.»

Susan Sontag, On Photography, 1977

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«Ogni immagine ti tormenta, vuole qualcosa.» Wim Wenders, Alice in den Städten, 1973

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Aderenza al referente «invisibile»

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Ritoccare il mondo La foto di Lee Oswald: innocuo «foto editing» a fini editoriali o falso intenzionale? L’immagine, che ritrae il presunto assassino di John Fitzgerald Kennedy mentre esibisce un’arma molto simile a quella utilizzata per l’omicidio e due quotidiani comunisti, è stata a lungo discussa.

La moglie di Oswald dichiarò di averla scattata nella primavera del 1963. Alcuni mesi dopo apparve, contemporaneamente, sulla copertina di «Life» e sulle pagine del «Detroit Free Press», ma con alcune significative differenze.

Marina Oswald (attribuita) Lee Harvey Oswald 1963 «Time», 21 febbraio 1964

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Dipingere una foto

Roger de la Fresnaye Ritratto di Guynemer 1922 Musée National d’Arte Moderne, Paris

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L’opera inaugura la stagione delle immagini ritratte non «dal vero», ma da una fotografia. Il pittore scopre un nuovo modo di illuminare il soggetto, di distinguerlo fra le ombre, di collocarlo in prospettiva, ed entra così in contatto con una realtà mai «vista» prima.

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Effetto pixel

Chuck Close Lucas I 1986-1987 The Metropolitan Museum of Art, New York

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L’immagine è composta da innumerevoli punti e risulta leggibile solo da lontano. Avvicinandoci alla tela, di ragguardevoli dimensioni, scopriamo che ciascuno dei punti vive di vita propria. È come se i singoli pixel operassero su due piani: a livello macroscopico, perché collaborano a comporre l’immagine; a livello microscopico, perché sono elementi carichi di significati pittorici indipendenti dall’insieme del quadro.

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Troppo reale

Chuck Close Barak Obama 2012 National Portrait Gallery, Washington

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Il dettaglio iperrealistico finisce col dirci molto di più di quello che ci aspettiamo da una foto. I ritratti fotografici di Chuck Close ci riportano alla poetica e ai paradigmi della grande stagione artistica dell’iperrealismo.

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Duane Hanson, Man on Mower (1995) Collezione dell’artista

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John De Andrea, Joan (1990) Palm Springs Art Museum, Palm Springs

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54 Ralph Goings, Double Ketchup (2006) Collezione dell’artista

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Il falso assoluto di Disneyland

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Variare e citare

Alain Jacquet Le Déjeuner sur l’herbe 1964 Centre Pompidou, Musée national d'art moderne, Paris

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L’immagine formula spesso un discorso su un’altra immagine, più che sulla realtà. L’opera di Jacquet è un omaggio ironico e innamorato a uno dei dipinti-chiave dell’arte moderna, Le déjeuner sur l'herbe di Édouard Manet, realizzato fra il 1862 e il 1863.

Il quadro è realizzato a partire da una fotografia, serigrafata su tela e ritoccata con acrilico.

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Qui ci va il testo della slide, che può arrivare fino in fondo e può contenere parti evidenziate in grassetto grigio (anche al posto del corsivo).

Giorgione Il concerto campestre 1510 ca. Musée du Louvre, Paris

La fonte classica di Manet

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Qui ci va il testo della slide, che può arrivare fino in fondo e può contenere parti evidenziate in grassetto grigio (anche al posto del corsivo).

Pablo Picasso Le déjeuner sur l'herbe 1960 Musée National Picasso, Paris

Un altro «plagio» famoso

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Qui ci va il testo della slide, che può arrivare fino in fondo e può contenere parti evidenziate in grassetto grigio (anche al posto del corsivo).

Rip Hopkins Muses d'Orsay 2006

Fotografia come remix

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Dal film al quadro

Bernard Rancillac Hiroshima mon amour 2008 Galerie Nicomède, Biarritz

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La pittura riflette sulle modalità espressive di altri media visuali, in questo caso del cinema. L’opera riprende piuttosto fedelmente una scena del film di Alain Resnais Hiroshima Mon Amour (Francia 1959). Scritta da Marguerite Duras e candidato all’Oscar nel 1961, la pellicola è interpretata da Emmanuelle Riva e Eiji Okada.

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Dal quadro al video

Bill Viola The Greeting 1995

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L’artista americano non imita la forma, ma ripropone l’emotività e la spiritualità dell’originale. Bill Viola rivisita l’arte di Jacopo Pontormo (La visitazione di Carmignano, 1528-1530, Carmignano PO). Usa il mezzo elettronico per indagare del passato, con particolare riguardo alla tradizione della pittura medioevale e rinascimentale di carattere religioso.

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IMMAGINE/SCRITTURA Terza polarità

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Arbitrarietà e materialità

Il carattere arbitrario è tipico del segno linguistico. Parliamo di arbitrarietà verticale (relazione fra significante e significato) e orizzontale (rapporto fra forma e sostanza)

Viceversa l’immagine ha (o dovrebbe avere) un carattere non arbitrario nel suo rapporto con il referente

Tuttavia…

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Non tutto il linguaggio è arbitrario

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La scrittura è anche immagine

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Déplacement

Matt Siber Untitled Project 2008 Galerie Nicomède, Biarritz

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Lo spostamento dei testi da un luogo all’altro ne evidenzia la dimensione materiale. Dal sito dell’autore: «The reintroduction of the text takes written language out of the context of its intended viewing environment. The composition of the layouts remain true to the composition of their corresponding photographs in order to draw attention to relative size, location and orientation. The isolation of the text from its original graphic design and accompanying logos, photographs and icons helps to further explore the nature of communication in the urban landscape as a combination of visual and literal signifiers.

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Poesia concreta

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Mary Ellen Solt, Geranium, in Flowers in Concrete (1966)

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Futurismo

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Corrado Govoni, Autoritratto, «Lacerba», 27 marzo 1915

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L’immagine è anche testo

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ESERCITAZIONI Appendice

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Esercitazione #1

Transcodifica/Riscrittura

Obiettivo: passare dalla rappresentazione iconografica di se stessi a quella linguistica

Ambito: Twitter e Instagram

Tempo a disposizione (elapsed): un’ora e trenta minuti

Input: un ritratto fotografico di se stessi

Output (deliverable): quindici trascrizioni linguistiche di 140 caratteri ciascuna (compresi spazi e hashtag #twego), basate su altrettante regole di riscrittura. È possibile inserire la fotografia nel tweet, sapendo che impegna 22-24 caratteri

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Esercitazione #1

Materiali: Regole di riscrittura

Sogno: riscrivi come se fosse un sogno

Arcobaleno: riscrivi usando più colori che puoi

Svolgimento: riscrivi come i pensierini di un bimbo

Lettera ufficiale: riscrivi con uno stile burocratico

Passato remoto: riscrivi usando il passato remoto

Esclamazioni: riscrivi usando molte esclamazioni

Interrogatorio: riscrivi come un interrogatorio di polizia

Olfattivo: riscrivi usando gli odori e l'olfatto

Gustativo: riscrivi usando la lingua e il gusto

Tattile: riscrivi usando le dita e il tatto

Visivo: riscrivi usando gli occhi e la vista

Auditivo: riscrivi usando le orecchie e l'udito

Lipogramma in a: riscrivi senza usare la lettera "a"

Botanico: riscrivi usando nomi di piante

Gastronomico: riscrivi usando nomi di cibo

Liberamente ispirate agli Exercices de style di Raymond Queneau (Paris, Gallimard, 1947)

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Esercitazione #1

Materiali: #twego

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Solcata ho fronte, occhi incavati intenti; Crin fulvo, emunte guance, ardito aspetto; Labbro tumido acceso, e tersi denti, Capo chino, bel collo, e largo petto; Giuste membra, vestir semplice eletto; Ratti i passi, i pensier, gli atti, gli accenti, Sobrio, umano, leal, prodigo, schietto; Avverso al mondo, avversi a me gli eventi. Talor di lingua, e spesso di man prode; Mesto i più giorni e solo, ognor pensoso, Pronto, iracondo, inquieto, tenace: Di vizi ricco e di virtù, do lode Alla ragion, ma corro ove al cor piace: Morte sol mi darà fama e riposo.

Esercitazione #1

Materiali: U. Foscolo, Sonetti, 1803

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«Le pupille stanche sono sollevate, con l’aria di aver

molto veduto, molto deriso, molto amato.»

Marcel Proust, Chardin e

Rembrandt

Esercitazione #1

Materiali: Proust riscrive Chardin

Jean-Baptiste Siméon Chardin, Autoportrait, 1771, Musée du Louvre, Paris

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Obiettivo: riscrivere un affresco trecentesco

Ambito: Twitter e Instagram

Tempo a disposizione (elapsed): 20 minuti in aula, con la possibilità di proseguire l’esperimento nei prossimi giorni

Input: Ambrogio Lorenzetti, Allegoria del Buon Governo, Siena, Palazzo Pubblico, 1338-1339

Output (deliverable): un numero a piacere di trascrizioni linguistiche dell’opera, di 140 caratteri ciascuna (compresi spazi e hashtag #buongoverno). È possibile inserire l’immagine nel tweet, sapendo che impegna 22-24 caratteri

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Esercitazione #2

Transcodifica/Riscrittura

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Esercitazione #2

Materiali: Allegoria del Buon Governo

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Obiettivo: identificare i contenuti simbolici e ideologici sottesi alla rappresentazione iconografica della Sardegna

Ambito: tutto il Web (siti e portali, reti sociali)

Tempo a disposizione (elapsed): un’ora e trenta minuti in aula. L’esercitazione prosegue online nei prossimi giorni

Output (deliverable): Presentazione (PPTX o Prezi) — Temi e contenuti prevalenti

— Modalità di rappresentazione («linguaggio» e scelte iconiche, focus, elementi chiave, punto di osservazione, rinvii ad altri contenuti, …)

— Temi e soggetti assenti

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Esercitazione #3

Ricerca iconologica