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XXVIII CONFERENZA ITALIANA DI SCIENZE REGIONALI IL RISCHIO INCENDI BOSCHIVI NELLA PIANIFICAZIONE TERRITORIALE DELLE AREE NATURALI PROTETTE IN AMBITO MEDITERRANEO. IL CASO DEL PARCO DELL’ETNA 1 Salvatore DI FAZIO, Giuseppe MODICA, Angelo PULVIRENTI Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria. Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroforestali ed Ambientali (DiSTAfA) sez. Costruzioni Rurali e Territorio Agroforestale (www.distafa.unirc.it) Località Feo di Vito, 89122 Reggio Calabria. Tel/fax +39 0965 312681. E-mail [email protected], [email protected], [email protected] SOMMARIO Nel presente lavoro vengono riportati i risultati relativi alla definizione e all’applicazione al territorio del Parco Regionale dell’Etna di un modello per la valutazione del rischio di incendio di lungo periodo (statico) di supporto alle decisioni per la pianificazione antincendio delle aree protette (Piano AIB). Il modello è basato su analisi multicriteriali sviluppate in ambiente GIS. Vengono, dapprima, analizzati gli aspetti relativi alla rilevanza della problematica degli incendi boschivi nel contesto internazionale insieme al ruolo che la definizione del rischio di incendio gioca in ambito pianificatorio relativamente alle fasi di determinazione delle misure di prevenzione e lotta. Dopo un dettagliato esame del quadro normativo di riferimento italiano, con particolare attenzione alle novità introdotte dalla Legge n. 353 del 2000, si passa alla esposizione della metodologia per la definizione dell’indice di rischio di incendio statico estivo (IRIS) e quindi delle singole variabili (clima, vegetazione, topografia e fattore antropico) necessarie all’implementazione del modello. Vengono quindi presentati i risultati dell’applicazione dell’indice IRIS al territorio del Parco Regionale dell’Etna (CT) e della carta del rischio di incendio ottenuta, utilizzabile nell’ambito degli interventi di pianificazione antincendio del territorio etneo. 1 Il contributo degli Autori al presente lavoro è da considerarsi paritetico sotto ogni aspetto

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XXVIII CONFERENZA ITALIANA DI SCIENZE REGIONALI

IL RISCHIO INCENDI BOSCHIVI NELLA PIANIFICAZIONE TERRITORIALE DELLE AREE NATURALI PROTETTE IN AMBITO MEDITERRANEO. IL CASO DEL PARCO DELL’ETNA1 Salvatore DI FAZIO, Giuseppe MODICA, Angelo PULVIRENTI

Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria. Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroforestali ed Ambientali (DiSTAfA) sez. Costruzioni Rurali e Territorio Agroforestale (www.distafa.unirc.it) Località Feo di Vito, 89122 Reggio Calabria. Tel/fax +39 0965 312681. E-mail [email protected], [email protected], [email protected]

SOMMARIO

Nel presente lavoro vengono riportati i risultati relativi alla definizione e all’applicazione al territorio del Parco Regionale dell’Etna di un modello per la valutazione del rischio di incendio di lungo periodo (statico) di supporto alle decisioni per la pianificazione antincendio delle aree protette (Piano AIB). Il modello è basato su analisi multicriteriali sviluppate in ambiente GIS. Vengono, dapprima, analizzati gli aspetti relativi alla rilevanza della problematica degli incendi boschivi nel contesto internazionale insieme al ruolo che la definizione del rischio di incendio gioca in ambito pianificatorio relativamente alle fasi di determinazione delle misure di prevenzione e lotta. Dopo un dettagliato esame del quadro normativo di riferimento italiano, con particolare attenzione alle novità introdotte dalla Legge n. 353 del 2000, si passa alla esposizione della metodologia per la definizione dell’indice di rischio di incendio statico estivo (IRIS) e quindi delle singole variabili (clima, vegetazione, topografia e fattore antropico) necessarie all’implementazione del modello. Vengono quindi presentati i risultati dell’applicazione dell’indice IRIS al territorio del Parco Regionale dell’Etna (CT) e della carta del rischio di incendio ottenuta, utilizzabile nell’ambito degli interventi di pianificazione antincendio del territorio etneo.

1 Il contributo degli Autori al presente lavoro è da considerarsi paritetico sotto ogni aspetto

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1 POSIZIONE DEL PROBLEMA ED OBIETTIVI DEL LAVORO

1.1 La problematica degli incendi boschivi

Gli incendi oggi costituiscono una delle principali cause dei problemi ambientali che minacciano il pianeta. La frequenza degli incendi e la superficie percorsa dal fuoco sono tali da contribuire in maniera significativa alla riduzione della biodiversità. A scala mondiale, gli incendi contribuiscono ai grandi mutamenti globali dell’ambiente (clima, desertificazione ecc.) (Kasische et al., 1995; Levine, 1996). Dal 1850 al 1980 una quantità stimata da 90 a 120 miliardi di tonnellate di CO2 è stata rilasciata nell’atmosfera per effetto degli incendi, contro i 165 miliardi di tonnellate immessi dalla combustione di gas e carbone (Lovreglio e Leone, 2005). I paesi dell’Europa meridionale (Italia, Francia; Spagna, Grecia e Portogallo) sono particolarmente interessati dal fenomeno; nel periodo 1980-2005, il numero medio di incendi annuo è stato superiore a 50 mila mentre la superficie media annua percorsa dal fuoco è stata di quasi 500.000 ha (European Commision, 2006). La dimensione degli incendi forestali e l’entità dei danni provocati hanno di fatto reso necessario, oltre agli strumenti adottati a scala locale e nazionale, il ricorso a strategie internazionali di protezione (Pyne et al., 1996). Il quadro brevemente illustrato evidenzia come la valutazione del rischio di incendio sia centrale nella salvaguardia delle zone forestali. Infatti, risulta indispensabile una costante e puntuale informazione circa la distribuzione spaziale e temporale delle aree suscettibili agli incendi; ciò per garantire una più efficace gestione delle risorse antincendio disponibili in termini di prevenzione e controllo dei fenomeni potenzialmente più esiziali per l’ambiente e per l’incolumità umana (Vélez, 2000). I danni diretti ed indiretti provocati dal frequente passaggio del fuoco non possano essere contrastati solo con la lotta agli incendi e con gli interventi di ricostituzione del soprassuolo danneggiato o distrutto. Da un ambito dapprima strettamente scientifico, nel tempo, è emersa la necessità di introdurre la problematica degli incendi boschivi all’interno degli strumenti di pianificazione territoriale ai vari livelli, intervenendo innanzitutto sul fronte della definizione delle aree a rischio incendio e della prevenzione e, in secondo luogo, su quello della lotta e delle azioni di ricostituzione del patrimonio distrutto. Obiettivo principale di un piano antincendio è la riduzione del numero di eventi e della superficie percorsa dal fuoco, soprattutto con riguardo alle aree di più alto valore naturalistico. A tal fine, l’attenzione va concentrata principalmente sul controllo e sulla gestione dei fattori predisponenti che, nel loro complesso, concorrono a condizionare il comportamento del fuoco e quindi la forza distruttiva e i danni che esso può causare, nonché la potenziale difficoltà di controllo da parte del servizio di estinzione. In Italia sono stati elaborati numerosi criteri per la pianificazione antincendio nelle aree boscate a partire dalle direttive previste nella Legge 47/75 con cui si cominciò concretamente

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ad affrontare la questione attraverso la realizzazione dei primi piani antincendio (Bovio, 1989). Tra le priorità che devono essere soddisfatte all’interno delle prescrizioni del piano assumono una particolare rilevanza le aree naturali protette, dove sono presenti emergenze naturalistiche che richiedono una speciale salvaguardia. Gli attuali indirizzi della pianificazione antincendio definiscono gli obiettivi del piano in termini di “Superficie ammissibile percorsa dal fuoco” (Allowable Burned Area) accettando, quindi, che parte del territorio possa essere interessata dal fuoco purché entro precisi limiti di estensione ed intensità del danno. Tale concetto, normalmente valido anche nel caso di un piano di area vasta, non trova ragion d’essere nel caso di un parco naturale laddove, come già evidenziato, l’unicità e la specificità dei territori considerati impongono l’esclusione di ogni tipo di incendio, ancorché di dimensioni e intensità contenute. Come poi delineato da Ciancio et al. (1996) ed in accordo con una visione che considera i parchi come laboratori di sostenibilità, in essi gli obiettivi della pianificazione antincendio devono essere mirati non solo al mantenimento delle risorse protette ma anche alla costruzione di una cultura della prevenzione.

1.2 I concetti di pericolo, gravità e gli indici di rischio incendio boschivo

La letteratura sugli incendi boschivi è molto vasta e spesso disomogenea anche per ciò che attiene alla terminologia utilizzata. A ciò contribuiscono le difficoltà di traduzione di alcuni termini che nelle varie lingue assumono sfumature diverse. Il problema è stato affrontato già da un decennio soprattutto con riferimento ai termini “danger”, “hazard” e “risk” per i quali, secondo Bachmann e Allgöwer (1998), all’interno della comunità scientifica non esiste una piena sintonia sul significato da attribuirvi. Nell’ambito del progetto europeo EUFIRELAB2, la problematica terminologica è affrontata con estremo dettaglio al punto da fornire la traduzione dei vari termini nelle lingue europee più importanti. Viene altresì fatta chiarezza sul significato dei termini prima analizzati al fine di giungere ad un quadro di riferimento omogeneo, almeno in ambito europeo. Lo schema terminologico pubblicato da EUFIRELAB3 rappresenta il quadro di riferimento del presente lavoro, nel quale si approfondiscono gli aspetti legati alla definizione di rischio di incendio boschivo (wildland fire risk) (fig. 1). In tale ottica, il rischio di incendio è definito da due componenti: una di probabilità dell’evento (pericolo) e una di danno potenziale (vulnerabilità). La componente pericolo (Danger) viene intesa in una prospettiva molto ampia e riguarda la probabilità del manifestarsi di un evento, a sua volta legato al pericolo di innesco (Ignition danger) e al 2 www.eufirelab.org - a wall-less Laboratory for Wildland Fire Sciences and Technologies in the Euro-Mediterranean Region 3 Deliverable D-08-07 (december 2006).

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pericolo di propagazione (Fire spread danger). La componente vulnerabilità (Vulnerability) si riferisce al danno potenziale che un incendio può generare ed è determinata da due fattori: il primo riguarda gli effetti potenziali dell’incendio (Potential Fire effects) a loro volta influenzati dalle caratteristiche dell’incendio e dalle possibili capacità di ripristino proprie di un ecosistema; il secondo è relativo, invece, al valore delle risorse eventualmente danneggiate (Value of affected resources).

Wildland Fire Risk

Danger: Probability of occurrence Vulnerability: Potential damage

Value of affected resources

Potential Fire effects (Fire characteristics and

Ecosystem response)

Fire spread Ignition danger

Figura 1 Definizione del rischio di incendio boschivo secondo l’approccio proposto

nell’ambito del progetto europeo SPREAD (Blanchi et al., 2003) ed adottato anche nell’ambito di EUFIRELAB

Rispetto allo schema appena descritto, nel presente contributo si riferirà dell’implementazione di un indice di rischio di incendi boschivi con attenzione alla sola componente di pericolo (probability of occurrence); la definizione della componente vulnerabilità sarà approfondita in ulteriori contributi anche con attenzione ad una corretta interpretazione del concetto di danno potenziale, da riferirsi non esclusivamente alla componente naturale ma anche a quella antropica. Gli indici di rischio di incendio boschivo si classificano in indici a lungo termine o statici e indici a breve termine o dinamici. Nella prima categoria rientrano quegli indici definiti sulla base di parametri che nel breve e medio termine si possono considerare costanti ed hanno una validità temporale di 3÷5 anni. Nella definizione di un indice dinamico si considerano anche dei parametri assai variabili nel breve termine come, ad esempio, i dati meteorologici ed alcuni parametri fisiologici legati alla vegetazione; in questo caso la validità è riferibile ad un arco temporale molto ristretto e normalmente non supera gli 8÷10 giorni. Nella definizione del rischio di incendi, i fattori da considerarsi sono attribuibili a due classi componenti: una di innesco legata alla natura e all’incidenza delle cause determinanti e una di diffusione connessa ai fattori predisponenti l’incendio. Mentre i fattori predisponenti, come appena ricordato, sono riconducibili a variabili meteorologiche, topografiche e alle

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caratteristiche del combustibile forestale, le cause determinanti l’innesco si riferiscono, nella quasi totalità dei casi, all’azione dell’uomo, che provoca gli incendi per disattenzione o dolo (grafico 1), e devono essere rapportate alla serie storica degli incendi.

Ripartizione percentuale media delle cause di incendi boschivi verificatisi in Italia nel periodo 1998-2005

16,9%

58,0%

23,6%1,1% 0,5%

NaturaliAccidentaliColposeDoloseDubbie

Grafico 1 Le cause degli incendi boschivi in Italia nel periodo 1998-2005 (fonte: CFS, Corpo Forestale dello Stato)

1.3 Il quadro normativo di riferimento

La grande importanza delle questioni legate agli incendi boschivi ha condotto ad un progressivo sviluppo della normativa di settore (a livello nazionale, regionale ed europeo) che si è ampliata nel tempo con il crescere della rilevanza del fenomeno e del suo impatto ambientale ed economico sul territorio, nonché sulla sicurezza delle popolazioni che vivono a contatto delle aree forestali. In Italia, Il problema degli incendi boschivi venne per la prima volta affrontato con l’emanazione del Regio decreto-legge n. 3267 del 30/12/1923, noto come “Legge Forestale”, di riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani. Agli inizi degli anni ’70 del secolo scorso, avendo il fenomeno degli incendi boschivi assunto rilevanza nazionale, il Parlamento approvò la L. n. 47/1975 (”Norme integrative per la difesa dei boschi dagli incendi”) che delineava un assetto organico di competenze e di programmazione degli interventi di previsione, prevenzione e lotta contro il fuoco. Per oltre venti anni il quadro di riferimento normativo è rimasto pressoché invariato, fatti salvi provvedimenti contingenti varati dal Parlamento per far fronte alle ricorrenti emergenze estive attraverso stanziamenti specifici, sino a quando, dopo un lungo e travagliato iter legislativo, è stata approvata la “Legge quadro sugli incendi boschivi” (L. 353/2000), prima legge organica in materia, che segna una svolta sul fronte della lotta agli incendi. La Legge Quadro contiene

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molti elementi di innovazione, tra cui: la definizione giuridica di “incendio boschivo”4, fino ad allora mai fissata in termini precisi e oggettivi; il riordino delle numerose disposizioni sugli incendi insieme all’attribuzione di rilevanti compiti alle Regioni per la prevenzione e lotta agli incendi; l’obbligo di censimento tramite apposito catasto di tutte le aree percorse dal fuoco5; l’introduzione del reato di incendio boschivo6; il divieto di realizzare nuove costruzioni per dieci anni sui terreni percorsi dal fuoco e di modificare la destinazione d’uso preesistente all’incendio per almeno 15 anni7. Nel dicembre 2001, in attuazione all'art. 8 comma 2 della L. 353/2000, sono state emanate le “Linee guida relative ai piani regionali per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi”. Le Regioni, sulla base di tali Linee-guida, sono tenute ad approvare piani regionali per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi (con periodo di validità di 3÷5 anni), classificando il territorio secondo i diversi livelli di rischio e rappresentandone le aree corrispondenti in apposite planimetrie. Nell’ambito di tali piani regionali un’apposita sezione dovrebbe riguardare il “piano per i parchi naturali e le riserve naturali dello Stato”. Al fine di fornire un quadro di riferimento organico in materia, il Ministero dell’Ambiente ha redatto degli schemi di Piano Anti-Incendio Boschivo (Piani A.I.B.) per le aree naturali protette, cui ciascun Ente gestore è chiamato ad attenersi nella redazione di detti strumenti di pianificazione.

2 OBIETTIVI E METODI DEL LAVORO

L’obiettivo del presente lavoro di ricerca è stato quello di implementare un modello per la definizione di un indice del rischio incendi boschivi per le aree naturali protette in ambiente Mediterraneo. Il modello, realizzato in ambiente GIS, è stato basato su procedure di valutazione multicriteriale, tarato sulla base delle esigenze della pianificazione territoriale e quindi definito in vista degli interventi operativi. Il modello così definito è stato applicato al territorio del Parco Regionale dell’Etna, che rappresenta l’area-studio di riferimento del presente lavoro. Preliminarmente, si è approfondito lo stato dell’arte a livello nazionale e internazionale, con particolare riguardo alle esperienze compiute negli USA e nell’Unione Europea. Tra i vari modelli proposti in letteratura si è scelto, come base di riferimento, quello implementato nell’ambito di una convenzione tra il Ministero dell’Ambiente, il Centro di Ricerca

4 All’art. 2, per incendio boschivo si intende “un fuoco con suscettività a espandersi su aree boscate, cespugliate o arborate, comprese eventuali strutture e infrastrutture antropizzate poste all'interno delle predette aree, oppure su terreni coltivati o incolti e pascoli limitrofi a dette aree”. 5 Art. 3 comma 2, lettera b). 6 Art. 11 comma 1. 7 Art. 10 comma 1.

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Interuniversitario “Biodiversità, Fitosociologia ed Ecologia del Paesaggio” e il laboratorio EcoGeoFor dell’Università degli Studi del Molise8 e riportato nel “Manuale tecnico di pianificazione antincendi boschivi nelle aree protette”9. Il suddetto modello, che definisce gli indici di rischio, pericolosità e gravità di incendio, è stato implementato per il territorio dell’area-studio di riferimento al fine di testarne la validità ed il campo di applicazione. Mentre per quanto riguarda gli indici di pericolo e di gravità, in questa prima applicazione, non si sono riscontrati problemi significativi, nel caso dell’indice di rischio incendio i risultati cui si perviene con il modello EcoGeoFor non appaiono rispondenti alle reali condizioni in esame. Si perviene difatti ad un rischio invernale molto elevato mentre, le serie storiche mostrano chiaramente come nelle aree mediterranee la gran parte degli incendi si registri nel periodo estivo; parimenti, nel modello EcoGeoFor non è stata implementata la componente relativa al rischio antropico. Si è quindi proceduto apportando le modifiche ritenute necessarie per la definizione del rischio di incendio statico, e ciò in termini di procedure e di layer informativi di ingresso, sulla scorta dell’applicazione effettuata. In questo primo contributo si discute della definizione dell’indice di incendio statico IRIS (Indice di Rischio di Incendio Statico estivo) valido per il periodo primaverile-estivo. Con riferimento allo schema strutturato dall’EUFIRELAB, nell’indice di rischio così definito si considera solo la componente legata alla probabilità del verificarsi di un incendio senza ancora tenere conto della componente di “vulnerabilità” e quindi del concetto di “danno”. Tale componente è considerabile separatamente e verrà trattata in un successivo sviluppo della ricerca.

2.1 Definizione dell’Indice di Rischio di Incendio Statico (IRIS) per le aree naturali protette in ambiente mediterraneo

Nel presente lavoro l’indice IRIS è stato definito sulla base di una valutazione multicriteriale (Multi-Criteria Evaluation) sviluppata in ambiente GIS. La valutazione dei pesi attribuiti alle singole variabili è ottenuta tramite una procedura di normalizzazione AHP (Analytic Hierarchy Process) (Saaty, 1977), basata sul confronto a coppie tra i fattori analizzati. L’aggregazione dei risultati è realizzata tramite una combinazione lineare pesata (WLC, Weighted Linear Combination) delle variabili utilizzate. Preliminarmente, trattandosi di valutazione multicriteriale di tipo parametrico, tutti gli strati informativi devono essere convertiti in formato raster. Successivamente, al fine di omogeneizzare le diverse scale di valori delle variabili utilizzate, si

8 Nel proseguo del contributo, per semplicità espositiva, tale metodologia verrà indicata con il termine: “modello EcoGeoFor”. 9 Il Manuale non è ancora pubblico ma viene fornito agli Enti che ne fanno richiesta; è stato redatto sulla base della metodologia implementata da Blasi et al. (2004), con la finalità di supportare i Parchi e le Riserve Nazionali nella loro attività di pianificazione AIB per l’omogeneizzazione e la conformità dei Piani AIB alle linee guida vigenti attraverso la definizione del grado di pericolosità, gravità e rischio di incendio.

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procede con la normalizzazione del coefficiente di rischio attribuito ai valori che queste assumono, entro quelli dell’intervallo chiuso [0, 100]. Tale intervallo di valori è stato scelto come riferimento anche per ragioni di confrontabilità dei risultati ottenuti con quelli derivanti dal modello EcoGeoFor che utilizza la stessa scala di riferimento. Nel caso di variabili continue, le procedure di normalizzazione sono condotte con logica fuzzy; nel caso di variabili discrete si definiscono dapprima le classi di rischio (fig. 2) cui segue l’applicazione della procedura di AHP sulla base del confronto a coppia tra queste e quindi la normalizzazione dei valori dei coefficienti di rischio con il criterio del valore massimo. Nella definizione dell’indice di rischio IRIS - il cui percorso metodologico è schematizzato in fig. 3 - le variabili considerate come fattori ambientali predisponenti il rischio di incendio sono il clima, la vegetazione, i fattori topografici ed il fattore antropico.

riclassificazione in classi

tipologiche omogenee

Normalizzazione (AHP, Fuzzy set)

nell'intervallo [0,100]

Conversione in formato raster

Strato informativo di

base

Classi tipologiche

Coefficienti di rischio

Conversione in formato

raster

Normalizzazione (AHP)

nell'intervallo [0,1]

Aggregazione dei risultati

tramite WLC (overlay)

Grid dei coefficienti di

rischioGrado di rischio

Carta finale del rischio di incendio

Figura 2 Diagramma logico delle fasi che conducono alla definizione del rischio di incendio boschivo statico IRIS Clima Il clima è definito come l’insieme delle condizioni atmosferiche medie che caratterizzano una determinata regione geografica; tra essi, quelli che più direttamente agiscono sul fenomeno degli incendi sono: precipitazioni atmosferiche, umidità e temperatura dell’aria, vento e insolazione. L’influenza del clima si riverbera direttamente sulle caratteristiche della vegetazione: in termini di tipologia, di distribuzione areale, di parametri fisiologici, ecc. In Europa, la stagione secca corrisponde a due periodi differenziati a seconda della tipologia climatica: quello estivo per le aree con clima tipicamente mediterraneo caratterizzato da estati calde e siccitose e da inverni miti e piovosi; quello invernale per le zone temperate (Aree Alpine e del Centro-Nord Europa). Nella definizione dell’indice IRIS, l’analisi del fattore climatico viene condotta attraverso la definizione dei bioclimi secondo l’indice bioclimatico di Rivas-Martinez (1995), a sua volta composto da due sottoindici: il termoclima e

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l’ombroclima. Questo fattore viene normalizzato con la procedura dell’AHP confrontando a coppie le classi bioclimatiche che interessano il territorio in esame. Vegetazione La vegetazione rappresenta il combustibile e di conseguenza è il fattore più rilevante nella determinazione del comportamento del fuoco e dell’intensità del fronte di fiamma. In particolare, oltre ai fattori topografici e climatici, i parametri principali che favoriscono la diffusione del fuoco sono il carico di combustibile presente in una data zona e le sue caratteristiche fisiche e chimiche. L’energia liberata nel processo di combustione varia a seconda delle caratteristiche dello strato vegetale; per esempio in relazione al rapporto tra la sostanza viva e quella morta, alle dimensioni delle sostanze oggetto di combustione (foglie, rami, ecc.), alla presenza di sostanze volatili ed al relativo contenuto idrico. Queste caratteristiche, insieme alla continuità orizzontale e verticale del combustibile, sono i fattori-chiave che determinano la diffusione dell’incendio. Sulla base di tali caratteristiche, la vegetazione può essere classificata all’interno di specifici modelli di combustibile che descrivono i parametri fisico-chimici del soprassuolo che maggiormente influenzano il manifestarsi dell’incendio e il suo comportamento. Tra i modelli di combustibile definiti in letteratura il più utilizzato anche in ambito italiano è quello strutturato da Rothermel (1972)10. Per l’analisi della variabile vegetazionale risulta necessaria almeno una carta della vegetazione reale dell’area di indagine che presenti un grado di dettaglio adeguato al tipo di analisi che si vuole realizzare. Qualora i tipi vegetazionali cartografati fossero eccessivamente numerosi si deve procedere al loro raggruppamento in classi omogenee riferendoli ai modelli di combustibile adottati. Come nel caso del bioclima, si procede con la normalizzazione attraverso una procedura di AHP. Pendenza dei versanti L’intensità dell’incendio e la velocità di propagazione sono direttamente proporzionali al grado di acclività dei versanti che favorisce l’azione essiccante delle fiamme ed aumenta lo scambio di calore, considerato che il preriscaldamento del combustibile è più veloce. In letteratura, gli studi condotti al fine di legare secondo leggi di variazione affidabili la velocità di propagazione del fuoco al variare della pendenza dei versanti sono assai esigui. Normalmente è accettata la proporzionalità diretta tra l’acclività dei versanti e l’intensità e la velocità di avanzamento del fronte di fiamma (EUFIRELAB, 2006); secondo McArthur (1967) l’incendio, rispetto ad una superficie in piano, si propaga con velocità doppia in un 10 I più importanti modelli di combustibile, tra cui quello di Rothermel, sono stati sviluppati dal US Northern Forest Fire Laboratory

(NFFL) e sono stati ampiamente utilizzati, durante gli ultimi decenni, anche in molti Paesi europei. Nella classificazione di Rothermel i

combustibili sono distinti secondo 13 diversi modelli, classificati in 4 gruppi, attribuendovi un codice numerico da 1 a 13, che corrisponde

approssimativamente alle tipologie della vegetazionee: praterie (1, 2, 3); arbusteti (4, 5, 6, 7); lettiere di boschi (8, 9, 10); residui di

utilizzazioni forestali (11, 12, 13).

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versante inclinato di 10° e quadrupla se inclinato di 20°. Si tratta comunque di una modellazione estremamente semplificata ed in ogni caso l’avanzamento del fronte di fiamma è influenzato anche dalla velocità e dalla direzione del vento. Inoltre, l’innesco di fenomeni di erosione idrica del suolo cui conduce la frequenza degli incendi, è parimenti correlato all’inclinazione della pendice; anche in questo caso, in letteratura, le leggi di variazione sono lineari. In considerazione di ciò, nella definizione dell’indice IRIS si è preferito optare per una trattazione del dato “pendenza dei versanti” utilizzando una legge di variazione lineare. Trattandosi di un dato di tipo continuo, la normalizzazione si effettua attraverso la logica fuzzy. Nello specifico, è previsto l’utilizzo di una funzione lineare crescente i cui punti di controllo e i rispettivi gradi di appartenenza sono riportati nel grafico 2.

Rischio vegetazionale

I diversi coefficienti di rischio vengono

attribuiti a macrotipi vegetazionali

ottenuti attraverso l‘aggregazione dei tipi cartografati nei

corrispettivi modelli di combustibile

utilizzando come riferimento i modelli di Rothermel (1972)

Rischio bioclimaticoViene valutato

utilizzando informazioni bioclimatiche

ottenute applicando la classificazione

bioclimatica di Rivas-Martinez.

I coefficienti di rischio aumentano al crescere del grado di

aridità delle classi bioclimatiche

riscontrate all’interno del territorio indagato

Rischio morfologico (Pendenza)

Per le elaborazioni relative al rischio

morfologico si utilizza un DEM del territorio dell’area

protetta. I diversi coefficienti di rischio vengono

fissati attraverso una analisi “fuzzy”grazie alla quale è possibile definire il grado di rischio al crescere

dell’inclinazione in gradi della pendenza

Rischio

morfologico (Esposizione)

Anche in questo caso si utilizza un DEM del territorio dell’area protetta. Il coefficiente di

rischio cresce all’aumentare del

grado di insolazione dei

versanti. In ordine di rischio crescente

vengono considerate le

seguenti esposizioni: Nord, Nord-Est, Nord-

Ovest, Est, Ovest, Piano, Sud-Est, Sud-Ovest, Sud

Rischio Antropico (Somma ponderata di

2 carte elementari)

Carta del rischio di incendio EstivaCombinazione lineare pesata (Weighted Linear

Combination - WLC) di 5 carte intermedie

Rete viaria Per le elaborazioni si

utilizza una carta della viabilità relativa al

territorio indagato. Il coefficiente di rischio è legato alla distanza dalla

rete viaria e all’importanza, in

termini di flussi, della strada presa in considerazione

Aree urbanizzate Per le elaborazioni si utilizza una carta dei nuclei urbani presenti sul territorio indagato.

Il coefficiente di rischio è legato alla distanza

dalle aree urbanizzate e alla densità di popolazione

Figura 3 Descrizione dei fattori di valutazione utilizzati per la definizione dell’indice IRIS Esposizione dei versanti L’esposizione influenza la quantità di calore che una data superficie riceve per irraggiamento solare e quindi l’umidità e la temperatura dell’aria e del suolo. Nello specifico, i versanti esposti alle correnti dominanti intercettano le maggiori quantità di pioggia a causa dei fenomeni di stau11 e, nell’emisfero boreale, le aree esposte a sud ricevono la maggior quantità di 11 Con effetto stau si intende la condensazione forzata di una massa d’aria che si verifica quando questa è costretta a risalire i versanti

sopravento dei rilievi montuosi.

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radiazione solari e perciò a più alto grado di rischio. Anche per la valutazione dell’esposizione dei versanti si è previsto il ricorso alla procedura AHP; al fine di meglio dettagliare la differente influenza della diversa giacitura dei versanti, è previsto l’utilizzo di 9 classi di esposizione.

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

Valori di pendenza dei versanti [°]

f (x)

f(x) 0 0.35 0.5 0.6 0.75 0.8 1

0 4 6 8 12 17 22

Grafico 2 Funzione di appartenenza e punti di controllo per la normalizzazione dei valori della pendenza dei versanti tramite logica fuzzy Fattore antropico Nonostante l’importanza assunta dalla variabile antropica, in molte indagini riguardanti la valutazione del rischio di incendio si continua ad attribuirvi una esigua rilevanza; ciò, soprattutto a causa della difficoltà di valutare correttamente tale componente in quanto caratterizzata da fattori difficilmente prevedibili a cui vanno aggiunte le difficoltà spaziali legate ad una loro appropriata rappresentazione. I fattori di evincibili da cartografia ufficiale utilizzabili nella definizione del rischio antropico possono essere molti e di diversa natura; per descrivere la suscettività di un determinato territorio ad essere interessato dagli incendi quelli più rilevanti sono: la rete viaria ed il tessuto urbano. La presenza di strade rende più vulnerabile il bosco rispetto al comportamento umano; infatti, molti incendi si sviluppano proprio in prossimità degli elementi viari come risulta dalle analisi condotte dal CFS sui punti di innesco degli incendi. Inoltre, la presenza sul territorio di zone urbanizzate densamente abitate contribuisce ad aumentare la pressione antropica verso le aree boscate. Questa è ulteriormente incrementata dai flussi turistici in corrispondenza della stagione primaverile-estiva, la più problematica per le aree mediterranee. Il rischio antropico, nella metodologia proposta per la definizione dell’indice IRIS, è il frutto dell’overlay mapping degli strati informativi di base relativi alle aree urbanizzate ed alle infrastrutture viarie, trattate secondo la procedura di seguito descritta. Le presenze turistiche si ritiene debbano essere considerate più appropriatamente all’interno di modelli dinamici di dettaglio, riferiti a strategie di intervento a breve termine.

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Aree urbanizzate Attesa la generale complessità della geometria delle aree urbanizzate e al fine di considerarle come elementi funzionali indivisibili, tale elemento non viene trattato attraverso una semplice operazione di buffering e selezione solo delle porzioni ricadenti entro un limite prefissato. Piuttosto, si procede con una preliminare individuazione dei centroidi delle aree urbanizzate contermini all’area protetta, cui segue la selezione di quelle in cui detti centroidi ricadono entro una distanza di almeno 2.500 m dai confini del territorio soggetto a tutela. Quindi si classificano le aree urbane così selezionate secondo le seguenti classi di densità abitativa [ab⋅km-2]: 0÷100; 101÷200; 201÷500; 501÷1.000; > 1.000. Per ciascuna classe individuata, si calcola la distanza euclidea di ogni unità rispetto alle aree urbanizzate per poi normalizzare i valori mediante logica fuzzy: all’uopo si utilizza la funzione di appartenenza di tipo lineare decrescente riportata nel grafico 3. Il dato complessivo relativo al rischio antropico riferibile alle aree urbanizzate è ottenuto tramite l’overlay mapping pesato dei layer riferibili alle 5 classi di densità abitativa, con i pesi determinati attraverso una procedura di AHP con riclassificazione dei valori nell’intervallo chiuso [0, 100].

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

Valori di distanza dalle aree urbanizzate [m]

f (x)

f(x) 1 0.75 0.32 0.2 0

250 500 1000 2000 2500

Grafico 3 Funzione di appartenenza e punti di controllo per la normalizzazione dei valori di densità abitativa

Infrastrutture viarie La rilevanza della rete viaria è valutata attraverso la definizione di un’area di rispetto intorno ai singoli elementi lineari, attribuendo però un peso e una distanza di rispetto diverse secondo l’importanza tipologica del singolo elemento lineare. Con ciò si cerca di tenere in considerazione un dato difficilmente ottenibile, quello relativo al flusso veicolare nei vari periodi dell’anno. Preliminarmente si calcola la distanza euclidea di ogni cella dall’elemento lineare più vicino per ciascuna delle classi di viabilità in cui si scompone la rete viaria presente nel territorio indagato; allo scopo di effettuare un’analisi con attenzione al contesto territoriale di riferimento dell’area protetta, la valutazione del rischio derivante dalla presenza delle infrastrutture viarie deve essere definita entro un buffer di almeno di 1.500 m oltre i

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confini dell’area in esame. Per ognuna delle classi di viabilità determinate, si procede alla normalizzazione con la logica fuzzy secondo una funzione di appartenenza di tipo lineare decrescente (grafico 4). Con l’obiettivo di tenere conto delle diverse intensità di traffico che interessano gli elementi viari ricadenti nell’area di studio, si conduce dapprima una procedura di attribuzione dei pesi ai fattori considerati sempre attraverso l’AHP per poi procedere con la sovrapposizione degli strati informativi (overlay mapping) e successiva riclassificazione nell’intervallo chiuso [0, 100].

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

Valori di distanza dagli e lementi della rete viaria [m]

f (x)

f(x) 1 0.85 0.65 0.3 0.1 0

25 50 100 200 500 750

Grafico 4 Funzione di appartenenza e punti di controllo per la normalizzazione dei valori di distanza dagli elementi della rete viaria

3 IMPLEMENTAZIONE DELL’INDICE DI RISCHIO IRIS AL TERRITORIO DEL PARCO DELL’ETNA

3.1 L’area di studio, il Parco Regionale dell’Etna

Il Parco Regionale dell’Etna è il primo parco naturale istituito in Sicilia (fig. 4). Il decreto di istituzione ne ha definito anche la perimetrazione e la zonizzazione (fig. 5). L’area protetta si estende per poco più di 58.000 ettari e ricade interamente nella provincia di Catania, interessando il territorio di 20 comuni. L’idea della costituzione del Parco dell’Etna, nata già negli anni ’60 del secolo scorso divenne realizzabile solo dopo l’emanazione da parte dell’Assemblea Regionale Siciliana della L. n. 98/1981 che prevedeva l’istituzione di 19 riserve e di 3 parchi naturali: l’Etna, i Nebrodi e le Madonie. Dopo varie lungaggini burocratiche, solo nel marzo del 2003 è stato adottato il Piano Territoriale di Coordinamento del Parco che si trova, al momento, in fase di entrata in vigore dopo la conclusione dell’iter di approvazione. L’Etna, con il suo confine litologico di 250 km e una superficie di circa 1.260 km2, è il più grande vulcano d’Europa; la sua altezza, in corrispondenza dei crateri sommitali,

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Figura 4 Inquadramento geografico del Parco Regionale dell’Etna e ripartizione territoriale rispetto

agli ambiti comunali interessati

Figura 5 Zonizzazione del Parco Regionale dell’Etna (Allegato "B" del D.P.R.S. n. 37 del 17 marzo

1987). Le zone A e B sono, rispettivamente, quelle di Riserva integrale e generale; le zone C e D,

ampiamente antropizzate, sono quelle cosiddette di “pre-parco”

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0

3000

6000

9000

12000

15000

Su

pe

fic

ie[h

a]

500-750 750-1000 1000-1250 1250-1500 1500-1750 1750-2000 2000-2250 2250-2500 2500-2750 2750-3000 3000-3320

Classi altimetriche [m]

0

3000

6000

9000

12000

15000

Su

pe

fic

ie[h

a]

0 - 4 4 - 6 6 - 8 8 - 12 12 - 17 17 - 22 > 22

Classi di pendenza dei versanti [°]

0

1500

3000

4500

6000

7500

9000

Su

pe

fic

ie[h

a]

Piano Nord Nord - Est Est Sud - Est Sud Sud - Ovest Ovest

Classi di esposizione dei versanti

Figura 6 Mappe dell’altimetria [m], della pendenza [°] e dell’esposizione dei versanti. Per ognuna

è stata riportata, in grafico, la distribuzione territoriale secondo le classi definite

A

B

C

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raggiunge la quota di 3.350 m. A partire da una quota di circa 500 m s.l.m., l’intero apparato vulcanico fa parte integrante dell’area naturale protetta (fig. 6). La flora del Parco, estremamente varia e ricca, ha una configurazione assai mutevole e condizionata dal continuo rimaneggiamento del substrato ad opera delle colate laviche che si susseguono nel tempo. Da segnalare la presenza di alcune formazioni di assoluto valore naturalistico e paesaggistico: le faggete etnee, che rappresentano il limite meridionale dell’areale di questa specie e la presenza della Betula aetnensis (Raf.), un endemismo puntiforme con l’areale di distribuzione localizzato sul versante orientale dell’Etna.

3.2 L’indice di rischio IRIS

Per il territorio in esame, i pesi utilizzati per la procedura AHP nel confronto a coppia tra i fattori inseriti per la definizione dell’indice IRIS sono riportati nello schema sottostante e nel seguito si descrive la trattazione dei singoli fattori valutativi.

Vegetazione Pendenza Esposizione Bioclima

Fattori

antropici

Peso normalizzato

Vegetazione 1 3,03 7,14 0,67 4,00 0,3131

Pendenza 0,20 1 2 0,25 0,67 0,1051

Esposizione 0,14 0,50 1 0,14 0,33 0,0542

Bioclima 1,5 4 8 1 5,88 0,4218

Fattori antropici 0,25 1,5 3 0,17 1 0,1057 Bioclima

Per la valutazione della variabile climatica si è utilizzata la Carta dei Bioclimi della Sicilia (Drago et al., 2002), sulla base dei dati del trentennio 1965-1994 del Servizio Idrografico. Delle numerose stazioni presenti in archivio, ne sono state scelte 55 termopluviometriche e 124 pluviometriche, con preferenza verso quelle con la migliore copertura in termini spazio-temporali. Limitatamente al territorio del Parco dell’Etna, sono risultate presenti 12 diverse classi bioclimatiche (tab. 1). La normalizzazione del dato è condotta secondo la procedura dell’AHP i cui coefficienti di rischio normalizzati sono riportati nella figura 7a. Vegetazione L’analisi della variabile vegetazionale è stata effettuata sulla base della carta della vegetazione reale dell’Etna prodotta dall’Ente Parco. Dato il grado di dettaglio del suddetto strato informativo - che conta ben 69 sottotipi vegetazionali - il primo step è stato quello di riferirli alle classi di combustibile sulla base dei modelli di Rothermel (1972). Alla fine si è

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pervenuti a 12 classi di combustibile e su queste è stata condotta la procedura dell’AHP per la normalizzazione dei dati di origine (tab. 2 e fig. 7b). Pendenza Per la costruzione della carta della pendenza dei versanti si è fatto ricorso al DEM (Digital Elevation Model) dell’area etnea costruito a partire dalla Carta Tecnica Regionale numerica (scala 1:10.000) della Regione Siciliana, successivamente normalizzata nell’intervallo di valori di riferimento con procedura fuzzy (fig. 8a). Esposizione Come indicato nel modello generale, le classi di esposizione considerate sono 9; queste sono state sottoposte al confronto a coppia secondo la procedura AHP ottenendo l’autovettore dei pesi normalizzati nell’intervallo considerato (fig. 8b). Tabella 1 Classi bioclimatiche ricadenti all’interno del territorio del P.R. dell’Etna

Codici classi Classi Bioclimatiche Superficie

[ha] %

1 Crioromediterraneo-Umido superiore 2.514,6 4,32 Crioromediterraneo-Umido inferiore 4,6 0,03 Oromediterraneo-Umido superiore 1.510,6 2,64 Oromediterraneo-Umido inferiore 2.273,6 3,95 Supramediterraneo-Umido superiore 2.404,0 4,16 Supramediterraneo-Umido inferiore 14.817,5 25,47 Supramediterraneo-Subumido superiore 4.991,6 8,68 Supramediterraneo-Subumido inferiore 99,2 0,2

11 Mesomediterraneo-Umido inferiore 12.578,9 21,612 Mesomediterraneo-Subumido superiore 5.517,4 9,513 Mesomediterraneo-Subumido inferiore 9.755,4 16,714 Mesomediterraneo- Secco superiore 1.902,2 3,3

Tabella 2 Classi di combustibile definite per il territorio in esame

Codici classi Tipologie di vegetazione Superficie

[ha] %

1 Incolti sterili (colate laviche) 19.849,0 34,02 Colture arboree agrarie miste 6.747,1 11,63 Mandorleto-Noccioleto-Uliveti 2.403,1 4,14 Pascoli altomontani 2.865,1 4,95 Boschi di latifoglie a prevalenza di specie igrofile (faggio, pioppo) 1.183,1 2,06 Boschi misti a prevalenza di specie igrofile 131,5 0,27 Boschi di latifoglie a prevalenza di specie mesofile 3.259,7 5,68 Boschi misti a prevalenza di querce caducifoglie, leccio e ginestra 640,9 1,19 Boschi di latifoglie a prevalenza di specie mesofile-termofile 3.593,9 6,2

10 Boschi di latifoglie a prevalenza di specie termofile 6.111,3 10,511 Boschi misti a prevalenza di conifere 3.706,5 6,412 Pascoli 7.874,2 13,5

Fattore antropico La carta del grado di rischio antropico (fig. 9) deriva dalla sovrapposizione tematica delle carte di base relative alle aree urbanizzate ed alle infrastrutture viarie (combinate attraverso

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Figura 7 Mappe dei coefficienti di rischio di incendio per i fattori “bioclima” (A) e “vegetazione”

(B)

A

B

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Figura 8 Mappe dei coefficienti di rischio incendio per i fattori pendenza (A) ed esposizione dei

versanti (B)

A

B

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l’attribuzione di un peso identico a ciascuno dei due fattori considerati). Per la definizione della variabile antropica si è fatto ricorso ad una carta delle infrastrutture viarie e della consistenza e distribuzione della aree urbanizzate in provincia di Catania redatta secondo le specifiche Tele Atlas. Aree urbanizzate Le aree urbanizzate localizzate all’interno del territorio dell’area protetta o nelle sue immediate vicinanze (entro i 2.500 m dai confini del Parco) concorrono a determinare un grado di “pressione antropica” sul territorio variabile secondo la densità abitativa dei singoli nuclei urbani (fig. 9c). Tali aree insistono su una superficie pari a 3.665,7 ettari che viene ripartita in cinque diverse classi di aree urbanizzate in rapporto alla densità di popolazione (tab. 3). La carta del rischio di incendio legata alla presenza di aree urbanizzate (fig. 9a) viene elaborata, come dettagliatamente descritto nel paragrafo metodologico, facendo ricorso alla logica fuzzy con successiva normalizzazione, attraverso la procedura AHP di attribuzione dei pesi, delle cinque classi di aree urbanizzate. Infrastrutture viarie La classificazione della rete viaria, relativamente al territorio etneo, è stata realizzata utilizzando un supporto cartografico, sviluppato secondo le specifiche Tele Atlas, che riporta la presenza di 6 classi di viabilità (Functional Road Class) (fig. 9a). La lunghezza complessiva del reticolo viario presente all’interno nell’area protetta entro un buffer di 1.500 m oltre i confini del parco è di 2.454,7 km, ripartiti all’interno delle diverse classi come riportato in tabella 4. Adottando la procedura descritta nella definizione del modello IRIS, si è ottenuta la mappa riportata in fig. 9b. Una volta elaborati gli strati informativi del grado di rischio di incendio relativi alle 5 variabili prese in considerazione dalla presente metodologia, attraverso la loro combinazione attraverso la WLC, utilizzando i pesi prima indicati – si perviene alla mappa del rischio di incendio statico (IRIS) per l’area del Parco dell’Etna. Nel caso particolare, però, ci troviamo al cospetto di un territorio vulcanico caratterizzato da numerose ed estese colate laviche dove la copertura vegetale è praticamente assente e quindi il rischio di incendio (mancando uno degli elementi costituenti il triangolo del fuoco) è da considerarsi nullo. La mappa del rischio IRIS è stata sottoposta ad una mascheratura con il layer delle colate laviche secondo un approccio booleano, giungendo così al risultato finale. La carta del rischio di incendio definitiva del Parco così ottenuta (fig. 10) è stata classificata uniformandosi alle disposizioni approvate dall’Unione Europea [Dec. CEE n. C(93) 1619 del 24/06/93, integrata dalla decisione SG. (95) D/2205 del 27/02/95] per il territorio italiano che, oltre alle classi di rischio nullo, prevede l’individuazione di:

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- zone ad alto rischio: il rischio permanente o ciclico di incendio minaccia gravemente l’equilibrio ecologico, la sicurezza delle persone e dei beni o contribuisce all’accelerazione dei processi di desertificazione; - zone a medio rischio: il rischio di incendio, pur non essendo permanente o ciclico, può minacciare in misura rilevante gli ecosistemi forestali; - zone a basso rischio: tutte le altre zone. Tabella 3 Classi di densità abitativa dei centri urbani ricadenti entro i confini del territorio indagato e loro ripartizione superficiale e percentuale

Classi di aree urbanizzate per densita abitativa

[ab⋅km-2]

Superficie [ha] %

0- 100 1.246,3 34,0100 - 200 790,9 21,6200 - 500 612,4 16,7500 - 1000 776,0 21,2oltre 1000 240,1 6,5

Tabella 4 Sviluppo lineare delle classi di infrastrutture viarie presenti nel territorio esaminato e loro ripartizione percentuale che mostra la preponderanza di strade di importanza secondaria

Classi Tele Atlas Tipologie reti viarie Tele Atlas Lunghezza [km] %

3 Secondary Roads 92,5 3,84 Local Connecting Roads 253,9 10,35 Local Roads of High Importance 5,0 0,26 Local Roads 569,9 23,27 Local Roads of Minor Importance 1.532,7 62,48 Others 0,8 0,03

4 DISCUSSIONE DEI RISULTATI E CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Anche sulla base della letteratura di settore, nell’assegnazione dei pesi ai fattori inseriti per il calcolo dell’indice IRIS, grande influenza è stata attribuita al bioclima e alla vegetazione mentre, a differenza di altre esperienze condotte in ambito mediterraneo, pari importanza è stata riconosciuta al fattore antropico rispetto alla pendenza dei versanti. Il trattamento dei dati è proprio di un modello di rischio di tipo statico: tra le possibili situazioni di rischio che possono determinare le diverse combinazioni dei valori assunti dai diversi fattori si considerano quelle più gravose. Analizzando i risultati ottenuti, si può osservare come la ripartizione del territorio dell’area protetta tra le diverse classi di rischio (fig. 10) è caratterizzata da una prevalenza di aree a medio rischio (23.427,5 ha, pari al 40,1% della superficie complessiva del Parco). Per la

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Figura 9 overlay mappingMappa del rischio antropico (E) ottenuta tramite dei layer risultanti dalle

analisi condotte sulla rete viaria (B) e sul tessuto urbano (D)

A B

C D

E

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Classi di rischio [%]

Zone a rischio nullo 34.0

Zone a basso rischio 22.0

Zone a medio rischio 40.1

Zone ad alto rischio 3.9

Figura 10 Mappa dell’indice di rischio di incendio statico (IRIS) ottenuta per il Parco Regionale

dell’Etna e ripartizione territoriale e percentuale secondo le diverse classi di rischio definite

19.853,5

12,820.7

23,427.5

2,260.8

0

5000

10000

15000

20000

25000

Su

pe

fic

ie[h

a]

Zone a rischio nullo Zone a basso rischio Zone a medio rischio Zone ad alto rischio

Classi di rischio

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presenza delle numerose colate laviche recenti, vi sono ben 19.853,5 ha (34%) di zone a rischio nullo; le aree a rischio basso interessano in tutto 12.820,7 ha (22%) mentre le zone a rischio alto sono minoritarie, ammontando a 2.260,3 ha, pari al 3,9% del territorio del parco. Complessivamente, quindi, più della metà del territorio del Parco è soggetta ad un grado rischio di incendio nullo o, quantomeno, basso. L’attenzione deve essere quindi prestata alle restanti aree, con rischio medio e alto, che nel complesso assommano al 44% del territorio. Per queste, è prioritaria l’adozione di misure pianificatorie di prevenzione idonee a garantire la difesa delle peculiarità paesaggistiche e floristiche minacciate dagli incendi insieme ad una capillare rete di avvistamento che possa ridurre al minimo i tempi di intervento durante il periodo di maggiore frequenza degli incendi, che nelle aree mediterranee corrisponde con la stagione estiva. Le zone ad alto rischio sono concentrate lungo i versanti occidentali e sud-occidentali dell’Etna all’interno di una fascia altitudinale compresa tra 600÷1.200 m di quota. La localizzazione di tali aree è fortemente influenzata dall’elevata rilevanza attribuita, nella definizione dell’indice IRIS, al fattore climatico e vegetazionale. I territori su cui insistono le zone ad alto rischio rientrano, infatti, all’interno di fasce bioclimatiche caratterizzate da una elevata siccità estiva e da temperature estive medie, più alte rispetto al resto del territorio del Parco. In tali zone, inoltre, il soprassuolo vegetale è caratterizzato da una estesa presenza di pascoli, boschi di latifoglie a prevalenza di specie termofile e di boschi misti con prevalenza di conifere particolarmente suscettibili agli incendi. Si tratta altresì di aree pedemontane caratterizzate da una significativa presenza antropica e a ridosso di zone investite a colture agricole di pregio, oggetto di azioni per una loro valorizzazione turistica. Appare quindi chiaro che proprio in tali aree è necessario un più accurato monitoraggio del rischio di incendio boschivo e si debba ricorrere a modelli dinamici di previsione (Di Fazio e Modica, 2007).

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ABSTRACT WILDFIRE RISK AND LANDSCAPE PLANNING IN THE PROTECTED NATURAL AREAS OF THE MEDITERRANEAN REGION. A CASE STUDY IN THE ETNA PARK In the present paper the Authors present the first results of a research aimed at the definition of a static model for the assessment of wildfire risk. The model is intended to support the decision making planning decisions and prevent forest fire in protected areas (Fire Prevention Planning), with specific application in the ambit of Etna Regional Park (Sicily) and is based on multicriteria analysis developed in a G.I.S. environment. In the first part of the work the main aspects documenting the relevance of the problem are analysed with reference to the international context. The Authors stress the importance assumed by the definition of wildfire risk in land use planning and in fire prevention and tackling. After a detailed examination of the Italian legislation on the matter - in particular, of the new aspects introduced by Law no. 353/2000 – the method used for defining a static wildfire risk in summer condition index (IRIS index) is discussed. The main factors to be analysed for the implementation of the model are then singled out (climate, vegetation, topography, anthropic factors). The results of the application of the model and the IRIS index to the Etna Regional Park are discussed. The Wildfire Risk Map obtained appears as a satisfactory result which can be effectively use as an important basis for the building of Fire Prevention Plans and tools to be applied to the territory of Etna Region Park according to the present legislation framework.