Transcript

L’intervistalunedì 19 novembre 2012 laRegioneTicino 2SpecialeTrasformazioninell’era della rete

a cura di Antonio Rossano, giornalista, esperto di co-municazione e nuovi media

La grave crisi economica che coinvolge ilmondo occidentale traccia un punto dinon ritorno nello sviluppo della nostrasocietà. Nulla potrà essere più come pri-

ma. Ne abbiamo parlato con Manuel Ca-stells, universalmente riconosciuto comeuno dei più grandi sociologi viventi, comeHabermas, Morin e pochi altri

Due occhi piccoli e vivaci,incastonati nel sorridente visotondo, dallo sguardo aperto eluminoso, dall’età indefinibi-le. Non li dimostra 70 anni, Ma-nuel Castells, universalmentericonosciuto come uno dei piùgrandi sociologi viventi, comeHabermas, Morin e pochi altri.Quando, in giro per il mondo apresentare i suoi studi, si pre-senta al pubblico, spesso, consguardo sornione, già sapendodi ricevere un sorriso ed un ap-plauso dice “Io sono spagnolo,di La Mancha… come Don Chi-sciotte !” . E come un Don Chi-sciotte moderno e visionario,la sua ricerca si è sviluppatanel tempo su argomenti diffici-li e controversi, nella definizio-ne di quelle che erano le rela-zioni tra il potere e la società,tra potere e media. Partì nellontano 1968, in fuga dalla Spa-gna franchista, giungendo aParigi dove , giovanissimo, a 24anni, divenne professore uni-versitario, avendo tra i suoi al-lievi uno dei leader del movi-mento sessantottino francese,Daniel Cohn-Benedict .

Quel movimento lo influen-zò, nella vita e nelle sue teorie,nella convinzione che le cosepotessero cambiare, esseresmosse, non solo con la prote-sta, ma con una protesta arti-colata con gli interessi ed i va-lori della società. Il principiodell’affermazione dell’autono-mia individuale, in opposizio-ne alla massificazione e stan-dardizzazione, fu al centro diquel cambiamento. Anche larivoluzione tecnologica deglianni successivi, fu plasmata daquesti valori, se pensiamo cheaziende come IBM dichiarava-no che nel 2000 ci sarebberostati nel mondo al massimo tra5 e 10 mega calcolatori e il per-sonal computer sembrava unutopia o addirittura messo al-l’indice in paesi come l’UnioneSovietica.

Ed il rapporto tra la tecnolo-gia e la struttura sociale in cuiessa appare, quella che Ca-stells definisce la relazione trala rete Internet e l’individuo,ha rappresentato il punto cen-trale dei suoi studi. Al “deter-minismo tecnologico”, ovverola convinzione che le tecnolo-gie possano cambiare da solela società, Castells contrappo-ne un nuovo mondo che non èridefinito dalla tecnologia insé, bensì dagli usi di questatecnologia sulla base degli in-teressi politici, sociali ed eco-nomici, da quello che le perso-ne vogliono fare con essa, nelsenso di ciò che essi sono, quel-lo in cui credono, e quello vor-rebbero accadesse nel mondo.

Per Castells oggi la rete In-ternet è lo strumento principa-le di comunicazione, attraver-so cui milioni di persone in tut-to il mondo sono in contattotra di loro, spesso senza cono-scersi, ma riuscendo a condivi-dere idee, opinioni e battaglie,come accaduto con le rivolu-zioni arabe, in Egitto, Tunisia,Libia, anche chiamate “Twit-ter revolutions” , nei movi-menti come gli “Indignados”spagnoli o “Occupy Wall Stre-et” in America, fenomeni cheha appunto analizzato nel suoultimo libro “Reti di indigna-zione e speranza: movimentisociali nell'era di Internet”.

Il suo pensiero, sostanzial-mente innovativo, basato suuna ricerca scientifica costan-te ed in continuo aggiorna-mento, ha una inquadratura

culturale “umanistica” dellosviluppo della società, ponen-do sempre l’individuo, qualeessere umano con le proprieesigenze, valori e sentimenti,al centro dei processi culturalievolutivi sociali.

Sono gli esseri umani, con ipropri interessi, aspirazioni edesideri, a determinare i cam-biamenti sociali, nel bene e nelmale, e le tecnologie, Internetin primo luogo, rappresentanola piattaforma per lo sviluppoe la crescita dei nuovi sistemi emovimenti sociali.

Castells è docente di Tecno-logie della Comunicazione edella Società presso la Anne-berg School of Communica-tion dell’Università della Cali-fornia del Sud a Los Angeles,Professore Emerito di Sociolo-gia e Professore Emerito dipianificazione Urbana e Regio-nale all’Università di Berkeleyin California e Professore diSociologia e Direttore dell’In-ternet Interdisciplinary Insti-tute presso l’Università di Ca-talogna in Spagna . Ha scritto23 libri e decine di pubblicazio-ni scientifiche in tutte le linguee ricevuto una quindicina dilauree honoris causa da variatenei nel mondo. Quest’annoè stato insignito dell’HolbergPrice, il prestigioso premioistituito dal parlamento Nor-

vegese, considerato il “Nobel”delle scienze umane e sociali.In Italia da qualche giorno, loabbiamo incontrato a Milano,ponendogli alcune domandeper i lettori della “Regione”.

Professor Castells, unadelle principali questionioggetto della sua ricerca ne-gli ultimi dieci anni è la re-lazione tra potere e mondodei media. Come cambiaquesta relazione con la reteInternet?

«Si tratta di un cambiamen-to totale. Le persone sono oggiin grado di creare reti di comu-nicazione orizzontale in modomultimodale senza alcun con-trollo di governi o aziende. Sì,ci sono tentativi di controllare,ma vi sono alcuni fattori che loimpediranno:

a) In tutti gli stati vi èuna tutela giuridica per la libe-ra espressione

b) Le persone possonoreagire, cambiando, per esem-pio, le regole

c) Le persone sono ingrado di bypassare il controlloe trovano sempre il modo dicomunicare in Internet. Anchein Cina.

Oggi è la TV che prende leimmagini da You Tube, piutto-sto che il contrario. Ognuno dinoi può avere il suo canale tvpersonale, in YouTube e nelle

altre reti. Il monopolio dellacomunicazione di massa è fini-to, e questo è il cambiamentopiù importante nella storiadella comunicazione».

Nel suo penultimo libro“Aftermath - The Culturesof the Economic Crisis”pubblicato lo scorso luglio,lei sostiene che la attualecrisi economica è, ancorprima che economica o fi-nanziaria, culturale e poli-tica: ci può spiegare cosa in-tende?

«Intendo dire che credere divivere indebitandosi per con-sumare senza avere il tempo diapprezzare la vita è una cultu-ra distruttiva. Che la gestionedelle istituzioni finanziarie intermini di guadagno personaledei dirigenti, indipendente-mente dagli interessi dei clien-ti e degli azionisti è stata l'ori-gine della crisi economica e fi-nanziaria che ha travolto ilmondo occidentale. E gli effettidi questa crisi gravano sui cit-tadini, che non ne sono respon-sabili, con la complicità delleèlite politiche e delle èlite fi-nanziarie, generando una crisidi legittimazione politica».

Questa crisi ha travolto ilmondo dell’editoria e deigiornali. Gli editori tendo-no a vedere nella rete Inter-net e nei suoi attori più im-

portanti, non una possibili-tà ma un nemico: è di questigiorni la notizia che gli edi-tori europei, dopo quellibrasiliani, si stiano coaliz-zando per imporre una tas-sa a Google… che ne pensa?

«Il nostro mondo è online. Il97% di tutte le informazioniesistenti nel pianeta è digita-lizzato. I giornali che non siadattano all'era digitale sonocondannati a prescindere daisistemi “luddisti” (antitecno-logici ndr) che possono prova-re. In realtà la maggior partedei giornali europei sono sov-venzionati dai governi e daipartiti politici o sono di pro-prietà di corporations, anchese in perdita, con il solo scopodi mantenere la propria attua-le influenza politica. È unaquestione di tempo. Quando laattuale generazione di sessan-tenni si esaurirà, non ci sarànessun giornale stampato sen-za sovvenzioni. Ma l'informa-zione ed il giornalismo prospe-reranno nel mondo della co-municazione virtuale, che glieditori dovranno condividerecon i blogger e gli altri abitantidella rete».

D’altra parte le concen-trazioni di potere, come nelcampo dei media tradizio-nali (stampa e televisione)sono molto forti anche per

quanto riguarda internet:basti pensare a giganticome Google, Apple o Ama-zon. Non pensa che tali con-centrazioni siano negativeo, addirittura, pericolose?

«Il capitalismo delle aziendetende alla concentrazione delpotere in tutti i settori. Nelmondo di Internet, tuttavia, lereti di comunicazione orizzon-tale permettono a personecome lei e me e chiunque altro,di avere un blog o di creareuna rete di comunicazione oanche una azienda su Internet(i costi di avviamento sonobassi per gli imprenditori tec-nologicamente avanzati). Così,se Google o Apple bloccano lelibere informazioni in Inter-net, queste verranno riportateda nuove imprese libere. Que-sto è ciò che è successo a AOL oMySpace. Quindi, sì, questisono oligopoli, ma la forza diqueste aziende è di fornire li-bera comunicazione. Se non lofaranno qualcun altro lo farà,anche con un piccolo capitale,e portando via i loro clienti».

Nella sua ricerca, lei indi-vidua nella rete internet illuogo per una nuova demo-crazia… eppure nell’ultimodibattito tra Obama e Rom-ney per la campagna presi-denziale 2012, uno studio af-ferma che l’85% della popo-lazione seguiva il dibattitoin televisione, mentre soloil 14% su computer e mobi-le, siamo ancora all’iniziodi questo processo?

«Non proprio, un dibattito te-levisivo è un dibattito televisi-vo che alla gente piace vederein questo formato. I dati sonomolto diversi se prendiamo inconsiderazione la fascia di etàtra i 20 e i 30 anni. Ma la cosaprincipale è che le persone chestanno cercando di costruireuna nuova forma di democra-zia non credono in quel tipo dipolitica che viene decisa daglispettacoli televisivi. Il proble-ma non è la piattaforma tecno-logica, ma come vengono pro-dotte le immagini ed i contenu-ti. La TV non scomparirà, madiventerà solo un nodo di unarete molto più ampia di piatta-forme di comunicazione».

Eppure anche nella cam-pagna presidenziale ameri-cana 2012, l’interazione conil pubblico, in Internet, èstata scandita da centinaiadi migliaia di messaggi de-gli staff di collaboratori diObama e Romney : è in peri-colo l’autonomia ed indi-pendenza della rete Inter-net?

«In tempi molto recenti lereti di potere, come quelle poli-tiche, erano gli unici abitantidella sfera delle comunicazio-ni di massa. Ora devono condi-videre questa sfera con milionidi messaggi e centinaia di mi-gliaia di reti di comunicazioneautonome, che non seguono gliordini. La prima campagna diObama ha determinato la na-scita di una moltitudine di retiindipendenti, e questo è stato ilmotivo del successo di Obama.L’ultima è stata una campagnaper metà “aziendale” e permetà “dal basso”, controllatadal suo staff, ed il livello di mo-bilitazione si è ridotto. Eppurela gente ha votato per lui, per-ché non apprezzava Romney.Ma Obama è ormai diventatoun politico tradizionale, anchese molto più progressista ri-spetto alla maggior parte deipolitici americani».

E’ questo il titolo dell’ultimo libro diManuel Castells (l’originale, in inglese“Networks of Outrage and Hope”), uscitolo scorso ottobre in lingua italiana, dedi-cato ad Alain Touraine, il sociologo fran-cese che fu suo insegnante all’Universitàdi Parigi, nonché come egli stesso scrive“padre intellettuale e teorico dei movi-menti sociali”.

“I sintomi di una nuova era rivoluzio-naria, un’epoca di rivolte tese a esplorareil senso della vita anziché a colpire lo sta-to, andavano materializzandosi un po’ovunque, dall’Islanda alla Tunisia, daWikiLeaks ad Anonymous, e poco dopoda Atene a Madrid a New York. La crisidel capitalismo economico globale nonportava obbligatoriamente a un vicolocieco – poteva perfino indicare un nuovoinizio basato su modelli inattesi…” cosìlo stesso Castells introduce il suo libro econ esso il concetto che ne è alla base: la

crisi del capitalismo moderno ha genera-to l’indignazione, che è alla base dei mo-vimenti che vegono in esso analizzati,ma è la speranza il valore che consentiràalla società di riscattarsi, di ritrovarenuove forme di coesione e di democrazia.

Il libro vuole essere una esplorazionedelle nuove forme dei movimenti socialie di protesta, che stano esplodendo nelmondo oggi, dalle rivolte arabe al movi-mento indignadas in Spagna, ad OccupyWall Street negli Stati Uniti. Mentre que-sti e simili movimenti sociali differisco-no in molti aspetti importanti, c'è unacosa che hanno in comune: sono tutti in-trecciati inestricabilmente con la crea-zione di reti di comunicazione autonomesupportate da Internet e dalle comunica-zioni wireless.

In questo libro tanto importante e at-tuale, Manuel Castells - che porta lo stu-dioso della nostra società contempora-

nea in rete - esamina le radici sociali, cul-turali e politiche di questi nuovi movi-menti sociali, i loro studi di forme inno-vative di auto-organizzazione, valuta ilpreciso ruolo della tecnologia nella dina-mica dei movimenti, suggerisce le ragio-ni del sostegno che hanno trovato inampi segmenti della società, e sonda laloro capacità di indurre il cambiamentopolitico, influenzando la mente delle per-sone.

Sulla base del lavoro sul campo, origi-nale dell'autore e dei suoi collaboratori,nonché con la raccolta di numerose e va-rie fonti secondarie, questo libro offre unpercorso innovativo di analisi delle nuo-ve forme dei movimenti sociali, e offreun modello analitico per far avanzare ildibattito avviato dalla loro nascita ri-guardo le nuove forme della vita sociale,il cambiamento e la democrazia politicanelle società in rete globale.

Reti di indignazione e speranza: movimenti sociali nell'era di Internet

Don Chisciottee internet

191112_02_Speciale Rossano 16.11.12 15:55 Pagina 1

Recommended