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MILITARY • LAW ENFORCEMENT • SECURITY LACRIME SUDORE E SANGUE DIVENTARE INCURSORE OPERATION EAGLE EYE LA FOLGORE IN EsE R cI TA zIONE cONGIuNTA cON GLI INGLEsI FOCUS ON FIRE TEST DE SERT T ACTICAL ARMS SRS COVERT DE FENSE VEhICLES POLARIS MRZR SITUATION REPORT VENTI DI GUERRA IN COREA TEST BY TNM EXTREMA RATIO GLAUGA B1 www.TACTICALNEwSMAGAZINE.IT • € 6.00 TNM N° 22 • MAGGIO 2013 perIOdIcO MensIle “Poste ItalIane sPa, sPedIzIone In abbonamento Postale dl 353/2003 (convertIto In legge 27/02/2004 n°46) art. 1 comma 1 lo/mI”

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MILITARY • LAW ENFORCEMENT • SECURITY

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Ricordo che durante il secondo conflitto mondiale una delle principali

proiezioni che venivano realizzate a scopi propagandistici si chiamava “Perché combattiamo?”. Si trattava di una sorta di cinegiornale dove il ministero dell’interno americano erudiva il popolo sul perché molti giovani statunitensi stavano perdendo la vita oltremare, in Europa, per un continente apparentemente insignificante. Era un’operazione propagandistica di alto livello, ben costruita, soprattutto sulle emozioni che poteva suscitare in chi la guardava; dopo quella visione ciascun americano doveva uscire dal cinema convinto che le migliaia di vite perse sul suolo europeo erano dolorose, ma necessarie. Oggi proverei a montare il medesimo film per indirizzarlo alle famiglie di tutti quei soldati italiani impegnati all’estero, realizzerei un cortometraggio cercando di mettere insieme qualche immagine, due commenti e una buona idea per convincere le mamme e le mogli dei nostri soldati circa l’utilità del loro lavoro, ma soprattutto cercherei di fare capire che lo Stato…si lo Stato, che teoricamente li ha mandati in missione, è al loro fianco, li supporta, li sostiene e protegge. Se oggi guardo i giornali mi accorgo che il film nella mia testa è più assimilabile ad un genere fantascientifico che non di pura propaganda. Lo Stato italiano protegge i suoi soldati, la politica interna è talmente salda che non temiamo nessun avversario, soprattutto quando si tratta di combattere sui

tavoli della diplomazia. A rappresentarci abbiamo una classe politica dedita al sacrificio e alla lotta, insomma, nessuno può e deve dirci cosa dobbiamo fare. Ottimo - dico tra me e me - forse è ora che abbandoni il sogno e mi lavi la faccia, cercando di svegliarmi da questa splendida, ma mendace visione delle cose. Lo spettacolo della politica deve essere debitamente tenuto lontano dai nostri ragazzi con le stellette, dovrebbero vietare ai giovani fanti della Sassari o agli alpini della Taurinense o ancora ai paracadutisti della Folgore di vedere i telegiornali… che dire… potrebbero improvvisamente inorridire di fronte a tale scempio del nostro paese e della bandiera sulla quale hanno giurato. Non preoccupatevi signori onorevoli, non temete voi che occupate gli scagni di Montecitorio, non abbiate paura signori in giacca e cravatta: quei ragazzi che indossano la vegetata portano sempre sul loro braccio la bandiera italiana, che non è la vostra bandiera… non è la stessa e non provate nemmeno a parlare di quella bandiera o del suo significato, che non è propriamente lo stesso per voi. Quello che avete fatto con i nostri marò è sufficiente per convincere qualsiasi soldato a posare il proprio fucile e tornarsene a casa… ma nessuno lo fa e nessuno lo farà mai… perché loro sanno cosa vuol dire giurare sotto il Tricolore… lo sanno meglio di voi. Grazie ragazzi… tappatevi il naso e continuate per noi…

Mirko Gargiulo (Direttore editoriale)

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Warning: ATVs can be hazardous to operate. Polaris adult models are for riders age 16 and older. Polaris youth models of 90cc for riders 10 and older. Polaris youth models of 50cc for riders 6 and older. For your safe-ty, always wear a helmet, eye protection and protective clothing, and be sure to take a safety training course. For safety and training information in the U.S., call the SVIA at (800) 887-2887. You may also contact your Polaris dealer or call Polaris at (800) 342-3764. For safety training in Canada, contact your local Polaris dealer. ©2013 Polaris Industries Inc.

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XI° REPARTOD’ASSALTO

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Military - Law Enforcement - Securityn°22 - maggio 2013 - mensilewww.tacticalnewsmagazine.it

Direttore responsabileMarco [email protected]

Direttore editorialeMirko Gargiulo [email protected]

Capo redattorePaolo [email protected]

Direttore commercialeGiovanni Petretta [email protected]

Art directorMatteo [email protected]: mt@work

Impaginazioneechocommunication.eu

Corrispondente dagli Stati UnitiJae Gillentine

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CollaboratoriGianluca Favro, Gianluca Sciorilli, Fabio Rossi, Marco Sereno Bandioli, Giovanni Di Gregorio, Marco Strano, Mario Leone Piccinni, Marco Buschini, Michele Farinetti, Ovidio Di Gianfilippo, Sergio Giacoia, Alberto Saini, Lorenzo Prodan, Daniel Piga, Paolo Palumbo, Daniel Sharon, Norbert Ciano, Gogo della Luna, Luca Munareto, Davide Pisenti, Alessandro Zanin, Giuseppe Marino, Rocco Pacella, Bartosz Szolucha, Guns & Tactics, Jeremy Pagan, Giuliano Palazzo, Jacopo Guarino, Paolo Grandis

FotografieISAF, Department of Defense, Stato Maggiore Esercito, U.S. Navy, NATO Multimedia, The National, Command Special Naval Warfare, Onu Media Press, Michele Farinetti, Marco Buschini, Marco Alberini, Norbert Ciano, Davide Pisenti, Jhon Campo, Stickman

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StampaPostel SpA Via Carlo Spinola, 11 - 00154 Roma

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2EDITORIALE 6NEWS

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GIAPPONE, TEMPO DI METTERE IN DISCUSSIONE IL TABÙ PACIFISTA

Lo scorso febbraio 280 soldati del Western Army Infantry Regiment dell’esercito giapponese hanno partecipato all’esercitazione Iron Fist a Camp Pendleton, California. Per la prima volta dalla seconda guerra mondiale centinaia di soldati nipponici si sono cimentati in una simulazione militare offensiva, mirata alla riconquista di un’isola in mano a forze nemiche. Il Giappone partecipa dal 2005 ad Iron Fist, un’esercitazione congiunta tra Marines degli Stati Uniti e soldati della Japan Self Defense Force. L’interesse di Tokio per questo tipo di esercitazione è cresciuto esponenzialmente, anche

grazie alle tensioni territoriali con la Cina, relativamente alle isole Senkaku, e con la Corea del Nord, a causa del programma nucleare e missilistico di Pyongyang. La presenza giapponese all’esercitazione è più che raddoppiata dallo scorso anno, quando solo cento soldati nipponici erano presenti, per lo più con la funzione di osservatori. Lo scorso febbraio il Giappone ha inviato in California una rappresentanza del Western Army Infantry Regiment, un reggimento specializzato in sbarchi anfibi in combattimento ed operazioni aviotrasportate, simile ai Marines statunitensi. La vera novità di Iron Fist 2013 è il coinvolgimento attivo delle forze giapponesi nell’esercitazione: i soldati nipponici hanno effettuato per la prima volta un vero e proprio sbarco per riconquistare l’isola di San Clemente, in mano a forze nemiche simulate, utilizzando navi americane come supporto di fuoco. Ufficiali giapponesi sono stati coinvolti nella pianificazione e nell’esecuzione dell’operazione. I soldati giapponesi sono

sbarcati sull’isola con mezzi anfibi, elicotteri CH53 e convertiplani V-22 Osprey, dimostrando una piena capacità operativa. Se dal punto di vista militare Iron Fist conferma la piena compatibilità tra forze giapponesi e statunitensi, da quello politico l’esercitazione del 2013 segna un deciso cambio di rotta sull’impostazione pacifista di Tokio. L’operazione dimostra che il governo del primo ministro conservatore Shinzo Abe vuole una forza militare in grado di proteggere, ed eventualmente rioccupare, le Senkaku, isole contese nel mar cinese orientale. Una forza anfibia come il Western Army Infantry Regiment ha capacità prettamente offensive e non è difficile immaginare che potrebbe essere utilizzata per riconquistare le Senkaku nel caso fossero occupate da unità ostili. Il nome della Cina non è stato esplicitato né durante l’esercitazione né dal governo di Tokio, ma è piuttosto chiaro che l’esercito cinese è l’unico vero competitor nell’area. Iron Fist è solo l’ultimo passo di un lungo processo di restiling che sta coinvolgendo le forze armate giapponesi ed iniziato nei primi anni 2000. Il governo di Abe sta cercando una soluzione per modificare la costituzione, che vieta esplicitamente ogni azione militare giapponese che non sia di autodifesa. Questo limite stringente impedirebbe, ad esempio, l’utilizzo degli incrociatori nipponici con tecnologia Aegis per abbattere eventuali missili balistici diretti contro gli Stati Uniti. Una restrizione che il governo giapponese vorrebbe eliminare, dato che questi incrociatori sono stati acquistati proprio per avere un sistema di difesa antimissile integrato con Washington. Il governo di Tokio ha mostrato di avere più difficoltà nelle modifiche dell’assetto istituzionale e formale che nella ristrutturazione delle proprie forze armate. Il bilancio della difesa del 2013 è stato incrementato dello 0,8%, un aumento minimo, ma il primo da più di dieci anni. Tokio si doterà di un nuovo sottomarino da attacco, utilizzabile per proteggere le coste dell’isola, ma anche per tenere sotto controllo la nuova portaerei cinese. L’incremento dei fondi per la difesa permetterà anche l’acquisizione dei primi due F-35, altro programma con spiccate caratteristiche offensive. Lo sviluppo degli F-35 sta subendo dei rallentamenti a causa di difficoltà del progetto, ma l’intenzione di Tokio è quella di avere un aereo che possa essere anche imbarcato sulle portaelicotteri classe Hyuga. Il binomio F-35/Hyuga permetterebbe alla marina giapponese di fornire supporto aereo ravvicinato alle forze di terra nell’eventualità di uno sbarco anfibio, proprio come nel caso dell’esercitazione Iron Fist.

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a cura di Marco alberini

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L’IRAN LANCIA UN GOOGLE EARTh ISLAMICO

Le autorità iraniane hanno sempre sospettato dei servizi web creati in occidente, considerati strumenti di spionaggio. Una diffidenza che ha coinvolto in particolare Google Earth. Arriva quindi ora l’annuncio di un prodotto concorrente di mappatura in 3D della terra, da un punto di vista islamico.Il ministro iraniano per l’informazione e tecnologia delle comunicazioni Mohammad Hassan Nami ha presentato il progetto Basir (spettatore in persiano), descritto esplicitamente come un “Google Earth islamico”, pronto per l’uso“entro i prossimi quattro mesi “. “Al momento stiamo creando un centro dati appropriato, in grado di elaborare questo volume di informazioni”, avrebbe riferito l’agenzia di stampa Mehr. “Stiamo facendo del nostro meglio per lanciarlo nei prossimi quattro mesi, come un portale nazionale della Repubblica Islamica, che fornisce il servizio su scala globale” avrebbe precisato il ministro. Non è mancato, nell’annuncio, il consueto veleno anti-occidentale: “In apparenza, Google Earth fornisce un servizio agli utenti, ma in realtà dietro questo prodotto ci sono la sicurezza e le organizzazioni di intelligence, al fine di ottenere informazioni da altri Paesi”.

SIRIA,LA DROGA DEGLI INSORTI

Che il grosso degli armamenti di cui dispongono i ribelli siriani provenga dagli ex arsenali di Gheddafi è un dato difficilmente contestabile, ma lascia aperta la questione di “come” vengano finanziate sia le forniture che le milizie transnazionali presenti sul terreno e stimate in circa 20mila uomini. Sottolineiamo il “come” e non il “chi”, dato questo abbastanza palese che non necessita ulteriori approfondimenti in questa sede, perché le somme in gioco sono ingenti e non possono essere dissimulate in pieghe di bilancio, specie se si tratta di bilanci di nazioni esportatrici di democrazia che negano di finanziare direttamente i ribelli. Una soluzione all’enigma viene proposta da Viktor Ivanov, direttore del servizio antidroga russo, che indica come principale fonte di finanziamento i proventi del traffico di eroina, la cui produzione ha subito un’impennata da quando l’Afghanistan è finito sotto la tutela statunitense. Le preoccupazioni russe sulla crescita esponenziale del commercio degli oppiacei non sono solo di ordine interno: il paese è il principale mercato di sbocco di una droga da lungo sul viale del tramonto in occidente, sostituita da sostanze di sintesi più economiche, che danno meno problemi allo spacciatore e sono meglio “gestibili” socialmente, da un punto di vista di ordine pubblico e allarme sociale. Le approfondite indagini delle forze dell’ordine russe le hanno portate a scoprire che «la criminalità transnazionale organizzata può assicurare l’afflusso di un grande numero di criminali e mercenari in ogni parte del mondo grazie ai proventi del traffico di eroina». Fra questi vengono inclusi i «15/20mila mercenari concentrati in Siria, che stanno destabilizzando la situazione del paese». Per le autorità russe il maggiore problema in Afghanistan non sono tanto i talebani, quanto la criminalità organizzata transnazionale, anche se non arrivano apertamente a denunciare che la principale fonte di approvvigionamento dei fondi viene tollerata, se non addirittura promossa, da chi ha il controllo del paese, magari a condizione che il denaro ricavato venga, almeno per buona parte, impiegato per finanziare movimenti insurrezionali.

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ANChE L’UNESCO è COSTRETTA AD AMMETERLO: NELLE SCUOLE PALESTINESI SI INSEGNA L’ODIO CONTRO ISRAELE E GLI EBREI Adesso è ufficiale: i libri di testo delle scuole palestinesi, delle elementari alle Università, «tendono ad avvalorare tesi razziste e pregiudizi negativi contro Israele e il popolo ebraico». A metterlo nero su bianco, uno studio commissionato dall’Unesco a tre ricercatori, che per alcuni anni hanno letto e riletto i manuali in uso nelle scuole dell’Autorità Nazionale Palestinesee in quelle controllate da hamas a Gaza. I tre esperti, il professore Sami Adwan, docente palestinese dell’Università di Betlemme, Daniel Bar-Tal, dell’Università di Tel Aviv, e il professore Bruce Wexler, dell’Università americana di Yale, hanno presentato il risultato del loro lavoro, in una conferenza stampa a New York, evidenziando come «gravi manipolazioni, omissioni storiche e una falsa rappresentazione degli eventi politici, tendano a rappresentare il popolo israeliano come nemico dei palestinesi, ed esaltino al contempo, le gesta del popolo palestinese come vittima di gravi ingiustizie e soprusi». Gli studiosi rincarano la dose affermando come «perfino eventi storici poco significativi, vengono presentati in modo assolutamente selettivo e artificioso, al fine di avvalorare l’idea di una comunità e di un popolo in lotta contro l’ingiustizia». Non mancano poi «delle descrizioni artificiose che tendono a disumanizzare gli israeliani… libri che spesso non parlano né della religione, né della cultura, né dell’economia o delle attività quotidiane e perfino della semplice esistenza degli israeliani. L’assenza di questo tipo di informazioni serve a sminuire la presenza legittima dell’altro». Il rapporto dimostra che «la rappresentazione negativa dell’altra comunità, e l’assenza di qualsiasi informazione che la riguardi, sono estremamente marcate nei libri in uso nelle scuole palestinesi, mentre si ravvisano casi meno eclatanti e più sporadici nelle scuole ultraortodosse ebraiche».

EGITTO, ESERCITO ACCUSATODI TORTURE DURANTE LE RIvOLTE

Tutti colpevoli di offuscare il L’esercito aprì il fuoco e torturò un numero imprecisato di attivisti durante le rivolte di piazza che nel 2011 portarono alla caduta del regime di Hosni Mubarak: a sostenerlo è un rapporto sottoposto al presidente Mohammed Morsi all’inizio dell’anno e di cui ampi stralci sono stati pubblicati recentemente in esclusiva dal quotidiano britannico The Guardian. Il presunto coinvolgimento dei militari – che per tutta la durata delle rivolte hanno rivendicato la loro “neutralità” addossando alle forze di polizia la responsabilità di abusi e torture – è denunciato in un momento in cui le tensioni tra le diverse parti politiche e sociali in Egitto sono già al limite. Il documento pubblicato dal Guardian accusa l’esercito di una serie di violazioni dei diritti umani durante i 18 giorni di proteste di piazza che portarono alle dimissioni di Mubarak; nel testo sono contenute per altro testimonianze relative alla presenza di civili fermati ai posti di blocco e successivamente scomparsi. Altre testimonianze raccontano di civili detenuti e torturati nei pressi del Museo egizio a Piazza Tahrir, i cui corpi senza vita sarebbero stati trasportati all’obitorio. A redigere il rapporto sarebbero stati esperti, tra cui avvocati per i diritti umani, che hanno sottolineato l’atteggiamento “non collaborativo” riscontrato tra le forze dell’ordine durante le indagini. Il documento, presentato a Morsi in gennaio, non è mai stato reso pubblico. La commissione avrebbe chiesto al governo di mettere sotto inchiesta i vertici dell’esercito per le violazioni dei diritti umani, ma Morsi – che è anche capo supremo delle Forze armate – non ha finora aperto alcun procedimento.

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L’IRAQ DIECI ANNI DOPO IRAQ FREDOOM

Il 4 aprile 2013 l’agenzia Reuters ha pubblicato un’intervista a quattro combattenti siriani schierati sul fronte del presidente siriano Bashar al-Assad in cui dichiaravano di essere stati addestrati presso una base segreta iraniana. La questione, oltre a far parlare nuovamente del rischio di una “regionalizzazione” del conflitto siriano, mette in imbarazzo con gli Usa il governo centrale iraqeno. Il sospetto è che l’Iraq consenta il transito sul proprio territorio di soldati e di armi che dall’Iran vanno ad ingrossare le fila delle milizie fedeli al regime di Assad, mentre gli Stati Uniti offrono assistenza ai ribelli sotto forma di rifornimenti e addestramento. Il governo centrale di Baghdad, retto dallo sciita Nouri al-Maliki, mostra dunque di subire l’influenza di Teheran, mettendo in discussione l’alleanza con Washington e mostrando un atteggiamento fortemente ambiguo. Il segretario americano John Kerry in visita a Baghdad il 24 marzo 2013, ha sostenuto che la fedeltà dell’Iraq al governo di Washington rappresenta uno dei punti più importanti dell’impegno americano in Medio Oriente. Il viaggio di Kerry in Iraq è arrivato quattro giorni dopo che nel paese si è celebrato il decimo anniversario dell’invasione irachena (avvenuta il 20 marzo 2003) guidata dalla coalizione statunitense. Il 19 marzo 2013 a Baghdad e in altre città del paese sono stati messi in atto una serie di attentati contro la popolazione sciita irachena e le forze di sicurezza del governo. Gli attacchi sono stati rivendicati dall’ISI (Stato islamico dell’Iraq), etichetta sotto cui confluiscono gli iracheni sunniti affiliati ad al-Qaeda. Queste azioni suonano come un campanello d’allarme per il sistema di sicurezza iracheno debole e quotidianamente esposto agli attacchi terroristici. “Il lavoro da fare in Iraq è ancora tanto e le sfide sono sotto gli occhi di tutti”. Kerry durante la sua visita a Bagdad ha parlato di corruzione, terrorismo e violenze settarie che minano la stabilità del nuovo Iraq. Ed è proprio a proposito delle divisioni settarie scoppiate nel paese che il segretario di Stato americano ha invitato il capo del governo iracheno a condividere il potere in maniera più equa con curdi e sunniti, al fine di promuovere un’unità nazionale più solida. L’instabilità del governo iracheno, provocata dal ritiro delle truppe americane dall’Iraq avvenuto il 15 dicembre 2011, è stata alimentata da alcune questioni interne che sono scoppiate una dopo l’altra per la mancanza di un potere statale centrale che riuscisse ad amministrare tutto il territorio. In Iraq la maggioranza sciita al governo viene indebolita dalle insurrezioni della popolazione sunnita, che percepisce le politiche di al-Maliki come discriminatorie e accusa il potere centrale di essere autoritario. La nuova Costituzione, promulgata nel 2005, riflette gli interessi di sciiti e curdi, ignorando invece le richieste dei sunniti. Ma non sono solo i sunniti ad essere scontenti dell’operato di al-Maliki. Contro l’azione del governo di Bagdad a inizio anno si è fatta sentire anche la voce del leader religioso sciit Moqtada al-Sadr. Tra le divisioni irachene al-Qaeda trova un terreno molto fertile. L’organizzazione sfrutta le tensioni settarie e cavalca il malcontento sunnita per reclutare adepti. Dall’inizio del 2013 le azioni terroristiche di al-Qaeda in Iraq (AQI) si sono intensificate e sono arrivate ad interessare anche la vicina Siria. Il gruppo dei ribelli sunniti di Jabhat al-Nusra, che in Siria combatte contro il regime di Assad, vede tra le sue file la presenza di alcuni dei più estremi dei sunniti iracheni. Il fragile equilibrio iracheno passa anche da Erbil, capitale del governo regionale semi-autonomo del Kurdistan (GRK). I rapporti fra Baghdad ed Erbil in materia di controllo del territorio e gestione delle risorse si vanno inasprendo. I curdi rivendicano il diritto di vendere le proprie risorse petrolifere e di firmare contratti senza l’autorizzazione del governo centrale e lamentano l’esigua fetta di torta a loro destinata, nonostante l’alta concentrazione di giacimenti presenti nella regione.

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TURChIA, AMORE PER LE DIvISE In una fase in cui i passi internazionali e interni della politica turca sono particolarmente ricchi di risvolti fra le riaperture a Israele, indotte da Washington in chiave strategica Nato verso la crisi siriana, le trattative col movimento curdo tramite il leader prigioniero Öcalan, l’indagine svolta da un “Centro di studi strategici” offre uno spaccato sull’attuale sentimento della popolazione verso i propri apparati militari. I dati sono stati raccolti tramite un questionario di una sessantina di domande rivolte a un campione rappresentativo. Secondo il sondaggio il 64% dell’attuale cittadinanza ritiene le forze armate l’istituzione più importante del paese, seguita dalla polizia che raccoglie il 50% dei consensi. Eppure non vengono ben viste la contrapposizioni ai costumi religiosi e le tendenze interventiste (e golpiste) mostrate in passato dalle ‘stellette’. Il responsabile della ricerca ha cercato di tranquillizzare i responsabili politici sottolineando che l’intento della ricerca non era quello di danneggiare l’istituzione militare ma di saggiare il pensiero popolare. Ovviamente le risposte sono lo specchio dell’orientamento politico degli intervistati, così aderenti al Partito nazionalista (Mhp) mostravano una maggiore fiducia verso i generali al contrario di chi rispecchia le idee del partito filo-curdo (Bdp). Un risentimento verso la struttura di difesa traspare anche da chi è vicino all’attuale partito di governo, Akp, minacciato in un passato neppure così lontano dalla repressione delle forze armate. Un dato sintomatico sul rapporto di amore-odio dei turchi verso l’uniforme riguarda appunto il vestirla. Infatti in parecchi hanno mostrato riserve sul servizio militare dei propri figli (60%) e il numero risultava elevato fra gli stessi nazionalisti (47%). Nonostante le ombre sugli anni bui del golpismo c’è chi ritiene che la struttura militare turca sia valida e che si sia voluto deliberatamente screditarla. Costoro rovesciano totalmente le percentuali attorno alla domanda sull’esistenza del complotto di Ergenekon, vero solo per il 18% dei repubblicani e per l’87% dei seguaci di Erdogan. Ma nei confronti di colpi di mano come quello del 1997 solo il 30% del campione esaminato esprime un assenso o ne ammette un bisogno per “cause di forza maggiore”. Il ruolo di casta chiusa e autoreferenziale dell’ambiente militare non viene ben visto sebbene ancora vi sia chi ritiene come la struttura operi per il bene della nazione.

NUOvI PROBLEMI PER L’F35,CI SONO DUBBI SULLA SUA COMPETITIvITÀ Non c’è pace per i prototipi del caccia da superiorità aerea di quinta generazione F35. Allo stop di un mese imposto per la scoperta di un problema al sistema idraulico di pompaggio del carburante su un mezzo della Eglin Air Force Base in Florida, si è aggiunta la rottura di una pala della turbina a bassa pressione del motore Pratt & Whitney F-135, specificamente progettato per equipaggiare questo aereo. Un vero calvario lo sviluppo del “supercaccia”, con la speranza che questa ulteriore pecca non porti all’ennesimo innalzamento del prezzo, dato che l’F35 è già l’aereo più costoso della storia dell’aviazione militare con i suoi 140 milioni di dollari per unità. Il problema al motore dell’F35 significa l’ennesimo ritardo per il caccia della Lockheed Martin ed è un ulteriore segnale di scarsa affidabilità del progetto. Nonostante le difficoltà sorte in questi anni, i membri europei del consorzio puntano ancora sull’F35, aggrappandosi a poche buone notizie come il recente via libera del

Marine All Weather Attack Squadron 121 alla versione STO/VL dell’aereo. Dal punto di vista dei partner europei del programma si sta delineando un paradosso tecnologico: lo scopo dell’F35 è unificare in un unico modello – seppur diversificato in tre versioni – le forze aerea. La riduzione dei costi di mantenimento sarebbe conseguita

attraverso la comunanza dei pezzi di ricambio, ma nel caso europeo le linee di produzione dell’F35 andrebbero a sovrapporsi a quelle dell’Eurofighter, già in piena funzione e quindi in fase di prezzo per unità discendente. Gli F-35 andrebbero ad affiancarsi ai consolidati Eurofighter Typhoon, aerei frutto della collaborazione di Regno Unito, Italia, Francia e Spagna che rappresentano una categoria a sé stante nel mondo aeronautico, definita dagli analisti “generazione 4++”. Le discriminanti principali fra quarta e quinta generazione di caccia sono la caratteristiche stealth – cioè l’invisibilità ai radar – e le capacità “networkcentriche”. L’F-35 è considerato stealth solo nella sua sezione frontale, ma non presenta altre abilità, definite dalla stessa Lockheed Martin, come indispensabili per una piattaforma di quinta generazione.

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PERChè LA RUSSIA NON ABBANDONA ASSAD

In un intervista rilasciata alla BBC qualche settimana fa, il ministro degli esteri russo Sergey Lavrov ha affermato che la Russia non farà pressioni su Bashar al-Assad perché abbandoni il potere in Siria.“La Russia non partecipa al gioco del cambio di regime”, ha affermato Lavrov. Non sta a noi decidere chi deve guidare la Siria, ma al popolo siriano. Siamo contro le interferenze straniere in conflitti interni”. La guerra civile siriana attraversa una fase di stallo. Le forze ribelli sono incapaci di avere la meglio su quelle fedeli ad Assad , che non sono a loro volta in grado di riprendere il controllo della situazione nel paese. Mosca si oppone a un intervento esterno che sblocchi l’impasse perchè teme una replica dello scenario libico del 2011, quando il Cremlino fu isolato e – con la caduta di Gheddafi – perse il ruolo di partner privilegiato della Libia. In Siria, gli interessi in gioco per la Russia sono ancora più consistenti. Mosca ha all’attivo contratti per la vendita di armi con il governo di Damasco (caccia, sistemi di difesa anti-aerea e persino sottomarini) per un valore complessivo di 4 miliardi di dollari. Ancora prima dell’inizio del conflitto, la compagnia energetica russa Stroytransgaz aveva firmato contratti con la Siria per costruire uno stabilimento per il trattamento del gas naturale e il gasdotto Arab Gas Pipeline del valore totale di 1.1 miliardi di dollari. Un’altra compagnia russa, Tatneft, aveva lanciato una joint venture con la compagnia nazionale siriana per l’estrazione del petrolio nel paese e stava anche elaborando piani per l’esplorazione dell’oro nero nei pressi del confine con l’Iraq. Gli ottimi rapporti commerciali tra Russia e Siria risalgono alla decisione di Mosca del 2005 di cancellare i tre quarti del debito siriano (poco meno di 10 miliardi di dollari) nei confronti della Russia. Il debito era stato accumulato negli anni della guerra fredda, quando la Siria era un partner privilegiato dell’Unione Sovietica. Dal periodo della guerra fredda, la Russia non ha ereditato solo crediti. Dal 1971 Mosca controlla la base di supporto navale siriana di Tartus, collocata in una posizione strategica cruciale nel Mediterraneo orientale. La base è tuttora usata da Mosca come scalo di unità della flotta russa, nonostante i rischi derivanti dallo stato di guerra nell’area circostante la base. La crisi siriana sta permettendo a Mosca di riprendere l’iniziativa su teatri abbandonati alla fine della guerra fredda, come il Mediterraneo. L’11 marzo i vertici della marina militare russa hanno deciso di creare una task force permanente nel Mediterraneo forte di 10 unità di combattimento e ausiliari. La decisione è stata presa dopo settimane di intensa attività della flotta nel Mediterraneo orientale, tra cui vere e proprie esercitazioni militari. La presenza permanente di vascelli militari russi nel Mediterraneo orientale era stata sospesa nel 1992, quando il quinto squadrone dell’ex flotta sovietica – attivo nell’area dal 1967 – era stato richiamato in patria. La Russia non fa pressioni su Bashar al-Assad perchè abbandoni il potere in Siria anche perchè, come spiegato dall’analista russo Fyodor Lukyanov sulla rivista Russia in Global Affairs, per Mosca la questione in ballo non è l’affermazione della democrazia in Siria, ma il rapporto di forze nel Medio oriente. Mosca legge la crisi siriana come una guerra civile tra sciiti e sunniti, con un forte coinvolgimento di potenze regionali – le monarchie del Golfo Persico, Arabia Saudita in primis, che si oppongono all’influenza iraniana nell’area. Gli attori esterni coinvolti nel conflitto non hanno il minimo interesse per il futuro della popolazione siriana. Quasi tutti gli analisti russi sono concordi sulla valutazione che il regime di Assad, pur essendo in difficoltà, non ha perso il sostegno di buona parte della popolazione. Molti siriani temono una vittoria dell’opposizione molto di più che una continuazione del regime. Per questo, a Mosca sono in molti a pensare che i giorni di Assad al potere non siano affatto contati. La Russia riconosce che, se le pressioni esterne non cesseranno, si dovrà probabilmente arrivare a un compromesso. I termini di un futuro accordo tra le parti in causa sono però ancora tutti da determinare e il Cremlino non ha la minima intenzione di rinunciare al suo ruolo in Siria.

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Le due Coree in lotta fra di loro e gli Stati Uniti potrebbero andare incontro ad una vera e propria guerra, almeno che Pyongyang e Washington

non smettano di provocarsi a vicenda. Il 28 marzo due bombardieri Stealth US B-2 con a bordo armi nucleari sono partiti in volo diretto dall’America alla Corea del Sud e subito dopo hanno fatto rientro. Questi aerei “invisibili” possono trasportare la bomba GBU-43/B MOAB, che pesa ben 13 tonnellate e 600 kg e che, secondo alcuni, è in grado di fare un “buco” nel cemento armato fino ad una profondità di 70 mt, rappresentando così una pesantissima minaccia per gli impianti nucleari sotterranei e per le principali centrali di comando della Corea del Nord. Nei primi giorni del mese di aprile i bombardieri della US B-52 hanno organizzato delle simulazioni di attacchi aerei

a sorpresa nei cieli della Corea del Sud, calcolando anche i tempi di volo necessari dalla Corea del Nord, riportando così alla memoria i massicci e devastanti bombardamenti a tappeto compiuti dagli US ai danni della Corea del Nord durante la Guerra di Corea nel 1950. I giochi di guerra di USA, Australia e Sud Corea effettuati in Marzo sono stati progettati come preparazione ad un’eventuale guerra contro il Nord. I media americani non hanno tenuto conto di queste esercitazioni provocatorie; anzi, come sempre, la Corea del Nord si sarebbe invece armata e avrebbe insensatamente minacciato di attaccare gli Usa con missili di lunga gittata di cui non è ancora in possesso. Dopo tanti anni, siamo ormai abituati a sentir parlare di queste presunte minacce e prove di forza da parte della Corea del Nord. Tuttavia i suoi recenti e riusciti

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test nucleari, nonché le ricerche su missili di lunga gittata hanno cominciato a dare forza alle minacce da parte di Pyongyang. Il nuovo leader nord-coreano Kim Yong-un è stato appena eletto e già gli Usa, il Giappone e la Corea del Sud hanno iniziato a metterlo alla prova. Ancor più importante, il trattato di difesa stipulato tra USA e Corea del Sud obbligherebbe Washington ad un intervento militare nel caso in cui dovesse scoppiare una guerra tra la Corea del Sud e la Corea del Nord. E, viste le attuali tensioni, uno scontro al confine della zona demilitarizzata (DMZ), sia aereo che navale, o eventuali raids da parte delle forze speciali nord coreane, composte da 110 mila uomini, basterebbero a portare le due Coree ad una guerra vera e propria. La Corea del Nord ha ripetutamente minacciato di radere al suolo parte della capitale della Corea del Sud, Seoul, con l’utilizzo di 11000 pezzi di artiglieria pesante e con batterie missilistiche nascoste in grotte lungo la DMZ. I commando nord-coreani e le batterie missilistiche hanno il compito di attaccare tutte le basi aeree US e i quartier generali di comando della Corea del Sud; e anche le 28500 truppe americane, di base nella Corea del Sud, rientrerebbero fra gli obiettivi principali. I missili a media gittata nord-coreani sono invece puntati verso la basi americane del Giappone continentale, Okinawa e Guam. Il robusto esercito della Corea del Nord, composto da 1 milione e centomila uomini, è pronto ad attaccare il Sud, mentre l’imponente forza aerea statunitense, infine, dovrebbe smorzare un simile attacco, ma ciò comporterebbe lo spostamento degli aerei da combattimento statunitensi dal Golfo e dall’Afghanistan; ma a questo bisogna aggiungere che le riserve missilistiche e la disponibilità di bombe dell’aviazione americana scarseggiano in maniera preoccupante e anche le attrezzature

Il 28 marzo due bombardieri

Stealth US B-2 con a bordo armi

nucleari sono partiti in volo diretto

dall’America alla Corea del Sud e

subito dopo hanno fatto rientro.

Questi aerei “invisibili” possono trasportare la bomba GBU-43/B MOAB, che pesa ben 13 tonnellate e 600 kg.

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e gli equipaggiamenti mostrano evidenti segni di logoramento. Gli USA sono ormai abituati a muovere guerra contro piccole nazioni la cui pericolosità viene esageratamente “gonfiata”, vedi il caso della Grenada, della Somalia, dell’Iraq o della Libia; l’ultima vera guerra combattuta dagli USA, quella del Vietnam, si è rivelata una disfatta clamorosa per l’esercito americano. Ma la Corea del Nord non è l’Iraq o la Libia: la marina e l’aeronautica militari nord-coreane verrebbero rapidamente distrutte dalle forze aeree americane e sud-coreane pochi giorni dopo l’inizio del conflitto. Tuttavia, avere la meglio su un esercito solidissimo come quello nord-coreano sarebbe una sfida molto ardua nel caso in cui quest’ultimo giocasse la partita sulla difensiva. Le previsioni del Pentagono sono abbastanza chiare: l’invasione della Corea del Nord costerebbe agli Stati Uniti almeno 250000 perdite; pertanto gli USA sarebbero chiaramente tentati di fare uso di armi nucleari tattiche. Dal canto suo la Corea del Nord promette di bombardare il Giappone con armi nucleari se gli USA ricorreranno al nucleare, e a questo si aggiungerebbe anche la minaccia di un intervento da parte della Cina. Per gli Stati Uniti sarebbe invece molto più saggio fare un passo indietro e rinunciare all’idea di un conflitto, cercando quindi di ridurre al massimo le tensioni con la Corea del Nord. Il Ministero del tesoro americano, letteralmente a

secco di risorse, non può ancora permettersi un’altra guerra, avendo già bruciato 2000 miliardi di dollari per la guerra contro l’Iraq e l’Afghanistan; le forze armate americane, impantanate in Medio Oriente ed Afghanistan, non sono assolutamente in grado

di poter sostenere una guerra vera e propria in Corea, senza contare che il solo spostamento di artiglieria e mezzi corazzati sul posto richiederebbe dei mesi. Per Washington sarebbe dunque il caso di allentare invece che rafforzare le ferree sanzioni contro la Corea del Nord. L’obiettivo di Pyongyang è in realtà quello di giungere ad un Accordo di non-aggressione con gli Stati Uniti, a favore di dirette e normali relazioni con questi ultimi. Ma Washington invece non vuole saperne, nonostante si trovi spesso a trattare con regimi a dir poco ripugnanti, ed i Neocons americani sono determinati nel loro scopo di rovesciare il regime nord-coreano, nel timore che

quest’ultimo possa inviare armi più moderne ai nemici di Israele in Medio Oriente. Intanto, le forze militari nella penisola coreana sono costantemente in stato d’allerta e con il dito sul grilletto; i B-2 americani in volo vicino alla Corea del Nord sembrano quasi preludere un imminente attacco. La diplomazia dal canto suo, e non i generali dell’esercito, dovrebbe fare la sua parte, tentando di superare una crisi in gran parte “confezionata”.

Situation RepoRtS Situation RepoRtS Situation RepoRtS Situation RepoRtS Situation RepoRtS Situation RepoRtS

La Corea del Nord ha ripetutamente minacciato di radere al suolo parte della capitale della Corea del Sud, Seoul, con l’utilizzo di 11000 pezzi di artiglieria pesante e con batterie missilistiche nascoste in grotte lungo la DMZ.

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Il governo greco è disorientato dopo aver ricevuto una esplosiva relazione che calcola

il valore degli enormi danni provocati dalla Germania durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale. Il conto da presentare alla Germania raggiungebbe un totale complessivo 162 miliardi di euro, di cui 108 per la ricostruizione delle infrastrutture del paese dopo l’occupazione nazista del 1941-1944. Parliamo dell’80% del PIL greco. Il Premier Antonis Samaras ha indetto una riunione speciale con il Ministro degli Esteri, Dimitris Avramopoulos, per limitare i danni diplomatici causati dal rapporto di ottanta pagine. Il documento - classificato “Aporito”, o segreto - è stato redatto da un gruppo di esperti nominati dal Ministero delle Finanze greco e consegnato ai funzionari il mese scorso. La commissione presieduta da Panagiotis Karakousis, Direttore Generale della Ragioneria Generale presso il Ministero delle Finanze, si è basata su 190 mila pagine di documenti conservati nei ministeri e negli archivi del paese. Karakousis ha detto al Daily Telegraph che il rapporto è stato commissionato dal governo attuale e non dal precedente governo Pasok con “lo scopo di raccogliere

tutto il materiale disponibile, in modo che i leader politici possano controllare i dati”. Il ministero degli Esteri greco ha detto che la relazione sarà inviata al servizio

giuridico di Stato “per verificare se abbia validità legale, sia valutata e si stabilisca se i crediti dello Stato greco abbiano titolo per essere presentati.” L’esistenza di questa relazione è stata rivelata dal giornale greco To Vima la seconda settimana di aprile in un articolo intitolato “Cosa ci deve la Germania” e assicura che Atene abbia motivi legittimi per presentare il conto. “La Grecia non ha mai ricevuto nessun indennizzo, né per i prestiti che è stata costretta a fare alla Germania, né per i danni subiti durante la guerra”. Il giornale riporta che la faccenda è “esplosa come una bomba” in un momento critico in cui la Grecia è sotto forte pressione da parte dei creditori. “Il governo dovrebbe pubblicare tutti i risultati e chiarire la propria posizione su questa delicata questione”. L’aver incluso i danni anche della prima guerra mondiale ha sconcertato molti storici. La Grecia dichiarò guerra contro gli Imperi Centrali nel 1917 e per lo più combatté contro la Bulgaria. “Non ho mai sentito niente di simile prima. E’ pazzesco”, ha detto uno scrittore greco. C’è stata una lobby che ha chiesto a lungo danni di guerra alla Germania, il cosiddetto “Consiglio Nazionale” che chiedeva euro 500

DI AMBROSE EVANS-PRITCHARD

Il rapporto Include anche una quantItà dI addebItI dIversI, tra cuI I 54 mIlIardI dI euro per I costI dI prestItI forzosI fattI dalla banca dI GrecIa per coprIre stIpendI e le fornIture delle truppe nazIste, e per sostenere GlI afrIka korps.

GRECIA BOMBA A OROLOGERIA CONTRO LA GERMANIA PER DANNI DI GUERRA

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miliardi a copertura delle opere d’arte rubate e per la perdita della metà della produzione economica di quasi quattro anni di guerra. Ma la risposta degli storici è che tutti i debiti della Germania furono condonati nella Conferenza di Londra del 1953 - tra questi anche i debiti verso la Grecia – infatti Berlino dovrebbe ricordare che il Wirtschaftwunder, il Miracolo economico della Germania cominciò con l’aiuto del Piano Marshall americano e che quasi 300 mila greci sono morti durante l’occupazione dell’Asse, per lo più per fame. Ma questo rapporto è un documento ufficiale, porta l’imprimatur del Ministero delle Finanze e non è chiaro cosa spera di ottenere Atene fomentando l’emotività popolare, in questo momento, con questo tema. Il rapporto sarà certamente sotto gli occhi dei funzionari tedeschi e visto come una forma di ricatto morale durante la difficile trattativa in atto tra la troika Ue-Fmi e la Grecia. Alcune fonti in Grecia dicono che il documento è stato preparato come strumento negoziale da utilizzare solo se la Germania e gli altri creditori gonfiassero troppo le loro pretese, ma la cosa non è ben chiara. La mossa solleva gravi interrogativi circa le vere intenzioni di Samaras e del suo partito Nuova Democrazia, che si è posto come amico del cancelliere tedesco Angela Merkel. Ci si espone nuovamente a considerazioni sulla fiducia nei principi fondamentali che regolano la zona euro, dopo tre anni di depressione di tutto il Sud e ricominciano le solite recriminazioni reciproche tra creditori e debitori. Vecchi demoni che sono stati evocati di nuovo. Il rapporto include anche una quantità di addebiti diversi, tra cui i 54 miliardi di euro per i costi di prestiti forzosi fatti dalla Banca di Grecia per coprire stipendi e le forniture delle truppe naziste, e per sostenere gli Afrika Korps. La Grecia ha già riscosso un notevole

alleggerimento del debito, anche se assorbito dai fondi pensione privati, dalle assicurazioni, e dalle banche, piuttosto che direttamente dallo stato tedesco o da altri paesi della zona euro. Si stima che i contribuenti tedeschi potrebbero aver perso 12 miliardi di euro finora indirettamente attraverso i tagli sulle obbligazioni greche di banche in comproprietà delle autorità tedesche, o che sono state in parte nazionalizzate. Seguendo la politica attuale, la Grecia deve attenersi al suo regime di austerità fino alla fine del decennio, quando si prevede

che il debito pubblico si stabilizzerà al 122% del PIL, se tutto andrà avanti senza intoppi. Ma i critici sono scettici, e sanno che la Troika ha sottovalutato la portata del crollo economico in ogni sua fase. Nell’ultima settimana di aprile è arrivata una notizia agrodolce che dice che i prezzi sono in calo per la prima volta da 45 anni. La Grecia sta tirando fuori la sua `svalutazione interna’ come aveva richiesto l’Europa, anche se rischia la deflazione che aggrava la crisi del debito. La Grecia potrebbe essere saltata dalla padella nella brace.

Il Ministro degli Esteri, Dimitris Avramopoulos

Quasi 300 mila greci sono morti durante l’occupazione dell’Asse, per lo più per fame.

HOT POINT HOT POINT HOT POINT HOT POINT HOT POINT HOT POINT HOT POINT HOT POINT HOT POINT HOT POINT HOT POIN

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di Paolo Palumbo - foto brigata Paracadutisti folgore

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Appostati lungo un sentiero scosceso delle colline senesi, tre uomini con il volto camuffato osservano attentamente i movimenti del nemico il quale, appostato su una piccola altura fronte a loro, è intento ad organizzare un carico d’armi a favore di una delle tante organizzazioni terroristiche di qualche ignoto paese. I tre soldati “silenziosi”, acquattati nella radura, sono gli occhi della forza principale la quale, di li a poco, effettuerà un aviolancio a bassa quota per attaccare l’obiettivo e rendere innocue le intenzioni del nemico. Gli esploratori portano uniformi diverse, sono i ragazzi del 186° reggimento paracadutisti della Folgore e i celebri Pathfinder della 16th Air Assault Brigade dell’esercito inglese, uniti per vincere.

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Le unità coinvoLteiL 186° reggimento e La Brigata Paracadutisti FoLgoreL’eredità storica dei leoni di El Alamein alberga nei cuori dei ragazzi del 186° i quali, orgogliosi e consapevoli del loro passato, continuano a portare nel loro animo e nel fiero basco amaranto le tradizioni di un reggimento sempre in prima linea. All’interno della Brigata “Folgore” non esistono veri e propri reparti di esploratori, ma gli stessi si trovano inquadrati, in plotoni, all’interno delle compagnie fucilieri dei paracadutisti. La loro selezione è molto dura, non tutti i parà possono accedere nelle file degli esploratori: una buona percentuale viene scartata mentre gli idonei cominciano un lungo percorso che li condurrà a diventare ricognitori, senza nulla da invidiare ai loro omologhi di altre forze armate inquadrati in unità più peculiari. I test d’ingresso comprendono prove fisiche, ma le qualità principali di uno “scout” che deve aprire la strada alle forze principali, sono soprattutto mentali. Essere paracadutati in piccoli gruppi oltre le linee nemiche per osservare i movimenti avversari e segnare le zone di aviolancio non è una cosa semplice; spesso le qualità richieste a questi ragazzi sono assimilabili a quelle presentate dalle forze speciali. Per questo gli allievi sono sottomessi ad estenuanti prove fisiche, ma anche a lunghe ore in aula e moltissime sul campo per testare le loro capacità in materia di orientamento, pattuglia diurna e notturna e tutte le tecniche riguardanti la navigazione tattica

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L’eredità storica dei leoni di El Alamein alberga

nei cuori dei ragazzi del 186° i quali, orgogliosi e consapevoli del loro passato, continuano

a portare nel loro animo e nel fiero basco

amaranto le tradizioni di un reggimento

sempre in prima linea.

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terrestre. Non è un caso che abbia menzionato le forze speciali, poiché tra i creatori e valutatori finali dell’addestramento di un esploratore figurano proprio gli uomini del 9° reggimento “Col Moschin”, veri specialisti in materia di infiltrazione, esfiltrazione, acquisizione obiettivi

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Una volta superato il primo step i paracadutisti seguono

diverse specializzazioni tra cui l’abilitazione al lancio TCL

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ecc. Una volta superato il primo step i paracadutisti seguono diverse specializzazioni tra cui l’abilitazione al lancio TCL, la scuola di roccia ad Aosta e un corso per il combattimento anfibio. La validità e la qualità addestrativa dei nostri soldati è stata messa alla prova svariate

volte e il risultato è sempre stato eccellente: operazioni come “Eagle Eye” hanno, infatti, palesato la notevole riduzione del gap formativo tra noi e le forze esploranti di altri paesi NATO, in particolare con l’esercito britannico. Le elevate qualità operative dimostrate dai ragazzi

del 186° nell’esercitazione “Eagle Eye” hanno ottenuto il plauso dei britannici, ma soprattutto hanno posto l’accento sull’effettiva utilità di reparti appositamente destinati a queste operazioni. Un assetto, dunque, che potrebbe portare a dei cambiamenti i quali, per altro, stanno già coinvolgendo la

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confluiranno due nuovi reggimenti: il 3° Reggimento Savoia Cavalleria di Grosseto e il Reggimento di Artiglieria Paracadutisti che raccoglierebbe le tradizioni del 185° destinato, quindi, a perdere la sua storica numerazione. Effettivamente qualche dubbio circa il riadattamento del Savoia Cavalleria all’interno una brigata paracadutisti suscita qualche interrogativo: in primo luogo come sia possibile riconfigurare un soldato di cavalleria in paracadutista, secondariamente – e di natura meno operativa – quanto sia “strano” privare della sua tradizione un reggimento così antico e blasonato. Queste problematiche sono tutte al vaglio di una commissione appositamente costituita che sta valutando tutti questi aspetti, da quello più materiale fino all’aspetto più determinate, quello umano. A capo di questa

Brigata paracadutisti “Folgore” al centro di nuove integrazioni e provvedimenti voluti a livello ministeriale. Secondo gli ultimi provvedimenti presi dal ministro Di Paola la Folgore è stata destinata a ruolo di riserva strategica delle Forze Armate e assegnata al Comando delle Forze Operative Terrestri (COMFOTER). Le novità più importanti però riguardano la perdita di unità importanti e l’acquisizione di nuovi reparti storici che creeranno certamente qualche problema di organizzazione – già in corso di dibattito. La Brigata perderà il 9° Reggimento d’Assalto Paracadutisti “Col Moschin” ed il 185° Reggimento Ricognizione Acquisizione Obiettivi “Folgore” il cui prossimo assegnamento spetterà al Comando delle Forze per Operazioni Speciali dell’Esercito (COMFOSE); a fronte di questa privazione nella Brigata

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Le elevate qualità operative dimostrate dai ragazzi

del 186° nell’esercitazione “Eagle Eye” hanno ottenuto il plauso dei britannici, ma

soprattutto hanno posto l’accento sull’effettiva utilità

di reparti appositamente destinati a queste operazioni

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La P-Coy(Pegasus ComPany)Per tutti i giovani inglesi che aspirano ad arruolarsi nelle truppe aviotrasportate, il punto di passaggio obbligatorio è la Pegasus Company la quale screma le candidature attraverso il passaggio del Pre-Parachute Selection all’Infantry Training Centre di Catterick nello North Yorkshire. La compagnia Pegasus – nome e simbolo storico dei parà inglesi – ha il compito di mettere alla prova i candidati attraverso prove fisiche durissime e una selezione psico-attitudinale altrettanto selettiva.

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commissione è stato nominato un leone della Folgore, il Colonnello Albamonte il quale, sfuggito alla morte dopo un vile e vergognoso attentato, è rientrato in servizio più fiero e determinato di prima. Il Generale Lorenzo D’Addario non ha mostrato nessuna perplessità, a lui è stato confidato un comando delicatissimo, il suo addestramento e la sua educazione militare faranno in modo che sia portato a termine con successo. Nel lungo colloquio avuto con lui presso la zona di lancio, traspariva una certa fiducia nei confronti dei suoi subalterni, ma soprattutto rispetto i soldati italiani, e non solo i paracadutisti della Folgore. Di quanto detto dal Generale, una frase mi ha particolarmente colpito, dedicata

proprio al valore dei nostri ragazzi: “ Tu puoi pagare il soldato italiano 1.500 euro al mese per svolgere una qualsiasi mansione, però ricordatevi che la sua vita ve la darà sempre gratis”.

La 16th air assauLt Brigade“Quello che rende unica la 16a brigata non è solo il fatto che si tratta di un reparto unico nel suo genere e sia la forza principale di intervento rapido, ma il semplice fatto che essa sia equipaggiata per fronteggiare qualsiasi tipo di missione, da un’evacuazione a operazioni umanitarie, fino alla guerra se un domani sarà necessario. La combinazione tra truppe elitrasportate d’assalto, paracadutisti ed elicotteri fanno della 16a brigata l’unità più

flessibile e utilizzabile di tutti gli eserciti del mondo. La 16th Air Assault Brigade è la formazione migliore di tutto l’esercito e noi siamo la sua lama tagliente”. Con queste parole il Brigadiere Generale Mark Charlton-Smith, attuale comandante della brigata, ha descritto le capacità del suo reparto, uno dei più importanti di tutto l’esercito di Sua Maestà. La Brigata d’Assalto aereo britannica, formata il 1° settembre 1999, schiera tre reggimenti d’aviazione dell’AAC (Army Air Corps) due dei quali (il 3° e 4° Regiment AAC) sono equipaggiati con modernissimi elicotteri da combattimento Agusta Westland Apache AH 1; si aggiungono poi il 9° reggimento con i suoi Lynx AH. 7/9 e AH. 7 e diverse

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Questo tipo di esercitazioni sono utili a saggiare i fattori negativi e positivi di un reparto, la sua efficienza e la capacità di interoperabilità con altri omologhi stranieri

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unità d’appoggio della RAF le quali garantiscono ogni tipo di aviotrasporto. Per quanto riguarda le unità di fanteria il nerbo della brigata è rappresentato dal 2° e 3° battaglione paracadutisti, dal plotone Pathfinder (protagonista di Eagle Eye), il 1° battaglione del The Royal Irish Regiment, il 5° battaglione del The Royal Regiment of Scotland (i mitici Argyll & Sutherland Highlanders), lo squadrone D dell’Household Cavalry Regiment (componente di cavalleria meccanizzata), il 7° reggimento paracadutisti di artiglieria, il 23° Engineer Regiment (Air Assault), il 13° Air Assault Regiment del Royal Logistic Corps, seguiti da un battaglione di assalto aereo dei Royal Mechanical and Electrical Engineers, supporto medico e una compagnia della Royal Military Police. Salta subito all’occhio la complessità di una simile forza armata, ma soprattutto la sua capillare organizzazione volta ad assovere qualsiasi compito le venga assegnato. Uno dei fattori che risulta particolarmente vincente all’interno dei reparti di fanteria d’assalto della 16th Air Assault Brigade è la forte

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permeabilità che questi hanno con le forze speciali. Un nucleo importante di soldati inglesi che militano nella 16th provengono da unità d’élite dell’esercito portando con se le conoscenze maturare in quell’esperienza; questo funge da stimolo anche a quei soldati che vogliono iniziare il percorso inverso, cioè dalla 16a alle forze

speciali. La punta d’attacco dell’intera brigata e costituita dal 2° e 3° reggimento paracadutisti di stanza a Colchester: ogni battaglione include tre compagnie di fucilieri da 120 uomini ciascuna. Una compagnia consta di tre plotoni con 88 uomini. I reparti aviotrasportati fanno parte della LATF (Lead Airborne Task Force)

pronta ad intervenire in qualsiasi momento in ogni parte del mondo. All’interno della brigata ci sono tre unità ISTAR (Intelligence, surveillance, targeting and reconnaissance): la più importante è il plotone Pathfinder, addestrato a compiere missioni in profondità grazie a tecniche di aviolancio HAHO e HALO. Sono stati loro,

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insieme ai nostri paracadutisti del 186°, i protagonisti dell’esercitazione Eagle Eye.

gLi occhi deLL’aquiLaLo splendido scenario delle colline nei dintorni di Siena è un terreno particolarmente adatto a questo tipo di esercitazioni, lo è soprattutto per i soldati inglesi i

quali, abituati alle pianure del loro paese, trovano particolarmente stimolante, nonché formativo, confrontarsi con la difficile morfologia italiana. Per i due eserciti era utile verificare il lavoro di squadra tra pattuglie miste, proprio in questo tipo di missione che prevedeva un tipico scenario “three block war” contraddistinto

dalla somma di situazioni diverse e in continuo cambiamento: contro forze avversarie, fattore di “peacekeepeing”, e aiuti umanitari. L’esperienza di pattuglie eterogenee, a detta degli stessi ufficiali italiani, è stata molto importante soprattutto perché in un contesto simile vengono appianate tutte le differenze

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linguistiche; lo scambio di informazioni sul campo attraverso un linguaggio convenzionale abbatte, infatti, tutte le difficoltà connesse a due lingue diverse. Un’intesa che i nostri ragazzi del 186° e i Pathfinder inglesi hanno immediatamente trovato. Ad appoggiare le unità aviolanciate c’erano anche alcune unità meccanizzate in particolare lo D squadron dell’Household Cavalry e uno squadrone del Savoia Cavalleria (il quale ha fornito la sua fanteria). La prima fase dell’esercitazione ha visto l’aviolancio di esploratori in TCL a cui hanno fatto seguito altri aviolanci di esploratori italiani e scout del 3° Para inglese; il loro compito era quello di presidiare e marcare la zona di lancio pronta a ricevere l’arrivo del grosso delle forze (Main Boby) rappresentato dal 186° reggimento della Folgore. Questo tipo di esercitazioni sono utili a saggiare i fattori negativi e positivi di un reparto, la sua efficienza e la capacità di interoperabilità con altri omologhi stranieri. Il confronto estrapola poi anche una certa fisicità che traspare in certi scenari operativi, un fattore umano dove si notano davvero molte somiglianze con gli inglesi. Una parte determinate dell’intera prova è stata ovviamente svolta dall’Aeronautica Militare la quale, nel giorno del suo 30° Anniversario, ha avuto occasione di sperimentare nuove tecniche di aviolancio con guida a terra; la marcatura di una zona effettuata dai Pathfinder e dai nostri “scout” ha dimostrato le capacità di rapporto tra terra e cielo in un perfetto connubio. Malgrado le condizioni meteo non fossero del tutto favorevoli i velivoli della nostra Aeronautica hanno comunque portato a termine la missione senza intoppi e, in tarda ora, sono riusciti a paracadutare gli uomini in prossimità dell’obiettivo, raggiunto poi a piedi in modalità di pattuglia.

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IL generaLe Lorenzo D’aDDarIoLorenzo D’Addario nasce nel 1964 a Firenze. Nel settembre 1980 entra alla Scuola Militare Nuziatella di Napoli presso la quale conseguirà la maturità Scientifica. Successivamente entra in Accademia a Modena e poi alla Scuola d’Applicazione d’Arma a Torino dal 1985 al 1987 che lascia come tenente dei paracadutisti. Nel gennaio 1988 giunge al 5° battaglione paracadutisti “El Alamein” a Siena ed assolve gli incarichi di comando di plotone e compagnia, partecipando alle operazioni Airone (Iraq), Vespri Siciliani (Palermo) e Ibis (Somalia). Dal 1995 al 1996 frequenta il corso di Stato Maggiore a Civitavecchia (RM) per poi assumere l’incarico di Ufficiale addetto all’Ufficio Politica Militare e Regolamenti dello Stato Maggiore dell’esercito (SME) in Roma fino al 1997. Nel 1997-1998 frequenta il corso di Stato Maggioe Interforze presso il Joint Service Command and Staff College a Bracknell (UK) e dal 1998 al 200 è Ufficiale di scambio presso l’ufficio addestramento della 3a divisione dell’esercito inglese a Bulford, con la quale, nel 1999, partecipa all’operazione Joint Guardian in Kosovo. Nel 2000 rientra in Italia come Ufficiale Addetto presso l’Ufficio Dottrina Addestramento e Regolamenti presso lo SME di Roma e dal 2001 al 2003 è Military Assistant

del Comandante del NATO Rapid Deployment Corps – Italy a Solbiate Olona (VA). Nel 2003 torna a Siena come comandante del 5° Battaglione Paracadutisti “El Alamein” partecipando, nel 2004, all’operazione Decisive Endeavour in Kosovo. Nel 2004 assume l’incarico di Capo Sezione di Stato Maggiore presso l’Ufficio del Sotto Capo di Stato Maggiore della Difesa e dal 2005 al 2007 è poi Capo Sezione Coordinamento dell’Ufficio del Comandante del COI (Comando Operativo di vertice Interforze). Nel 2007 si trasferisce negli Stati Uniti presso il comando NATO di Norfolk per ricoprire l’incarico di Executive Assistant del Deputy Supreme Allied Commander Trasformation, fino al settembre 2010. Nello stesso anno assume il comando del 186° Reggimento paracadutisti “Folgore” in Siena che dal febbraio al settembre 2011 si rischiera in Afghanistan nei due distretti di Bakwa e Gulistan nella provincia di Farah all’estremo sud del settore italiano. Da Febbraio 2012 presta servizio come Vice Capo Dipartimento per la Trasformazione Terrestre dello Stato Maggiore dell’Esercito sino al marzo 2013. È attualmente generale Comandante la Brigata paracadutisti Folgore.

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DI PAOLO GRANDIS E JACOPO GUARINO (TADPOLES TACTICS) - FOTO DI PIERANGELO TIMOLINA

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DI PAOLO GRANDIS E JACOPO GUARINO (TADPOLES TACTICS) - FOTO DI PIERANGELO TIMOLINA

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Sicuramente più conosciute con il marchio Springfield, che dal 2001 le commercializza nel mercato americano, le armi corte della linea XD (Xtreme Duty)

sono disponibili in Europa direttamente dal produttore croato HS Produkt. Questa generazione di pistole polimeriche si sta facendo sempre più strada nel mercato presidiato da marchi altrettanto validi, ma più diffusi, sia tedeschi sia svizzeri, e lo sta facendo a colpi di qualità e di scelte tecniche peculiari. I ragazzi di Tadpoles Tactics, per conto di TNM, hanno provato 5 diverse versioni della XD, tutte in calibro 9mm, presso il campo di tiro Brixia Shooting di Mazzano (BS), ovvero:XD 5 POLLICIXD 4 POLLICIXDM 3.8 POLLICI IN COLORAZIONE BLACK E BLACK/TANXD 3 POLLICI - SUBCOMPACT

Senza anticipare troppo le considerazioni o le valutazioni che seguiranno, è il caso comunque di sottolineare fin

da subito una delle qualità più evidenti e percepibili, ovvero il buon bilanciamento od equilibrio dell’arma quando impugnata, apprezzabile in tutte le versioni e lunghezze. HS ha ottenuto questo risultato grazie ad un espediente tecnico, di certo non innovativo, ma apprezzato da moltissimi tiratori negli ultimi centodue anni: l’angolo del fusto rispetto al carrello e alla linea di mira ha la stessa inclinazione tipica delle armi su progetto Colt 1911. Questa sensazione, che è spesso accostata a quella di una “stretta di mano”, unitamente alla distribuzione dei pesi, ha come risultato una rapidità di acquisizione del bersaglio realmente degna di nota. Durante l’estrazione e la distensione dell’arma, fino a collimare la linea di mira con la pupilla del tiratore, non si rende necessaria nessuna correzione, per quanto minima, dell’inclinazione del polso, al contrario di quanto avviene con altre armi corte polimeriche in commercio.

Avendo introdotto l’argomento pesi e loro distribuzione,

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DI PAOLO GRANDIS E JACOPO GUARINO - TADPOLES TACTICSFOTOGRAFIE DI PIERANGELO TIMOLINA

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è il caso di approfondire anche le capacità di carico dei caricatori in dotazione alla famiglia XD, davvero notevoli; in particolare, le le armi a fusto di dimensioni regolari sono dotate di caricatori bifilari da 19 e 16 colpi, mentre la versione compatta da porto occulto è comunque dotata di un serbatoio bifilare da 13 colpi. Tutto questo peso risulta sopportabile durante il tiro proprio per la qualità del bilanciamento dell’arma, costante anche con l’alleggerimento dovuto al consumo delle munizioni: la pistola quasi scarica mantiene ottime doti di controllabilità, non scalcia e il rilevamento è gestibile dall’utilizzatore. Non sempre avere un maggior numero di colpi è considerato un vantaggio, soprattutto in funzione del maggior peso, ma le versioni qui provate hanno compensato questo problema con una scelta di materiali che garantisce un rapporto totale peso/portabilità confortevole. Un ulteriore accenno alla qualità dei caricatori bifilari in dotazione alle armi HS, in particolare con riferimento alla loro finitura in metallo lucido. Questa caratteristica rende le procedure

di cambio caricatore o di inserimento dello stesso fluide e facili. Anche con il serbatoio scarico, e quindi leggero, l’uscita dello stesso dal fusto dell’arma avviene facilmente, per caduta, senza incertezze. Questo dettaglio, che forse tanto dettaglio non è, assegna sicuramente un punto in più alle armi HS rispetto ad altri modelli con caricatore polimerico, perché molto spesso polvere, residui di sparo, e condizioni avverse in genere causano difficoltà o ruvidità durante le fasi, spesso concitate e veloci, di cambio. Un’altra particolarità, anch’essa di derivazione dal mondo delle 1911, e che contraddistingue queste armi è la sicura dorsale: quest’ultima, ovviamente, non presenta le dimensioni tipiche dei cloni Colt ma è altrettanto efficace. Il tassello della sicura e l’intaglio del suo alloggiamento sono posti nell’incavo del fusto nella parte alta che ospita la mano, esattamente tra dito indice e pollice; la sua dimensione è ridotta rispetto alle dorsali più comuni, ma è altrettanto evidente che in quella posizione lo svincolo con una corretta impugnatura è immediato. La scelta trova la facile approvazione di chi sente maggiormente la necessità di sicurezza meccanica (spesso un convincimento più che altro psicologico, se ci è permesso) rispetto alle armi polimeriche dotate esclusivamente di sicura al grilletto.

Lo stesso grilletto è dotato di un meccanismo di sicurezza a doppia leva che consente lo svincolo della catena di scatto unicamente con la corretta pressione del polpastrello.

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Tiro rapido e comportamento dell’arma in chiusura

19 colpi in un’arma da difesa, ottima capacità di fuoco e caricatore in acciaio lucido, veloce nell’estrazione durante i cambi, anche vuoto, e durante l’inserimento

Vista d’insiemedella XD4” reducedalla nostra prova

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BRIXIA SHOOTING STOREPresso il Brixia Shooting Store di Angelo Cerotti sono disponibili tutte le armi della linea di pistole HS Produkt, con particolare attenzione anche agli accessori e alla relativa buffetteria, nonché il merchandise promozionale (magliette da tiro e competizione, cappellini). Per le armi della famiglia XD, in particolare, sono disponibili sganci caricatore ambidestri maggiorati, prodotti direttamente, nonché una serie di proposte after market come le tacche di mira in fibra ottica o al trizio. A corredo, inoltre, è disponibile una linea di fondine, che possono essere rifinite in colorazione a richiesta, anche camouflage. Lo stesso trattamento, inoltre, è disponibile su tutte le fondine commercializzate, per qualsiasi tipo di arma e uso (sportivo, difensivo e da divisa). Per la prova delle armi della famiglia HS Produkt è stato messo a nostra disposizione il poligono Brixia Shooting Range di Mazzano (BS).

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XD5”, XD4”, XD3” Sub Compact, XDm 3.8” Black, XDm 3.8” bicolor black/tan.

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Anche questa soluzione è ampiamente diffusa, segnaliamo solamente le generose dimensioni della leva di sicurezza rispetto alla dimensione totale del grilletto stesso, mentre non sono presenti sul carrello o sul fusto ulteriori sicure ad inserimento manuale. La catena di scatto presenta un peso non eccessivo ma una corsa forse troppo lunga, che necessita di allenamento e di abitudine, rischiando di inficiare almeno in parte la velocità di ripetizione.

In ogni caso, la possibilità di portare un arma in sicurezza che allo stesso tempo garantisca affidabilità e precisione sono aspetti non secondari, in particolare per coloro che dovranno utilizzarla in ambito lavorativo. Qualunque pistola in polimeri, a causa della sua leggerezza intrinseca, necessità di un maggiore allenamento o addestramento da parte del tiratore, poiché l’alleggerimento che si produce allo svuotarsi del caricatore ne rende più nervoso il comportamento e difficile il riallineamento per il follow through. La molla a tre stadi montata su queste armi HS consente un controllo naturale del rilevamento e la possibilità di gestire colpi doppiati o cadenze di tiro sostenute, in maniera semplice ed efficace. Tutte le versioni XD sono, inoltre, costruite con estrattore interno. A prescindere dalla versione o lunghezza complessiva del modello XD prescelto, tutte le armi HS si presentano con una linea squadrata e netta, esteticamente accattivante, prive di cane esterno, ma con avvisatore di colpo in canna e percussore armato; quest'ultimo, oltre che essere visibile nella parte posteriore del carrello, ha la particolarità di essere estremamente funzionale perché percepibile anche al tatto (sporge, come uno spillo, di 1-2 millimetri quando attivato). L’avvisatore di colpo in canna, invece, è realizzato come una piccola leva a bilanciere posta sulla parte alta del carrello a ridosso della finestra di espulsione; con la presenza di un colpo in camera di scoppio, la leva risulta leggermente rialzata rispetto al piano del carrello e quindi visibile a occhio e percepibile al tocco. È stato, quindi, evidente lo sforzo di HS di andare oltre alla classica finestrella (spesso più che altro un piccolo foro) utilizzabile per la verifica visiva del colpo in canna, molto spesso inutilizzabile per la presenza di residui o sporco e in tutte le condizioni di scarsa o assente illuminazione.

Nel contesto di un’analisi critica, è doveroso aggiungere che, almeno nei protocolli formativi di chi scrive, l’esclusivo utilizzo di questi congegni per la verifica dello stato dell’arma non è assolutamente esaustivo né tantomeno consigliato; in ogni situazione che lo richiedesse, la manovra del “press check” risulta definitiva e operativamente più efficace, oltre che costante per ogni tipo di arma corta. Se il tempo, la circostanza e l’ambiente lo permettono, gli ausili del genere proposto su questi modelli XD rappresentano un buon supporto aggiuntivo, ma assolutamente non esclusivo (sia per la possibilità di malfunzionamento, con risultati di falsi positivi, sia per la possibilità di cattiva interpretazione in condizioni

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Tiro cadenzato su sagoma halfsize a 8mt

Particolare della volata della XD 4” da tiro da terra laterale

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di stress). Suggeriamo, anche al tiratore sportivo o da poligono, di affidarsi a tecniche pratiche di uso operativo, che garantiscano maggiore sicurezza e buona abitudine formativa. Tutte le versioni sono dotate di dust cover con slitta Picatinny MIL-STD-1913 integrata, sgancio caricatore ambidestro e fornite con organi di mira standard, provvisti di punti bianchi ad alta visibilità. Sono disponibili sul mercato, però, svariate tipologie di mire sostitutive, sia al trizio che in fibra ottica, nonché altri componenti dedicati alla customizzazione dell’arma (vedi box dedicato al Brixia Shooting Store). Sebbene le personalizzazioni, per natura, rispecchino le esigenze del singolo tiratore, ci sentiamo di consigliare la sostituzione delle mire originali con mire al trizio o comunque maggiormente illuminate, soprattutto se è previsto un impiego difensivo dell’arma. La prova complessiva, e in un certo senso anche comparativa tra le diverse versioni proposte, non considera esclusivamente il diverso comportamento dinamico delle pistole a seconda della lunghezza della canna, ma anche le loro differenti possibilità di impiego, civile e professionale. Portabilità, occultabilità, peso e comportamento sono tutte variabili che abbiamo preso in considerazione nel corso della prova. Affidabilità, sicurezza del funzionamento, precisione e velocità di riallineamento sono sicuramente presenti in tutte le versioni, e quindi garantiscono in ogni caso all’utilizzatore un’esperienza di tiro piacevole e di livello.

Come detto in apertura, l'equilibro dell’arma durante l’utilizzo è percepibile a cadenze di tiro sostenute: la

pistola ritorna in punteria velocemente, senza sbandierare lateralmente in alcuno modo. Durante gli esercizi effettuati su bersagli reattivi o multipli a diverse distanze, si rischia di farsi prendere la mano e di accelerare il ritmo: risultato di un eccellente studio di inclinazione del fusto e distribuzione dei pesi. Lo smontaggio da campo è identico per tutte le versioni e avviene per mezzo della rotazione di una leva a metà carrello: la manovra è estremamente semplice, e non richiede alcun tipo di strumento.

HS-9 TACTICAL XD 5”La versione più imponente della famiglia XD, caratterizzata dall’evidente lunghezza della linea di mira, e dalle conseguenti proporzioni in termini di dimensioni e peso, è quella con canna da 5 pollici; l’arma pesa complessivamente 750g e dispone di un serbatoio da 16 colpi. Se le dimensioni e il peso condizionano l’impiego di questa interessante versione nei confronti del mondo professionale, la stessa di contro ben si adatta ad un eventuale utilizzazione da poligono o da allenamento. In questo contesto, sebbene l’uso ottimale sia statico e alla ricerca della massima precisione, si intravedono possibili utilizzi, sempre sportivi, anche caratterizzati da un maggiore dinamicità di azione. Il nome e la linea mantenuta tattica, quindi, sono più che altro un indicazione di identità, più che di effettiva destinazione.

HS-9 STANDARD XD 4”L’interesse di Tadpoles Tactics nella redazione di test

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Montaggio di campagna: notare la molla con triplo stadio, e l’indicatore di colpo in canna sul carrello

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o valutazioni tecniche come la presente, è soprattutto quello di individuare le varie possibilità di utilizzo dell’arma oggetto d’analisi, specialmente se compatibili con un impiego da parte di personale militare o con compiti di polizia. La versione XD Standard con canna da 4 pollici, in particolare, si adatta sicuramente all’ambito law enforcemen per le sue caratteristiche strutturali e prestazionali. Laddove, infatti, non vi è la necessità del compromesso del porto occulto, e quindi è previsto un porto in fondina esterna alla cintura e in divisa, la possibilità di sfruttare tutte le caratteristiche di equilibrio e precisione della canna in 4 pollici, rende questa versione la più appetibile. La lunghezza della canna, rispetto anche alla versione XDm in 3.8”, garantisce precisione, semplicità di utilizzo e affidabilità; il peso è contenuto in 705g e il caricatore in dotazione contiene anch’esso 16 colpi. Come abbiamo già sottolineato, inoltre, la sicurezza nelle armi HS è stata ulteriormente rinforzata dalla presenza della sicura dorsale, che rappresenta decisamente una buona soluzione per l’impiego professionale (troppe sicure, sistemi abbatticane, leve e leveraggi spesso confondono e creano infinite possibilità di errore nell’operatore proprio quando l’arma serve maggiormente). Questa versione, considerata appunto standard, non consente la modifica del dorsalino, come invece possibile nella versione XDm, ma le dimensioni dell’impugnatura si adattano alla maggioranza

delle mani dei possibili utilizzatori, prevedendo l’eventualità di forniture per la dotazione di un numero elevato di personale.

HS-9 XDM 3.8”La versione XDm con canna da 3.8 pollici è forse il miglior compromesso in termini di dimensioni, peso e utilizzabilità in tutta la famiglia di armi corte prodotta da HS. La caratteristica più evidente, oltre alla scelta di contenere ulteriormente la lunghezza della canna e il peso (che per questa versione è di 670g) è la possibilità di sostituzione del dorsalino, fornito in 3 differenti misure. Oltre a questo, la versione “m” è anche dotata di canna match, per una maggiore precisione. Questa versione garantisce una buona occultabilità dell’arma e quindi consente sia un utilizzo con fondina esterna, sia la concreta possibilità di impiego non in divisa; peraltro, il fusto, di dimensioni immutate, accoglie ancora una volta gli ottimi caricatori bifilari in metallo che, in questa versione, contengono fino a 19 colpi. Nonostante la lunghezza ridotta della canna, la precisione finale dell’arma, aiutata dalla facilità di puntamento, non si discosta da quella ottenuta con la versione XD Standard in 4 pollici. Con queste caratteristiche, è sicuramente consentito un utilizzo della versione XDm anche in ambito militare, come arma secondaria di sostengo alla

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Le maglie e i cappellini della squadra di tiro dinamico HS Produkt sono disponibili presso il Brixia Shooting Store

Sganci caricatori ambidestri e maggiorati prodotti da Brixia Shooting Store

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SFW (shoulder fire weapon). In particolare, le dimensioni e il peso ridotto, affiancati da ottime capacità operative, sia in termini di affidabilità che di precisione, offrono un vantaggio in termini di portabilità e di gestione dell’arma (soprattutto in considerazione delle possibilità di porto in combinazione a vest militari o a differenti configurazioni tattiche e in funzione dell’ampia capacità di fuoco, con 19 + 1 colpi). Per la nostra prova sono state utilizzate due versioni di HS-9 XDm, in colorazione Black e bicolore Black/Tan; il modello nero monta il dorsalino di dimensioni medie, mentre la versione bicolore quello più sottile.

HS-9 XD SUB COMPACT 3”La più piccola della famiglia, con canna da 3 pollici e un peso complessivo di 670g, è sicuramente la versione più portabile tra le proposte di HS Produkt. La dimensione ridotta del fusto, sebbene non permetta di coprire completamente l’impugnatura all’utilizzatore con mani di dimensioni generose, garantisce in maniera significativa ed efficace un buon controllo del comportamento allo sparo dell’arma. La pistola ha un profilo e una linea priva di angoli o spigoli vivi, condizione necessaria ad evitare possibili impicci con gli indumenti durante il porto occulto, e presenta un caricatore bifilare da 13 colpi.Questa versione stupisce per una portabilità davvero

notevole e, se indossata con abbigliamento civile o tecnico, non presenta difficoltà all’occultamento. Per un ingaggio fino alla media distanza, la lunghezza di canna e le caratteristiche tecniche permettono una buona precisione e, di conseguenza, l’efficacia necessaria alla difesa personale. Anche in questo caso, la presenza di una doppia sicura (al grilletto e dorsale) offre una buona garanzia per la portabilità quotidiana anche con colpo in canna.

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Percussore armato, prova di rosata in situazione di ingaggio con arma ruotata di 180° e minore contrasto del tiratore

Sagoma di risulta. Rosata con sagoma halfsize a 8mt e pistola XDm 3.8”

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di Paolo Palumbo - FoTo JoHN CamPo

Lacrimesudoree sanguediventare incursore

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Lacrimesudoree sanguediventare incursore

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Non è difficile immaginare cosa passi per la mente di quei soldati i quali,

desiderosi di mettersi alla prova e di accedere ad uno dei corpi più prestigiosi delle nostre Forze Armate, attendono la chiamata alle selezioni del 9° reggimento “Col Moschin”. Le prove di accesso hanno come scopo non solo quello di saggiare fisicamente il candidato, ma soprattutto valutarlo mentalmente: agli istruttori interessa soprattutto capire le motivazioni che lo hanno spinto a quella scelta. I selezionatori del 9° comprendono, infatti, che solo un atteggiamento mentale giusto può garantire la nascita di una vero “incursore”, poiché per far parte di questa élite la forza fisica conta molto, ma la determinazione e la volontà sono davvero tutto. La prima scrematura avviene certamente in seguito a prove fisiche molto selettive, tuttavia esse rappresentano solo l’inizio di un lungo e appassionante percorso (circa due anni) che

porterà alla consegna del tanto agognato brevetto e la successiva assegnazione ad una compagnia operativa.

La formazione di basee avanzata in breveLa forgiatura di un incursore è un compito che spetta al Reparto Addestramento Forze Speciali

(RAFoS) dove i candidati, con almeno tre anni di esperienza militare e, per quasi tutti, qualche missione operativa nel curriculum, vengono sottoposti ai primi esami e test fisici al fine di saggiare le reali capacità fisiche e psichiche per accedere agli step successivi. Un tirocinio impegnativo che dura tre settimane, il cui superamento

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Il 27 marzo 2013, per la prima volta nella storia di questo glorioso reparto, il comandante in capo dell’Esercito, generale Claudio Graziano, ha consegnato di sua mano i brevetti ai nuovi incursori presso la caserma “Base Addestramento Incursori” di Marina di Pisa

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permette al futuro operatore l’accesso al corso OBOS (Operatore Basico per Operazioni Speciali) della durata di poco meno di 5 mesi. In questo periodo, che può sembrare breve, ma la cui difficoltà dilata incredibilmente la sensazione del tempo, l’allievo incursore apprende la abilità comportamentali di base che caratterizzano il movimento in ambiente ostile e le prime cognizioni tecnico-operative per la condotta degli atti tattici elementari tipici della pattuglia da combattimento/ricognizione. Giunti al termine di questa prima fase gli allievi entrano in una fase più specifica la quale ha come obiettivo principale quello di fornire le nozioni di base di pianificazione, organizzazione e condotta di Operazioni Speciali a livello Distaccamento Operativo Incursori: Azioni Dirette, Ricognizione Speciale e la Military Assistance. Questo periodo di qualifica mette al corrente gli aspiranti incursori di alcune delle tecniche più

importanti concernenti il vero senso dell’essere incursore, ovvero l’essere operativo oltre le linee nemiche, acquisire informazioni e rappresentare la punta della lancia, gli occhi e la copertura ideale per reparti regolari in avanzamento. A seguire, l’attenzione viene posta sul Corso di Combattimento Avanzato per Forze Speciali i cui contenuti rappresentano l’ambito di eccellenza del 9° reggimento “Col Moschin”. Nello specifico, il corso fornisce le tecniche e gli strumenti di base per il combattimento in ambienti ristretti a livello individuale, di nucleo e di team. Con questa fase termina il primo anno di formazione. Qui, se gli allievi fossero lasciati a loro stessi non arriverebbe quasi nessuno. L’esperienza, la competenza e la determinazione degli istruttori del RAFoS porta gli allievi a superare ostacoli che altrimenti sembrerebbero insormontabili. Nelle Forze Speciali preparano a combattere

nel vero senso della parola, a farlo ad alti livelli, ma soprattutto si insegna a rimanere vivi. Esaltati, allievi particolarmente esuberanti o poco adatti al lavoro di squadra vengono immediatamente scremati. All’interno del reparto non c’è spazio per individualismi, ma solo per l’eccellenza messa a disposizione del gruppo, del team. Restare vivi, esatto… questo è un concetto molto importante come lo è quello che vede l’operatore del 9° impegnato a raggiungere lo scopo per il quale è stato impiegato, anche sottraendosi ad ogni scontro a fuoco che non sia strettamente connesso con l’obiettivo assegnato; in molte operazioni il successo è determinato proprio da questo fattore che potrebbe essere riassunto con la frase: ottenere il massimo risultato senza inutili spargimenti di sangue. L’azione violenta generalizzata – a meno che non richiesta o necessaria – rappresenta l’extrema ratio per un soldato delle Forze Speciali; la sua grande competenza e preparazione

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si esplica anche e soprattutto nella precisione e discriminazione dell’obiettivo. Per questo è spesso necessario evitare ad ogni costo il combattimento prima del raggiungimento del target, nascondersi e/o confondersi con l’ambiente, sia geografico sia umano, pena il fallimento della missione. Il secondo anno dell’iter formativo è rivolto principalmente ai cosiddetti corsi “ambientali” (corso basico di alpinismo, di sci e sci alpinismo, corso anfibio, corso aviolanci con la tecnica TCL, corso subacquei con l’impegno di autorespiratori ad ossigeno ARO) svolti nelle migliori sedi delle nostre Forze Armate (CEALP, CAPAR e COMSUBIN). Una cosa deve essere chiara…un incursore non smette mai di addestrarsi! La consegna del tanto bramato brevetto non è che l’inizio di un percorso il quale non è da interpretarsi come mero insegnamento dell’arte militare ai massimi livelli, ma una vera e propria filosofia di vita. Incursori significa esserlo sui campi di battaglia, ma anche nella vita quotidiana; vuol dire volere eccellere sempre, senza arroganza, con umiltà, mettendosi sempre a disposizione della squadra e di tutti coloro che ne hanno bisogno. Al di fuori di questo ethos, comportamenti bizzarri, superbi, egocentrici, non portano chiaramente all’obiettivo finale.

iL rafos:una fiLosofia operativaQuesto acronimo significa molto, forse tutto, per quel che riguarda le Forze Speciali italiane. Il Reparto Addestramento Forze Speciali è la culla della nostra “meglio gioventù”, i migliori davvero, e non solo gli amici del 9° reggimento! Qui hanno preso forma gli incursori della Aeronautica Militare, seguono corsi i mitici GIS (Gruppo Intervento Speciale) dei Carabinieri. Una delle caratteristiche peculiari

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del Reparto è innanzitutto la sua collocazione organica che lo vede inserito all’interno del reggimento di Forze Speciali dell’Esercito. Questa particolare soluzione ordinativa consente di disporre di uno strumento flessibile, aggiornato, costantemente al passo con le novità dei teatri operativi e continuamente alimentato da personale proveniente dal reparto di impiego che può riversare esperienze e procedure derivanti direttamente dal “campo”. Inoltre il RAFoS, disponendo del totale supporto logistico, addestrativo, strutturale e amministrativo del 9° reggimento, può condurre le attività formative impiegando armi, mezzi, equipaggiamenti e facilities addestrative impiegate dagli incursori della componente operativa. Infine, anche la componente Ricerca e Sviluppo del reparto riversa parte delle

proprie attività verso il RAFoS permettendo agli allievi, sempre sotto il controllo degli istruttori, di prendere contatto con mezzi, armi e materiali all’avanguardia o in via di sviluppo e fornendo un’anticipazione su quello che sarà lo strumento operativo del futuro. Questa unica peculiarità ordinativa consente quindi di minimizzare, per non dire eliminare, le differenze tra “quanto si insegna” e “quanto si fa” e, di conseguenza, di fornire un prodotto completo, aggiornato e immediatamente pronto all’uso. L’iter formativo che scaturisce da questa filosofia operativa garantisce un prodotto qualitativamente alto per diversi fattori: • durata e selettività dell’iter: il

lungo addestramento a cui sono sottoposti gli allievi incursori permette ai quadri ufficiali di tenere per lungo tempo sotto osservazione gli uomini; nessuno

spazio è dunque concesso a chi simula per convenienza o a chi cerca di tradire tratti essenziali del proprio carattere che potrebbero non essere compatibili agli incarichi poi richiesti. Capacità formative uniche: chi ha insegnato alla 101^ compagnia è pronto per divulgare il proprio sapere in ogni ambito operativo. Gli istruttori, altamente qualificati, attestano la loro bravura attraverso la propria esperienza , unica nel genere, e la frequenza di svariati corsi fra cui anche il “NATO SOF Faculty Development” recentemente introdotto in ambito Alleanza. Autosufficienza e autonomia organizzativa: il RAFoS organizza in proprio l’attività formativa che si concretizza, sulla base degli obiettivi addestrativi e formativi stabiliti dal comandante del 9° reggimento, con lo sviluppo di un programma annuale,

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la redazione delle “Course Specification” (COURSPEC), la compilazione dei piani di lezione e delle schede impianto corsi.

• Continuità tra componente operativa e scolastica: il reggimento ha delle esigenze operative le quali non possono prescindere dall’attività formativa. Questo garantisce una sorta di osmosi ed estrema permeabilità tra le esperienze individuali maturate da ogni singolo incursore e il RAFoS.

• adattamento della formazione alle mutate esigenze e capacità da esprimere: in altre parole estrema plasmabilità dei corsi, adattabili ad ogni esigenza operativa e ad ogni mutamento di procedure, ma soprattutto di teatro bellico.

• metodologie didattiche apprese in decenni di esperienza: la continuità formativa degli uomini del reparto è uno dei tesori più importanti di tutto il 9° reggimento. Gli incursori

Come avevamo annunciato nel precedente numero, i requisiti per accedere al 9° rgt. e cominciare la formazione per diventare incursore stanno cambiando. E’ certo che nel giro di poche settimane (probabilmente entro fine maggio/giugno) uscirà una ricerca di personale su base nazionale alla quale potranno partecipare i militari di tutto l’Esercito per le categorie VFP4, VSP, Sottufficiali e Ufficiali. Non sarà quindi più necessario, per accedere, essere già paracadutisti militari o appartenere a determinate unità. Se siete interessati a diventare INCURSORE ed a cambiare la vostra vita potete contattare il seguente indirizzo e-mail [email protected] per avere informazioni oppure visitare il sito www.incursoriesercito.com che, generalmente, nella sezione “reclutamento”, riporta tutte le notizie attinenti. Per tutti gli interessati: cominciate da subito l’allenamento!Non si faranno sconti a nessuno!

RECLUTAMENTO AL 9°PER DIVENTARE INCURSORI!

L’esperienza,

la competenza e la

determinazione

degli istruttori del

RAFoS porta gli allievi

a superare ostacoli che

altrimenti sembrerebbero

insormontabili.

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formano nuovi incursori…trasmissione di sapere, di carattere e di molte altre cose non facilmente comprensibili, ma che arrivano nel profondo di ciascun operatore.

• partecipazione ad enti e attività formative interforze e/o internazionali: istruttori e personale del 9° viene impiegato con continuità presso enti formativi stranieri (International Special Training Centre in Germania, NATO SOF Headquarter in Belgio) e, terminato il periodo all’estero, riversa l’esperienza acquisita al reparto, spesso andando a servire proprio presso il RAFoS.

• imprinting interforze: scambi reciproci con altri reparti di FS delle altre Forze Armate sono all’ordine del giorno, ma anche collaborazione con tutte le altre componenti delle nostre Forze Armate.

• formazione a favore anche di enti e reparti esterni (civili/militari): il RAFoS, in virtù

delle sue capacità particolari, è stato designato quale ente responsabile della formazione basica e di alcuni moduli di quella specialistica per i Rangers e per gli Acquisitori obiettivi dell’esercito, nonché dei corsi per l’ottenimento della qualifica di “operatore scorta e tutela” per il personale designato a fornire il Close Protection Team ai Comandanti delle Brigate di previsto invio in teatro operativo. Inoltre collabora attivamente e fornisce moduli formativi (nello specifico il Conduct After Capture) ad enti quali l’Istituto Superiore Sant’Anna, nonché il modulo HEAT (Hostile Environment Awareness Training) al Ministero degli Affari Esteri. Approccio “bottom up” proattivo: per un incursore le occasioni di sviluppo formativo sono molteplici. Eventuali idee e proposte, opportunamente rappresentate e identificate come idonee a soddisfare esigenze operative, possono trasformarsi

in attività di ricerca al fine di individuare il processo formativo più idoneo a far acquisire nuove capacità agli operatori.

• Capacità didattiche assimilate anche attraverso la frequenza di corsi presso strutture ad altissima specializzazione: l’Ente Spaziale Europeo si è avvalso della collaborazione del 9° reggimento per la formazione di alcuni dei propri astronauti a premessa delle missioni spaziali. Il “Col Moschin” è stato scelto come eccellenza tra molti candidati blasonati appartenenti alle altre forze armate europee.

La fine di un perCorso: La Consegna dei brevettiPrendendo le mosse da una celebre frase di sir Winston Churchill, il quale promise al suo popolo “lacrime, sudore e sangue” per uscire vincitori dal secondo conflitto mondiale, la stessa locuzione potrebbe essere rivolta a tutti gli aspiranti incursori che si accingono a frequentare

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due lunghi anni di corso per arrivare all’agognato brevetto. Non credo di sbagliare a definire il percorso per diventare incursore una guerra: un conflitto che ciascuno deve combattere contro se stesso, contro le avversità e i propri limiti i quali – spesso – sono invalicabili. Lacrime, sudore e sangue di coloro i quali per due anni hanno speso fatiche incredibili, con le divise umide di sudore, il volto attraversato da pianti per delusioni o paure di non riuscire, sofferto dolori agli arti, ai piedi pieni di vesciche, ma anche sofferenza morale, il sacrificio della rinuncia ad affetti, vita sociale…la gente comune è abituata a vedere il prodotto finale, ma in pochi comprendono la dura fatica della lavorazione. Certo è, che mentre frequenti il corso hai piena coscienza di “sanguinare” per entrare in una nuova famiglia, composta da pochissimi membri i quali sono pronti a dare la vita per te, in qualsiasi parte del mondo. Una volta incursore lo si è per sempre. La sensazione che si prova a passeggiare per le stanze della mitica “Base Addestramento Incursori” è questa… di entrare in casa di qualcuno il quale ha tra i suoi pregi maggiori l’ospitalità. Questa appartenenza ha un prezzo altissimo, spesse volte talmente alto che riguarda la vita stessa, tuttavia tutti quelli che portano sul braccio l’aquila, l’ancora e il paracadute lo sanno benissimo. La motivazione di questi ragazzi è facilmente leggibile dalle pareti delle loro aule, dai corridoi della caserma i quali parlano di storie infinite di giovani che alla fine, in pochi…ce l’hanno fatta. Il 27 marzo 2013, per la prima volta nella storia di questo glorioso reparto, il comandante in capo dell’Esercito, generale Claudio Graziano, ha consegnato di sua mano i brevetti ai nuovi incursori presso la caserma “Base Addestramento Incursori” di Marina di Pisa. Una

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cerimonia molto riservata, attenta e incredibilmente suggestiva, soprattutto per i nuovi ragazzi che hanno visto apporre sul proprio braccio l’aquila degli incursori. Al comandante del 9°, colonnello Roberto Vannacci, va il merito di aver fatto uscire dall’ombra mediatica il suo reparto, proprio grazie all’attenta comunicazione di certi eventi (la cerimonia è stata documentata anche da una troupe della televisione nazionale) e ad una scelta oculata riguardo i mezzi con i quali rendere noto – non troppo, ovvio – il duro lavoro di questi ragazzi.

ringraziamentiDesidero ringraziare particolarmente il comandante del 9°, colonnello Roberto Vannacci, per aver messo a disposizione il materiale informativo riguardo il RAFoS e le fotografie di questo servizio.

Mentrefrequenti il corso

hai piena coscienza di

“sanguinare”

per entrare in una nuova

famiglia, composta da

pochissimi membri i

quali sono pronti a dare la

vita perte, in qualsiasi

parte del mondo.

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EXTREMA RATIO GLAUCA B1TACTICAL BLACk fOLdER knIfE fOR BLACkMEn!!!

Di FABiO ROSSi - FOtO Di Michele FARiNetti

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In uno degli ultimi numeri di TNM abbiamo già ampiamente parlato di questa azienda di Prato divenuta, negli anni, un punto di riferimento, a

livello mondiale, nella produzione di coltelli tattici, i quali sono tutt’ora in grado di soddisfare le esigenze di molti reparti militari nazionali ed esteri. Molte di queste produzioni hanno visto l’attiva collaborazione degli stessi operatori che ne sarebbero poi divenuti i reali utilizzatori, ed anche il Glauca B1 è parte di questa famiglia. Infatti, questo tattico, nasce dal connubio tra le esperte mani dei Maestri dell’azienda e le idee, nonché necessità, dell’Unità Speciale francese G.I.G.N. (Groupe d’Intervention de la Gendarmerie Nationale), specializzata in operazioni antiterrorismo e liberazione ostaggi. Il nome del coltello, con tutta probabilità, ma non abbiamo sicura conferma, prende origine dalla somiglianza tra la punta della lama e la pinna caudale del Blue Shark, il cui nome scientifico è “Prionace Glauca”.

LA STRUTTURAIl Glauca B1 viene consegnato nella classica scatola di cartone nera riportante in bella mostra il logo dell’azienda. All’interno troviamo il coltello chiuso, un fodero in materiale polimerico, due bande in cordura/velcro e due opuscoli, uno che assicura la garanzia del produttore e l’altro con i consigli utili per la manutenzione del prodotto.La lama è ottenuta da una barra di acciaio di produzione austriaca N690, ha una lunghezza di 115 mm (circa 4,52 pollici) ed uno spessore di 5 mm (0,2 pollici). Si tratta di uno dei migliori sul mercato per la produzione di lame. È un acciaio inossidabile martensitico con una percentuale di cromo pari al 17%, inoltre contiene un maggiore tenore di molibdeno, circa il doppio rispetto all’acciaio AISI 440C, che ne determina, quindi, un miglioramento

delle caratteristiche di taglio ed un incremento della resistenza alla corrosione. Caratteristiche ulteriormente potenziate dall’aggiunta di vanadio e di cobalto, che producono alti valori di durezza superiori a 60-61 HRC, ottenibili mediante il trattamento termico di tempra.

Il profilo della lama è liscio ed il filo ne percorre l’intera lunghezza. Gli ultimi 25 mm, in prossimità della guardia dell’impugnatura, sono a disegno seghettato. Il filo continua il suo percorso per tutto il tracciato della punta della lama e sulla sua parte dorsale per circa 20 mm. Su entrambi i suoi lati, vicino allo snodo, sono presenti due appigli a perno che permettono l’apertura ambidestra mediante l’impiego della sola mano che

Particolare della forma della lama e della sicura di blocco della stessa

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Il sistema

di apertura

“liner lock”, è molto

fluido e permette

alla lama di bloccarsi

stabilmente e

saldamente.

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impugna il coltello. Il corpo della lama, nella sua parte posteriore, presenta due sporgenze “a pinna” forate, anche queste idonee a consentirne l’apertura assistita e a fornire un discreto blocco di “fine corsa” nel caso in cui la mano scivoli in avanti sull’impugnatura. La stessa ha una finitura di colore nero denominata TESTUDO, trattata al carbonitruro di zirconio.Il sistema di apertura “liner lock”, è molto fluido e permette alla lama di bloccarsi stabilmente e saldamente. Lo stesso meccanismo può essere ulteriormente rafforzato tramite una leva posizionata sulla guardia la quale, una volta ruotata, evidenzia la scritta “lock”, agevolando il trasporto del Glauca nel fodero rigido e di poterlo utilizzare con la massima sicurezza anche nelle situazioni più estreme. Per la chiusura della lama bisogna agire, con una leggera pressione, sull’apposita foglietta di svincolo posizionata nella parte anteriore dell’impugnatura, in prossimità del perno di rotazione. L’impugnatura del Glauca è un’eccellenza ergonomica: è costruita utilizzando una lega di alluminio denominata Anticorodal, una lega con percentuali di magnesio e silicio che ne incrementano la resistenza alla trazione e alla corrosione. Ha inoltre il pregio di essere molto leggera e contribuisce a contenere il peso del prodotto che si attesta, alla bilancia elettronica, a 206 grammi. Il suo particolare design è contraddistinto da un’ansa molto accentuata dietro l’asse della lama, che accorda di posizionarvi naturalmente il dito indice, consentendo una presa molto salda. Un’altra piccola ansa è stata ottenuta sulla parte superiore, adatta al posizionamento del dito

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Particolare della clip di fissaggio reversibile e del punzone in acciaio al carbonitruro di tungsteno utilizzabile come “glass breaker”

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Vista posteriore del fodero in Kydex e cordura.

pollice, per acquisire la cosi detta presa “dritta filippina”. Nella parte terminale è collocata una clip di fissaggio, reversibile su entrambi i lati per mezzo di tre piccole viti a taglio. Sul codolo posteriore è incastonato un punzone in acciaio al carbonitruro di tungsteno, utile anche come “glass breaker”.L’accessorio che caratterizza il Glauca e che lo rende un valido prodotto per l’utilizzo da parte di operatori di polizia e militari, è il meccanismo che permette di tranciare le manette/fascette in plastica (operazione che è possibile visualizzare nella sequenza fotografica). È formato da una piccola lama, posizionata nella parte terminale dell’impugnatura, e da una leva di pressione. La lama non è idonea al taglio dei metalli, norma riportata a laser sulla leva stessa. Infine su entrambi i lati dell’impugnatura sono incisi il logo del GIGN e, in prossimità della leva di bloccaggio della lama, il numero di matricola, in questo caso lo 000421.Altro accessorio di grande

nota è il fodero in Kydex, prodotto dalla italiana Ghost International, caratterizzato

da una base in cordura alla quale è stato applicato il fodero termoformato idoneo a contenere

il Glauca in configurazione aperta. La sua ritenzione è affidata alla particolare sagomatura, ad una calamita posizionata in corrispondenza della lama e ad un laccetto elastico da fissare al codolo. Il fodero può essere

assemblato sia ai pals del sistema M.O.L.L.E., tramite le due fettucce cucite posteriormente, sia in posizione cosciale tramite due fasce velcrate fornite in dotazione.

REPORT DELLE PROVEE CONSIDERAZIONI

L’intero design e le caratteristiche del coltello, della sua lama e dell’impugnatura sono di altissimo livello. L’apertura può essere effettuata agevolmente con una sola mano, anche calzando guanti operativi. L’impugnatura permette una facile

gestione del coltello in posizione chiusa e aperta, in quest’ultimo caso

con guardia “dritta semplice” o reverse

TEST BY TNM TEST BY TNM TEST BY TNM TEST BY TNM TEST BY TNM TEST BY TNM TEST BY TNM TEST BY TNM TEST BY TNM

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Prova di penetrazione nel pacco balistico in kevlar con

fattore di protezione IIIA

grip tipo “icepick” e di passare dall’una all’altra senza particolari difficoltà. Lo spessore della lama è degno di un lama fissa e non è stato riscontrato alcun gioco del perno di fissaggio della stessa. Abbiamo testato il filo della lama procedendo al taglio di una sagola navale del diametro di circa 3 cm, operazione portata a termine con successo, fluidità e senza incontrare alcuna difficoltà. Abbiamo testato la penetrazione della punta in un pacco balistico costituito da fogli di kevlar con fattore di protezione IIIA, addizionati da fogli rigidi “anti stab”; utilizzando la sola forza muscolare siamo riusciti a trapassarlo al quarto tentativo, ottenendo la fuoriuscita della punta per circa 4 mm. In conclusione ci troviamo di fronte ad un ottimo prodotto interamente italiano, sicuramente di nicchia, che eccelle per le sue caratteristiche tecniche e per il prezzo, non proprio popolare, ma sicuramente giustificato, che si attesta a circa 450 euro.

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Veicolo tatticooff-roaD ultra leggero per operazioni Veloci

di giuseppe marino - foto: polaris defense

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Il ramo “Defence” della ben nota Polaris, azienda statunitense leader nel settore dello sviluppo e produzione di veicoli leggeri off-road di altissima qualità e con eccellenti performances

universalmente riconosciute, ha ingegnerizzato e distribuito sul mercato militare il veicolo “fast light all terrain” MRZR. Di fatto sviluppato partendo dal progetto RZR destinato all’impiego sportivo e professionale civile, il veicolo leggero MRZR ne rappresenta la versione militare opportunamente specializzata e sensibilmente upgradata.Negli attuali teatri operativi in cui risultano massivamente impiegati distaccamenti di forze speciali in operazioni

“recon” o “search and destroy” ad esempio, si richiedono notevoli capacità di flessibilità e mobilità su qualsiasi tipo di terreno, unite ad un alto potenziale di fuoco ed alla possibilità di disporre di moderne tecnologie atte a massimizzare la “combat awareness” e l’efficacia operativa. Ovviamente i vettori ad ala rotante di moderna concezione possono supportare gli uomini nel conseguire gli obiettivi citati, tuttavia, una volta che gli operatori sono sul terreno, i vettori aerei devono essere destinati a ricoprire un efficace ruolo di copertura e supporto rendendo così necessaria sul campo la disponibilità di mezzi terrestri opportunamente progettati ed

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equipaggiati. L’MRZR di Polaris Defence si colloca tra i veicoli terrestri leggeri e veloci destinati a garantire il necessario supporto in termini di mobilità e capacità di trasporto rapido di uomini, armi ed equipaggiamento

su ogni tipologia di terreno. Esso viene prodotto in due versioni: MRZR 2 ed MRZR 4 i quali si differenziano per il numero di operatori permanentemente imbarcabili e per le dimensioni e il peso. Entrambe le versioni sono spinte da un motore da 875cc posizionato posteriormente che, grazie ai suoi 88 HP, è in grado di far raggiungere al veicolo circa 100 Km/h. Il potente motore, unitamente ad

efficientissimi sistemi di trasmissione 4x4 e sospensioni, nonché ad un perfetto posizionamento e bilanciamento dei pesi, finalizzato ad abbassarne il baricentro, consentono all'MRZR una eccezionale stabilità e mobilità su qualsiasi tipologia di tracciato off-road. Sia la versione a due posti, sia quella a quattro, dispongono di un vano di carico posteriore configurabile modularmente a seconda delle esigenze, ovvero per il trasporto di equipaggiamenti supplementari, armi di squadra o altre soluzioni eventualmente customizzabili sulla base delle specifiche richieste del cliente. Il vano di carico in parola, in alternativa a quanto sopra, su entrambe le versioni può essere destinato al posizionamento di due sedili supplementari con posizionamento fronte retro, atti al trasporto di due operatori aggiuntivi. Tali sedili supplementari, come peraltro quelli fissati sul veicolo, risultano ottimizzati nelle forme e dimensioni per facilitare l’agevole e stabile seduta di operatori equipaggiati e dispongono di cinghiaggi a “X” con sgancio rapido unico centrale. Completa la dotazione del veicolo una ricca suite elettronica destinata al monitoraggio di tutti i parametri di funzionamento dell’MRZR ed ovviamente espandibile e integrabile con ulteriore componentistica accessoria, specificatamente destinata all’impiego del mezzo nell’ambito di operazioni militari. Ad esempio dunque: GPS, apparati radio, interfacce touch screen e molto altro ancora possa risultare utile e fisicamente posizionabile a bordo di un veicolo di solo circa 3 metri di lunghezza, del peso di 700 kg, e con un carico pagante globale di 450 kg. Per quanto concerne la possibilità di customizzazione del veicolo, si osserva come all’implementazione di suite elettroniche specifiche, nonché all’adeguamento alle esigenze operative del vano di carico posteriore, si aggiunga, ad esempio, l’occasione di installare delle ralle laterali, o posizionate sul rollbar superiore, atte al montaggio di sistemi d’arma leggeri quali mitragliatrici o lanciagranate. La grande stabilità e flessibilità del veicolo consentono, infatti, ampie possibilità di modifica per un vettore terrestre il quale, peraltro, risulta facilmente aviotrasportabile, sia all’interno di velivoli all’uopo destinati, sia tramite fissaggio a ganci baricentrici di elicotteri. A tal fine l’MRZR risulta dotato di ganci idonei

Prodotto in due versioni: MRZR 2ed MRZR 4 i quali si differenziano per il numero di operatori permanentemente imbarcabili e per le dimensioni e il peso.

MRZR4versionea 4 posti

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per il sollevamento dello stesso da parte di elicotteri o convertiplani. Tali ganci, posizionati nella porzione anteriore e posteriore del veicolo, sono di fatto collocati in prossimità di aree strutturalmente rinforzate, così come irrobustito è il fondo dell’MRZR, dotato di una massiccia piastra di schermatura inferiore per proteggere la meccanica da eventuali asperità del terreno. Il veicolo può inoltre essere dotato, in aggiunta al sistema di fari e luci

standard, anche di un completo sistema di illuminazione IR tale da rendere l'MRZR perfettamente idoneo per operare efficacemente anche nell’ambito di moderni dispiegamenti di forze, siano essi diurni o notturni. Questi ultimi, evidentemente caratterizzati sovente da un totale oscuramento, resi possibili grazie all’impiego di visori notturni ed illuminatori IR. Ovviamente caratteristiche primarie dell’MRZR sono la velocità, flessibilità, mobilità e leggerezza, tutti aspetti predominanti in specifici contesti e profili operativi propri di una limitata gamma di operazioni che le moderne forze speciali sono chiamate a svolgere. Laddove, infatti, siano richieste lunghe permanenze sul terreno, protezioni passive, potenziale

di fuoco extra e quant’altro, risulta imperativo poter disporre di veicoli dotati di altre caratteristiche tecniche e progettuali. Per ciascun “lavoro” serve “l’attrezzo” giusto dunque, un concetto universalmente noto e sicuramente applicabile anche al contesto in parola.

La redazione di TNM ringrazia Luke Mulavaney, Marketing Communication Specialist della POLARIS DEFENSE, per la concessione del materiale fotografico e del video in esclusiva.

Caratteristiche primarie dell’MRZR sono la velocità, flessibilità, mobilità e leggerezza

MRZR2versionea 2 posti

Per vedere il video usa uno smartphone

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Il nuovo “duffel” é stato realizzato dalla North Face partendo dal progetto dell’ormai celebre Base Camp Duffel, ovvero il borsone, disponibile in varie

misure, con cui North Face ha conquistato una larga fetta del mercato delle sacche idonee all’hard-use, come nelle tipiche spedizioni esplorative professionali. Come anticipato precedentemente, la caratteristica del Waterproof Duffel é la totale impermeabilitá: si tratta, infatti, di un vero e proprio contenitore morbido e stagno in grado di mantenere all’asciutto l’equipaggiamento trasportato, sia dunque in presenza di forti piogge, sia in caso di vera e propria immersione in acqua. La soluzione

ideale per attivitá su imbarcazioni o in altre condizioni per le quali l’esigenza di mantenere le cose all’asciutto sia un “must”. Il borsone è realizzato in tessuto di nylon 420 D impermeabile e ripstop con un duplice rivestimento in poliuretano e con cuciture nastrate e saldate con tecnologia a radiofrequenza e cerniera singola superiore impermeabileTIZIP® WaterSeal. Il Waterproof Duffel, dotato di due maniglie/spallacci imbottiti, nonché di due cinghie di compressione per stabilizzare il contenuto, è disponibile in 2 misure: medium (M) da 40 litri e large (L) da 70 litri. È’ opportuno segnalare, con specifico riferimento agli spallacci precedentemente citati,

WATERPROOF DUFFEL

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Il Waterproof Duffel DI North face è uN nuovissimo borsone di ottima resistenza e, caratterIstIca peculIare, totale ImpermeabIlItá, otteNuta grazIe all’ImpIego DI materIalI e tecNIche costruttIve INNovatIve e tecNologIcameNte avaNzate.

di Giuseppe MARiNO

TACTICAL GADGET TACTICAL GADGET TACTICAL GADGET TACTICAL GADGET TACTICAL GADGET TACTICAL GADGET TACTICAL

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TACTICAL GADGET TACTICAL GADGET TACTICAL GADGET TACTICAL GADGET TACTICAL GADGET TACTICAL GADGET TACTICAL

che sebbene essi risultino imbottiti, la consistenza e sagomatura degli stessi non risulta ottimizzata per un trasporto prolungato, magari su terreni difficili e a pieno carico. Ovvero il sistema é concepito essenzialmente per consentire brevi spostamenti facendo il suo punto di forza sulla piú volte citata proprietà sigillata anti acqua.

A conferma della elettiva caratteristica di protezione dall’acqua, piuttosto che di ergonomia e funzionalitá, vediamo che il borsone al suo interno risulta completamente sprovvisto di tasche o scomparti, così come risulta completamente privo di qualsivoglia imbottitura o sagomatura per facilitare il trasporto su schiena. Completano la dotazione della borsa: due maniglie di trasporto poste ad entrambe le estremitá ed una serie di asole in cordura collocate esternamente a formare una sorta di anello che interessa il borsone per tutta la sua lunghezza. Tali asole, simili di fatto ad un

sistema MOLLE, sono dunque finalizzate a consentire un eventuale fissaggio di equipaggiamento aggiuntivo al suo esterno o consentire altresì il passaggio al proprio interno di cinghiaggi per fissarlo su veicoli o altri supporti ritenuti di interesse. Dunque, laddove occorra proteggere equipaggiamenti, materiali e vestiario da acqua ed umiditá, ovvero per l’escursionista su canoa, gommone o altro natante, per l’amante in genere degli sport acquatici, per pratiche sportive e non in aree altamente piovose e per tutte quelle attivitá di tipo professionale che richiedano esigenze analoghe, il Waterproof Duffel di North Face costituisce una validissima soluzione. Il borsone stagno Waterproof Duffel, di fatto introdotto sul mercato nel 2012, é acquistabile, nella versione M, ad un prezzo di circa 250 euro. Prezzo elevato, se considerato in valore assoluto, ma essenzialmente commisurato alla eccellente connotazione del prodotto, sia in termini qualitativi sia tecnologici.

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Desert tactical arms srs cOVertarma bullpup cOmpattaper tirO Di precisiOne

DI Dan Carpenter - traDuzIone: GIuseppe MarIno - foto DI MICah orvIs

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L'attuale fabbisogno da parte degli operatori militari professionisti nel campo delle armi da tiro di precisione, a media e lunga distanza, oltre

ad eccellenti performances in termini di accuratezza, gittata ed affidabilità, spesso consta nel poter disporre di armi in grado di offrire doti di trasportabilità e, all'occorrenza, anche occultabili.

Sebbene quanto sopra non risulti un requisito facile da realizzare, la statunitense Desert Tactical Arms ha recentemente sviluppato l'SRS Covert, ovvero un'arma progettata e realizzata specificamente per soddisfare, nei termini citati, le esigenze del mondo militare e del law enforcement. L'arma, in grado di dare eccezionali doti di precisione e flessibilità di impiego offre, infatti, all'utilizzatore finale prestazioni idonee al tiro medium-range pur mantenendo dimensioni paragonabili a quelle del notissimo HK MP5.

L'aspetto più ovvio, nonché più evidente, che rende possibile la realizzazione di un'arma idonea per il tiro di precisione con dimensioni compatte, è l'adozione di una meccanica di tipo "bullpup", ovvero il posizionamento dell'azione posteriormente rispetto al gruppo di scatto, nella parte superiore del calcio.L'adozione del bullpup in linea di massima, a parità di lunghezza di canna, permette la realizzazione di armi più corte di circa 25-30 centimetri rispetto a quelle di tipo tradizionale, ottenendo peraltro uno

spostamento del baricentro del sistema d'arma verso la parte posteriore della stessa, che risulta dunque molto più stabile anche in occasione di tiri in assenza di supporto frontale. Specie dunque nell'ambito di operazioni in ambienti ristretti, quali aree urbane ad

esempio, in occasione di largo impiego di veicoli o altri vettori di trasporto, la possibilità di disporre di armi compatte e funzionali soddisfa lo stringente requisito di maneggevolezza che tutti gli operatori professionali esigono in questi contesti operativi.Completa il già ottimo quadro di versatilità ed efficienza dell'arma, la possibilità di attuare, all'occorrenza, rapide conversioni di calibro

impiegando esclusivamente una semplice chiave di tipo torque con cui allentare le 4 viti di fissaggio della

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I KIT DI ConveRSIone CALIbRo DISPonIbILI Sono I SeguenTI:16” .308 Win18” .300 Win Mag18” .338 LM22” .308 Win26” .260 Rem26” 6.5 x 47 Lapua26” 7 WSM26” .300 Win Mag26” .338 LM26” .338 norma

canna. Pertanto la conversione di calibro è attuabile semplicemente rimuovendo l'otturatore, allentando le viti di fissaggio e sostituendo la canna con una nel calibro desiderato e serrando nuovamente le viti precedentemente allentate. Completa il processo di trasformazione la sostituzione del l'otturatore e del caricatore con analoghi specifici per il calibro selezionato.

ovviamente, in accordo con il kit di conversione installato il peso del sistema risulta variabile e si assesta approssimativamente su 4 kg, per la

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nel gennaio 2013la DTA ha introdotto il nuovo sistema Covert sviluppato ed articolato sulla base del nuovo Chassis A1 ottenuto come reingegnerizzazione del precedente bullpup.

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A1 CHASSIS SySTeMnel gennaio 2013 la DTA ha introdotto il nuovo sistema Covert di fatto sviluppato ed articolato sulla base del nuovo Chassis A1 ottenuto come reingegnerizzazione del precedente chassis bullpup di DTA. Lo chassis A1 presenta alcune caratteristiche ed innovazioni rispetto alle precedenti armi DTA nell'ottica di incrementarne ulteriormente le già eccellenti performances operative e funzionali.

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conversione in calibro .308 con canna da 16 pollici. Il DTA Covert risulta inoltre dotato di altre specifiche caratteristiche tecniche di interesse. Tutte le canne impiegate nei DTA Covert sono Lothar Walther di tipo match, realizzate in germania e completate in volata con efficientissimi freni di bocca a basso profilo dotati di interfaccia di montaggio per soppressori di suono. Tutti gli chassis DTA sono dotati di gruppo di scatto di tipo match regolabile in corsa e peso. La guardia del grilletto presenta appositi fori per rendere agevole l'azione di regolazione sulle viti di registro. L'otturatore ha una manetta di armamento opportunamente inclinata di 60 gradi specificatamente realizzata per consentire il perfetto mantenimento in posizione del tiratore durante le fasi di cameramento cartuccia ed

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La conversione di calibro è attuabile semplicemente rimuovendo l'otturatore, allentando le viti di fissaggio e sostituendo la canna con una nel calibro desiderato e serrando nuovamente le viti precedentemente allentate. Completa il processo di trasformazione la sostituzione dell'otturatore e del caricatore con analoghi specifici per il calibro selezionato.

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estrazione bossolo. nello specifico, le caratteristiche salienti proprie della versione A1 sono:• poggia guancia realizzato in gomma morbida e

resistente, regolabile in altezza e deriva agendo semplicemente su due viti a brugola;

• calciolo con lunghezza modificabile a mezzo spessori modulari il cui montaggio e smontaggio avviene senza l'uso di alcun attrezzo, bensì sfruttando una interfaccia di montaggio specificamente realizzata. Il tutto nell'ottica di regolare facilmente la lunghezza dell'arma secondo le esigenze del tiratore per il quale migliora il confort di tiro e contestualmente la resa operativa;

• calciolo realizzato in materiale atto ad assorbire

buona parte del rinculo dell'arma della quale seguirà un'ottimale gestione durante le fasi di tiro, ovvero un perfetto mantenimento della stessa in posizione consentito anche grazie all'adozione di una superficie posteriore del calciolo con pattern altamente grippante;

• sistema RIS modulare di nuova concezione che, sfruttando idonee predisposizioni distribuite per tutta la lunghezza dello chassis, consente all'operatore di posizionare le slitte weaver laterali ed inferiori laddove egli ritenga necessario, senza gravare l'arma di pesi aggiuntivi inutili. Come nelle precedenti versioni, anche nella versione A1 permane la presenza di una slitta a tutta lunghezza montata sulla parte superiore dell'arma.

"DTA" THe CoMPAny Con sede nel cuore del deserto dello utah, la DTA ha iniziato la propria attività nel 2007 ed in pochi anni è riuscita a conquistare un'ottima reputazione nel panorama delle grandi aziende armiere statunitensi.Contestualmente la DTA ha ritagliato per se stessa una posizione di eccellenza circa la progettazione e realizzazione di sistemi d'arma multicalibro compatti, destinati al tiro a lunga distanza operativo. oltre al modello Covert descritto su queste pagine, la DTA ha al momento in catalogo la gamma multicalibro SRS (Stealth Recon Scout) Rifle e l'HTI (Hard Target Interdiction). La DTA ha inoltre una branca destinata alla produzione di munizioni match denominata DTA Munitions. nella propria enorme area di test e training sita nel deserto dello utah la casa produttrice americana predispone un ricco e variegato programma di training, costituito da diversi specifici pacchetti addestrativi aperti sia ad operatori professionisti sia a civili.

Per acquisire ulteriori informazioni relative la DTA, i prodotti sviluppati e le attività organizzate è possibile consultare il sito web dell'azienda: www.DesertTacticalArms.com

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Soldier Systems & Equipment ModernisationConference & Exhibition

World’s Leading Conference And ExhibitionFor Future Soldier Modernisation

Request the Programme TodayCall: +44 (0) 207 368 9465

Email: [email protected]

11-14 June 2013 - Olympia Conference Centre, London

www.soldiertechnology.com

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Di Fabio Muntesu

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Concludo il breve escursus sulla disamina della norma e sugli aspetti d’interesse per l’operatore istituzionale già iniziato nell’articolo precedente, certo di non avere esaurito la materia.

Un sport estremo: il lockpicking È l’arte di aprire le serrature senza disporre della chiave dedicata, bensì con due strumenti quali il grimaldello vero e proprio (pick) e il tensore (tension wrench). Esistono tipologie di

grimaldelli di varie forme in relazione alla serratura da violare e per la loro costruzione vengono usati materiali di fortuna quali lame di seghetto, lamine delle spazzatrici stradali, lamine dei tergicristalli (chi predilige quelli di

Il lockpIckIng... Ed Il suo contrarIo la lockpIckIng forEnsIcs.

IL POSSESSO INGIUSTIFICATO DI CHIAVI ALTERATE O GRIMALDELLI 2^ parte

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una nota marca tedesca per via delle dimensioni che ne consentono una migliore lavorabilità), raggi di bicicletta etc. Il principio di utilizzo è piuttosto facile, ci ho provato personalmente con qualche sporadico successo, molto meno semplice è acquisire la sensibilità manuale necessaria ad utilizzare convenientemente e rapidamente gli strumenti. Sulle caratteristiche costruttive di una serratura comune a cilindro, a pistoncini quale quella “Yale” per intenderci, rimando a più qualificate spiegazioni reperibili ovunque in rete. In una normale serratura a pistoncini quale l’anzidetta, dopo avere introdotto il tensore nel canale, tenendo in tensione, con una leggera pressione, il barilotto, si introduce il grimaldello e si tenta di allineare i pistoncini, spingendoli verso l’alto simulando l’ingresso della chiave. L’allineamento di tutti i pistoncini libera il rotore procurando l’apertura del dispositivo. Sembra agevole, ma non lo è. L’arte della manipolazione può essere

acquisita, ma con una lunga pratica. L’argomento è quanto mai di attualità perché da qualche tempo, complice la rete, diversi giovanotti intelligenti e curiosi, chi più chi meno “mefistato”, hanno diffuso dei completi tutorial su come praticarlo ed autocostruirsi gli strumenti, in questo modo il lockpicking è esploso come argomento d’interesse, sport e come veicolo di studio delle serrature e in generale di ogni congegno destinato alla protezione meccanica di beni mobili o immobili. Così, mentre in Italia cominciano ad emergere fans di questa disciplina ed anche i primi sodalizi di appassionati, in Europa, specie nei paesi anglosassoni e poi soprattutto negli Stati Uniti, imperversano da anni lockpickers di ogni età ed estrazione sociale, con i loro convegni ed i loro campionati in cui, in linea di massima, vince chi apre una determina serratura nel minor tempo. Il lockpicking è inquadrabile nel cosiddetto “hacking non tecnologico” e viene talvolta ospitato nei raduni hackers con pari dignità rispetto alle discipline informatiche, riconoscendo un legame virtuale con la filosofia hacker: la scoperta, la conoscenza e la condivisione. Per l’edificazione personale del lettore, in merito alla parte tecnica, che non è lo scopo di queste righe e capire però i fondamenti del lockpicking, rimando alla lettura dell’interessante e molto completo manuale “Guida all’apertura delle serrature a pistoncini con l’uso del grimaldello – M.I.T. Guide to

lockpicking” di Ted The Tool, nella traduzione italiana di Simon Mago, alias di un vero luminare della materia, reperibile in rete. Ho parlato di lockpicking senza demonizzarlo, certo di non avere instillato nel lettore non istituzionale propositi meno che leciti e nella convinzione che la sua conoscenza, sia da parte del semplice curioso sia da quella dell’operatore istituzionale, sia istruttiva per capire la vulnerabilità dei sistemi di difesa passiva a cui viene affidata la sicurezza di beni ed infrastrutture. Il lockpicking, se fine a sé stesso, in assenza di controindicazioni di legge, non può essere moralmente o penalmente censurato. L’immediata catalogazione del lockpicker, da parte dei benpensanti, tra coloro che perseguono futuri scopi illeciti, è a dir poco superficiale; sarebbe come assimilare chiunque pratichi la caccia o il tiro sportivo ad un potenziale assassino seriale. Ho usato però, nel titolo, la parola sport estremo, perché, come abbiamo visto, esiste il concreto rischio di farsi male.

sUggerimenti perl’operatore istitUzionaleIntanto citare troppe Sentenze della Suprema Corte, per Sezioni, numeri, date etc., a meno che non siano proprio indispensabili, le lasciamo ai giuristi, quelli veri, a noi non interessano, né è norma di buona creanza rammentarle alla Magistratura di riferimento, che già le conosce. Oltre alla corretta

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Si introduce il grimaldello e si tenta di allineare i pistoncini, spingendoli verso l’alto simulando l’ingresso della chiave. L’allineamento di tutti i pistoncini libera il rotore procurando l’apertura del dispositivo.

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le valvole dei motori a scoppio o dalle lame di seghetto. Esistono poi, a titolo di esempio, grimaldelli “a gancio” (i più comuni), “snake” (a forma di serpente), “half-diamond”, “diamond” (la forma romboidale o semi-romboidale ricorda un diamante), “bogotà”, “jackhammer” ed altri. In proposito, destino sospetto i coltellini multiuso della nota marca svizzera dotati di sola lama piatta e lima per unghie che, seppur di dimensioni minime ed apparentemente innocui, sono ampiamente utilizzati per gli scopi di cui sopra, talora anche senza subire modifiche. La qualificazione di quest’ultimi (strumento atto ad offendere o ad aprire serrature o nessuno dei due) potrà correttamente rilevarsi dall’insieme delle circostanze in cui lo stesso viene reperito.L’operatore, sul campo, a riscontri eseguiti, deve segnalare all’Autorità

applicazione della norma, è bene che l’operatore comprenda ai fini investigativi il funzionamento dei vari tipi di serrature, lucchetti e grimaldelli, nonché la tipologia e la qualità costruttiva di quest’ultimi, così da poter già individuare superficialmente a quale lucchetto o serratura siano destinati, ma anche il livello di conoscenza della materia da parte dell’eventuale sospetto.Tutto questo, inoltre, per riuscire poi, in sede di comunicazione, ad utilizzare una terminologia appropriata e univocamente riferibile al particolare oggetto idoneo al preciso scopo. I c.d. Jiglers (i giovani li chiamano spadini) hanno ad esempio quale utilizzo precipuo l’apertura delle serrature di automobili e vengono solitamente ricavati dalla lavorazione degli spessimetri utilizzati per registrare

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Giudiziaria il soggetto e quest’ultima, laddove ne ricorrano i presupposti, procederà con citazione a giudizio, condanna per decreto o viceversa archiviazione, qualora in assenza dello specifico requisito o di quelli ravvisati dai dettami giurisprudenziali.L’oggetto ritenuto in grado di “aprire o sforzare serrature” sarà preventivamente sottoposto a sequestro probatorio e sempre descritto e fotografato. Sarà necessario comunque, come già detto, regolandosi di conseguenza, fare in precedenza una obiettiva valutazione in relazione allo/agli strumenti rilevati, ossia se da qualificarsi atti “ad aprire serrature” o “ a recare offesa alla persona” (talvolta il limite è molto sottile), tenendo presente che quest’ultima opzione può essere agevolmente contestata anche in presenza di utensili dedicati (es. il piede di porco) o non dedicati, ma dotati di un minimo potenziale offensivo, in relazione ai due differenti beni giuridici tutelati. Si tenga presente che, anche volendo agevolare l’Autorità Giudiziaria e sgravarla da inutili procedimenti, non ci si potrà esimere, ancorché disponendo del Certificato del Casellario Giudiziale negativo del sospetto, dal riferire ex art. 347 c.p.p. (obbligo di comunicare la notizia di reato), perché purtroppo la funzione di filtro non è concessa all’Ufficiale o Agente di Polizia Giudiziaria. Allorquando si persegua poi un furto aggravato ed il reo sia stato trovato in possesso di strumenti atti allo scasso mediante i quali ha realizzato l’azione delittuosa, il reato ex art. 707 c.p. viene assorbito dall’aggravante prevista dall’art. 625 co.1 nr. 2 c.p. (aver usato violenza sulle cose), purché ricorra un nesso di immediatezza e strumentalità tra il possesso degli arnesi ed il loro uso, ed inoltre non vi sia congruo lasso temporale tra il furto e l’accertamento del possesso. Per quanto riguarda il tentativo, nel caso di flagranza, non rileva il fatto che non si sia fatto uso di tali strumenti rientrando, il possesso di questi, tra gli “atti idonei diretti in modo non equivoco” che la norma prevede acché si configuri un reato tentato. I reati, quindi, potranno essere

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Il lockpicking, se fine a sé stesso, in assenza di controindicazioni di legge, non può essere moralmente o penalmente censurato.

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contestati entrambi qualora il sospetto venga colto prima di commettere il reato, ma anche, in caso di consumazione, dopo, laddove sussista una frattura temporale tale da consentire alla nostra ipotesi contravvenzionale di disgiungersi dal delitto di furto. Nell’ipotesi di più soggetti colti nella commissione di un delitto contro il patrimonio e solo uno di questi venga trovato in possesso di strumenti idonei allo scasso, al fine di poter rubricare il reato anche ai correi (vi è giurisprudenza in merito) si fornisca ogni riscontro probatorio, sulla base dei dati acquisibili con le risorse a disposizione, circa la pregressa frequentazione o la correità in altri illeciti antecedentemente commessi.In caso inoltre di sopralluogo sulla scena di un crimine, laddove si abbia il sospetto che una serratura sia stata manipolata e ciò possa essere determinante nelle indagini perché può disporsi di fonti di prova comparative, si conosca che esiste una apposita branca delle investigazioni scientifiche dedicata a tale studio, seppure in Italia poco conosciuta e praticata. La Lockpicking Forensics.

cenni sUlla lockpicking forensicsNegli Stati Uniti è una vera e propria scienza, ma in quel paese, a differenza del nostro, i grimaldelli sono oggetti largamente commercializzati e usati. Il Locksmith forenser, ossia il “fabbro forense” è colui che svolge la sua indagine con metodi scientifici su serrature e congegni di protezione violati ed è un’autorità nel suo campo professionale. La “lockpicking forensics” ha infatti come scopo l’accertamento del metodo di apertura e del mezzo con cui la stessa è stata attuata, ciò analizzando gli elementi della serratura così da evidenziare lo

stato di conservazione dei pistoncini o degli altri elementi della serratura, reperire tracce di materiali risultanti dall’azione invasiva e stabilire la tecnica utilizzata: se ad esempio, cito grossolanamente, tramite “racking” ossia rastrellare velocemente l’intero set di pistoncini per allinearli (tecnica usata dai neofiti o dai meno esperti), oppure “pin to pin” , allineandoli uno per uno così da procurare lo sblocco, oppure se si è usata una “Bump Key” (chiave particolare in grado, una volta inserita a forza e colpita, di sbloccare il meccanismo) o altri metodi invasivi quali ad esempio l’uso di una “Pick Gun”, un grimaldello comandato elettricamente che, vibrando, riesce ad allineare i pistoncini della serratura e cagionarne lo sblocco in tempi rapidissimi; quindi stabilire con certezza il tipo di strumento utilizzato per la violazione della protezione ed il materiale di cui era costituito.All’uopo, si segnala che si sono reperiti grimaldelli in materiali quali alluminio o altri in fibre plastiche in grado di non lasciare tracce di sfregamento ma, proprio per la loro natura, in grado di rilasciare residui dell’uso. Per giungere alle conclusioni investigative, il fabbro forense non disdegna il rilevamento di impronte, capelli o fibre inavvertitamente lasciate

dall’attaccante sul supporto esaminato oppure ad esempio cera, plastilina o altro, a significare che l’intrusione è stata possibile mediante una chiave illecitamente duplicata. I suoi strumenti sono in primo luogo la microscopia e la microfotografia. La microscopia rileva, infatti, i segni di usura sui pistoncini delle serrature i quali possono essere indicatori del livello di abilità dell’attaccante, che più sarà bravo quante meno tracce lascerà, in questo caso esercitando il minimo della forza dei suoi strumenti per provocare l’apertura oppure utilizzando strumenti

costituiti da materiale a scarso impatto erosivo. La microfotografia, poi, documenterà le fonti di prova.Quale investigatore, il fabbro forense si porrà inoltre gli interrogativi meglio esposti nel capo che segue.

l’interazione con la scena dell’effrazioneOltre all’approccio classico e ben conosciuto del sopralluogo e cioè:• Cinturazione dell’area di interesse.• Predisposizione a limitare al

massimo la contaminazione della scena (calzari protettivi, guanti in lattice etc.)

• Destinazione di un’area pulita alla collocazione del materiale che sarà utile ai rilievi. -Sgombrare la mente da preconcetti in ordine alla realizzazione dell’azione criminosa ed ai suoi possibili autori.

Ricercare una spiegazione attendibile si seguenti quesiti:1) quale è la protezione violata ed il suo livello di sicurezza? Occorre descrivere il tipo di protezione, sia essa serratura o altro, dal punto di vista costruttivo e qualitativo indicando la propria valutazione sull’idoneità o meno a precludere accessi indesiderati, ciò in relazione all’ambiente da proteggere.

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che si è violato apre scenari diversi: ravvedimento, tentativo di ritardare la presa di cognizione oppure dissimularla proprio?

7) il tipo di attacco è compatibile con il bene protetto/asportato? usare il C4 per aprire la serratura di una baracca è senz’altro una soluzione, se non si fa caso al rumore, pur tuttavia si raggiungerebbe lo stesso scopo con metodi meno invasivi. Se analoghe incongruenze si accertassero, sarebbe evidente che l’obiettivo non era l’accesso abusivo alla struttura, ma spedire al creatore i suoi occupanti. Ogni bene che abbia valore o una struttura con i suoi contenuti hanno un minimo sindacale richiesto per la loro protezione, ma anche ragionevolmente un massimo. Raramente sarà presente su un autoveicolo datato un antifurto satellitare di ultima generazione, così come un capanno per gli attrezzi mai presenterà una porta blindata di classe 4. L’accertamento di un particolare accanimento da parte dell’attaccante su un dispositivo di basso profilo difensivo e posto a protezione di beni asseritamente di tenue valore, desti sospetto in quanto il detentore potrebbe non averci detto, o non dirci, tutta la verità sulla reale natura del bene ivi custodito. Inoltre, ciò potrebbe indicarci che l’attaccante disponeva di informazioni precise su quanto ricercato, perché tali da giustificare il perseguimento dello scopo anche eccedendo nei mezzi.

8) è possibile stimare il tempo che è stato necessario a violare

2) quali sono i punti deboli del dispositivo? Verificare se il dispositivo di protezione ha punti deboli e se effettivamente è stato attaccato nel suo punto più debole, oppure si è trattato di un approccio random, maldestro ancorché efficace.

3) quali sono le tracce d’ingresso e se quest’ultimo è avvenuto: valutare se l’accesso al bene da proteggere ha avuto luogo e, in caso contrario, nonostante l’effrazione abbia avuto luogo, vi sia stato recesso nel portare a compimento l’evento delittuoso.

4) vi sono palesi segni di effrazione? discernere dal primo esame visivo come l’azione effrattiva è stata portata, con la forza bruta o con metodologie più fini oppure con sistemi non immediatamente verificabili

5) il dispositivo, prima dell’attacco, era predisposto effettivamente alla difesa oppure era aperto? ciò fa naturalmente la differenza nel caso in cui possa esservi dubbio che l’attaccante possa essere stato favorito da un complice all’interno della struttura da proteggere. In sede poi di richiesta di risarcimento dell’eventuale danno patito, l’inidoneità del dispositivo di protezione ad impedire l’alienazione o il danneggiamento del bene impedirebbe all’avente diritto l’esaudimento dell’invocato risarcimento.

6) a seguito dell’attacco il dispositivo è stato lasciato aperto o chiuso? poiché influente sulla tempistica di esecuzione, richiudere un dispositivo

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il dispositivo? la risposta a questo quesito, non conoscendo l’abilità dell’attaccante né, nell’immediatezza, l’idoneità dei suoi strumenti, potrà essere data dalla stima della tempistica risultante dai riscontri delle indagini indirette, ossia dalle interviste degli informati sui fatti o dagli orari verificabili su eventuali riprese filmate, se disponibili.

9) a seguito dell’illecito, il dispositivo è stato poi utilizzato lo stesso? se si tratta di una serratura, e tale ipotesi ha avuto luogo quindi la stessa è funzionante, è evidente che il metodo di attacco possa essere ristretto ai sistemi meno invasivi tra quelli idonei a violarla.

10) ci sono soggetti riferibili all’obiettivo che hanno avuto parte all’attacco, ancorché dal punto di vista della pianificazione o del supporto, oppure qualcuno di loro possiede cognizioni tecniche per avere realizzato lui stesso l’attacco? Fra gli attori della vicenda, a chi gioverebbe l’intrusione?

Trovare una risposta a queste domande, anche in via di mera deduzione a fine di ipotesi, sarà senz’altro utile anche all’investigatore nostrano, per il suo rapporto o la sua indagine.

conclUsioniAl lettore professionale spero di essere stato utile, così come al lockpicker, cui consiglio di praticare tale attività coscienziosamente, ciò perché ritengo effettivamente molto arduo riuscire ad argomentare la liceità del proprio innocuo comportamento di fronte ad una giusta contestazione da parte degli organi preposti. Sebbene l’essere incensurati possa spesso condurre al buon fine (se il reato non concorre con altri) è pur vero che fino a tale eventualità un procedimento penale a carico sarebbe limitante, sia per l’aggravio economico della propria difesa sia per ragioni connesse ad eventuali aspettative professionali (impieghi lavorativi o concorsi pubblici) da accantonare a causa di tale pregiudizievole pendenza.

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Esistono grimaldelli “a gancio” (i più comuni), “snake” (a forma di serpente), “half-diamond”, “diamond” (la forma romboidale o semi-romboidale ricorda un diamante), “bogotà”, “jackhammer” e molti altri.

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Nelle alte sfere della marina britannica, da sempre una forza militare allergica ai cambiamenti, lui era stato in sostanza il solo a credere nelle possibilità

belliche dell’aeromobile. Quando nel 1907 i fratelli Wright si sentirono rispondere picche dall’Ammiragliato circa la disponibilità ad acquisire il brevetto della macchina volante da loro realizzata, che solo tre anni prima aveva stupito il mondo, Fisher non si dette per vinto e spronò i suoi sottoposti a seguire da vicino gli sviluppi tecnologici di questi cassoni volanti. Essi lasciavano intravedere grandi

possibilità, prime tra tutte quella di poter fornire alla flotta informazioni esatte sui movimenti del nemico, sulla sua dislocazione e sulla reale consistenza della sua forza.

Nel 1917, esattamente dieci anni dopo la richiesta dei fratelli Wright, gli aerei divennero parte integrante del corpo navale britannico; ciò è testimoniato dalla completa annessione del Royal Navy Air Service nei ranghi della Royal Navy e dalla nomina di un nuovo membro nel Consiglio dell'Ammiragliato, noto come "quinto Lord del

La notte in cui i "Pescispada" conquistarono il Mediterraneo

Di AnDreA MAnfreDA

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Dimensioni e pesiLunghezza: 10,87 mApertura alare: 13,87 m Altezza: 3,76 m Superficie alare: 56,39 m²Peso a vuoto: 1900 kgPeso carico: 3500 kg

propulsioneMotore: Un radiale Bristol PegasusI IIM.3Potenza: 690 hp (510 kW)

prestazioniVelocità max: 224 km/h

armamentoMitragliatrici: Una Vickers calibro.303 in (7,7 mm)in caccia una Lewis o Vickers K calibro .303 in (7,7 mm) posterioreBombe: Mine per 680 kg Missili: Un siluro da 760 kgRazzi: Otto RP-3

SCHEDA TECNICA

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mare". Sempre nello stesso anno la marina inglese varò la prima vera e propria portaerei, la HMS Argus, costruita nei cantieri William Beardmore and Company di Glagow. Era costituita da un ponte prodiero privo di sovrastrutture per permettere le operazioni di velivoli dotati di ruote e da un ponte di poppa adibito alle manovre degli idrovolanti.

Allo scoppio della seconda guerra mondiale, l'aeronautica della marina era ormai una solida realtà e dal 1937 aveva cambiato la sua denominazione in Fleet Air Arm. L'aereo standard in dotazione ai piloti di Re Giorgio era il Fairey Swordfish, entrato in servizio nel 1936.Si trattava di un biplano che, se paragonato ai velivoli standard in servizio nell'aeronautica giapponese o statunitense, non brillava per le sue potenzialità. Di contro, le sue magnifiche doti di maneggevolezza ne fecero il beniamino dei piloti della Fleet Air Arm, che gli dedicarono anche una canzone le cui parole recitavano testualmente:

«the swordfish fly over the oceanthe swordfish fly over the seaif it were not for King George's swordfishWhere the 'ell would the Fleet air arm be?»

[Traduzione: Lo Swordfish vola sull'oceano / Lo Swordfish vola sul mare / Se non fosse per lo Swordfish di re Giorgio / Che diamine ne sarebbe della Fleet Air Arm?]

Temendo un ingresso in guerra dell'Italia al fianco del suo alleato dell'Asse, nel 1938 l'Ammiraglio sir Dudley Pound, al tempo Comandante in Capo della flotta del Mediterraneo, incominciò i preparativi per attaccare la flotta italiana a Taranto. Pound aveva assunto il comando delle operazioni nel Mediterraneo nel 1935, al tempo della crisi causata dall'invasione italiana dell'Abissinia, e ricordava che già allora era stato approntato un piano per l'attacco del porto tarantino.

Chiese al Contrammiraglio sir Arthur Lumley St George Lyster, comandante della portaerei Glorious in servizio presso la flotta del Mediterraneo, di rivedere tale piano: il responso di Lyster fu che, nonostante l'accresciuta potenza della Regia Aeronautica, era ancora possibile infliggere un colpo mortale alla Regia Marina attaccando la flotta alla fonda nel porto. A seguito della crisi di Monaco del 1938 il piano per l'attacco della marina italiana fu accantonato una seconda volta: nell'accordo diplomatico stipulato in Baviera le forze britanniche e francesi accettarono la promessa di non belligeranza da parte di Hitler al costo dell'indipendenza della Cecoslovacchia.

Il 10 Giugno 1940 l'Italia entrava ufficialmente in guerra e la direttiva seguente dettata da Mussolini richiedeva testualmente «l'offensiva su tutta la linea in Mediterraneo e fuori». La presenza della flotta italiana metteva a rischio il dominio incontrastato che l'Inghilterra aveva esercitato

sul Mediterraneo dai tempi della vittoria inglese nella Battaglia di Trafalgar contro la flotta congiunta franco-spagnola.

I tempi erano ormai maturi: gli inglesi compresero che bisognava inferire un colpo mortale alla marina italiana, e bisognava farlo nel suo porto principale, da cui partivano tutte le azioni di disturbo alla flotta britannica.

La base navale di Taranto, conosciuta come "la città dei due mari", era costituita da un bacino esterno, detto Mar Grande, che consta in una baia delimitata da Punta Rondinella a nord e da Capo San Dante a sud, e un bacino interno, detto Mar Piccolo, cui si aveva accesso dal canale navigabile (ed è così ancora oggi, nda).

Le ricognizioni aeree compiute dagli inglesi nei giorni precedenti l'attacco (27 Ottobre) avevano fornito una serie di fotografie che non solo avevano confermato che il grosso della flotta italiana era in rada nel porto, ma le analisi condotte da uno speciale reparto di interpretazione fotografica di stanza al Cairo avevano indicato anche la presenza di numerose batterie antiaeree, di reti parasiluri e, con grande sorpresa degli inglesi, di numerose fila di palloni antiaerei. La stessa soluzione che loro avevano adottato

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per difendere Londra dalle incursioni della Luftwaffe. L'operazione, denominata «Judgement», era prevista per il 21 Ottobre, nell' anniversario numero 135 della Battaglia di Trafalgar, ma una serie di incidenti resero necessario posticipare l'attacco di alcune settimane. Le condizioni di plenilunio rendevano favorevole qualsiasi data compresa tra l'11 e il 19 di Novembre: la sera del primo giorno utile ebbe inizio l'offensiva su Taranto. Il primo gruppo di Swordfish partì dalla portaerei Illustrious poco dopo le 19:45, mentre questa incrociava al largo di Cefalonia. La formazione d'attacco entrò in vista di Taranto intorno alle 22:50: la città era illuminata a giorno da un cono di luce creato dalle migliaia di traccianti e proiettili esplosi della contraerea nel tentativo di fermare gli invisibili invasori. L'ultimo aereo della prima formazione si allontanò entro le 23:35. Intanto alle 21:20 la formazione per il secondo raid era decollata dal ponte della Illustrious: giunse in vista del porto di Taranto intorno alle 23:50.

Quando l'ultimo aereo atterrò sulla Illustrious, ci si rese conto che due aeromobili mancavano all'appello, uno di entrambe le offensive. Il primo aereo inglese abbattuto fu quello di Williamson e Scarlet: dopo aver danneggiato la Conte di Cavour il loro Swordfish fu falciato da una salva dell'antiaerea italiana e precipitò in mare. Condotti in salvo da operai dell'arsenale, furono fatti prigionieri.Il secondo aereo, invece, precipitò non lasciando scampo ai suoi occupanti. Il pilota Bayley, l'unico di cui furono in seguito rinvenute le spoglie, e il suo osservatore Slaughter furono le uniche vittime inglesi.

I danni riportati dalla Marina italiana erano ingenti: le corazzate Caio Duilio e Littorio furono gravemente danneggiate dai siluri inglesi (la Littorio fu colpita per ben tre volte, due nel primo e una nel secondo raid) mentre la Cavour, a seguito dei danni riportati, non riprese mai più servizio. Llo Stato Maggiore italiano coprì gli avvenimenti con una dichiarazione mendace: secondo il Bollettino 158 del 12 Novembre solo una nave era stata colpita duramente, non c'erano state vittime (in realtà si contarono 58 morti italiani) e ben sei aerei nemici erano stati distrutti.

All'indomani della grande disfatta Galeazzo Ciano, al tempo Ministro per gli Affari Esteri e genero di Mussolini, annotava nel suo diario:

«12 Novembre, Giornata nera oggi. Gli inglesi hanno attaccato la flotta alla fonda, a Taranto, ed hanno colato a picco la Cavour e gravemente danneggiato la Littorio e la Duilio. Per molti mesi saranno fuori combattimento. Credevo di trovare il Duce abbattuto. Invece ha incassato bene il colpo e quasi sembra, in questi primi momenti, non averne valutata tutta la gravità. Quando Badoglio venne l'ultima volta a vedermi a Palazzo Chigi, disse che, attaccando la Grecia, avremmo subito dovuto spostare la flotta, non più sicura. E perché non si è fatto ciò dopo quindici giorni dall'inizio delle operazioni di plenilunio? [...]»

Grazie all'intrepida azione dei "Pescispada", gli inglesi avevano posto le basi per tornare a essere gli indiscussi padroni del Mediterraneo, come già avevano fatto con Horatio Nelson a Capo Trafalgar nel 1805.

Non solo: ispirandosi alle gesta dei piloti inglesi, dall'altra parte del mondo (e della barricata) i giapponesi posero le basi per pianificare l'azione su Pearl Harbor del 7 Dicembre 1941.

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il secondo aereo precipitò non lasciando scampo ai suoi occupanti. il pilota Bayley, l'unico di cui furono in seguito rinvenute le spoglie, e il suo osservatore Slaughter furono le uniche vittime inglesi.

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testo di eric cunat e paolo palimbo - foto di eric cunat

DEL 1Er régimEntDE tiraiLLEurs

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Due tiratori scelticon la ghillie suit.

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28 NOVEMBRE 2012 – Fa piuttosto freddo qui al CEITO (Centro di Formazione della fanteria all’uso di armi da fuoco dell’esercito francese). Il CEITO si trova a La Cavalerie su un altopiano a sud del Massiccio Centrale a un’altitudine di circa 800 metri. Il centro si estende su una superficie di 3.043 ettari e la location comprende due complessi composti da ben 41 poligoni di tiro. Ci sono anche diversi simulatori di armi di piccolo calibro e per lanciamissili anticarro ERIX e MILAN e anche per i mortai. La 1 ° e la 4° Compagnia del 1° Reggimento di Tiratori è il reggimento di fanteria più schierato dell’ esercito francese sui campi di battaglia degli ultimi anni. La squadra di tiratori delle due Compagnie si stanno addestrando da due settimane alle linee di tiro di oltre 2000 metri del CEITO con i loro fucili di precisione PGM Hecate in calibro 50 BMG. L’ Adjudant Lelievre, in

qualità di istruttore per il tiro del Reggimento, dirige l’esercitazione. Egli ci spiega che tutti i tiratori ogni mese passano una settimana qui al CEITO per migliorare le loro capacità; l’addestramento include l’utilizzo di tutte le armi di fanteria individuali in dotazione al reparto: le pistole Pamas (che sono una versione francese della Beretta 92F), il FAMAS (fucile d’assalto standard) l’FRF-2 in 7,62 mm e il PGM Hecate II.

Il .50 BMG calIBro PGM Hecate IIL’ Ecate II è il fucile standard per il tiro di precisione standard delle forze armate francesi, la sua designazione militare è FR 12,7 (Fusil à Répétition de calibre 12,7 mm). Il .50 BMG calibro Ecate II è un potentissimo fucile bolt action antimateriale; destinato ai tiratori più addestrati, questa arma è stata progettata per sparare a bersagli fino a 1800 metri e oltre. La precisione e la ripetibilità di

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Un tiratore con il suo Hecate II Rifle.

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questo sistema garantiscono l’eliminazione di un target umano al primo colpo, mentre la potenza del calibro garantisce la massima efficacia contro velivoli stazionari, piccole navi, attrezzatura da comunicazione, radar, armi operate da equipaggi.

L’HECATE II è stato progettato da Gilles Payen nel 1994 e prodotto dalla ditta francese PGM Precision, la quale produce con successo altri rinomati fucili di precisione tra cui l’ULTIMA RATIO e il PGM 338 LM. L’HECATE II è commercializzato in Francia e Svizzera dalla PGM e dalla FN Herstal nel resto del mondo. L’HECATE II è stato progettato fin dall’inizio per un uso esclusivamente militare. Oltre alla grande precisione, vanta un’eccezionale affidabilità (oltre 10.000 tiri ). Il suo design è notevolmente ergonomico rispetto ai suoi concorrenti, dovuto in parte alle dimensioni ridotte rispetto agli altri e di conseguenza produce meno rinculo rispetto ai parenti

di calibro 50. Inoltre, gli accessori extra disponibili per questo fucile sono perfettamente adatti per far fronte alle esigenze dei moderni conflitti (silenziatore, sistemi di visione giorno/notte, ecc.).

Comodo, robusto e versatile, questo fucile in calibro 12.7x99 è costruito senza compromessi per quanto riguarda la qualità costruttiva. Il match grade canna completamente flottante, i materiali e gli standard impiegati sono un eccellenza per i quali PGM è famosa in tutto il mondo e rendono l’HECATE II forse il miglior fucile di questo calibro attualmente disponibile sul mercato con una garanzia di precisione insolita per questo tipo di arma. La velocità di impiego e la facilità di trasporto, combinato con una elevata potenza di fuoco e un comfort di tiro, rappresentano tutte quelle caratteristiche indispensabili per un tiratore scelto.L’impiego dell’HECATE II è perfetto fino al 1800 metri come fucile anti-materiale, sniping e countersniping

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Un team di tiratori in fase di tiro

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calIBrI DISPoNIBIlI

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• l = 550 mm (21.65”) / Light contours, fluted. Bonded or removable muzzle brake. Disponibile in: 308W (12”), 7mm08Rem (9.5”)

• l = 470 mm (18.5”) / Light contours, flute. Bonded or removable muzzle brake. Disponibile in: 308W (12”), 7mm08Rem (9.5”)

• l = 400 mm (18.5”) / l = 705 mm (27.8” with silencer). Removable integrated sound suppressor. Disponibile in: 308W (8”), 300Sav (8”)

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e la distruzione di ordigni inesplosi a distanza di sicurezza utilizzando munizioni High Explosive Incendiary / Armour Piercing (HEIAP).

Il suo design è lo stesso derivante dal chasis utilizzato in altri fucili simili della famiglia PGM; è dotato sia di un bipiede anteriore regolabile e di un monopiede posteriore per la massima precisione, la canna è profondamente scanalata per disperdere il calore e ridurre il peso, ed è dotato di un freno di bocca alta efficienza che riduce la sensazione di rinculo che ci si aspetterebbe da un 7.62x51mm .

Bullone blocca in ricevitore con tre alette forward-situati, e ha sfiati sovrapressione per fissare il tiratore dai gas di polvere nel caso del caso rottura cartuccia. Il PGM HECATE II è disponibile con due finiture differenti: una in classica in legno e una più attuale con i moderni standard, in polimeri.

l’Hecate II Nel MoNDoL’HECATE II è in dotazione alle forze armate di Estonia, Lettonia,

Lituania, Polonia, Slovenia, Svizzera, Francia e alcuni esemplari sono utilizzati anche dai nostri incursori del Nono. In Francia è utilizzato dal GIGN, da vari Reggimenti di Fanteria dai Commandos della Marina e dal RAID.

I tIraIlleurS: la faNterIa leGGera fraNceSeIl periodo delle guerre rivoluzionarie e quelle successive napoleoniche hanno rappresentato il momento più importante per lo sviluppo della fanteria leggera. In particolare, quella di Napoleone,raggiunse un livello di eccellenza tale da essere considerata la migliore tra gli eserciti europei; effettivamente, l’imperatore dei francesi molto attento alle cose militari, aveva favorito lo sviluppo di questi reparti fondamentali per la riuscite delle sue tattiche di mascheramento della manovra. Alla base dei compiti dei “tirailleurs” vi era la difesa dei reparti principali tenendo il nemico a distanza attraverso un fuoco continuo. È noto, dai manuali dell’epoca, che solitamente ogni battaglione distaccava dai 30 ai

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Un team di tiratoriin fase di tiro

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50 fino a 100 tirailleurs, secondo la situazione. Questo tipo di formazione ha continuato ad esistere anche dopo la fine del Primo Impero, evolvendosi anche a livello di reparti effettivi.

“toujourS le PreMIer”:1er réGIMeNt De tIraIlleurS alGérIeNSLe origini del 1° reggimento risalgono alla seconda metà dell’Ottocento allorquando venne creato il Battaglione di Tiraillerus Indigeni della provincia coloniale di Algeri (7 dicembre 1841), organizzato e diretto dal comandate Vergé; a questo fu affiancato il 2° battaglione Indigeno di Orano condotto dal comandate Valicon. La prima compagine coloniale contava cinque compagnie forti di 22 ufficiali e 769 uomini destinati ad aumentare, nel 1843, fino ad arrivare a sei compagnie in servizio. La formazione si distinse subito per la sua brillante condotta durante la campagna contro i Kabyles di Ben-Salem. La storia più recente, nel 1994, vede il 1° Reggimento di Tirailleurs erede del 7° Reggimento d’Algeri; qui ogni compagnia conserva le memorie delle varie etnie che l’avevano composta all’origine, quindi tunisini, algerini e marocchini per un totale di quattro più una di appoggio e ricognizione della quale fanno parte i tiratori scelti.

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Un tiratore mentre regola la sua ottica.

Un Hecate II 12.7 mm sniper rifle

Un Vector IV rangefinder

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Così come la tecnologia applicata al campo dell’elettronica civile continua la propria evoluzione creando circuiti sempre più

piccoli, LED sempre più luminosi ed introducendo nuovi materiali piú resistenti e performanti, allo stesso modo evolvono le applicazioni tecnologiche elettroniche destinate al mondo militare che costantemente adotta e fa proprie

le nuove tecnologie disponibili sul panorama scientifico ed industriale. Con specifico riferimento alla componentistica elettronica, infatti, oggi giorno si registra un costante e progressivo incremento della resistenza, affidabilità, efficienza e miniaturizzazione, con conseguente realizzazione di sistemi ed apparati sempre più piccoli ed efficienti. Detti apparati inoltre risultano

DI Ryan HoutekameR - tRaDuzIone GIuseppe maRIno

Survival HEl-STar 6

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spesso, grazie all’impiego di idonei software di programmazione, tali da offrire eccezionali possibilità di customizzazione delle rispettive modalità di funzionamento. Le innovazioni citate trovano nello specifico applicazione anche nel sistema di illuminazione tattico individuale HEL-STAR 6 analizzato su queste pagine. L’HEL-STAR è sviluppato dalla Core Survival, azienda la quale, in passato, ha operato nel mondo avionico, e che ha recentemente esteso il proprio campo di interesse allo sviluppo di sistemi di illuminazione ad alto contenuto tecnologico destinati all’impiego in campo militare. Nello specifico il sistema di illuminazione HEL-STAR 6 risulta essere, infatti, un illuminatore individuale con funzioni stroboscopiche di segnalazione destinato al fissaggio sull’equipaggiamento (casco balistico ad esempio) di operatori militari.L’unità di illuminazione HEL-STAR 6 ha un interruttore sulla parte frontale, ed uno sulla parte posteriore

PRO• interruttore dotato di interfaccia tattile in grado

di fornire un feed back relativo alla modalità di illuminazione selezionata

• supporto di montaggio rapido a mezzo velcro• flash pattern customizzabile• profilo esterno a basso ingombro• tenuta stagna fino a 130 piedi di profondità

CONTRO• il vano batteria è chiuso a mezzo di una vite • l’accesso al vano batteria è possibile solo

rimuovendo il sistema di illuminazione dall’equipaggiamento

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rispettivamente destinati alle modalità di illuminazione covert e overt. Ciò consente di mettere l’operatore in condizione di selezionare, anche sotto stress, la corretta modalità di luminosità tra quelle possibili, senza rischiare accidentali azionamenti. L’interruttore frontale, dotato di un movimento scorrevole Up-Down, determina il passaggio da illuminazione su frequenze visibili a quella IR. L’interruttore posteriore, con movimento scorrevole left-right consente invece il passaggio tra le diverse possibilità di pattern di illuminazione.

Sia la modalità IR che quella visibile hanno ciascuna due pattern disponibili, per un totale di 4 opzioni. Il passaggio da una posizione all’altra degli interruttori è accompagnato anche da un “click”, facilmente udibile se l’interruttore viene azionato in modo deciso. Con azionamento “soft” dell’interruttore, infatti, quest’ultimo risulta completamente silenzioso. Tutti gli interruttori hanno forme opportunamente sagomate e grippanti per consentire un

agevole utilizzo, sia a mani nude, sia indossando guanti.

Lo chassis esterno della lampada ha delle nervature di irrigidimento, e inferiormente possiede una sagomatura curva che meglio si adatta al profilo convesso degli elmetti su cui, come accennato, la HEL-STAR è montata. Questo non toglie, tuttavia, che la curvatura scelta garantisca un buon posizionamento anche su altri supporti diversi dagli elmetti. La superficie inferiore dell’illuminatore è completata da una superficie velcrata di forma ovale e di ottima qualità, tale da evitare qualsivoglia distacco accidentale dal supporto di fissaggio. La parte inferiore appena descritta è anche destinata ad alloggiare il tappo di accesso al vano batterie,

chiuso, oltre ad un incastro di tipo essenzialmente convenzionale, anche da una vite di

ritenuta. Questo sistema, di fatto identificabile con un aspetto non del

tutto positivo, viene giustificato dalla casa produttrice come elemento

necessario per assicurare la tenuta stagna dell’illuminatore. La

HEL- STAR impiega una batteria CR123a con autonomia di

circa 36 ore.

La potenza

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luminosa dei LED strobo impiegati, sia in modalità overt che IR, è eccellente ed e in grado di garantire, per quanto riguarda la visibilità da parte di terzi, una possibile individuazione da distanze superiori al chilometro. In termini di luce ravvicinata si hanno ancora ottime prestazioni ottenendo una fonte di luce sufficiente alla perfetta lettura di mappe o testi in condizioni di buio completo.

L’Hel-STAR risulta dunque un’unità di illuminazione completa di modalità strobo e funzionamento anche nel campo di frequenze IR caratterizzata da eccellente resistenza, impermeabilità e affidabilità, in grado di offrire all’operatore che la utilizzi ben 4 diversi sistemi di illuminazione: quest’ultimo, grazie ad idonei accorgimenti di tipo tattile, tutela l’operatore da errate manovre che possano dunque determinare un non desiderato passaggio da tipo “covert” a “overt”. Tutto questo, unitamente all’ottima qualità costruttiva, alla possibilità di customizzare i pattern luminosi e alla funzione strobo, contribuiscono

a rendere il sistema della Core Survival particolarmente funzionale e di notevole interesse per il mercato professionale militare.

La customizzazione dei pattern luminosi permette, ad esempio, la personalizzazione

dello stesso da parte di diverse unità operanti simultaneamente, ma con ruoli differenti o con procedure operative specifiche. Il tutto con evidenti benefici in termini tattici. La validità del prodotto si coniuga ad una eccezionale efficienza ed

efficacia della rete vendita e assistenza della Core

Survival che segue i clienti da vicino, mostrando costante

e grande attenzione alle esigenze e specifiche richieste di questi ultimi. Una reale e fattiva disponibilità verso il cliente, tale da far pensare che a breve una HEL-STAR versione 7 potrebbe essere immessa sul mercato, proprio per recepire a pieno, con un unico ed innovativo prodotto, le numerose peculiari richieste raccolte come feed backs dai vari campi di prova.

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Il training, che si terrà un corso di alta specializzazione professionale rivolto a un pubblico

esigente, composto da operatori di comprovata esperienza operativa nel settore della Close Protection che intendono

apprendere e affinare procedure e tattiche operative al fine di migliorare la propria posizione e il proprio status

nell’industria della sicurezza privata. Tra i nostri corsisti vi sono team operativi che approffittano del mese “off” per

partecipare a questo programma formativo ed ottenere le nostre certificazioni. Il corso si rivolge anche a coloro che

possedendo i requisiti tecnici essenziali quali un livello medio-alto nell’uso e maneggio delle armi da fuoco corte e

lunghe, desiderano approcciare nel migliore dei modi questo settore. Il costo del programma formativo include:

partecipazione al corso, equipaggiamento completo, vitto, alloggio, trasferimento da/per aeroporto/struttura

addetrativo-alloggiativa, certificati (superati i test e gli esami). Non incluso nel prezzo: biglietti aerei

esponenti di organizzazioni internazionali della sicurezza privata; osservatori da Londra;

esaminatori da Israele; Al corso parteciperanno operatori e reclutatori della Pretorian Ltd., Private

Security Company inglese, con finalità di pre-impiego per attività HECPO; Gli operatori che parteciperanno al corso

provengono da: Portogallo, Regno Unito, Polonia, Bulgaria, Svizzera e Italia; Per questo motivo i corsisti avranno

modo di avviare importanti connessioni e contatti internazionali che li agevoleranno nell’attivazione di collaborazioni

degne di nota. Se superati i test e se ricevuta una buona valutazione dai reclutatori e dalla commissione, i neo-diplomati

verranno inseriti nella lista dei membri abilitati della Geni-Ax Worldwide Network e potranno essere impiegati in varie

attività lavorative. Per ulteriori informazioni contattate il nostro centralino telefonico al numero

chiedendo della Training Division o semplicemente inviando una email a

dal 7 al 12 Maggio 2013, è

Al corso saranno presenti:

Note importanti:

+44 20 3086 7952,

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Certificati Internazionali:

1) Dal Regno Unito, dalla GENI-Ax Worldwide Network (Hostile Environments Close Protection Operations)

2) Dal Regno Unito, dalla GENI-Ax Worldwide Network (Tactical Combat Casualty Care)

3) Dal Regno Unito, dalla GENI-Ax Worldwide Network (Counter Terrorism Procedures)

4) Da Israele (Tactical Combat Shooting for Close Protection Operations in Hostile Environments)

5) Da Israele (Military Krav Maga for Close Protection)

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SOPRAVVIVENZA IN SITUAZIONI CRITICHE Scritto da un noto esperto, Sopravvivenza in situazioni critiche, fornisce consigli di facile applicazione su come affrontare molti tipi di situazioni pericolose e descrive particolari tecniche di addestramento destinate ad aumentare le possibilità di sopravvivenza. In ogni capitolo Stilwell esamina possibili situazioni critiche, offrendo informazioni e consigli su come prepararsi al peggio e su cosa fare se si verifica un qualche tipo di calamità. Illustrazioni chiaramente comprensibili mostrano al lettore in che modo tenersi pronti ad affrontare potenziali emergenze, con suggerimenti relativi a temi come le precauzioni da adottare in casa per affrontare eventuali incendi, inondazioni e tempeste, comportamento in caso di ondate di calore, sicurezza sui mezzi di trasporto, condotta in un incidente ferroviario, autodifesa in quartieri pericolosi, emergenze in mare, campeggio in luoghi remoti e molto altro.

AUTORE: Alexander Stilwell è un’analista militare. E autore di Tecniche di sopravvivenza e The elite forces manual of mental & physical endurance e special forces today e collabora abitualmente con la rivista “International Defence Review”.

EDITORE: Stampato nel 2013 da Edizioni MediterraneeINFO: Brossura – 12 x 21 cm – 235 pagine con oltre 250 illustrazioni in b/nLINGUA: italianoPREZZO: 13,90 euroDISPONIBILE PRESSO: www.storiaemilitanza.com, www.ritteredizioni.com

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L’arma da fuoco maggiormente utilizzata nel dopoguerra, Terza edizione dell’ultimo (e migliore) manuale dell’Armata Rossa utilizzato per istruire i partigiani nei combattimenti contro le truppe tedesche, che, dopo la Seconda Guerra Mondiale, è stato utilizzato per preparare i guerriglieri del Terzo Mondo alle lotte di liberazione nazionale negli anni che vanno dal 1950 al 1970, e poi dai miliziani che combatterono gli USA e le forze di coalizione in Iraq. Accompagnato da chiarissimi disegni, il manuale presenta e mostra tutte le tattiche di guerriglia Sovietiche e della contro-guerriglia tedesca, demolizioni, armi di entrambi gli schieramenti, perlustrazioni, mimetizzazioni, sistemi di guerra anticarro e di difesa antiaerea.

AUTORE: Lester Grau è un ufficiale in pensione dell’esercito americano, ha partecipato alla guerra del Vietnam dove è stato ferito: qui ha sviluppato il suo interesse per le tattiche della guerriglia. Michael Gress è cresciuto nelle terre selvagge della siberia, suo padre combatté con i partigiani contro le truppe tedesche. Sono ambedue autori del libro The Soviet-Afghan War: How a Superpower Fought Lost.

EDITORE: Stampato nel 2011 da CasemateINFO: Brossura – 15 x 23 cm – 234 pagine con 138 illustrazioni in b/nLINGUA: inglesePREZZO: 24,00 euroDISPONIBILE PRESSO: www.storiaemilitanza.com, www.ritteredizioni.com

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SMD-G-024 GLOSSARIO DEI TERMINI E DELLE DEFINIZIONI MILITARI parte 1

Nell’articolato processo evolutivo dello Strumento Militare nazionale, le attività di sviluppo, aggiornamento, divulgazione ed impiego della Terminologia Militare rappresentano uno degli strumenti essenziali per

concorrere al raggiungimento di un’effettiva integrazione interforze, in ambito sia nazionale sia internazionale. Disporre di una solida e condivisa base di termini e definizioni permette di evitare incomprensioni nell’uso necessario del linguaggio stesso. Dunque, l’integrazione interforze passa anche per un’idonea, chiara, condivisa e disponibile terminologia che, nell’insieme di tutte le altre attività volte a tale obiettivo, risulta essere anch’essa un indispensabile prerequisito per conseguire l’interoperabilità delle Forze, in ambito nazionale, NATO, UE o, comunque, multinazionale. La terminologia è da ritenere parte integrante del veicolo principale con il quale si enunciano e si riaffermano i principi fondamentali che informano le azioni condotte dalle F.A. per il conseguimento degli Obiettivi (la Dottrina).

A MIO COMANDOAt my commandNel fuoco di appoggio di artiglieria terrestre enavale, ordine usato quando si desideracontrollare il tempo esatto della erogazione del fuoco. 1/11/75, NATO AAP-6A sCAgLIONEEchelonFormazione nella quale i diversi elementi di una unità sono posizionati gli uni dietro gli altri, e sono intervallati di una stessa distanza e nello stesso senso l’uno rispetto all’altro. 1/3/73, NATO AAP-6AbACO DI CONvERsIONEAbac scaleNormogramma per il calcolo dell’angolo di conversione da utilizzare per il riporto dei rilevamenti ortodromici sopra una carta in proiezione di Mercatore. 1/7/73, NATO AAP-6AbbORDAggIOTakedown

Salita a bordo di una nave di forze specificatamente addestrate per obbligare ilcapitano a sottostare ad una perquisizione daparte di una squadra di ispezione. 14/10/02.AbILITàCapacitiesOgni abilità, in termini di risorse, spazio e tempo, correlata alla definizione, generazione ed esecuzione di specifiche linee d’azioneproprie (Own Course of Action) in ordine all’assolvimento di missioni (intese come la sommatoria di compito e scopo) e specifiche attività militari, nel rispetto delle norme giuridiche nazionali ed internazionali. ITA (PID/S-03 Vol. I, Ed. 2007)AbRAsIONE AbrasionIn fotografia, graffio o segno prodotto meccanicamente sulla fotografia o sulla pellicola. 1/1/73, NATO AAP-6ACCECAMENTO DA LAMPO

Flash blindnessMenomazione della capacità visiva causata daun intenso bagliore. Comprende la perditatemporanea o permanente delle funzioni visive e può essere accompagnato da ustioni della retina. 1/11/83, NATO AAP-6ACCENDITORE IgniterDispositivo che produce una fiamma o una scintilla per avviare una catena esplosiva. 18/12/97, NATO AAP-6ACCENsIONE FiringAttivazione del sistema di accensione. 25/9/98, NATO AAP-6ACCENsIONI DI PROvA PER LA PRONTEzzA AL vOLO (PROvE A PUNTO FIssO) Flight readiness firingProve di breve durata relative ad un sistema dirazzi, effettuate con l’apparecchio di propulsione in funzione,

mentre il razzo rimanefisso sulla rampa di lancio. Tali prove vengonoeffettuate per accertare lo stato di messa a punto del sistema e degli impianti di lancio, prima delle prove di volo. 1/3/73, NATO AAPACCLIMATAzIONEALLA qUOTA Altitude acclimatizationLento adattamento fisiologico, risultante dauna esposizione prolungata ad una pressione atmosferica sensibilmente ridotta. 1/2/73, NATO AAP-6ACCOMPAgNAMENTO AccompanimentNell’ambito della attività di NCAGS, attraversata coordinata di una zonaspecifica ad elevato rischio da parte di una o più navi mercantili accompagnata da mezzi militari. L’accompagnamento è ilrisultato di una concertazione e implica una protezione diretta con mezzi militari. 2/3/07, NATO AAP-6

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