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Anno XI - 02.2011 Trimestrale www.voicecomnews.it GESTIONE DELLE RELAZIONI CON CLIENTI E CITTADINI APPROFONDIMENTI I social media per la promozione del territorio APPROFONDIMENTI La gamification, il microprocessore e la nuvola Anno XI - 03.2011 Trimestrale www.voicecomnews.it SCENARI Eppur si mangia! La fame di cultura in Italia INTERVISTA Marella Ferrera Un filo di seta lungo una vita copyright © 2011 Sergio Bonelli Editore - disegno Claudio Villa Salviamo il Made in Italy

Voicecom news 3_2011

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Numero 3 del 2011 di Voicecom news con uno speciale dedicato al Made in Italy. Oltre a questo numerosi interessanti articoli su economia, salute, web, pubblicità, cinema...

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Anno XI - 02.2011Trimestrale

www.voicecomnews.it

G E S T I O N E D E L L E R E L A Z I O N I C O N C L I E N T I E C I T T A D I N I

APPROFONDIMENTII social media per la promozione del territorio

APPROFONDIMENTILa gamification, il microprocessore e la nuvola

Anno XI - 03.2011Trimestrale

www.voicecomnews.it

SCENARIEppur si mangia! La fame di cultura in Italia

INTERVISTAMarella FerreraUn filo di seta lungo una vita

copyright © 2011 Sergio Bonelli Editore - disegno Claudio Villa

Salviamo il Made in Italy

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IL CONTINUO AGGIORNAMENTO È OGGI INDISPENSABILE NON SOLO PER RIMANERE AL PASSO CON I MUTAMENTI DI UN MERCATO CHE CAMBIA SEMPRE PIÙ VELOCEMENTE, MA ANCHE PER

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Editore ITER srl - www.iter.itRedazioneVoiceCom news Via Rovetta, 18 20127 Milano TEL: +39 02.28.31.16.1 FAX: +39 02.28.31.16.66 [email protected] www.iter.it/vcnews.htmDirettore responsabile: Domenico PiazzaCondirettore: Maurizio ArataDirettore Contenuti: Petra InvernizziArt Director: Clara Dubbioso e Marco CornaProgetto Grafico: Housegrafik.com

Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 157 del 7 marzo 1992. Pubblicità inferiore al 45%. Non si restituiscono testi e materiali illustrativi non espressamente richiesti. Riproduzione, anche parziale, vietata senza autorizzazione scritta dell’Editore. L’elaborazione dei testi, anche se curata con scrupolosa attenzione, non può comportare specifiche responsabilità per eventuali involontari errori o inesattezze. Ogni articolo firmato esprime esclusivamente il pensiero di chi lo firma e pertanto ne impegna la responsabilità personale. Le opinioni e più in genere quanto espresso dai singoli autori non comporta alcuna responsabilità per l’Editore.

E D I T O R I A L E

S A L V I A M O I L M A D E I N I T A L Y

Siamo stati fortunati, un leggerissimo ritardo ci ha permesso di vedere la nascita di un nuovo governo italiano. Un governo “tecnico”, che si spera, dopo la precedente lunga stagnazione, possa portare un nuovo vento di novità e cambiamento. Speriamo in bene, anche se si è già capito che, grazie ai bei regali che ci sono stati fatti dalla finanza corrotta, dagli speculatori, e dagli evasori fiscali, non sarà impresa semplice. La mancata volontà negli anni di sostenere il welfare, le nostre imprese, i nostri lavoratori, il Made in Italy, e la scuola … l’incapacità di innovazione reale, pure dove avremmo tutti gli strumenti.. il non comprendere l’importanza internazionale della multiculturalità…e via dicendo sono il fardello che volenti o nolenti ci stiamo portando appresso. Il tutto d’ora in poi ben farcito di insicurezza per il futuro, maggiore povertà per i poveri e la middle class, e tasse…A vederla tutta “ i cavalieri dell’Apocalisse” sono molto più di quattro. E nel frattempo assistiamo ancora al triste spettacolo di chi gioca sulla pelle degli altri. Così..ricordando il grande editore nostrano Sergio Bonelli, recentemente scomparso, ringraziando la sua casa editrice, che ci ha onorato della presenza in copertina del più mitico personaggio Made in Italy, eroe dei fumetti, Tex Willer, attendiamo tutti di conoscere che sarà del nostro futuro, tanto in Italia, quanto nel mondo intero.. visto tutto quello che sta accadendo intorno a noi.Tex apparve per la prima volta in striscia nel 1948, grazie all’iea di Gianluigi Bonelli, creatore e autore dei testi, ed ai disegni di Aurelio Galeppini, in arte Galep, per diffondersi quasi in tutto il mondo. Questa piccola e grande capacità di creare bellissimi prodotti è tutta nelle nostre corde, nelle corde di un Belpaese che ha sempre dimostrato di sapere essere creativo e tenace. Non siamo peggio degli altri, anzi..E un fatto è certo, se sapremo sostenere lo stato sociale e dare spazio al mondo giovanile emergente con valori reali .. verificheremo insieme l’importanza della realizzazione dei sogni che saprà concretizzarsi grazie all’impegno ed all’immaginazione.E pensare che Tex è “solo” un fumetto…

Buona lettura a nome di tutta la redazione!

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SCENARI

6Niente di buono sul fronte occidentale… mentre la Cina spunta all’orizzonte

FOCUS

10Salviamo il Made in Italy

APPROFONDIMENTI

14Eppur si mangia!La fame di cultura in Italia

18Taglia & AppendiLa morale della favola

19Una società di retiPerché il mondo è piccolo

22I social networkper la promozione del territorio

25La gamification, il microprocessore e la nuvolaAppunti su una strategia di promozione dei contenuti dal convenzionale all’on-line

29Taglia & ConservaDo you speak Power Point?

30Il popolo delle partite IVA…e le nuove disposizioni del legislatore relative al 2012

SALUTE

36Il consenso informato in medicinaUn diritto di tutti i pazienti

MODA

39Un filo di seta lungo una vitaIntervista a Marella Ferrera

44Il Made in Italy in viaggioEye on Mongolia: new destination on the move

PUBBLICITÀ

47Il Made in Italy nell’advertisingUn tema controverso che divide i protagonisti della comunicazione

CINEMA

49TerrafermaQuando il cinema dà voce alla realtà

FORMAZIONE

53Educare la mente alla multiculturalità

LETTI PER VOI

57Le recensioni di VoiceCom news

PILLOLE

58Le pillole di VoiceCom news

VoiceCom news

03.2011

S O M M A R I O

A QUESTO NUMERO HANNO COLLABORATO:

Raffaella Amoroso, Maurizio Arata, Sonia Avemari, Maurizio Bonas, Paolo Brunello, Marco Corna, Paolo Della Sala, Clara Dubbioso, Antonino M. Grande, Petra Invernizzi, Nellina Laganà, Saverio Palatella, Umberto Raimondi, Gabriele Santalini, Leo Sorge.

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Nel pieno della crisi finanziaria di alcuni Stati europei, l’Italia ha cercato aiuto in Cina, ma nulla è successo. A fine estate, il presidente del fondo sovrano cinese China Investment Corporation, Cic), Lou Jiwei, ha avuto alcuni colloqui a Roma col ministro Tremonti e con la dirigenza della Cassa Depositi e Prestiti. L’Italia ha infatti necessità di trovare compratori per i suoi Titoli di Stato. L’obiettivo –come ricorda il numero di ottobre del mensile Orizzonte Cina (http://www.iai.it/pdf/OrizzonteCina/OrizzonteCina_11-10.pdf, edito dall’Istituto Affari Internazionali)- è ottenere la liquidità venuta a mancare dopo anni di stagnazione. Si tratta ad esempio di finanziare il Fondo Strate-gico Italiano (Fsi), nato di recente per promuovere la crescita sui mercati mondiali delle nostre aziende considerate strategiche.

SCENARIS

di Paolo Della Sala, Giornalista

NIENTE DI BUONO SUL FRONTE OCCIDENTALE……mentre la Cina spunta all’orizzonte

lapulcedivoltaire.blogosfere.it

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La vera notizia è però un’altra: i cinesi hanno già il 4% del nostro debito pubblico, che ammonta a 1900 miliardi di euro. Per giunta il ministro Frattini in un intervista rila-sciata a luglio dichiarò che Pechino possiede addirittura il 13% del nostro debito sovrano.

Ovviamente, quella di Pechino non è carità, ma calcolo nei confronti di una nazione che è la terza in Europa, per in-terscambio. Nel 2009 l’export italiano in Cina è stato di 6.600 milio-ni, terzo in Europa, dopo la Germania (36.400 milioni) e Francia (7.800). Anche se il saldo commerciale è negati-vo (-12 miliardi), le 2000 aziende italiane che operano in Cina trovano occasioni di crescita, con ricadute positive per la nostra economia. L’Unione Europea complessivamente ha un interscam-bio con la Cina superiore a quello USA. E la Cina detie-ne l’11,5% del debito sovrano statunitense, con un valore complessivo di 1.165 miliardi$ (cui vanno aggiunti i 118 miliardi detenuti da Hong Kong). Le riserve in valuta “ex” pregiata detenute da Pechino am-montano in totale a 3.200 miliardi (un terzo dei quali in euro). Si tratta di capire se ci sia una convenienza reciproca nel sostenere la moneta europea, visto che nel 2010 il saldo dell’interscambio UE-Cina era di 169 miliardi$ per Pe-chino, oppure se si tratta del classico trucco di ingrassare il maiale prima di ammazzarlo, prima cioè di fare pagare il prestito con cessioni di sovranità, una politica finora seguita dagli eredi del Celeste Impero e di Mao Zedong con estrema attenzione. Ad esempio nel continente afri-cano, Pechino rispetto alla Francia appare come un’oasi di rispetto, libero mercato e democrazia, anche se ciò non è del tutto vero.Pechino cerca investimenti sicuri, e finora ha preferito a quelli italiani i titoli francesi e tedeschi. Proprio mentre discuteva di investimenti con Tremonti, la CIC ha perfe-zionato una partnership strategica in Russia, partecipando al Russian Direct Investment Fund (http://lapulcedivol-taire.blogosfere.it/2011/10/invece-di-investire-in-italia-la-cina-investe-in-russia.html). Inoltre la CIC ha spiegato a chiare lettere che – piuttosto che comprare Bot e CCT- è interessata ad acquisire quote di aziende pregiate, come ENI ed Enel.

economia cinese / crisi europea / investimenti cinesi in Europa / debito pubblico italiano / crescita della Cina / lavori pubblici keynesiani / investimenti cinesi in infrastrutture

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Naturalmente anche la finanza italiana è attiva nel-la terra degli Han. Per esempio la Eurizon Capital (Intesa-San Paolo) detiene il 49% di Penghua Mana-gement, operatore del risparmio privato cinese, un settore strategico in una nazione in cui la classe me-dia è formata da 200 milioni di persone, con 800.000 cinesi dotati di un patrimonio personale superiore al milione$.Ma la Cina presenta anche diverse criticità, la prima delle quali è nota anche in Europa: la bolla immobi-liare. Utilizzare l’edilizia privata - pubblica per soste-nere lo sviluppo ha portato male in Spagna, dove il cemento ha annichilito la crescita di un mercato ma-nifatturiero di nuova generazione; ha immobilizzato i capitali; ha distrutto il paesaggio. In Cina i lavori pubblici “keynesiani” hanno avuto un impatto notevole: il 35% del PIL, nel 2009. Si noti che, oltre alle infrastrutture, anche gli ingenti piani di ammodernamento dell’esercito e il piano spaziale cinese fanno parte di questa strategia. La crescita della rete ferroviaria ad Alta Velocità (http://lapulcedivoltaire.blogosfere.it/2011/07/in-cina-linea-ferroviaria-tav-di-1000-km-finita-in-5-anni.html) lascia ammirati, nonostante un recente incidente sanguinoso. La rete autostradale è surdi-mensionata, essendo pari a quella degli USA, ma con un numero di auto inferiore di sei volte. Idem per i porti, da quelli sul Pacifico a quello sino-pakistano di Gwadar, affacciato sul Golfo Persico, al ventilato acquisto del porto greco del Pireo.

Con questo profilo, l’economia cinese, secon-do recenti studi di banche d’investimento come Merryl Lynch oscillano tra outlook positivi e ne-gativi (http://www.agichina24.it/notiziario-cina/notizie/201110241833-rt1-2418353652-investi-menti_al_bivio_la_cina_rischia_la_paralisi_taccui-no_da_shanghai) , con investimenti interni che co-munque dovrebbero mantenersi attorno al 20% nel biennio 2012-13. In generale si deve dire che sia gli investimenti nelle infrastrutture, sia l’acquisizione di nuove tecnologie per lo spazio e il settore militare, non riflettono sol-tanto una errata fotocopia keynesiana, ma fanno par-

te della necessità di colmare un gap che la Cina deve ancora recuperare in buona parte (senza calcolare il non meno grave deficit nei diritti umani, nel rispetto dell’ambiente, delle famiglie e dei cittadini).

Un modello della Cina futura può essere visto nel-la regione autonoma di Hong Kong, che è partita da una situazione socio-economica di livello occidenta-le, essendo parte del Commonwealth britannico. Nel primo semestre 2011 il Pil di Hong Kong è cresciuto del 6,3% (in calo rispetto al 7,5 precedente). L’infla-zione ha raggiunto il 5,6% (nel 2010 era al 2,4%). Gli affitti delle abitazioni sono saliti del 15%, mentre la disoccupazione è scesa al 3,4% e l’import di merci ita-liane è cresciuto del 32,5% rispetto al 2010. Un altro dato interessante per l’Italia riguarda il set-tore turistico. Nel 2011 i turisti cinesi sono raddop-piati, e regioni come Marche, Puglia, Toscana e Ve-neto hanno coordinato il lavoro per intervenire nel comparto dei pacchetti turistici e del marketing terri-toriale. A questo scopo le regioni hanno a disposizio-ne il programma del Ministero degli Esteri Regioni - Cina, dotato di fondi FAS. Stupisce che regioni turistiche come la Liguria abbiano perso (anche) questo treno, ma per chi conosce la macchina burocratica di molte ammi-nistrazioni italiane non c’è sorpresa. Al confron-to di alcuni apparati di governo locale, il Celeste Impero e le satrapie mesopotamiche erano fanta-scienza.

In Cina i lavori pubblici “keynesiani” hanno avuto un impatto notevole: il 35% del PIL, nel 2009. Si noti che, oltre alle infrastrutture, anche gli ingenti piani di ammodernamento dell’esercito e il piano spaziale cinese fanno parte di questa strategia.

...i cinesi hanno già il 4% del nostro debito pubblico, che ammonta a 1900 miliardi di euro.

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FOCUSF

SALVIAMO IL MADE

IN ITA LY

IL TERZO MARCHIO

Se si dovesse domandare a una persona comune che cosa è esattamente il “Made in Italy” non saprebbe rispondere se non vagamente perché l’ignoranza su questa materia è eclatante. Lo stesso Parlamento ha votato all’unanimità, per ignoranza, una legge iniqua che ha rischiato di dan-neggiare fortemente il sistema manifatturiero italia-no (legge 55/2010 Reguzzoni – Versace - Calearo) confondendo la Tracciabilità dei Prodotti con il Made in Italy.

Cominciamo a dire cosa significa Made in Italy. Made in Italy, traducendo letteralmente la frase, è un prodotto “manufatto in Italia” e se è manufatto in Italia comporta una serie di vantaggi per le aziende che lo producono. Il primo è un valore aggiunto del 30% perché il Made in Italy è considerato, nel mon-do, sinonimo di grande qualità. Il secondo fattore importante è dato dal fatto che il logo Made in Italy è il terzo marchio più famoso al mondo dopo VISA e Coca-Cola. Il terzo fattore, a dir poco determinante: è la voce più importante che contribuisce al PIL italiano e non ci sembra cosa da poco. Il nostro Comitato (Comitato di eccellenza per la difesa e la tutela del Made in Italy www.comitatoma-deinitaly.it) è nato sulla spinta del bisogno di difen-dere, sì, la giusta parola è “difendere”, il lavoro degli italiani. Non a caso abbiamo insistito con il Ministe-ro del Lavoro e dello Sviluppo sulla difesa del Manu-fatto Italiano.

di Maurizio Bonas, stilista, creatore, promotore

IL TERZO MARCHIO

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PIÙ FAMOSO AL MONDO, DOPO VISA E COCA-COLA

www.comitatomadeinitaly.it

IL TERZO MARCHIO

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Dobbiamo creare una rete di comunicazione e un movimento di pensiero che obblighi i politici a rispettare le piccole aziende, gli artigiani, i giovani agricoltori che sperimentano nuove alchimie per sviluppare prodotti nuovi, giovani, divertenti e, soprattutto, positivi!

Dovete sapere che questa frase racchiude tutto quel-lo che viene prodotto in Italia e, in qualunque parte del Paese abitiate, avrete sempre a che fare con una parte del Made in Italy che sicuramente vi circonda. Fabbriche, laboratori artigiani, aziende di tutti i tipi sono parte concreta della vita quotidiana di tutti noi e, cioè, del nostro territorio, del territorio a cui ap-parteniamo , che ci piaccia o no. Il Made in Italy siamo noi con le nostre famiglie e i nostri amici, tutto il territorio che ci circonda con le sue storie e i suoi fatti quotidiani . Detto questo dobbiamo capire che cosa ci serve per regolamentare questa macchina meravigliosa, ma dif-ficile. I politici non sono stati all’altezza del compito, sia la Sinistra che la Destra non hanno saputo guarda-re al futuro e allo sviluppo per far sì che le nuove ge-nerazioni avessero una base di partenza progettuale. I nostri figli ci daranno un bel 4 in pagella per come abbiamo condotto questo paese o, meglio, per come lo abbiamo lasciato condurre senza giudicare severa-mente dal primo momento chi era preposto a farlo. Non va sottovalutato lo stato depressivo delle nuove generazioni e serve un “rigeneratore” importante che dia freschezza e fiducia a chi vuole intraprendere il percorso della sua vita con una sua famiglia. Ricetta impossibile? No assolutamente no!

Proviamo ad immaginare una situazione di sviluppo imprenditoriale giovane che dia una svolta al proble-ma della disoccupazione. Se le regole per l’assunzione dei giovani e quelle per lo sviluppo dell’imprendito-ria giovanile fossero studiate per agevolare invece di “impedire”… Il Comitato ha iniziato nel 2004, ma il sottoscritto, che scrive in nome di tutti, si batte per questa causa dal 1997. Abbiamo visto promettere e non mantenere per tutti questi anni. Abbiamo visto depauperare un patrimo-nio artistico, artigianale e contadino importantissi-mo! Dobbiamo recuperarlo e farlo nostro e rimetter-lo al primo posto nei valori di un Paese che ha perso la giusta dimensione di tutto. Queste sono le forti motivazioni che ci inducono a chiedere aiuto a tutti quasi sfacciatamente. Dobbia-mo fare tutti qualche cosa per il futuro, anche una piccola cosa ha il suo peso e può determinare dei cambiamenti importanti nelle regole che , oggi, sono causa di tanta sofferenza. Siamo tutti “indignati” e senza colore politico perche non c’è un solo parlamentare che sappia cosa fare per dare a noi la possibilità di uscire da una crisi voluta dalla finanza e dai politici stessi che sono, oramai, marionette agli ordini di potenti multinazionali. Il manifatturiero italiano è il più quotato del mon-do e non dobbiamo svenderlo come vorrebbero a Roma. Dobbiamo creare una rete di comunicazione e un movimento di pensiero che obblighi i politici a rispettare le piccole aziende, gli artigiani, i giovani agricoltori che sperimentano nuove alchimie per svi-luppare prodotti nuovi, giovani, divertenti e, soprat-

Maurizio Bonas, stilista, creatore, promotore

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tutto, positivi! Si, la positività è un pensiero che deve diventare movimento e complemento delle nostre discussioni. Il Mondo non si ferma perché dieci orrendi finan-zieri lo vogliono strozzare. Il Mondo reagisce e can-cella i loro maledettissimi soldi evolvendo le idee su piani diversi nei quali loro non vedono profitti, ma noi possiamo ampliare le nuove dimensioni che sa-premo promuovere…. Certamente la storia, anche se modificata si ripete-rà, ma tentare di cambiare la parte finanziaria e farla diventare un business socialmente accettabile deve essere un “must” obbligatorio nel nostro tentativo di dialogare. Forse siamo persone farneticanti? Non lo so, ai po-steri l’ardua sentenza.. Nel frattempo diamoci da fare e sforziamoci di dialogare attraverso la rete e di trovare stimoli per evolvere il futuro nostro e dei nostri figli insegnando loro che si può e si deve dia-logare civilmente senza essere distratti da veline o da ciarlatani incavolati…. Stiamo tentando di organizzare un grande meeting a Firenze, Sindaco permettendo… Lì faremo il pun-to della situazione e tracceremo un percorso cor-retto per delle proposte da portare avanti e da far votare a Roma. Mi fermo qua, perché vorrei dire molte altre cose, ma ho paura di non poter mantenere tutto. Intanto voi guardatevi intorno e cominciate a di-fendere con correttezza il vostro territorio aiutando chi non ha lavoro, lottando per far aprire attività artigianali, andando a comprare da loro e non nei supermercati solo perché più comodo, e, infine, combattendo perché i contadini, anche giovani, possano vendere la loro merce direttamente senza dover passare dalle Forche Caudine dei mercati. Lasciamo che le nuove generazioni capiscano che piccolo è bello perché è fantasia e libertà nel rispet-to degli altri.

Il Made in Italy siamo noi con le nostre famiglie e i nostri amici, tutto il territorio che ci circonda con le sue storie e i suoi fatti quotidiani.

Made in Italy /manifatturiera italiana / valorizzazione del territorio / difesa dei prodotti locali / piccolo è bello

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APPROFONDIMENTIA

EPPUR SI MANGIA!

Non è chiarissimo il concetto di cultura in Italia oggi, almeno per la maggior parte dei fruitori della stessa, in quanto non sempre riconosciuto laboratorio di sperimentazione culturale e artistica, in termini di imprenditorialità creativa, moda, design, editoria: ambiti per i quali l’Italia ha guadagnato centralità nel mondo. La situazione è cambiata. Oggi il paese ha rinuncia-to a ricerca e sperimentazione, ha vissuto di rendita, pochi investimenti sono stati fatti per valorizzare le “eccellenze” raggiunte; per esempio, malgrado i nu-merosi annunci, non è stato capace di dotarsi di ade-guati musei di arte contemporanea, della moda e del design e quant’altro. Ma non esiste rendita che non si esaurisca. Siamo an-dati incontro a un impoverimento prima strisciante, poi evidente, fino a raggiungere livelli che definire minimi è quasi un eufemismo. I tagli previsti dal Governo hanno contribuito in modo evidente a tutto ciò, ma non solo. La politica culturale è consistita, negli ultimi decenni, nell’azze-rare la cultura stessa. Infatti, insieme al tessuto cul-turale, anche il tessuto sociale si è andato disartico-lando. In situazioni come queste, nei film americani puoi solo fare due cose: o scappi o pensi molto velocemen-te. Scappare è inelegante. Ecco il momento di pen-sare molto velocemente. Lo devono fare tutti quelli cui sta a cuore la tensione culturale del nostro Paese, e tutti quelli che quella situazione la conoscono da vicino, per averci lavorato, a qualsiasi livello.

di Nellina Laganà, Attrice ed autrice

La fame di cultura in Italia

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In realtà mi ci vorrebbe un libro per dire tutto ciò che penso dell’intreccio fra denaro pubblico e cultura, ma pensare velocemente vuol dire anche pensare l’essen-ziale, ed è ciò che cercherò di fare qui.  Nel difendere la statura culturale del cittadino, le democrazie sal-vano se stesse, come già sapevano i greci del quinto secolo, e come hanno perfettamente capito le giovani e fragili democrazie europee all’indomani della sta-gione dei totalitarismi e delle guerre mondiali. Intanto, oggi non ha più senso pensare a una cultu-ra retaggio di classi privilegiate in quanto dovrebbe puntate alla formazione dei giovani, e la cassaforte dei privilegi culturali è stata scassinata da una serie di cause incrociate: Internet, globalizzazione, nuove tecnologie, maggior ricchezza collettiva, aumento del tempo libero. Che fare quindi? Niente soldi, niente interesse, almeno apparente, verso la cultura, tutto scorre nell’indifferenza e con la velocità del tempo che viviamo.

Ma ecco che scopro, durante un incontro per discute-re sulle nuove frontiere del teatro in Italia, che mol-ti ragazzi hanno una voglia matta di ripercorrere la sperimentazione che fu degli anni sessanta, voglia già riscontrata nella musica e nella ricerca di autori della beat generation. Discutendo con loro percepisco un desiderio di approfondire temi a loro lontani, ma che sentono vicinissimi, affascinati, e affamati di progetti creativi a lungo termine. Alcuni sostengono di non comprendere la logica del-la distribuzione del denaro pubblico nell’ambito delle sovvenzioni teatrali, ad esempio, che dovrebbe esse-re rivolta alla difesa di gesti e repertori preziosi che, per gli alti costi o il relativo appeal, non reggerebbero all’impatto con una spietata logica di mercato. Solo col candore e l’ottimismo degli anni Sessanta si poteva davvero credere che la politica, l’intelligenza e il sapere della politica, potessero decretare cos’era da salvare e cosa no. Se uno pensa alla filiera di intelligenze e saperi che porta dal ministro competente giù fino al singolo di-rettore artistico, passando per i vari assessori, al giorno d’oggi, cadono le braccia. Molti contributi sono stati elargiti senza criterio negli anni passati, privilegiando produzioni milionarie e soffocando la creatività dei piccoli, anche al cinema, spesso danneggiando talenti e intelligenze; ciò ha provocato dei privilegi mono-polistici che hanno portato solo disastri economici e arricchimento di pochi. Naturalmente non si riesce a venirne a capo.

Con la cultura non si mangia, diceva l’ex il ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Eppure basta guar-dare all’estero per accorgersi come una politica cultu-rale seria possa divenire una leva di sviluppo econo-mico e possa in maniera virtuosa determinare filiera con i settori produttivi. Nel nostro paese ci sarebbero tutte le condizioni, in particolare perché abbiamo un patrimonio di conoscenze probabilmente insuperabi-le, il cosiddetto Italian Style, dove si fondono cultura scientifica e cultura umanistica, creatività e industria.

Molti contributi sono stati elargiti senza criterio negli anni passati, privilegiando produzioni milionarie e soffocando la creatività dei piccoli, anche al cinema, spesso danneggiando talenti e intelligenze; ciò ha provocato dei privilegi monopolistici che hanno portato solo disastri economici e arricchimento di pochi.

Nellina Laganà, Attrice ed autrice

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In situazioni come queste, nei film americani puoi solo fare due cose: o scappi o pensi molto velocemente. Scappare è inelegante. Ecco il momento di pensare molto velocemente.

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Oggi il paese ha rinunciato a ricerca e sperimentazione, ha vissuto di rendita, pochi investimenti sono stati fatti per valorizzare le “eccellenze” raggiunte.

In Giappone, una nazione tradizionalmente orienta-ta all’innovazione e alla tecnologia, da circa sei anni hanno puntato sulla cultura come leva di sviluppo eco-nomico, attività creative e loro sviluppo, puntando su musica, teatro, rivalutazione di culture regionali, con efficaci risultati. Noi abbiamo un patrimonio tale da affondarci le mani e riempirci le braccia…e se i giap-ponesi non copiano più da nessuno, noi potremmo copiare da loro. Non è un caso “il Valle Occupato”, esempio di come si voglia difendere una struttura che tanto ha dato all’Italia, e il conseguente successo dell’i-niziativa dimostra quanta fame di cultura esiste ancora tra i giovani e non solo. Mi auguro che non saremo costretti un giorno ad oc-cupare La Scala, l’Argentina, il San Carlo… Difendere tali patrimoni è una priorità di qualsiasi popolo che voglia definirsi civile.

cultura italiana / politica culturale / cultura e democrazia / cultura e sviluppo economico / formazione dei giovani / ricerca e sperimentazione

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Un giorno le scimmie dello zoo decisero di fare un viaggio di istruzione. Cammina, cammina, si fermarono e una domandò:- Cosa si vede?- La gabbia del leone, la vasca delle foche e la casa delle giraffe.- Come è grande il mondo, e come è istruttivo viaggiare.Ripresero il cammino e si fermarono soltanto a mezzogiorno.- Cosa si vede adesso?- La casa della giraffa, la vasca delle foche e la gabbia del leone.- Come è strano il mondo e come è istruttivo viaggiare.Si rimisero in marcia e si fermarono solo al tramonto del sole.- Che c’è da vedere?- La gabbia del leone, la casa della giraffa e la vasca delle foche.- Come è noioso il mondo: si vedono sempre le stesse cose. E viaggiare non serve proprio a niente.Per forza: viaggiavano, viaggiavano, ma non erano uscite dalla gabbia e non facevano che girare in tondo come i cavalli di una giostra.

Funziona proprio così. Quando un’azienda guarda solo la propria gabbia e tiene le proprie risorse umane a girare in tondo nella stessa gabbia, non potrà mai essere competitiva e innovativa. Senza affacciarsi con coraggio e confrontarsi col mondo che esiste fuori, usando anche strumenti come i social media e le nuove tecnologie, non si troverà né collaborazione né sviluppo.

LA MORALE DELLA FAVOLA

TAGLIA E APPENDIT

da “Favole al telefono” di Rodari Gianni, Editore Einaudi Ragazzi, pag. 87

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A APPROFONDIMENTI

di Maurizio Arata, Giornalista e condirettore di VoiceCom news

UNA SOCIETÀ DI RETIPERCHÈ IL MONDO È PICCOLO!

...una sfida fondamentale per dare nuova luce all’intero pianeta. Una sfida che ci tocca direttamente con parole come fame, ambiente, diritti umani, lavoro, sviluppo, scuola, ricerca, innovazione, tecnologia..etc.

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Rete, reti e Made in Italy. Reti che attraversano la nostra intera società, e con essa il nostro Paese e quel Made in Italy che ci rappresenta, e che in fon-do siamo noi. Siamo noi, alla ricerca di soluzioni sociali ed individuali di progresso in un Paese che amiamo, pieno di storia, di bellezza, ricco di arte, di genialità e di territorio, che molti ancora cercano di curare, nonostante l’inadeguatezza della politica e di molti “suoi” e “nostri” rappresentanti. Sic.La vita è un bene prezioso. Questo anzi ogni cosa, ogni politica, ogni razza, ogni differenza, ogni pensiero o religione. Ma ancora di questi tempi, fra democrazie e modernizzazioni che attraversa-no il mondo, posiamo vedere con quale disprezzo la vita, la vita di tutti, viene considerata. La nostra vita è fatta di reti, più o meno semplici, più o meno complesse. La rete è il tessuto sociale che ci tiene insieme, con la bellezza della condivisione, della compartecipazione, spesso in tempo reale.La rete è anche capacità di comunicazione e di informazione. La rete di internet ad esempio ha dimostrato di sapere intervenire a supporto di un’emergenza come quella che ha da poco colpito luoghi e persone in Liguria e Toscana. Oggi, quando il lavoro viene ad essere sempre meno garantito, quando scuola ed università non trovano più adeguato supporto, quando la ricer-ca è abbandonata, o costretta alla fuga, possiamo renderci conto di come si stiano distruggendo le capacità di sviluppo dell’intero Paese, la crescita dei giovani, che sono e saranno il nostro futuro, la dignità dei meno giovani, la serenità degli anziani, che in gran parte hanno fatto e dato tutto, per il benessere collettivo.Noi, anzitutto noi siamo il Made in Italy. Poi, poi..vengono i prodotti. E con i prodotti certamente vengono le iniziative d’impresa, soprattutto quelle che amano il territorio e lo rispettano, che promuo-vono la bellezza del nostro artigianato, che amano i propri lavoratori che ne permettono l’esistenza e magari pure la competitività nel mondo globale.Molto invece ci sarebbe da ridire su quelle aziende che dopo avere sfruttato le nostre risorse economi-che e umane, chiudono, licenziano e ci abbando-nano, per delocalizzare, principalmente in paesi poveri, ma ricchi di manodopera a bassissimo co-sto. Bel modo di concepire la globalizzazione. Bel modo di fare ed essere Rete.La Rete è un concetto reale dai molteplici signifi-cati, che si possono comunque riassumere in due. Rete Sociale, ovvero la molteplicità di reti che co-stituiscono le connessioni sociali, e Internet, oggi

primo rappresentante di un qualcosa di innovativo e rivoluzionario che sta fortemente determinan-do una neoglobalizzazione, al punto tale da essere persino divenuto preoccupante per certi rappre-sentanti di potere arrogante, ovunque nel mondo.Interessante esempio della capacità di una rete di formarsi di bocca in bocca, tramite il passaparola è rappresentato dal Cristianesimo, un qualcosa che si è venuto a formare da Saulo di Tarso ( San Paolo ), per giungere a Roma e diffondersi nel mondo in-tero come religione.A maggior ragione oggi le reti e la rete sono fat-tori di cambiamenti e formano un puzzle univer-sale sempre più supportato dall’alta tecnologia e dall’innovazione. La capacità di “offrire vino e formaggi” a gruppi di persone sconosciute fra loro, per poi vederli conversare… è già modello di rete.In quanto a vini, formaggi, salumi, olio, e cucina direi che siamo i migliori, così come nella moda, ma certamente altrettanto bravi sono i francesi. Non dovrebbe esserci una “guerra” fra cugini, cosa che peraltro la gente normale e comune neppure si sogna, bensì sarebbe auspicabile una forte colla-borazione per la promozione di prodotti autenti-ci e di qualità, tanto ricercati nell’intero mercato globale. Fare rete insomma con competizione, ma anche con collaborazione.

Non bastano la mera pubblicità, i finti sconti, i saldi… nella Rete oggi conta la qualità, il vero fiore all’occhiello vincente. Meglio ancora, il rapporto qualità /prezzo, in un nuovo sistema mercato tanto competitivo quanto compartecipativo volto a fornire un prodotto o un servizio sempre migliore, tanto in Italia, che sul panorama internazionale.

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In questo la grandezza della rete passa anzitutto dal link, un solo punto capace di intromettersi all’in-terno di qualsivoglia rete e di moltiplicarsi. Quan-do un nostro proprio link si connette con un altro link già si moltiplica, quando i link di contatto sono sei, la situazione di condivisione comincia ad assumere un aspetto esponenziale… fino a raggiun-gere genti mai incontrate. Se questo sia un processo casuale o matematico non saprei, ma rappresenta il processo intuitivo di Ka-rinthy, ove si dice che: “le persone sono unite da un massimo di cinque passaggi”, concetto conosciuto come “ sei gradi di separazione”, sociologicamente e matematicamente connesso al desiderio umano di interrelazione.Si può quindi affermare che il potere del Web sta proprio nei link. La società è reale, il web è digitale, ma il riconoscersi fra loro è divenuto risorsa globa-le. Già è un fatto quanto tale interconnessione sia stata rilevante nelle “primavere arabe”, così come quanto la grande Cina abbia timore che fra tanto sviluppo esca allo scoperto grazie a internet anche il suo lato di sottosviluppo e di carenza per quanto concerne i diritti umani.Sconfiggere l’ignoranza umana, la nostra ignoran-za, anche grazie allo scambio di informazioni in tempi reali, pressoché immediati e globali, sembra che debba essere una sfida fondamentale per dare nuova luce all’intero pianeta. Una sfida che ci toc-ca direttamente con parole come fame, ambiente, diritti umani, lavoro, sviluppo, scuola, ricerca, in-novazione, tecnologia..etc. Il Web in questo è uno strumento che pur apparendo gigantesco, rappre-senta in realtà un mondo piccolo ed anche nuovo all’interno della società globale.Per tornare al tema a noi caro del Made in Italy, ma non solo, è necessario rendersi conto che l’essenzia-le oggi è la visibilità, e che maggiore è il numero di link che riportano al proprio sito web, quale che sia il prodotto o l’attività che si vuole promuove-re, più si potrà essere visibili e quindi conosciuti e competitivi.Comunque la si possa pensare, il Web è in continua crescita e procede affinandosi per ottenere sempre maggior capacità di diffusione e condivisione, fa-cilità d’accesso, con strumenti tecnologici via via sempre più avanzati ed adeguati alle più varie esi-genze. Mail, Internet, foto, video, musica, telefono, informazione online, comunità delle più variegate e quant’altro.L’avvicinarsi delle aziende a questa rete complessa non potrà avere successo senza sapersi interrela-

zionare con la società civile, e senza promuovere un’autentica fidelizzazione con il cittadino/cliente, attore e fruitore.Non bastano la mera pubblicità, i finti sconti, i sal-di… nella Rete oggi conta la qualità, il vero fiore all’occhiello vincente. Meglio ancora, il rapporto qualità /prezzo, in un nuovo sistema mercato tan-to competitivo quanto compartecipativo volto a fornire un prodotto o un servizio sempre migliore, tanto in Italia, che sul panorama internazionale.La comunicazione vola.. e con lei vola l’esperien-za. La gente non è stupida e sempre meno lo sarà, ovunque. Se pur sbagliando si impara, il buono, il bello e ciò che crea e porta valore è giusto che viaggi, vada e venga in tutte e da tutte le direzioni. Certo le difficoltà esistono ed esisteranno, come esisteran-no guasti di sistema, non per questo si deve restare inerti, ma anzi è debito imparare sia a prevenire che a farvi fronte e riparare in tempi rapidi. Internet era nato per proteggere dati e comunica-zione davanti all’eventualità di un attacco nucleare, oggi dal progetto militare si è trasformato in un in-dispensabile strumento sociale.Comprendere a fondo la potenzialità della Rete, nelle sue numerose sfaccettature, potrà significa-re, sia nel breve che nel medio periodo, una nuova fase di sviluppo umano, dove il miglioramento del-le condizioni di vita di tutti i popoli, dei territori, e dell’ambiente che ci riguarda, verranno messi al primo posto, ove è giusto che siano.

la rete e il made in Italy / disseminazione / comunicazione globale/ compartecipazione / reti e sviluppo / nuove forme di fidelizzazione e comunicazione

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I social network per la promozione del territorio

APPROFONDIMENTIA

OGGI GLI ENTI E LE MICRO IMPRESE LOCALI HANNO UN’OPPORTUNITÀ IN PIÙ

Una delle potenzialità più interes-santi offerte dai social media è la possibilità, per enti e microimpre-se locali, di promuovere la rinasci-ta del territorio e delle attività ad esso connesse. Si assiste a un nuovo fenomeno, un risveglio culturale alla base di quello che potrebbe consolidarsi come rinnovamento e rilancio economico del territorio, del locale e, di conseguenza, del Made in Italy.

Con il web si parla sempre di con-versazioni globali. Del fatto che si sono accorciate le distanze e sono crollate le frontiere e le barriere spazio-temporali. Che è sempre

più facile conversare, scambiarsi opinioni e informazioni, indipen-dentemente dal luogo di prove-nienza. Ma contemporaneamente, in questa babele di voci che azzera le distanze, emergono, rivendi-cando il proprio ruolo con grandi opportunità per lo sviluppo eco-nomico e sociale, piccole imprese ed enti locali, che tornano in gio-co per far sentire la propria voce e riappropriarsi della loro funzione, centrale nella vita dei cittadini.

Grazie al web il territorio torna a conversare con i suoi abitanti, o vi-sitatori, a costi minimi, se non in termini di tempo, riappropriando-

si così del proprio ruolo di aggre-gatore sociale.

Un tempo, infatti, per essere vi-sibili e per farsi pubblicità occor-revano grandi capitali, che preva-lentemente andavano a riversarsi su due principali canali: stampa e televisione.

Gli investimenti richiesti erano ab-bastanza impegnativi e quindi, in questo sistema, solo i grandi riusci-vano a ottenere visibilità. I grandi diventavano così sempre più gran-di, soffocando spesso (e volentieri) le imprese più piccole, le imprese locali.

di Petra Invernizzi, Editor in chief, VoiceCom news

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Oggi è tutto cambiato e non è più indispensabile avere budget di mi-lioni di euro da destinare al marke-ting. Sono sufficienti passione e una connessione internet. E capacità di comunicare. Riescono così ad emer-gere ed essere rivalutate anche loca-lità minori o province fino ad oggi considerate marginali e prive di ap-peal, e i relativi piccoli produttori locali.Nell’era della mercificazione del divertimento e della commercializ-zazione delle risorse naturali, tra-sformate oramai in una sorta di in-trattenimento a pagamento, i social media consentono di andare oltre, permettendo alle persone di radu-narsi intorno ad un’appartenenza o ad un’esperienza. Si formano nuove tribù, in cui entrano in relazione in-dividui in qualche modo legati ad una comunità locale. Nascono com-munity radunate intorno a un tema, a un percorso, o semplicemente legate per vicinanza geografica. I partecipanti di questi gruppi, coin-volti sul piano personale, vengono sensibilizzati sulle potenzialità of-ferte dalle risorse esistenti in loco, mentre l’appartenenza al gruppo favorisce la fidelizzazione, attraver-so la condivisione di un’emozione o la costruzione di uno svago sociale.

Il territorio, oggetto di conversa-zione, diventa un luogo relazionale dove far sopravvivere forme di au-tenticità e dove riscoprire antichi legami sociali; un luogo di apparte-nenza ed espressione di uno stile di vita. Il prodotto locale diventa arti-ficio, e acquista un valore aggiunto, fino ad arrivare a in trasformarsi rappresentazione di uno stile di vita, di un modo di essere.

Alle persone viene offerta la pos-sibilità di coltivare e prolungare esperienze e di sviluppare un forte legame con il territorio, di vivere qualcosa di nuovo e più profondo. In questo modo gli individui posso-no differenziarsi e trovare risposte ai propri bisogni di identificazio-ne, possono trasformare le proprie esperienze in racconti da condivide-re, per soddisfare bisogni di sociali-tà, contatto, cultura.

Attraverso i social network nascono e si sviluppano iniziative program-mate, ma anche spontanee, che per-mettono di sfruttare e di valorizzare le unicità e i prodotti locali.

I residenti e i visitatori hanno l’oc-casione di approfondire la cono-scenza del territorio, di scoprire che esistono molte cose che ancora non avevano visto, nuove storie che non conoscevano, tradizioni e leggende dimenticate. Perché un territorio non lo si conosce mai fino in fondo, ogni angolo può sempre riservare interessanti cose da scoprire di cui non eravamo a conoscenza. Radu-nandosi in un gruppo su un social network, le persone soddisfano un bisogno di relazione, condividono queste esperienze ed emozioni, di-scutono di luoghi, attività e prodot-ti che hanno in comune.

Per enti e produttori locali, dunque, i social media rappresentano uno strumento unico e fondamentale. Molti si sono accorti da tempo del valore aggiunto che possono otte-nere grazie al web e hanno iniziato, spesso con notevole successo, a pia-nificare la loro presenza online.Diversi gli obiettivi:

arricchire l’offerta turistica gene-rando nuovi flussi;

stimolare i residenti, sensibiliz-zando il loro senso di apparte-nenza e conoscenza del territorio, delle sue risorse e problematiche, della sua storia, nonché del-la necessità di una rinascita di quest’ultimo, attraverso un incre-mento di economia grazie anche al turismo;

promuovere l’economia locale stimolando domanda e offerta o lo sviluppo di nuove competenze.

Il linguaggio semplice e amichevo-le dei social media permette di rin-frescare o reinventare, e comunque migliorare, l’immagine dei luoghi. La centralità della relazione umana, alla base del social networking, sti-mola un dialogo aperto e orizzonta-le con residenti e turisti, rafforzando l’attenzione di questi ultimi per ter-ritorio e attività produttive locali.

Il taglio deve essere quello esperien-ziale: condivisione di articoli, consi-gli e commenti, filmati e foto, ricet-te e curiosità. Lo scopo è quello di generare o rinsaldare il legame con le persone, stabilire una relazione di affetto reciproco, rafforzando l’e-sperienza attiva e il senso di appar-tenenza, coltivare i ricordi conte-nenti l’essenza idealizzata del luogo, diffondere la tradizione e la cultura del luogo nonché la conoscenza dei suoi beni e delle sue risorse.

Tra i numerosi casi, mi piace sempre ricordare come esempio di eccel-lenza nella gestione di social media TER (Turismo Emilia Romagna) che grazie ad una presenza radicata nel web riesce in modo esemplare

social media / enti locali / imprese locali / promozione del territorio / appartenenza / fidelizzazione / condivisione di esperienze

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a coinvolgere la popolazione locale (o persone che hanno una qualche relazione con la regione), esploran-do e promuovendo non solo loca-lità turistiche rinomate, ma anche piccoli paesi di collina o altri posti sperduti. Ma non mancano casi an-cora più interessanti. Paesini che contano meno di cento residenti, con pagine facebook frequentate da centinaia di fan ultra attivi che, at-

traverso momenti di supporto e in-tegrazione, diffondono, più o meno consapevolmente, la cultura del ter-ritorio.

Social media dunque per la rinascita del territorio, per ritrovare una nuo-va identità locale, per alimentare uno sviluppo (sostenibile) del terri-torio, per coinvolgere e sensibilizza-re residenti e visitatori.

Uno strumento che permette di diffondere un’attenzione al terri-torio che, in caso di necessità, può rivelarsi anche di utilità sociale Non mancano infatti i casi per cui i social media si sono trasformati in stru-mento di risonanza potentissimo e con capacità di comunicazione ef-ficace ed efficiente in situazioni di emergenza.

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Uno dei contenuti più rivoluzionari dell’era infor-matica è senza dubbio la presentazione. che ha for-nito uno strumento essenziale nella comunicazione interna ed esterna. A suo tempo il primo prodotto di largo consumo della categoria, ovvero Microsoft PowerPoint, è stato preso in giro per la sua estrema pesantezza di esecuzione. Il problema è stato recen-temente risolto con il passaggio di questi strumenti al cloud computing: oltre alla versione di Microsoft con Office 365 (www.microsoft.com/it-it/office365) ha una certa visibilità Prezi (http://prezi.com), anche se il lancio pubblicitario più recente ha riguardato le evoluzioni in questa direzione di Google Presenta-tions (http://googledocs.blogspot.com/2011/10/fresh-start-for-google-presentations.html).Io trovo le presentazioni uno strumento eccezio-nale: questo tipo di documento può essere pensato come uno sviluppo del wordprocessor, ed in qual-che modo antesignano delle mappe mentali (http://it.wikipedia.org/wiki/Mappa_mentale).Qui di seguito trovate un racconto delle scelte da me fatte nella promozione delle ultime tre presentazio-ni che ho sviluppato, due delle quali originali e una come “regista” di un contenuto originariamente al-trui. Il racconto è annotato e contiene tutti i riferi-menti agli strumenti di social networking, ai rapporti in rete e alle misurazioni specifiche.

LE PRESENTAZIONI COME CONTENUTOMi piace parlare di contenuti e aggiornare la defi-nizione e gli strumenti relativi per ottenere (a basso prezzo) visibilità a lungo termine. L’elemento centrale per la visibilità a lungo termine, per me, resta la quali-tà dei contenuti. La qualità dev’essere elevata ed adat-ta per tutti gli elementi del contenuto, esplicito (ti-tolo, occhiello, testo, immagini, link…) ed implicito

presentazioni / slide share / disseminazione / Twitter / reputazione online / gamification

APPROFONDIMENTIA

di Leo Sorge, Manager, Cloudscene

LA GAMIFICATION, IL MICROPROCESSORE E LA NUVOLA

Appunti su una strategia di promozione dei contenuti dal convenzionale all’on-line

IDENTITY

STATUSCLASSICMOTIVATION

MASTERY

ARCHIEVEMENT

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(tag, post relativi, sistema di promozione pre e post pubblicazione…). Nelle presentazioni la parola d’ordine è la sintesi e il collegamento: chiunque, con poche regole formali, può sintetizzare un discorso anche prolisso e dispersivo per lunghezza e struttura, rendendolo solido e memorizza-bile. Inoltre si possono evidenziare collegamenti interni ed esterni non immediatamente visibili, eventualmente multimediali (sconsiglio) o con link (consigliatissimo).Io l’ho sempre consigliato per progetti, piani marketing, libri e qualsiasi cosa richieda un documento a struttura libera, ma che duri nel tempo.

CONDIVIDERE I CONTENUTIUn secondo elemento di questo momento storico è la condivisione di contenuti. Se io sviluppo un qualsiasi contenuto e voglio farlo conoscere, classicamente do-vrei presentarlo in pubblico. Con gusto anglofono oggi anche noi italiani usiamo per questo il termine “pub-blicare” nel senso di rendere pubblico: si mette la pre-sentazione on-line su un sito che permette di gestirne gli accessi (personale/per singole persone/per tutti) e si manda in giro in Rete il solo link al contenuto o alla pagina dei contenuti. In questo modo, oltretutto, sifa un uso educato delle risorse di Rete. Cari addet-ti stampa, non mandate 4 MB di foto o altro a tutti e seimila i poveretti registrati sulla vostra mailing list, perché intasare la rete nel nome della vostra imperizia? Suvvia, mettete i materiali da qualche parte e spammate i soli link, così solo gli interessati scaricano il materiale quando è loro comodo.

Per fare questa cosa esistono ovviamente valanghe di siti specializzati. Io sono rimasto affezionato a Slideshare (www.slideshare.com) ed è lì che pubblico le mie pre-sentazioni. Qui di seguito vado a raccontarvi un effetto positivo collegato a Twitter.

Premetto che negli ultimi tempi la mia pagina Slidesha-re ha avuto parecchi accessi. Aprii la pagina attuale il 21 maggio 2009 con Enterprise 2.0 for dummies, presen-tata in diretta su Second Life grazie a Imparafacile, per poi pubblicarci altri materiali relativi al social networ-king, in teoria (Corporate Blog da Zero) e pratica(progetti Light ‘10 ed InvFactor, relazioni di Cloud Scene Roma 2011). Più recentemente ho aggiunto ma-teriali di storia della tecnologia -recente e meno recen-te-, parlando di microprocessori e stampa 3D.Enterprise 2.0 for dummies (27 slides) è la presentazio-ne finora più cliccata: oggi ha superato le mille visioni, ma per un lungo periodo è rimasta a cavallo tra 800 e 900 visite. Quando ho pubblicato le sette presentazioni di Cloud Scene, in giugno, c’è stato un interesse limita-to. Considerando la promozione svolta su vari strumen-ti, con svariate migliaia di contatti, alcune centinaia di conferme e circa 50 persone in sala, nella prima settima-na la media delle visioni era circa 50. Non molto. Dopo un mese la media è salita a 90 e da allora non è salita di molto. Curiosamente, il traino di oltre 600 visioni su Cloud Scene non sembrava aver accelerato la fruizione

delle altre presentazioni, alcune delle quali chiaramente in tema.In settembre ho sviluppato il RepRap Day, primo in-contro italiano dedicato alla stampa 3D open source. La mezza giornata di lavori è stata ospitata dal Nanoforum di Iter. La mia promozione è stata complessivamente in-feriore a quella di Cloud Scene, anche se la promozione di Iter e l’ambientazione hanno compensato la mia at-tività per quanto riguarda la gente in sala. Per quanto riguarda le mie possibilità, l’argomento era più elitario e i mezzi a disposizione ben più ridotti.L’unico mezzo usato più intensamente è stato Twitter, al quale ho adattato la mia classica strutturazione degli eventi: in sintesi, ho cercato persone con ampio segui-to (migliaia o decine di migliaia di followers) e noto-rietà in campi collaterali alla stampa di oggetti, anche stranieri. Nel frattempo avevo sviluppato una minima presenza su Twitter, con regole chiare e fortemente in fuoco con i miei intendimenti.

Tutto ciò che assegna punteggi e confronti e coinvolge regolarmente le persone è gamification: in Facebook, in Foursquare e in molti altre attività è un elemento centrale, anche se non esplicito.

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TWITTER VS. USUAL MEDIAOrbene in questo caso la presentazione è stata vista con una velocità maggiore di quella di un evento promosso in maniera più forte ma più classica. Bisogna considera-re che 100 visioni non sono un grande successo e che questi numeri inglobano una forte casua-lità, ma iniziano ad essere statisticamente interessati.La presentazione sulla stampa di oggetti ha rapidamente scavalcato le prime cinque sul cloud, ed oggi, un mese dopo, è seconda solo al migliore e più noto degli argo-menti presentati in quell’occasione, ovvero NuvolaBase.

Prima osservazione: Twitter ha funzionato bene per il target primario (la presentazione di attualità)Nota: nessuno di questi eventi ha avuto promozione di-retta su Facebook.Un effetto interessante è una leggera accelerazione del-le visioni delle mie vecchie presentazioni. Soprattutto Enterprise 2 ha ricominciato a muoversi. Nessun effetto visibile è stato osservato sulle presentazioni del cloud.

Seconda osservazione: Twitter ha funzionato bene per il target secondario (le presentazioni precedenti).

VINCE LA REPUTAZIONEDirei quindi che la promozione su Twitter ha avuto effetti benefici anche sui materiali da me direttamente sviluppati, aumentando la mia reputazione.Un altro argomento in pieno lancio riguarda i sistemi di statistiche libere su vari aspetti del social networking. Qualche settimana fa, partecipando ad un incontro romano (www.buzzdetector.com/2011/09/22/con-versation-about-social-media-listening) con Marshall Sponder (www.webmetricsguru.com), guru delle social metrics, è uscito fuori che bisogna guardare con distacco le attuali piattaforme statistiche, in quanto sono state sviluppate da tecnici in momenti non stabili del feno-meno: meglio è, per quanto possibile, usare strumenti semplici e recenti, al limite nella versione gratuita.Confesso di farmi influenzare da alcuni strumenti: in primis Klout, che assegna un vero e poprio punteggio di notorietà; Crowdbooster, che conta la diffusione dei tweet e suggerisce mosse tattiche per aumentare la visi-bilità; Bitly, che accorcia il testo dei link, ma tiene anche statistiche su chi accede ai contenuti dai link abbreviati;

infine mi diverte molto Viralheat, il plugin per Chrome che valuta immediatamente la reputation di un tweet (e Dio solo sa come fa).Lo strumento più forte è senz’altro Klout, che è stato fortemente criticato come ogni cosa che stili una classi-fica. Recentemente i critici sono stati ammorbiditi dal rilascio di alcune informazioni sulla determinazione dell’indice (http://t.co/DNCfOm01). Enuncerò qui di seguito la:

Terza osservazione: l’azione svolta per il RepRap Day su Twitter ha sensibilmente aumentato il mio Klout sco-re da 37 a 43 per un periodo di circa 6 settimane.

UN NUOVO MATERIALEHo quindi postato un nuovo contenuto, la vera storia dei microprocessori raccontata in maniera compatibile con un pubblico non solo di tecnici. Proprio nel qua-rantesimo anniversario del primo microprocessore del-la storia, l’Intel 4004 realizzato dall’italiano Federico Faggin, ho rilanciato le mie conoscenze e scoperte in un evento celebrativo tenutosi ad Avellino.In questo caso non ho fatto promozione, a parte un minimo di socialità personale (Twitter che rimbalza su Linkedin): l’organizzazione non ne ha fatta per niente e il pubblico intervenuto era piuttosto scarso (una venti-na di persone, tutti amici degli oratori locali).L’argomento è il più tecnico, e storicamente non suscita alcun interesse. Invece... la presentazione è stata vista da 90 persone nelle prime ore e da 140 nel primo giorno, mettendomi anche in classifica tra le presentazioni più viste della giornata! Successivamente ha continuato la sua corsa fino a superare le 200 viste ed oggi veleggia verso il sorpasso a Nuvolabase. Inutile dire che ha supe-rato anche la stampa di oggetti!Se si dovesse interpretare questo risultato in maniera lo-gica si potrebbe dire che:Conclusione: la reputazione su Twitter è più forte della promozione tradizionale, in quanto, un argomento osti-co, mal promosso ma con una mia alta reputazione su Twitter, ha portato ad un ottimo risultato, molto mi-gliore di quello dell’evento in sé. Sull’argomento concor-da anche il mio amico Donato Markingegno Carriero, per il quale  in questa storia “il più interessante finding, come dicono quelli che fanno trend, sembra essere il fatto che poca promozione per un argomento con alta autorevo-lezza porti migliori risultati del casi in cui più promozione è stata fatta su argomenti con minore autorevolezza”.

ATTENDIBILITÀ SU BASSI NUMERIÈ accettabile questa logica? Per verificarlo ho preparato una nuova fase del progetto, che prevede una presen-tazione in inglese promossa su Twitter accodandomi a qualcuno di alto seguito e con un ben determinato pro-filo. Sono molto curioso di vedere che succede, ma sono certo che avrò alcune centinaia di visioni (>200) in 14 giorni e che la mia reputazione su Twitter salirà nuova-mente, portandomi più in alto di sempre.Sarà necessario avere una pagina Slideshare immediata-mente chiara anche ad un pubblico non italiano: questo

L’unico mezzo usato più intensamente è stato Twitter, al quale ho adattato la mia classica strutturazione degli eventi.

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r i -

chiederà la cancellazione delle presentazioni di Cloud Scene, cosa che senza questa necessità avrei fatto più avanti. Non potrò mai sapere, quindi, se il microproces-sore avrebbe superato la nuvola!

GAMIFICATION COME CHIAVE DEI CONTENUTISapete cos’è la gamification? Margareth Wallace, Ceo di Playmatica, ne ha data una definizione che a me piace molto:L’uso applicato di elementi propri dei giochi all’interno di applicazioni, prodotti e servizi non ludici rivolti agli utenti finali.

Tutto ciò che assegna punteggi e confronti e coinvolge regolarmente le persone è gamification: in Facebook, in Foursquare e in molti altre attività è un elemento cen-trale, anche se non esplicito.

Dicevo in apertura che mi piace aggiornare il concet-to di contenuti. Ed oggi tra gli elementi essenziali da considerare sul confine implicito/esplicito c’è anche la gamification.In generale si parla di gamification all’interno del sof-tware, che non è altro che una forma di contenuto, mol-to simile al libro e al modello 3D di oggetti pronti alla stampa (questo punto meriterebbe un articolo a parte).Ho quindi cercato di fissare le idee. Partendo dal mio post Twitter Prez, Ho voluto completare il filo di pen-sieri sulle presentazioni come contenuti da social net-work. Per avere una base qualificata e social ho scelto di partire da materiale altrui, sintetizzandolo in una pre-sentazione un po’ come farebbe un regista che parta da un romanzo preesistente.Ho scelto un social tutorial  di Tom Humbarger (che poi ha aggiunto una versione del post specifica sulle community) e ne ho realizzata una versione sintetica in Google Documents Presentation di livello elementare.L’ho sottoposta ad alcuni amici, quindi allo stesso @TomHumbarger, che non conoscevo né personalmente né per reti sociali prima di questo scambio, e la risposta è stata “Leo – that’s a great presentation” e altre piccole cose che ho molto apprezzato. Successivamente Tom ha postato una verticalizzazione della gamification sulle community che integrerò nella mia presentazione, di-sponibile su www.slideshare.net/Leosorge.

Ho esemplificato il passaggio da post a prez (presenta-zione) con il passaggio da romanzo a film o serie Tv. Ecco perché la confezione della prez sulla gamification ricalca una serie TV fantasy di grande successo, Game of Thrones (Il Trono di Spade), derivata di libri di Ge-orge R.R Martins, A Song of Ice and Fire (Cronache del ghiaccio e del fuoco). Insomma, anche in questo caso ho cercato di fare un po’ di storytelling.Infine il gioco di parole del titolo richiama il concetto di promozione che a suo tempo fu definito Inside the Tornado  da Geoffrey Moore: se non hai soldi per far-ti pubblicità, attaccati a qualcosa che sta avendo una grande promozione. E il titolo in lingua inglese serviva a separare l’interesse degli italiani a vantaggio di quelli anglofoni, certo con qualche diafonia tra i due canali.

MA È ANDATA MALEAttendevo oltre 200 visite in 14 giorni, che non sono ancora passati. Ma lo spunto iniziale, diciamo nelle pri-me 48 ore, dovrebbe essere rilevante, diciamo il 40/50% del risultato a 14 giorni. Poiché dopo 21 ore siamo a 39 visite posso estrapolare che non raggiungerò le 80/100 visite a 48 ore; posso estrapolare anche che non è proba-bile (per quanto possibile) che in 14 giorni si superino le 200 visite. A questi volumi di traffico, inoltre, non c’è stato nessun effetto traino sulle altre presentazioni.Quindi la previsione è probabilmente sbagliata e l’i-niziativa richiede qualche correzione. Ma la presenta-zione non si è persa nel silenzio e certamente resterà a lungo un asset della mia pagina su Slideshare e più in generale della mia reputazione.

Nelle presentazioni la parola d’ordine è la sintesi e il collegamento...si mette la presentazione on-line su un sito che permette di gestirne gli accessi e si manda in giro in Rete il solo link al contenuto o alla pagina dei contenuti.

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di Paolo Brunello, psicologo e formatore www.keynotekarma.com

DO YOU SPEAK POWER POINT?

consigli per presentazioni eccellenti5

1. IMMEDESIMATEVI NELLA VOSTRA AUDIENCEQuanti sono? Come sono? Perché sono lì? Cos’è che non li fa dormire la notte? Come risolvete il loro problema? Che cosa mi aspetto che faccia-no? Che resistenze potrebbero opporre? Quin-di: qual è il modo migliore di raggiungerli? Invece di pensare a cosa volete dire, concentra-tevi su cosa vogliono ascoltare. 

2. COSTRUITE UNA BUONA STORIAGli esseri umani si nutrono di storie, non di slide. Mostrate il drago - lo status quo - e offrite al vo-stro pubblico l’armatura che vorrà indossare per sconfiggerlo. Anche se si tratta di noiose norme amministrative, di fredde schede tecniche o di sofisticate statistiche: trovate creativamente il modo di renderle emozionanti e sorprendenti.

3. COMUNICATE AD ENTRAMBI GLI EMISFERISe qualcuno legge a voce alta un testo che sta-te già leggendo autonomamente, ciò vi aiuta o vi infastidisce? Veicolare la stessa informazione verbale per via visiva e uditiva crea un’interfe-renza a livello dell’area cerebrale dell’emisfero sinistro deputata alla comprensione del lin-guaggio perché essa non è in grado di elabora-re contemporaneamente i due segnali. Invece, un immagine che illustri visivamente, in modo descrittivo o analogico, ciò che si dice a parole, attiva entrambi gli emisferi e migliora la com-prensione e il ricordo. 

4. UNA SLIDE, UN CONCETTOLe slide sono gratis: evitate di ingolfarle con troppa informazione, piuttosto distribuitela su più slide. Una buona slide si “coglie” in 3 secon-di. Se ne occorrono di più, non è ancora abba-stanza sintetica. Unica eccezione, i diagrammi di processo: in quel caso, usate le animazioni per illustrare ogni passaggio.

5. PROVARE, PROVARE, PROVARELe slide sono fatte per aiutare la comprensione del pubblico, non la memoria del presentatore. La presentazione è un genere teatrale, è una per-formance in cui il linguaggio del corpo, la voce e le slide vengono composte sapientemente insie-me a formare uno spettacolo memorabile e ciò richiede esercizio. L’attenzione che vi serve per ricordare cosa dire è sottratta a quella che potete dedicare ad “ascol-tare con gli occhi” le reazioni del pubblico. Pro-vate la presentazione fintanto che vi sgorgherà talmente spontanea che vi sentirete di poter dedicare la maggior parte della vostra attenzio-ne alle reazioni immediate di chi vi ascolta ed eventualmente adattare al volo la vostra comu-nicazione. Remember: presenting is to be present.

TAGLIA E CONSERVAT

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Lo avrete sentito più volte in tutti i telegiornali o nelle trasmissioni di approfondimento economico-sociale: “l’Italia è un popolo di partite Iva”.Ma perché? Sono molteplici i fattori che spingono il mercato a richiedere collaborazioni con titolari di par-tita Iva.Prima di tutto il mercato del lavoro italiano è fortemen-te ingessato: molti adempimenti per l’assunzione e so-prattutto grandissima difficoltà nel poter licenziare.Il nostro Paese ha vissuto per interi decenni col mito del “posto fisso” e ancora oggi fa fatica a digerire il licen-ziamento come un normale spostamento e reimpiego di risorse umane. In un mercato flessibile e con i dovuti ammortizzatori sociali, una facilità di licenziamento corrisponde ad un’altrettanta facilità di assunzione.Secondo fattore consiste sicuramente nell’elevata tas-sazione del costo del lavoro. A tal proposito avevo già scritto in un precedente articolo e mi permetto di ripor-tare un ulteriore esempio: un commesso di IV livello, contratto Commercio, riceve un netto in busta paga di circa 15.550€ annui mentre al datore di lavoro ne costa circa 29.370€.Terza causa è la completa deregolamentazione del rap-porto tra titolari di partite Iva. Tra impresa “datore di lavoro” e collaboratore Iva, non vi sono contratti nazio-nali, ferie, permessi, tredicesime, straordinari, malattie, maternità o TFR.Tutto questo comporta un minor costo per il “datore di lavoro” che ahimè ricade sempre sul collaboratore che spesso non è consapevole del carico fiscale che dovrà sopportare in dichiarazione dei redditi.

LE AGEVOLAZIONIForte di quanto spiegato, il nostro Legislatore ha pensa-to bene di aiutare e quindi di incentivare questo “popo-lo” con una serie di regimi agevolati.Fino ad oggi vi erano due regimi agevolati per chi apriva una posizione Iva individuale e non superava un deter-

minato fatturato annuo: il regime dei “minimi” e quello delle “nuove attività produttive”.

Non vi voglio tediare spiegandovi in cosa consistevano le agevolazioni anche perché l’anno volge al termine e dal 01/01/2012 cambia (di nuovo!) tutto.Il D.L. 6 luglio 2011 n.98 “Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria” infatti ha modificato le vi-genti forme di agevolazione introducendo nuove regole.

Incominciamo a parlare del regime delle nuove attività produttive che in realtà sembrano sopravvivere al cita-to decreto legislativo. Dico “sembrano” perché come al solito la norma non è chiara e nei prossimi mesi si se-guiranno interpelli, quesiti, circolari più o meno chiari-ficatrici, interpretazioni e quant’altro serva a delineare meglio l’intenzione del Legislatore.

LE NUOVE ATTIVITÀ PRODUTTIVEPer rientrare in questa agevolazione occorre possedere determinati requisiti soggettivi e oggettivi: Innanzitutto il regime è limitato alle sole persone

APPROFONDIMENTIA

di Gabriele Santalini, Dottore Commercialista, [email protected]

…e le nuove disposizioni del legislatore relative al 2012

IL POPOLO DELLE PARTITE IVA

Gabriele Santalini, Dottore Commercialista, [email protected]

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VoiceCom news 03.2011 31

fisiche che vogliano intraprendere un’attività di im-presa individuale o di lavoro autonomo. A queste si aggiungono le imprese familiari.

Il contribuente non deve aver esercitato nei tre anni precedenti alcuna attività professionale o di impresa: quindi non deve aver avuto una posizione Iva attiva.

La nuova attività non deve consistere nella “mera prosecuzione” di un’attività svolta in precedenza come lavoratore dipendente. Qui occorre fare una pre-cisazione. Da una parte è normale che un dipendente, che fino a ieri si occupava di informatica, oggi decida di mettersi in proprio naturalmente nello stesso settore (è infatti improbabile che si metta a fare il gelataio!). D’altra parte si vuole evitare che un datore di lavoro proponga al proprio dipendente di licenziarsi per con-

tinuare il rapporto come titolare di partita Iva. La so-luzione intelligente è stata il considerare prosecuzione non tanto l’attività di per sé, quanto i soggetti a cui essa è rivolta: se il collaboratore Iva emette fattura solo al suo ex datore di lavoro allora siamo in presenza di “mera prosecuzione”. Il fatturato annuo delle nuove attività produttive non

può superare i 30.987,41 € per le prestazioni di ser-vizi e i 61.974,83 € per le cessioni di beni. Qualora si superassero detti valori se il maggior ricavo è in-feriore al 50% del limite allora la perdita del regime agevolato scatta dall’anno d’imposta successivo. Con-trariamente per ricavi maggiori del 50% dei limiti, si perdono le agevolazione direttamente nell’anno in corso e con effetto su tutto il reddito prodotto.

tasse, contribuenti / politica fiscale / partita IVA / regimi fiscali / lavoratori autonomi / diposizioni per la stabilizzazione finanziaria / rapporto di lavoro

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PASSIAMO QUINDI AI VANTAGGI: Innanzitutto si applica una imposta sostitutiva all’Ir-

pef pari al 10% sul reddito prodotto (ricavi meno co-sti) senza alcun acconto. Tale imposta sostituisce (o comprende) anche le addizionali Irpef regionali e co-munali. Attenzione però al retro della medaglia: trat-tandosi di imposta sostitutiva, il soggetto in realtà non ha Irpef da versare e quindi non potrà applicare nessuna delle classiche detrazioni previste: spese me-diche, interessi su mutui per la prima casa, detrazioni ristrutturazioni ecc.

Il contribuente delle nuove attività produttive è eso-nerato dalla registrazione contabile dei documenti e

dalla tenuta della contabilità (es. registri Iva). Deve semplicemente conservare e numerare le fatture emesse e quelle ricevute.

Vi è l’esonero del versamento periodico dell’Iva e dell’acconto Iva di dicembre: è previsto solo il versa-mento annuale a marzo senza calcolo degli interessi.

Esonero della ritenuta d’acconto normalmente previ-sta per le prestazioni di servizi rese ad altri titolari di partita Iva (sostituti di imposta). Questo comporta un vantaggio finanziario non indifferente in quanto si incassa subito la totalità del fatturato però occorre tener presente che a marzo dell’esercizio successivo bisognerà versare tutta l’Iva e a giugno l’imposta so-stitutiva (10%) e i contributi previdenziali. Capirete che se il contribuente non si mette da parte una som-ma tutti i mesi non riuscirà a far fronte al prelievo fiscale e contributivo.

Dati i vantaggi menzionati, il legislatore ha pensato giustamente di limitare questa opzione nel tempo per i soli primi tre periodi d’imposta. Non sono tre anni, ma tre periodi d’imposta: questo significa che se aprirete la partita Iva a dicembre, il vostro primo anno durerà solo un mese!

La prima regola per combattere l’evasione consiste nel semplificare la vita del contribuente.

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IL (NUOVO) REGIME DEI MINIMIDal 01/01/2012 entra in vigore un regime dei minimi riformato dall’art. 27 del D.L. 6 luglio 2011 n.98.Incominciamo ad elencare i requisiti oggettivi e sogget-tivi necessari: Questo regime è riservato alle persone fisiche che in-

tendono aprire una posizione Iva in qualità di impre-sa individuale o di lavoro autonomo o che l’hanno già aperta successivamente al 01/01/2008.

Come nel regime delle nuove attività produttive oc-corre non aver esercitato nei tre anni precedenti alcu-na attività professionale o di impresa. Naturalmente per chi vi intende aderire con partita Iva già operati-va, i tre anni si intendono dalla data di apertura.

L’attività non deve consistere nella “mera prosecuzio-ne” di un’attività svolta in precedenza come lavorato-re dipendente o autonomo.

Il fatturato annuo non può superare i 30.000 €. An-che in questo caso se si supera detto limite in misura inferiore al 50% allora la perdita del regime agevo-lato scatta dall’anno d’imposta successivo mentre se la misura supera il 50% allora si perde l’agevolazione direttamente nell’anno in corso e con effetto su tutto il reddito prodotto.

QUESTI INVECE I REQUISITI PER CHI È GIÀ OPERATIVO SEMPRE SUCCESSIVAMENTE AL 01/01/2008: Qualora si intenda subentrare in un’attività già esi-

stente anche questa non deve aver superato nell’eser-cizio precedente i 30.000 €

Nell’anno solare precedente non possono essere sta-te effettuate operazioni di cessioni all’esportazione; non possono essere stati sostenuti costi per personale dipendente e non possono essere state erogate somme sotto forma di utili di partecipazione agli associati

con apporto costituito da solo lavoro. Nel triennio precedente non possono essere sta-

te sostenute spese per beni strumentali (anche con contratto di locazione finanziaria e non) superiori a 15.000€

I VANTAGGI SONO DI GRAN LUNGA MIGLIORATI: Imposta sostitutiva del 5%! Naturalmente anche in

questo caso si perdono tutte le detrazioni tipiche dell’Irpef.

Piena deducibilità dei versamenti previdenziali dal fatturato.

Impossibilità di rivalsa e detrazione Iva: questo signi-fica che il contribuente minimo emette fattura senza applicare l’Iva e quando acquista un bene e servizio non si porta l’Iva in detrazione. Naturalmente non essendoci Iva da versare non ci saranno neanche le re-lative liquidazioni, comunicazioni e dichiarazioni.

Anche in questo caso vi è l’esonerato dalla registra-zione contabile dei documenti e dalla tenuta della contabilità con la sola conservazione e numerazione delle fatture emesse e ricevute.

Esenzione dagli studi di settore.

Fino a qui sembra un regime veramente vantaggioso e naturalmente non può mancare la restrizione tempora-le. Il regime dura l’anno in cui si verificano i requisiti e per i 4 periodi successivi o, se successivo, fino al compi-mento del trentacinquesimo anno di età. Questo signi-fica che chi ha dai 30 anni in su il regime dura 5 anni mentre per i più giovani può durare di più.Arriviamo alla nota dolente.Purtroppo, anche nella nuova formulazione, questo regime prevede l’applicazione della ritenuta d’acconto sulle prestazioni di servizio effettuate nei confronti di sostituti di imposta (clienti titolari di partita Iva).

Con la normativa previgente aveva un senso applicare la ritenuta del 20% in quanto l’imposta sostituiva ammon-tava anch’essa al 20%.Dal 2012 è difficile concepire una tassazione del 5% con contestuale ritenuta del 20%: il contribuente si trove-rebbe in continuo credito d’imposta e nella spiacevole situazione di dover chiedere rimborso. Spiacevole per-ché i tempi di rimborso si aggirano intorno ai 24 mesi.

GLI ESCLUSIIl “vecchio” regime dei minimi era nato proprio per sem-plificare la vita al popolo delle partite Iva. Si poteva in-terpretare come un trattamento benevolo per i piccoli contribuenti che fatturavano solo 30.000 € annui. Sì, dico “solo” perché non dobbiamo farci impressionare dalle cifre: 30.000 € di fatturato, tralasciando i costi che per questi soggetti sono in genere trascurabili, corri-sponde ad un versamento Inps alla gestione separata di circa 8.100 €. Se dai 30.000 tolgo gli 8.100 (vi ricordo che i versamenti Inps sono deducibili), ottengo 21.900 di imponibile su cui applicare l’imposta sostitutiva del 20% (pari a 4.380 €). Alla fine il contribuente minimo

Il nostro Paese ha vissuto per interi decenni col mito del “posto fisso” e ancora oggi fa fatica a digerire il licenziamento come un normale spostamento e reimpiego di risorse umane. In un mercato flessibile e con i dovuti ammortizzatori sociali, una facilità di licenziamento corrisponde ad un’altrettanta facilità di assunzione.

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avrà versato 4.380 + 8.100 = 12.480 e dei 30.000 lordi se ne ritrova 17.520 netti.Questa agevolazione era nata come una permanente semplificazione per questi soggetti.Il Legislatore aveva anche precisato che questo sarebbe stato il “regime naturale” di chi non fatturava sopra la citata soglia. Per “regime naturale” si intende che il sog-getto coi requisiti si trovava automaticamente (natural-mente) nel regime e non doveva comunicare alcunché. Di converso se si voleva derogare dal regime bisogna comunicare in tal senso.A distanza di soli tre anni il “nuovo” regime dei mini-mi diventa una condizione temporale (5 anni) e quindi non più “naturale”.E gli esclusi?Tutti coloro che hanno partita iva da prima del 01/01/2008; quelli che dopo il quinto anno sono ultra trentacinquenni; coloro che proseguono un’attività o hanno avuto partita Iva attiva nel triennio precedente; che fine fanno?Il già citato D.L. 6 luglio 2011 n.98 sempre all’art. 27 a contemplato un nuovo regime “super semplificato”.

IL REGIME “SUPER SEMPLIFICATO”In realtà il Legislatore non lo ha chiamato così ma pro-prio perché non attribuisce mai alcun nome e cambia le regole ogni due o tre anni, sono gli “addetti ai lavori” (alias Commercialisti & C.) se per capire di cosa stanno parlando sono costretti a battezzare questo o quel prov-vedimento in modo da distinguerli l’un l’altro.

Tornando al super semplificato si tratta di un regime che in realtà ha ben poche agevolazioni.I requisiti sono i tre principali del regime dei “vecchi” minimi (così come previsti dal comma 96 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244): Il fatturato annuo non superiore a 30.000 € Nell’anno solare precedente non possono essere sta-

te effettuate operazioni di cessioni all’esportazione; non possono essere stati sostenuti costi per personale dipendente e non possono essere state erogate somme sotto forma di utili di partecipazione agli associati con apporto costituito da solo lavoro.

Nel triennio precedente non possono essere sta-te sostenute spese per beni strumentali (anche con contratto di locazione finanziaria e non) superiori a 15.000€

LE SEMPLIFICAZIONI SONO: esonero dalla registrazione contabile dei documenti e

dalla tenuta della contabilità con la sola conservazio-ne e numerazione delle fatture emesse e ricevute.

esonero del versamento periodico dell’Iva e dell’ac-conto Iva di dicembre prevedendo il solo versamento annuale a marzo senza calcolo degli interessi.

Per il resto tutto rimane ordinario compresa la tassazio-ne: quindi versamento dell’Irpef a scaglioni, addizionali regionali e comunali, ma anche possibilità di detrazione di spese mediche, interessi su mutui prima casa ecc.

CONCLUSIONIDa una parte devo dire che con la mia professione non ci si annoia mai, ma dall’altra mi piacerebbe che tutti si accorgessero quanto sia difficile applicare la legge e far pagare le giuste imposte a tutti quando le regole del gioco continuano a cambiare.

Questi continui cambiamenti di direzione danno la sen-sazione che manchi una vera politica fiscale nel nostro Paese.

Faccio l’esempio della limitazione del contante riassun-ta nella seguente tabella:

In tre anni è cambiato cinque volte e non nello stesso senso!

Questo è la dimostrazione lampante di come manchi una strategia. La lotta all’evasione fiscale non è né di destra né di sinistra: va perseguita con continuità dai governi che si succedono.La prima regola per combattere l’evasione consiste nel semplificare la vita del contribuente.Nei Paesi con minor evasione, le regole fiscali, le aliquo-te e anche i modelli dichiarativi sono gli stessi da un decennio.In Italia non c’è pace per il povero contribuente che ogni anno si ritrova in un regime di cui ignora nome, regole, pressione fiscale.Spero comunque nel mio piccolo di aver contribuito a fare un po’ di chiarezza.

PERIODO SOGLIA

Fino al 29.04.2008 12.500 euro

Dal 30.04.2008 al 24.06.2008

5.000 euro

Dal 25.06.2008 al 30.05.2010

12.500 euro

Dal 31.05.2010 al 12.08.2011

5.000 euro

Dal 13.08.2011 2.500 euro

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iworkshopaiap

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\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\ gli aspetti normatividella professione

associazione italiana progettazione per la comunicazione visiva

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www.aiap.it

sabato14 gennaio

2012

dalla tutela del progetto di comunicazione visiva al recupero del credito

conoscere, cercare e saper individuare le opportunità e i finanziamenti esistentia livello locale, nazionale ed europeo per i professionisti e i giovani imprenditoridella comunicazione visiva

DIRITTIE TUTELE

disciplina fiscale, contributiva e contabile delle professionidella comunicazione visiva

sabato3 marzo

2012

ADEMPIMENTIFISCALI ECONTABILI

sabato11 febbraio

2012

BANDI,FINANZIAMENTIE OPPORTUNITA’

\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\ \\\\\\\\\\\\\I workshop si svolgeranno c/o sede Aiap:Via A.Ponchielli 3 , 20129 Milano. MM Lima

Tariffe per worskshop:Prezzo 100 euro + IVA (21%) per soci Aiap.Prezzo 150 euro + IVA (21%) NON soci Aiap.

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Come iscriversi: Presso il sito Aiap: www.aiap.it

Presso la segreteria Aiap:Via A.Ponchielli 3, 20129 MilanoT: 02 29520590 F: 02 29512495E: [email protected]

Pagamento:Il pagamento delle iscrizioni può essere effettuato in contanti presso la segreteria Aiap oppure sul sito Aiap con carta di credito via PayPal.

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Il rapporto medico – paziente è notevolmente mutato in questi anni determinando delle modifiche radicali causate dal progresso e miglioramento delle metodiche diagnostico – te-rapeutiche che vengono applicate e, nel contempo, dall’obbli-go di informare il soggetto sulla natura, i meccanismi d’azio-ne e gli effetti dell’intervento che dovrà essere effettuato. Un aspetto fondamentale di questo cambiamento è rappresenta-to proprio dal consenso informato: il paziente ha il diritto di essere informato in modo esaustivo sulla patologia che lo ha colpito, sul tipo di procedura cui deve essere sottoposto per fini diagnostici o terapeutici, sui rischi e sulle conseguenze di questa, sulle eventuali possibili alternative, e , quindi, di es-sere messo nelle condizioni di poter scegliere, accettando o rifiutando i trattamenti medici (metodiche diagnostiche, in-terventi) che vengono proposti dai sanitari.Si può dire, senza timore di smentita, che il concetto di con-senso, nel senso di “informato”, è stato affermato per la prima volta nel 1957 nelle aule giudiziarie statunitensi. È stata una svolta importantissima per i diritti del malato che è scaturita dalla vertenza Martin Salgo vs Stanford University. Salgo su-bisce una paralisi permanente dopo essere stato sottoposto ad un esame diagnostico, l’aortografia translombare. Denuncia i medici che hanno effettuato l’esame sostenendo che il loro comportamento è stato negligente e hanno omesso di infor-marlo del rischio della paralisi. La corte giudicante sentenzia che i medici avevano il dovere di comunicare qualsiasi fatto riguardante la procedura, rischi e trattamenti alternativi, ri-velare la natura dell’intervento e le sue possibili conseguenze. Tutto questo per conseguire un consenso “intelligente” che Bray, il giudice della causa, definisce “informed consent”, co-niando questo termine che verrà successivamente impiegato in tutto il mondo occidentale. In definitiva, il concetto di “informed consent” è da considerarsi come una moderna in-venzione americana e da allora la maggior parte dei medici U. S. A. richiedono il consenso informato nella loro pratica quotidiana 1.

In uno studio del 1982, condotto su 805 medici, quasi tutti hanno ammesso di richiedere il consenso informato ai pa-zienti ricoverati e precisamente l’80 % per iscritto ed il 15 %

SALUTES

di Antonino M. Grande, Dirigente Medico di Primo Livello, Divisione di Cardiochirurgia, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia

IL CONSENSO INFORMATO IN MEDICINAUn diritto di tutti i pazienti

Novanta morti al giorno per errori della Sanità.Ogni anno 320.000 pazienti danneggiati ...Sanità, gli errori dei medici provocano 90 morti al giorno, oltre 14.000 decessi e 10 miliardi di euro di costi all’anno.

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sia per iscritto che oralmente; tuttavia, l’indagine mette in evidenza che la grande maggioranza dei medici ritiene di aver informato sulla procedura da effettuare i pazienti e solo il 9 % appare consapevole che, richiedendo il consenso informato, permette ai pazienti di fare una scelta sul tipo di trattamento da affrontare 2. In Italia, l’art. 13 della Costituzione (che garantisce l’inviola-bilità della libertà personale con riferimento anche alla libertà di salvaguardia della propria salute e della propria integrità fisica) e l’art. 32, comma secondo, (nessuno può essere obbli-gato ad un determinato trattamento sanitario se non per di-sposizione di legge), insieme all’articolo 33 della legge 23 di-cembre 1978 n. 833 (che esclude la possibilità d’accertamenti e di trattamenti sanitari contro la volontà del paziente, se questo è in grado di prestarlo) indubbiamente rappresentano dei baluardi per la difesa dei diritti del paziente. Tuttavia, solo con l’applicazione della Convenzione sui diritti dell’uomo e sulla biomedicina del Consiglio d’Europa - tenutasi nel 1997 ad Oviedo ( Spagna ) - si giunge ad affermare: “Un intervento

nel campo della salute non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero e informato. Questa persona riceve innanzitutto una informazione adeguata sullo scopo e sulla natura dell’intervento e sulle sue conseguenze e i suoi rischi. La persona interessata può, in qualsiasi momento, liberamente ritirare il proprio consenso” (Capitolo II, articoli da 5 a 9).Lo stato italiano ratifica tale Convenzione con la legge del 28 marzo 2001, n. 145. Inoltre, l’attuale Codice Deontologico stabilisce l’obbligo di informazione al paziente (art. 30) e l’obbligo di acquisire il consenso informato del paziente (art. 32) o del legale rappresentante nell’ipotesi di minore (art. 33); viene, quindi, ribadito l’obbligo di rispettare la reale ed effettiva volontà del paziente (art. 34) nonché i comporta-menti da tenere nell’ipotesi di assistenza d’urgenza (art. 35).In definitiva, il riconoscimento della necessità dell’assunzione di un consenso informato, come condizione legittimante un atto medico, determina il tramonto della figura del medico di impronta “ippocratica” e paternalista, che secondo scienza e coscienza, poteva rifiutare di acconsentire a desideri, scelte e atti di un paziente (per il bene dello stesso) e che, anche dando informazioni, il fine era quello di presentare la terapia affinché fosse accolta favorevolmente o per meglio sottoporre la volon-tà del paziente al medico: il paziente diviene, quindi, soggetto autonomo ed il consenso all’atto medico non può più essere ritenuto sottointeso. Ne consegue un progressivo, inesorabile cambiamento della medicina: da paternalistica viene considerata ora come una scienza “quasi esatta” e, conseguentemente, la responsabilità professionale del medico passa da una situazione di effettiva immunità a quella di una responsabilità “quasi oggettiva” o, comunque, certamente “aggravata”. Inoltre, non adempiendo all’obbligo di conseguire il consenso informato, può determinare, indipendentemente da eventuali danni in capo al paziente, l’apertura di procedimento disci-plinare a carico del sanitario, davanti l’Ordine professionale competente. Ed effettivamente le cause per malasanità sono incredibilmente aumentate in questi anni. La stessa stampa a questo riguardo non scherza in quanto sono stati recente-mente riportati con notevole enfasi i dati divulgati nel 2004 dall’Associazione Anestesisti Rianimatori Ospedalieri con titoli quali: “Novanta morti al giorno per errori della Sanità. Ogni anno 320.000 pazienti danneggiati” 3 e “Sanità, gli erro-

diritti del malato / rapporto medico paziente / consenso informato / scelta dei trattamenti medici / paziente consapevole / errori medici

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ri dei medici provocano 90 morti al giorno, oltre 14.000 decessi e 10 miliardi di euro di costi all’anno” 4. Ma che tali dati siano cer-tamente approssimativi, ottenuti da non meglio precisate analisi statistiche, viene comprovato da uno studio dell’Istituto di Medi-cina Legale dell’Università di Milano 5 ove considerando nel ter-ritorio del Tribunale di Milano, con un numero di abitanti di circa 2.500.000 e trascurando i pazienti che giungono da altre province e regioni, vi dovrebbero essere, stando alla riportata segnalazione di 80-90 morti al giorno per “malpractice”, più di 4 decessi gior-nalieri riconducibili ad errore medico. Gli Autori, considerando gli esami autoptici effettuati tra il 2002 ed il 2006, in totale 4.703, i casi di autopsie effettuate con sospetto iniziale di responsabilità professionale sono stati 125 (2,7%), con una prevalenza annua piuttosto stabile e che si è attestata tra il 2 ed il 3%. Naturalmente tali dati non prendono in considerazione i procedimenti effettua-ti senza che l’autopsia sia stata eseguita oppure è stata eseguita in altra sede. Ma se il valore di 4 decessi al giorno fosse reale, nel pe-riodo di cinque anni vi sarebbero stati circa 7.300 decessi contro i 125 effettivamente studiati, meno del 2 %. Un ultimo aspetto da considerare è quello sulle modalità d’informazione, ben descritto dall’articolo 30, quarto comma, del Codice Deontologico: “Le informazioni riguardanti prognosi gravi o infauste, o tali da poter procurare preoccupazioni e sofferenze particolari al paziente, devono essere fornite con circospezione, usando terminologie non traumatiz-zanti, senza escludere mai elementi di speranza”. In pratica, tale ar-ticolo vuole proteggere la salute del cittadino nella sua accezione più ampia di integrità fisica e psicologica. Difatti, riferire con ec-cessiva durezza la gravità di una determinata patologia può deter-minare l’insorgenza di ansia, angoscia e depressione nel malato. Il medico, pertanto, non dovrebbe minare l’equilibrio psicologico del malato che costituisce un fattore fondamentale che può agire positivamente sul decorso della malattia. Il paziente, tuttavia, ha diritto di chiedere ed ottenere informazioni più precise, oppure può scegliere di non essere informato o delegare una terza persona a ricevere le informazioni.

BIBLIOGRAFIA1 Silverman WA. The myth of informed consent: in daily practice and cli-nical trias. J Med Ethics 1989; 15:6-11.2 Harris L, et al. View of informed consent and decision making. Parallel surveys of physicians and the public. In: President’s Commission for the Study of Ethycal Problems. Making he-alth policy decisions. Washington: Government Printing Office, 19823 Corriere della Sera 18/09/20044 La Repubblica 23/10/20065 Genovese U, Solennità L. Uno, nessuno, centomila. Management della Sanità, marzo 2008; 24-25

“La parola è medicina alle malattie degli uomini”.

Mimnermo

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“Sono nata tra le pezze…” dice Marella Ferrera, figlia d’arte e una delle migliori espressioni fra moda e sartoria degli ultimi anni del nostro Made in Italy nel tessile, e la frase la dice a ragion veduta essendo nata e cresciuta nell’Atelier fondato dai genitori nel 1958, a Catania. Dopo avere completato gli studi all’Accademia di Costume e Moda di Roma, Marella si trasferisce a Milano dove apre uno Show Room. È il 1993 quando debutta a Roma sulle passerelle dell’Alta Moda e viene acclamata come “rivelazione dell’anno”.Curiosità, intuizione e fantasia sono in sintesi le sue tre “parole magiche”.“Attenta e arguta scrutatrice di usanze e costumi legati alla sua terra, la Sicilia, da essa trae spunti, suggerimenti e suggestioni indimenticabili...” Il suo è uno stile fatto di pensieri ed immagini che si caratterizza per linee sobrie, ma costruite al tempo stesso e per l’uso di materiali innovativi come pietra lavica, ossidiana, terracotta, cristallo di rocca, fili di rame, carta papiracea, carta tessile, sughero, radici di palma che le hanno valso l’appellativo di “sperimentatrice della moda”.Idealista, come solo una vera artista può esserlo, “la stilista che cuce la ceramica” è alla continua ricerca di soddisfazioni intellettuali che la portano ad attingere continuamente alle tradizioni storico culturali della propria terra; queste, coniugate alle più avanzate tecnologie del settore, determinano la realizzazione di piccoli capolavori richiesti anche da importanti musei.Riceve numerosi e prestigiosi riconoscimenti tra cui il premio “Marisa Bellisario” nel 1997, la Mela d’Oro, per l’imprenditorialità nella moda e dalla stessa Fondazione un “Attestato di Merito alla Carriera” nel Giugno 2008.Costumista molto apprezzata, collabora col Teatro Stabile di Catania, col Teatro Massimo di Palermo, col Ravenna Festival, col Piccolo Teatro Strehler di Milano, col Teatro di Livorno in produzioni molto apprezzate anche in Egitto, Spagna, Belgio e Grecia. Moda e Teatro, in un connubio ormai inscindibile. “Ambasciatrice nel mondo, attraverso i suoi abiti, della Sicilia più colta e raffinata…” è divenuta negli anni il punto di riferimento di molte donne per la linea Sposa, che ha visto il suo momento più importante con l’abito nuziale per Sua Altezza Reale Mafalda di Savoia Aosta nel 1994 in occasione del suo matrimonio con Alessandro Ruffo di Calabria in quello che venne definito “Il Matrimonio dell’anno”. Malesia, Cina, Giappone, Stati Uniti, Argentina,Venezuela, Paraguay, Marocco, Tunisia, Egitto, Sudafrica, oltre alle più importanti capitali europee hanno potuto ammirare negli anni le sue “uniche” creazioni di moda.

Ancora a Catania, il 3 Maggio 2008, a 250 anni esatti esatti dalla sua fondazione, riapre il Museo Biscari, ribattezzato MF Museum&Fashion, dove trasferisce la sua sede. Nel Dicembre 2009 riceve l’incarico da parte della Soprintendenza ai Beni Culturali di Enna di “vestire” due Dee, di dare “corpo e anima” ai due Acroliti di Morgantina, Demetra e Kore, del V secolo a.C. da poco tornati dagli Stati Uniti.Lo stesso anno riceve formale riconoscimento e notifica dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali che l’Archivio MF “...è di interesse storico particolarmente importante e pertanto sottoposto alla disciplina del decreto legislativo 22 gennaio 2004, nr 42”.Nel 2010 riveste la carica istituzionale di Assessore alla Cultura e Grandi Eventi del Comune di Catania nella nuova Giunta del Sindaco Raffaele Stancanelli, seguita dall’onorificenza di “Commendatore” dell’Ordine al Merito della Repubblica, conferitole dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano su proposta del Prefetto di Catania Vincenzo Santoro.Attualmente è Consulente alla Cultura e Grandi Eventi del Sindaco di Catania.Quanto sopra, unito alla sua passione, e ad uno spirito prettamente italiano, di chi crede nella nostra terra e nel proprio territorio, che difende il lavoro che sta fra l’artigianato, l’industria e la cultura è il motivo che ci ha spinto a dedicarle queste pagine e ad approfondire il suo lavoro e altri temi con lei attraverso la seguente intervista.

MODAM

di Maurizio Arata, Giornalista e Condirettore di VoiceCom news

UN FILO DI SETA LUNGO UNA VITAINTERVISTA A MARELLA FERRERA

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1. Cosa ti ha spinta e quando verso il mondo della moda come stilista e creatrice ?Ho seguito un filo di seta…e mi si è aperto un mon-do. Da bambina ritagliavo pezzi di tessuto. Sogni di bambina avveratisi con costanza e dedizio-ne, con amore e sacrificio. Le mie bambole erano le top model e il corridoio dell’Atelier dei miei genito-ri, la passerella: insieme a loro l’ho percorsa per la prima volta…mi sembrava così lunga … e lo è stata, lunga una vita.

2. Quale importanza dai alla Rete come strumento per la diffusione del tuo prodotto, per l’informazio-ne e per la tua vita personale?Ad ogni epoca appartiene uno strumento di comu-nicazione: la nostra ha Internet. Un mezzo potente che richiede il giusto modo di utilizzo: un coltello impugnato dalla lama, può tagliarci … una scorretta comunicazione (o spesso un’alterata ricezione del messaggio) può portare perdite e danni nel lavoro e nella vita privata. Viviamo nell’era della velocità, dove fermarsi a pensare a volte dura poco più di un click sul mouse. Un esempio lampante è quello del defilé di moda: dopo pochi minuti dall’ultimo scatto fotografico in passerella, le aziende di pronto moda sono già all’opera, scaricando dai siti foto e dettagli dei capi. Internet è una miniera di informazioni da passare al setaccio … ma non sempre si trova l’oro.

Quante lampade di Aladino da sfregare e quanti cassetti da aprire...

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La Moda non è solo un vezzo ... la Moda è cultura del bello.

Senza Cultura non possiamo vedere ciò che ci circonda, senza Cultura non possiamo cambiare le cose.

3. Come vedi oggi il Made in Italy, in questa nuova fase di globalizzazione?L’unica arma per sconfiggere l’omologazione è la qualità del prodotto. In Haute Couture il Made in Italy si è sem-pre distinto per l’eleganza, la ricerca e la cura impiegati per l’unicità del capo. Io mi sono posta come obbietti-vo, con non pochi sacrifici, quello di continuare la mia “missione patriottica” concentrandomi sulla rivalutazione di materiali recuperati dalla mia terra, sperimentando tecniche innovative, ma mai abbandonando le tradizioni e l’artigianato. Non sono contro la globalizzazione, ma credo che ogni terra abbia un qualcosa che la renda unica. L’Italia è un paese di storia e cultura … non dimentichia-mo il nostro passato: è la nostra identità.

4. Quali sono le Arti che più ami e che magari ti influen-zano?Considero Arte tutto ciò che comunica bellezza. Pittu-ra, Architettura, Scultura, ma anche Artigianato, Design, Musica e Matematica attingono da una grande Madre: La Natura. Amandola si impara ad osservarla nelle sue sfac-cettature e nelle innumerevoli prospettive. Non ci voglio-no occhiali bionici … ma una grande sensibilità verso ciò che ci circonda.

5. Hai un legame particolare con la tua città ed il tuo ter-ritorio ? Vi sono altri luoghi che ami in particolare, tanto in Italia che all’estero?La Sicilia ha visto, ascoltato, assaporato e anche sofferto … ma ha vissuto ed è stata vissuta da tanti popoli; è sta-ta contaminata ed ha contaminato chi con sé ha portato un pezzo di mare, di terra o di vento: Mediterraneo ne-gli occhi azzurro-cielo di chi ha origini normanne, pelle olivastra e occhi color pietra lavica che gli Arabi hanno lasciato insieme ad altri colori … ad altri sapori. Attra-verso i miei capi racconto storie di Sicilia. L’ultimo mio pensiero è giunto ad Ellis Island, l’isola delle lacrime: nella collezione PE 2011 intitolata “LA NAVE DELLE SPOSE” ho voluto ricordare queste navi cariche di valigie di cartone, donne, bambine e spose per procura, alla vol-ta degli Stati Uniti durante gli anni ’20 ed il fenomeno attualissimo dell’emigrazione. Non basterebbe una notte intera a farci riflettere su quanto “Mondo” ci sia in Sicilia … e quanta Sicilia c’è nel resto del Mondo!

Moda italiana / cultura / Made in Italy / qualità dei prodotti / Sicilia

Marella Ferera, Stilista

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6. Quanto sono importanti la Moda ed il Tessile in que-sta fase di crisi economica, tanto italiana, quanto inter-nazionale?Dobbiamo essere al passo coi tempi e affrontare i pro-blemi agevolando il consumatore. Abbiamo il dovere di conservare ciò che ci ha resi noti nel mondo e con coraggio rinnovarci sempre. Qualche anno fa fu conia-to il termine “prêt à Couture”: avevo progettato dei capi che mantenessero le caratteristiche di eleganza, alta sar-torialità e unicità, ma al contempo presentassero una linea estremamente indossabile ed un costo accessibi-le. La Moda non è solo un vezzo ... La Moda è cultura del bello. Gli stilisti hanno il compito di preservarla in quanto tassello fondamentale per lo sviluppo dell’Eco-nomia.

7. Secondo te deteniamo ancora il primato di questo mercato, o esistono paesi che ci potranno sopravanzare?Indubbiamente ci sono nazioni in cui la produzione è alle stelle, spesso hanno molta manodopera efficiente … in casi infelici, anche manodopera sottopagata. Riba-disco che la Moda italiana potrà mantenere il proprio primato se le varie aziende coopereranno mantenendo il rapporto qualità prezzo inalterati, nel rispetto del lavo-ro di ciascun collaboratore, dal dirigente al realizzatore. Solo rispettando, saremo rispettati … non è sfruttando il prossimo o fornendo prodotti scadenti che si può en-trare in competizione con le altre realtà.

8. Quanto pensi siano importanti la Cultura, la Scuola e la Formazione per il futuro delle nuove generazioni?Il consiglio che vorrei dare ai giovani è quello di conti-nuare a credere nei propri ideali.La Cultura è l’unico modo per crearsi un futuro nel sentiero della vita, la Scuola sarà sempre un rifugio ed i docenti continueranno a fornire quell’aiuto di cui, in momenti difficili come questo periodo storico, gli stu-denti hanno bisogno. Sfruttiamo i nostri mezzi. Senza Cultura non possiamo vedere ciò che ci circonda, senza Cultura non possiamo cambiare le cose. A tal proposito cito un caro amico e grande vignettista Totò Calì, che interpretando artisticamente ed ironicamente un uovo di struzzo come supporto scrisse: “Se questo Mondo non vi piace … createvene uno N’UOVO”. 9. Cosa ne dici di quel che è sempre stato l’Apprendista-to di Bottega?Già durante il Rinascimento l’apprendistato di Bottega non garantiva solamente l’arte nel suo aspetto di mestie-re, ma era una vera e propria formazione culturale; la famosa “gavetta” ora si chiama stage, a volte tirocinio … cambiano i tempi, ma ci passiamo tutti. Il curriculum cresce con le esperienze e di conseguenza si cresce anche come individui. Ci sono tappe che non bisogna bruciare … il grande salto si deve fare col paracadute. L’iter da seguire è sempre quello … per volare ad alte vette.

10. Esiste un pensiero, un desiderio, un sogno che vorre-sti condividere con noi e con tutti? Quante lampade di Aladino da sfregare e quanti cassetti da aprire, ma un solo desiderio forse li riassume se non tutti … molti: riuscire col contributo di ogni singolo cit-tadino a dare luce e risalto alla Sicilia, a ripulirla di brut-ture e scempi; a togliere quell’odore di stantio ridandole aria fresca, quel profumo di gelsomini che tanto amo. Ci stiamo provando attraverso la rivalutazione di spazi spesso dimenticati come il settecentesco Museo Biscari che dopo la ristrutturazione che mi ha vista coinvolta come ente privato, è tornato a rivivere come area espo-sitiva dopo anni di oblìo; o il ritorno degli Acroliti ed il rientro della Dea di Morgantina ora al Museo di Ai-done … ma non è ancora abbastanza. La nostra Sicilia culla di grandi menti ed artisti, rigogliosa e generosa … è “fimmina” … e come ogni “fimmina” ha bisogno di es-sere amata.

La Natura. Amandola si impara ad osservarla nelle sue sfaccettature e nelle innumerevoli prospettive. Non ci vogliono occhiali bionici … ma una grande sensibilità verso ciò che ci circonda.

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Il Made In Italy in viaggio

MODAM

EYE ON MONGOLIA: NEW DESTINATION COUNTRY ON THE MOVE

Secondo le riviste di turismo e i tour operator, la voglia di sposta-mento, fuga ed evasione degli eu-ropei in viaggio punta oggi decisa verso mete orientali, e sopratut-to verso  Hong-Kong , Sultanato dell’ Oman, Malesia, Giordania e Mongolia.

Questi paesi hanno in comune una lunga storia, testimoniata da importanti tracce culturali, ma allo stesso tempo fanno parte di quelle economie che stanno for-temente avanzando nel panorama mondiale.Il binomio heritage storico/paese emergente rende ancor più inte-ressante il viaggio per i nuovi vi-sitatori.

La mia prima esperienza in Mon-golia è durata più o meno un anno, dove tra andate e ritorni

ho vissuto un’esperienza umana e professionale importante e coin-volgente..La cosa che più mi ha colpito è il bisogno di spiritualità, riemerso in questa popolazione nomade.

Con la democrazia è stata com-pletamente riabilitata la tradizio-ne del Buddismo Sciamanico, e la pratica religiosa ha ripreso nuova energia e vigore. La Mongolia sta trasformando profondamente la sua società, il nomadismo viene in parte abbandonato, ma le persone sono abituate a vivere in maniera atavica con gli elementi naturali: il cielo, il vento, la luce, il deserto, il silenzio… e a celebrarli.

Il DNA nomade mongolo è quel-lo di persone gentili e conviviali, che amano accoglierti con mol-to calore, sia che lo facciano in

piena campagna dentro il Ger, la loro caratteristica tenda, o in un più occidentale appartamento in città. Si sente ancora il valore del rapporti familiari, la gente si sposa, procrea, crede nel futuro, ai nostri occhi tutto ciò non può che risultare stupefacente.

Un popolo propenso a investire nel futuro non può che affasci-nare anche quel visitatore euro-peo oramai  disincantato e spesso pessimista per la situazione nel nostro continente.

Ulaanbaatar è una capitale caotica e impossibile da visitare in macchi-na, senza molte strade e di conse-guenza con un traffico indicibile, ma questo caos diventa a volte affascinante. La città si trasforma di mese in mese con il dinamismo tipico dei paesi orientali.

di Saverio Palatella, stilista, creatore, viaggiatore

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In questo caos urbano, come molti altri stranieri “fuggiti” lì, mi sono sentito a mio agio, felice di trovare una dimensione che riesce ancora a vedere l’uomo e la natura in pro-fonda condivisione ed armonia, nonostante l’avanzamento della modernità.

THIS IS MONGOLIA

Tribute to wild nature

La natura allo stato brado cattura sempre l’immaginazione, e in que-sto paese possiamo sperimentarlo di prima mano.

Le persone chiuse dentro la com-plessità delle civiltà urbane posso-

no qui riscoprire il cielo. Nello stesso tempo, quella ricerca di valori spirituali, che continua a diffondersi nelle nostre società ormai impantanate in un banale pragmatismo, qui trova nuovi ele-menti di riflessione.Il desiderio di elevarsi al di sopra di bisogni materiali assume in questo paese  il suo “significato” più approfondito.

Lo spirito fugge nel deserto per avventurarsi nell’infinito, e così creare ciò che non è ancora nato.

viaggio in Mongolia / fuga ed evasione / spiritualità / celebrazione della natura / tradizione e modernità / infinito del deserto

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La cosa che più mi ha colpito è il bisogno di spiritualità, riemerso in questa popolazione nomade.

La Mongolia incoraggia una nuova visione per progettare una vita tra natura e modernità a pieno ritmo.

BORN ON THE WINDESSERE TRASPORTATO DAL VENTO

Spingendo le frontiere, disegnan-do nuovi limiti, il deserto appare come il luogo dove si può ripartire

da zero, liberamente e senza alcuna limitazione. Lo spirito fugge nel deserto per avventurarsi nell’in-finito, e così creare ciò che non è ancora nato.

“Born on the wind” aggiunge un toc-co poetico al semplice della natura.Rocce, deserto, spazi: una gamma di colori neutri sottili  creano uno stile di “new survival chic” per la città.Eleganza mistica.  Futuristico, sen-

suale minimalismo avvolgente.L’ampiezza lascia il movimento e ammorbidisce  lo spirito.Funzionale, l’indumento nomade è stato riprogettato in chiave sofistica-ta, naturale.

Saverio Palatella, stilista, creatore, viaggiatore

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Quando si parla di Made in Italy, riconosciuto e am-mirato in tutto il mondo, ci vengono in mente i nostri stilisti, i nostri designer o i nostri architetti. Questi ta-lenti concorrono a creare l’immagine di grande profes-sionalità e creatività che abbiamo nel mondo e il buon gusto italiano, compreso quello per il cibo e il vino, ci è universalmente riconosciuto.Purtroppo questo non succede nel mondo della comu-nicazione dove siamo spesso condannati a una parziale non considerazione. La prova è lo sconfortante score di premi che raccogliamo nei contest internazionali, primo fra tutti il Festival della Pubblicità che si tiene ogni anno a Cannes dove ben pochi sono i nostri lavori premiati.

Se ci paragoniamo al resto del mondo in effetti c’è un grosso divario, non solo con i paesi di cultura anglosas-sone che sono la culla dell’advertising, ma anche con paesi del Sud America e dell’Asia ormai in forte crescita economica e di conseguenza con un grande fermento nella comunicazione con alti picchi di creatività. Or-mai anche i nostri clienti l’hanno capito e capita sem-pre più spesso che marchi italiani cerchino la creatività all’estero come è successo per TIM che ha affidato para-dossalmente la sua nuova campagna, “La storia d’Italia secondo Tim”, a un’agenzia di Buenos Aires, la Santo, che ora segue un altro marchio italiano, la Diesel.Ma c’è stato un fenomeno tutto italiano che ha attirato talenti e attori famosi intrattenendo per quasi vent’anni

PUBBLICITÀP

di Umberto Raimondi, Creativo pubblicitario

IL MADE IN ITALY NELL’ADVERTISING

Un tema controverso che divide i protagonisti della comunicazione

pubblicità e comunicazione / produzione di spot televisivi / Carosello / Armando Testa / la “réclame” / creativi pubblicitari italiani

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milioni di spettatori: Carosello. Di Carosello si sono occupati sociologi, semiologi e esperti di marketing. È stato uno degli spettacoli più amati dal pubblico da quando iniziò, nel febbraio del 1957, fino alla sua uscita di scena nel 1977. È stato un fenomeno tutto “made in Italy” e questo è anche la cau-sa, anni dopo, della sua uscita di scena.

Con i suoi mini spettacoli di un minuto più un “codino” di 30” dove era consentito parlare del prodotto pubbli-cizzato, attirò moltissimi attori di teatro e di cinema di quel periodo e anche alcuni maestri italiani della regia.Ma quale era in quegli anni il ruolo dei creativi pubbli-citari? In realtà esisteva solo la figura dello scrittore/ sceneggia-tore che solo anni dopo si sarebbe chiamato copywriter

il quale costruiva le scenette, in collaborazione con gli attori e i registi, e soprattutto scriveva i testi e gli slogan dei “codini” pubblicitari. Tutto questo veniva chiamato genericamente réclame.

La maggior parte delle case di produzione e dei clienti avevano autori e scrittori interni e le agenzie di pubbli-cità come le conosciamo oggi in pratica non esistevano.Ma verso la metà degli anni ’70 già si cominciano a ve-dere sempre di più gli spot da 30 secondi che hanno una comunicazione centrata sul prodotto.L’influenza dell’advertising che arriva dall’Inghilterra e dall’ America è sempre più forte e i creativi italiani più attenti, che sono stati a Londra o a New York o che qui si sono trasferiti per poi tornare in Italia, portano nelle agenzie nuovi stimoli e nuove tendenze che ben presto contagiano sia l’ambiente pubblicitario che i clienti.Gavino Sanna, Franco Moretti, Emanuele Pirella, Pa-quale Barbella, Marco Mignani, Annamaria Testa, Lele Panzeri sono solo alcuni dei creativi italiani che negli anni ’80 e ’90 cambiarono la réclame in advertising e in-ventarono campagne che sono rimaste nella storia della creatività italiana.Ma c’è un agenzia a Torino che riesce a coniugare le tec-niche di marketing con la qualità del prodotto artistico Made in Italy: è l’agenzia di Armando Testa.

Armando Testa coniuga la fantasia e l’immaginazione dell’artista al messaggio pubblicitario e sviluppa, a par-tire dagli ani ’60, un inconfondibile stile di comunica-zione, inventando personaggi che diventarono per anni beniamini del grande pubblico.Ma la pubblicità si evolve continuamente seguendo l’evolversi del mercato e le esigenze dei clienti che, in piena globalizzazione dei consumi, hanno bisogno sem-pre di più di campagne pubblicitarie che possano essere esportate in tutta Europa o in tutto il mondo.La sfida è trovare un’idea che possa essere universale e adattarsi a culture e mercati diversi. Ecco allora che grandi marchi come Nike affidano il loro budget a strutture che hanno reparti creativi con talenti che arri-vano da tutto il mondo compresa l’Italia.Lo stesso succede con i registi italiani che vengono chia-mati sempre più spesso all’estero per dirigere spot di una marca di pasta o di caffè.

In controtendenza rispetto al passato che vedeva spesso i creativi italiani seguire i trend e le mode dei paesi più evoluti dal punto di vista della comunicazione, oggi gli stessi propongono ai loro clienti una comunicazione che prende spunto dalla vita e dalle aspirazioni di tutti noi. Che sia una storia da commedia dell’arte, ironica e pa-rodistica piuttosto che intensa e emozionante, lo sforzo è quello di parlare al consumatore raccontandogli qual-cosa che lo interessi, nel modo più semplice possibile, sfuggendo la banalità e rispettando la sua intelligenza.

Con i suoi mini spettacoli di un minuto più un “codino” di 30” dove era consentito parlare del prodotto pubblicizzato, attirò moltissimi attori di teatro e di cinema di quel periodo e anche alcuni maestri italiani della regia.

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TERRAFERMATERRAFERMA

C CINEMA

di Sonia Avemari, Esperta di cinema e collaboratrice di VoiceCom news

DÀ VOCE ALLA REALTÀQUANDO IL CINEMAQUANDO IL CINEMA

Terzo film di quella che potremmo chiamare la trilogia del mare di Emanuele Crialese, dopo Respiro e Nuovomondo, Terraferma è la tradu-zione in immagini di un dramma attuale che ha sconvolto prepotentemente l’Italia nell’ultimo anno: la tragedia dell’immigrazione di genti disperate provenienti dalle coste dell’Africa, e allo stesso tempo, l’insofferenza di questa piccola isola del Mare Nostrum incapace di affrontare l’ondata di profughi che sempre di più rischia di travolgerla sconvolgendone i già precari equilibri.

Il regista siciliano disegna un ritratto potente di un’Italia dolente, sospesa tra l’assenza di prospettive di futuro e le catastrofi umanitarie che si abbattono in mezzo al suo mare.

Il pensiero rimanda immediatamente alla si-tuazione di Lampedusa, teatro di una tragedia umanitaria di proporzioni mai viste. Le imma-gini dell’isola al tracollo, incapace di contenere la massa di uomini, donne e bambini fuggiti dalla povertà e dalla miseria dei loro paesi d’o-rigine, sono ancora vive nella nostra memoria.

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Terraferma è una storia di umanità e fratellanza, con una solida e visionaria regia che ha anche ot-tenuto il plauso della Sala Grande veneziana che ha tributato al film svariati minuti di applausi e il prestigioso “Premio Speciale della Giuria”. Le  im-magini poetiche, simboliche e dense di bellezza sono il fulcro della pellicola. A fare da sfondo il colore azzurro, il colore del mare, con cui Crialese racconta gli uomini in relazione al paesaggio che appartiene agli isolani e al tempo stesso diviene la nuova casa dei profughi. Infatti è proprio il mare che determina ed influenza l’esistenza con i suoi umori variabili, portatore di vita e di morte, di cibo e disperazione, teatro di avventure mirabili o tragiche, mai uguale a se stesso, sempre capace di sorprendere, di stupire, di suscitare emozioni o angosce.Al centro della storia c’è una famiglia isolana com-posta da Ernesto, un anziano pescatore legato ai valori dell’etica del mare, una donna che ha perso il marito in un naufragio, Giulietta (interpretata da una brava Donatella Finocchiaro) che desidera rifarsi una vita sul “continente”, il figlio ventenne Filippo e suo zio Nino (Beppe Fiorello), alfiere della modernità e della miseria spirituale che cin-ge il nostro paese e il suo Mezzogiorno. L’isola, un tempo luogo di pescatori, sta diventando crocevia di disperati che emigrano dalle coste dell’Africa a bordo di imbarcazioni fatiscenti e di flussi turistici casuali che ne modificano l’economia e obbligano la famiglia a dormire nel garage di casa per ospitare tre studenti in vacanza.

Durante una battuta di pesca, Filippo ed Erne-sto salvano dall’annegamento una donna incinta, Sara, e il suo bambino di pochi anni. In barba alla burocrazia e alla legge, decidono di prendersi cura di loro, almeno fino a quando non avranno la forza di provvedere da soli al loro destino. Questo avve-nimento costringe la famiglia, come anche gli altri abitanti dell’isola, a prendere posizione tra diverse opzioni e a mettere in gioco la propria coscienza. Davanti a tanta caotica energia umana che si ri-versa nel mare antistante o sulle spiagge dell’isola, deflagra l’immobilismo della popolazione e si sca-tenano dinamiche che pongono in contrasto prin-cipi morali, spinte emotive e considerazioni op-portunistiche, come per esempio, quella di Nino il quale nega la presenza degli immigrati clandestini e organizza tour in barca per masse di turisti in co-stume da bagno che si dimenano sulle note di ritmi tropicali.L’allargamento forzato della famiglia crea dappri-ma incomprensione e rigetto verso i nuovi arrivati, ma la nascita del nuovo venuto riduce le distanze, ponendo le basi per un’alleanza tra madri e figli ospitanti e ospitati, che consentirà ai più corag-giosi di cercare altrove nuove possibilità di auto-realizzazione e nel contempo di trovare la propria terraferma interiore. Soprattutto il legame tra le due donne, Giulietta e Sara, diviene importante: una isolana e l’altra straniera, l’una sconvolge la vita dell’altra, eppure hanno uno stesso sogno, un futuro diverso per i loro figli che le accomuna e le unisce inevitabilmente.

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Nel rigore della forma e dell’esecuzione, Crialese traduce in termini cinematografici le ferite dell’im-migrazione clandestina in Italia e delle politiche migratorie. Nonostante la bellezza complessiva del-le immagini evocative utilizzate in modo magistra-le dal cineasta, Terraferma mostra alcuni limiti in sede di sceneggiatura, peccando in alcuni passaggi di pressappochismo.  I personaggi che ci racconta Crialese sono piuttosto monolitici e definiti psico-logicamente con l’accetta, dimenticando sfumature e mezzi toni. Si crea così una netta divisione tra per-sonaggi buoni che sono disposti a infrangere le leggi dello Stato e preservare quelle del mare, salvando quindi i clandestini da morte sicura (Ernesto, il vec-chio pescatore interpretato da Mimmo Cuticchio) e personaggi cattivi, superficiali, vuoti e anche un po’ carogna che del destino dei migranti non sembrano occuparsi o quanto meno non gradiscono che la loro presenza interferisca con il loro lavoro (il capitano della finanza impersonato da Claudio Santamaria o Nino). Oltre alla buona accoglienza al Festival del Cinema di Venezia, il film è stato scelto come can-didato italiano per un posto nella selezione ufficiale per gli “Academy Awards”, per scoprire se Terrafer-ma avrà veramente la chance di riportare l’Oscar in

Dopo tante polemiche e discussioni per le vicende tragiche avvenute a Lampedusa nei mesi scorsi, la speranza è che l’Italia sia in grado di affrontare in modo dignitoso le nuove ondate di vite umane in cerca di una nuova vita, di una nuova terraferma.

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Italia dovremo attendere il 24 gennaio prossimo quando saranno rese note le nomination.Terraferma quindi affascina, sorprende e riesce perfino a commuovere grazie alla potenza del tema al suo centro. Purtroppo il problema degli sbarchi di clandestini non è certo una questione risolta. Lo scenario internazionale sempre meno stabile e la crisi che sta investendo anche i paesi cosid-detti “ricchi” non lascia presagire nulla di buono per l’immediato futuro. Un ruolo di primo piano

nel destino delle isole italiane poste nel limbo tra il mare e le coste africane, lo giocheranno i paesi del Nord Africa protagonisti di un totale rinno-vamento politico e sociale. Dopo tante polemiche e discussioni per le vicende tragiche avvenute a Lampedusa nei mesi scorsi, la speranza è che l’Ita-lia sia in grado di affrontare in modo dignitoso le nuove ondate di vite umane in cerca di una nuova vita, di una nuova terraferma.

PROSSIMAMENTE AL CINEMA…

Un été brûlant di Philippe Garrel con Monica Bellucci, Louis Garrel, Céline Sallette, Jérôme Robart, Vladislav Galard, Vin-cent Macaigne, Maurice Garrel. Paul conosce Frédéric tramite un amico in comune. Frédéric è un pittore e vive con Angèle, attrice di cinema impegnata in Italia per un film. Per sbarcare il lunario in attesa di sfondare come attore, Paul lavora come comparsa. Sul set incontra Elisabeth, un’altra comparsa. I due si innamorano. Frédéric invita Paul ed Elisabeth a Roma.

Lo schiaccianoci in 3D (The Nutcracker in 3D) di Andrei Konchalovsky con Elle Fanning, Richard E. Grant, Na-than Lane, John Turturro, Frances de la Tour, Yuliya Vysotskaya, Shirley Henderson, Aaron Michael Drozin, Char-lie Rowe, Peter Elliott. Vienna, primi anni ‘20. Il giorno di Natale Mary, una ragazzina di 9 anni, riceve in dono da suo zio Albert uno bambolotto di legno molto speciale. Durante la notte il pupazzo infatti prende vita grazie all’immagina-zione di Mary, si presenta come NC e chiede alla bambina di trascorrere con lei una bella giornata tra gli esseri umani.

La cosa (The Thing) di Matthijs van Heijningen Jr. con Mary Elizabeth Winstead, Joel Edgerton, Ulrich Thomsen, Eric Chri-stian Olsen, Adewale Akinnuoye-Agbaje, Paul Braunstein, Trond Espen Seim, Kim Bubbs, Jørgen Langhelle, Jan Gunnar Røise. Una forma aliena non identificata terrorizza i ricercatori che si trovano in una stazione situata tra i ghiacci della Nor-vegia.

Midnight in Paris di Woody Allen con Owen Wilson, Rachel McAdams, Marion Cotillard, Kathy Bates, Carla Bruni, Adrien Brody, Michael Sheen, Léa Seydoux, Kurt Fuller, Gad Elmaleh. Commedia romantica che segue le avventure di una famiglia in viaggio a Parigi per affari. Tra i membri del clan vi sono due giovani fidanzati le cui esistenze verranno stravolte dal viaggio.

Il giorno in più di Massimo Venier con Fabio Volo, Isabella Ragonese, Pietro Ragusa, Stefania Sandrelli, Jack Perry, Ro-berto Citran, Luciana Littizzetto. Giacomo, uomo sulla trentina, vede quotidianamente sul tram una giovane donna, con cui si scambia occhiate furtive. Un giorno, la donna gli si presenta, e dopo una chiacchierata gli comunica che ha deciso di trasferirsi a New York per lavoro. Privato di quell’unico piacere giornaliero, dopo un periodo di dubbi Giacomo decide di andare a cercare la donna a New York.

Il gatto con gli stivali (Puss in Boots) di Chris Miller con Antonio Banderas, Salma Hayek, Zach Galifianakis, Billy Bob Thornton, Amy Sedaris, Constance Marie, Guillermo del Toro, Rich Dietl, Ryan Crego, Tom Wheeler. Il Gatto con gli Stivali di Shrek si unisce ad Humpty Dumpty e alla saggia randagia Kitty per rubare la famosa Oca che cova le Uova d’Oro.

Cambio vita (The Change-Up) di David Dobkin con Ryan Reynolds, Jason Bateman, Leslie Mann, Olivia Wilde, Alan Ar-kin, Mircea Monroe, Gregory Itzin, Ned Schmidtke, Lo Ming, Sydney Rouviere. Mitch e Dave sono cresciuti insieme e un tempo erano praticamente inseparabili, poi si sono un po’ persi di vista. Dave adesso è sposato, padre di tre figli ed è un avvocato sempre molto impegnato. Mitch invece è rimasto un bambinone single, che non ha un lavoro fisso e non si è mai deciso a prendersi una responsabilità, nella vita. Per Mitch, a Dave non manca nulla: ha una bellissima moglie, i bambini lo adorano e lavora in uno studio prestigioso. Per Dave invece, vivere come Mitch - ovvero senza obblighi, conseguenze e stress - sarebbe un sogno.

cinema italiano / Emanuele Crialese / premio speciale della giuria a Venezia / registi italiani / immigrazione clandestina / cinema sociale

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F

...una mente che si diverte è una mente che permette a se stessa di funzionare meglio e quando ciò avviene durante l’apprendimento questo stesso processo ottiene un risultato nettamente migliore rispetto ad altre circostanze.

FORMAZIONE

Educar

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Al workshop Training sul dialogo multiculturale: una simulazione di approccio adattativo nell’ambito del progetto europeo ImREAL hanno partecipato una ventina di persone, tra professionisti del mondo della formazione aziendale e studenti interessati al tema del dialogo multiculturale. Scopo dell’incontro era quello di scoprire quali fossero le sfide del dialogo multicultu-rale, come questo sia diventato necessario a partire da un preciso momento storico e come si possano mettere in atto oggi azioni e attività che lo riescano a stimolare.Si è quindi partiti con il sottolineare come fino al XX secolo si sia parlato di ‘mente monoculturale’, abituata quindi a funzionare secondo un registro unico dettato dalla cultura di riferimento, a partire dal XXI secolo in-vece, grazie alla globalizzazione e all’aumento delle mi-grazioni, una mente di questo genere non sia più stata in grado di gestire la complessità dei rapporti intercul-turali. Ciò di cui non si è più potuto fare a meno è una mente cosiddetta multiculturale, in grado di pensare, sentire, credere e comportarsi differentemente nelle di-verse situazioni culturali.

di Raffaella Amoroso, responsabile della comunicazione, imaginary srl

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È in base agli indizi contestuali che le persone sono ora in grado di scegliere quale percorso culturale seguire, adattandosi attivamente alle aspettative sociali e rela-zionali in corso.

Ma l’appropriazione della mente multiculturale non è un ‘dono di natura’ e neppure un processo automatico, quanto invece un lungo e complesso processo di forma-zione che va costruito seguendo modelli educativi più o meno espliciti. Ciò che è necessario fare è cominciare a educare ad altre culture partendo da una base esperien-ziale, senza però rinunciare alla cultura di appartenenza. Per sottolineare quanto l’esperienza sia un valore fonda-mentale nell’educazione alla multiculturalità durante il workshop si è reso necessario passare in rassegna le ca-ratteristiche di due modelli di apprendimento contrap-posti. Il primo, quello per trasmissione, è un processo cumulativo in cui il discente gioca un ruolo passivo ed è considerato un mero contenitore da riempire di co-noscenze dichia-rative.Il secondo, inve-ce, il cosiddetto ap p ren d i m ent o per appropriazio-ne è un processo che nasce dall’e-sperienza e all’in-terno del quale discente ed esper-to sono entrambi attivi. È questa la situazione ideale durante la quale imparare ad ap-plicare, di volta in volta, in modo pertinente e co-erente, i modelli più consoni a un certo contesto culturale. Così se la prima tipologia privilegia il libro quale mezzo per l’apprendimento, la seconda mette in-vece al centro, appunto, l’esperienza diretta, reale o si-mulata che sia.

È quindi in questo contesto che la tecnologia arriva in aiu-to all’apprendimento per appropriazione: il Serious Game e le simulazioni interattive, in particolar modo, offrono la possibilità di un ambiente sicuro e protetto all’inter-no del quale misurare le proprie competenze, riflettendo sull’errore e ridimensionandone la portata. In particola-re si è detto come per i nativi digitali l’impiego costante delle nuove tecnologie abbia favorito lo sviluppo di stili di acquisizione delle informazioni caratterizzati dalla preva-lenza di un’elaborazione mentale parallela rispetto a quella lineare, del sistema iconico rispetto a quello linguistico, dell’attività rispetto alla passività nella fruizione delle co-noscenze. Durante la seconda parte del workshop i partecipanti hanno avuto modo di interagire con la simulazione di un colloquio di lavoro realizzata da imaginary all’interno del progetto ImREAL. L’applicazione, inserendosi all’interno delle macro tematiche delle differenze culturali, si pone l’obiettivo di mettere in evidenza come la comunicazione

cambi a seconda della cultura di appartenenza dei partecipanti allo scambio comuni-cativo allenando la competenza della ‘consape volezza mu lticu ltura le ’. Nella simulazio-ne si mettono in luce una serie di situazioni tipiche nelle quali si po-trebbe incorrere nel momento in cui si dovesse avere a che fare con per-sone provenienti da altre culture. Ai partecipanti è stato chiesto di misurar-

si con la simulazione e di mettere in luce quali secondo loro potessero essere gli elementi di forza o di debolezza dell’applicazione e come potrebbero ipotizzare di usare in un percorso formativo una tale soluzione.

serious games / educazione alla multiculturalità / apprendimento per appropriazione / reflective learning / formazione / motivazione / workshop sulla formazione

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I partecipanti in generale hanno valutato in modo positi-vo la simulazione e in particolare è stata molto apprezzata la possibilità di personalizzare il profilo dell’utente per poter presentare a soggetti diversi differenti simulazioni che corrispondano in modo dettagliato alle loro caratte-ristiche. Grande successo ha riscosso inoltre la possibilità di poter visualizzare durante la simulazione alcuni video di YouTube che mostrano esempi di colloqui intercul-turali come materiale didattico aggiuntivo: questo stru-mento risulta essere infatti un valido supporto per capire ancora meglio quali possano essere le difficoltà di una co-municazione interculturale.

SERIOUS GAMES E REFLECTIVE LEARNINGIl giorno successivo 30 partecipanti, anch’essi provenienti dal mondo accademico e industriale italiano e internazio-nale, hanno invece animato il workshop I Serious Games per l’apprendimento riflessivo (reflective learning), orga-nizzato sotto l’egida del progetto MIRROR.Il workshop è stato suddiviso in tre momenti ben di-stinti: il primo, introduttivo, ha preceduto una sessione pratica guidata dall’utilizzo da parte dei partecipanti di due Serious Games realizzati da imaginary all’interno di MIRROR e, per finire, un ultimo momento dedicato alla condivisione di quanto appreso o evidenziato durante l’interazione con le applicazioni.In apertura sono stati quindi prima di tutto analizzati i possibili legami tra motivazione, emozione e Serious Ga-mes. Partendo dall’assunto per cui i Serious Games, che come primo obiettivo hanno il raggiungimento di un obiettivo formativo, debbano anche intrattenere, è chia-ro come elementi divertenti possano diventare il motore di emozioni positive, catturando l’attenzione dell’utente, incuriosendolo e velocizzandone di conseguenza l’in-teriorizzazione di contenuti e competenze. Nello stesso tempo, questi stessi elementi sono la base da cui scaturi-sce la motivazione, portando l’utente a impegnarsi anche in contesti all’interno dei quali ha scarsa o alcuna espe-rienza.

I Serious Games sono quindi considerati forme di diver-timento che offrono svago all’interno di un processo for-mativo; ma sono anche forme di gioco che aumentano e incoraggiano la partecipazione attiva. Offrono una strut-tura, grazie alle regole che è necessario seguire durante l’interazione ed hanno specifici obiettivi che motivano il giocatore. I risultati e i feedback, inoltre, permettono agli utenti di apprendere e di riflettere sul proprio comporta-mento durante la giocata. È così quindi che il cerchio si chiude ed emozione, motivazione e Serious Games ven-gono legati a doppio filo gli uni agli altri. È necessario infatti ricordare che una mente che si diverte è una mente che permette a se stessa di funzionare meglio e quando ciò avviene durante l’apprendimento questo stesso pro-cesso ottiene un risultato nettamente migliore rispetto ad altre circostanze.

In occasione della SGEED, la conferenza organizzata all’interno del progetto LU-DUS lo scorso maggio a Milano e di cui è stato pubblicato un report dettaglia-to sul precedente numero di VoiceCom news, imaginary ha promosso due wor-kshop: Training sul dialogo multicultu-rale: una simulazione di approccio adat-tativo nell’ambito del progetto europeo ImREAL ha avuto luogo nel pomeriggio di giovedì 26 maggio, mentre il giorno suc-cessivo è stata la volta de I Serious Games per l’apprendimento riflessivo (reflective learning) nell’ambito del progetto euro-peo MIRROR. Entrambe le iniziative si sono svolte sotto l’egida di due progetti di ricerca internazionali ai quali imaginary partecipa in qualità di partner: ImREAL e MIRROR. L’obiettivo generale di entram-bi i workshop è stato quello di investigare quale fosse la motivazione degli utenti a imparare e a riflettere attraverso l’utiliz-zo dei Serious Games o delle simulazioni interattive.

NOTA: per maggiori informazioni

sul progetto ImREAL www.imreal-project.eu

per MIRROR si veda invece www.mirror-project.eu

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Durante la sessione pratica i partecipanti sono stati divisi in due gruppi: a una parte di loro è stato chie-sto di giocare con ‘CLinIC’, il Serious Game realizzato da imaginary per la Neurologische Klinik GmbH Bad Neustadt/Saale (Germania) con lo scopo di migliora-re la comunicazione tra personale infermieristico e pa-zienti. L’altra metà dei presenti si è invece misurata con ‘Think better CARE’, il primo Serious Game in asso-luto dedicato al settore del social care e realizzato per la Registered Nursing Homes Association (RNHA) e rivolta agli operatori che lavorano all’interno delle case di riposo.Al termine dell’interazione a ogni gruppo è stato poi chiesto di raccontare e confrontarsi circa l’esperienza di gioco vissuta per far emergere elementi positivi e nega-tivi percepiti all’interno dei Serious Games. La maggior parte dei partecipanti ha ritenuto che i Serious Games descrivessero in maniera efficace le storie narrate: di conseguenza sono risultati particolarmente convincenti i contenuti presentati, nonostante nessuno dei giocatori fosse un infermiere o un ‘carer’. È emerso poi come per i partecipanti sarebbe importante la possibilità di adat-tare contenuti e personaggi dei Serious Games a diversi profili utente, così come avviene, per esempio, nella si-mulazione realizzata per il progetto ImREAL. Le attività di imaginary all’interno dei due progetti pro-seguiranno nei prossimi anni.In particolare per il progetto MIRROR ci si concentre-rà sulla creazione di un ospedale e di una casa di riposo virtuali all’interno delle quali vi saranno diverse stanze ‘gioco’. L’ingresso in ognuna di queste stanze compor-terà l’interazione con diversi Serious Games sempre incentrati sul tema del ‘reflective learning’. All’interno dei Serious Games realizzati verrà inoltre introdotto un tutor virtuale che fungerà da supporto ‘educativo-for-mativo’ agli utenti. In pratica, ogni volta che l’utente ne avrà bisogno o quando il sistema lo riterrà opportuno, si avrà la possibilità di consultare questo tutor virtuale che fornirà un aiuto concreto durante il gioco. Per quanto riguarda invece ImREAL, imaginary sarà impegnata nella realizzazione di simulazioni sempre più adattive e sofisticate dal punto di vista tecnologico e funzionale, per rispondere a diverse esigenze degli uten-ti anche sulla base delle differenze di età, cultura, genere ed esperienze professionali e personali e nella realizza-zione di simulazioni con un sempre migliore rapporto costi-efficienza. Questo sforzo si inserisce nella volontà di promozione dello sviluppo di un numero sempre più alto di skill comunicative e multiculturali.

L’apprendimento per trasmissione, è un processo cumulativo in cui il discente gioca un ruolo passivo ed è considerato un mero contenitore da riempire di conoscenze dichiarative. Il cosiddetto apprendimento per appropriazione è un processo che nasce dall’esperienza e all’interno del quale discente ed esperto sono entrambi attivi.

Raffaella Amoroso, responsabile della comunicazione, imaginary srl

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LETTI PER VOI

Molte cose sono governate da leggi comuni che derivano dalla teoria delle reti. Precise struttu-re matematiche accompagnano il mondo di Internet, del Web (che ha giusto giusto festeggiato i vent’anni di compleanno), ma non solo.Vi sono misteri nel mondo della comunicazione fra individui nel-la società umana, che Barabási, docente di Fisica Teorica all’Uni-versità di Notre Dame, Indiana, ci vuole svelare. Scoperte eccezionali tendono a mostrare quanto alcune leggi naturali governino “la struttura e l’evoluzione di tutte le reti com-plesse che ci circondano”.Scritto nel 2002, giunto a noi nel 2004, trattasi di un libro degno di studio e riflessione, di grande utilità e particolare interesse, cui pare utile prestare tuttora atten-zione.

LINK - La scienza delle reti di Albert-László BarabásiEdizione: EinaudiPrezzo: €. 27,00ISBN: 978-88-06-16914-5

R RECENSIONI

Il Capitalismo si sta avvicinando ai suoi ultimi giorni… Questo il tema che pone e sottolinea Slavoj Žižek, slove-no, già definito “Il filosofo più pericolo-so d’Occidente”.I Quattro Cavalieri dell’Apocalisse, come dal film del migliore Ingmar Bergman, sono giunti spaventosi caval-cando il nostro cielo: la crisi ecologica globale, i gravi squilibri del sistema economico-finanziario, la rivoluzione biogenetica, le esplosive fratture socia-li. Armageddon! Il tempo della fine! Il titolo già dice molto, è preveggente: “Vivere alla fine dei tempi”. Con tanto di nevrosi e di umorismo.Ma la fine dei tempi non è l’Apocalisse/i, anzi: un nuovo inizio.In un breve passaggio Žižek presenta una straordinaria opinione di Mao Tze Dong. Dopo avere incontrato Nixon e Kissinger, Mao disse: “a me piace trat-tare con quelli di destra. Dicono quello che pensano veramente, non come quelli di sinistra che dicono una cosa e ne pen-sano un’altra”. Comunque Cina altro paese, Usa altra destra. Comunque per restare ancora su Mao Tze Dong: “Grande disordine sotto il cielo: la situazione è eccellente”.Per il resto.. basta leggere il libro, ne vale la pena!

VIVERE ALLA FINE DEI TEMPI di Slavoj Žižek Edizione: Adriano SalaniPrezzo: €. 26,50ISBN: 978-88-6220-277-0

Un libro da leggere. Sotto un albero, o sopra una panchina, in nave o in metrò, in ospedale o a scuola, a casa o in ufficio. Perché alle fiabe piace andare in giro fra la gente. Perché le persone lavo-rano. Come formichine costrui-scono il tessuto vitale di imprese grandi, medie o piccolissime. Perché sono gli esseri umani che costituiscono la risorsa più inno-vativa attualmente disponibile. E le fiabe possono aiutare. A ispi-rare, innovare, liberare. E a respirare.

C’ERA UNA VOLTA … UN CANTASTORIE IN AZIENDAdi Piera GiacconiEdizione: Franco Angeli/TrendPrezzo: €. 20,00ISBN: 978-88-568-4074-2

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Pillole

~Adotta una parola, la campagna della Società Dante Alighieri per salvare la lingua italiana~

RESEARCHGATE, IL SOCIAL NETWORK PER SCIENZIATI E RICERCATORI

SONDAGGIO MEDIAWATCH, I QUOTIDIANI ONLINE BATTONO LA CARTA STAMPATA NELLA SCELTA DEI LETTORI

~Il rapporto Nielsen sui social media, Q3 2011: tassi di crescita impressionanti in un momento di ristagno globale ~FuturICT: il simulatore che replica i fenomeni sociali~

ROBOT ‘ETICI’ E DISARMO A FAVORE DELLA RICERCA, APPELLO DAL SCIENCE FOR PEACE

IS GOOGLE+ DEAD, DYING OR STILL ALIVE?

La grandezza di Facebook al momento può essere riassunta in questi numeri e cioè, paragonato con la popolazione sul web di ciascun paese preso in considerazione, è il:

38% dell’intera popolazione attuale Internet

87% della popolazione Internet in Asia

168% della popolazione Internet d’Europa

294% di popolazione Internet del Nord America

370% della popolazione Internet dell’America Latina

674% della popolazione Internet in Africa

1167% della popolazione Internet del Medio Oriente

3757% della popolazione Internet di Oceania / Australia

~Internet: cresce in Italia penetrazione web, ma siamo lenti~~Un’eccellenza del made in Italy: i cervelli in fugaLeggi il resto: www.linkiesta.it/fuga-cervelli~

Slavoj Žižek at #OccupyWallStreet

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Lavazza: 20 anni di calendari in mostra alla Triennale

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Trattoria Toscana da Armando, via Marghera 34 milano tel. +39 024813482

DA ARMANDOTrattoria Toscana da Armando, via Marghera 34 milano tel. +39 024813482

solo da Armando, dal 1951 ogni piatto è un piatto unico!

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Iter srl - via Rovetta 18 - 20127 Milano - tel. 02 2831161 - fax 02 28311666 www.iter.it - [email protected]

FINALMENTE TUTTO IN RETE

È nato OMAT360, il primo portale interamente dedicato ai professionisti dell’information management. Approfondimenti, notizie, appuntamenti, video e una community che cresce ogni giorno! www.omat360.it

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