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DIPARTIMENTO DI STUDI LINGUISTICO-LETTERALI, STORICO-FILOSOFICI E GIURIDICI Relazione per il Corso di Diritto Penale progredito nel Corso di Laurea in Giurisprudenza, LMG-01 A.A. 2018/2019 02 maggio 2019 SCAMBIO ELETTORALE POLITICO-MAFIOSO: L’ARTICOLO 416-TER C.P. Katia Camilli, Lorenzo Saveri Relatore: Prof. Carlo Sotis 1

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DIPARTIMENTO DI STUDI LINGUISTICO-LETTERALI, STORICO-FILOSOFICI E GIURIDICI

Relazione per il Corso di Diritto Penale progreditonel Corso di Laurea in Giurisprudenza, LMG-01

A.A. 2018/201902 maggio 2019

SCAMBIO ELETTORALE POLITICO-MAFIOSO: L’ARTICOLO 416-TER C.P.

Katia Camilli, Lorenzo Saveri

Relatore: Prof. Carlo Sotis

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INDICE

1. L’evoluzione del fenomeno della contiguità mafiosa: da “mafia anti-Stato” a “mafia intra-

Stato” e la necessità dei rapporti con la politica…………………………………………….…… 3

2. La necessità di una risposta dal diritto penale: la nascita dell’articolo 416-ter c.p.

2.1 Iter legislativo e analisi dell’articolo 416-ter c.p……………………………………………… 5

2.2 Una norma poco effettiva sin dalla nascita

2.2.1 La frattura della costante criminologica: oggetto dello scambio il solo “denaro”? Le diverse

interpretazioni date dalla giurisprudenza……………………………………………………………..

8

2.2.2 La condotta incriminata ed il momento consumativo del reato. Come il problema porta al

ricorso della figura del concorso esterno: applicazione del combinato 416-bis e 110 c.p.

………………… 10

2.2.3 La violazione del principio di proporzionalità della pena…………………………………….

13

3. La riforma del 2014: il nuovo articolo 416-ter c.p.

3.1 Le molteplici proposte di riforma ed il lungo iter di approvazione……………………….…… 14

3.2 Le modiche al comma 1

3.2.1 I soggetti del reato e la condotta punita……………………………………………………….

15

3.2.2. Il metodo mafioso…………………………………………………………………………….

16

3.2.3 L’oggetto dello scambio (non più “il solo denaro”) e la nuova cornice edittale………………

18

3.3 L’introduzione del secondo comma; da fattispecie plurisoggettiva necessaria impropria a

propria. L’espressione previsione di una pena anche per il

promittente……………………………………. 19

3.3.1 Un’altra possibile interpretazione: oltre i rapporti politica mafia …………………………….

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4. I rapporti, ad oggi, della norma con la fattispecie del concorso esterno e reati elettorali….

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5. Conclusioni. Una riforma pensata, in grado di adattarsi anche alle nuove caratteristiche dei

rapporti politica-mafia…………………………………………..……………………………….. 22

6. Bibliografia……………………………………………………………………………………... 24

1. L’evoluzione del fenomeno della contiguità mafiosa: da “mafia anti-Stato” a “mafia intra-

Stato” e la necessità dei rapporti con la politica

Le origini del fenomeno mafioso devono essere fatte risalire già alla metà del XIX secolo, nelle

zone meridionali del Regno d’Italia. In particolare in Sicilia, in un contesto feudale latifondista dove

si ha da una parte uno Stato “assente”, incapace di garantire ordine, sicurezza e di assicurare diritti

nelle campagne e nell’entroterra del Mezzogiorno, e dall’altra i proprietari terrieri, che vista

l’estensione delle loro terre, affidavano la gestione ai cosiddetti “gabellotti” (coloro che quindi lo

avevano in affitto)1. Può dirsi infatti che sia quella del gabellotto la prima figura di “mafioso”, che

dopo aver ottenuto l’affitto dei lotti di terreno dei grandi latifondisti, li subaffittava a poveri

contadini in cambio di consistenti canoni. La prima mafia che si sviluppa è dunque di tipo agrario,

radicata nel territorio e per questo considerata come una sottocultura tipica delle zone meridionali.

In realtà, la presenza della mafia nel meridione a differenza dello Stato, riusciva a garantire ordine,

a svolgere funzioni di protezione, di regolamentazione economica e garantiva opportunità a tutti

coloro che l’avrebbero affiancata, visto il forte sviluppo della logica della clientela del favore. Si

può dire che la mafia in queste zone si sostituisca allo Stato: questa agisce infatti dove lo Stato

manca.

Il fatto che la mafia si sia sostituita allo Stato ha reso difficile l’inquadramento del fenomeno: ci

sono voluti diversi anni per arrivare a comprendere in realtà quella che era la sua natura illecita; si

trattava infatti di crimine organizzato, che agiva mediante violenza, intimidazione, ricatti, omicidi

per conquistare e soddisfare i propri interessi di potere ed economici2. Tuttavia, si concepiva ancora

secondo un “modello imprenditoriale”3 o un “modello ordinamentale”4: due modelli dove le 1 G. AMARELLI, La contiguità politico mafiosa, Roma, 2016, p. 6.2 G. AMARELLI, cit., p. 9.3 Modello imprenditoriale: la mafia è concepita come un’impresa, alla cui base vi è una logica speculativa e l’obiettivo è massimizzare il profitto e ottenere il controllo economico di una area. (Attività lecita). G. AMARELLI, cit., p. 18.4 Modello ordinamentale: si concepisce la mafia come un ordinamento chiuso e a sé stante, un’organizzazione piramidale, con proprie regole di comportamento e di affiliazione, sanzioni. G. AMARELLI, cit., p. 18.

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eventuali relazioni con la politica erano considerati solo come mero aspetto eventuale, secondario

ed accessorio. In quest’ottica, la mafia veniva vista come l’istituzione “anti-Stato” per eccellenza;

considerata più come organizzazione chiusa ed auto sufficiente che in base alle relazioni che aveva

instaurato con Stato e società civile.

Un passo avanti si ha solo nel secondo novecento, dove si inizia a capire quella che è la vera

“essenza” ed il suo vero obiettivo: la mafia potrà riuscire a raggiungere il suo principale obiettivo, e

cioè acquisire quanto più potere territoriale possibile ed il controllo di economie sia legali sia

illegali di intere aree geografiche, solo se riesce ad instaurare profonde relazioni esterne al clan ed

ad ottenere

quindi un appoggio dal mondo della politica, delle forze dell’ordine e della magistratura5.

Le relazioni diventano così l’elemento imprescindibile e necessario per permettere al clan mafioso

di vivere ed espandersi al di fuori della tradizionale area geografica in cui è nato: sono il suo “punto

di forza”. Il fenomeno mafioso, alla luce di ciò, non può quindi continuare ad essere considerato

come un fenomeno anti-Stato, ma al contrario, un fenomeno che agisce all’interno dello Stato; come

afferma G. Amarelli, si tratta di «un sistema che presuppone l’esistenza di uno Stato, nelle cui

maglie allentate e nei cui punti critici attecchisce e prolifera. La mafia vive in un rapporto osmotico

e parassitario con le istituzioni pubbliche, non potendo prescindere da queste6». Per questo le

modalità violente e basate sulla logica del terrore utilizzate non devono essere viste come un modo

per demolire lo Stato, ma come uno per indebolirlo, per poi riuscire ad entrare al suo interno così da

avere la possibilità di stipulare accordi ed intese con le istituzioni. Per far fronte al problema, data la

crescente rilevanza e pericolosità di questi rapporti e ritenendo non sufficiente a reprimerlo il

generico reato di “associazione per delinquere” (art. 416 c.p.), che ha come intento quello di punire

un qualsiasi gruppo organizzato per la realizzazione di qualsivoglia reato, nel 1980 veniva

presentata alla Camera dall’onorevole Pio la Torre una proposta di legge per introdurre nel codice il

reato di “associazione di tipo mafioso” (art. 416-bis c.p.) così da poter punire un’associazione che,

avvalendosi del metodo mafioso, poneva in essere sia attività illecite che lecite7.

L’articolo 416 c.p., associazione per delinquere, punisce tre o più persone che si associano con il fine di

commettere delitti; diversamente l’art. 416-bis c.p., Associazioni di tipo mafioso, punisce chi fa parte e chi promuove,

dirige o organizza un’associazione di tre o più persone che, avvalendosi del metodo mafioso, ovvero forza di

intimidazione del vincolo associativo, condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, mirano a commettere

delitti, ottenere il controllo, sia diretto che indiretto, di attività economiche e realizzare profitti o vantaggi ingiusti. È

5 I rapporti con le forze dell’ordine sono necessari per evitare che vi siano controlli sulle attività illecite; quelli con la politica necessari per ottenere la gestione degli appalti, per esercitare il controllo sulle articolazioni statali; quelle con la magistratura per ottenere insabbiamenti di prove o “favori” duranti i processi.6 G. AMARELLI, cit., p. 27.7 G. AMARELLI, cit., p.15.

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chiaro che le ultime due attività citate sono di norma lecite, o che al più possono essere sanzionate a livello

amministrativo: di per sé non costituiscono un fatto penalmente rilevante; si configurano come reato solo quando sono

poste in essere da un’associazione che utilizza il metodo mafioso.

È solo dopo l’omicidio dello stesso di Pio la Torre (30 aprile 1982) e la “Strage di Via Carini”, dove

perse la vita il Prefetto di Palermo Carlo Alberto dalla Chiesa, (3 settembre 1982) ad opera di “Cosa

Nostra”, che il 13 settembre 1982 venne approvata la Legge Rognoni– La Torre (legge n. 646, del

13 settembre 1982) ed introdotto l’articolo 416-bis c.p.

2.La necessità di una risposta dal diritto penale: la nascita dell’articolo 416-ter c.p.

2.1 Iter legislativo e analisi dell’articolo 416-ter c.p.

Il principale problema dell’originario 416-bis c.p.8, introdotto nel 1982, era di una norma pensata

per punire anche i rapporti tra mafia e politici che già ricoprivano cariche istituzionali di qualsiasi

genere e livello; per questo non prendeva in considerazione il fenomeno di scambio elettorale

politico-mafioso che invece è un rapporto che nasce tra mafia e candidato politico. L’attività di

compravendita dei voti e di alterazione delle consultazioni elettorali non era prevista nell’elenco

delle finalità tipiche del sodalizio mafioso elencate al terzo comma della norma. La lacuna di tutela

venne quindi autonomamente colmata dalla giurisprudenza che reputava punibili, ai sensi

dell’articolo 416-bis c.p., gli accordi tra mafia e candidato alle elezioni, in alcuni casi dilatando la

nozione di “partecipazione all’associazione mafiosa”; in altri ricorrendo all’applicazione del

combinato disposto con l’articolo 110 c.p.9. Veniva a nascere quindi la figura del concorso esterno

del politico nell’associazione mafiosa, istituto ancora incerto per quanto riguarda i limiti del suo

ambito applicativo e i requisiti necessari per la sua definizione, come vedremo dopo. Tuttavia, a

causa dei vari problemi delle soluzioni offerte, era sempre più evidente la necessità di modificare

l’articolo 416-bis c.p. ed introdurre espressamente tale finalità al comma 310, o, ancor meglio, di

introdurre uno specifico ed autonomo reato per punire lo scambio elettorale politico mafioso. Si

sentiva, infatti, la necessità di prevedere una norma ad hoc per la fattispecie, che anticipasse ancor

di più la tutela, andando a prevenire la nascita dell’accordo stesso, prevedendo la pena per la sola

stipula del patto tra mafioso e candidato alle elezioni; una norma che punisse i rapporti che si

sviluppano durante le competizioni elettorali, con la futura classe politica. L’impulso più grande che

8 Il testo originario dell’articolo 416-bis c.p. recitava «Chiunque fa parte di un’associazione di tipo mafioso formata da tre o più persone, è punito con a reclusione da tre a sei anni. Coloro che promuovono dirigono o organizzano l’associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da quattro a nove anni. L’associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fano parte si avvalgono della forza di intimidazione, del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquistare in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di connessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri. (…)», Legge 13 settembre 1982, n. 646, www.normattiva.it.9 G. AMARELLI, cit. p. 213.10 La locuzione verrà introdotta solo nel 1992 contestualmente all’introduzione dell’art.416-ter c.p.

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portò la politica ad occuparsi della situazione si ha solo nel 1992: dopo infatti la Strage di Capaci

dove perse la vita il giudice Giovanni Falcone11, la preoccupazione e l’indignazione dell’opinione

pubblica, i movimenti anti-mafia che crescevano di giorno in giorno, portarono, o meglio

costrinsero, il Governo dell’epoca, presieduto da Giulio Andreotti, ad occuparsi del fenomeno. Il

primo passo si ha, su iniziativa congiunta dei Ministri di Grazia e Giustizia e dell’Interno12, con

l’adozione nel giugno del 1992 del decreto legge n. 306 recante “Modifiche urgenti al nuovo codice

di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa”.

Purtroppo si trattava di un decreto dove in realtà l’attenzione al problema dei rapporti mafia-politica

era quasi del tutto assente; e infatti è solo nel luglio 1992, dopo l’uccisione di un altro magistrato

anti-mafia, Paolo Borsellino, che la situazione venne presa realmente in mano: l’opposizione infatti

propose un emendamento all’articolo 416-bis c.p. per ampliare il suo ambito di operatività e far sì

che potesse essere applicato anche nei casi scambio elettorale politico-mafioso13. La proposta di

emendamento venne rigettata dal Senato che si limitò a voler modificare l’articolo semplicemente

aggiungendo al terzo comma la previsione, tra le altre finalità, della compravendita dei voti.

Contemporaneamente altro grande passo che venne fatto fu costituto dalla proposta avanzata

dall’On. Ayala, che prevedeva l’introduzione di un autonomo reato per punire lo scambio elettorale

politico mafioso14. La proposta venne rigettata, forse troppo radicale e “più adatta” al contesto della

trasparenza elettorale, ma venne poco dopo riproposta dai deputati Galasso e Palermo

dell’opposizione. Anche questa volta, a causa dell’eccessiva ampiezza della proposta15 venne

bocciata, ma la stessa Commissione giustizia, che aveva rigettato la proposta, ne formulò una alla

Camera simile, ma più temperata dal punto di vista degli effetti. Il Parlamento si trovò così a

discutere della proposta a pochi giorni dalla data di scadenza per la conversione in legge del decreto

legge: non vi era più tempo per eventuali emendamenti e onde evitare di deludere le aspettative

11 Il magistrato Giovanni Falcone, all’epoca, era coinvolto nelle attività investigative e nei processi penali contro le principali cosche mafiose.12 Rispettivamente Claudio Martelli, da cui poi il decreto legge prenderà il nome, e Vincenzo Scotti.13 La proposta prevedeva: «Al comma 1 dell’articolo 416-bis c.p. è aggiunto il seguente periodo: le disposizioni de presente articolo si applicano altresì a coloro i quali ne corso di campagne elettorali, al fine di procurare voti a sé o a altri, ricorrono al sostegno intimidatorio dell’associazione mafiosa».14 La proposta presentata dall’On. Ayala prevedeva l’introduzione dell’articolo 416-ter c.p. con cui sanzionare penalmente la compravendita di voti mafiosi, ma anche la promessa di voti in cambio di promesse di agevolazioni per ciò che concerne «concessioni, autorizzazioni, appalti, contributi, finanziamenti pubblici o, comunque, la realizzazione di profitti illeciti». Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, XI Legislatura, resoconto stenografico, seduta del 4 agosto 1992.15 La proposta dei deputati Galasso e Palermo era così formulata: «Le pene stabilite dai primi due commi dell’articolo 416-bis c.p. si applicano anche a chi, per ottenere al proprio o altrui vantaggio il voto elettorale, si avvale, anche indirettamente, della forza di intimazione del vincolo associativo di cui all’articolo 416-bis c.p. accettando la promessa di sostegno elettorale da persone sottoposte a procedimento di prevenzione o a procedimento penale per il delitto di associazione mafiosa in cambio di somministrazione di denaro o della promessa di agevolare l’acquisizione di concessioni, autorizzazioni, appalti, finanziamenti pubblici o, comunque, la realizzazione di profitti o vantaggi ingiusti». Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, XI Legislatura, resoconto stenografico, seduta del 4 agosto 1992.

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della collettività, suscitare l’indignazione dell’opinione pubblica e un forte clamore mediatico, si

trovò quindi costretto ad approvare la proposta.

Nasce così l’articolo 416-ter c.p., che nella sua formulazione originaria prevedeva: «La pena

stabilita dal primo comma dell’articolo 416-bis si applica anche a chi ottiene la promessa di voti

prevista dal terzo comma del medesimo articolo 416-bis in cambio della erogazione di denaro».

Il primo dibattito che si sviluppa intorno alla norma riguardava il bene giuridico tutelato, elemento

sottinteso della fattispecie in questo caso16. A causa della natura emergenziale della norma, per la

sua struttura oscura e imprecisa e per la notevole anticipazione della tutela che la rendeva riferibile

a una pluralità di interessi giuridici, fu difficile trovare un accordo circa il bene protetto17. Per la

giurisprudenza di legittimità, il bene tutelato era semplicemente quello di categoria: l’ordine

pubblico, messo potenzialmente in pericolo dal connubio tra mafia e politica18. Tuttavia il fatto di

essere un termine ampio ed incerto, ha portato la dottrina ad individuare beni giuridici più specifici

e coerenti allo scopo della norma, come l’accesso alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza

effettiva, aspetto fondamentale della democrazia rappresentativa, a cui solo in via mediata si

ricollegava l’ordine pubblico19. L’articolo 416-ter c.p. punisce il candidato che, a seguito

dell’accordo con un soggetto appartenente ad un sodalizio mafioso per ottenere voti, eroga, in

cambio, denaro. Tuttavia, appare evidente sin da subito, che si tratta di una norma che difficilmente

potrà essere applicata alla realtà dei fatti, descrivendo una fattispecie molto distante da quella che

invece è la realtà criminologica; ma soprattutto è chiaro che si tratta di una norma che non è in

grado di assolvere l’obiettivo per cui è nata, come vedremo più avanti.

Il problema alla base di tutto ciò è proprio il contesto in cui nasce la disposizione: il malcontento, la

paura collettiva dopo le stragi di Capaci e via d’Amelio, sono in realtà gli unici fattori che hanno

spinto il legislatore a dare vita alla norma. Nasce quindi come norma d’emergenza, con un valore

meramente simbolico e che deve essere ricondotta al modello pseudo consensuale: si ha la

falsificazione di un consenso che maschera in realtà un conflitto irrisolto dalla norma penale20. Ciò

avviene quando la collettività è portatrice di un interesse diffuso, per cui chiede tutela con il diritto

penale, che però allo stesso tempo rappresenta un contro interesse del gruppo esponenziale, nel

nostro caso la classe politica, che invece ha interesse alla tutela dal diritto penale. Il legislatore più

che pensare a come realmente risolvere il problema, ha semplicemente creato una norma che sa che

avrebbe ottenuto un largo consenso pubblico. Si cerca di far credere alla collettività che il problema 16 Si trattava di un reato di pericolo astratto, per cui si puniscono una serie di comportamenti che possono mettere in pericolo uno o più beni giuridici. Si puniscono a prescindere se vi è stata effettiva offesa o meno. G. MARINUCCI, E. DOLCINI, Manuale di diritto penale, parte generale, quinta edizione, Milano 2015, p. 243.17 G. AMARELLI, cit., p. 214.18 Cass. Pen. Sez. VI, 19-02-2004, n. 10785, in Leggi d’Italia.19 Il contrasto riguardo il bene giuridico tutelato verrà risolto solo dopo la riforma dell’articolo del 1992.20 C. E. PALIERO, Consenso sociale e diritto penale, in Riv. It. dir. e proc. pen., 1992, p. 889.

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sia risolto: ma poi di fatto non è così, vista l’ineffettività. Infatti, se per alcuni i problemi della

norma devono essere visti come causati dall’utilizzo della decretazione d’urgenza21, per un’altra tesi

invece la norma è nata appositamente inefficace: quello dei rapporti tra mondo della politica e mafia

è un argomento molto delicato, come sostiene G. Amarelli «Le cause… sono da rinvenire altrove,

vale a dire nel timore della classe politica di normare su un argomento che la vedeva direttamente

coinvolta e che avrebbe potuto creare non pochi problemi a molti dei suoi esponenti che avevano

rapporti più o meno stretti con organizzazioni criminali di tipo mafioso in diverse aree geografiche

della penisola o che temevano che talune loro relazioni ‘incaute’ o ‘superficiali’ potessero essere

mal giudicate22».

2.2 Una norma poco effettiva sin dalla nascita

2.2.1 La frattura della costante criminologica: oggetto dello scambio il solo “denaro”? Le

diverse interpretazioni date dalla giurisprudenza

Uno dei primi ed evidenti problemi che la norma presentava nella sua originaria formulazione era

quello che la fattispecie astratta, descritta dall’articolo, di fatto non corrispondeva alla realtà

criminologica e per questo difficilmente poteva essere applicata in concreto.

La disposizione puniva il politico che accettava la promessa di voti, da parte di un soggetto

appartenente ad un’organizzazione mafiosa, erogando in cambio somme di denaro. Si trascurava

che di fatto quasi mai il corrispettivo dato dal politico consisteva nella dazione del solo denaro, ma

il più delle volte ciò che veniva concesso erano favori o promesse di favori diversi, come ad

esempio concessione di appalti, assunzione di lavoratori, autorizzazioni, finanziamenti pubblici

ecc.23

È evidente, quindi, che ci troviamo di fronte ad un caso di frattura della costante criminologica: per

cui era difficile applicare la norma ai casi concreti che si presentavano ai giudici. Di conseguenza,

pur di riuscire ad applicare la norma, la giurisprudenza diede vita a diversi orientamenti

interpretativi, sia restrittivi che estensivi, del termine “denaro”.

Rispettando rigorosamente il principio di tassatività vigente in materia penale, il termine “denaro”

doveva essere inteso solo ed esclusivamente nel suo significato letterale.

Tuttavia per una parte della giurisprudenza di legittimità si doveva ricomprendere, oltre che il

denaro in senso stretto, qualsiasi bene purché immediatamente suscettibile di una valutazione

economica24. Tale orientamento lo ritroviamo in diverse pronunce della Corte di Cassazione, tra cui 21 G. AMARELLI, cit., p. 223.22 G. AMARELLI, cit., p.219.23 G. AMARELLI, La riforma del reato di scambio elettorale politico mafioso, Diritto Penale Contemporaneo, 04/05/14, p.4.24 C. VISCONTI, Verso a riforma de reato di scambio elettorale politico-mafioso: andiamo avanti, ma con giudizio, in Diritto Penale Contemporaneo, 2013, p.4.

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la sentenza n. 46922 del 30 novembre 2011, dove si stabiliva che: « …l’oggetto materiale della

erogazione offerta in cambio della promessa di voti può essere rappresentato non solo dal denaro,

ma da qualsiasi bene traducibile in un valore di scambio immediatamente quantificabile in termini

economici (ad es. mezzi di pagamento diversi dalla moneta, preziosi, titoli, valori immobiliari ecc.),

restando invece escluse al contenuto precettivo della norma incriminatrice altre “utilità” che solo in

via mediata possono essere oggetto di monetizzazione25 ». La Corte di Cassazione è quindi arrivata

a ricomprendere tra i significati del termine denaro anche beni che di fatto denaro non sono, ma che

hanno un valore economico già determinato e immediatamente convertibile in moneta: ad esempio

il trasferimento della proprietà di un’immobile del valore di 100.000 euro. In realtà, in altre

successive pronunce, la Corte Suprema è arrivata a ritenere, dando un’interpretazione del termine

ancor più estensiva, di fronte alla cessione in locazione di un immobile pubblico ad un canone

irrisorio, che l’ingiusto arricchimento del mafioso costituisca un’utilità traducibile in un valore di

scambio immediatamente monetizzabile; o ancora, ha ritenuto che costituisse un utilità

immediatamente quantificabile in termini monetari l’assegnazione di un posto di lavoro retribuito

mensilmente con un somma pari a 3000 euro, senza che di fatto venisse svolta alcuna mansione26.

Un’interpretazione del termine, ancor più estensiva, viene offerta da un’ulteriore parte della

giurisprudenza, secondo cui, per “denaro” si doveva intendere anche l’erogazione di “altra utilità”:

dovevano perciò essere presi in considerazione anche beni non immediatamente quantificabili in

termine monetari27, come ha affermato la Cassazione, nella sentenza n. 4901 del 30 novembre 2012,

dove ha riconosciuto la sussistenza del reato all’articolo 416-ter c.p. anche nel caso in cui il

politico, in cambio di voti, aveva promesso, in modo generico, la futura assunzione di trenta affiliati

al clan in un centro commerciale che sarebbe stato costruito di lì a poco28.

Altra ipotesi di bene con un valore non immediatamente quantificabile rientrante nel campo di

“altra utilità”, si può avere quando il politico, in cambio di voti, promette al mafioso il

conseguimento illecito di un appalto pubblico: non vi è un immediato scambio di un valore

economico poiché sarà solo dopo aver terminato il lavoro che il mafioso otterrà un somma di denaro

da un terzo (nel caso di appalto pubblico, il mafioso quindi riceverà il denaro dallo Stato e non

personalmente dal politico). Appare evidente sin da subito di come si sia andato oltre quello che è il

confine dell’interpretazione estensiva, fino ad arrivare ad una vera e propria analogia in malam

partem: si ha interpretazione estensiva fino a quando il giudice attribuisce un significato che può

essere ricondotto al tenore letterale del termine; quando invece viene attribuito, un senso non

25 Cass. pen. Sez. II, sent., (ud.30/11/2011) 20-12-2011, n. 46902, in Leggi d’Italia.26 Cass. pen. Sez. IV, sent, (ud. 11/04/2012) 30-05-2012, N.20924; Cass. pen. Sez. II, sent., (ud. 30/11/2011) 21-12-2011, n. 47405, pubblicate entrambe in Leggi d’Italia.27 C. VISCONTI, cit., p. 4.28 Cass. pen. Sez. I, sent., (ud. 30/11/2012) 31-01-2013, n. 4901, in Leggi d’Italia.

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riconducibile a nessuno dei suoi possibili significati letterali, si sfocia in un’analogia in malam

partem. La riserva di legge, vigente in materia penale, impone al giudice il rispetto del principio di

tassatività: conseguentemente, egli non potrà mai ricorrere ad un’interpretazione analogica che vada

a sfavore a del reo, ma, in via eccezionale, solo all’analogia in bonam partem29.

Al contempo, siffatte interpretazioni si configuravano per i giudici come necessarie affinché si

potesse applicare la norma ai casi concreti.

Si potrebbe dire che i giudici si siano trovati di fronte ad un bivio: interpretare la norma in maniera

analogica, violando il principio di tassatività, oppure non applicarla, violando il principio di

determinatezza in senso empirico?

2.2.2 La condotta incriminata ed il momento consumativo del reato. Come il problema porta

al ricorso della figura del concorso esterno: applicazione del combinato 416-bis e 110 c.p.

L’Art. 416-ter c.p. nasce per punire le relazioni tra politica e mafia in un momento antecedente a

quello in cui il rapporto si sarebbe consolidato, prima dell’erogazione del denaro e del

procacciamento di voti. Se era questo lo scopo del Legislatore, l’originario testo della norma

presentò non pochi problemi nella parte in cui contrapponeva alla promessa di voti l’erogazione di

denaro.

Usando il termine erogare, rimanendo fedeli ad una interpretazione letterale, si deve intendere come

momento consumativo del reato quello in cui il politico dà effettivamente in mano al mafioso il

denaro promesso in cambio dei voti; e questo avviene, nella maggior parte delle ipotesi, solo dopo

l’esito positivo delle elezioni, e quindi una volta che il tipo di condotta che la norma si propone di

reprimere si è già realizzato ed ha già prodotto i suoi effetti negativi30. Quest’ulteriore problema del

testo normativo spinse la giurisprudenza ad elaborare altre soluzioni pur di riuscire ad anticipare la

tutela e rispettare l‘intento alla base della norma.

Una parte31 iniziò ad adottare un’interpretazione del termine erogazione, per cui reputò sufficiente

per la commissione del reato solo la mera promessa e non l’effettiva erogazione del denaro da parte,

del politico. Altra parte invece provò ad applicare, pur di punire lo scambio elettorale politico

mafioso, il combinato degli art. 416-bis e 110 c.p., utilizzando la figura del concorso esterno in

associazione mafiosa, per cui si punisce un soggetto non inserito stabilmente nella struttura

organizzativa dell’associazione mafiosa e privo dell’affectio societatis (che quindi non ne fa parte)

29 G. MARINUCCI E. DOLCINI, cit, p. 75.30 G. AMARELLI, La riforma del reato di scambio elettorale politico mafioso, in Diritto Penale Contemporaneo, 5/05/2014, p. 5.31 «Il reato di scambio elettorale politico mafioso si perfezione al momento delle reciproche promesse, indipendentemente dalla materiale erogazione del denaro, essendo rilevante – per quanto attiene alla condotta dell’uomo politico – la sua disponibilità a venire a patti con la consorteria mafiosa, in vista del futuro e concreto adempimento dell’impegno assunto in cambio dell’appoggio elettorale.» Così Cass. sez. I, 02-03- 2012, n. 32820, in Cass. pen. 2013.

10

Page 11: dirittopenaleunitus.files.wordpress.com  · Web viewLe relazioni diventano così l’elemento imprescindibile e necessario per permettere al clan mafioso di vivere ed espandersi

che fornisce tuttavia un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo con un’effettiva

rilevanza causale ai fini della conservazione e del rafforzamento delle capacità operative

dell’associazione32. La più grande difficoltà fu quella di definire quali fossero i requisiti minimi

necessari, in particolare se verificare l’efficacia eziologica, per considerare la condotta

dell’extraneus penalmente rilevante a titolo di concorso esterno33.

La Cassazione provò allora a tipizzare per via giudiziale tale figura34. Un primo tentativo si ha con

la sentenza del 5 ottobre 1994, sentenza Demitry, dove la Corte ritenne sussistente il concorso

esterno solo nel caso in cui il politico avesse fornito, in momento di grave difficoltà della vita del

clan, un contributo effettivo, temporaneo e limitato rivelatosi, con un giudizio ex post, fondamentale

per la sopravvivenza della cosca, anche in un solo settore. Si chiedeva all’extraneus di porre in

essere una condotta che, con un giudizio ex post, si sarebbe rivelata condizione necessaria per la

sopravvivenza dell’associazione35. Il principale problema di tale soluzione è che chiedendo un

apporto salvifico nei confronti di tutta, o comunque parte, dell’associazione si andava a costruire un

concorso esterno nell’associazione nel suo complesso, piuttosto che in una delle due distinte ed

autonome fattispecie previste al 1 e al 2 comma dell’articolo 416-bis c.p., cioè partecipazione ed

organizzazione all’associazione, come richiede l’istituto generale del concorso36. La giurisprudenza

possiamo quindi dire che si sia in parte sostituita al legislatore andando a creare un reato d’evento

partendo da un reato di mera condotta; ha quindi creato una nuova figura di reato37. Con questa

sentenza le Sezioni Unite, avendo costruito il concorso come reato d’evento e circoscritto

l’applicazione alle sole ipotesi più gravi, quelle cioè che si fossero sostanziate in un apporto

salvifico, avevano reso più difficile la prova dell’effettiva incidenza del contributo dell’extraneus al

mantenimento in vita dell’associazione38; così nel 2002 la Suprema Corte si trovò costretta a mutare

orientamento ed ampliare l’ambito di applicazione del concorso esterno. Con la sentenza

Carnevale39, le Sezioni Unite hanno per prima cosa dichiarato come non necessario, per la

realizzazione della fattispecie, che l’associazione mafiosa versasse in uno stato di “crisi” o di

“fibrillazione”; per cui il concorso sussisteva anche quando l’apporto del politico si realizzava in

una situazione di normalità di vita dell’associazione40. Non solo, si stabilì che rilevano, tra le

32 Cass., Sez. un., 12-07-2005, n. 33748, Mannino, in www.giurisprudenzapenale.com.33 G. AMARELLI, cit., p. 228.34 P. SCEVI, Il concorso eventuale nei reati associativi: questioni aperte e prospettive di riforma , in Archivio Penale, 2017, n. 2, p.3.35 Cass., Sez. un., 5-10-1994, n.16, Demitry, in www.giurisprudenzapenale.com.36 La clausola generale prevista dall’articolo 110 c.p. prevede che si debba concorrere nel medesimo reato: quindi applicando alla lettera, era necessario che il concorso si configurasse nella partecipazione o nell’organizzazione, e non nell’associazione nel suo complesso. 37 I. GIUGNI, Il problema della causalità nel concorso esterno, In Diritto penale contemporaneo, 10/2017, p.24.38 I. GIUGNI, cit. p.26.39 Cass., sez. un., 30/10/2002, n.22327, Carnevale, in www.giurisprudenzapenale.com.40 Cass., sez. un., 30/10/2002, n.22327, Carnevale, in www.giurisprudenzapenale.com.

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Page 12: dirittopenaleunitus.files.wordpress.com  · Web viewLe relazioni diventano così l’elemento imprescindibile e necessario per permettere al clan mafioso di vivere ed espandersi

condotte dell’extraneus, oltre quelle in grado di mettere in salvo l’associazione, anche quelle capaci

di garantire solo la sua conservazione o il suo rafforzamento41. Per quanto riguarda invece la

verifica del nesso causale, in un primo passo della sentenza, sembrerebbe che la Corte accolga

l’orientamento espresso nella sentenza Demitry, in quanto stabilì che nel caso di apporto unico ed

isolato fosse necessario verificare ex post il contributo causale, ma allo stesso tempo se ne discosta

affermando che nel caso in cui si abbia invece un contributo continuativo da parte dell’extraneus al

clan, sia sufficiente stabilire, con un giudizio ex ante, che questo sia idoneo a conservare o

rafforzare la consorteria42. Tuttavia successivamente, nella motivazione della stessa sentenza, la

Corte afferma che «si tratti di attività continuativa o ripetuta, si tratti invece di una singola

prestazione, dovrà valutarsi esclusivamente se la pluralità o l’unica attività posta in essere, per il

grado di concretezza e specificità che la distingue e per la rilevanza causale che esprime, possa

ritenersi idonea a conseguire il risultato sopra menzionato43». Affiancando così al termine apporto

l‘aggettivo idoneo sembra far capire che in realtà l’accertamento debba avvenire ex ante in

entrambe le ipotesi, per cui sarà sufficiente per integrare il concorso, una o più condotte che anche

solo potenzialmente possano rafforzare o conservare l’associazione, a prescindere se poi di fatto ciò

avvenga oppure no44.

Nel 2005 le Sezioni Unite tornano sulla definizione del campo di applicazione del concorso esterno

in associazione mafiosa, affermando nuovamente la sua applicabilità anche ai casi di scambio

elettorale politico-mafioso e cercando di mettere fine al disordine e alle contraddizioni create dalla

giurisprudenza che nelle precedenti pronunce aveva a volte dilatato, a volte ristretto, l’area di

applicazione della fattispecie45. Con la Sentenza Mannino46, la Corte procede per prima cosa a

stabilire i requisiti necessari47 per la sussistenza del reato: a) la necessaria realizzazione da parte del

partecipe48, nella forma consumata o tentata, di tutti gli elementi del fatto tipico di reato descritto

dall’articolo 416-bis c.p.; b) la condotta atipica del concorrente esterno, diversa ma operante

unitariamente con quella dei partecipi interni, con una reale efficienza causale per cui è stata

condizione necessaria per la realizzazione del fatto criminoso collettivo e per la produzione

dell’evento lesivo; c) il “doppio dolo” del concorrente esterno, che deve essersi rappresentato e

deve aver voluto la realizzazione degli elementi del reato e deve essersi reso conto dell’efficacia

41 I. GIUGNI, cit. p.26. 42 I. GIUGNI, cit. p.27.43 Cass., sez. un., 30/10/2002, n.22327, Carnevale, in www.giurisprudenzapenale.com.44 I. GIUGNI, cit., p.26/27.45 G. AMARELLI, cit., p.234.46 Cass., Sez. un., 12-07-2005, n.33748, Mannino, in www.giurisprudenzapenale.com.47 Cass., Sez. un., 12-07-2005, n.33748, Mannino, in www.giurisprudenzapenale.com.48 Il partecipe è colui che è inserito stabilmente e organicamente nella struttura organizzativa dell’associazione mafiosa, non solo “è” ma fa parte della stessa. Cass., Sez. un., 12/07/2005, n.33748, Mannino, in www.giurisprudenzapenale.com.

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causale della sua attività di sostegno, vantaggiosa per la conservazione o il rafforzamento

dell’associazione, e deve aver perseguito gli stessi fini del partecipe per la realizzazione del

programma criminoso del clan; d) la sussistenza di un nesso causale, per cui la condotta del

concorrente esterno, con un giudizio ex post, si è rivelata come condizione necessaria per la

realizzazione dell’evento: si adotta così il modello della sentenza Franzese49. Il Collegio ritiene

infatti il nesso di causalità elemento indispensabile per la configurazione del concorso esterno, per

cui stabilisce che non è sufficiente un mero giudizio ex ante, che prescinde dalla realizzazione

dell’evento concreto, con cui si deve valutare l’idoneità del contributo atipico al rafforzamento e

alla conservazione del clan; se si anticipa troppo la soglia di punibilità si andrebbe a violare

l’articolo 115 c.p., che afferma l’inammissibilità della punibilità del mero tentativo di concorso50.

Nonostante possa sembrare che in un primo momento la sentenza abbia fatto chiarezza sulla figura

del concorso esterno, in realtà lascia comunque dei problemi irrisolti, in particolare quando lo si va

ad applicare allo scambio elettorale politico-mafioso. Prima di tutto risulta difficile dimostrare,

attraverso il modello della Franzese, come il patto elettorale sia riuscito a causare l’effettiva

conservazione o il rafforzamento concreto del sodalizio. In questo ambito infatti non esistono né

leggi scientifiche né tantomeno indici probabilistici, al più si può ricorrere a massime

d’esperienza51; tuttavia, pur riuscendo a trovare una massima d’esperienza “attendibile”,

risulterebbe difficile poi provare l’evento prodotto, in quanto sia il rafforzamento sia la

conservazione dell’associazione sono concetti troppo vaghi ed imprecisi da poter esser descritti con

esattezza52. Inoltre, risulterebbe difficilissimo dimostrare la sussistenza contestuale del doppio dolo

del politico: vale a dire un duplice accertamento sia in riferimento alla rappresentazione e volizione

del reato sia in riferimento al contributo causale recato dal proprio comportamento alla

realizzazione, anche parziale, del programma criminoso e al rafforzamento o conservazione

dell’associazione53.

2.2.3 La violazione del principio di proporzionalità della pena

Altra questione problematica dell’articolo 416-ter c.p. nella sua versione originale era la previsione

dell’applicazione della stessa pena prevista dall’articolo 416-bis c.p., cioè la reclusione da 10 a 15

49 Il modello riportato nella sentenza Franzese prevede un nesso causale bifasico per cui prima è necessario verificare l’esistenza di leggi universali, statistiche o massime d’esperienza che descrivono la probabilità che da quella condotta derivi l’evento; poi si dovrà verificare la probabilità logica, quella per cui la condotta hic et nunc (in quel momento e in quel contesto) sia la causa dell’evento.50 Cass., Sez. un., 12-07-2005, n. 33748, Mannino, in www.giurisprudenzapenale.com.51 Il problema delle massime d’esperienza in questo campo è dato da fatto che non rappresentano la volgarizzazione di leggi scientifiche o universali, ma sono semplici generalizzazioni, opinioni e pregiudizi diffusi. G. AMARELLI, cit., p. 245.52 G. AMARELLI, cit., p. 291.53 G. AMARELLI, cit., p. 190.

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anni. L’articolo 416-ter c.p. puniva (meglio: aveva l’intento di punire) il politico in un momento

antecedente all’effettiva realizzazione dell’evento di scambio di voti in cambio di denaro; l’articolo

416-bis c.p. invece puniva il soggetto partecipe o organizzatore al clan mafioso, e quini una

condotta posta in essere in modo effettivo e con un alto valore di offensività. È evidente quindi che

ci si trovava davanti a due condotte completamente diverse, specie riguardo la loro gravità, però

equiparate nella pena: parificando la condotta del politico, meno grave, a quella dei soggetti attivi

all’interno di una cosa mafiosa si andava a violare il principio di proporzionalità e ragionevolezza

della pena desumibile dall’articolo 3 della Costituzione, ma espressamente previsto dalla Carta dei

diritti fondamentali dell’uomo , per cui «le pene inflitte non devono essere sproporzionate al reato».

Tale principio richiede infatti l’obbligo di calibrare le pena in base alla gravità della fattispecie,

onde evitare che venga meno la sua funzione rieducativa, in quanto una pena sproporzionata verrà

solo avvertita come ingiusta dal condannato.

3. La riforma del 2014: il nuovo articolo 416-ter c.p.

3.1 Le molteplici proposte di riforma ed il lungo iter di approvazione

L’originario articolo 416-ter c.p. non era riuscito a raggiungere gli obiettivi politico criminali per

cui era nato, inoltre, per come era stato formulato si rivelò inefficace e concretamente inapplicabile,

se non in casi marginali. Di conseguenza l’esigenza di definire in maniera chiara a livello

legislativo i caratteri degli accordi elettorali tra mafia e politica penalmente rilevanti portò alla

riforma dell’articolo nel 2014. In realtà, anche la decisione di andare a riformare l’articolo venne

innescata da impulsi esterni, nati fuori dalle aule del Parlamento: un primo fattore fu “emotivo”, di

carattere storico sociale, vista la ricorrenza dell’anniversario delle stragi di mafia del 1992-1993; un

secondo fu la nascita di associazioni impegnate contro la criminalità organizzata di tipo mafioso,

come Libera e Gruppo Abele, che con la campagna “riparte il futuro” nel 2013 avevano ottenuto

l’impegno dei candidati alle elezioni Parlamentari di attuare una riforma delle fattispecie

incriminatrici in materia di criminalità organizzata, quindi anche una riforma significativa

dell’articolo 416-ter c.p.

L’impegno assunto venne rispettato: dopo l’insediamento dei nuovi deputati si avviò il travagliato

iter di riforma della materia. Le proposte di legge presentate furono innumerevoli: alcuni

proponevano una riforma minimalista dell’articolo come il ddl C. 25154, presentato dai deputati

Vendola e De Pretis: «La pena stabilita dal primo comma dell’articolo 416-bis si applica anche a chi

ottiene la promessa di voti prevista dal terzo comma del medesimo articolo 416-bis in cambio

dell’erogazione di denaro o di altra utilità»; suggerivano quindi solo l’inserimento nel testo della

locuzione “altra utilità”, senza occuparsi degli altri problemi presentati dal testo della norma. Altri 54 Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, XVII Legislatura, proposta di legge n. 251 presentata il 15 marzo 2013.

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invece optavano per una riforma radicale, come il ddl S. 32855 presentato dall’On. Sanna: «La pena

stabilita del primo comma dell’articolo 416-bis si applica anche a chi ottiene o si adopera per far

ottenere la promessa di voti prevista dal terzo comma del medesimo articolo 416-bis in cambio

dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di qualunque altra utilità, ovvero in

cambio della disponibilità a soddisfare gli interesse o le esigenze dell’associazione mafiosa di cui

all’articolo 416-bis o di suoi associati.». Con questa proposta di certo si risolvevano molti dei

problemi del testo, ma si andava ad anticipare ancor di più la tutela: punendo anche il solo tentativo

di ottenere un accordo, si rischiava di violare il principio di offensività e di ragionevolezza della

pena equiparando chi riusciva ad ottenere un patto con un associazione mafiosa al mero tentativo di

procurarlo56; inoltre si prevedeva che la condotta del politico potesse consistere anche nella sola

disponibilità a soddisfare gli interessi e le esigenze dell’associazione, concetto assolutamente

indeterminato nel contenuto, non essendo chiaro né il significato da attribuire al termine

“soddisfare” né quello da attribuire al termine “esigenze”, e rendendo punibile anche solo la

disponibilità del politico e l’intenzione di compiere in futuro azioni a favore del clan57. La

delicatezza della materia alimentò un vivace confronto dialettico sui caratteri portanti della

fattispecie, andando a allungare i tempi per la definitiva approvazione: solo dopo oltre due anni di

lavori, quattrocento giorni di discussione58 e quattro letture tra Camera e Senato, si è riusciti a

trovare un’intesa sul testo finale. Il procedimento legislativo si concluse con l’approvazione a parte

del Senato del ddl S. 948-B il 16 Aprile 2014 e la simultanea promulgazione da parte del Presidente

della Repubblica con la legge 17 aprile 2014 n. 62, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 17 aprile

2014 ed entrata in vigore il giorno successivo59. Il nuovo articolo 416-ter c.p. è stato coì formulato:

«Chiunque accetta la promessa di procurare voti mediante a modalità di cui al terzo comma

dell’articolo 416-bis in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o altra

utilità è punito con la reclusione da 4 a 10 anni. La stessa pena si applica a chi promette di procurare

voti con le modalità i cui al primo comma». La riforma, come vedremo, non introduce nuovi

elementi rispetto al passato, ma recepisce gli orientamenti giurisprudenziali formatisi nel corso del

tempo.

3.2 Le modiche al comma 1

3.2.1 I soggetti del reato e la condotta punita55 Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, XVII Legislatura, proposta di legge n. 328 presentato il 18 marzo 2013.56 G. AMARELLI, cit., p. 273.57 G. AMARELLI, cit., p. 281.58 Questa volta, a differenza dell’iter con cui la norma è stata introdotta dove si utilizzò la decretazione d’urgenza, è stato utilizzato il procedimento ordinario, che quindi ha reso possibile una discussione costruttiva sul testo. 59 La norma è quindi entrata in vigore prima della ordinaria e necessaria decorrenza di 15 giorni previsti per la vacatio legis. Si ritiene che ciò si avvenuto anche a causa delle imminenti elezioni del Parlamento Europeo (maggio 2014), per cui si voleva che la norma fosse già operativa. G. AMARELLI, cit., p. 283.

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La riforma non ha apportato modifiche per quanto riguarda l’ampiezza della figura del promissario.

La nuova versione, al pari della precedente, individua come soggetto attivo “chiunque”,

confermando la fattispecie come reato comune anziché proprio: si prevede che il reato si verifichi

non solo quando la condotta è posta in essere dal candidato alle elezioni, ma anche da collaboratori,

funzionari o, comunque, soggetti vicini al politico che si adoperino a far acquistare suffragi

all’aspirante o alla sua lista60. Diversa è la figura dell’intermediario, il quale non provvede alla

stipula del patto per conto del politico, ma è colui che fa da tramite tra candidato e mafioso, che

viene punito a titolo di concorso eventuale nel reato di scambio elettorale politico mafioso, con il

combinato degli articoli 110 e 416-ter c.p.61.

Importanti novità invece si hanno per quel che riguarda la condotta. Il momento consumativo del

reato, all’articolo 416-ter c.p., diviene la promessa di voti in cambio dell’erogazione o della

promessa62 di erogazione di denaro o altra utilità: nella fattispecie assume rilevanza, oltre il

momento in cui avviene l’effettiva erogazione, che può essere sia prima sia dopo il risultato delle

elezioni, anche la stipula dell’accordo, cristallizzando l’interpretazione giurisprudenziale

precedente. Si configura, così, la punizione di un patto a prestazioni corrispettive che assume rilievo

a prescindere che l’accordo abbia effettiva esecuzione o meno. Il problema principale in questo caso

però è dato dal fatto che gli accordi sono strumenti tipici dell’azione politica, la possibilità di

formulare promesse e stipulare intese pre-elettorali è infatti una prerogativa essenziale e

caratteristica di una democrazia rappresentativa63: devono essere allora individuati quali sono gli

accordi penalmente rilevanti a norma dell’articolo 416-ter c.p. Per individuarli si deve partire dalla

ragione per cui è stata emanata la norma: se l’articolo 416-ter c.p. è nato per punire il nascere dei

rapporti tra politica e mafia, saranno rilevanti i soli accordi che prevedono l’utilizzo del metodo

mafioso. Detto questo gli accordi illeciti stipulati con soggetti che non ricorrono a questo metodo,

potranno essere puniti con le altre figure di reati elettorali, previsti agli articoli 96 e 97 del d.P.R 30

marzo 1957, n. 361. Se ad esempio un candidato politico alle elezioni comunali di Palermo si mette

in contatto con un noto esponente di Cosa Nostra, in quanto è consapevole dalla fama criminale che

ha questa associazione sul territorio e che gli garantisce un successo sicuro nel procurargli i voti di

cui necessita vista la forza di intimidazione del clan, egli verrà punito con l’articolo 416- ter c.p.;

diversamente il politico candidato alle elezioni di Torino, che offra un ingente somma ad un

60 Rel. n. III/06/2014 dell’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione sulla L. 17 aprile 2014, n. 62, “Modifica dell’articolo 416-ter c.p. del codice penale, in materia di scambio elettorale politico mafioso”. Pubblicato in Diritto Penale Contemporaneo, 7 maggio 2014, p.2. 61 G. AMARELLI, La riforma di scambio elettorale politico mafioso, in Diritto Penale Contemporaneo, 02/2014.62 Per promessa si deve intendere: «l’assunzione dell’impegno tramite una qualsiasi esternazione univoca di una prestazione futura da adempiere in un secondo momento, a prescindere da una forma particolare». G. AMARELLI, cit., p. 368.63 G. AMARELLI, cit., p.167.

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soggetto affinché questo compri i voti di cui ha bisogno tra gli abitanti della città, dovrà essere

punito con le norme di corruzione elettorale.

3.2.2. Il metodo mafioso

La locuzione: «…la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma

dell’articolo 416-bis c.p.», e cioè la promessa di procurare voti mediante il c.d. metodo mafioso64 è

una tra le più rilevanti novità introdotte dal legislatore con la riforma del 2014. Il reato si scambio,

essendo un reato-accordo di mera condotta, si perfeziona nel momento della stipula delle reciproche

promesse; non essendo quindi rilevante la loro esecuzione di conseguenza, anche, il metodo

mafioso è irrilevante nella fase esecutiva del patto: ciò che chiede la norma è che l’oggetto

dell’accordo sia la promessa di procacciare voti con tale modalità65. Il metodo mafioso diventa

allora elemento necessario del patto, tanto che che potremmo chiamare il nuovo articolo 416-ter c.p.

non più scambio elettorale politico mafioso ma scambio elettorale con metodo mafioso.

Non risulta però chiaro se questo elemento debba essere esplicitato durante la stipula del patto o se

possa rimanere eventualmente sottinteso. In un primo orientamento della giurisprudenza, che

ritroviamo nella sentenza Antinoro66, si afferma che dato il riferimento esplicito della norma al

metodo mafioso, questo rappresenti un nuovo elemento costitutivo del delitto, necessario per la sua

configurabilità, tanto che dovrà essere dimostrata, nel processo, l’effettiva pattuizione tra politico e

promittente voti del procacciamento mediante tali modalità. Si tratta, senza dubbio, di una tesi che

restringe di molto il campo applicativo del 416-ter c.p. poiché richiede la prova dell’esplicita

pattuizione del ricorso al metodo.

Con la sentenza Polizzi67, invece la stessa Sezione della Cassazione arriva a conclusioni divergenti

per quanto riguarda il rilievo da attribuire a tale metodo al momento della stipula del patto. La

Corte, in questo caso, non ritiene necessario ai fini della sussistenza del reato che il soggetto chieda

all’interlocutore mafioso specifiche modalità di attuazione della campagna e che ne ottenga la

promessa, poiché quando il procacciamento di voti viene chiesto ad un organizzazione mafiosa è

ovvio sia che il politico sia consapevole del metodo con cui verranno ricercati i voti sia, grazie a

delle regole di esperienza, che questa per ottenerli metterà in atto la forza di intimidazione che la

caratterizza. Si presume, quindi, che se il promittente fa parte di un’associazione mafiosa sarà

implicito che attuerà il patto mediante le modalità tipiche di una cosca. Si tratta di una tesi però che

considera come possibile promittente di voti solo il mafioso, appartenente ad un clan stabile e

64 Il metodo mafioso consiste dell’avvalersi del vincolo di assoggettamento ed intimidazione che contraddistingue il modus operandi dell’associazioni criminali di tipo mafioso. G. AMARELLI, cit., p. 321.65 G. AMARELLI, cit., p. 322.66 Cass., VI Sez., 03-06-2014, n. 944, Antinoro, in www.questionegiustiza.it.67 Cass., VI Sez., 06-05.2014, n.37374, Polizzi, in www.questionegiustizia.it.

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affermato sul territorio, che agisce sotto il nome dell’associazione: non prende quindi in

considerazione altre possibili categorie di promittenti che possono essere individuate con il nuovo

comma due dell’articolo, come analizzeremo meglio dopo.

Solo nel 2015, con la sentenza Serino68, si riesce a raggiungere un compromesso tra questi

orientamenti. La corte ritiene infatti che prima di tutto sia necessario verificare caso per caso quale

sia il soggetto che stipula l’accordo con il politico, al fine di capire quali siano i casi in cui il

metodo mafioso debba essere necessariamente esplicitato nella pattuizione. Infatti se il patto viene

stipulato dal politico con un mafioso che agisce in nome di un clan stabile ed affermato, non sarà

necessario che il metodo mafioso venga esplicitamente pattuito, essendo sottinteso nelle modalità di

azione di tali soggetti; mentre se il patto è stipulato con un soggetto che appartiene ad

un’associazione mafiosa ma che agisce separatamente al clan, o fa parte di un clan ormai decaduto,

o agisce in aree territoriali dove questo non è affermato, sarà necessario che le modalità mafiose

vengano esteriorizzate durante la stipula del patto. Il metodo mafioso diventa quindi la causa

dell’accordo: il politico vuole e sa che il promittente procurerà i voti tramite questa modalità.

3.2.3 L’oggetto dello scambio (non più “il solo denaro”) e la nuova cornice edittale

Tra le varie modifiche apportate dal legislatore, sicuramente le più attese e rilevanti riguardano

l’oggetto della promessa fornita da chi accetta i voti e la quantificazione della pena.

Il nuovo articolo 416-ter c.p. nella sua nuova versione non prende in considerazione come oggetto il

solo denaro ma anche “altra utilità”. Come si è già analizzato in precedenza, il fatto di prevedere

come possibile oggetto della promessa il solo denaro era una delle principali cause di ineffettività

della norma, visto che quasi mai la prestazione del politico consisteva nell’erogazione di denaro,

bensì nella promessa di altre prestazioni. Il sintagma «altra utilità» si figura come un concetto

ampio ed aperto a qualsiasi tipo di interpretazione69: per questo si possono ricomprendere non solo

utilità non direttamente monetizzabili ed economicamente rilevanti, ma anche quelle prive di diretta

rilevanza economica70; in sostanza si deve intendere come altra utilità tutto ciò che rappresenta un

vantaggio per il promittente di voti, materiale o morale, patrimoniale o non patrimoniale, che può

consistere tanto in un dare quanto in un fare71. Alla luce di ciò, ad oggi, non si può di certo

escludere la rilevanza di promesse di posti di lavoro, stipula di contratti di appalto o altro oggetto,

rilascio di provvedimenti amministrativi, prestazioni costitute da servizi sessuali o anche

68 Cass., VI Sez., 16-09-2015, n. 26520, Serino, pubblicata in Diritto Penale Contemporaneo, 18 marzo 2016.69 G. AMARELLI, cit., p. 367.70 Rel. n. III/06/2014 dell’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione sulla L. 17 aprile 2014, n. 62, “Modifica dell’articolo 416-ter c.p. del codice penale, in materia di scambio elettorale politico mafioso”. Pubblicato in Diritto Penale Contemporaneo, 7 maggio 2014, p.4. 71 G. AMARELLI, cit., p. 366.

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segnalazioni per “aggiustamenti” di processi72. Unico limite che si può porre alla nozione di utilità,

per rimanere fedeli al principio costituzionale di tassatività, è che non possano considerare rilevanti

promesse dal contenuto assolutamente generico o indeterminato73. Di conseguenza, potranno essere

considerate «altra utilità» solo quelle utilità che di fatto sono tangibili, come il denaro.

Di fronte a questa nuova versione dell’articolo il legislatore, ha poi ritenuto opportuno modificare

anche la pena prevista, fissandola nei diversi limiti della reclusione da 4 a 10 anni. Il testo

approvato evidentemente pone l’attenzione su una condotta meno grave e pericolosa rispetto a

quella prevista dal 416-bis c.p. e dal concorso esterno, in quanto con gli articoli 110 e 416-bis c.p.,

si va a punire una condotta effettiva e che ha in concreto portato al rafforzamento dell’associazione

e che quindi ha un grado di offensività tale da giustificare una pena edittale elevata; mentre, a causa

dell’anticipazione della tutela del 416-ter c.p., ora si punisce una condotta con un potenziale

offensivo minore che ha reso opportuno una riduzione della pena prevista per il reato.

3.3 L’introduzione del comma 2; da fattispecie plurisoggettiva necessaria impropria a

propria. L’espressa previsione di una pena anche per il promittente

Con la riforma del 2014, all’articolo 416-ter c.p. viene aggiunto un ulteriore comma che dispone:

«La stessa pena si applica a chi promette di procurare voti con le modalità di cui al primo comma

». Il legislatore ha voluto sottoporre quindi alla stessa pena anche l’altra parte dell’accordo, cioè

colui che promette il procacciamento di voti avvalendosi del metodo mafioso74. A differenza della

precedente versione, dove il reato si qualificava come plurisoggettivo necessario improprio75, oggi

l’articolo 416-ter c.p. si configura come un reato plurisoggettivo necessario ma proprio, in quanto

tutti i soggetti che concorrono alla realizzazione del reato vengono puniti dalla norma

incriminatrice. Il problema, tuttavia, nasce se si individua come soggetto promittente un mafioso

che opera per un’associazione stabile ed attiva in un dato territorio, e che quindi può rispondere di

tale condotta anche a norma dell’articolo 416-bis c.p., comma 3, c.p. In questo caso, se si andassero

ad applicare entrambe le norme, il soggetto verrebbe punito due volte: si viola così sia il principio di

sussidiarietà, per cui il diritto penale deve essere “extrema ratio”, sia quello di ne bis in idem

sostanziale, per cui un soggetto non può essere punito due volte per uno stesso fatto. Per cui

72 Rel. n. III/06/2014 dell’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione sulla L. 17 aprile 2014, n. 62, “Modifica dell’articolo 416-ter c.p. del codice penale, in materia di scambio elettorale politico mafioso”. Pubblicato in Diritto Penale Contemporaneo, 7 maggio 2014, p.4. 73 Rel. n. III/06/2014 dell’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione sulla L. 17 aprile 2014, n. 62, “Modifica dell’articolo 416-ter c.p. del codice penale, in materia di scambio elettorale politico mafioso”. Pubblicato in Diritto Penale Contemporaneo, 7 maggio 2014, p.4.74 I. MERENDA, La rilevanza del metodo mafioso nel nuovo art. 416-ter c.p.: la Cassazione alla ricerca del “compromesso”, in Cass. Pen., 2016, 526 ss.75 Si configura come reato plurisoggettivo necessario proprio quando la norma assoggetta a pena tutti i soggetti che intervengono nel reato; mentre abbiamo reato plurisoggettivo necessario improprio quando la norma assoggetta a pena soltanto alcune delle condotte che costituiscono il fatto di reato. G. MARINUCCI, E. DOLCINI, cit. p. 247.

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necessariamente la condotta del mafioso promittente verrebbe automaticamente assorbita nel 416-

bis c.p., comportando, con il tempo, una tacita abrogazione del comma 2 dell’articolo 416-ter c.p76.

Tuttavia, una possibile soluzione, coerente con il principio di legalità e con la volontà legislativa,

sarebbe quella di considerare, vista l’espressa previsione di una pena anche per il mafioso, la

disciplina dell’articolo 416-ter c.p. come autonoma e l’unica per punire gli scambi elettorali

politico-mafiosi; disciplina quindi speciale rispetto a quella dell’articolo 416-bis c.p. e della figura

del concorso esterno77.

3.3.1 Un’altra possibile interpretazione: oltre i rapporti politica mafia

Il fatto che l’articolo 416-ter c.p. sia stato costruito come reato comune78, non comporta limiti al

novero dei soggetti, tanto che si può supporre che il promittente possa essere anche un soggetto

estraneo alla cosca, purché l’oggetto della promessa da lui fatta al candidato sia il procacciamento

di voti mediante il metodo mafioso79. Così si è andati oltre il binomio politico-mafioso, andando

non più a incriminare solo il rapporto politica-mafia, ma anche un accordo stipulato con chiunque

prospetti una promessa di appoggio elettorale caratterizzata dal metodo mafioso.

Sono quindi punibili a norma dell’articolo 416-ter c.p., non più il solo mafioso appratente ad un

clan affermato e stabile in un dato territorio, ma anche soggetti estranei al sodalizio che agiscono da

intermediario spendendo il nome dell’associazione, mafiosi che agiscono in nome e per conto

proprio e non per l’associazione, soggetti che operavano in passato in clan, ma non più operativo al

momento del patto, soggetti estranei all’associazione mafiosa che promettono di procacciare voti

con metodo mafioso80. Si tratta di un’interpretazione che è stata anche accolta dalla giurisprudenza

di legittimità: nella sentenza Serino, la Suprema Corte riconosce l’ampliamento del novero dei

soggetti promittenti dei voti, non più i soli mafiosi e allo stesso tempo stabilisce che in questi casi

serva una prova chiara e immediata dalla pattuizione delle modalità mafiose di procacciamento dei

consensi, non essendo possibile desumere implicitamente la loro forza di intimidazione che invece

di solito vanta un partecipante ad un sodalizio criminale noto ed affermato in dato tempo e

territorio81. Questa soluzione ha sicuramente il vantaggio di rendere non più necessario il

riferimento al concorso esterno per punire quei soggetti che negoziano con il politico, ma che non

appartengono alla cosca mafiosa o di cui non sia possibile provarne l’appartenenza, ma sia provato

76 I. MERENDA, cit.77 G. AMARELLI, cit. p. 387.78 L’ art. 416-ter c.p. al secondo comma recita: «… a chi promette di procurare voti…». Utilizza dunque il termine generico “chi”, configurando una fattispecie di reato comune.79 G. AMARELLI, cit. p. 307.80 G. AMARELLI, cit. p. 308.81 Cass., VI Sez., 16-09-2015, n. 26520, Serino, pubblicata in Diritto Penale Contemporaneo, 18 marzo 2016.

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l’utilizzo della forza di intimidazione come strumento per procurare voti. La riforma estende così il

campo di applicazione dell’articolo 416-ter c.p., dandogli nuova e più ampia effettività.

Per rendere ancora più chiaro il concetto poniamo un esempio. Se un soggetto criminale, operante

nella città di Anzio, stipulasse un accordo con un soggetto candidato alle elezioni comunali,

promettendo voti e dichiarando espressamente di procurarseli attraversi minacce, violenze ed

intimidazioni vantando il fatto di essere lui a controllare il sistema di assunzioni degli infermieri

nell’ospedale della città, anche se ci troviamo di fronte ad un soggetto non mafioso e non

appartenente a nessun clan, risponderà del reato ex articolo 416-ter c.p. È stato infatti

espressamente pattuito l’utilizzo di un tipico metodo mafioso, della forza di intimidazione vista la

posizione che il soggetto vanta in un determinato ambito. Al contrario, qualora tale modalità non

venga espressamente pattuita, per cui non si riesca né a dimostrare la caratura mafiosa del soggetto

né che questo abbia promesso di procacciare voti con metodo mafioso, il soggetto non potrà essere

accusato ex articolo 416-ter c.p., ma di corruzione elettorale.

4. I rapporti, ad oggi, della norma con la fattispecie del concorso esterno e reati elettorali

Uno dei punti su cui la riforma ha prodotto conseguenze interessati è quello dei rapporti tra il delitto

di scambio elettorale e la figura del concorso esterno e dei reati elettorali; le modifiche apportate nel

2014 offrono la possibilità di ridefinire i rapporti tra i vari delitti che coprono l’area della contiguità

mafiosa di tipo politico elettorale.

In relazione al concorso esterno, l’articolo 416-ter c.p., sicuramente appare in una posizione

sussidiaria, visto che entrambe le figure mirano alla tutela del medesimo bene giuridico.

Tuttavia mentre il concorso esterno è un reato causale d’evento a forma aperta, dove deve essere

provato il rafforzamento o il mantenimento in vita dell’associazione mafiosa, l’articolo 416-ter c.p.

è al contrario un reato di mera condotta a forma vincolata, dove è sufficiente dimostrare le stipula

dell’accordo con metodo mafioso senza che sia necessario nessun apporto causale a favore

dell’associazione. Un problema può nascere nel momento in cui la condotta posta in essere dal

politico integra entrambe le figura di reato: ci troviamo di fronte ad un accordo di scambio politico-

elettorale che ha prodotto un rafforzamento effettivo del clan, dimostrato con un giudizio ex post.

In questo caso, dunque avremo un concorso apparente di norme, per cui, per il principio del ne bis

in idem, il politico si punirà con il reato avente disvalore maggiore, essendo in questo assorbito

quello minore; l’accordo e il conseguente rafforzamento del clan sono un’ipotesi di progressione

criminosa che offende il medesimo interesse giuridico, e dal momento in cui si verifica l’ipotesi più

grave, quella precedente e meno grave assume la sembianza di mero antefatto non punibile82.

82 G. AMARELLI, cit. p. 408.

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Tuttavia vi è un caso limite dove si può ravvisare un concorso di reati tra concorso esterno e

scambio elettorale: ciò avviene quando il politico stipula prima un patto elettorale, e poi, grazie a

successive intese con gli esponenti del clan, produce anche un rafforzamento di questo. In questo

caso le due condotte sono tra loro separate e non l’una conseguenza dell’altra, per cui il politico

risponderà di entrambi i reati.

In relazione ai reati elettorali, è necessario distinguere le ipotesi di corruzione elettorale e quelle di

coercizione. Per le ipotesi di coercizione elettorale, previste dagli articoli 90 dpr. 570/1960 e 97 dpr.

361/1957, non si pongono problemi di coordinamento con l’articolo 416-ter c.p., poiché le figure

previste da questi testi normativi incentrandosi sulla costrizione dell’elettore rappresentano ipotesi

sensibilmente differenti da quelle dell’accordo tipiche del reato di scambio; così che se realizzate

possano pacificamente integrare un concorso di reati con il 416-ter c.p.83. Diversamente per le

ipotesi di corruzione elettorale agli articoli 96 dpr 361/1957 per le elezioni politiche e 86 dpr

750/1960 per le elezioni amministrative sembrerebbe che la fattispecie dello scambio politico

mafioso contenga tutti gli elementi costitutivi contemplati dalle previsioni incriminatrici di materia

elettorale prima citate. Il legislatore, con il nuovo 416-ter c.p., inserendo come causa necessaria

dell’accordo il metodo mafioso ha individuato un elemento specializzante rispetto ai reati di

corruzione elettorale che, ove ricorrano gli elementi costitutivi della fattispecie di cui al primo

comma del 416-ter c.p., rende applicabile solo questa disposizione per effetto del principio di

specialità. Vengono definiti i limiti applicativi delle varie norme incriminatrici, così che quando

l’accordo tra politico e promissario dei voti risulti provato che sia stato pattuito con alla base il

procacciamento di voti con il metodo mafioso, si configurerà la fattispecie del 416-ter c.p.; mentre

se non sia data prova del procacciamento dei voti con tale forza di intimidazione ci sarà la punibilità

secondo i reati di corruzione elettorale84.

5. Conclusioni. Una riforma pensata, in grado di adattarsi anche alle nuove caratteristiche dei

rapporti politica-mafia

Nella nuova versione dell’articolo 416-ter c.p. si possono riscontrare sia pregi che difetti.

Finalmente con le modifiche apportate dalla riforma, è stata dato al primo comma dell’articolo

quell’effettività tanto ricercata dalla giurisprudenza, che il legislatore non era riuscito, o forse non

aveva voluto, garantirgli con la versione del 1992. Si è riuscito a risolvere tutti quei problemi che

hanno reso la norma ineffettiva per molto tempo. In realtà, come abbiamo visto, molte delle

modifiche apportare dal legislatore erano già soluzioni “collaudate” dalla giurisprudenza, ma non

83 Rel. n. III/06/2014 dell’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione sulla L. 17 aprile 2014, n. 62, “Modifica dell’articolo 416-ter c.p. del codice penale, in materia di scambio elettorale politico mafioso”. Pubblicato in Diritto Penale Contemporaneo, 7 maggio 2014, p. 8-9.84 Articolo 96 dpr. 361/1957 e articolo 86 dpr. 750/1960.

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applicabili visto il divieto di analogia in malam partem; una delle poche novità è stata quella di

stabilire come elemento necessario dell’accordo la promessa di procacciare voti con metodo

mafioso: anche in questo caso però il legislatore si è limitato a prendere una posizione risolvendo un

contrasto giurisprudenziale già esistente a riguardo. Il legislatore, avendo recepito le soluzioni

giurisprudenziali, e quindi soluzioni offerte da chi è chiamato ad applicare la norma e sa quali sono

i problemi per la sua concreta applicazione, ha sicuramente apportato una modifica corretta,

efficiente e coerente allo scopo della norma, quello di evitare sul nascere i rapporti tra mafia e

politica; per cui ad oggi si riesce a punire il rapporto sin dal momento in cui nasce l’accordo tra

politico e soggetto che prometto di procacciare voti con metodo mafioso. Merito di questa riforma

intelligente deve essere riconosciuto anche all’utilizzo del procedimento ordinario legislativo, che

ha permesso di affrontare e discutere ampiamente i problemi e di trovare la soluzione più idonea ed

efficace.

La vera novità che il legislatore ha apportato è però il secondo comma dell’articolo, prevedendo la

punibilità anche del promittente di voti. Non risulta chiaro per quale motivo il legislatore abbia

deciso di inserirlo: probabilmente è stato fatto per una funzione simbolica, per ottenere consenso

popolare visto il sentimento collettivo di una “necessaria lotta alla mafia” attraverso il diritto

penale. Tuttavia vi è anche l’ipotesi che l’ampliamento dell’ambito applicativo della norma sia stato

in realtà voluto per rendere ancora più effettiva la norma. A prescindere da quale sia stato il motivo,

comunque questa nuova versione della norma applicabile ad ampio raggio riesce a stare al passo

con i tempi e con la continua evoluzione del fenomeno mafioso e dei suoi rapporti con la politica;

non prende più in considerazione solo le mafie di vecchio stampo, le cd. “mafie storiche”, stabili e

radicate in un dato territorio, ma anche le nuove mafie, spesso silenti, che operano delocalizzate.

L’accordo punito non è più solo quello tra politico e mafioso operante in clan attivo e noto, ma

anche quello tra politico e qualsiasi soggetto che prometta di procacciare voti con le modalità

intimidatorie tipiche di un’associazione mafiosa.

Il legislatore, con la riforma, ha trasformato il reato da scambio elettorale politico- mafioso a

scambio elettorale con metodo mafioso

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