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covo-degli-eretici
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tsunami giappone covo
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I costi, per loro e per noi.
FinoraFinora
Abbiamo pianto i morti. Anche i dispersi, che sono il lato impressionante della tragedia.
Ci siamo complimentati per la forza d’animo dei giapponesi.
Si è avviato qualche aiuto –molto meno che in altre circostanze, vedi Haiti, forse perché i giapponesi sono ricchi o poco simpatici.
AdessoAdesso
Stiamo aspettando di sapere anche le molte cose che ci sono state taciute.
La prima è certamente l’entità dei danni della centrale nucleare di Fukushima.
• Quelli che ha subito
• Ha già prodotto
• Produrrà in futuro, se verrà mantenuta nelle condizioni di nuocere.
SoprattuttoSoprattutto
Stiamo aspettando di sapere
• quanto costeràtutto questo
• e chi finirà per pagare il conto.
Le informazioni open source sono poche. Ma noi ci proviamo lo stesso.
L’analisi.L’analisi.
• i costi della ricostruzione
• gli effetti sulla ripresa mondiale
• il ripensamento sul nucleare
Il terremoto di Kobe.Il terremoto di Kobe.
Si è prodotto il 17 gennaio 1995, con 6434 morti e danni colossali alle infrastrutture e alle abitazioni – oltre 200mila distrutte o gravemente danneggiate, infatti solo dopo furono varati quei criteri antisismici considerati all’avanguardia - concentrati nella prefettura di Kobe.
I costi.I costi.
Calcolati in 102.5 miliardi di dollari, pari al 2.5% del PIL di allora.
Conseguenze.Conseguenze.
L’indice Nikkei perdette circa 1000 punti il giorno dopo, provocando il fallimento della BaringsBank, che aveva pesantemente speculato sui derivati di Giappone e Singapore.
La ricostruzione.La ricostruzione.
Fu sorprendentemente rapida. In circa 15 mesi l’attività della zona di Kobe era tornata ai livelli precedenti.
2000
3000
4000
5000
6000
7000
8000
9000
1990 1995 2000 2005 2010
anno
US$/1000 GDP debt
I dati sono espressi in migliaia di US$ PPP (a parità di potere d’acquisto)
Le dinamiche del grafico non mostrano nessuna variazionesignificativa, negli anni seguenti il 1995, né per il debito del Giappone, né per il GDP (PIL). Semmai quest’ ultimo mostra una minuscola bolla positiva nell’anno successivo e un’ altrettanto minuscola negativa, 2 anni dopo.
Le stime attuali.Le stime attuali.
Corrono molte cifre in materia. Prendiamo quelli che si sono esposti di più. In tutti i casi sono esclusi i costi del problema Fukushima (danni alle centrali, contaminazione, ricostruzione o rottamazione). 3.95200.0Goldman Sachs21/03/2011
6.10309.0Governo giapponese17/03/2011
3.63184.2Barclays Capital15/03/2011
4.64235.0World Bank24/03/2011
% PILtotalefontedata
stime costi ricostruzione (billion US$)
0.0
50.0
100.0
150.0
200.0
250.0
300.0
350.0W
orld B
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Barclay
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ital
Govern
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man Sac
hs
stime costo (billion US$)
0.00
1.00
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3.00
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7.00
World
Bank
Barc
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apital
Govern
o giap
ponese
Goldman S
achs
stime costo (% PIL)
vittime = morti e dispersi; * in migliaia di US$ correnti
22570.72.765264.4145.26.4Kobe Earthquake, Japan, 1995
23.52.10256.85.4230.0Tsunami, Southeast Asia, 2004
77151.41.13
12579.7141.71.8Hurricane Katrina, United States, 2005
30.713.5331.44.2138.4Cyclone Nargis, Myanmar, 2008
32.9126.886.58.2250.0Haiti earthquake, 2010
8703.74.645069.0235.027.0Earthquake/tsunami, Japan, 2011
costo / vittima *
costo % PIL
PIL (billion
US$)
costo (billion
US$)vittime/1000disastro
catastrofi recenti
0.0
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n 20
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US
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vittime / 1000
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Japa
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costo (billion US$)
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Japa
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costo / PIL %
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Kob
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95
costo / vittima (US$/1000)
Il sorpasso.Il sorpasso.
Siamo rimasti colpiti soprattutto dal sorpasso della Cina, che lascia il Giappone al terzo posto, pur rimanendo un paese sottosviluppato (vedere i pro capite).
JapanUS
ItalyChina
GDP current
GDP PPP0
2000
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8000
10000
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16000
billionUS$
population and employment 2009 China labour force and employment estimation
96929195employment % labour force
7792314163employment (OCDE)
61425052labour force % population
8142515566labour force million (OCDE)
24201323population over 65 %
326124029population over 65 million
134160307128population million (OCDE)
8304834GDP PPP per capita $71000
4344842GDP per capita $/1000
100841771146244309GDP PPP billion US$ (IMF)
57452037146245391GDP billion US$ (IMF)
ChinaItalyUSJapaneconomics 2010
JapanUS
ItalyChina
population over 65
labour force
employment
10.0
20.0
30.0
40.0
50.0
60.0
70.0
80.0
90.0
100.0
%
L’occupazione.L’occupazione.
A dispetto di una etàdecisamente anziana, l’occupazione resta il punto di forza del Giappone.
Improvvisamente ricchi.Improvvisamente ricchi.
Firmando nel noto hotel di New York, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania Ovest e Giappone puntavano alla svalutazione del dollaro, nei confronti di yen e marco, attuata operando sul mercato valutario. L’effetto fu clamoroso nei confronti dello yen, che nel 1987 si era giàrivalutato del 51%.
Il Plaza Accord (25 settembre 1985).Il Plaza Accord (25 settembre 1985).
Inevitabilmente la rivalutazione della moneta, ricade sui beni reali. E ne amplifica più che proporzionalmente il valore. L’indice Nikkei, il segnale più impiegato delle dinamiche della borsa di Tokio, passa da 12500 (set. 1985) a 39000 (dic. 1989). L’edilizia triplica. È la speculazione, baby. Privati e imprese, con l’interessata complicità delle banche, gonfiano la bolla fino alla fine del 1989, poi, in 9 mesi, il Nikkei scende a 19800 e continua fino a poco più di 8000 (gen 2003). Case e terreni perdono il valore acquisito circa un anno dopo. Saltando tutte le garanzie prestate, sarebbe logica una catena di fallimenti, per prime le banche, ma non è così. Si fa strada la constatazione: “Too big, to fail”, cosìpresente nella crisi mondiale dei subprime(2007-2008). Ma in questo modo viene strozzata la liquidità. Convenzionalmente nel 1992 inizia il decennio perduto: bassa crescita del PIL, deflazione, aumento della spesa statale, prima per rinvigorire l’economia, poi per pagare gli interessi di un debito pubblico, cresciuto mostruosamente.
Gli effetti del Plaza Accord.Gli effetti del Plaza Accord.
Deviarono largamente dall’obiettivo primario, che era di restituire competitivitàall’economia americana, in crisi da tempo. Gli USA recuperarono qualcosa verso l’Europa, nulla verso il Giappone, che restò un’economia in forte dipendenza dall’export. In compenso entrò nel vocabolario la deflazione, intesa non piùcome una momentanea discesa di prezzi, ma permanente stato di stagnazione. Lo spauracchio è ricomparso ai giorni nostri, per alcuni sbocco della crisi 2007-2010.
GDP PPP 1980=100
100.00
125.00
150.00
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375.00
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1980 1985 1990 1995 2000 2005 2010y
$ Japan US ItalyAverage consumer price
2030405060708090
100110120130140150160170180190200210220
1980 1985 1990 1995 2000 2005 2010y
index Japan US Italy
Chi deve piangere di più?Chi deve piangere di più?
C’è da pensare che siamo noi a piangere di più, alla faccia dello spauracchio della deflazione.
Il Giappone di fronte allo tsunami.Il Giappone di fronte allo tsunami.
La crisi ha colpito anche il Giappone, ma le aspettative per il 2011 erano di una decisa ripresa. Come si modificano alla luce dello tsunami?
249.2356.1Italy
424.5164.7US
340.429.6Japan
PILinflazionevariazioni % 2010_1980
-1.5Italy
4.0US
0.2Japan
PILvariazioni % 2010_2007
Japan
US
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China
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%
GDP by sector
source: International Monetary Fund apr 2010
42.673.176.976.5services
46.825.121.921.9industry
10.61.81.21.6agricolture
ChinaItalyUSJapan% GDP bysector 2009
investment
14151617181920212223242526272829303132333435
1980 1985 1990 1995 2000 2005 2010y
% GDP Japan US Italy
Export driven economyExport driven economy
Come in tutti i paesi avanzati, la parte dei servizi è oggi prevalente, ma èaltrettanto innegabile il ruolo primario delle esportazioni di beni, che incidono in misura sensibile su banche, trasporti, assicurazioni, retail e quant’altro.
Gli investimentiGli investimenti
Una delle manifestazioni più significative del decennio perduto è l’accentuata e continua perdita di peso degli investimenti del Giappone sul PIL, segno indubbio di una tormentosa illiquidità, per un paese sempre all’avanguardia su questo fronte. Dal 2002 la dinamica sembra cambiare, solo interrotta, come tutti dalla crisi 2007_2009. Nel 2010 rimessa in moto. Questa politica sarà sostenibile oggi con lo tsunami? Difficile, rivelando che la catastrofe avrà anche conseguenze a lungo termine.
L’agricolturaL’agricoltura
La terra coltivabile in Giappone è circa il 12% del territorio, obbligando alla tipica disposizione a terrazze, che dovrebbe aver retto bene allo tsunami. Piuttosto potrebbe manifestarsi qualche problema finanziario, dato che l’agricoltura è fortemente sovvenzionata, per garantire la sufficienza al 50% del riso, alimento base. Ma, proprio per questo, una stretta è poco plausibile.
La pescaLa pesca
Il Giappone è considerato secondo nel mondo, dopo la sola Cina, per tonnellaggio pescato. E non è noto solo per la pesca in altomare, quella che è da tempo nel mirino degli ecologisti, ma per le sue fattorie di acquacultura.
I costi della ricostruzioneI costi della ricostruzione
I costi della ricostruzione riguardano principalmente la pesca, in termini di impianti totalmente o parzialmente distrutti. Sono compresi nelle stime globali, già fornite.
I danniI danni
A livello di agricoltura la frazione di raccolto compromesso è minima. Più ingenti i danni alla pesca, in gran parte giornate di produzione perse, ma, dato il ridotto peso sul PIL, inapprezzabili a livello globale.
Nel calcolo non sono compresi gli effetti della con taminazione nucleareFonte: Nomura AgriPlanning
manifatturieramanifatturiera
È qui che lo tsunami ha colpito più duro, lasciando 4 settori in pesante crisi.
autoauto
Al terzo posto nel mondo. Sconta già una ventina di giornate perse a metà aprile e si stima una produzione a singhiozzo per almeno 3 mesi. Siccome in US il 12% di auto vendute è giapponese e si è davanti al periodo di massime vendite stagionali, l’effetto sull’export è considerato dirompente.
semiconduttorisemiconduttori
Reggono l’intera elettronica, dai cellulari ai computers. Due delle maggiori fabbriche di wafer di silicio, la base del prodotto, hanno subito danni e sono praticamente ferme dallo tsunami, compromettendo la produzione per diversi mesi
petroliferapetrolifera
Ricordiamo tutti le foto delle raffinerie in fiamme. Le conseguenze sui trasporti possono essere devastanti, visto che si parla di una ripresa piena solo in 6/9 mesi.
contropartitacontropartita
Il prezzo del petrolio è in tensione per il Nord Africa. Una drastica riduzione di consumi qui, terzo importatore del mondo, può alleviarci
turismoturismo
Chiusura di alberghi e luoghi attrattivi, con problemi di infrastrutture possono avere pesanti effetti sul PIL.
La perdita di PILLa perdita di PIL
Malcontato, perché dipendente dalla durata dei fermi, possiamo calcolare che dalla ricostruzione dipenda circa 1.5% di PIL.
Le infrastruttureLe infrastrutture
Strade, ferrovie, porti, ecc. sono stati duramente colpiti. Il ripristino però si prevede veloce, com’è tipico del paese. Condizionerà in notevole misura la possibilità di ripresa economica generale.
Senza contare la contaminazione nucleare
Sarà recessione per il Giappone?Sarà recessione per il Giappone?
Qualcuno l’azzarda. Noi pensiamo che, a questo livello, non dovrebbe rivelarsi troppo severa. Il danno, ingente, cade sul patrimonio, come rivela l’indice Nikkei, che nella settimana successiva all’evento ha perso quasi il 12%. E a tutt’oggi oscilla con trend in discesa. Inoltre gli yen – indubbiamente tanti – non si devono tirar fuori subito, anche se una certa liquidità è necessaria presto.PIL su o giù?PIL su o giù?
Sulla produzione di ricchezza, ci siamo espressi: riduzione della tendenza alla ripresa. Insomma 3.6%-1.5%. Ma la ricostruzione potrebbe essere addirittura positiva nel tempo, non fosse altro che svegliando il Paese da una lunga catalessi. La finanza mondiale.La finanza mondiale.
Piuttosto l’impatto potrebbe diventare significativo sul piano finanziario e su scala mondiale per:• appesantimento del debito nazionale, già così gravoso – oltre il 200% del PIL - per poter essere contenuto senza difficoltà, in un periodo di perdita di ricchezza• rientro di capitali, sia privati che pubblici• svendita di titoli di stato, specie americani, finora nei forzieri delle banche• impoverimento delle riserve del settore assicurativo, fino a qualche tonfo, dove si fosse ecceduto nel rischio.
Nell’immediato le conseguenze finanziarie risultano serie: l’indice Nikkei225, a fine marzo, aveva perso il 6.2%. I titoli principali:
Le bancheLe banche
La Banca Centrale del Giappone ha annunciato un credito di quasi 270 miliardi di US$, pari ad oltre il triplo di quanto fu stanziato dal governo americano per sostenere il sistema finanziario, dopo il fallimento Lehman. Quindi la liquidità sarebbe assicurata.
-10.5Mizuho
-7Toyota
-9.5Nissan
-9.1Sony
%titolo
Il debitoIl debito
Già in crescita, con un deficit, stimato per il 2012, del 9% del PIL, dovrebbe raggiungere livelli vertiginosi con la ricostruzione, per effetto di un deficit, che, tra interessi maturati sull’oggi, sospensione di tasse per i danneggiati, spese per la ricostruzione ed ulteriori interessi, potrebbe superare il 30% del PIL. Ma che, si ritiene, sarebbe ripagato dai solerti risparmiatori interni.
La monetaLa moneta
Con qualche incertezza, lo yen si èapprezzato (euro + 7% circa, fra il 25/2 e il 17/4) verso tutte le monete, perché gli investitori locali hanno venduto assets esteri, allo scopo di finanziare la ripresa, destando qualche preoccupazione di un ritorno al decennio perduto.
cambio euro_yen
111
112
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0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50giorni
Dal 25/2 al 17/4/2011
Il commercio esteroIl commercio estero
Il Giappone è un paese dall’economia export driven, caratteristica conservata anche nel decennio perduto, grazie a particolari abilitàmanifatturiere. Da qualche tempo però questo punto di forza èminacciato dai vicini, soprattutto dalla Cina. La prima domanda èse lo tsunami porterà ad un ulteriore indebolimento, significativo soprattutto nel settore auto. La seconda: quanto lo tsunami saràpagato dalle economie partners, in particolare da quelle che vi esportano.
-8,78616,3807,594Indonesia
-622914,8008,571Australia
3,03910,59413,633Thailand
-60714,49313,886Malaysia
8,2536,57714,830United Kingdom
7,27312,72319,996Germany
14,3866,43320,819Singapore
10,25320,44630,699Korea
2,46255,10057,562China
71,46872,509143,977United States
BALANCE IMPORTS EXPORTS COUNTRY
Dati 2008
2.1Ships and boats
2.5Engines
2.8Switchgear
3.1Computers
3.5Office machine parts
3.6Car parts
5.7Electronic microcircuits
6.4Telecommunications equipment
8.9Transistors, valves, etc
12.0Automobiles
%export di beni
1.6Other
4.5Transportation
23.8Machinery
22.6Industrial supplies
20.3Fuels
10.9Food
16.3Consumer goods
%import
Il problema per il mondo èposto, sul fronte dell’economia reale mondiale, unicamente in termini di global supply chain. Un periodo di austerity può danneggiare qualche paese, come noi che abbiamo nel Giappone il secondo importatore del settore lusso, ma nel complesso può essere benefica, per es bilanciando i prezzi del petrolio, in crescita per i fatti del Nord Africa.
È un tipico modello di divisione del lavoro, emerso con la globalizzazione. Comporta la condivisione fra più soggetti, dal produttore di materie prime al consumatore finale, dell’intera catena logistico-informativa, che porta all’end use. Diventata funzione, guidata da un supply chain manager, si ispira a diversi modelli, che hanno in comune l’unificazione della performance, in termini di qualità/tempi/costi, di programmazione degli ordini, flessibilità produttiva, minimizzazione scorte e rotazione degli assets. Oggi èpresente in tutti i settori del chimico e del manifatturiero, netroviamo diverse nell’auto e anche nell’abbigliamento fashion. Diciamolo subito: la brillante modellizzazione, attuata dalle società di consulenza internazionale, cela spesso processi di delocalizzazione, in cui le imprese pongono l’ingegneria nei paesi avanzati e intere fasi produttive in quelli in via di sviluppo, alla ricerca di costi bassi di manodopera, finanziamenti e tassazione alleggerita.
VulnerabilitàVulnerabilità
Il sistema è vulnerabile quando tortuoso. Caso tipico l’Apple iPhone, disegnato in US le sue parti sono prodotte in 9 fabbriche, in 6 paesi diversi. È chiaro che uno sciopero, un black out, uno tsunami possono mettere in crisi le vendite.
Gli effetti dello tsunami nel mondoGli effetti dello tsunami nel mondo
iPhone è già in sofferenza. Proprio nel momento del lancio della nuova release, ha visto il fermo di Apple Japan, l’unico produttore al mondo della super sottile batteria. La penuria più significativa si annuncia per i display a cristalli liquidi, con danno per i produttori di computer, cellulari, ecc. Nell’auto è in sofferenza la GeneralMotors, oltre tutte le fabbriche oltremare dei produttori giapponesi.
Il rischio per il PIL, sia giapponese che mondiale, èdipendente dalla durata della chiusura delle fabbriche, che ovviamente tacciono per non esporsi al rischio di scalate o di perdita di fiducia da parte dei propri consumatori.
Bisogno di liquiditàBisogno di liquidità
Il Giappone potrebbe essere tentato di svendere i propri bonds, accettando una perdita, ma stimolando la ricostruzione e mantenendo oliata la propria macchina produttiva.
La posizione del Giappone.La posizione del Giappone.
Come creditore del governo americano, è il secondo paese al mondo. A dicembre dell’anno scorso, lo si stimava in possesso di circa 900 miliardi di dollari. Dunque un fondo più che sufficiente ad avviare la ripresa.
ConseguenzeConseguenze
Contagiare altri paesi, come la Cina, provocando uno tsunami finanziario, in grado di produrre seri danni all’economia americana, che non mancherà, a propria volta, di infettare il resto del mondo, specie dove il debito pubblico è alto e l’emissione di bonds continua e consistente.Già in atto.Già in atto.
Siccome la finanza si muove sulle aspettative, questo timore sta producendo effetti: col solito andamento ondeggiante, i prezzi dei Buoni del Tesoro americano sono in discesa dall’11 marzo.
Il dannoIl danno
Presso i Lloyd's di Londra i calcoli sono ancora in corso. La stima oscilla fra i 20 e i 35 miliardi di dollari, comunque astronomica. Di conseguenza le maggiori compagnie, soprattutto di riassicurazione, hanno visto il titolo scendere a fine marzo fra il 2 e il 3.5%, in previsione di un anno molto magro sotto il profilo dei dividendi, anche escludendo risarcimenti per i sinistri dell’impianto di Fukushima, prodotti e subiti, come è giàstato detto ufficialmente.
Il costi per il mondoIl costi per il mondo
Sicuramente gli assicuratori reagiranno alle perdit e con un sostanzioso aumento di prezzi. E questo può esse re già un problema per l’economia. C’è poi la possibilit àche qualche compagnia sia troppo esposta e vada a gambe all’aria. L’effetto valanga potrebbe essere a llora quasi certo, come si è già visto nel modo della finan za.
Non ce la stanno raccontando giusta, tanto che pers ino un popolo paziente, come il giapponese, sta cominciando ad irritarsi.
I problemiI problemi
• area di contaminazione suolo, acqua e aria, oggi e in prospettiva; per l’obiettivo di questo studio, costi per il Giappone e il Mondo, un calcolo accurato èirrilevante, certo ci dobbiamo fare carico dei danni all’agricoltura, locale, e pesca, sicuramente locale, forse più, come emerge da critiche di fonte cinese; inoltre del fattore panico, che ricade internamente ed esteriormente
• recupero della centrale o seppellimento definitivo in un sarcofago di cemento armato; tempi e modi
• approvvigionamento elettrico, oggi e in prospettiva
• modi e tempi per far fronte alla scarsità di energia elettrica; ai nostri fini, questo problema riassume i 2 predenti.
Il peso del nucleareIl peso del nucleare
Con una quota pari al 25% èchiaro che parlare di uno smantellamento del nucleare totale, immediato, volontario è privo di senso, per quante paure si stiano suscitando. Ne conseguirebbe qualcosa di più di una recessione, un’autentica pietra tombale sull’economia. fonte: Eco Solutions 25/3/2011
100totale
2rinnovabili
8idro
13petrolio
24nucleare
26gas
27carbone
%Giappone: elettricità fonti
carbone
gas
nucleare
petrolio
idro
rinnovabili
fonte: World Nuclear association 11/2/2011
100.047361totale impianti in funzione
81.438547altri
18.68814totale Fukushima
9.04268Fukushima II
9.64546Fukushima I
%Mweimpianti in funzione
La sorte di FukushimaLa sorte di Fukushima
Siamo davanti a una nuova Cernobyl? Allora i tentativi di recupero sono una presa in giro. Sarà necessario coprire col sarcofago di cemento armato ogni reattore irrecuperabile e disporsi per una lunghissima paralisi dell’intero comprensorio di Fukushima. Che non pesa poco. Circa il 5% del totale.
L’economia L’economia
Fronteggiare una perdita di capacità elettricaintorno al 5%, almeno fino a fine anno (lo ammette la stessa vituperata Tepco) o definitiva.
Scarsità di elettricitàScarsità di elettricità
In sostanza, se perdiamo tutta Fukushima, abbiamo una potenza elettrica in meno, intorno al 5%. Sul piano economico, siamo al limite, forse sotto il tollerabile, dato che l’industria elettrica per sua natura non ha scorte.
I rimediI rimedi
• ricorso ad impianti oggi insaturi ; ce ne sono? Sembra di no
• ricorso ai vicini ; Noi lo facciamo con la Francia. Ma il Giappone è un arcipelago, lontano dal continente. Ci dev’essere qualcosa giàfunzionante. E non sembra
• severo razionamento , punendo i privati e cercando di privilegiare la continuità della produzione.
Il razionamentoIl razionamento
È la strada più praticabile, e infatti sembra in atto . Ma, siccome il 5% di perdita è qualcosa di più di un’ora al giorno, deve essere estremamente severo per salvaguardare la continuità produttiva, che deve recuperare anche molte giornate perse. È tollerabile ? Forse sì, i giapponesi sono un popolo disciplinato. Ma dobbiamo mettere in bilancio:
• che austerità significa sempre una riduzione di cons umi privati, da aggiungere all’effetto tsunami e forse più forte;
• che saranno inevitabilmente toccati i servizi in mi sura pronunciata, per rigoroso che sia il razionamento
• la produzione industriale non passerà del tutto inde nne.
suolosuolo
L’area colpita è la più importante per l’agricoltura e la contaminazione è secolare. È probabile che i giapponesi (oltre 125 milioni) diventino importatori di alimenti, quanto meno di riso. Con effetti pronunciati sul prezzo, quindi inflazione, quindi rallentamento economico.
Il raggio è ancora da stabilire, per ora lo immaginiamo quanto Cernobil
acquaacquaRipetutamente scienziati hanno rassicurato: l’acqua del mare diluisce le scorie radioattive. Sul piano economico si passa attraverso gli effetti psicologici delle migliaia di tonnellate di acqua versata in mare per contenere i danni a Fukushima. In un paese con dieta basata sul pesce, i consumatori accetteranno i propri prodotti o, anche di questi, il Giappone diventerà importatore, con le stesse conseguenze di prima?
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Minuscole particelle radioattive sono state segnalate in tutto il Sud Est Asiatico (Cina in particolare) e negli Stati Uniti, fino alla costa Est. Il raggio è maggiore che Cernobyl. Le conseguenze economiche potrebbero essere le stesse, sempre legate al cibo: dalle precauzioni da tenere (lavare con cura tutti prodotti della terra, mangiati crudi) al rifiuto di certe provenienze, come le verdure a foglia larga, bandite dalla nostra tavola per settimane. L’effetto: prezzi in aumento, in un comparto già duramente sotto pressione.
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Dalle ultime notizie di Fukushima, diciamo che almeno 2.5% di PIL è perso per il 2011. Insieme alla ricostruzione, porta ad una crescita 0. Per l’avvenire, o si recupera in pieno Fukushima o si costruisce, con una velocità senza uguali, una centrale elettrica, giocoforza tradizionale, in grado di sopperire al 5% di domanda. E intanto saranno subentrati gli effetti esterni – è la globalizzazione, baby – che avranno cambiato in toto lo scenario.
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Il rallentamento produttivo della global supply chainsi supera, ma porta danni, soprattutto se si protrae per un anno. Inoltre una crisi alimentare in Giappone incide sul mondo, attraverso i prezzi e l’inflazione. Diciamo su scala mondo .5% in meno, con punte di 1.5% per paesi come Stati Uniti e Cina pesantemente implicati nel commercio estero giapponese. Più avanti, ma neanche tanto, si manifesteranno gli effetti di un possibile tsunami finanziario. E allora entrerà in ballo anche la vecchia Europa.
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All’enorme impegno della ricostruzione si aggiunge quello della catastrofe nucleare. Alla Tepco pare che si siano chiesti danni per quasi 70 miliardi di US$. E sono solo quelli provenienti dall’interno. Il prestito richiesto alle banche, pari a circa 25 miliardi di US$, è una goccia nel mare. Si parla di nazionalizzazione. Dunque pagherà lo Stato. Da aggiungere all’enorme debito maturato e in formazione. Con una recessione alle porte, la solvibilità del Giappone potrebbe fare qualcosa di più che scricchiolare.
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Forse non è necessario aspettare il default del Giappone per l’innesco dell’effetto valanga. Basta la crescita degli interessi sul debito pubblico, inevitabile, anche se i giapponesi se li giocano in casa, a buttare per aria qualcuno dei paesi indebitati. USA e EU sono già nel mirino. E la ricaduta sull’economia sarà impietosa, fino a sfociare in una crisi sociale, che potrebbe cambiare le cose, almeno da noi.