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Fondazione Besso di Roma FATTORI DI RISCHIO E FATTORI DI PROTEZIONE Quali sono i fattori di rischio e di protezione; tecniche e strategie educative per rafforzare i fattori protettivi nel gruppo classe. dott.ssa Fabiola Trojani Psicologa, Psicoterapeuta, Psicologa Giuridica

FATTORI DI RISCHIO E FATTORI DI PROTEZIONE · 2017. 10. 31. · “FATTORI DI RISCHIO” Nella letteratura specializzata come “fattori di rischio” vengono citati quegli elementi

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Fondazione Besso di Roma

FATTORI DI RISCHIO E FATTORI DI PROTEZIONE

Quali sono i fattori di rischio e di protezione; tecniche e strategie educative per rafforzare i fattori protettivi nel

gruppo classe.

dott.ssa Fabiola TrojaniPsicologa, Psicoterapeuta, Psicologa Giuridica

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COSA SI INTENDE PER “FATTORI DI RISCHIO”

Nella letteratura specializzata come “fattori di rischio” vengono

citati quegli elementi del comportamento individuale,

dell’ambiente sociale e della relazione interpersonale che

sono in grado di predisporre gli alunni a mettere in atto e/o a

subire comportamenti di prevaricazione.

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COSA SI INTENDE PER “FATTORI DI PROTEZIONE”

Nella letteratura specializzata come “fattori di protezione” vengonocitati quegli elementi del comportamento individuale,dell’ambiente sociale e della relazione interpersonale in gradodi:

ridurre la probabilità del coinvolgimento degli alunni inepisodi di bullismo;

ridurre le conseguenze nel caso di un loro coinvolgimento;

fungere da moderatori rispetto ai fattori di rischio.

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FATTORI DI RISCHIO NEL BULLISMO E NEL CYBERBULLISMO

BULLO VITTIMA

Impulsività e scarsa tolleranza alla frustrazione

Elevata sensibilità ed insicurezza

Scarsa autostima Scarsa autostima

Scarsa autoefficacia Scarsa autoefficacia

Stile educativo famigliare eccessivamente e/o rigidamente autoritario e conflittuale

Stile educativo famigliare eccessivamente e/o rigidamente iperprotettivo

Abuso di sostanze nell’adolescenza

Presenza di disturbi ansiosi e/o depressivi nell’adolescenza

Difficoltà ad instaurare relazioni amicali efficaci

Difficoltà ad instaurare relazioni amicali efficaci

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FATTORI DI PROTEZIONE NEL BULLISMO E NEL CYBERBULLISMO

BULLO VITTIMA

Buona autostima Buona autostima

Buona autoefficacia Buona autoefficacia

Buone competenze emotive (empatia)

Buone competenze emotive (riconoscimento)

Buone capacità verbali e comunicative (assertività)

Buone capacità verbali e comunicative (assertività)

Presenza di modelli extrafamigliaripositivi (insegnanti, allenatori, educatori, ecc.)

Presenza di modelli extrafamigliaripositivi (insegnanti, allenatori, educatori, ecc.)

Buona capacità di resilienza Buona capacità di resilienza

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IL CONCETTO DI “RESILIENZA”

La resilienza può essere definita come “la capacità o il processo di far fronte, resistere, integrare, costruire e riuscire a riorganizzare positivamente la propria vita

nonostante l’aver vissuto situazioni difficili che facevano pensare ad un esito negativo.” (Cyrulnik, 2005).

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Quali fattori promuovono la resilienza?

Resilienza

Fattori individuali(autonomia, autoefficacia, autostima ecc.)

Fattori relazionali(qualità delle relazionifamigliari e amicali, clima scolastico ecc.)

Fattori sociali(integrazione nella

comunità di appartenenza ecc.)

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I DEFICIT NEUROPSICOLOGICI

E’ stata riscontrata una maggiore incidenza dei comportamenti di prevaricazione negli alunni che presentano i seguenti deficit neuropsicologici:

deficit verbali

una compromissione delle funzioni esecutive

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DEFICIT VERBALILa presenza di un deficit verbale:

ostacolerebbe il processo di socializzazione;

ostacolerebbe lo sviluppo di adeguate abilità di autocontrollo (è soprattutto attraversoil linguaggio che il bambino impara ad inibire i propri comportamenti inadeguati);

favorirebbe uno stile cognitivo orientato al presente, che renderebbe difficoltosorimandare la gratificazione e anticipare le conseguenze del proprio comportamento;

nelle interazioni con gli altri favorirebbe il passaggio ad una risposta di tipo impulsivoe aggressivo;

aumenterebbe le difficoltà scolastiche.

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DEFICIT NELLE FUNZIONI ESECUTIVE

La presenza di un deficit nelle funzioni esecutive:

favorirebbe l’impulsività, ostacolando la capacità di tenere adeguatamente conto delle conseguenze del proprio comportamento;

ostacolerebbe la capacità di rinviare la gratificazione in vista di vantaggi futuri più significativi;

favorirebbe una rigidità nel comportamento, rendendo difficoltosa la capacità di apprendere dall’esperienza e di modificare il proprio comportamento.

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LE DISFUNZIONI COGNITIVE NEL MODO DI PROCESSARE LE INFORMAZIONI

Questi studi hanno preso in considerazione le cinque fasi attraverso le quali si arriva alla decisionedi adottare un comportamento aggressivo:

1. percezione: è la fase in cui l’alunno dirige la sua attenzione su alcuni stimoli ambientali,ignorando quelli non significativi;

2. elaborazione: in questa fase l’alunno attribuisce un significato (positivo o negativo)all’evento percepito;

3. individuazione degli obiettivi: l’alunno definisce l’obiettivo che vuole raggiungererispetto alla situazione percepita;

4. generazione di possibili risposte: a questo punto viene generata una serie di opzionicomportamentali, ritenute utili per raggiungere l’obiettivo fissato nella fase precedente;

5. decisione: l’alunno sceglie la risposta comportamentale ritenuta più efficace perraggiungere i propri obiettivi.

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LE DISFUNZIONI COGNITIVE NEL MODO DI PROCESSARE LE INFORMAZIONI

Gli allievi che mettono in atto comportamenti di prevaricazione tendono a percepire prevalentemente gli elementi di ostilità mostrati dagli altri rispetto a quelli positivi e concilianti («Ce l’hanno con me»);

Gli allievi che mettono in atto comportamenti di prevaricazione tendono ad attribuire un significato ostile anche a situazioni sociali neutre o positive («Mi ha guardato perché ce l’ha con me»);

Gli allievi che mettono in atto comportamenti di prevaricazione tendono a porsi come principale obiettivo la vendetta nei confronti degli altri, percepiti come ostili;

Gli allievi che mettono in atto comportamenti di prevaricazione, quando decidono di mettere in atto una risposta aggressiva, tendono a sottostimare la possibilità di incorrere in conseguenze negative («Tanto non mi possono fare niente»);

Gli allievi che mettono in atto comportamenti di prevaricazione si ritengono spesso più abili nell’attuare comportamenti aggressivi piuttosto che nell’attuare comportamenti prosociali («Io so solo menare e rompere»).

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LA FUNZIONE DEL BULLISMO funzione di adultità, che indica il tentativo di assumere in anticipo alcuni

comportamenti adulti ritenuti significativi;

funzione di trasgressione, che indica il tentativo di affermare con forza lapropria indipendenza e autonomia;

funzione di identità, che indica il tentativo di affermazione e disperimentazione di sé e delle proprie capacità attraverso forme ecomportamenti vistosi ed esasperati;

funzione di fuga dalla realtà, per far fronte a disagi e conflitti;

funzione di costruzione di un legame sociale con i pari, attraverso lamessa in atto di atteggiamenti e comportamenti ritualizzati;

funzione di visibilità sociale, per essere notati e riconosciuti.

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INTERVENTI DI PREVENZIONE DEL BULLISMO

Gli interventi di prevenzione del bullismo nel contesto scolastico implicano la promozione di “life skills”, ovvero di capacità adattive e positive, così come implicano il potenziamento dei fattori di protezione con riferimento, in particolare, alle competenze individuali quali:

un buon livello di autostima;

la capacità di assumere uno stile comportamentale e comunicativo assertivo;

le abilità di problem solving.

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GLI OBIETTIVI EDUCATIVI potenziare le abilità verbali, in modo che gli alunni possano utilizzarle in

maniera più efficace in una serie di situazioni, ad esempio quando devono

risolvere un problema interpersonale, quando vogliono ipotizzare e valutare le

possibili conseguenze di diverse azioni o quando provano emozioni negative;

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GLI OBIETTIVI EDUCATIVI ampliare il repertorio di abilità di cui dispone l’allievo quando deve

affrontare situazioni problematiche. Il bullismo, infatti, non sarebbe

imputabile solamente ad una distorta percezione delle situazioni, ma anche al

fatto che il soggetto sviluppa nel corso degli anni dei repertori comportamentali

molto limitati;

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GLI OBIETTIVI EDUCATIVI insegnare all’alunno a porre attenzione a tutti gli elementi di una

situazione, soprattutto quelli di segno positivo, in modo tale da ridurre il

rischio di percepire ogni situazione come minacciosa;

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GLI OBIETTIVI EDUCATIVI aiutare l’alunno a sviluppare un pensiero flessibile e

probabilistico, che permetta di attribuire significati diversi agli

eventi;

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GLI OBIETTIVI EDUCATIVI stabilire obiettivi cooperativi e prosociali, discutendone i

vantaggi;

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GLI OBIETTIVI EDUCATIVI incrementare le opzioni comportamentali a sua

disposizione, in modo tale che si riduca il ricorso esclusivo alla

condotta aggressiva;

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GLI OBIETTIVI EDUCATIVI valutare con attenzione i pro e i contro di ogni opzione

comportamentale.

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Scheda operativa N°1L’autostima

Attività: discussione in gruppo.Obiettivo: potenziare l’autostima del gruppo classe.Realizzazione: l’insegnante invita ciascun alunno a

pensare ad un pregio e ad un difetto del gruppo classe. Tutte le caratteristiche emerse vengono scritte alla lavagna e alla fine se ne discute, mettendo in evidenza i pregi che gli alunni si riconoscono come gruppo classe e ragionando insieme su come migliorare le caratteristiche negative.

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Scheda operativa N° 2 L’Autostima e l’Assertività Attività: lettura e discussione della favola

“La Volpe Giulia” (Edizioni Erickson). Obiettivo: riflettere sul proprio stile

comportamentale (vittimistico o deresponsabilizzante), potenziare l’autostima e l’assertività.

Realizzazione: lettura e discussione sulla favola.

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Scheda operativa N°3 L’apprendimento cooperativo

Attività: apprendimento cooperativo Obiettivi: imparare a lavorare insieme, migliorare le relazioni

tra pari, migliorare il rendimento scolastico. Realizzazione: gli alunni vengono suddivisi in gruppi di 4/5

alunni; ciascun gruppo approfondisce un aspetto diverso di uno stesso argomento (es. Regione Lazio: un gruppo approfondisce l’aspetto fisico, un altro l’aspetto economico, uno usi e costumi, ecc.). Ogni componente, con l’aiuto dei compagni, deve leggere e imparare l’argomento assegnato. Alla fine di questa prima fase vengono creati dei gruppi “misti”, nei quali siano presenti un “esperto” per ogni aspetto dell’argomento trattato. Ciascuno diventa quindi responsabile non solo del proprio apprendimento ma anche di quello dei propri compagni dato che, nel nuovo gruppo, dovrà spiegare ciò che precedentemente aveva appreso.

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BIBLIOGRAFIA

Mariani U., Schiralli R. (2012) «Intelligenza Emotiva a scuola. Percorso

formativo per l’intervento con gli alunni.» Edizioni Erickson

Rebuffo M. (2005) «5 percorsi di crescita psicologica.» Edizioni Erickson

Polito M. (2005) «Educare il cuore. L’intelligenza emotiva degli adolescenti a

scuola.» La Meridiana