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Vita Carmelitana 2/2012

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Vita Carmelitana 2/2012: numero completo

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Vita CarmelitanaPeriodico della Famiglia Carmelitana

Provincia Napoletana

Anno 74 - N. 2Aprile / Giugno 2012

Direttore Responsabile:Angelo Renna

Direttore Editoriale:p. Enrico Ronzini

Redazione:fr. Francesco M. Ciaccia

Carlo FasanoFloriana GrassiFiorenza IngrossoCarmela MarzicoSalvatore SchironeMariateresa SuraceNicoletta Zampogna

Direzione e Amministrazione:Corso Benedetto Croce, 180

70125 BariTel. 080.5424484fax 080 5562741

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Provincia Napoletanadei Carmelitani

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IInn qquueessttoo nnuummeerrooEditoriale pag. 3

Alzati e mangia

La parola di Dio La speranza di AbramoGn 13, 14-18 pag. 4di fr. Francesco M. Ciaccia

Sale della terra

Il Vangelo nel quotidiano Educa chi è capace di dare ragionedella speranza pag. 7di p.Riccardo Brandi

Rubrica Giustizia e paceLa pace un germoglio di giustizia pag. 10di Mariateresa Surace

Fuoco che trasforma

La spiritualità carmelitana L’attesa della speranza in Santa Teresa d’Avila pag. 13di Nicoletta Zampogna

Rubrica Proposte di letturaCyberteologia. Pensare il cristianesimoal tempo della retedi Salvatore Schirone pag. 16

Rubrica Profili del CarmeloGirolamo Graciándi p. Mario Alfarano pag. 17

La tua bellezza sia la mia

I giovani Giovani e Lavoro, aperti a un domani di speranza (a partire dalla scuola) pag. 19di Gioele Anni

Insieme come fratelli

Notizie di cronaca Per tutta questa gente voglio essere il fratello sacerdote pag. 22La comunità carmelitana di Palmi fa visita al campo di Rosarno pag. 24La comunità carmelitana di Palmitorna a far visita al campo di Rosarnopag. 25Cronaca di un ritiro pag. 26Nasce il terz’ordine a Cardile pag. 28Dalla comunità di Taranto: solennecelebrazione del SS. Crocifisso pag. 29I rappresentanti di tutti i terz’ordinicarmelitani italiani s’incontrano a Sassone pag. 30Insieme si cresce pag. 31

IN COPERTINA: Dipinto di Mariateresa Surace

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APRILE / GIUGNO 2012 3

Carissimi lettori,

Ed

itoria

le

«Anima dell’educazione, come dell’intera vita, può essere solo una speranza affi-dabile. La sua sorgente è Cristo risuscitato da morte. Dalla fede in lui nasce unagrande speranza per l’uomo, per la sua vita, per la sua capacità di amare. In que-sto noi individuiamo il contributo specifico che dalla visione cristiana giunge all’e-ducazione, perché dall’essere “di” Gesù deriva il profilo di un cristiano capace dioffrire speranza, teso a dare un di più di umanità alla storia e pronto a mette-re con umiltà se stesso e i propri progetti sotto il giudizio di una verità e di unapromessa che supera ogni attesa umana» (CEI, Educare alla vita buona delVangelo, n. 5).

Con questo brano, tratto dal documento dei vescovi italiani “Educare allavita buona del vangelo”, introduciamo il secondo numero di Vita Carmelitana2012. I contributi che ci giungono dal confronto con la Parola di Dio e le varieespressioni dell’impegno ecclesiale e sociale ci donano un quadro completo per lanostra riflessione ed il nostro impegno.

La grazia e la forza della Pentecoste che da poco abbiamo celebrato ci con-fermano nella nostra identità e nell’impegno a seguire Cristo, con tutte le nostreforze. Essere testimoni di speranza in un mondo sempre più caratterizzato dascoraggiamento, difficoltà economiche e fragilità umane comporta l’impegno adessere sempre più attenti ed aperti a forme profetiche di speranza e a compor-tamenti sempre improntati alla testimonianza della Verità. Il vile attentato diBrindisi che ha provocato la morte di Melissa Bassi ed il ferimento di altri stu-denti sedicenni deve aiutarci a prendere sempre più coscienza della necessità dirispondere personalmente al mandato di Cristo di portare a tutti l’annunziodella Parola. Questo numero offre vari spunti in tal senso, Augurandovi unabuona lettura, spero vi aiuti a sentire l’urgenza del “sì” a Dio e vi aiuti a collabo-rare con Lui per la salvezza di ogni fratello e sorella in necessità.

A Maria, Madre e donna della speranza, affidiamo il nostro cammino, perchéin lei, oltre che un modello di vita cristiano, troviamo il coraggio per aprirci sem-pre più a Dio e alla sua grazia.

Fraterni saluti.p. ENRICO RONZINIPriore Provinciale

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VITA CARMELITANA - ANNO 74, N. 24

La speranza nelle ScrittureNei testi sacri, parlare della speranza

significa discernere attentamente ilposto che il futuro occupa nella vitasociale e cultuale delpopolo di Dio. Essa «èuna parola centraledella fede biblica – alpunto che in diversipassi le parole «fede» e«speranza» sembranointerscambiabili»1. Diceinfatti l’autore dellalet tera agli Ebrei: «Lafe de è fondamento del -le cose che si sperano eprova di quelle che nonsi vedono» (Eb 11,1). Lepromesse di Dio hannorivelato al suo popolo lo splendore diquesto futuro al quale è chiamato: quel-la vita eterna (Cfr. 1Gv 2,25) di pienacomunione con Lui, in cui l’uomo gli sa -rà reso simile nell’amore (Cfr. 1Gv 3,2).Di fronte alla meraviglia di questa pro -

messa, è possibile per il credente de -siderare questo avvenire, attenderlo ope-rosamente, sperarlo da Colui che è l’u ni -co in grado di riorientare la propria li ber -tà, minacciata costantemente dalla con-cupiscenza, all’amore puro e oblativo. Già a partire dagli albori della storia

della salvezza, Dio si rivela come porta-tore di una promessa grande per l’uomo,di un futuro migliore, duraturo, eterno,in cui l’umanità non sarà più indotta aseparasi dall’amorosa comunione conLui (Cfr. Gen 3,15). Tale promessa sicon cretizza nel segno dell’alleanza stipu-lata con Noè: «Quanto a me, ecco io sta-bilisco la mia alleanza con i vostri di -

scendenti dopo di voi. Questo è il segnodell’alleanza, che io pongo tra me e voi etra ogni essere vivente che è con voi perle generazioni eterne. Il mio arco pongo

sulle nu bi ed esso saràil se gno dell’alleanzatra me e la terra» (Gen9,9.12-13). Ma tutta-via, è con Abramo, il«pellegrino di Dio»2, checomincia la storia diquella speranza biblicail cui contenuto è sem-plice: una terra in cuivi vere ed una posteritànumerosa (Cfr. Gen12,1-2). Il tema della terra

promessa e donata daDio, poi, resta il fondamento di tutta lareligiosità d’Israele lungo i secoli dellasua storia: ad essa il popolo anela siaquando è nel deserto in fuga da un pas-sato di schiavitù che quando si trovaesiliato in un paese straniero, Babilonia.In essa è simbolizzato tutto il rapportodel popolo con Dio, è lì che si concretiz-zano tutte le sue promesse e suoi doni,lì «dove scorre latte e miele» (Es 3,8.17)simbolo di abbondanza e fertilità per gliuomini e per tutto il creato, lì afferma ilSignore: «darò le piogge alla loro stagio-ne, la terra darà prodotti e gli alberidella campagna daranno frutti. La treb-biatura durerà per voi fino alla vendem-mia e la vendemmia durerà fino allasemina; avrete cibo a sazietà e abiteretetranquilli il vostro paese. Io mi volgerò avoi, vi renderò fecondi e vi moltiplicheròe confermerò la mia alleanza con voi» (Lv26,4-5.9).

AAllzzaattii ee mmaannggiiaaLa peranza di Abramos

(Gn 13, 14-18)

� fr. Francesco M. Ciaccia, O. Carm.

La separazione di Abramo e LotAffresco dell’XI o XII secolo

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APRILE / GIUGNO 2012 5

Abramo di fronte alle promesse di DioLa vita di quest’uomo si svolge tutto

sotto il segno dell’apertura e disponibili-tà a Jhwh. Come sempre l’iniziativa è diDio che chiama Abramo a lasciare il clanpaterno (Cfr. Gen 12,1), mettendolo inviaggio verso un luogo che non conosce-va ma che gli avrebbe indicato mentre èin cammino: «e partì senza sapere doveandava» (Eb 11,8). È interessante notare come Dio ripeta

le meraviglie del futuro promettente edidilliaco che spetti ad Abramo, infonden-dogli più volte coraggio nella sua impre-sa (Cfr. Gen 12,7; 13,15.17; 15,18;17,8.16). Il patriarca, dal

canto suo, sembrasaldo nella sua fedee speranza, forte-mente ancorato aDio anche quandole circostanze sem-brano smentire lepromesse fatte: egliè un nomade, unsenza-terra, e Saranon è più in età peravere figli. Tuttaviaciò fa risaltare maggiormente la gratuitàe la portata dirompente dell’amore diDio, dell’Amore che è Dio (Cfr. 1Gv4,16), che sconvolge i comuni e limitatimodi umani di pensare e di concepirel’esistenza. Si comprende allora l’af fer -mazione che fa san Paolo nella sua let-tera indirizzata ai cristiani che vivevanoa Roma, quando parlando di Abramodic e: «Egli ebbe fede sperando controogni speranza e così divenne padre dimol ti popoli, come gli era stato detto:Co sì sarà la tua discendenza» (Rm 4,18).

Gen 13,14-18: Contesto narrativoDopo l’invito del Signore che lo esor-

tava a lasciare il paese ove si era stabili-to con la sua tribù (Cfr. Gen 12,1-2),Abramo si mise in cammino con il nipo-te Lot, figlio di Aran, suo defunto fratel-lo (Cfr. Gen 11,28). Tuttavia, pare che lacondivisione del cammino e, soprattutto,

la spartizione dei beni della terra, nonrese affatto facile la loro convivenza. Cidi ce infatti il testo sacro: «Il territorionon consentiva che abitassero insieme,perché avevano beni troppo grandi e nonpotevano abitare insieme. Per questosor se una lite tra i mandriani di Abramoe i mandriani di Lot, mentre i Cananei ei Perizziti abitavano allora nel paese.Abramo disse a Lot: “Non vi sia discordiatra me e te, tra i miei mandriani e i tuoi,perché noi siamo fratelli. Non sta forsedavanti a te tutto il paese? Separati dame. Se tu vai a sinistra, io andrò a de -stra; se tu vai a destra, io andrò a sini-

stra”» (Gen 13,6-9).Abramo si rivela uo -mo del rischio, puressendo il capo dellecarovane famigliariche si sono messe inviaggio, lascia gene-rosamente che sia ilpiù giovane a sce -glie re quale terra a -bi tare. Questi, allazo na rocciosa diCa naan, preferiscequel la più ricca e fer-

tile, sceglie abitare la valle del Giordanoche «era come il giardino del Signore»(Gen 13,10) – anche se poi dovrà con-frontarsi con le popolazioni di Sodoma eGomorra (Cfr. Gen 19,1-29). Tutto sem -bra re ma re contro le promesse che gliaveva fatto Jhwh: Abramo aveva perso ilnipote, che amava come un fratello, econ lui anche la terra più promettente.Ed ecco, che Dio interviene ancora, ma -nifestando la sua presenza, gli infondeco raggio e l’invita a non perdere la fidu-cia in Lui. Inizia così il nostro brano: «Al -lo ra il Signore disse ad Abramo, dopoche Lot si era separato da lui: “Alza gliocchi e dal luogo dove tu stai spingi losguardo verso il settentrione e il mezzo-giorno, verso l’oriente e l’occidente. Tut -to il pae se che tu vedi, io lo darò a te ealla tua di scendenza per sempre. Ren -derò la tua discendenza come la polveredella terra: se uno può contare la polve-

Il viaggio di Abramo da Ur a Canaan

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VITA CARMELITANA - ANNO 74, N. 26

re della ter ra, potrà contare anche i tuoidiscendenti. Alzati, percorri il paese inlungo e in largo, perché io lo darò a te”.Poi Abra mo si spostò con le sue tende eandò a stabilirsi alle Querce di Mamre,che sono ad Ebron, e vi costruì un alta-re al Signore» (Gen 13,14-18).Questa è la terza volta che Dio si rivol-

ge al patriarca. La prima la troviamo inGen 12,1, quando Jhwh lo aveva chia-

mato a una vita e una religiosità nuova,lontano dalla terra di Ur nella quale conla tribù paterna serviva altri dèi (Cfr. Gs24,2). Dio interviene una seconda voltaquando Abramo giunge al paese di Ca -naan e gli ricorda le sue promesse: «Allatua discendenza io darò questo paese»(Gen 12,7).

«Alza gli occhi, per favore» (v.14)C’è una piccola particella esortativa,

all’interno del nostro testo ebraico, chespesso viene ignorata nelle traduzionidelle lingue correnti, sebbene sia un ter-mine noto all’interno dell’Antico Testa -mento venendo ripetuto per ben 403volte. Si tratta del “n�”, traducibile perlo più delle volte col nostro “per favore”.Abramo ha ripetuto per ben due volte“n�” a Lot, esortando alla serenità deiloro rapporti: «Non vi sia per favore dis-cordia tra me e te» (Gen 13,8) e «Separatiper favore da me» (Gen 13,9). Allo stesso

modo ora Dio, di fronte a un Abramo chevede privarsi del nipote che amava comeun fratello e sul quale aveva riposto lesperanze per la sua discendenza, glichiede di alzare lo sguardo e guardareoltre la fisicità di quelle terre a lui rima-ste, più sterili, rocciose e meno promet-tenti. Con quel discreto “n�” di Dio, è in -teressante notare come l’autore del testosacro voglia dirci che Egli non impone il

suo punto di vista all’uomo, ma lopropone, gli chiede di fidarsi, dielevarlo dalla materialità del con-tingente e di proiettarlo nella atte-sa di ciò che lui sta per compiere.

ConclusioneIl futuro, visto con gli occhi del -

la fede, appare più ricco e più bel -lo di come lo vediamo ordinaria-mente. In tutta la Sacra Scrittura,a partire già dal libro della Genesi,fede, speranza e amore sonoaspetti diversi di un unico atteg-giamento spirituale più comples-so. In ebraico, infatti, le radici del -le stesse tre parole esprimonospes so l’una o l’altra di queste no -

zioni, sarà soprattutto con san Paolo(1Ts 1,3; 1Cor 13,13; Gal 5,5) che si sta-bilirà in tutta la sua chiarezza la triade:fede, speranza e carità. Nella teologia contemporanea, poi, si

comprende come la speranza sia il tes-suto nel quale s’incarnano la fede e laca rità, anzi è essa stessa «la tensioneescatologica della fede-carità: espressio-ne dell’unica libertà teologale cristiana»3

di cui Abramo non ne è solo esempio emodello, ma anche coraggioso pioniere,egli sa sperare proprio perché crede,per ché la sua stessa speranza è fiduciaillimitata.

1 Benedetto XVI, Spe salvi, n. 2, LEV Città delVa ticano 2007, p. 4.

2 V. Mannucci, Bibbia come parola di Dio. Intro -duzione generale alla Sacra Scrittura, Queriniana,Brescia 151997, p. 68.

3 M. Cozzoli, Etica teologale. Fede Carità Spe -ranza. San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 32003, p.251.

Particolare della valle del Giordano. Terra di Lot

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APRILE / GIUGNO 2012 7

«Ogni adulto è chiamato a prendersicura delle nuove generazioni, e diventaeducatore quando ne assume i compitirelativi con la dovuta preparazione econ senso di responsabilità. L’edu ca -tore è un testimone della verità, dellabellezza e del bene, cosciente che lapropria umanità èinsieme ricchezza elimite. Ciò lo rendeumile e in continuaricerca. Educa chi ècapace di dare ragio-ne della speranzache lo anima ed èsospinto dal deside-rio di trasmetterla»1.Una qualsiasi ri -

cerca, anche se bre -ve e non necessaria-mente approfondita, sull’educazione esulla speranza, ci fa vedere la grandis-sima attualità e l’attenzione posta aque sto tema da diverse prospettive (an -tropologica, storica, pedagogica, ecc.), eche abbraccia la totalità dell’esperienzaumana dall’intelligenza all’affettività, airapporti interpersonali.«Il mondo globalizzato rischia di fon-

dare la vita dell’uomo unicamente suaspetti economici, trascurando i princi-pi e i valori che stanno alla base dellasolidarietà e della convivenza civile.Ciò, invece, risulta fondamentale senon vogliamo che la realtà ci sfugga dimano, se vogliamo affrontare con deter-minazione quella che si pone oggi comela più grande questione del secolo o

forse del millennio che ci accingiamo apercorrere: l’educazione. Chi svolge ilruo lo di educatore sa che edu care è bel -lo, educare è coltivare una “speranzasa piente”, ma educare è anche difficilein un mondo che si trasforma co -sì velocemente, un mondo in cui ciascu-

no deve saper ricono-scere le proprie re -sponsabilità. Pur trop -po oggi l’educa zione èdiventata un’e mer gen -za, mentre do vrebbees sere vista co mequal cosa di consuetu-dinario»2.Educare alla sper-

anza significa educarealla vita e alla gioia:un itinerario peda-

gogico per lo sviluppo integrale dellapersona; è dare significato a tutto ciòche siamo, che facciamo, in cui credia -mo. È un educare alla coerenza person-ale, presupposto essenziale per un rap-porto equilibrato ed armonico con sestessi: educare alla speranza e alla pro -gettualità.Chi sono i protagonisti di questo pro-

cesso che vede, e ha sempre visto, alcentro la persona in divenire? Lo scena-rio è vasto e complesso: famiglia, scuo-la, comunità civile e religiosa e non ulti-mo lo stesso universo giovanile.

Il ruolo dell’educatoreMentre non possiamo dimenticare

che i primi educatori sono e saranno

Educa chi è capace di dare ragione della peranza che lo animaed è sospinto dal desiderio di trasmetterla

S

� p. Riccardo Brandi, O. Carm.

SSaallee ddeellllaa tteerrrraa

Il mondo globalizzato rischia di fondare la vita dell’uomo unicamente su aspetti economici

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sempre i genitori, ogni vero educatoresa che per educare deve dare qualcosadi se stesso. Nell’impegno pedagogico,vis suto con piena dedizione, l’adultoeducatore è chiamato a dare il meglio disé e a offrirlo alle nuove generazioni, af -finché si aprano alla verità, alla bontà ealla bellezza.L’educatore è un testimone della veri-

tà e del bene; a lui guardano gli alunni,lo osservano con attenzione, lo scruta-no e con lui si confrontano. È essenzia-le, quindi, che l’educatore cristiano at -tinga assiduamente dalla Parola di Dioe dalla grazia dei sacramenti la forzaper una testimonianza luminosa e sin-cera, che gli permetta di contribuire ef -fi cacemente al comune sforzo educati-

vo, come singolo insegnante e come co -munità educante e solidale.Pur nella distinzione tra educazione

religiosa e catechesi, viene chiesto all’e-ducatore di “non accontentarsi” di pre-sentare i semplici fatti religiosi del cri-stianesimo, ma di parlare anche di Co -lui da cui la storia e la cultura cristianaprendono il nome e l’origine. «Ogni pre-sentazione del cristianesimo che nonmettesse al centro la persona di Gesù diNazaret, il Signore della storia risortoe vivo, sarebbe parziale o addiritturafuor viante»3. Il Vangelo chiede di esserericonosciuto non solo come buono obello, ma anche come vero. Una propo-sta in questi termini richiede interiori-tà, tempo, affidamento, perché nella

cre scita costante della propria vita spi-rituale si sia sempre pronti a risponde-re a chiunque domandi ragione dellapropria speranza (cfr. 1Pt 3,15).

L’insegnamento di Benedetto XVINella sua enciclica Spe salvi, il san to

Padre indica nella “dimenticanza” il pro -blema della speranza oggi: dimentican-za della vita eterna e dimenticanza deglialtri4. Quando tante volte ci lasciamotra volgere dalle preoccupazioni, quandoil vuoto prende il sopravvento, e nel buionon riusciamo a scorgere nemmeno noila rincuorante certezza di una speranzache invece può salvare (cfr. Rm 8,24), ènella Pasqua di Cristo che si manifestaquella speranza a cui possiamo affidar-ci per affrontare e sostenere il presenteanche se faticoso. Il Papa non si fermaqui, indica anche i luoghi di apprendi-mento e di esercizio della speranza:1) la preghiera come scuola di speranza;2) agire e patire come esperienza di spe-

ranza;3) il giudizio di Dio come orizzonte di spe -

ranza.Come approfondimento delle indica-

zioni del Papa, il presbitero, psicologo eformatore, deve tracciare un camminodi crescita e di condivisione della spe-ranza:� Ritrovare le sorgenti, ricordare e rac-contare la speranza;

� trovare i motivi per ricominciare dacapo, per cambiare, per correggersi,per perdonare;

� scoprire le occasioni di gioia;� lottare e affrontare le difficoltà;� imparare a camminare insieme e acondividere;

� imparare la speranza dai figli.

La speranza che è in noi«E chi potrà farvi del male, se sarete

ferventi nel bene? Se poi doveste soffri-re per la giustizia, beati voi! Non sgo-mentatevi per paura di loro e non tur-batevi, ma adorate il Signore, Cristo, neivostri cuori, pronti sempre a risponderea chiunque vi domandi ragione del la

VITA CARMELITANA - ANNO 74, N. 2

I primi educatori sono i genitori

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APRILE / GIUGNO 2012 9

spe ranza che è in voi. Tuttavia questosia fatto con dolcezza e rispetto, conuna retta coscienza, perché, nel mo -mento stesso in cui si parla male di voi,rimangano svergognati quelli che mali-gnano sulla vostra buona condotta inCristo. Se questa infatti è la volontà diDio, è meglio soffrire operando il be neche facendo il male» (1Pt 3,13-17).Lo scopo della lettera di Pietro è di

sostenere la fede dei suoi destinatari inmezzo alle prove che li assalgono.L’esperienza del male è sempre in ag -

guato; spaventa e ci avvolge di pauratanto da trovarci tremendamente soli,sguarniti di difese, svuotati di ogni ap -piglio di sicurezza. Il male perseguita,incalza, penetranel profondo; pro -voca e genera al -tro male.Pietro pone la

domanda inizialedel brano e la ri -spo sta delle indi -ca zioni del la fede,per rassicurare icristiani ab bat tu tidalle prove, con -vincendoli che so -lo nella combat -tiva perseveranza possono uscire in -denni e vittoriosi. La forza consistenell’es sere «fer venti» nella fede, come inuna sicurezza incrollabile.Di fronte alle prove e alle offese rice-

vute, la beatitudine del cristiano si con-ferma nella mitezza, nella serenità, nel -la compostezza, nella fedeltà a GesùCri sto, che è fedele per sempre verso chiha accolto la sua parola di salvezza.Nel riconoscimento amoroso, nella

meditazione nella custodia dell’opera diGesù nel cuo re umano si compie l’attodi fede, che infonde speranza.Queste indicazioni per uno stile di vi -

ta non sono soltanto degli insegnamen-ti: Pietro, come educatore, riassu me,racconta e condivide la propria storia; sisente parte di un popolo che ha an chepeccato ed è caduto più volte, ma che si

è rialzato perché ha posto in mo dodefinitivo la speranze non nelle proprieforze, ma nella possibilità di un in contronuovo che rinnova tutta la vita.Quando l’esistenza rinasce da un

senso, da una motivazione, ci si apre al -la possibilità che tutto sia illuminato daCristo, che tutto parli di Lui, che tutto ciinviti al suo ascolto, perché si compiaan cora in noi oggi la profezia, l’edu ca -zione alla vita e l’ac com pa gna mentodella Regola carmelitana: «Nel si lenzio enella speranza sarà la vostra forza»5.A conclusione di questa riflessione,

ci tiamo ancora Rosanna Massari: fa cen -do nostre le sue considerazioni ed esor-tazioni sul rapporto col mondo giovani-

le, ci accorgiamoche tutta la real-tà odierna e unaproposta conti-nua di rapportieducativi su cuiconcentrarci: « Ilmodello che ci sideve prefiggere èquello di un ef -ficace ap proccio[del mondo gio-vanile], ricono-scendo ad ognu-

no la propria individualità, stimolandociascuno verso un miglioramento se -condo i propri talenti, perché, come ciricorda Quin tiliano, “I giovani non sonovasi da riempire, ma fiaccole da accen-dere!”»6.

1 CEI, Educare alla vita buona del Vangelo.Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano peril decennio 2010-2020, n. 29, Paoline, Milano2010, p. 50.

2 R. Massari, Continuare ad educare i giovanialla speranza in un tempo che ha bisogno di buonimaestri, in AA.VV., Le nuove frontiere della scuo-la. Periodico di cultura, pedagogia e didattica, LaMedusa, n°22 anno VII febbraio 2010.

3 A. Vallini, Educare con speranza. Lettera aglieducatori scolastici, Roma 2009.

4 Cfr. Benedetto XVI, Spe salvi, n. 44, LEV, Cit -tà del Vaticano 2007, pp. 85-87.

5 Regola carmelitana, n. 21.6 R. Massari, op. cit.

Tutto parla di Dio. L’esistenza rinasce se l’ascoltiamo

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VITA CARMELITANA - ANNO 74, N. 210

La pace un germoglio di giustiziae di peranza

� Mariateresa Surace

giustizia e pace

S

Per la teologia cristiana, le virtù teo -logali sono quelle virtù che riguardanoDio, esse sono infuse nell’uomo dallagra zia di Dio e lo aiutano a vivere in rela-zione con la santa Trinità. La speranza èuna di queste, essa ci aiuta a desideraree aspettare da Dio la vita eterna comenostra felicità, riponendo la nostra fidu-cia nelle promesse di Cristo, sostenutidall’azione salvifica dello Spirito Santo.Essa preserva l’uomo dall’egoismo e loaiuta a non appoggiarsi sulle propriefor ze ma sull’aiuto di Dio, ed infatti Egli

ha pensato proprio a tutto nel crearel’uomo, lo ha fatto in maniera speciale,ha messo nel suo cuore tutto ciò cheser ve per la sua vita e salvezza. Questisemi d’eternità nascosti nel cuore del-l’uomo lo fortificano, lo rendono comeuna lampada accesa che arde in silenzionell’attesa della nuova ed eterna manife-

stazione del Signore. Sperare è dunque giungere dapprima

all’incontro con una verità che superaogni immaginazione e assorbirla profon-damente, e poi viverla nella vita di ognigiorno e trasmetterla agli altri.

La lotta dell’uomo e la risposta delmondoIl cristiano che vive questa virtù non è

una persona ingenua poiché è cosciente,lucido e sa discernere il dolore, il poteredel male e della morte. La società con-

temporanea è piena di cose ne -gative, ma anche di tante mera-vigliose realtà che rimangono insecondo piano, perché le te ne -bre, cercano in tutti i modi diavere il sopravvento sull’uomonel tentativo di farlo deviare dalcammino, di toglierli la fe de econ essa la speranza; questomondo tenta di accecarci conuna falsa realtà, fatta di dispe-razione, ingiustizie, di false reli-gioni (come le sette) e di mira-coli alternativi (maghi e imbro-glioni), ma la verità del cristia-no è Cristo con la sua parolae la sua realtà! Solo in Cristol’uo mo è vivo e forte e può af -frontare a viso aperto tutte lesituazioni della vita; facendo

esperienza quotidiana dell’amore di Dio,che è vero, santo e reale, la creatura cre-sce anche nella fiducia, il rapporto conLui si intensifica ed il cuo re della crea-tura si dilata e si apre alla realtà dell’a-more.A contrastare la speranza vi è anche

la falsa visione della società; il male met -

Uno dei tanti murales di separazione di Israele dai territori palestinesi

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APRILE / GIUGNO 2012 11

te in luce tutti gli aspetti negativi dellanostra quotidianità, nel tentativo di farcisprofondare nella tristezza, e di farci cre-dere che non c’è via d’uscita o alternati-va ai mali del mondo come la malattia,la disoccupazione, la povertà ecc... tuttebugie! ... Cristo ha vinto la morte (Cfr. 2Tim 1,10), ed il male non può fare tuttociò che vuole! Come detto sopra, nonsempre l’uomo sa sfruttare i doni di Dioa proprio vantaggio spirituale, i mali cre-scono nella società anche perché l’uomoin una certa misura si allontana da Dio.

Conseguenze della cecità e speranzaper il domaniNel messaggio pasquale di Benedetto

XVI di quest’anno, leggiamo: «Se Gesù èrisorto, allora – e solo allora – è avvenu-to qualcosa di ve ramente nuo vo, checambia la condizione del-l’uomo e del mondo».

1

Pos siamo citare ancora lesue parole nell’omelia dellaveglia: «nel le cose materialisappiamo e possiamo incre-dibilmente tanto, ma ciò cheva al di là di questo, Dio e ilbene, non lo riusciamo piùad individuare»2. Dice anco-ra: «Cristo Risorto doni spe -ranza al Me dio Oriente, af -finché tutte le componentietniche, culturali e religiosedi quella Re gione collaborinoper il bene comune ed il ri -spetto dei di ritti umani. InSiria, in particolare, cessi lospargimento di sangue e siintraprenda senza indugiola via del ri spetto, del dialogo e dellariconciliazione, come è auspicato puredalla comunità internazionale. I nume-rosi profughi, provenienti da quel Paesee bisognosi di assistenza umanitaria,trovino l’acco glien za e la solidarietà chepossano alleviare le loro penose soffe-renze. La vittoria pasquale incoraggi ilpopolo iracheno a non risparmiare alcu-no sforzo per avanzare nel camminodella stabilità e dello sviluppo. In Terra

Santa, Israeliani e Palestinesi riprenda-no con coraggio il processo di pace»3.Ecco uno splendido bi nomio di speranzae pace; come due gemelle camminanosaldamente ancorate l’una accantoall’altra, anche in situazioni umanedisperate: paesi in cui vi sono guerre,carcerati, malati incurabili, moribondiecc. In questo contesto, il cristiano èchiamato a sperare contro ogni speran-za (Cfr. Rm 4,8), ancorandosi in Dio edagendo di conseguenza. Perciò an che lestrutture della nostra società possono, edevono, essere toccate dalla novità edalla forza della speranza cristiana.Consapevole della situazione che il

mondo sta attraversando, il Papa ha vo -luto recarsi in Terra Santa per portareuna speranza e pregare per il regalo pre-zioso dell’unità e della pace, in partico-

lare ha voluto elevare una preghiera peril Medio Oriente4. Nel citare i cristianipresenti in quelle zone, il santo Padre liha definiti come «una componente im -portante della cultura e della vita diquel la regione»5 ed ha aggiunto che lasua visita voleva servire a «incoraggiarlia trovare il coraggio, l’umiltà e la pazien-za di restare in questi paesi e di offrire illoro contributo per il futuro»6. Ha poi ri -levato che la presenza della Chiesa si

giustizia e pace

Cristo doni speranza al Medio Oriente

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VITA CARMELITANA - ANNO 74, N. 212

giustizia e pacema nifesta in primo luogo nell’istituzionedi scuole e di ospedali: le prime per for-mare le future generazioni e abituare igiovani cristiani e musulmani «si incon-trano, parlano insieme e si formano»7. A fronte di tutto ciò, non posso non

citare questa parte del discorso di Be ne -detto XVI, rivolta agli ospiti del centroRe gina Pacis, in cui afferma: «A volte èdifficile trovare una ragione per ciò cheappare solo come un ostacolo da supe-rare o anche come prova, fisica o emoti-va, da sopportare. Ma la fede e la ragio-ne ci aiutano a vedere un orizzonte oltre

noi stessi per immaginare la vita comeDio la vuole. L’amore incondizionato diDio, che dà la vita ad ogni individuoumano, mira ad un significato e ad unoscopo per ogni vita umana. Il suo è unamore che salva. Come i cristiani profes-sano, è attraverso la croce che Gesù difatto ci introduce nella vita eterna e nelfare ciò ci indica la strada verso il futu-ro, la via della speranza che guida ognipasso che facciamo lungo la strada, cosìche noi pure diventiamo portatori di talesperanza e carità per gli altri»8. C’è spe-ranza per un futuro di pace e di amore

proprio di fronte ai nostri occhi, questapace è possibile e attuabile, se l’uomo lodesidera ardentemente. C’è speranza dipace per il mondo intero e per ogni cuoredi uomo.

Chiari esempi di speranza: la Bibbia, isanti, e la gente di DioSarebbe impossibile pregare, se non

avessimo almeno un briciolo di speran-za9. Anche le preghiere che nascono daicuori più provati, già nell’Antico Te sta -mento, manifestano la fiducia di un in -tervento di Dio, attendono ansiosamente

una Sua risposta.Naturalmente più cresce la

fiducia, e con essa la speranza,più la preghiera aumenta la suaefficacia. Il cristiano dotato disperanza è una persona peren-nemente serena e che diffondeserenità attorno a sé, comeavveniva in modo stupendo neisanti.Addirittura attraverso questa

virtù, la creatura affidandositotalmente al Creatore, superaogni dubbio, ogni incertezza enon teme neanche di fronte allamorte; anche il coraggio crescee questo è importantissimo peressere forti testimoni dell’amo-re, soprattutto quando costatanto, esso aumenta le nostreenergie.

1 Benedetto XVI, Messaggio Urbi et orbi. Pasqua2012.

2 Benedetto XVI, Omelia, 7 aprile 2012.3 Benedetto XVI, Messaggio Urbi et orbi. Pasqua

2012.4 Cfr. Benedetto XVI, Discorso. Visita al centro

Regina Pacis, Amman, 8 maggio 2009.5 Benedetto XVI, Intervista concessa ai giornali-

sti durante il volo verso la Terra Santa, 8 maggio2009.

6 Ivi.7 Ivi.8 Benedetto XVI, Discorso. Visita al centro Re -

gina Pacis, Amman, 8 maggio 2009.9 Come dice lo stesso santo Padre, nel discorso

sopra citato, «La preghiera è speranza in azione»(ivi).

La croce ci indica la via della speranza, il futuro di vita eterna al quale siamo chiamati

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APRILE / GIUGNO 2012 13

In lingua italiana la frase: “attesa del -la speranza” è di certo poco comprensi-bile, soprattutto perché non si è portatia pensare alla speranza come qualcosao qualcuno da attendere. È quindi na -turale chiedersi che significato abbiaavuto per Teresa d’Avila tale espressio-ne1. Per meglio comprenderla si rendenecessario qualche cenno alla sua bio-grafia.

Una vita protesa alla speranzaTeresa de Cepeda y Ahumada nacque

in Spagna nel 1515, tra scorrendo sere-namente l’infanzia e l’adolescenza incompagnia dei fratellie dei cugini che viveva-no nella casa attiguaalla sua. Per uno di es -si, sembra, provassean che un forte sen ti -me nto d’affetto che ilconfessore consigliò dicoltivare in preparazio-ne a un futuro fidan-zamento. Come sappiamo, al -

la fine Teresa decise,per così dire, a favoredi Dio. La sua acutasensibilità alla dimen-sione eterna e trascen-dente dell’esistenza, laorientò con determina-zione e generosità apreferire la vita monastica. In quest’ot-tica di continuo e amoroso riferimentoal divino, comprese la vita terrena comeun purgatorio, un passaggio di neces-saria sofferenza, un tempo di dura atte-

sa per poter giungere al cielo, alla vitavera2. Ecco dunque che prende forma ilsignificato profondo di attesa della spe-ranza inteso come bramoso e pienoricongiungimento con Dio:

«L’altra vita di lassù,quella ch’è la vita vera,fino a che questa non muoia,non si gode, essendo vivi.Morte, a me non rifiutarti;possa io viver morendo,ché mi è morte il non morire»3.

Ella comprese che nella vita di ognibat tezzato arriva il momento in cui «bi -sogna saper mettere Dio non al pri -

mo posto, ma all’u-nico posto (dandogli‘tutto’ il cuore), ri -nunciando ad ogniat taccamento, adogni altro amore,per ricevere poi nuo-vamente tutto, an -che il prossimo daamare, dalle Suema ni»4: è il momentodella maturità affet-tiva e della propriavita teologale.

Una speranza pro-positiva

L’esperienza fortedi Dio, di una rinno-vata conversione al

suo amore, la fece trasalire di una gioiatale che non riusciva a trattenere, an -dava comunicata, condivisa, al fine cheanche altri potessero trovarne giova-mento. Nel libro delle Fondazioni, ricor-

FFuuooccoo cchhee ttrraassffoorrmmaaL’attesa della peranzain santa Teresa d’Avila

S� Nicoletta Zampogna

Teresa di Gesù interpretato dall’attrice ConchaVelasco nel film ‘Santa Teresa d’Avila’ del 1987

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VITA CARMELITANA - ANNO 74, N. 214

dando ciò, dice che si sentiva «di esserecome chi ha un grande tesoro da partee desidera che tutti ne godano»5. La suaprofondità di fede, dunque, era ormaitale che di tutto quello che viveva, lei fa -ceva argomento di preghiera, di di scer -nimento, di dialogo con Cristo. In questo stato spirituale, il Signore

le concesse di partecipare alle sofferen-ze di tutta l’umanità, di provarne soli-darietà e compassione, e allo stessotempo si sentiva corresponsabile di tan -ti mali nel mondo, a cui ella in qualchemaniera sperimentava come con il suopeccato vi avesse contribuito. Afferma

in fatti: «Forse proprio io ho provocato lavostra collera a causa dei miei peccati,da attirare tanti mali»6, e nel libro dellaVita: «Mi pareva d’esser così perversache ritenevo dovuti ai miei peccati tuttii mali e le eresie da cui era invaso ilmondo»7. Lo stesso Sicari, nel libro so -pra citato, commentando questo statospi rituale della santa, afferma: «Non èfalsa umiltà, né vittimismo: è aver rag-giunto una tale coscienza della Chiesaco me unico corpo di Cristo, una tale co -scienza dell’abisso che ognuno raggiun-

ge quando commette il male (anche sesuperficialmente non sembra tanto gra -ve) che il senso della propria correspon-sabilità inonda l’anima. [...] Questa pri -ma reazione tuttavia non provoca ab -battimento e meschinità, ma generositàe impeto»8. La nostra mistica carmelita-na, si sentiva profondamente unita allesofferenze della Chiesa del suo tempo,che viveva l’inizio dramma della separa-zione dei luterani: «Ne provai gran dolo-re e, come se io potessi o fossi qualco-sa, piangevo con il Signore e lo suppli-cavo di porre rimedio a tanto male»9. Eproprio in questa continua tensionedell’u mano col divino, Teresa scopretut ta la propositività della sua speran-za: «Decisi di fare quel poco che dipen-deva da me. Decisi cioè di seguire i pre-cetti evangelici con tutta la perfezionepossibile e di adoperarmi perché questereligiose che son qui facessero lo stes-so. Fiduciosa nella grande bontà di Dio,che aiuta sempre chi decide di lasciartutto per amor suo, pensai che, essen-do tali le mie consorelle come io le avevoimmaginate nei miei desideri, le lorovirtù avrebbero compensato i miei difet-ti e così io avrei potuto contentare inqualche cosa il Signore; infine pensavoche, tutte dedite alla preghiera per i di -fensori della Chiesa, per i predicatori eper i teologi che la sostengono, avrem-mo aiutato come meglio si poteva que-sto mio Signore»10.

L’attesa della speranzaGli insegnamenti che questa grande

mistica, possono essere considerati ve -re e proprie perle spirituali per il pro-fondo valore che racchiudono e tra-smettono attraverso i numerosi scritti.È nei suoi componimenti poetici neiqua li emerge maggiormente questaestenuante attesa di vita eterna, e so -prattutto in Aspirazioni di vita eterna,Lamenti dell’esilio, e Verso la patria.Il primo componimento si ritiene sia

stato composto nel 1572, in esso Teresacanta la morte mistica con bellissimeparole (utilizzate anche da san Gio van -

La cella di santa Teresa - monastero dell’incarnazione di Avila

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APRILE / GIUGNO 2012 15

ni della Croce11): «Vivo, eppur non vivoin me, aspettando sì alta vita, che mi èmorte il non morire»12. Nel secondo, si scorge chiaramente

questa estenuante attesa di Dio attra-verso il ritornello: «Ben triste è, Dio mio,star lungi da te! Bramando vederti,aspiro a morire»13. Infine, nella terza poesia, la nostra

mi stica sembra esprimere con gioia ilcammino verso la vita eterna che hainizio già sulla terra, ripetendo: «cam-

miniamo verso il cielo, o sorelle del Car -melo»14.L’intera esistenza di Teresa fu, dun-

que, totalmente orientata all’incontrocon Dio. Per il raggiungimento di que-sta meta ella attraversò diverse fasi,prima fra tutte l’abnegazione di se stes-sa, staccandosi da tutto ciò che la dis-traeva dall’incontro personale con Dio:«se praticato con perfezione, per noi ètutto. Dico così in quanto, attaccandocisolamente al Creatore e non importan-doci nulla delle creature, Sua Maestà ciinfonde in tal modo le virtù necessa-rie»15. A questo seguì, il distacco dalpros simo, o meglio la riorientazione deipropri affetti disordinati16, scaturitodal la riflessione che Dio dev’essere nonil primo, ma l’unico ad occupare il no -stro cuore, perché se abbiamo lui nullapuò turbarci e nulla potrà mancarci:«Solo Dio basta»17. In questo contesto di perenne e affet-

tivo contatto col Dio-Amore, alla sua

presenza, Teresa seppe camminare nel-l’attesa e nella speranza, una esistenzapienamente vissuta tale che «neanchel’esperienza dolorosa della morte corpo-rale la persuadesse da questo pensie-ro»18.

1 In lingua spagnola i verbi attendere, aspetta-re e sperare sono tra essi sinonimi, traducibilicon l’unico verbo: esperar.

2 Cfr. Teresa d’Avila, Vita, cap. 3, parr. 5-6, inTeresa d’Avila, a cura di L. Borriello e G. dellaCro ce, Paoline, Milano 1998, pp. 93-94.

3 Teresa d’Avila, Aspirazioni di vita eterna, inibidem, pp. 1570-1571.

4 A. M. Sicari, Il grande libro dei ritratti deisanti. Dall’antichità ai giorni nostri, Jaka Book,Milano 1997, p. 204.

5 Teresa d’Avila, Fondazioni, cap. 1, par. 6, inop. cit., p. 1076.

6 Teresa d’Avila, Cammino di perfezione (V),cap. 35, par. 5, in ibidem., pp. 818-819.

7 Teresa d’Avila, Vita, cap. 30, par. 8, in ibi-dem., pp. 334-335.

8 A. M. Sicari, op. cit., p. 210.9 Teresa d’Avila, Cammino di perfezione (V),

cap. 1, par. 2, in op. cit., p 674.10 Ibidem., pp. 674-675.11 Cfr. G. della Croce, Strofe dell’anima che sof-

fre per il desiderio di vedere Dio, in G. della Croce,Opere complete, a cura di L. Borriello e G. dellaCroce, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2001,pp. 98-99.

12 Teresa d’Avila, Aspirazione di vita eterna, inop. cit.., p. 1569.

13 Teresa d’Avila, Lamenti dell’esilio, in ibidem.,p 1576.

14 Teresa d’Avila, Verso la patria, in ibidem., p.1581.

15 Teresa d’Avila, Cammino di perfezione (V),cap. 8, par. 1, in ibidem., p 706.

16 Tema particolarmente caro a Teresa (ricorrenei capp. 8, 9 e 20 del Cammino di Perfezione)perché ella stessa sperimentò quanto i legamiaffettivi con parenti e amici talvolta possanoimpedire la libertà spirituale: «Vi prego, per l’amordi Dio, che la vostra conversazione sia semprerivolta al maggior bene di coloro con cui parlate,perché la vostra orazione deve servire al profittodelle anime. [...] Se volete comportarvi da buoneparenti, questa dev’essere la vostra vera manife-stazione d’affetto; se da buone amiche, sappiateche non potete esserlo se non in questo modo.Regni nei vostri cuori la verità, come dev’essere acausa della meditazione, e vedrete chiaramentequale sia l’amore che dobbiamo avere verso ilprossimo» (cap.20, parr. 3-4, in ibidem., p. 753.

17 Teresa d’Avila, Efficacia della pazienza, inop. cit., p. 1580.

18 A. M. Sicari, op. cit., p. 216.

La morte di santa Teresa e la miracolosa fioritura di un albero

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VITA CARMELITANA - ANNO 74, N. 216

prop

oste

di lett

ura

P. Antonio Spadaro,di rettore de “La CiviltàCattolica”, da alcuni an -ni si occupa di Chiesa enuovi media pubbli -cando sul suo blog,www.cyberteologia.it ilresoconto delle sue ri -flessioni sulla teologianell’era di internet. Que -sto suo ultimo saggio,Cyberteologia, fa il puntodella situazione e segnauna tappa importantenella ricerca. Intervistatoda Radio Va ticana (l’in -tervista completa, siascolta qui:http://212.77.9.15/audiomp3/00312340.MP3),così l’autore ha motivatoil suo lavoro: «Oggi lagrande sfida per la Chie -sa non è imparare ausare il web per evange-lizzare, ma vivere e pen-sare bene – anche la fede– al tempo della rete [...]grazie agli smartphone eai tablet, la nostra vita èsempre ‘on-line’ e la retecambia il nostro mo do dipensare e comprenderela realtà. Per ciò, mi chie-do, come cambia la ri -cerca di Dio al tempo deimotori di ri cerca? Chi èil mio pros simo all’epocadel web? Sono possibilila liturgia e i sacramentisulla re te?».Sono ormai alle spalle

le paure e i sospetti chein alcuni ambienti eccle-siastici serpeggiavanonei confronti di internet.Secondo Spadaro, «pro-prio nella rete Cristochiama l’umanità ad es -sere più unita e connes-sa». Quando nel 1931

Pio XI benedisse, in lati-no, i macchinari dellaRa dio Vaticana, sottoli-neò che comunicare lepa role apostoliche ai po -poli lontani, attraversol’etere, era un modo peressere uniti a Dio inun’unica famiglia. Po -tremmo quasi dire, chePa pa Ratti avesse giàcompreso pienamente lalogica dei social net-works. La potenza deinuovi media deve provo-care nei credenti unarinnovata riflessione sucosa significhi essere cri-stiani nell’era digitale.Non l’ennesimo libro,

quindi, che cerca di spie-gare come evangelizzaredopo internet, ma il pri -mo tentativo sistematicodi analizzare questanuo va e feconda intera-zione tra la rete e il pen-siero cristiano. La teolo-gia incontra la tecnolo-gia e si arricchisce di lin-guaggi e contenuti nuo -vi, allargando le suacom prensione del miste-ro di Cristo e della Chie -sa, Corpo Mistico rein-terpretato nei nuovi spa -zi connettivi vissuti dagliuomini di oggi.Un libro che apre alla

teo logia e alla pastoralenuovi orizzonti di spe-ranza per percorsi di fe -de e operosa carità perl’uomo della Rivoluzionedigitale.

SALVATORE SCHIRONE

Antonio Spadaro

Cyberteologia.Pensare il cristianesimoal tempo della rete

Vita e PensieroMilano 2012

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APRILE / GIUGNO 2012 17

Girolamo Gracián

profili del carmelo

� p. Mario Alfarano, O. Carm.

Una delle figure più discusse dellastoria del Carmelo è certamente Giro -lamo Gracián: lo fu quand’era in vita,su bito dopo la sua morte, lo è ancora ainostri giorni. Attorno a lui, carmelitanidell’uno e dell’altro ramo, si sono schie-rati lungo i secoli ora per difendere epromuovere la sua santità, ora per mo -strare la sua connivenza con il potere econ i potenti. Resta il fatto che chi l’ac -costa ne resta affascinato per le suegrandi doti, per le vicende politiche ereligiose di cui fu artefice, per le vicissi-tudini che lo portarono a sperimentareprima la gloria e poi il fallimento, per lamole di scritti, in gran parte autobio-grafici, che ci ha lasciato e che sonouna miniera per conoscere il suo mon -do interiore e la sua spiritualità.La vita carmelitana di Girolamo si

può dividere cronologicamente in dueventenni. Il primo, dal 1572 al 1592, lotrascorse tra i carmelitani scalzi, il se -condo, dal 1595 al 1614, tra quelli del-l’antica osservanza. Il primo fu un tem -po fecondo di attività e di progetti, il se -condo lo fu per la riflessione e la scrit-tura. Tra i due vi furono tre anni di ce -sura, segnati dall’esperienza amara del-l’espulsione dagli scalzi, la prigioniasot to i turchi, la ricerca di una dimoraper la sua vita religiosa.

Al fianco di S. Teresa d’AvilaIl suo nome viene subito associato a

quello della grande riformatrice delCar melo. Alcuni storiografi sostengonoche nel voler attribuire la genitorialitàdella riforma scalza anche a una figuramaschile, accanto alla madre Teresa

sa rebbe più giusto collocare GirolamoGracián piuttosto che san Giovanni del -la Croce. Girolamo, infatti, fu, al diredel la santa, un dono della provvidenza– e aggiungiamo anche il suo bracciode stro – per lo sviluppo e il consolida-mento della riforma. I due si incontra-rono nel 1575 quando Gi rolamo avevatrent’anni. Questi divenne il suo con-fessore e il suo confidente, cose che glipermisero di diventare il primo miglioreinterprete del carisma della madre.Girolamo fu attivamente coinvolto in

quel movimento di riforma che stavainteressando gli ordini religiosi dopo ilconcilio di Trento, movimento che ri -spondeva a tre spinte: quella promossadai papi, quella voluta dai superiori ge -nerali e, infine, quella che nasceva dalbasso, vale a dire da singoli religiosi ocomunità. Accanto a queste spinte siponevano gli interventi dei monarchiche si facevano garanti e protettori dellevarie riforme. Non sempre tutti questiattori erano in sintonia tra di loro percui potevano scoppiare conflitti di com-petenze, giochi di alleanze politico-reli-giose, accuse a volte calunniose, fino aricorrere alla forza per sedare gli animipiù scaldati. Appena uscito dal novizia-to Girolamo fu investito di ruoli di rilie-vo: nel 1573 fu nominato per l’Anda -lusia visitatore degli scalzi e l’anno suc-cessivo vicario provinciale degli scalzi edei “calzati”; nel 1575 commissario deicarmelitani andalusi e degli scalzi dellaCastiglia. Nel suo compito di riformato-re poteva contare sull’appoggio delnun zio papale e, soprattutto, di re Fi -lippo II visto che prima suo padre e poi

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VITA CARMELITANA - ANNO 74, N. 218

due dei suoi fratelli vi -vevano a corte comese gretari. Probabil -mente qual che ecces-so di zelo e qualcheimprudenza, insiemea qualche fraintendi-mento sulle facoltà ri -cevute, furono la cau -sa che lo portarononel 1578 ad esserepri vato dal nuovonun zio dell’ufficio diriformatore. Nono -stan te questo, con vi -va soddisfazione disanta Teresa, Giro la -mo riuscì a creare unaprovincia separata discalzi, alle dirette di -pendenze del prioregenerale, e ad essereeletto primo provinciale. L’anno succes-sivo, nel 1582, la madre moriva.

Dalla riforma all’antica osservanzaFinito il suo triennio, fu nominato

vicario provinciale del Portogallo, men-tre gli successe come provinciale NicolaDoria il quale impresse alla riforma unostile piuttosto rigorista ed eremitico.Girolamo entrò in un duro conflitto conla nuova impostazione, che ritenevauna deviazione dal verso spirito di Te -resa, fino a quando, il 17 febbraio 1592,fu espulso dagli scalzi per motivi di“dottrina e costumi”.Questa data segnò l’inizio di una se -

rie di inutili ricorsi di Girolamo al re Fi -lippo II, al papa Clemente VIII, ai vice-reali spagnoli in Italia. In uno dei suoiviaggi, l’11 ottobre 1593 fu catturatodai turchi. Durante l’anno e mezzo dipri gionia si distinse per la sua testimo-nianza evangelica e per il suo zelo apo-stolico. Riscattato da un mercanteebreo, fece ritorno a Roma dove final-mente fu riconosciuta la sua innocenzadalla Congregazione dei Religiosi, percui Clemente VIII comandò al Generale,con il breve del 6 marzo 1596, che fosse

riammesso collocando-lo nella situazione pre-cedente “come se maifosse stato espulso”.Gli scalzi si opposerofortemente, per cui ilPapa raccomandò avo ce a Girolamo diandare tra i “calzati”. Ilprocuratore degli scal-zi ottenne che il brevepapale fosse modifica-to con la dichiarazione“come se da sempreavesse professato tradi loro”. In realtà que-sto rispondeva al vero:nel 1573 Girolamoprofessò di vivere laRegola senza mitiga-zioni sotto l’obbe dien -za del priore generale e

quando nel 1593 gli scalzi si diviserodefinitivamente dall’Ordine, divenendouna nuova Congregazione, Girolamogià non faceva più parte di quel gruppo.Accolto a San Martino ai Monti, a Ro -

ma, vi rimase fino al 1600 per poi tra-sferirsi in Spagna per sette anni e, infi-ne, in Belgio dove morì il 21 settembre1614. La notizia della sua morte fece ilgiro di tutto l’Ordine poiché il prioregenerale ordinò che venisse ricordato intutte le case. Durante il periodo trascorso nell’an-

tica osservanza Girolamo, oltre ad esse-re libero di dedicarsi alla predicazione ealla direzione spirituale delle monache,ricevette diversi incarichi e scrisse lesue opere maggiori, come la Peregri -nación de Anastasio, la Lámpara encen-dida e la Mística teología. Per conto delpriore generale, Enrico Silvio, scrissepure un direttorio della vita religiosache apparve in italiano col titolo Sulladisciplina regolare. I superiori, inoltre,cercarono di coinvolgerlo nella riformadei conventi, ma egli non volle. In real-tà il suo cuore rimase sempre legatoalla riforma di Teresa.

profili del carmelo

Girolamo Graciàn

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APRILE / GIUGNO 2012

LLaa ttuuaa bbeelllleezzzzaa ssiiaa llaa mmiiaa

Dal viceministro Mar tone che defini-sce “sfigato” chi si laurea molto in ritar-do e che invita a scegliere con criterio ilpercorso di studi (se mi sento portato dasubito per il lavoro, optare per un istitu-to tecnico è ottimo), al premier Monti ealla ministra Cancellieri che fanno nota-re come la flessibilità intellettuale e geo-grafica (mobilità) sia non solo inevitabilema anche molto importante. Proviamo adire anche noi la nostra...Monotoni! Mammoni! Fannulloni! Sfi -

gati! Pare che noi giova-ni italiani non ce lapassiamo troppo bene,ultimamente. Almenoquesta è l’impressioneche si ricava leggen-do superficialmente al -cune dichiarazioni rila-sciate nelle ultime setti-mane da membri del-l’attuale squadra di go -verno.Quotidianamente si

sente parlare dei giova-ni: del nostro ruolonell’Italia di oggi e soprattutto di doma-ni; delle prospettive di vita in continuomutamento; della capacità di adatta-mento che sempre più ci verrà richiesta.Ma cosa vuole dirci il governo, insisten-do così di frequente sui giovani? E checosa di questo dibattito può toccare unmsacchino delle superiori, alle prese an -cora con versioni ed equazioni più checon buste paga e co.co.pro?Proviamo a rifletterci insieme, dando

uno sguardo più approfondito alle battu-te dei “tecnici” di Palazzo Chigi.“Dobbiamo fare lo sforzo di dare ai gio-

vani dei messaggi veri, tipo: se a 28 annitu non sei ancora laureato sei uno sfigato;se a 16 anni tu scegli di lavorare o di fareun istituto tecnico professionale e decididi farlo bene: bravo!” (Michael Martone,Vi ceministro del Lavoro e delle PoliticheSociali)

Partiamo dalla dichiarazione che piùha fatto scalpore: Michael Martone, vice-

ministro della titolaredel Welfare Elsa For ne -ro, definisce “sfigato” chia 28 anni ancora non hauna laurea.Apriti cielo. Ben inte-

so, la frase è forte e pre-sta il fianco alle critiche;in particolare a quelle dichi, mentre studia, lavo-ra e magari si sta co -struendo una famiglia.Sarebbe folle puntare ildito contro questo gene-re di studenti, e siamo

certi che non fosse nelle intenzioni delViceministro.In ogni caso, gran parte dei media si è

“scordata” di dare risalto alla secondaparte del concetto espresso da Martone:“se a 16 anni scegli di lavorare o di fareun professionale, e decidi di farlo bene”,altro che sfigato, qui ti meriti un bel“bra vo”! Insomma, non è lo studiaretanto e in fretta che per Martone mette inregola un giovane; a dare valore al suo

Giovani e lavoro, apertia un domani di peranza(a partire dalla scuola)1

� Gioele Anni

Michael Martone

19

S

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VITA CARMELITANA - ANNO 74, N. 220

percorso di studi, o alle sue scelte di vita,sono la convinzione e l’efficacia con cuiquelle scelte vengono portate avanti.“Studiare” controvoglia fino a 19, 24, 28,anche 50 anni non rende; mettere a frut-to le proprie abilità, che non per forzadevono essere limitate all’impegno sui li -bri, è invece la carta vincente. In questosenso è facile leggere nella sua comple-tezza la dichiarazione di Martone: nonuna bastonata ai giovani, indistintamen-te, ma un appello: ragazzi, sfruttate glianni della scuola, non scaldate i banchi;siate capaci di scelte coraggiose e deter-minate, non rassegnatevi al qualunqui-

smo e non andate dove vi porta la massa.È l’unico modo per dare valore alla vo -stra formazione, scolastica e professio-nale! E ciò risulta fondamentale, in unasocietà esigente e competitiva come lanostra.“I giovani devono abituarsi all’idea che

non avranno un posto fisso per tutta lavita. Del resto, diciamo la verità, che mo -notonia un posto fisso per tutta la vita. Èpiù bello cambiare e accettare nuove sfidepurché siano in condizioni accettabili.”(Mario Monti, Presidente del Consiglio)Comici e artisti della satira politica

han no gongolato a questa uscita del pre-mier Monti: finalmente una parola fuoriposto, da quest’uomo sempre così male-dettamente pacato e moderato! In effetti,dire che il posto fisso sia “monotono” è

un azzardo: precarietà del lavoro signifi-ca guadagno non assicurato a lungo ter-mine, e dunque insicurezza di base nelprocedere con scelte di vita delicate:accendere un mutuo, formarsi una fami-glia, pensare a dei figli... Ma, an che inquesta occasione, andiamo oltre la stru-mentalizzazione della frase. Sappiamoche Monti, insieme ai suoi ministri, stalavorando a una riforma del lavoro chedovrebbe prevedere licenzia menti più fa -cili da parte delle aziende, ma anchemaggiori tutele per chi perde tem po ra -neamente il lavoro. Sintetizzando ai mi -nimi termini, l’obiettivo del governo è

installare in Italia un mercato del la -voro più fluido, dove sia più facile peri lavoratori cambiare posto di lavoro,pur mantenendo determinate tutele(ad esempio un sussidio di disoccupa-zione temporaneo, sul modello di altriPaesi soprattutto del nord Europa).Con queste premesse, i lavo ratori didomani dovranno essere pronti a co -gliere opportunità, guardare sempre aun miglioramento della propria condi-zione di vita, non accontentarsi di ciòche hanno. In un società dove il lavo-ro sarà più mobile, bisognerà essereversatili, capaci di adattarsi a perso-ne, richieste e obiettivi sempre in evo-

luzione. Ed è una caratteristica che sipuò allenare già dagli anni delle superio-ri: applicandosi a tutte le materie coninteresse, per esempio; informandosi,aprendo i propri interessi a più settori.Vietato fossilizzarsi, ci dice Monti con laformula del “posto fisso monotono”: e chicome i giovani può avere l’apertura diorizzonti, la voglia di crescere che serveper adempiere a questa richiesta?“Gli italiani sono fermi, come struttura

mentale, al posto fisso, nella stessa cittàe magari accanto a mamma e papà, maoccorre fare un salto culturale. Il mondomoderno tende sempre più alla flessibil-ità, bisogna confrontarsi con il mondo cheè cambiato.” (Annamaria Cancellieri, Mi -nistro dell’Interno).L’ultima affermazione che analizziamo

è di Annamaria Cancellieri, Ministro

Ragazzi, sfruttate gli anni di scuola, non rassegnatevi al qualunquismo

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APRILE / GIUGNO 2012 21

dell’Interno. Anche lei, con quell’aria unpo’ da nonna di tutti noi, non ha rispar-miato una bella frecciata ai giovani: “ba -sta pensare al lavoretto vicino a casa, ilmondo è cambiato”. Se con l’avver ti men -to di Mario Monti avevamo parlato dellarichiesta di “mobilità intellettuale”, conCancellieri dobbiamo prendere in consi-derazione la mobilità fisica che ci saràrichiesta. La societàglobalizzata sposta icentri di produzione,e le aree d’eccellenzadiventano poli a livel-lo mondiale. Ok, carimsacchini, concedia-moci di non volaretroppo in là nellospazio e nel tempo, dirimanere ancora unpo’ attaccati ai nostribanchi di scuola. Manon possiamo evitaredi pensare che un domani potremmo tro-varci in un mondo che ci offra i lavori chesogniamo a New York, Londra, Parigi,piuttosto che a Pechino o Nuova Delhi. Ementre siamo alle superiori, che possia-mo fare per prepararci? Be’ due cose sututte: studiare bene le lingue, magari an -che approfondendole oltre le ore di lezio-ne regolari con le opportunità che ormaitutti gli istituti offrono (certificazioni in -ternazionali, brevi soggiorni in famiglieestere, vacanze studio...); e, quando pen-

siamo a dove fare l’università, non pren-diamo come primo parametro la vicinan-za da casa. Si tratta sempre e comunquedi realizzare le proprie ambizioni, di ade-rire alla propria vocazione di studenti: seper seguire la nostra strada ci sentiamochiamati a studiare in un’altra regione, operché no nazione, il nostro ministrodell’Interno ci ricorda che non possiamo

più tirarci indietro perla distanza, pena laperdita di occasionifor se irripetibili. Dettotutto questo, possiamochiudere con un’ulti -ma frase, ancora delpremier Monti. A mar-gine delle trattativecon le parti sociali perla riforma dell’articolo18 dello statuto deiLa voratori, ha detto:“Noi lavoriamo nell’in-

teresse di un interlocutore non seduto aquel tavolo, cioè i giovani”. Insomma, dalgoverno, che sta operando con lungimi-ranza, ci spronano perché hanno fiducianei giovani, che costituiranno la societàdi domani. E noi, già dai banchi delle no -stre scuole, non possiamo deluderli.

1 Tratto dal sito internet Movimento studenti diAzione Cattolica:http://msac.azionecattolica.it/giovani-e-lavoro-

aperti-un-domani-di-speranza-partire-dalla-scuo-la.

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Aderire alla propria vocazione

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VITA CARMELITANA - ANNO 74, N. 2

IInnssiieemmee ccoommee ffrraatteelllliiPER TUTTA QUESTA GENTE VOGLIO ESSERE IL FRATELLO SACERDOTE

Domenica 26 febbraio scorso nellapar rocchia del SS. Crocifisso di Tarantosi è svolta, durante una solenne concele-brazione eucaristica, la canonica presadi possesso del nuovo parroco, nostroconfratello p. Antonio Calvieri. Così si èpresentato all’arcivescovo, mons. FilippoSantoro: «Sono nato in un paesino della

Calabria, in una famiglia molto semplicee dignitosa che, in alcuni membri, havisto nell’emigrazione oltreoceano il rea-lizzarsi dell’aspirazione a un lavoro. Daqueste vicende sono stato temprato, percui sono portato a essere tra la gente,con quanti dal sacerdote attendono unaparola, una risposta a una vicenda, unasupplenza a quanto la società non offre:anziani, poveri e quanti soffrono la soli-tudine. Dovrò attendere con spirito mis-sionario alla evangelizzazione, alla cate-chesi, alle famiglie, ai ragazzi, ai giovani– ha continuato – Non sarò mai un par-roco accentratore; ma desidero che ci sia

corresponsabilità ecclesiale, assieme allacomunità carmelitana, con quanti nelbat tesimo sono stati inseriti in Cristo,sa cerdote, re e profeta, per essere mem-bra vive del suo corpo che è la Chiesa.Porteremo il peso e condivideremo la gio -ia di lavorare per il regno di Dio». Un ringraziamento egli ha infine rivol-to alla sua comunità, a don RoccoLarocca, a tutte le realtà parroc-chiali e in particolare alle comunitàneocatecumenali, che stanno facen-do avvicinare molte famiglie al cam-mino di fede.Prima del suo intervento, ha par-

lato, a nome del consiglio pastorale,Renato Lupoli il quale ha detto: «Og -gi il nostro cuore è pieno di gioia perpadre Antonio, nuovo parroco dellanostra comunità e siamo grati a SuaEccellenza per la cura e la sollecitu-dine che ha avuto per questo picco-lo gregge di fedeli». Quindi, rivolgen-dosi a mons. Santoro: “Vogliamoascoltarla e seguirla con la più sin-cera e filiale devozione lungo il cam-

mino pastorale nella Chiesa di Taranto,cammino che le auguriamo duraturo eproficuo di ogni bene”.Erano presenti il cerimoniere mons.

Mi mino Quaranta, il vicario zonalemons. Carmine Agresta, i parroci donAmedeo Basile (Addolorata), mons. Mar -co Gerardo (Carmine), il segretario donEmidio Dellisanti, don Rosario Attisano(v. parroco S. Maria del soccorso di Pal -mi), don Antonio Airò, don Rocco La -rocca e i confratelli carmelitani: p. PaoloLagioia (della comunità di Bari), p. Ana -stasio Filieri, p. Claudio Lioj e fra’ Sal -vatore Ranieri. La celebrazione eucaristica è iniziata

con il bacio del crocifisso da parte del -

Dovrò attendere con spirito missionario alla evangelizzazione

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APRILE / GIUGNO 2012 23

l’ar civescovo, l’aspersione dell’assembleae la lettura del decreto di nomina delnuovo parroco, successore di p. EnricoRonzini, priore Provinciale. Durantel’omelia, mons. Santoro ha parlato conentusiasmo di questa nomina in questosuo primo scorcio di ministero tarantinoe dei rapporti da lui intrattenuti con lacomunità carmelitana; essi risalgono aprima della sua partenza per il Brasile,grazie all’amicizia che lo lega a p. Ana -stasio Filieri. Ha invitato la comunità adessere orgogliosa del veneratissimo si -mu lacro del SS. Crocifisso che troneggiasull’altare da cui non bisognerebbe maistaccare lo sguardo. «Gesù – ha sottoli-neato – è l’unico che ci purifica e ci salva.

Guardando Lui potremoguardare alle nostre si -tuazioni e ai nostri fratelliin modo nuovo, consen-tendoci di vivere secondole esigenze del Vangelo:cioè mai più schiavi del-l’indifferenza e di se stes-si, ma da veri figli di Dio.Quando diciamo sì al Si -gnore, davanti a noi sischiu dono orizzonti inim-maginabili, come accaddea me quando accettai dila s ciare la mia terra perpartire missionario inBra sile».Il nuovo arcivescovo si è

poi soffermato sulle sueprime esperienze di pastore della diocesitarantina, di cui conosceva le problema-tiche già prima del suo arrivo.È seguita, poi, la professione di fede

del nuovo parroco e la lettura del verba-le di immissione canonica, presenti qualitestimoni: il cerimoniere mons. Qua ran -ta, p. Claudio Lioj (memoria storica dellaparrocchia del SS. Crocifisso) e il sig. E -manuele Filiberto Epiro. Un caloroso ap -plauso ha suggellato il momento signifi-cativo, consentendo così la prosecuzionedella santa Messa, i cui canti sono statianimati dal coro parrocchiale diretto daMaria Letizia Conte e organista Ales san -dra Corbelli. GIOVANNA LOSITO

Un momento della celebrazione

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VITA CARMELITANA - ANNO 74, N. 224

Domenica 5 febbraio la comunità delSantuario del Carmine di Palmi ha vis-suto un pomeriggio di intense emozioni.P. Carmelo Silvaggio, fr. FrancescoCiac cia e alcuni componenti del TOC,accompagnati dalla presidente CettinaRepaci, si sono recati in visita ai fratel-li extracomunitari accampati nella vici-na Rosarno (RC). Nelle settimane precedenti presso il

nostro Santuario era stata promossauna raccolta di indumenti e di viveri dadonare ai fratelli meno fortunati chevivono nell’indigenza più assoluta enelle tendopoli alla periferia di Rosarno.Dalla raccolta viveri al desiderio di in -contrare la comunità degli immigraticon i quali condividere un momento difraternità, il passo è stato breve. Congioia fraterna, alcuni terziari hannoaderito all’iniziativa, e alle 14,30 di unadomenica fredda e piovosa, accompa-gnati dal responsabile della Caritas dio-

cesana, don Vincenzo Alampi, si sonorecati al campo che ospita gli extraco-munitari, dislocati in una vecchia ediroccata ex fabbrica, priva di luce e deiservizi più elementari. L’impatto con larealtà è stato molto duro; è amaro ren-dersi personalmente conto delle condi-zioni di vita in cui vivono questi fratelli,lontani dalla propria terra e dai propricari. Dopo i primi attimi di commozionee di smarrimento per la visione del de -grado e dei disagi in cui sono costretti avivere, p. Carmelo ha espresso i senti-menti di solidarietà, di amicizia e di fra-tellanza di tutta la comunità carmelita-na. Sono ragazzi provenienti da varieparti dell’Africa, quali il Burkina Faso,il Congo, la Costa d’Avorio, ma il filoche li unisce e li accomuna in questoloro viaggio fatto di sacrifici, di man-canza di affetto, è la povertà. Vivononell’indigenza più assoluta cercando diguadagnare, anche sottocosto, qualche

euro, partecipandoalla raccolta dellearance o svolgendoaltri piccoli lavoridi natura sempreprov visoria. Ma laloro dignità è gran-de, va aldilà dei la -vori più umili, per-ché da quanto si èpotuto apprenderedalle loro dichiara-zioni, tanti sono inpossesso di titoli distudio e di attestatidi qualifica, conse-guiti nei loro paesidi origine. Al termi-ne di questa primatappa, questi fratel-li, con la grande u -miltà che li con-traddistingue e congli occhi lucidi,

LA COMUNITA CARMELITANA DI PALMI FA VISITA AL CAMPO DI ROSARNO

Gl extracomunitari di Rosarno sono costretti a vivere in tende di fortuna a diretto contatto col fango

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APRILE / GIUGNO 2012 25

Il 28 marzo la famiglia carmelitanadel Santuario di Palmi, rappresentatadai frati e alcuni esponenti della Nobile

Congrega del Carmine e del Terz’ Or -dine, sono tornati alla Pomona, localitàdi Rosarno ove è sito uno dei Campi di

accoglienza degliimmigrati, e hapor tato 100 pastial sacco ottenutigrazie alla genero-sità dei fedeli equella di alcunicommercianti pal-mesi. Vista la grande

sensibilità dimo-strata in meritodalla famiglia car-melitana, si è deci-so che si tornerà afar visita agli im -migrati nel periododopo Pasqua.

LA REDAZIONE

LA COMUNITA CARMELITANA DI PALMI TORNA A FAR VISITA AL CAMPO DI ROSARNO

hanno voluto ringraziare lacomunità carmelitana per ilgrande momento di condivisio-ne e per le dolcezze culinarieche il TOC ha preparato eofferto loro. La visita è proseguita, spo-

standosi in un altro luogo, allaperiferia di Rosarno dove leautorità competenti, fortuna-tamente, hanno allestito unatendopoli che è stata dotata diqualche confort e dove vieneofferta la possibilità di poterconsumare pasti caldi, prepa-rati e distribuiti dalla Caritaslocale e dall’associazione di volontariato“Il mio amico Jonathan”. Un pomeriggiointenso di emozioni ma soprattutto unpomeriggio che senz’altro ha lasciato ilsegno nella coscienza e nel cuore di tut -

ti. Sicuramente è stato il primo di tantialtri incontri di fraternità e di unionetra realtà diverse ma unite da senti-menti di amore e condivisione.

CATERINA NAIM

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VITA CARMELITANA - ANNO 74, N. 226 VITA CARMELITANA - ANNO 73, N. 1

Se vuoi “vedere” Dio, puoi guardareun fiore, una pietra, un monte o unlago, ma se vuoi “trovare” Dio, alloradevi cercare dentro te stesso.Con questo intento i giorni 17 e 18

marzo, noi, gruppi giovanili della par-rocchia di santa Maria del Carmine diFoggia, abbiamo affrontato un intensoritiro spirituale a Torre Santa Susannaaccompagnati dai nostri educatori e dalnostro parroco p. Nicola. Durante ilviag gio, oltre a momenti di allegria, neabbiamo alternato altri di preghiera,con la recita del rosario accompagnatodai nostri chitarristi; e dopo quattro in -terminabili ore, siamo arrivati nel pic-colo ma accogliente paese, dove ci at -tendeva p. Enrico. Alle 21.00 ci siamo ritrovati intorno

al tavolo per la cena, serviti da camerie-ri d’eccezione: i nostri educatori. La

sala da pranzo era molto accogliente,certo un po’ fredda, ma lo stare assie-me, il ridere e lo scherzare ha fatto sìche ogni problema passasse in secondopiano e l’ambiente magicamente si ri -scaldasse. La serata è proseguita in al -legria tra sketch e imitazioni, per con-cludersi con la celebrazione della Com -pieta nella chiesetta del convento. Alle23.30 tutti a nanna o quasi (era possi-bile vedere chi in pigiama correva dauna stanza all’altra per chiacchierare,chi doveva ancora sistemarsi o chi con-tinuava a fare scherzi). La mattina seguente, purtroppo per

noi, qualcuno era già sveglio alle 06.00e cantando a squarciagola ha svegliatotutti! Dopo aver celebrato le lodi mattu-tine, abbiamo aspettato la colazione: 10litri di latte e una gigante macchina dacaffè più biscotti e merendine. Eravamo

CRONACA DI UN RITIRO

I giovanissimi della comunità di Foggia

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APRILE / GIUGNO 2012 27

così pronti per affrontare, la parte piùimportante del ritiro, la parte che ciaveva portato fin lì. Entrati nel vecchiorefettorio del convento, forse la stanzapiù bella dell’edificio, ci siamo subitoseduti in cerchio “combattendo” l’unocon l’altro per stare seduti accanto alca minetto, ad ascoltare la catechesi dip. Enrico sul tema: “Dio ha tanto amatoil mondo da dare suo figlio” (Gv 3,16a),in cui ha fatto emergere il bisogno diaffermare il nostro credo, quello di farebeneficenza, nonché l’importanza del-l’amore di Dio. Le parole di p. Enrico cisono tornate utili durante il momentodi deserto in cui, mu -niti di penna e fogli,abbiamo annotato lenostre riflessioni. Ildeserto è stato segui-to dalla celebrazionedell’Eucarestia, pre-sieduta da p. Nicola eanimata in ogni suoaspetto da noi. Chi siè occupato delle pre-ghiere dei fedeli, chidei canti, chi ancoradel simbolo da porta-re all’offertorio. Al ter-mine di essa c’è statoil pranzo, a dir pococospicuo, seguito daun’improvvisata par-tita di basket ma an -che da passeggiate,foto e chiacchierate.In seguito, riuniti inpiccoli gruppi, abbia-mo condiviso le no -stre riflessioni perso-nali sul tema dellagiornata. Il viaggio diritorno è passato daun primo momento dirilassamento a uno incui venivano intonaticanti e cori. Ormaisfiniti, siamo stati in -vitati a comunicare atutti quanto era e -

merso dalle riflessioni di gruppo e cosìsono venuti fuori i nostri dubbi ma an -che la nostra voglia di conoscere.

Quest’esperienza, che inizialmenteabbiamo affrontato come momento didivertimento, si è rivelata invece comeuna grande occasione di crescita inte-riore. Ci auguriamo, infine, che quest’e-sperienza possa ripetersi più spesso inmodo da aiutarci a trovare risposte cheogni giorno cerchiamo e che non sem-pre troviamo.

NATASCIA PETRUCELLI ELENA SARNI

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VITA CARMELITANA - ANNO 74, N. 228

Alla presenza delpriore Provinciale, p.Enrico Ronzini, deldelegato provincialeper il TOC, p. An -tonio Calvieri, dellapresidente MarisaFotia Martino, dellasegretaria provincia-le Rita Irrera e del-l’assistete p. Dome -nico Fiore dell’eremodi Capaccio, il 25marzo 2012, venti-cinque aspiranti ter-ziari di Cardile (SA), presso la cappelladella Madonna del Carmine, sono entra-ti nel noviziato ricevendo in questa primatappa del cammino, il distintivo dell’Or -dine ed il Vangelo. Dopo aver affrontatonel periodo di discernimento tematicherelative alla famiglia, alla Chiesa, allapreghiera, all’impegno dei laici nellaChie sa e dopo il noviziato, la formazioneproseguirà per un altro anno in cui gliiscritti avranno la possibilità di conosce-re meglio anche alcune figure di santicarmelitani e riceveranno lo Scapolare ela Regola del Terz’Ordine Carmelitano. Negli incontri formativi del primo anno

di discernimento, tenute da p. DomenicoFiore e dal parroco, don Angelo Imbriaco,i partecipanti hanno potuto apprendere icapisaldi su cui si poggia la Regola delCarmelo:1- il nascondimento: contrastare

quel la che oggi si definisce la “logica del-l’apparire”; la fondatrice delle ancelle disanta Teresa di Gesù Bambino, dicevache nella vita operosa dei carmelitani bi -sogna essere come le violette, che sononascoste, ma di esse si percepisce sol-tanto il profumo;2 - il silenzio: scegliere la via della

contemplazione, lontano dal trambustoquotidiano e dal continuo chiacchiericcioche allontana da Dio. Per descrivere il

va lore del silen-zio, la Regola citaper intero duefrasi del profetaIsaia: «la giusti-zia è coltivata nelsilenzio [...] è nelsi lenzio e nellasperanza che siin contrerà la vo -stra forza»1;3 - la fraterni-

tà: proiettare ilproprio servizioverso gli altri in

uno spirito di assoluta gratuità, senzache ci si attenda qualcosa in cambio, se -guendo il modello di Cristo che per amo -re ha dato tutto se stesso per l’umanitàfino alla morte di croce, tanto che nell’i-conografia di pitture e mosaici, Cristoviene spesso simboleggiato con la figuradel pellicano, che ciba con i pesci i suoifigli e che è disposto, nel momento di ca -renza di cibo, a strappare la propria car -ne dal petto per non far morire di fame isuoi piccoli;4 - la purezza il battesimo ci impegna

a vivere nella purezza del cuore con fe -deltà: «come figli obbedienti…Voi saretesanti, perché io sono santo» (1 Pt.1,14-16);5 - la perfezione in Cristo: ispirarsi al

modello di Elia che tanto si impegnò nel -la battaglia contro i falsi profeti, affinchéil vero ed unico Dio fosse riconosciuto datutti. I carmelitani in virtù dello Spiritoche distribuisce a ciascuno i suoi doni,devono tendere ad una vita sobria e puraper giungere alla perfezione in Cristo, af -finché si realizzi in questo mondo, secon-do la Regola carmelitana, il disegno diDio, che vuole riunire tutti in un unicopopolo santo.

CARMINE RIZZO

1 Regola dei carmelitani, 21

Altare della cappella della Madonna del Carmine (Cardile)

NASCE IL TERZ’ORDINE CARMELITANO A CARDILE

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APRILE / GIUGNO 2012 29

DALLA COMUNITA DI TARANTO:SOLENNE CELEBRAZIONE DEL SS. CROCIFISSO

Dal 26 marzo al 2 apri-le nella nostra parrocchiasi è celebrato solenne-mente il SS. Crocifisso. La ricorrenza è stata

celebrata con un pro-gramma ricco di iniziativeed avente per tema: «Vol -geranno lo sguardo acolui che hanno trafitto(Gv 19,37)».Il parroco, p. Antonio

Calvieri, ha scelto questotitolo perché in questotempo di quaresima è vi -tale per ogni uomo guar-dare al Cristo crocifisso:comprendere l’amore concui Dio ci ama e che ma -nifesta con il dono di suoFiglio perché tutti pos-siamo credere che la morte è sconfittadalla vittoria della risurrezione. L’intera comunità parrocchiale ha

par tecipato alle celebrazioni eucaristi-che con cuore aperto alla Parola; ognisera tutti hanno ricevuto spunti di ri -flessione per il proprio vissuto quotidia-no.Lunedì 26 marzo don Rocco Larocca

ha arricchito la celebrazione eucaristicacon una riflessione sul tema: «Ebrei,musulmani e Gesù oggi», mentre il gior-no successivo la sua riflessione è stata:«Atei, cristiani e Gesù oggi». In queste due giornate, don Rocco ci

ha spronato a «uscire allo scoperto», in -vitandoci a testimoniare la nostra fedequale risposta a Dio che si è fatto con-cretamente presente nella storia dell’u-manità e nella vita di ogni uomo. Mercoledì 28 marzo nella sua omelia,

il nostro arcivescovo mons. Filippo San -toro, ha sottolineato il compito di ognicristiano: porsi in ascolto della Parola diDio, comprenderla con la meditazione

personale e con l’aiutoche la Chiesa gli offre,perché la storia di ogniuomo possa esserne il -luminata. Il nostro vescovo

nar rando, poi, la suaesperienza di missio-nario in Brasile, ha in -vitato noi fedeli a diresempre il nostro “sì” alSignore. Non resisterealla sua volontà, chie-dendo il dono della fe -de, solo così potremogioire della sua pace ela nostra vita sarà illu-minata dalla sua pre-senza.Dopo la celebrazione

eucaristica del 29mar zo, presieduta da don Antonio Airò,la Grande orchestra di fiati di santaCecilia ci ha deliziati con alcuni branitratti dalle musiche tradizionali dellano stra città. Il prof. Antonio Fornaro ha introdotto

i vari brani con dovizie di riferimenti sto-rici e di cronaca del tempo. Venerdì 30 marzo mons. Benigno Pa -

pa, arcivescovo emerito della nostra dio-cesi, ha presieduto la S. Messa spronan-doci a guardare Gesù crocifisso per com-prendere l’amore con il quale Dio ci ama.In data 2 aprile, ricordando il dies na -

talis del beato Giovanni Paolo II, la S.Mes sa è stata presieduta dal priore dellacomunità di Caivano, p. Cosimo Pa glia -ra.Una partecipazione attiva e fortemen-

te sentita è stata profusa da molti par-rocchiani che hanno apprezzato l’amoree l’impegno da parte del parroco, dellacomunità religiosa e dal consiglio pasto-rale

GINO BLANDAMURA

Parrocchia SS Crocifisso

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VITA CARMELITANA - ANNO 74, N. 230

Nel mese di novembre 2011 al Getse -mani di Capaccio (SA), in occasione del-l’apertura dell’anno pastorale, la nostrapresidente provinciale, tra le innumere-voli iniziative previste per l’anno 2012annunciò l’incontro dei terziari carmeli-tani italiani. I presidenti delle tre Provincie, Marisa

Fotia (per la Napoletana), Michele Bo -nanno (per l’Italiana) e Titti Samacchia(per il Commissariato de La Bruna) incollaborazione con la segretaria sig. Tul -lia Rosicatello, al termine di un incontrosvoltosi sull’eremo di Camaldoli a Na -poli, sono riusciti a or ga nizzare questafesta tanto attesa e auspicata da moltotempo.Essa si è celebrata a Sassone, e ha

visto la presenza di 300 terziari carmeli-tani, esponenti dei diversi TOC italiani,oltre che quella del priore Provincialedel la Provincia Italiana, p.Gian do me ni coMeloni, e dei delegati per i TOC: p. An -tonio Calvieri (priore e parroco della no -stra comunità di Taranto) e p. MarcoNuz zi (della Provincia Ita liana).Padre Mario Alfarano, segretario del

priore Generale, ha tenuto la relazionedal titolo “Il terziario carmelitano, testi-

mone e comunicatore della Parola”. Il relatore ha diviso il tema in 2 parti:

nella prima ha trattato il terziario Car -melitano testimone della Parola, nellase conda parte il terziario comunicatoredella Parola. Ha affermato, come l’iti ne -rario di vita del carmelitano deve ispi-rarsi alla Parola di Dio avendo come mo -dello l’esperienza dei primi cristiani. Aconclusione della riflessione, MicheleBo nanno ha preso la parola ringrazian-do tutti coloro che hanno partecipatoper l’organizzazione dell’evento. i conve-nuti, le persone a casa che non hannopotuto partecipare, con l’auspicio cheque sto evento possa essere ripetuto.

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Parte dell’assemblea durante la celebrazione eucaristica

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Sassone (Roma) 21-22 aprile 2012

Page 31: Vita Carmelitana 2/2012

APRILE / GIUGNO 2012 31

Condivisione, riflessione e conoscenzareciproca: questo è il tesoro che mi sonoportata da Foggia lo scorso 29 aprile, do -menica in cui abbiamo vissuto la “Gior -nata della Famiglia carmelitana” pressola parrocchia “S. Maria del Carmine”,ret ta dai frati carmelitani.Molte sono le suggestioni e i ricordi

piacevoli, primo fra tutti la gioia di es -sersi incontrati, ancora una volta, comefamiglia carmelitana. Erano presenti ifrati, molti terziari, i membri della fami-glia di sant’Alberto, insomma tante real-tà accomunate da un’identica sensibilitàspirituale.La giornata si è dipanata nel segno

della fraternità: dalla preghiera e dallame ditazione al pranzo condiviso e agliincontri personali.Vedersi tutti insieme poche volte

l’anno, ma sentirsi fratelli, è un donodello Spirito, che deve essere trasmessoe questo, in fondo, è uno dei compiti cheil credente deve trasmettere al mondo:rendere la propria vita una casa acco-gliente per il fratello.Sulla stessa linea, in fondo, si è mos -

sa anche la proposta formativa carmeli-tana di quest’anno, suggerita dal percor-so della Chiesa italiana: educare alla vi -ta buona del Vangelo.Di questo tema ha parlato il Provin -

ciale, p. Enrico Ronzini, soffermandosisul l’importanza dell’educazione e sul-l’apporto che religiosi, laici e famiglie de -vono dare. I cristiani devono sentirsi “l’anima del

mondo”, come si legge nella Lettera aDiogneto, pronti non solo ad annuncia-re, ma anzitutto a testimoniare con la vi -ta quanto imparato nella sequela e nel-l’ascolto di Cristo, l’unico vero Maestro.«[Chiesero i discepoli:] “Maestro, dove

di mori?”. Disse loro: “Venite e vedrete”.Andarono dunque e videro dove egli di -morava e quel giorno rimasero con lui»

(Gv 1,38-39).Altrettanto fecero i di scepoli diretti a

Em maus, affascinati dall’uomo che liaccompagnava lungo il percorso: «“Re stacon noi, perché si fa sera e il giorno èormai al tramonto”. Egli entrò per rima-nere con loro» (Lc 24,29).Alla luce dell’esperienza dei discepoli,

della Chiesa e anche dei santi carmelita-ni, capiamo quanto sia arricchente cre-scere nella carità fraterna: lasciare ognisguardo su se stessi e sentire il bisognodel fratello. È questo l’ingrediente principale per

una buona vita di gruppo, in famiglia eper evangelizzare. È questo anche ilmes saggio principale che i giovani atten-dono dagli adulti e che noi tutti cerchia-mo nella società e nel mondo. Non bastavivere per sestessi, perché «Si è più beatinel dare che nel ricevere!» (At 20,35).Due altri momenti significativi sono

stati la celebrazione eucaristica, presie-duta dall’Arcivescovo di Foggia-Bovino,mons. Francesco Pio Tamburrino, e il re -cital messo in scena dai giovani dellapar rocchia, che hanno chiuso in letiziauna giornata che ha rallegrato il cuore.La speranza è che queste esperienze

possano ripetersi e giovare anche allenostre fraternità, per renderle semprepiù un cenacolo, come quello della co -munità dei discepoli che furono inonda-ti della grazia dello Spirito.

CARLA PIRO

INSIEME SI CRESCEUn’eco sulla “Giornata della Famiglia carmelitana”

tenutasi a Foggia lo scorso 29 aprile

p. Enrico Ronzini e p. Giovanni Cimmino

Page 32: Vita Carmelitana 2/2012

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Le Comunità Carmelitane della Provincia Napoletana

FRATI CARMELITANI

BARI – 70125Curia Provinciale

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BARI – 70125Parrocchia S. Maria delle Vittorie

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CAIVANO (NA) – 80023Santuario S. Maria di Campiglione

Via Campiglione, 58 - tel/fax [email protected]

CAPACCIO (SA) – 84047Santuario Madonna del Granato

Eremo Carmelitano – tel. 0828.723611www.madonnadelgranato.it

FOGGIA – 71122Parrocchia Maria SS. del Carmine

Viale Primo Maggio, 37tel/fax 0881.635444

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MESAGNE (BR) – 72023Basilica Santuario Vergine SS. del Carmelo

P.le S. Michele Arcangelo, 3Conv. 0831.776785 – Parr. 0831.771081

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PALMI (RC) – 89015Santuario S. Maria del Carmine

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