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PRIMA SETTIMANA DI AVVENTO Perché pregare ogni giorno? E perché pregare par- tendo da un brano del vangelo? Il vangelo è la memoria viva di come Dio ci vuole be- ne; memoria custodita e trasmessa da coloro che di questo amore si sono fidati e al quale si sono affidati. L’esercizio quotidiano della preghiera vuole creare in noi, nel nostro cuore, lo spazio perché Dio stesso possa entrarvi; proprio come è successo a Maria. L’immagine la ritrae seduta, in attesa; sembra impos- sibile che nel nostro quotidiano noi possiamo trovare dei tempi così. Proprio a questo serve la preghiera: a fermare le nostre mani, i nostri pensieri, i nostri af- fanni per renderci disponibili ad essere visitati da Dio. Magari all’inizio si fa un po’ di fatica; ma quando di- viene un’abitudine quotidiana, la preghiera diventa il momento irrinunciabile in cui incontro lo sguardo di Dio sulla mia vita come lo sguardo di chi mi ama e vuole il meglio per me. Proviamo a lasciarci guardare da Dio. COME USARE QUESTO SUSSIDIO? - Non è ingombrante, lo puoi piegare, tenere in tasca, nel portafoglio… ti deve accompagnare nelle tue occupazioni quotidiane. - Se ne hai la possibilità, cura le condizioni della tua pre- ghiera: un luogo dove non ci siano troppe distrazioni, magari silenzioso. - Puoi iniziare con il segno di croce; poi leggere lenta- mente il brano del vangelo ()e la spiegazione (); poi rileggi di nuovo il brano del vangelo, fermandoti sulla fra- se o sull’espressione che ti colpisce di più: è quello che il Signore sta dicendo proprio a te (magari lungo la giornata prova a ripeterla). - Puoi concludere esprimendo un tuo desiderio al Signo- re, una tua invocazione, oppure leggendo la preghiera ri- portata alla fine di ogni giorno(). Domenica 16 novembre La parola di questo giorno è proclamata dalla Chiesa nel contesto della celebrazione (la Messa); ed è lì che la ascol- tiamo, la facciamo entrare nel nostro cuore e scegliamo di non separarcene (la comunione). Per la preghiera personale ne proponiamo una che appar- tiene alla tradizione della fede della chiesa: uomini e donne che hanno espresso la propria fiducia in Dio in modo perso- nalissimo. Mi sento sicuro fra le tue braccia Mio Signore e mio salvatore, mi sento sicuro fra le tue braccia. Se tu mi custodisci, non ho nulla da temere; se mi abbandoni, non ho più nulla da sperare. Non so cosa mi capiterà fino a quando morirò. Non so niente del futuro, ma faccio affidamento su di te. Ti prego di darmi ciò che è bene per me; ti prego di togliermi tutto ciò che può porre in pericolo la mia salvezza. Non ti prego di farmi ricco, non ti prego di farmi molto povero, ma mi rimetto a te, interamente, perché tu sai ciò di cui ho bisogno e che io stesso non so. Se tu imponi dispiaceri o sofferenze, concedimi la grazia di sopportarli, preservami dall’egoismo e dall’impazienza. Se mi doni salute, forza e successo in questo mondo, fa’ che sia sempre vigilante affinché questi doni insidiosi non mi trascinino lontano da te. Tu che sei morto per me sulla croce, anche per me, colpevole come sono: concedimi di conoscerti, di credere in te, di amarti, di servirti; di lavorare sempre perché aumenti la tua gloria; di vivere per te e con te; di dare il buon esempio a tutti quelli che mi stanno intorno; donami di morire nel momento e nel modo che saranno più a tua gloria, e i migliori per la mia salvezza. JOHN HENRY NEWMAN (Londra 1801 - Birmingham 1890; teologo anglicano, passato poi al cattolicesimo ed eletto cardinale; beatificato da Benedetto XVI nel 2010)

tiamo, la facciamo entrare nel nostro cuore e scegliamo di ... settimana.pdf · - Puoi iniziare con il segno di croce; ... oppure leggendo la preghiera ri-portata alla fine di ogni

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PRIMA SETTIMANA

DI AVVENTO

Perché pregare ogni giorno? E perché pregare par-

tendo da un brano del vangelo?

Il vangelo è la memoria viva di come Dio ci vuole be-

ne; memoria custodita e trasmessa da coloro che di

questo amore si sono fidati e al quale si sono affidati.

L’esercizio quotidiano della preghiera vuole creare in

noi, nel nostro cuore, lo spazio perché Dio stesso

possa entrarvi; proprio come è successo a Maria.

L’immagine la ritrae seduta, in attesa; sembra impos-

sibile che nel nostro quotidiano noi possiamo trovare

dei tempi così. Proprio a questo serve la preghiera: a

fermare le nostre mani, i nostri pensieri, i nostri af-

fanni per renderci disponibili ad essere visitati da

Dio.

Magari all’inizio si fa un po’ di fatica; ma quando di-

viene un’abitudine quotidiana, la preghiera diventa il

momento irrinunciabile in cui incontro lo sguardo di

Dio sulla mia vita come lo sguardo di chi mi ama e

vuole il meglio per me.

Proviamo a lasciarci guardare da Dio.

COME USARE QUESTO SUSSIDIO?

- Non è ingombrante, lo puoi piegare, tenere in tasca, nel portafoglio… ti deve accompagnare nelle tue occupazioni quotidiane.

- Se ne hai la possibilità, cura le condizioni della tua pre-ghiera: un luogo dove non ci siano troppe distrazioni, magari silenzioso.

- Puoi iniziare con il segno di croce; poi leggere lenta-

mente il brano del vangelo ()e la spiegazione (); poi rileggi di nuovo il brano del vangelo, fermandoti sulla fra-se o sull’espressione che ti colpisce di più: è quello che il Signore sta dicendo proprio a te (magari lungo la giornata prova a ripeterla).

- Puoi concludere esprimendo un tuo desiderio al Signo-re, una tua invocazione, oppure leggendo la preghiera ri-

portata alla fine di ogni giorno().

Domenica 16 novembre La parola di questo giorno è proclamata dalla Chiesa nel contesto della celebrazione (la Messa); ed è lì che la ascol-tiamo, la facciamo entrare nel nostro cuore e scegliamo di non separarcene (la comunione). Per la preghiera personale ne proponiamo una che appar-tiene alla tradizione della fede della chiesa: uomini e donne che hanno espresso la propria fiducia in Dio in modo perso-nalissimo.

Mi sento sicuro fra le tue braccia

Mio Signore e mio salvatore, mi sento sicuro fra le tue braccia. Se tu mi custodisci, non ho nulla da temere; se mi abbandoni, non ho più nulla da sperare.

Non so cosa mi capiterà fino a quando morirò. Non so niente del futuro, ma faccio affidamento su di te. Ti prego di darmi ciò che è bene per me; ti prego di togliermi tutto ciò che può porre in pericolo la mia salvezza. Non ti prego di farmi ricco, non ti prego di farmi molto povero, ma mi rimetto a te, interamente, perché tu sai ciò di cui ho bisogno e che io stesso non so.

Se tu imponi dispiaceri o sofferenze, concedimi la grazia di sopportarli, preservami dall’egoismo e dall’impazienza. Se mi doni salute, forza e successo in questo mondo, fa’ che sia sempre vigilante affinché questi doni insidiosi non mi trascinino lontano da te.

Tu che sei morto per me sulla croce, anche per me, colpevole come sono: concedimi di conoscerti, di credere in te, di amarti, di servirti; di lavorare sempre perché aumenti la tua gloria; di vivere per te e con te; di dare il buon esempio a tutti quelli che mi stanno intorno; donami di morire nel momento e nel modo che saranno più a tua gloria, e i migliori per la mia salvezza.

JOHN HENRY NEWMAN

(Londra 1801 - Birmingham 1890; teologo anglicano, passato poi

al cattolicesimo ed eletto cardinale; beatificato da Benedetto XVI nel 2010)

Lunedì 17 novembre

Mt 4, 18Mentre camminava lungo il mare di Galilea,

vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori.

19E disse loro: “Venite dietro a me, vi farò

pescatori di uomini”. 20

Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono.

21Andando oltre, vide altri due fratelli,

Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, ripara-vano le loro reti, e li chiamò.

22Ed essi subito lasciarono

la barca e il loro padre e lo seguirono. 23

Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel po-polo.

24La sua fama si diffuse per tutta la Siria e condu-

cevano a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guarì.

25Grandi folle cominciarono a seguirlo dalla Gali-

lea, dalla Decàpoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano.

Il cammino di Avvento si apre con una chiamata: Gesù chiama ciascuno di noi, ognuno nella propria singolarità (Simone era nome di origine ebraica, Andrea di origine greca); le diversità sono abbattute dall’unica iniziativa di Gesù: “Seguitemi” (alla lette-ra: venite dietro a me). Se vogliamo giungere al na-tale, se vogliamo che natale sia la sua presenza pres-so la nostra vita, allora il cammino dobbiamo farlo dietro di lui. Non è vero che noi sappiamo già cosa sia l’avvento, cosa sia il natale; lo sapremo veramen-te se ci disporremo a percorrere questo cammino da discepoli, appunto “dietro a lui”. Per imparare a riconoscere i segni della sua presen-za: l’annuncio della buona notizia della vicinanza di Dio e la cura per le ferite (tutte le ferite) dell’uomo. Affinché anche noi adesso siamo abilitati a ricono-scere i segni che ci mostrano la presenza del Regno di Dio in questo mondo.

Signore, donami la grazia

di rimettermi in cammino.

Riscuotimi dalla pigrizia e dalla supponenza di chi pensa di sapere già tutto di te e del tuo disegno di grazia.

Ridonami l’entusiasmo di percorrere dei passi insieme a coloro che non ho scelto io ma che tu mi hai messo accanto.

Fammi rimanere tuo discepolo!

Martedì 18 novembre

Mt 7, 21”Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”,

entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.

22In quel giorno molti mi

diranno: “Signore, Signore, non abbiamo forse profeta-to nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?”.

23Ma allora io dichiarerò lo-

ro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l'iniquità!”.

24Perciò chiunque ascolta que-

ste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. 25

Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia.

26Chiunque a-

scolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia.

27Cadde la pioggia, strariparono i fiumi,

soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande”. 28

Quando Gesù ebbe terminato questi discorsi, le folle erano stupite del suo insegnamento:

29egli infatti inse-

gnava loro come uno che ha autorità, e non come i lo-ro scribi.

Tutti noi dobbiamo costruire una casa, la casa della nostra vita. E sappiamo quanta fatica costa, quante variabili entrano in gioco: le relazione con le persone, i legami più cari, la dedizione a ciò che ci sta a cuore, gli impegni, i sogni, i desideri… E Dio non disprezza la nostra fatica, la nostra tena-cia e resistenza, nemmeno le nostre sconfitte. Ci in-dica però una base d’appoggio solida che, tra l’altro, non dobbiamo costruirci noi, ci viene donata; a noi la possibilità di sceglierla oppure cercare le scorcia-toie. Credere in lui non significa anzitutto far fatica e co-struire, ma accogliere le fondamenta che ci offre; in questa fiducia “di base” poi potremo usare tutta la nostra fantasia, intelligenza, dedizione per edificare la “nostra” casa.

Beato l’uomo che teme il Signore e trova grande gioia nei suoi comandamenti. Potente sulla terra sarà la sua stirpe, la discendenza dei giusti sarà benedetta. Onore e ricchezza nella sua casa, la sua giustizia rimane per sempre. Spunta nelle tenebre come luce per i giusti, buono, misericordioso e giusto. Felice l’uomo pietoso che dá in prestito, amministra i suoi beni con giustizia. Egli non vacillerà in eterno: Il giusto sarà sempre ricordato. [Sal 112]

Mercoledì 19 novembre

Mt 9, 9Andando via di là, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: “Seguimi”. Ed egli si alzò e lo seguì. 10Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. 11Vedendo ciò, i fari-sei dicevano ai suoi discepoli: “Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccato-ri?”. 12Udito questo, disse: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. 13Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici . Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori”. Per Matteo e per i suoi amici quello fu un gior-no di festa; non solo perché stettero a tavola in-sieme con Gesù e quindi si sentirono “accolti” da lui. Ma perché quell’uomo, quel giorno, li strappò alla rassegnazione di chi si sente pubblicamente escluso dallo sguardo di Dio. E cambiare vita ave-va finalmente un senso: glielo aveva donato quel-lo sguardo di Gesù. E, in più, quel giorno Matteo si sentì liberato dal giudizio della gente. Nella parola di Gesù aveva ritrovato tutto l’interesse di Dio per lui e dunque non gli importava più dei commenti degli altri: era finalmente libero di cambiare vita e affrontare un futuro nei confronti del quale - gli avevano in-segnato - per lui non ci sarebbero state possibili-tà. Anche noi vogliamo imparare a riconoscere que-sto sguardo di Dio e comprendere finalmente co-sa significhi “Non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori”.

Era un giorno come tanti altri, e quel giorno lui passò; era un uomo come tutti gli altri, e passando mi chiamò.

Come lo sapesse che il mio nome era proprio quello, come mai volesse proprio me nella sua vita, non lo so.

Era un giorno come tanti altri, e quel giorno mi chiamò.

Tu, Dio, che conosci il nome mio fa’ che ascoltando la tua voce io ricordi dove porta la mia strada nella vita: all’incontro con te. [Pierangelo Sequeri]

Giovedì 20 novembre

Mt 9, 16”Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo strappo diventa peggiore. 17Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l'uno e gli altri si conservano”

Il vangelo può essere anche per noi davvero una novità a patto che non lo “incaselliamo” tra le cose già note (quindi vecchie). Talvolta ci viene un po’ questa tentazione di voler avere tutto: tutto quello che abbiamo accumulato (beni, certezze, relazioni, affetti…) e poi anche la grazia del vangelo, quasi pensando che sia un al-tro bene da aggiungere. Il vangelo non si aggiunge alle scelte, ai beni della nostra vita; il vangelo ci chiede di rimetterli in gioco tutti. E non perché bisogna stabilire alternative (o il vangelo o le cose a cui tengo nella vita; o Dio o i miei affetti); Dio non ci chiede alternative. Dio ci chiede di riconoscere che ha valore di bene nella mia vita solo ciò che rimane per sempre e che non va mai perduto. Impossibile presso gli uomini? Sì, ma non presso Dio. Solo se mettiamo nelle sue mani ogni cosa (beni, certezze, affetti, relazioni…) potremo tro-varlo salvato. “Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi la perderà per causa mia (ovvero: la affiderà alla mia causa) la salverà”. Questo è il vino nuovo del Vangelo. Ci conceda il Signore un cuore nuovo capace di accogliere questa novità.

Prendi e ricevi, Signore,

tutta la mia libertà, la mia memoria, la mia intelligenza e tutta la mia volontà.

Tutto quel che ho e possiedo, me l’hai donato tu: a te, Signore, io lo rendo.

Tutto è tuo, tu puoi disporne secondo la tua piena volontà.

Accordami il tuo amore e la tua grazia, sono abbastanza, per me.

[Ignazio di Loyola]

Venerdì 21 novembre

Mt 9, 35Gesù andava attorno per tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predican-do il vangelo del regno e curando ogni malattia e infermità. 36Vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore. 37Allora disse ai suoi discepoli: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi! 38Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!”.

Perché inviare dei discepoli? Tra l’altro dei di-scepoli non proprio brillanti quanto a compren-sione delle parole del Maestro… Non bastava quello che diceva Gesù alle folle? Non erano abba-stanza chiare le sue parole, i suoi esempi, i segni che compiva? No, non bastava. Ma lo sappiamo anche noi: è molto diverso ascoltare qualcosa detto da un pul-pito (magari anche una cosa molto bella e convin-cente) e sentirsela dire da una persona diretta-mente, come una parola rivolta proprio a noi. Ecco, per questo Gesù invia i discepoli e ci chiede di pregare perché sempre ci siano discepoli di-sposti a rendere testimonianza di lui. E fa niente se i discepoli non capiscono proprio tutto, non sono magari coerenti con la parola che testimo-niano: non sono loro i padroni della messe, è un altro. Questa consapevolezza li libera dalla paura di non essere all’altezza e anche da (tutt’altro che) even-tuali manie di protagonismo!

Mi fu rivolta questa parola del Signore:

“Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni”. Risposi: “Ahimè, Signore Dio, ecco io non so parlare, perché sono giovane”. Ma il Signore mi disse: “Non dire: Sono giovane, ma và da coloro a cui ti manderò e annunzia ciò che io ti ordinerò. Non temerli, perché io sono con te per proteggerti”. Oracolo del Signore. Il Signore stese la mano, mi toccò la bocca e il Signore mi disse: “Ecco, ti metto le mie parole sulla bocca”. [Ger 1]

Sabato 22 novembre

Mt 10, 1Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guari-re ogni malattia e ogni infermità. 2I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello; 3Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Gia-como, figlio di Alfeo, e Taddeo; 4Simone il Cananeo e Giuda l'Iscariota, colui che poi lo tradì. 5Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando lo-ro: “Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; 6rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele”.

La necessità che il padrone della messe mandi operai, diventa ora la scelta di Gesù; con una se-quenza ben precisa: anzitutto sapere in cosa con-siste la missione (ovvero ripetere i medesimi ge-sti di Gesù: l’annuncio del Regno come liberazione dal male); poi la rassegna degli eletti; infine il “campo operativo”. Ci soffermiamo su due parti-colari. Il primo è la “qualità” del potere che Gesù conferi-sce: non un potere qualsiasi e non qualsiasi pote-re, ma il potere di fare il bene, di opporsi al male. Perché da questo anche oggi noi riconosciamo chi sono i “suoi”: quelli che fanno il bene (esattamen-te come lui, del quale negli Atti si dice che “passò facendo del bene”). Secondo: la limitazione alle “pecore perdute della casa di Israele”. La missione ai pagani avverrà in un secondo momento. Israele è depositario delle promesse, conosce la Legge e i Profeti, è abilitato a riconoscere il Messia atteso. È l’Israele perduto al quale Dio da sempre si rivolge come primizia di tutti i popoli. Prima Israele, poi i pagani. Anche san Paolo, nei suoi viaggi missionari, si atterrà a questa regola.

O Dio di misericordia,

che vuoi tutti gli uomini salvi, innalziamo a te la nostra preghiera: manda operai nella tua messe che, animati dallo Spirito santo, sappiano portare nel mondo intero i doni della tua grazia. Te lo chiediamo per Cristo, nostro Signore

[Liturgia ambrosiana]