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L’intervista lunedì 19 novembre 2012 laRegioneTicino 2 Speciale Trasformazioni nell’era della rete a cura di Antonio Rossano, giornalista, esperto di co- municazione e nuovi media La grave crisi economica che coinvolge il mondo occidentale traccia un punto di non ritorno nello sviluppo della nostra società. Nulla potrà essere più come pri- ma. Ne abbiamo parlato con Manuel Ca- stells, universalmente riconosciuto come uno dei più grandi sociologi viventi, come Habermas, Morin e pochi altri Due occhi piccoli e vivaci, incastonati nel sorridente viso tondo, dallo sguardo aperto e luminoso, dall’età indefinibi- le. Non li dimostra 70 anni, Ma- nuel Castells, universalmente riconosciuto come uno dei più grandi sociologi viventi, come Habermas, Morin e pochi altri. Quando, in giro per il mondo a presentare i suoi studi, si pre- senta al pubblico, spesso, con sguardo sornione, già sapendo di ricevere un sorriso ed un ap- plauso dice “Io sono spagnolo, di La Mancha… come Don Chi- sciotte !” . E come un Don Chi- sciotte moderno e visionario, la sua ricerca si è sviluppata nel tempo su argomenti diffici- li e controversi, nella definizio- ne di quelle che erano le rela- zioni tra il potere e la società, tra potere e media. Partì nel lontano 1968, in fuga dalla Spa- gna franchista, giungendo a Parigi dove , giovanissimo, a 24 anni, divenne professore uni- versitario, avendo tra i suoi al- lievi uno dei leader del movi- mento sessantottino francese, Daniel Cohn-Benedict . Quel movimento lo influen- zò, nella vita e nelle sue teorie, nella convinzione che le cose potessero cambiare, essere smosse, non solo con la prote- sta, ma con una protesta arti- colata con gli interessi ed i va- lori della società. Il principio dell’affermazione dell’autono- mia individuale, in opposizio- ne alla massificazione e stan- dardizzazione, fu al centro di quel cambiamento. Anche la rivoluzione tecnologica degli anni successivi, fu plasmata da questi valori, se pensiamo che aziende come IBM dichiarava- no che nel 2000 ci sarebbero stati nel mondo al massimo tra 5 e 10 mega calcolatori e il per- sonal computer sembrava un utopia o addirittura messo al- l’indice in paesi come l’Unione Sovietica. Ed il rapporto tra la tecnolo- gia e la struttura sociale in cui essa appare, quella che Ca- stells definisce la relazione tra la rete Internet e l’individuo, ha rappresentato il punto cen- trale dei suoi studi. Al “deter- minismo tecnologico”, ovvero la convinzione che le tecnolo- gie possano cambiare da sole la società, Castells contrappo- ne un nuovo mondo che non è ridefinito dalla tecnologia in sé, bensì dagli usi di questa tecnologia sulla base degli in- teressi politici, sociali ed eco- nomici, da quello che le perso- ne vogliono fare con essa, nel senso di ciò che essi sono, quel- lo in cui credono, e quello vor- rebbero accadesse nel mondo. Per Castells oggi la rete In- ternet è lo strumento principa- le di comunicazione, attraver- so cui milioni di persone in tut- to il mondo sono in contatto tra di loro, spesso senza cono- scersi, ma riuscendo a condivi- dere idee, opinioni e battaglie, come accaduto con le rivolu- zioni arabe, in Egitto, Tunisia, Libia, anche chiamate “Twit- ter revolutions” , nei movi- menti come gli “Indignados” spagnoli o “Occupy Wall Stre- et” in America, fenomeni che ha appunto analizzato nel suo ultimo libro “Reti di indigna- zione e speranza: movimenti sociali nell'era di Internet”. Il suo pensiero, sostanzial- mente innovativo, basato su una ricerca scientifica costan- te ed in continuo aggiorna- mento, ha una inquadratura culturale “umanistica” dello sviluppo della società, ponen- do sempre l’individuo, quale essere umano con le proprie esigenze, valori e sentimenti, al centro dei processi culturali evolutivi sociali. Sono gli esseri umani, con i propri interessi, aspirazioni e desideri, a determinare i cam- biamenti sociali, nel bene e nel male, e le tecnologie, Internet in primo luogo, rappresentano la piattaforma per lo sviluppo e la crescita dei nuovi sistemi e movimenti sociali. Castells è docente di Tecno- logie della Comunicazione e della Società presso la Anne- berg School of Communica- tion dell’Università della Cali- fornia del Sud a Los Angeles, Professore Emerito di Sociolo- gia e Professore Emerito di pianificazione Urbana e Regio- nale all’Università di Berkeley in California e Professore di Sociologia e Direttore dell’In- ternet Interdisciplinary Insti- tute presso l’Università di Ca- talogna in Spagna . Ha scritto 23 libri e decine di pubblicazio- ni scientifiche in tutte le lingue e ricevuto una quindicina di lauree honoris causa da vari atenei nel mondo. Quest’anno è stato insignito dell’Holberg Price, il prestigioso premio istituito dal parlamento Nor- vegese, considerato il “Nobel” delle scienze umane e sociali. In Italia da qualche giorno, lo abbiamo incontrato a Milano, ponendogli alcune domande per i lettori della “Regione”. Professor Castells, una delle principali questioni oggetto della sua ricerca ne- gli ultimi dieci anni è la re- lazione tra potere e mondo dei media. Come cambia questa relazione con la rete Internet? «Si tratta di un cambiamen- to totale. Le persone sono oggi in grado di creare reti di comu- nicazione orizzontale in modo multimodale senza alcun con- trollo di governi o aziende. Sì, ci sono tentativi di controllare, ma vi sono alcuni fattori che lo impediranno: a) In tutti gli stati vi è una tutela giuridica per la libe- ra espressione b) Le persone possono reagire, cambiando, per esem- pio, le regole c) Le persone sono in grado di bypassare il controllo e trovano sempre il modo di comunicare in Internet. Anche in Cina. Oggi è la TV che prende le immagini da You Tube, piutto- sto che il contrario. Ognuno di noi può avere il suo canale tv personale, in YouTube e nelle altre reti. Il monopolio della comunicazione di massa è fini- to, e questo è il cambiamento più importante nella storia della comunicazione». Nel suo penultimo libro “Aftermath - The Cultures of the Economic Crisis” pubblicato lo scorso luglio, lei sostiene che la attuale crisi economica è, ancor prima che economica o fi- nanziaria, culturale e poli- tica: ci può spiegare cosa in- tende? «Intendo dire che credere di vivere indebitandosi per con- sumare senza avere il tempo di apprezzare la vita è una cultu- ra distruttiva. Che la gestione delle istituzioni finanziarie in termini di guadagno personale dei dirigenti, indipendente- mente dagli interessi dei clien- ti e degli azionisti è stata l'ori- gine della crisi economica e fi- nanziaria che ha travolto il mondo occidentale. E gli effetti di questa crisi gravano sui cit- tadini, che non ne sono respon- sabili, con la complicità delle èlite politiche e delle èlite fi- nanziarie, generando una crisi di legittimazione politica». Questa crisi ha travolto il mondo dell’editoria e dei giornali. Gli editori tendo- no a vedere nella rete Inter- net e nei suoi attori più im- portanti, non una possibili- tà ma un nemico: è di questi giorni la notizia che gli edi- tori europei, dopo quelli brasiliani, si stiano coaliz- zando per imporre una tas- sa a Google… che ne pensa? «Il nostro mondo è online. Il 97% di tutte le informazioni esistenti nel pianeta è digita- lizzato. I giornali che non si adattano all'era digitale sono condannati a prescindere dai sistemi “luddisti” (antitecno- logici ndr) che possono prova- re. In realtà la maggior parte dei giornali europei sono sov- venzionati dai governi e dai partiti politici o sono di pro- prietà di corporations, anche se in perdita, con il solo scopo di mantenere la propria attua- le influenza politica. È una questione di tempo. Quando la attuale generazione di sessan- tenni si esaurirà, non ci sarà nessun giornale stampato sen- za sovvenzioni. Ma l'informa- zione ed il giornalismo prospe- reranno nel mondo della co- municazione virtuale, che gli editori dovranno condividere con i blogger e gli altri abitanti della rete». D’altra parte le concen- trazioni di potere, come nel campo dei media tradizio- nali (stampa e televisione) sono molto forti anche per quanto riguarda internet: basti pensare a giganti come Google, Apple o Ama- zon. Non pensa che tali con- centrazioni siano negative o, addirittura, pericolose? «Il capitalismo delle aziende tende alla concentrazione del potere in tutti i settori. Nel mondo di Internet, tuttavia, le reti di comunicazione orizzon- tale permettono a persone come lei e me e chiunque altro, di avere un blog o di creare una rete di comunicazione o anche una azienda su Internet (i costi di avviamento sono bassi per gli imprenditori tec- nologicamente avanzati). Così, se Google o Apple bloccano le libere informazioni in Inter- net, queste verranno riportate da nuove imprese libere. Que- sto è ciò che è successo a AOL o MySpace. Quindi, sì, questi sono oligopoli, ma la forza di queste aziende è di fornire li- bera comunicazione. Se non lo faranno qualcun altro lo farà, anche con un piccolo capitale, e portando via i loro clienti». Nella sua ricerca, lei indi- vidua nella rete internet il luogo per una nuova demo- crazia… eppure nell’ultimo dibattito tra Obama e Rom- ney per la campagna presi- denziale 2012, uno studio af- ferma che l’85% della popo- lazione seguiva il dibattito in televisione, mentre solo il 14% su computer e mobi- le, siamo ancora all’inizio di questo processo? «Non proprio, un dibattito te- levisivo è un dibattito televisi- vo che alla gente piace vedere in questo formato. I dati sono molto diversi se prendiamo in considerazione la fascia di età tra i 20 e i 30 anni. Ma la cosa principale è che le persone che stanno cercando di costruire una nuova forma di democra- zia non credono in quel tipo di politica che viene decisa dagli spettacoli televisivi. Il proble- ma non è la piattaforma tecno- logica, ma come vengono pro- dotte le immagini ed i contenu- ti. La TV non scomparirà, ma diventerà solo un nodo di una rete molto più ampia di piatta- forme di comunicazione». Eppure anche nella cam- pagna presidenziale ameri- cana 2012, l’interazione con il pubblico, in Internet, è stata scandita da centinaia di migliaia di messaggi de- gli staff di collaboratori di Obama e Romney : è in peri- colo l’autonomia ed indi- pendenza della rete Inter- net? «In tempi molto recenti le reti di potere, come quelle poli- tiche, erano gli unici abitanti della sfera delle comunicazio- ni di massa. Ora devono condi- videre questa sfera con milioni di messaggi e centinaia di mi- gliaia di reti di comunicazione autonome, che non seguono gli ordini. La prima campagna di Obama ha determinato la na- scita di una moltitudine di reti indipendenti, e questo è stato il motivo del successo di Obama. L’ultima è stata una campagna per metà “aziendale” e per metà “dal basso”, controllata dal suo staff, ed il livello di mo- bilitazione si è ridotto. Eppure la gente ha votato per lui, per- ché non apprezzava Romney. Ma Obama è ormai diventato un politico tradizionale, anche se molto più progressista ri- spetto alla maggior parte dei politici americani». E’ questo il titolo dell’ultimo libro di Manuel Castells (l’originale, in inglese “Networks of Outrage and Hope”), uscito lo scorso ottobre in lingua italiana, dedi- cato ad Alain Touraine, il sociologo fran- cese che fu suo insegnante all’Università di Parigi, nonché come egli stesso scrive “padre intellettuale e teorico dei movi- menti sociali”. “I sintomi di una nuova era rivoluzio- naria, un’epoca di rivolte tese a esplorare il senso della vita anziché a colpire lo sta- to, andavano materializzandosi un po’ ovunque, dall’Islanda alla Tunisia, da WikiLeaks ad Anonymous, e poco dopo da Atene a Madrid a New York. La crisi del capitalismo economico globale non portava obbligatoriamente a un vicolo cieco – poteva perfino indicare un nuovo inizio basato su modelli inattesi…” così lo stesso Castells introduce il suo libro e con esso il concetto che ne è alla base: la crisi del capitalismo moderno ha genera- to l’indignazione, che è alla base dei mo- vimenti che vegono in esso analizzati, ma è la speranza il valore che consentirà alla società di riscattarsi, di ritrovare nuove forme di coesione e di democrazia. Il libro vuole essere una esplorazione delle nuove forme dei movimenti sociali e di protesta, che stano esplodendo nel mondo oggi, dalle rivolte arabe al movi- mento indignadas in Spagna, ad Occupy Wall Street negli Stati Uniti. Mentre que- sti e simili movimenti sociali differisco- no in molti aspetti importanti, c'è una cosa che hanno in comune: sono tutti in- trecciati inestricabilmente con la crea- zione di reti di comunicazione autonome supportate da Internet e dalle comunica- zioni wireless. In questo libro tanto importante e at- tuale, Manuel Castells - che porta lo stu- dioso della nostra società contempora- nea in rete - esamina le radici sociali, cul- turali e politiche di questi nuovi movi- menti sociali, i loro studi di forme inno- vative di auto-organizzazione, valuta il preciso ruolo della tecnologia nella dina- mica dei movimenti, suggerisce le ragio- ni del sostegno che hanno trovato in ampi segmenti della società, e sonda la loro capacità di indurre il cambiamento politico, influenzando la mente delle per- sone. Sulla base del lavoro sul campo, origi- nale dell'autore e dei suoi collaboratori, nonché con la raccolta di numerose e va- rie fonti secondarie, questo libro offre un percorso innovativo di analisi delle nuo- ve forme dei movimenti sociali, e offre un modello analitico per far avanzare il dibattito avviato dalla loro nascita ri- guardo le nuove forme della vita sociale, il cambiamento e la democrazia politica nelle società in rete globale. Reti di indignazione e speranza: movimenti sociali nell'era di Internet Don Chisciotte e internet 191112_02_Speciale Rossano 16.11.12 15:55 Pagina 1

Don Chisciotte e internet - it.ejo.chit.ejo.ch/wp-content/uploads/191112_02_Speciale-Rossano-1.pdf · di La Mancha… come Don Chi-sciotte !” . E come un Don Chi- ... Ed il rapporto

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L’intervistalunedì 19 novembre 2012 laRegioneTicino 2SpecialeTrasformazioninell’era della rete

a cura di Antonio Rossano, giornalista, esperto di co-municazione e nuovi media

La grave crisi economica che coinvolge ilmondo occidentale traccia un punto dinon ritorno nello sviluppo della nostrasocietà. Nulla potrà essere più come pri-

ma. Ne abbiamo parlato con Manuel Ca-stells, universalmente riconosciuto comeuno dei più grandi sociologi viventi, comeHabermas, Morin e pochi altri

Due occhi piccoli e vivaci,incastonati nel sorridente visotondo, dallo sguardo aperto eluminoso, dall’età indefinibi-le. Non li dimostra 70 anni, Ma-nuel Castells, universalmentericonosciuto come uno dei piùgrandi sociologi viventi, comeHabermas, Morin e pochi altri.Quando, in giro per il mondo apresentare i suoi studi, si pre-senta al pubblico, spesso, consguardo sornione, già sapendodi ricevere un sorriso ed un ap-plauso dice “Io sono spagnolo,di La Mancha… come Don Chi-sciotte !” . E come un Don Chi-sciotte moderno e visionario,la sua ricerca si è sviluppatanel tempo su argomenti diffici-li e controversi, nella definizio-ne di quelle che erano le rela-zioni tra il potere e la società,tra potere e media. Partì nellontano 1968, in fuga dalla Spa-gna franchista, giungendo aParigi dove , giovanissimo, a 24anni, divenne professore uni-versitario, avendo tra i suoi al-lievi uno dei leader del movi-mento sessantottino francese,Daniel Cohn-Benedict .

Quel movimento lo influen-zò, nella vita e nelle sue teorie,nella convinzione che le cosepotessero cambiare, esseresmosse, non solo con la prote-sta, ma con una protesta arti-colata con gli interessi ed i va-lori della società. Il principiodell’affermazione dell’autono-mia individuale, in opposizio-ne alla massificazione e stan-dardizzazione, fu al centro diquel cambiamento. Anche larivoluzione tecnologica deglianni successivi, fu plasmata daquesti valori, se pensiamo cheaziende come IBM dichiarava-no che nel 2000 ci sarebberostati nel mondo al massimo tra5 e 10 mega calcolatori e il per-sonal computer sembrava unutopia o addirittura messo al-l’indice in paesi come l’UnioneSovietica.

Ed il rapporto tra la tecnolo-gia e la struttura sociale in cuiessa appare, quella che Ca-stells definisce la relazione trala rete Internet e l’individuo,ha rappresentato il punto cen-trale dei suoi studi. Al “deter-minismo tecnologico”, ovverola convinzione che le tecnolo-gie possano cambiare da solela società, Castells contrappo-ne un nuovo mondo che non èridefinito dalla tecnologia insé, bensì dagli usi di questatecnologia sulla base degli in-teressi politici, sociali ed eco-nomici, da quello che le perso-ne vogliono fare con essa, nelsenso di ciò che essi sono, quel-lo in cui credono, e quello vor-rebbero accadesse nel mondo.

Per Castells oggi la rete In-ternet è lo strumento principa-le di comunicazione, attraver-so cui milioni di persone in tut-to il mondo sono in contattotra di loro, spesso senza cono-scersi, ma riuscendo a condivi-dere idee, opinioni e battaglie,come accaduto con le rivolu-zioni arabe, in Egitto, Tunisia,Libia, anche chiamate “Twit-ter revolutions” , nei movi-menti come gli “Indignados”spagnoli o “Occupy Wall Stre-et” in America, fenomeni cheha appunto analizzato nel suoultimo libro “Reti di indigna-zione e speranza: movimentisociali nell'era di Internet”.

Il suo pensiero, sostanzial-mente innovativo, basato suuna ricerca scientifica costan-te ed in continuo aggiorna-mento, ha una inquadratura

culturale “umanistica” dellosviluppo della società, ponen-do sempre l’individuo, qualeessere umano con le proprieesigenze, valori e sentimenti,al centro dei processi culturalievolutivi sociali.

Sono gli esseri umani, con ipropri interessi, aspirazioni edesideri, a determinare i cam-biamenti sociali, nel bene e nelmale, e le tecnologie, Internetin primo luogo, rappresentanola piattaforma per lo sviluppoe la crescita dei nuovi sistemi emovimenti sociali.

Castells è docente di Tecno-logie della Comunicazione edella Società presso la Anne-berg School of Communica-tion dell’Università della Cali-fornia del Sud a Los Angeles,Professore Emerito di Sociolo-gia e Professore Emerito dipianificazione Urbana e Regio-nale all’Università di Berkeleyin California e Professore diSociologia e Direttore dell’In-ternet Interdisciplinary Insti-tute presso l’Università di Ca-talogna in Spagna . Ha scritto23 libri e decine di pubblicazio-ni scientifiche in tutte le linguee ricevuto una quindicina dilauree honoris causa da variatenei nel mondo. Quest’annoè stato insignito dell’HolbergPrice, il prestigioso premioistituito dal parlamento Nor-

vegese, considerato il “Nobel”delle scienze umane e sociali.In Italia da qualche giorno, loabbiamo incontrato a Milano,ponendogli alcune domandeper i lettori della “Regione”.

Professor Castells, unadelle principali questionioggetto della sua ricerca ne-gli ultimi dieci anni è la re-lazione tra potere e mondodei media. Come cambiaquesta relazione con la reteInternet?

«Si tratta di un cambiamen-to totale. Le persone sono oggiin grado di creare reti di comu-nicazione orizzontale in modomultimodale senza alcun con-trollo di governi o aziende. Sì,ci sono tentativi di controllare,ma vi sono alcuni fattori che loimpediranno:

a) In tutti gli stati vi èuna tutela giuridica per la libe-ra espressione

b) Le persone possonoreagire, cambiando, per esem-pio, le regole

c) Le persone sono ingrado di bypassare il controlloe trovano sempre il modo dicomunicare in Internet. Anchein Cina.

Oggi è la TV che prende leimmagini da You Tube, piutto-sto che il contrario. Ognuno dinoi può avere il suo canale tvpersonale, in YouTube e nelle

altre reti. Il monopolio dellacomunicazione di massa è fini-to, e questo è il cambiamentopiù importante nella storiadella comunicazione».

Nel suo penultimo libro“Aftermath - The Culturesof the Economic Crisis”pubblicato lo scorso luglio,lei sostiene che la attualecrisi economica è, ancorprima che economica o fi-nanziaria, culturale e poli-tica: ci può spiegare cosa in-tende?

«Intendo dire che credere divivere indebitandosi per con-sumare senza avere il tempo diapprezzare la vita è una cultu-ra distruttiva. Che la gestionedelle istituzioni finanziarie intermini di guadagno personaledei dirigenti, indipendente-mente dagli interessi dei clien-ti e degli azionisti è stata l'ori-gine della crisi economica e fi-nanziaria che ha travolto ilmondo occidentale. E gli effettidi questa crisi gravano sui cit-tadini, che non ne sono respon-sabili, con la complicità delleèlite politiche e delle èlite fi-nanziarie, generando una crisidi legittimazione politica».

Questa crisi ha travolto ilmondo dell’editoria e deigiornali. Gli editori tendo-no a vedere nella rete Inter-net e nei suoi attori più im-

portanti, non una possibili-tà ma un nemico: è di questigiorni la notizia che gli edi-tori europei, dopo quellibrasiliani, si stiano coaliz-zando per imporre una tas-sa a Google… che ne pensa?

«Il nostro mondo è online. Il97% di tutte le informazioniesistenti nel pianeta è digita-lizzato. I giornali che non siadattano all'era digitale sonocondannati a prescindere daisistemi “luddisti” (antitecno-logici ndr) che possono prova-re. In realtà la maggior partedei giornali europei sono sov-venzionati dai governi e daipartiti politici o sono di pro-prietà di corporations, anchese in perdita, con il solo scopodi mantenere la propria attua-le influenza politica. È unaquestione di tempo. Quando laattuale generazione di sessan-tenni si esaurirà, non ci sarànessun giornale stampato sen-za sovvenzioni. Ma l'informa-zione ed il giornalismo prospe-reranno nel mondo della co-municazione virtuale, che glieditori dovranno condividerecon i blogger e gli altri abitantidella rete».

D’altra parte le concen-trazioni di potere, come nelcampo dei media tradizio-nali (stampa e televisione)sono molto forti anche per

quanto riguarda internet:basti pensare a giganticome Google, Apple o Ama-zon. Non pensa che tali con-centrazioni siano negativeo, addirittura, pericolose?

«Il capitalismo delle aziendetende alla concentrazione delpotere in tutti i settori. Nelmondo di Internet, tuttavia, lereti di comunicazione orizzon-tale permettono a personecome lei e me e chiunque altro,di avere un blog o di creareuna rete di comunicazione oanche una azienda su Internet(i costi di avviamento sonobassi per gli imprenditori tec-nologicamente avanzati). Così,se Google o Apple bloccano lelibere informazioni in Inter-net, queste verranno riportateda nuove imprese libere. Que-sto è ciò che è successo a AOL oMySpace. Quindi, sì, questisono oligopoli, ma la forza diqueste aziende è di fornire li-bera comunicazione. Se non lofaranno qualcun altro lo farà,anche con un piccolo capitale,e portando via i loro clienti».

Nella sua ricerca, lei indi-vidua nella rete internet illuogo per una nuova demo-crazia… eppure nell’ultimodibattito tra Obama e Rom-ney per la campagna presi-denziale 2012, uno studio af-ferma che l’85% della popo-lazione seguiva il dibattitoin televisione, mentre soloil 14% su computer e mobi-le, siamo ancora all’iniziodi questo processo?

«Non proprio, un dibattito te-levisivo è un dibattito televisi-vo che alla gente piace vederein questo formato. I dati sonomolto diversi se prendiamo inconsiderazione la fascia di etàtra i 20 e i 30 anni. Ma la cosaprincipale è che le persone chestanno cercando di costruireuna nuova forma di democra-zia non credono in quel tipo dipolitica che viene decisa daglispettacoli televisivi. Il proble-ma non è la piattaforma tecno-logica, ma come vengono pro-dotte le immagini ed i contenu-ti. La TV non scomparirà, madiventerà solo un nodo di unarete molto più ampia di piatta-forme di comunicazione».

Eppure anche nella cam-pagna presidenziale ameri-cana 2012, l’interazione conil pubblico, in Internet, èstata scandita da centinaiadi migliaia di messaggi de-gli staff di collaboratori diObama e Romney : è in peri-colo l’autonomia ed indi-pendenza della rete Inter-net?

«In tempi molto recenti lereti di potere, come quelle poli-tiche, erano gli unici abitantidella sfera delle comunicazio-ni di massa. Ora devono condi-videre questa sfera con milionidi messaggi e centinaia di mi-gliaia di reti di comunicazioneautonome, che non seguono gliordini. La prima campagna diObama ha determinato la na-scita di una moltitudine di retiindipendenti, e questo è stato ilmotivo del successo di Obama.L’ultima è stata una campagnaper metà “aziendale” e permetà “dal basso”, controllatadal suo staff, ed il livello di mo-bilitazione si è ridotto. Eppurela gente ha votato per lui, per-ché non apprezzava Romney.Ma Obama è ormai diventatoun politico tradizionale, anchese molto più progressista ri-spetto alla maggior parte deipolitici americani».

E’ questo il titolo dell’ultimo libro diManuel Castells (l’originale, in inglese“Networks of Outrage and Hope”), uscitolo scorso ottobre in lingua italiana, dedi-cato ad Alain Touraine, il sociologo fran-cese che fu suo insegnante all’Universitàdi Parigi, nonché come egli stesso scrive“padre intellettuale e teorico dei movi-menti sociali”.

“I sintomi di una nuova era rivoluzio-naria, un’epoca di rivolte tese a esplorareil senso della vita anziché a colpire lo sta-to, andavano materializzandosi un po’ovunque, dall’Islanda alla Tunisia, daWikiLeaks ad Anonymous, e poco dopoda Atene a Madrid a New York. La crisidel capitalismo economico globale nonportava obbligatoriamente a un vicolocieco – poteva perfino indicare un nuovoinizio basato su modelli inattesi…” cosìlo stesso Castells introduce il suo libro econ esso il concetto che ne è alla base: la

crisi del capitalismo moderno ha genera-to l’indignazione, che è alla base dei mo-vimenti che vegono in esso analizzati,ma è la speranza il valore che consentiràalla società di riscattarsi, di ritrovarenuove forme di coesione e di democrazia.

Il libro vuole essere una esplorazionedelle nuove forme dei movimenti socialie di protesta, che stano esplodendo nelmondo oggi, dalle rivolte arabe al movi-mento indignadas in Spagna, ad OccupyWall Street negli Stati Uniti. Mentre que-sti e simili movimenti sociali differisco-no in molti aspetti importanti, c'è unacosa che hanno in comune: sono tutti in-trecciati inestricabilmente con la crea-zione di reti di comunicazione autonomesupportate da Internet e dalle comunica-zioni wireless.

In questo libro tanto importante e at-tuale, Manuel Castells - che porta lo stu-dioso della nostra società contempora-

nea in rete - esamina le radici sociali, cul-turali e politiche di questi nuovi movi-menti sociali, i loro studi di forme inno-vative di auto-organizzazione, valuta ilpreciso ruolo della tecnologia nella dina-mica dei movimenti, suggerisce le ragio-ni del sostegno che hanno trovato inampi segmenti della società, e sonda laloro capacità di indurre il cambiamentopolitico, influenzando la mente delle per-sone.

Sulla base del lavoro sul campo, origi-nale dell'autore e dei suoi collaboratori,nonché con la raccolta di numerose e va-rie fonti secondarie, questo libro offre unpercorso innovativo di analisi delle nuo-ve forme dei movimenti sociali, e offreun modello analitico per far avanzare ildibattito avviato dalla loro nascita ri-guardo le nuove forme della vita sociale,il cambiamento e la democrazia politicanelle società in rete globale.

Reti di indignazione e speranza: movimenti sociali nell'era di Internet

Don Chisciottee internet

191112_02_Speciale Rossano 16.11.12 15:55 Pagina 1