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Universit degli Studi di Roma Tor Vergata Ingegneria medica Corso di Tecnologie chirurgiche innovative prof. Francesco Rulli a.a 2006/2007 La creazione della camera di lavoro in chirurgia laparoscopica : insu› atori e distensori meccanici. Unanalisi comparativa Cecilia Occhiuzzi 4 maggio 2007 1

Università degli Studi di Roma Tor Vergata Ingegneria ... · Figura 1: Anatomia della cavità addominale e del peritoneo. Oltre a garantire la camera di lavoro, lo pneumoperitoneo

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Università degli Studi di RomaTor Vergata

Ingegneria medica

Corso di Tecnologie chirurgiche innovative

prof. Francesco Rulli

a.a 2006/2007

La creazione della camera di lavoro inchirurgia laparoscopica :

insu­ atori e distensori meccanici.Un�analisi comparativa

Cecilia Occhiuzzi

4 maggio 2007

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Indice

1 Introduzione 3

2 Utilizzo chirurgico in laparoscopia 42.1 Il peritoneo e lo pneumoperitoneo . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

3 Principio di funzionamento 63.1 Collegamento al paziente e utilizzo del insu­ atore . . . . . . . . 83.2 Uso e settaggio dell�apparecchio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

4 Speci�che tecniche attualmente richieste/disponibili 114.1 Depressurizzazione automatica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 124.2 Riscaldamento del gas . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 134.3 Rinnovamento continuo del gas . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 144.4 Estrazione dei fumi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 164.5 Contaminazione del gas e dell�ambiente operatorio . . . . . . . . 16

5 Valutazione dei di¤erenti gas medicali 17

6 E¤etti �siopatologici dell�insu­ azione di gas 196.1 Sistema cardiocircolatorio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 196.2 Sistema respiratorio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 216.3 Perfusione degli organi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 216.4 Sistema immunitario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22

7 Complicazioni chirurgiche 227.1 Lesioni a strutture sottostanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 227.2 Embolia gassosa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 227.3 Di¤usione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24

8 Distensori meccanici 258.1 Trazione manuale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 268.2 Endo-lift, laparotenser e altri sistemi tensorei . . . . . . . . . . . 278.3 Distensori gon�abili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30

9 Studio clinico: Colecistectomia laparoscopica 309.1 Strumenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 319.2 Risultati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

10 Conclusioni 34

11 APPENDICE A 35

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1 Introduzione

Il lavoro svolto si propone di condurre un�indagine sullo stato della tecnologiaper la creazione della camera di lavoro negli inteventi laparoscopici, a¤rontandoun�analisi comparativa tra la tecnica con gas e quella cosiddetta gasless,ovverotra l�utilizzo degli insu­ atori e l�utilizzo dei distensori meccanici della pareteaddominale.L�insu­ atore è un elemento fondamentale nella chirurgia laparoscopica e

mininvasiva. Esso consente di creare all�interno delle strutture anatomiche unospazio di lavoro ideale, necessario all�espletamento delle varie procedure chirur-giche. La qualità dell�apparecchiatura e del gas che insu­ a, la loro sicurezza,nonchè il corretto utilizzo da parte del chirurgo e del personale di sala, sonosicuramente aspetti essenziali per la buona riuscita dell�intervento.La chirurgia laparoscopica rispetto alla laparotomica o¤re indubbi vantag-

gi rappresentati dalla quasi assenza di cicatrici cutanee, dalla riduzione dellamorbilità, del dolore e della degenza post-operatoria e da un più rapido ritornoalle attività sociali che, nel complesso, incidono favorevolmente sui costi globali.Inoltre, le maggiori di¢ coltà tecniche della laparoscopia sono compensate dauna migliore visualizzazione dei dettagli anatomici, attraverso ingrandimentodell�immagine, che risulta molto utile quando si deve operare su organi delicatio in contiguità di strutture vascolari e nervose.Tuttavia, la creazione ed il mantenimento dello pneumoperitoneo, neces-

sario alle procedure laparoscopiche classiche, può comportare inconvenienti chehanno indotto a ricercare nuovi metodi di sollevamento della parete addom-inale. In questa direzione si sono cimentati diversi Autori che hanno ideatonumerosi sistemi per la creazione della camera di lavoro dando vita ad unatecnica laparoscopica senza pneumoperitoneo, denominata gasless o isobarica.Analogamente all�insu­ atore, i distensori meccanici provvedono al solleva-

mento del peritoneo e della parete addominale, attraverso l�applicazione direttadi forze meccaniche ai tessuti sottostanti. La tecnica gasless rappresenta at-tualmente l�unica alternativa valida, soprattutto in determinati interventi, al-l�insu­ azione di gas, ma come l�insu­ atore implica inconvenienti e di¢ coltaoperatorie sicuramente non trascurabili.La parte iniziale del lavoro è dedicata allo studio anatomo-funzionale del

peritoneo e dello pneumoperitoneo, al �ne di capire quali sono i reali scopichirurgici a cui esso è dedicato. Pochi cenni di anatomia �siologica e chirurgicahanno messo in luce come l�utilizzo di gas possa , oltre a distendere i tessutie quindi preparare lo spazio operatorio, anche ovviare in un primo insorgere aproblemi primari come ad esempio il sanguinamento venoso e l�ingombro deivisceri.Successivamente si è passati all�analisi sul principio di funzionamento dello

strumento, sul suo collegamento al paziente, sul suo settaggio e sul suo utiliz-zo. Da un punto di vista tecnico in questo modo si è riusciti ad avere unavisione chiara delle procedure chirurgiche associate all�insu­ atore, nonchè dellenecessità degli operatori e del personale di sala.L�analisi tecnica sulle speci�che funzionali e tecnologiche o¤erte dai moderni

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insu­ atori è oggetto della terza parte dello studio. Tale sezione riveste enormeimportanza in quanto analizza ciò che o¤re attualmente il mercato ed apre afuture indagini su ciò che invece non o¤re ma che sarebbe opportuno avereper una maggiore sicurezza del paziente e degli operatori, nonchè per una sem-pre migliore performance chirurgica. Le problematiche analizzate riguardanola depressurizzazione automatica dello pneumoperitoneo, il ra¤reddamento deitessuti e quindi del paziente, il rinnovamento continuo del gas dell�addome, l�es-trazione di fumi e vapori, nonchè la contaminazione dell�ambiente operatorio.Per ciascun problema si è cercato di proporre eventuali miglioramenti (lad-dove sia stato necessario) soprattutto per quanto concerne il ra¤reddamentodel paziente e il rinnovamento continuo di gas, anche attraverso la citazione direcenti studi ancora in fase sperimentale.E�stato inoltre fornito qualche accenno sulle proprietà chimico-�siche dei vari

gas utilizzati in chirurgia laparoscopica, evidenziando il linea generale le moti-vazioni che hanno indotto e ormai consolizato l�utilizzo esclusivo della anidridecarbonica.Le ultime due sezioni dedicate allo pneumoeritoneo hanno riguardato lo stu-

dio sommario delle alterazioni �siopatologiche ad esso collegate, nonchè dellecomplicanze chirurgiche più frequenti.Per quanto concerne i distensori meccanici sono stati analizzati tre tipi di

metodiche: la trazione manuale, ovvero il sollevamento della parete addominalemediante l�azione diretta del personale di sala, attraverso ad esempio ancoraggiocon �li di stura, sistemi tensorei �ssi, ovvero braccia meccaniche dotate di gancio aghi ancorbili ai tessuti addominali e stabilmente �ssati a supporti esterni alpaziente e dispositivi gon�abili.L�utilizzo di tali strumenti annulla totalmente gli inconvenienti derivanti

dalla insu­ azione di gas, ma ne introduce dei nuovi e non meno pericolosi :la creazione di uno spazio chirurgico limitato e fortemente asimmetrico, l�in-gombro dei visceri e la formazione eventuale di trombi ed ischemie sui tessutistirati. Anche per gli strumenti tensorei sono state proposte eventuali modi�chemigliorative.L�ultima parte del lavoro è dedicata all�illustrazione di uno studio clinico

e¤ettuato presso l�Università di Dundee (Scozia) nel 2004. Il lavoro è voltoalla comparazione tra la tecnica con gas e la tecnica gasless in chirurgia laparo-scopica, in particolare durante la colecistectomia. Lo studio ha dimostrato unasostanziale parità tra i due tipi di intervento per quanto concerne lo stato delpaziente durante e dopo l�operazione, ma ha messo in luce tutte le di¢ coltàoperatorie riscontrate nella tecnica gasless a causa dell�insu¢ cienza di spazioper l�esecuzione veloce ed accurata dei movimenti.

2 Utilizzo chirurgico in laparoscopia

L�insu­ atore permette essenzialmente di:

� Creare lo pneumoperitoneo,ovvero il sollevamento e lo scostamento dellaparete addominale dai visceri a seguito dell�insu­ azione di gas medicale.

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� Mantenere la camera di lavoro durante tutto l�intervento.

� Controllare la pressione all�interno della cavità creata al �ne di evitaredanni da ipersollecitazione.

� Rinnovare periodicamente il gas.

� Preriscaldare ed umidi�care il gas per contrastare l�ipotermia in corso diinterventi chirurgichi lunghi.

I primi gas usati in laparoscopia furono l�aria, l�ossigeo O2 e il protossido diazoto N2O . Attualmente il gas utilizzato comunemente è l�anidride carbonica,CO2. Le caratteristiche favorevoli di tale gas risiedono nella sua rapida e faciledi¤usione,l�alta solubilità (che limita i rischi di embolia) e la possibilità di essereeliminata attraverso la respirazione. Altri gas usati sono anche l�elio,He, cheo¤re minimi e¤etti collaterali a livello metabolico, soprattutto nella chirurgiaendocrina e lo xenon, Xe, che garantisce buona stabilità cardiaca.

2.1 Il peritoneo e lo pneumoperitoneo

La principale funzione del peritoneo consiste nel rivestimento e nella lubri�-cazione dei visceri addominali. Dal punto di vista �sico è assimilabile a unamembrana semipermeabile che permette il passaggio di acqua e soluti secondoosmosi: ciò giusti�ca il grande potere di assorbimento sia per via capillare cheper via linfatica. Un�altra importante caratteristica della sierosa peritoneale èla sua ricchezza in meccanismi di difesa sia cellulari (linfociti, macrofagi) siaumorali (anticorpi, opsonine). Tale capacità è esaltata dal grande epilploon,che con la sua mobilità contribuisce alla circoscrizione di focolai settici e altamponamento di soluzioni di continuo del tratto gastrointestinale, con la com-partecipazione di altre strutture dotate di notevole mobilità, quali il mesenteree le anse del tenue.La super�cie del peritoneo è di circa 2 mq. Le noxe patogenecapaci di determinare una irritazione del peritoneo sono molteplici; tuttavia larisposta del peritoneo è piuttosto costante, e in funzione della gravità possonodeterminare delle ripercussioni a livello sistemico.Il peritoneo si suddivide in viscerale e parietale. La cavità addominale è

suddivisa in cavità peritoneale generale e retrocavità degli epiplon, che risultanoin comunicazione tramite il forame di Winslow. Il peritoneo parietale riceve unainnervazione sia dal sistema somatico che da quello viscerale; è quindi sensibilea svariati stimoli.L�insu­ azione di gas produce quindi il discostamento di tali tessuti, con-

sentendo, come più volte sottolineato la creazione della camera di lavoro. Aseconda della quantita di gas insu­ ata si possono ottenere diversi tipi di spazichirurgici; in linea generale si ottiene sempre uno spostamento del diaframmaverso la cavità toracica e un posizionamento dei visceri variabile a seconda del-l�orientazione che si fa assumere al paziente. La pressione di insu­ azione simantiene intorno ai 12mmHg onde evitare fenomeni di embolia e alterazionidella eiezione cardiaca.

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Figura 1: Anatomia della cavità addominale e del peritoneo.

Oltre a garantire la camera di lavoro, lo pneumoperitoneo aiuta l�emostasivenosa, soprattutto quella dei capillari: la pressione intravenosa è infatti minoredi 12mmHg e quindi è impedita la fuoriuscita di sangue.Il corretto posizionamento del paziente sul lettino operatorio è essenziale

per la buona riuscita dell�intervento ed è complementare all�utilizzo del gasmedicale nella creazione dello spazio funzionale all�intervento. Alla posizioneclassica orizzontale a decubito dorsale si a¢ ancano diverse altre disposizioni,come ad esempio quella di Trendelenburg (paziente con il capo in basso e gliarti inferiore sollevati) utile nelle operazioni al piccolo bacino. Il gas insu­ ato sidispone quindi funzionalmente alle posizioni assunte, spostando e mantendendoi visceri lontani dalle regioni interessate all�intervento.

3 Principio di funzionamento

Un insu­ atore è schematizzabile come un circuito chiuso a pressione controllata.Il gas medicale può essere fornito attraverso bombole poste in prossimità dell�ap-parecchio o attraverso prese a parete collegate ad un sistema di distribuzione digas centralizzato. La possibilità di disporre di un sistema centralizzato consenteinoltre di massimizzare la sicurezza associata all�utilizzo di tale dispositivo: le

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Figura 2: Lo pneumoperitoneo. In alto sinistra Rx, si noti la mezzaluna trafegato e diaframma sospinto verso l�alto. In alto a destra rappresentazioneschematica dello spostamento dei visceri. In basso diverse posizioni assunte dallettino operatorio e quindi dal paziente durante gli interventi chirurgici

bombole lavorano infatti ad una pressione compresa tra i 50 e i 200bar, men-tre i distributori a parete erogano gas a 3:5 � 5bar. Tale aspetto non è certotrascurabile in quanto i rischi da esso derivanti non si limitano al solo paziente,ma anche e soprattutto ai medici e al personale di sala operatoria. Un sistemache lavora a pressioni così elevate facilità l�insorgere di fuoriuscite non volutedi gas che contribuiscono ad aumentare le probabilità di inquinamento tossicodell�aria nonchè quella di incendio o di esplosione all�interno della sala stessa.La pressione di insu­ azione è circa 12mmHg, che eqivale a circa 0:016bar.

Non è di¢ cile immaginare quindi la presenza all�interno del circuito di insuf-�azione di valvole riduttrici, capaci di portare a livelli opportuni la pressione delgas. Altri tipi di valvole associate sono quelle di sicurezza: dispositivi di sfogodel gas che permettono di smaltire verso l�esterno e quindi non all�interno delpaziente, eventuali sovrapressioni che si generano all�interno del circuito stesso.La riduzione della pressione non è comunque istantanea; essa segue vari stepprogressivi, al �ne di evitare sovrasollecitazioni sulle singole valvole.Associato al circuito �uidico esiste sempre un dispositivo elettronico di con-

trollo. In relazione alle informazioni ricevute dai trasduttori di �usso e pressionedisposti lungo il circuito, esso modula la chiusura e l�apertura delle valvole, al�ne di mantenere costante i parametri del gas insu­ ato.

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Nei moderni insu­ atori è possibile anche regolare la temperatura del gasallo scopo di sopperire alla naturale ipotermia che si veri�ca soprattutto inoperazioni molto lunghe.Altri parametri monitorizzabili sono le pressioni all�interno delle bombole

nonchè la quantità di gas residua.

Figura 3: A sinistra: Schema circuitale dell�insu­ atore. A destra: consolledell�insu­ atore con indicati i vari parametri modi�cabili

3.1 Collegamento al paziente e utilizzo del insu­ atore

Lo pneumoperitoneo si realizza all�inizio di ogni intervento laparoscopico, attra-verso una piccola incisione cutanea e¤ettuata solitamente a livello periombeli-cale. Lo strumento collegato all�insu­ atore generalmente inserito nell�addomeè l�ago di Veress. L�introduzione dell�ago è una manovra alla cieca, senza cioèpossibilità di vedere cosa accade all�interno dell�addome; è facile intuire quindiquali siano i rischi per il paziente ad essa associati: lesioni intestinali e vascolarisono le complicanze più gravi. La manovra è guidata da punti di repere super-�ciali, ma può essere alterata da anatomie �siologiche e patologiche particolarinonchè da eventuali aderenze create ad esempio da interventi chirurgici prece-denti o da in�ammazioni risolte del peritoneo. Alcuni chirurghi preferisconoquindi creare lo pneumoperitoneo attraverso una incisione delle fasce muscolari,che consente una visione diretta dell�introduzione del trocar di Hasson. Talestrumento è dotato di punta non tagliente e di un sistema di ancoraggio allaparete addominale: i rischi derivanti dalla sua introduzione sono ridotti rispettoa quelli dell�ago di Veress.Una volta introdotto il trocar di Hasson o l�ago di Veress si procede al-

l�insu­ azione del gas: la parete addominale si distende progressivamente, �noa raggiungere i livelli pressori preimpostati. Ottenuta la camera di lavoro siprocede all�introduzione dell�ottica e degli strumenti chirurgici (sotto visioneattraverso ulteriori incisioni praticate sull�addome).

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Figura 4: In alto a sinistra: Posizionamento dell�ago di Veress; in alto a de-stra: trocar di Hasson; in basso: posizionamento di tutti gli altri strumentilaparoscopici dopo la creazione dello pneumoperitoneo

Durante l�intervento l�insu­ atore è collegato al paziente generalmente attra-verso altri porta strumenti inseriti nella cavità addominale (trocar equipaggiaticon porte per insu­ azione) [Vedi �gura 5].

3.2 Uso e settaggio dell�apparecchio

I moderni insu­ atori consentono la scelta di almeno tre livelli di �usso di gas.Il livello minimo, 1 L/min, è utilizzato per la creazione del pneumoperitoneo:esso permette una progressiva distensione della cavità addominale, con una par-allela riduzione del ritorno venoso e un conseguente adattamento del sistemacardiocircolatorio, senza incorrere in complicanze acute e dannose.Prima dell�attivazione dell�apparecchio è necessario che risultino negativi

tutti i controlli e¤ettuati automaticamente dall�insu­ atore stesso:

� Controllo della purezza del gas

� Presenza del gas nelle bombole

� Corretto collegamento al sistema di distribuzione centralizzato

� Su¢ ciente quantitativo di gas di scorta

� Collegamento in parallelo di altre unità fornenti gas

� Veri�ca della presenza e del funzionamento dei �ltri sulle bocchette d�us-cita

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Figura 5: Collegamento insu­ atore-paziente. Cavo di collegamento e possibilistrumenti di aggancio.

� Settaggio corretto ed univoco dei valori minimi e massimi di pressione.

Un�attenzione particolare va rivolta all�andamento della pressione addomi-nale durante la creazione dello pneumoperitoneo. Generalmente essa passa davalori prossimi allo zero o leggermente negativi a valori progressivamente mag-giori, accompagnandosi con segni evidenti di distensione e rigon�amento, e conuna progressiva diminuizione dei suoni di percussione del fegato. Se la pressionesubisce un repentino aumento iniziale il processo deve essere subito interrottoal �ne di capirne le cause: esse possono essere legate all�apparecchio (valvoleostruite o difettose) o al paziente, in ogni caso sono potenzialmente molto peri-colose. Anche un aumento della pressione senza un�evidente segno di distensioneaddominale è sintomo di alterazioni pericolose del sistema.E�raccomandabile che la pressione di insu­ azione sia compresa tra i 12 e

i 15mmHg per i pazienti adulti, mentre si mantenga prossima ai 6mmHg per

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i pazienti molto giovani (bambini). A causa degli enormi rischi derivanti daaumenti incontrollati di pressione, il settaggio del �usso non può essere acci-dentalmente cambiato. Esso avviene in genere attraverso sistemi analogici odigitali, opportunamente bloccati all�inizio dell�intevento: aggiustamenti pres-sori durante l�operazione sono resi possibili solo con procedure particolari noneseguibili accidentalmente. Si riportano ad esempio due modelli, analogico e dig-itale: il primo controller è bloccato meccanicamente, mentre il secondo si attivasolo dopo una contemporanea pressione dei due bottoni posti sotto l�indicatore.

Figura 6: Due diversi sistemi di regolazione della pressione di insu­ azione op-portunamente bloccati per evitare attivazioni accidentali. A sinistra analogico,a destra digitale

4 Speci�che tecniche attualmente richieste/disponibili

Attualmente sono disponibili in commercio insu­ atori elettronici di CO2 concontrollo computerizzato dell�intera procedura di insu­ azione.Le pressione di insu­ azione massime sono di 30mmHg, con un �usso di

gas massimo di circa 30l=min. E�possibile selezionare un�erogazione di �us-so in modo semicontinuo e a intermittenza, attraverso due modalità diinsu­ azione:

� Avviamento del pneumoperitoneo con minimo �usso continuo di gas (nonsuperiore a 3 l/min) e pressione di insu­ azione limitata (circa 15 mmHg)

� Insu­ azione con pressione e �usso liberamente selezionabili da zero �noal valore massimo.

E�inoltre opportuna una visualizzazione su display dei parametri relativi alcontrollo di

� pressione del paziente

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� �usso gas

� portata di gas

� riserva di CO2

� consumo di CO2durante l�intervento

� pressione di insu­ azione impostata

� pressione intraddominale

� temperatura della CO2

Eventuali situazioni di pericolo sono in genere segnalate da allarmi otticied acustici, non disinseribili, per pressione intra-addominale superiore a quellaimpostata.I sistemi di sicurezza permettono il controllo costante della pressione intra-

addominale, con riduzione immediata automatica degli eccessi.E� possibile inoltre avere un sistema di riscaldamento della CO2 a 37�C,

posizionato all�esterno dell�insu­ atore. Anche l�umidi�cazione del gas è impor-tante, ma non sempre possibile per problemi legati alla asetticità della miscelarisultante.Il controllo dell�apparecchio deve poter essere fatto in prossimità della con-

solle e a distanza (dal campo sterile tramite telecomando,pedale, computer osistema vocale).

4.1 Depressurizzazione automatica

Il rischio di embolie e barotraumi è statisticamente rilevante negli interventilaparoscopici. Tutti gli insu­ atori sono quindi provvisti di sistemi di controlloe circuiti di allarme appositamente tarati, che permettono di monitorare lasituazione intraddominale e prevenire quindi eventuali danni.Un meccanismo di sicurezza e¢ cace soprattutto quando le pressioni rag-

giungono livelli molto elevati è la depressurizzazione automatica dell�addome.Lo schema di principio è concettualmente molto semplice. Quando i sensoridi pressione associati all�estremità terminale del cavo di insu­ azione misuranouna pressione addominale elevata (> di 15 mmHg) i dispositivi ottici ed acusticidi allarme segnalano l�evento. A tale segnalazione si associano sostanzialmentedue conseguenze:

1. Chiusura del circuito di insu­ azione attraverso l�attivazione delle valvoledi sicurezza.

2. Svuotamento del gas della camera di lavoro verso l�esterno, attraversol�apertura di una seconda valvola posta in parallelo alla prima.

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Figura 7: Schema di principio della depressurizzazione addominale: 1-Rilevamento pressione elevata; 2-Allarme; 3- Chiusura della valvola diinsu­ azione; 4- Svuotamento della camera di lavoro

Il servomeccanismo così innescato ha un�e¢ cacia ed un�e¢ cienza abbastanzabuone: le tempistiche di intervento sono relativamente brevi e la fuoriuscita delgas consente un ripristino immediato della pressione dentro l�addome.Particolare attenzione meritano però le problematiche connesse a tale fuo-

riuscita per gli operatori di sala e per l�asetticità della camera operatoria stessa.Anche se il rischio di incendio è evitato con l�utilizzo di CO2,permangono i rischiconnessi alla carica batterica che viene introdotta in sala. E�opportuno quin-di che tale fuoriuscita sia convogliata in zone lontane dallo strumentario e dalcampo sterile. Ciò è in parte garantito poichè il �usso di anidride carbonica escedall�insu­ atore stesso e poichè ogni sala operatoria dovrebbe essere provvistadi impianti di ricircolo e �ltraggio dell�aria globali e locali (aseptair : mobilettidi �ltraggio posti in campo sterile e in prossimità degli strumenti). Inoltre èopportuno che i condotti di uscita dell�insu­ atore siano provvisti di opportuni�ltri, capaci di ridurre la carica batterica allo 0.03%

4.2 Riscaldamento del gas

La perdita di calore e la conseguente diminuizione di temperatura corporeasono inconvenienti �siologici degli interventi chirurgici. Anche negli interventiin laparoscopia si veri�ca tale fenomeno in quanto il paziente è anestetizzato

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totalmente e quindi non è in grado di attuare tutti i meccanismi termoregolatorivolontari ed involontari di cui dispone. La perdita di calore è conseguenza diun gradiente di temperatura

_Q = U �A � (Ts � Ta)

con_Q calore scambiato [Watt]U resistenza termica che tiene conto della modalità di trasmissione del calore

(conduzione, convezione)A area super�cialeTs temperatura corporea (sangue, visceri...)Ta temperatura esterna (aria, gas...)

Nello speci�co quindi esso è proporzionale alla durata dell�intervento e alladi¤erenza di temperatura tra la cavità addominale e il gas insu­ ato, nonchèall�umidità del gas stesso. Ricordiamo infatti che il vapore acqueo e l�acquapresenti sui visceri della cavità addominale tendono ad evaporare assorbendo dalcorpo calore latente di evaporazione: l�evaporazione è ostacolata dalla presenzadi un gas umidi�cato in quando questo rende l�ambiente di lavoro saturo e quindiincapace di contenere ulteriore vapore acqueo proveniente dalla evaporazionedell�acqua interna.I primi insu­ atori garantivano solo il riscaldamento del gas insu­ ato non

riuscendo così ad ostacolare l�ipotermia locale dei tessuti.Come è possibile notare dalla �gura 8, all�aumentare della durata dell�inter-

vento, la temperatura interna del paziente decresce da 37�C a 31�C. L�anda-mento di tale ra¤reddamento è però pressocchè uguale nei due casi proposti,ovvero utilizzando gas riscaldato a circa 41:5�C e utilizzando gas non riscaldato.Ciò ha suggerito l�importanza di considerare anche l�umidità come parametroessenziale per il mantenimento della temperatura corporea. Bisogna sottolineareinoltre che una variazione di temperatura di soli 6�C non è a¤atto trascurabile:se si considera che intorno ai 30�C in condizioni non chirurgiche comincianoad innescarsi i meccanismi di coma da freddo, si capisce bene l�importanza diprevenire l�ipotermia al �ne di evitare danni tessutali anche irreversibili.L�umidi�cazione del gas è comunque un processo molto delicato soprattutto

per il pericolo di contaminazione batterica e quindi per la perdità della sterilitàdella miscela. In genere si potrebbe ottenere nei moderni insu­ atori attraversol�iniezione di vapore secco.

4.3 Rinnovamento continuo del gas

La composizione del gas all�interno della cavità addominale non è �ssa, ma variain relazione al tipo di intervento, alla sua durata e alle metodiche chirurgicheutilizzate. In particolare studi recenti hanno dimostrato che la sua compo-sizione è determinata dalle dinamiche associate a due gas, la CO2 insu­ ata eil protossido di azoto N2O utilizzato come anestetico durante la ventilazionepolmonare.

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Figura 8: Andamento della temperatura interna del paziente con l�utilizzo digas riscaldato e non riscaldato.

L�anidride carbonica a causa della sua alta solubilità viene rapidamente as-sorbita dai tessuti circostanti, trasportata dal sangue e conseguentemente espul-sa con la respirazione; la sua concentrazione intraddominale quindi diminuiscecontinuamente e viene sostituita dal protossido di azoto, poco solubile e poten-zialmente molto pericoloso per il paziente. La poca solubilità infatti aumenta ilrischio di embolia addominale, nonchè quello legato all�esplosione ed all�incendiodate le elevate concentrazioni che esso può raggiungere nell�addome. L�N2O nonè un gas in�ammabile, ma a di¤erenza della CO2 è un comburente, può favorirequindi il propagarsi d�incendi alimentando le �amme in presenza di sostanzecombustibili (ricordiamo il pericolo di scintille dovuto all�utilizzo di strumentichirurgici alimentati).Mantenendo costante la concentrazione di anidride carbonica invece, attra-

verso insu­ azione continua di gas si evita la di¤usione di protossido dai tessuti,in quanto non esiste più in gradiente pressorio necessario allo spostamento digas da un sito all�altro.E�da notare comunque che la concentrazione di N2O disciolto in CO2 si

mantiene al di sotto del 30% entro 2 ore di intervento. Per interventi brevi, essapuò quindi non essere considerato un problema grave.

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Figura 9: Andamento della concentrazione di protossido di azoto di¤uso nell�anidride carbonica della cavità addominale, in assenza di �usso continuo di CO2.Si riportano l�andamento teorico e i dati sperimentali.

4.4 Estrazione dei fumi

Alcuni insu­ atori permettono la rimozione dalla camera di lavoro dei fumiprodotti durante l�intervento, per esempio a seguito di elettrocoagulazione adalta frequenza. Tali fumi causano una perdita della visibilità del campo op-eratorio più o meno lunga e sono quindi di intralcio alla normale procedurachirurgica; tale problema si riscontra soprattutto durante gli interventi e¤et-tuati con camere di lavoro anguste e ricavate ad esempio in distreti anatomiciparticolari. I volumi di fumi aspirati sono continuamente rimpiazzati da nuovaCO2, garantendo così sempre un volume ed una pressione ottimali.Lo schema di funzionamento di tali insu­ atori è sostanzialmente simile a

quello degli insu­ atori non aspiranti. Alla bocchetta di collegamento al corpocon�uiscono oltre al tubo per l�insu­ azione e a quello per il controllo dellapressione, anche un terzo tubo aspirante aperto verso l�esterno. Anche in questocaso la bocchetta di uscita dovrà essere equipaggiata con opportuni sistemi di�ltraggio per evitare le complicanze ambientali precedentemente descritte perla depressurizzazione automatica.

4.5 Contaminazione del gas e dell�ambiente operatorio

I problemi di contaminazione in chirurgia laparoscopica sono contenuti rispettoalla chirurgia open e soprattutto connessi all�insu­ atore, sia in ingresso che inuscita.L�utilizzo di gas non sterili produce insu­ azioni di enormi quantitativi di

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Figura 10: Schema di funzionamento del sistema di aspirazione fumi.

CFU batteriche all�interno del paziente, con conseguenze molto rilevanti sullariuscita dell�intervento e sullo stato di salute post-operatorio: in un contestoin cui il corpo si trova debilitato, quale è quello chirurgico, anche minimi con-tatti con materiali infetti possono provocare conseguenze devastanti a livellolocale e sistemico. In entrata al paziente sono quindi inseriti dei �ltri apposi-ti, con e¢ cienza del 99.97% che �ltrano il gas. Tali componenti devono essereintegri e completamente funzionanti; l�avvento del monouso anche sui tubi del-l�insu­ atore ha in parte risolto i rischi collegati a �ltri intasati, sporchi edine¢ cienti.Anche in uscita all�insu­ atore si rendono necessari dispositivi di �ltraggio

per evitare, come precedentemente sottolineato, la contaminazione della salaoperatoria da agenti inquinanti (cellule e batteri) provenienti dal paziente.

5 Valutazione dei di¤erenti gas medicali

Attualmente il gas universalmente usato per la chirurgia mininvasiva è l�anidridecarbonica. Si riportano a tale proposito le proprietà chimico-�siche di altri gasproposti o utilizzati in passato, al �ne di comprendere meglio le motivazioni chehanno indotto all�utilizzo consolidato della CO2.

� Aria sterile: il principale limite nell�utilizzo di tale gas è rappresenta-to dalla sua scarsa solubilità attraverso i tessuti. Ciò comporta essen-zialmente due problemi: lo smaltimento alla �ne dell�intervento e i rischi

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Figura 11: Sistema di �ltraggio del gas: a sinistra in entrata al paziente, a destrain uscita.

legati a barotrauma ed embolie. Per il primo punto è utile sottolineare cheuno smaltimento lento del gas utilizzato nell�intervento aumenta i proble-mi e la durata del decorso post-operatorio, vani�cando in parte l�enormebene�cio della chirurgia mininvasiva nella ripresa rapida di una normaleattivita psico-�sica.

� Ossigeno:la sua alta in�ammabilità e l�elevata esplosività lo rendono ina-datto alla pratica laparoscopica e mininvasiva. L�elettrocauterio è inutiliz-zabile a causa dei rischi connessi ad eventuali scintille e surriscaldamentida esso prodotti, così come tutti gli strumenti chirurgici alimentati cheprevedono il passaggio di corrente (elettrobisturi...). Anche le scaricheelettrostatiche possono indurre incendi ed esplosioni.

� Protossido di azoto: come discusso in precedenza, è un gas anestetiz-zante comburente e a rischio esplosivo ( se miscelato ad esempio al metanointestinale). Il suo utilizzo è altamente sconsigliato, anzi dovrebbe essernecontinuamente ostacolata la naturale di¤usione all�interno dello spazio dilavoro attraverso insu­ azioni continue di anidride carbonica.

� Elio: è un gas non in�ammabile, non tossico e totalmente inerte, usatosoprattutto nella chirurgia endocrina. Tuttavia la scarsa solubilità e dif-fusività lo rendono inadatto alla pratica laparoscopica in quanto possonoprovocare embolie, occlusioni vascolari ed addirittura danni neurologici.

� Xenon e Argon: sono scarsamente utilizzati, se non per pazienti concardiopatie in quanto garantiscono una elevata stabilità emodinamica equindi una minima alterazione del sistema cardiocircolatorio.

� Anidride carbonica: la CO2 non è certo il gas ideale, perché ha l�in-conveniente di di¤ondere facilmente nei tessuti e perché grazie alla sua

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solubilità ed al gradiente pressorio entra velocemente in soluzione nel sis-tema circolatorio del paziente. Questa di¤usione è facilitata dal fatto chenella cavità addominale il gas, insu­ ato per distendere la parete addomi-nale, ha una pressione positiva (i 12mm Hg di taratura) ed è in contattodiretto con le sierose viscerali, che lo assorbono molto più facilmente deglialtri epiteli, più impermeabili al passaggio, come potrebbe essere ad es-empio nel caso della cute. Proprio l�assorbimento dell�anidride carbonicada parte delle sierose produce una cascata d�eventi negativi:

- il ra¤reddamento e la disidratazione delle sierose, correlabile a due ordinidi fattori:sia alla decompressione del gas in addome sia alla continuaventilazione della cavità addominale, provocata dal continuo ricam-bio compensatorio delle perdite di gas deumidi�cato (CO2 anidramedicale), che fuoriesce attraverso le valvole dei trocars e dall�azionedell�aspiratore,

- la di¤usione del gas nel terzo spazio (di¤usione nei liquidi intercellulari),che ha come conseguenza l�acidi�cazione della massa circolante perl�abbassamento del pH venoso e soprattutto linfatico

- la comparsa di una condizione di ipercapnia, che signi�ca aumento dellaconcentrazione di CO2 nel sangue circolante, ed è sempre correlataalla di¤usione del gas nella massa ematica circolante.

All�analisi delle proprietà chimico-�siche dei gas va aggiunta l�analisi dei fumie dei vapori prodotti dagli strumenti chirurgici operanti all�interno della cameradi lavoro. Molti strumenti infatti utilizzano gas ad alta pressione e liquidi: co-agulatori laser, coagulatori rapidi ad Argon e colle tessutali spray. La portatadi tali strumenti può arrivare anche a diversi litri al minuto, causando notevoliscompensi pressori all�interno della cavità operatoria. Anche gli strumenti perl�irrigazione ed il lavaggio aumentano notevolmente il volume operatorio, cau-sando di conseguenza un aumento signi�cativo della pressione. Si riportano atitolo esempli�cativo le variazioni di pressione e volume prodotte dai diversistrumenti:

� Laser: 1-5 L/min

� Coagulatore ad Argon:0.5-3 L/min

� Colla tessutale: 3-10 L/min

� Irrigazione:0.5-5 L/min

6 E¤etti �siopatologici dell�insu­ azione di gas

6.1 Sistema cardiocircolatorio

Lo pneumoperitoneo diminuisce il ritorno venoso (il precarico) e di conseguen-za altera la normale eiezione del sangue da parte del cuore. Tale diminuzione è

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causata dalla compressione dei circoli venosi periferici e splancnici. Essa compor-ta un aumento della frequenza cardiaca (tachicardia compensatoria), un aumen-to della pressione arteriosa, un aumento del postcarico, ovvero delle resistenzevascolari periferiche e polmonari. Tali cambiamenti emodinamici e circolatorisono causati dalla stimolazione simpatica e neuro-ormonale, ovvero dei sistemivasopressina e renina-aldosterone-angiotensina. Essi sono e¤etti prettamentemeccanici, indipendenti quindi dal tipo di gas utilizzato: sono in genere bentollerati da pazienti in buone condizioni, entro comunque i 15 mmHg di pressioneaddominale.Anche la posizione assunta dal paziente durante l�intevento contribuisce alla

comparsa di tali scompensi. Una posizione che prevede gli arti inferiori postipiù in basso rispetto al tronco ed al capo (posizione di Trendelenburg inversa)induce stasi venosa alle estremità inferiori ed aumenta il rischio di trombosi dellevene profonde. Attualmente sembra che i rischi di trombosi venosa profondasiano maggiori negli interventi laparoscopici rispetto a quelli della chirurgiatradizionale: spesso alcuni chirurghi consigliano una pro�lassi preoperatoria conanticoagulanti speci�ci (eparina).I cambiamenti emodinamici sono massimi nella fase iniziale dell�intervento,

durante la formazione dello pneumoperitoneo: una distensione lenta e progres-siva della parete addominale consente un adattamento e¢ cace del sistema car-diocircolatorio e limita quindi le complicanze ad esso connesse. La posizione diTrendelenburg e quella inversa dovrebbero essere assunte allorchè la pressioneintraddominale è stata stabilizzata.I problemi emodinamici si risolvono generalmente con la �ne dell�intervento,

quando lo pneumoperitoneo viene sgon�ato e la normale presione addominaleviene ripristinata.

Figura 12: Posizione di anti-Trendelenburg a sinistra e Trendelenburg a destra

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6.2 Sistema respiratorio

L�utilizzo di anidride carbonica induce a livello chimico due problemi:

� Ipercapnia, ovvero un aumento della concentrazione di CO2 nel sanguecircolante

� Acidosi respiratoria

tutti e due sono causati dall�elevato assorbimento della CO2 attraverso laparete peritoneale.L�aumento della pressione addominale induce inoltre rilevanti scompensi

pressorei nella cavità toracica ad essa sovrestante. La pressione intratoracicasubisce infatti un aumento, a cui consegue una diminuizione della compliancetoraco-polmonare ed un aumento delle resistenze respiratorie (sindromi restrit-tive ed ostruttive). La base dei polmoni è compressa e sospinta verso l�alto, acausa dell�anestetico che induce un rilassamento totale del diaframma che quindinon riesce ad opporsi all�azione meccanica prodotta dall�aumento di pressioneintraperitoneale e che di conseguenza viene dislocato verso l�alto.Oltre ad una diminuzione del volume e della compliance polmonare si assiste

ad un aumento dello spazio morto anatomico e ad un�alterazione dei meccanismidi ventilazione/perfusione. Anche in questo caso le complicanze vengono accen-tuate dalle posizioni assunte dal paziente durante l�intervento e dalla duratadello stesso.

6.3 Perfusione degli organi

Lo pneumoperitoneo produce anche alterazioni della normale perfusione degliorgani addominali.Esso riduce la perfusione renale e la velocità di �ltrazione glomerulare, riscon-

trabile immediatamente da una diminuizione della produzione di urina; talediminuizione della funzionalità renale è direttamente proporzionale alla pres-sione intraddominale. Il parenchima renale è direttamente sollecitato dall�azionemeccanica della pressione, così come le vene e le arterie che lo irrorano.Un e¤etto conseguente è inoltre l�attivazione del sistema renina-angiotensina,

che determina la vasocostrizione renale e periferica. Gli e¤etti derivanti dall�al-terazione renale sono comunque trascurabili per un individuo sano non sotto-posto ad ipertensione addominale.Anche la circolazione epato-portale diminuisce progressivamente; inoltre può

veri�carsi un aumento della concentrazione degli enzimi epatici soprattuttoidurante gli interventi prolungati.La pressione addominale induce inoltre una compressione meccanica dei

vasi e dei capillari mesenterici, riducendo la microcircolazione splancnica e ladi¤usione dell�ossigeno nei vari organi addominali.I pazienti sani compensano totalmente tali e¤etti, non presentando partico-

lari alterazioni alla �ne dell�intervento.

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6.4 Sistema immunitario

Nonostante siano state evidenziate alterazioni dello pneumoperitoneo sul sis-tema immunitario, le cause scatenanti sono ancora ignote. Gli e¤etti sembra-no essere soprattutto su parametri immunitari indiretti, citochine, prodotti didegradazione cellulare, piuttosto che su quelli diretti, attività e concentrazionedi linfociti, monociti-macrofagi, mastociti...Anche gli studi di¤erenziali sui vari gas appaiono contraddittori: rispet-

to alla anidride carbonica, l�elio risulta essere meglio tollerato, deprime pocol�immunità cellulare, limita la traslocazione batterica e riduce gli stress dellarisposta.Agli inizi della pratica laparoscopica furono registrati casi di metastasi nelle

regioni di inserzione dei trocar. Tali complicanze sono state notevolmente circo-scritte grazie al miglioramento delle varie tecniche chirurgiche. Attualmente iltumore viene manipolato il meno possibile con gli strumenti, essi sono inoltreben ancorati alla parete addominale attraverso trocar con speci�ci sistemi di�ssaggio. La rimozione dei tessuti tumorali viene inoltre condotta con speci�cistrumenti che limitano il contatto con tessuti limitro�, irrigazioni con soluzioniiodate detergono le zone di incisione e di lavoro. Ad oggi non esistono di¤erenzepercentuali nell�insorgenza di metastasi alla parete addominale tra la tecnicalaparoscopica e la chirurgia open.

7 Complicazioni chirurgiche

7.1 Lesioni a strutture sottostanti

Si stima che circa il 20-40% delle complicazioni che si presentano in chirurgialaparoscopica avviene durante la creazione dello pneumoperitoneo. Tali eventi,se pur rari, sono spesso molto seri e constringono talvolta il chirurgo alla conver-sione dell�intervento: un viscere o un vaso lesionato possono provocare fenomenisettici ed emorragici anche a qualche ora dalla �ne dell�intervento, senza sintomiallarmanti, ma comunque estremamente gravi.Come descritto in precedenza, esistono due tecniche diverse per la creazione

della camera di lavoro: l�ago di Veress e il trocar di Hasson; quest�ultima stru-mento consente una maggiore sicurezza in quanto l�introduzione del trocar èfatta sotto visione, attraverso una incisione della fascia muscolare di qualchecentimetro.

7.2 Embolia gassosa

E�una complicanza estremamente rara, ma potenzialmente letale; si manifestacon la presenza di bolle di gas all�interno dei vasi che bloccano il regolare �ussodi sangue, generando ipossia e necrosi in tutti i tessuti a valle dell�ostruzione senon irrorati per via alternative. La più frequente è quella polmonare, seguonopoi quella coronarica e cerebrale.I meccanismi di tale fenomeno sono:

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Figura 13: Possibili complicanze durante la creazione dello pneumoperitoneo.Asinistra danno vascolare, a destra danno ai visceri.

� Lesione dei vasi durante la creazione dello pneumoperitoneo.

� Lesione di vasi o organi interni (per esempio il fegato) durante l�intervento.

� Lesione causata da pressioni troppo elevate (>20 mmHg), soprattutto congas poco solubili come l�elio.

Tutti e tre i meccanismi permettono l�introduzione di gas all�interno di viscerie organi. L�utilizzo di gas altamente solubili come la CO2 riduce notevolmenteil rischio di embolia gassosa, mentre la presenza di gas poco solubili all�internodel peritoneo (N2O da ventilazione o He in particolari interventi) lo aumen-ta notevolmente: prima che occorrano danni cardiocircolatori sono necessari3mL/Kg/min di CO2 , contro gli 0.1 mL/Kg/min di He.Lo strumento diagnostico più e¢ cace in questi casi è l�eco-doppler trans-

esofageo, ma non è e¤ettuato di routine nelle normali laparoscopie. Si osservanodi norma una riduzione della gittata cardiaca, un aumento dello spazio mortoanatomico, un crollo della PaO2 nei casi di embolia polmonare e modi�cazionicaratteistiche dell�ECG.La prima procedura da seguire nei casi di sospetta embolia è l�interruzione is-

tantanea dell�insu­ azione del gas e il successivo sgon�amento dello pneumoperi-toneo. Il paziente viene posto in posizione di Trendelenburg, leggermente in-clinato verso sinistra, al �ne di diminuire il �usso di gas dal ventricolo destroalla circolazione polmonare. La ventilazione con il protossido di azoto vienesostituita con quella totalmente ad ossigeno, per contrastare l�ipossia, diminuirelo spazio morto anatomico e favorire l�eliminazione di CO2 con la respirazione.Se tali procedure risultino insu¢ cienti si procede all�introduzione di un cateteredentro l�arteria polmonare al �ne di aspirare il gas.

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Figura 14: Sopra:Rappresentazione schematica dell�embolia gassosa. Quandosi lesiona accidentalmente un vaso o un organo come il fegato, una parte delgas dello pneumoperitoneo invade l�organo e di¤onde attraverso il circolo �noai capillari. Tali bolle ostruiscono il passaggio del sangue e producono quin-di ischemia progressiva e necrosi delle strutture a valle della lesione. Sotto:manovre da compiere in caso di embolia: posizione del paziente ed eventualecatetere venoso.

7.3 Di¤usione

Una complicanza chirurgica che si presenta soprattutto durante interventi la-paroscopici e¤ettuati in prossimità del diaframma è lo pneumotorace, ovverol�entrata di gas all�interno della cavità toracica. Tale evento si traduce immedi-atamente in un aumento della pressione alle vie aeree e della saturazione dellaCO2 a discapito di quella di O2 a livello polmonare e periferico. Da un pun-to di vista emodinamico, lo pneumotorace aumenta notevolmente le resistenzepolmonari e diminuisce la gittata cardiaca. Un meccanismo compensatorio au-tomatico è quindi la tachicardia progressiva. La necessità primaria è quella diripristinare la corretta ventilazione polmonare. Ciò si rende possibile aumen-tando la pressione di �ne espirazione PEEP ' 5cmH20, forzando quindi ladilatazione del polmone collassato e producendo l�emissione di CO2 dalla cavitàpleurica. Anche l�aumento di ossigenazione può compensare lo pneumotorace,

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così come una diminuizione della pressione intraddominale. Data l�elevata sol-ubilità della CO2, gli eventi si risolvono nel giro di 30 minuti senza bisogno didrenaggio toracico, restando quasi asintomatici alla �ne dell�intervento.Quando la CO2 di¤onde in maniera incontrollata nel mediastino, è possibile

incorrere in complicanze simili allo pneumotorace: lo pneumomediastino. Glie¤etti più evidenti sono en�semi sottocutanei localizzati sulla faccia e sul collo,risolvibili comunque nel breve periodo e senza bisogno di trattamenti speci�ci.Anche il pericardio può subire in�ltrazioni di anidride carbonica. I danni

emodinamici sono evidenti soprattutto ad alte pressioni, generalmente maggioridi 15 mmHgDurante interventi piuttosto lunghi, la CO2 può di¤ondere anche attraverso

i tessuti aumentandone la pressione parziale. Tale meccanisco può provocareen�semi sottocutanei, ovvero manifestazionio patologiche legate all�accumulo digas sotto la cute che si risolvono però con l�assorbimento progressivo della CO2in�ltrata. [Si veda �gura 15]

Figura 15: Principali complicazioni chirurgiche dovute ad eccessiva di¤usionedi anidride carbonica in di¤erenti regioni corporee

8 Distensori meccanici

Si riportano di seguito le analisi condotte su tre tipi di retroattori addominali,latrazione manuale, i tensori meccanici e quelli gon�abili. Alla descrizione fun-

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zionale si associa quella sui vantaggi e gli svantaggi rispetto alla tecnica coninsu­ azione.

8.1 Trazione manuale

Il primo e forse più immediato sistema meccanico per il sollevamento della pareteaddominale è sicuramente la trazione manuale. Con tale termine si intendonotutte quelle metodiche che producono la creazione della camera di lavoro senzal�ausilio di particolari strumenti.La parete addominale è generalmente agganciata da resistenti �li di sutu-

ra, ancorati nei tessuti attraverso inserzioni percutanee con ago chirurgico emantenute in tensione attraverso la presa manuale degli assitenti di sala.

Figura 16: Rappresentazione schematica della trazione manuale della pareteaddominale attraverso �li di sutura.

La tecnica si presenta sicuramente di di¢ cile attuazione, soprattutto perquanto concerne la forza necessaria per sostenere durante tutto l�intervento tes-suti così ricchi di muscoli e tessuto adiposo come la parete addominale. A taledi¢ coltà realizzativa si aggiungono quelle collegate all�ancoraggio dei �li attra-verso l�introduzione di aghi chirurgici all�interno della cute: ogni volta che unostumento incide la cute e penetra all�interno della cavità addominale aumenta ilrischio di infezioni per il paziente. La necessità di creare uno spazio operatoriosimmetrico ed ampio poi, nonchè quella di ripartire il peso dei tessuti su piùstrutture tensorie, induce all�utilizzo di più �li e quindi alla creazione di piùincisioni percutanee.Metodi di ancoraggio alternativi, basati ad esempio sull�utilizzo di pinze

particolari potrebbero ad esempio sopperire a tale problema, ma resterebberocomunque pericolosi per quanto concerne l�a¢ dabilità della presa stessa: sedurante l�intervento dovesse cedere qualche supporto, la parete addominale col-lasserebbe immediatamente sul campo operatorio, producendo danni enormi

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alle strutture sottostanti (gli strumenti all�interno lesionerebbero visceri, organie vasi).E�invece positiva la possibilità con tale metodica di orientare lo spazio op-

eratorio a seconda delle esigenze chirurgiche, sollevando di volta in volta connuovi �li di sutura porzioni di¤erenti della parete addominale.Un�ultima considerazione si potrebbe fare sull�ancoraggio esterno dei �li. Si

potrebbe introdurre un braccio pensile con un�estremità terminale, quella postasopra il paziente, molto larga, idonea ad o¤rire una buona una piattaforma diancoraggio dei �li.

Figura 17: Schema rappresentativo di un eventuale sistema di ancoraggio per i�li distensori del peritoneo.

Anche la resistenza dei �li utilizzati rimane un parametro essenziale.

8.2 Endo-lift, laparotenser e altri sistemi tensorei

I sistemi ad ancoraggio sottocutaneo sollevano la parete addominale tramite in-serzione di un unico grosso ago che scorre nel sottocute tra pube ed ombelicoin genere o di due robusti aghi ricurvi che scorrono nel sottocute periombe-licale (Laparotensor, Lucini, Milano). L�estremità libera dell�ago/aghi vienequindi agganciata ad un braccio meccanico sollevatore che sospende la pareteaddominale.Il vantaggio principale di questi sistemi consiste nella possibilità di appli-

cazione indipendentemente dalla presenza di aderenze peritoneali periombeli-

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cali. Tuttavia, l�inserimento degli aghi può essere di¢ coltoso in pazienti conscarso pannicolo adiposo ed inoltre l�e¤etto tenda è più accentuato.

Figura 18: Sistemi di distensione meccanica dell�addome. Nella colonna disinistra il laparotenser, a destra l�endo-lift della Storz

Attraverso il sollevamento della parete addominale la camera di lavoro creatasi trova praticamente alla pressione esterna, riducendo così i problemi legati allacreazione dello pneumoperitoneo.Altri probabili vantaggi risiedono nella prevenzione di episodi metastatici

dovuti a contaminazione da parte di cellule neoplastiche. Studi sperimetnalihanno dimostrato una minore incidenza di metastasi per la chierurgia gasless,evidenziando quindi come l�azione turbolenta della CO2 nell�addome producauna dispersione di cellule in tutta la cavità addominale, in prossimità dei trocarse in zone limitrofe in cui essa è di¤usa. A tale proposito è opportuno sottolineareperò che l�impossibilità di lavorare in spazi ampi, tipica della chirurgia gasless,costringe il chirurgo a manipolazioni più accentuate dei tessuti tumorali, soprat-tutto nelle fasi di dissezione e rimozione: ciò aumenterebbe il rischio di metas-tasi, vani�cando quindi gli eventuali bene�ci rilevanti dall�utilizzo di tensoriaddominali.Gli svantaggi risiedono soprattutto nelle dimensioni della camera formata:

con l�assenza di gas si perde l�e¤etto di schiacciamento dei visceri in zone rela-tivamente lontane dal campo chirurgico e si riduce così lo spazio che il chirurgopossiede per compiere le manovre necessarie all�intervento. L�operare in spaziangusti, a stretto contatto con strutture anatomiche delicate,con vasi e visceri,aumenta notevolmente il rischio di lesioni accidentali che possono risolversi, neicasi più gravi, nella necessità di convertire l�intervento al �ne di riparare il dannocommesso.

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Anche l�esplorazione dell�intera cavità addominale si rende di¢ cile con talestrumento. In tal modo cresce il rischio di sanguinamenti non rilevati chepossono provocare emorragie ad intervento concluso.Altro problema rilevabile è il tempo dell�operazione: la necessità di maggiore

attenzione nelle procedure per sopperire alla perdita di libertà di movimento,si traduce in un rallenatmento delle operazioni e quindi in un allungamento deitempi di intervento.Non sono trascurabili in�ne fenomeni di trombosi ed ischemia dei tessuti

stirati.

Figura 19: Di¤erenze di dimensioni tra la camera di lavoro creata con lo pneu-moperitoneo e quella creata attraverso il sollevamento meccanico della pareteaddominale

Da un punto di vista prettamente funzionale, la presenza di un braccio mec-canico esterno �sso, collegato al lettino o sospeso al so¢ tto produce ingobronotevole all�interno della sala operatoria, e più speci�catamente all�interno del-l�area di lavoro di medici e infermieri. Esso inoltre accentua le problematichelegate alla sterilità del campo operatorio: un braccio �sso è di¢ cile da steriliz-zare e la sua presenza in zona paziente è quindi fonte di contaminazione; a questosi aggiunge inoltre l�ingombro che altera il normale �usso d�aria, istaurandoturbolenze pericolose in zona sterile.Anche la facilità di espulsione dei gas addominali è un problema legato alla

chirurgia gasless. Anche se non vengono insu­ ati gas per distendere la cavitàaddominale, l�utilizzo di irrigatori e di strumenti che aumentano la pressioneinterna ( strumenti per il taglio e il coagulo, colle tessutali etc) introduce lanecessità costante di aspirazione attraverso drenaggi collegati con l�esterno.Altri problemi addizionali connessi con l�assenza di gas nel peritoneo sono la

pulizia del campo operatorio e quindi dell�ottica: le dimensioni ridotte della zonaoperativa costringono l�ottica ad avvicinarsi troppo ai tessuti con il continuorischio di annebbiamento dovuto a fumi, schizzi e contatto diretto.

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8.3 Distensori gon�abili

Alcuni dispositivi creano lo spazio operatorio attraverso il gon�aggio di speci�cipalloni, che hanno il compito di dissecare i tessuti e permettere l�introduzione el�utilizzo degli strumenti chirurgici necessari all�intervento. A seconda della zonada operare esistono diversi tipi di distensori gon�abili: a ciambella, circolari,ovali; alcuni tipi sono inoltre collegati ad un braccio meccanico esterno cheprovvede comunque a mantenerli in una posizione sollevata rispetto alla pareteaddominale.I vantaggi rispetto alla tecnica classica non sono molto evidenti e comunque

rimangono strettamente dipendenti dal distretto anatomico da trattare.

Esempio di distensore gon�abile

9 Studio clinico: Colecistectomia laparoscopica

Al �ne di confrontare al meglio i risvolti sulla funzionalità cardiaca, sulla ripresapost-operatoria e sulle performance chirurgiche o¤erte dalle due di¤erenti tec-niche, si espongono di seguito i risultatyi ottenuti da Afshin Alijani George B.Hanna and Alfred Cuschieri del Department of Surgery and Molecular Oncology,Ninewells Hospital and Medical School, Dundee, Scozia, nel 2004.Lo studio è condotto su pazienti sottoposti a colecistectomia laparoscopica

eseguita con creazione dello pneumoperitoneo (PPCpn) e con la distensioneaddominale meccanica (AWL)Quaranta operazioni sono state eseguite in maniera random con le due tec-

niche. I pazienti sono stati sottoposti al medesimo protocollo di anestetizzazione.I parametri monitorati sono stati:

� Indici cardiaci attraverso un doppler trans-esofageo

� Indici respiratori attraverso il ventilatore polmonare

� Vigilanza a stimoli acustici dopo l�estubazione

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� Performance operatorie attraverso l�attribuizione di speci�che penalità aseconda degli errori commessi (sanguinamenti, ritardi...)

9.1 Strumenti

In ambedue i casi i trocar iniziali sono stati inseriti attraverso incisioni dellafascia muscolare, quindi sotto visione diretta. Nel gruppo PPCpn lo pneu-moperitoneo è stato prodotto con l�insu­ azione di CO2 a 2 L/min, �no ad unapressione interna di 12 mmHg. Per l�AWL lo strumento usato è stato il Laparo-tensor di Lucini; nei casi in cui lo spazio addominale risultava troppo piccolo perl�intervento si è deciso di insu­ are una quantità minima di anidride carbonica,pari a 4 mmHg.

9.2 Risultati

I dati statistici hanno dimostrato nel gruppo PPCpn una signi�cante diminuizionedella gittata cardiaca durante i primi 20 minuti; anche il volume sistolico è dimi-nuito, soprattutto con la posizione con il capo verso l�alto, diminuizione rilevabileanche dopo i primi 20 minuti. [Figura 19 A-B]

Figura 20: Andamento della gittata cardiaca, del volume sistolico e dellafrequenza cardiaca

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Al contrario, nel gruppo AWL, non ci sono stati signi�canti cambiamenti alivello cardiaco durante l�anestesia. Nei pazienti con pneumoperitoneo è dimini-nuita anche la frequenza cardiaca. Si sono veri�cati anche episodi di bradicardiacon necessità di trattamento farmacologico, nel 45% dei pazienti sottoposti aPCCpn (9 su 20) e nel 5% di quelli AWL (1 su 20). [Figura 19 C]Il gruppo con chirurgia classica ha anche subito un aumento maggiore della

pressione alle vie aeree ed una diminuizione più accentuata della compliancepolmonare rispetto all�altro gruppo. [Figura 20 A-B].

Figura 21: Andamento degli indici polmonari, pressione alle vie aeree ecompliance polmonare

La �gura 21 dimostra come il consumo di mor�na nel post-operatorio siapressocchè uguale per le due tecniche: ciò lascia intuire che i disagi per i pazientidopo l�intervento siano della stessa entità. Anche il punteggio assegnato al doloreè simile.

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Consumo di mor�na e dolori post-operatori

La �gura 22 mostra in�ne le diverse performance chirurgiche delle tue tec-niche. L�AWL ha un numero totale di errori maggiore del PPCpn, 145 a 43, dicui 37 a 17 hanno necessitato di azioni correttive particolari. Ciò mette in lucele di¢ coltà operatorie oggettive riscontrate con l�utilizzo di tensori meccanici,di¢ coltà che incidono sulla sicurezza e sui tempi di intervento.

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Performance chirurgiche

10 Conclusioni

Lo studio condotto ha portato alla conclusione che l�utilizzo dello pneumoperi-toneo invece degli strumenti gasless, permette un più accurato controllo dell�op-erazione e consente quindi di ottenere risultati chirurgici migliori, sia in terminidi riuscita dell�intervento sia in termini di tempo. La grande versatilità di taleapproccio ha indotto chirurghi e industrie a sviluppare una serie di strumentiaccessori utilizzabili speci�catamente dopo l�insu­ azione di gas, contribuendo aspostare ancora di più verso queste metodiche l�interesse della comunità medica.La chirurgia laparoscopica con gas, de�nita classica, ha raggiunto in questo mo-do molteplici risultati in pochissimo tempo ed è ormai a¤ermata come il goldenstandard per una vasta area di interventi.Ciò non toglie che le alterazioni �sio-patologiche che subisce il paziente nel

corso di tali operazioni restino un problema evidente e limitante, soprattutto inpazienti che si presentano con un quadro clinico già compromesso. A tal proposi-to quindi si possono inserire le tecniche gasless, soprattutto per speci�ci pazientie speci�che patologie,si pensi ad esempio a pazienti con ridotta funzionalità pol-monare o donne in gravidanza. L�accesso e il sollevamento meccanico dei tessuticonsentono inoltre il trattamento anche di pazienti con avanzate aderenze nellaregione periombelicale, soprattutto in interventi ginecologici.Si può concludere quindi che è necessario continuare a sviluppare la laparo-

scopia classica con gas al �ne di ridurre al minimo gli inconvenienti ad essacollegati, e contestualmente seguire ed investire sulle tecniche gasless, soprat-tutto per quei pazienti che altrimenti sarebbero destinati soltanto alla chirurgialaparotomica. Un�area interessante sarebbe quella della compenetrazione delle

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due tecniche: poche pressioni di gas (non necessariamente CO2) per dissecarei tessuti e spostare i visceri associate a distensori meccanici innovativi (capaciad esempio di creare cavità ampie e con minimo e¤etto tenda) e a posizioniparticolari del paziente (per supportare l�azione spaziatrice di gas e distensore).

11 APPENDICE A

Si riporta a titolo esempli�cativo la tabella riassuntiva della STORZ sugli in-su­ atori. Si notino la presenza di un insu­ atore di protossido di azoto N2O, lapossibilità di scegliere un controllo elettronico o manuale, l�esistenza di un soloinsu­ atore capace di preriscaldare il gas e di uno solo abilitato anche alla suaumidi�cazione (bisogna acquistare un pezzo aggiuntivo, capace di umidi�care�no al 60%)

Tabella riassuntiva insu­ atori STORZ

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Riferimenti bibliogra�ci

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[3] Damiani, Melgrati, Isobaric laparoscopic myomectomy during pregnancy,Journal of minimally invasive ginecology, 2005

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[10] Pierre A. Diemunsch, E¤ects of Insu­ ated Gas on Core Temperature andPost-Operative Pain During Laparoscopic Surgery.

[11] Appunti personali

[12] Dispense fornite dal docente

[13] Catalogo della Storz

[14] World electronic book of surgery

[15] www.chirurgiamininvasiva.it

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