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1 Anno Accademico 2009/2010 POLITECNICO DI MILANO TESI DI LAUREA Ingegneria biomedica Modello biomeccanico dell’arto superiore per riabilitazione robotica assistita RELATORE: Ing. Alessandra Pedrocchi CORRELATORI: Ing. Matteo Malosio, Ing. Simona Ferrante Autore: Alessandro Scano 735027

TESI DI LAUREA Ingegneria biomedica · 2013-03-05 · 1 Anno Accademico 2009/2010 POLITECNICO DI MILANO TESI DI LAUREA Ingegneria biomedica Modello iomeanio dell’arto superiore

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Anno Accademico 2009/2010

POLITECNICO DI MILANO

TESI DI LAUREA Ingegneria biomedica

Modello biomeccanico dell’arto superiore per riabilitazione

robotica assistita

RELATORE: Ing. Alessandra Pedrocchi

CORRELATORI: Ing. Matteo Malosio, Ing. Simona Ferrante

Autore:

Alessandro Scano 735027

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INDICE

1 – Sommario 4

1.1 – Abstract 8

2 – Stato dell’arte 12

2.1 – Riabilitazione robotica 12

2.2 – Modelli muscolo scheletrici dell’arto superiore 17

3 – Obiettivi della tesi 20

4 – Piattaforma riabilitativa 22

5 – Modello biomeccanico 26

5.1 – Modello cinematico 26

5.1.1 – Scelte progettuali 26

5.1.2 – Descrizione della convenzione di Denavit – Hartenberg 29

5.1.3 – Cinematica diretta 33

5.1.4 – Vincoli cinematici dei giunti 33

5.1.5 – Cinematica inversa 36

5.1.6 – Determinazione dei valori ai giunti 40

5.2 – Controllo del robot 45

5.3 – Compensazione gravità 46

5.4 – Modello muscolare 50

5.4.1 - Scopo della modellazione muscolare 50

5.4.2 – Generalità 50

5.4.3 – Modellazione dei muscoli 53

5.4.3.1 – Muscoli “planari” 55

5.4.3.2 – Muscoli della spalla 57

5.4.4 – Azioni scambiate all’end effector 58

5.4.5 – Analisi cinetostatica e matrice Jm 59

5.4.6 – Modellazione giunto bidimensionale: gomito 61

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5.4.7 – Modellazione giunto sferico: spalla 62

5.4.8 – Matrice di attivazione muscolare 63

5.4.9 – Modello matematico muscolare 65

5.5 – Potenza espressa ai giunti 66

6 – Validazione modello 67

6.1 – Protocollo di acquisizione 67

6.2 – Compensazione gravità: previsioni modello 69

6.3 – Parametri meccanici: previsioni modello 73

7 – Conclusioni 88

8 - Bibliografia 90

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1 - SOMMARIO

Stato dell’arte: riabilitazione robotica e modelli meccanici di arto superiore

La riabilitazione robotica per pazienti che soffrono di deficit neurologici è una strategia di

trattamento che si rivela efficace per il ripristino almeno parziale delle funzioni perdute. Si

distinguono due approcci riabilitativi fondamentali: end effector-based, in cui il paziente impugna

la parte terminale del robot, che lo assiste nel movimento, e tramite esoscheletro. L’approccio

riabilitativo robotico consente numerosi vantaggi: ripetibilità del gesto, maggiore autonomia

durante l’esecuzione dei task, possibilità di studiare e validare nuovi protocolli basati su differenti

leggi di moto, introduzione di diverse strategie da adottare per garantire un recupero più efficace.

Numerosi studi in letteratura riportano la definizione di modelli meccanici dell’arto superiore. Si

evidenziano differenti strutture cinematiche, basate sulla modellazione di braccio e avambraccio

mediante due o più segmenti anatomici, caratterizzati dai relativi parametri meccanici (massa,

momento d’inerzia) e geometrici; i gradi di libertà associati al braccio sono sette ma a seconda

dello studio ne vengono modellati più o meno. I muscoli sono modellati come elementi elastici per

lo scambio di forze, che vengono calcolate a partire da una legge di moto imposta al sistema,

tramite la risoluzione del problema dinamico inverso.

Definizione progetto di tesi e obiettivi

Il presente lavoro di tesi si inserisce nell’ambito di un’attività di ricerca promossa dal NearLab del

Dipartimento di Bioingegneria del Politecnico di Milano, e dall’Istituto di tecnologie industriali e

automazione (ITIA) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di Milano avente come scopo la

riabilitazione motoria assistita da robot di pazienti affetti da patologie o deficit di origine

neurologica. La piattaforma riabilitativa si basa sull’azione del robot Mitsubishi Pa-10 che assiste il

movimento del paziente, vincolato al robot stesso per mezzo di un’ortesi che impedisce i

movimenti del polso. Le soluzioni end effector based soffrono dell’impossibilità di garantire un

controllo, una previsione e un monitoraggio del comportamento cinematico e meccanico del

braccio del paziente. Una piattaforma end effector based è infatti in grado di agire solo sul

controllo del robot, cui il paziente è vincolato per mezzo dell’end effector. Inoltre, le peculiarità

cinematiche e dinamiche del sistema end effector – ortesi – paziente tipico di questa piattaforma

riabilitativa necessitano di uno strumento che sia in grado di valutare accuratamente i parametri

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cinematici e dinamici relativi al braccio del paziente. L’integrazione di queste informazioni

all’interno del controllore del robot dovrà consentire quindi di adeguare la cinematica del

movimento a quella del braccio del paziente, di sostenere l’arto superiore contro la gravità, a

fornire stime di parametri d’interesse per garantire task motori efficaci o che ottimizzino un

determinato criterio riabilitativo. Tutte queste necessità hanno condotto allo sviluppo di un

modello meccanico neuromuscolare che consenta di simulare il comportamento dell’arto

superiore umano, e che possa essere integrato nel controllore del robot.

Gli obiettivi del lavoro sono quindi la definizione, l’implementazione e la validazione di un modello

neuromuscolare dell’arto superiore in grado di essere integrato nel controllore real-time di una

piattaforma robotica per riabilitazione.

L’integrazione del nel controllore avverrà in fase successiva al lavoro di tesi; allo stato attuale il

modello è in grado di eseguire un’analisi offline sulla base di traiettorie preimpostate o acquisite

tramite sistema ottico a marker passivi.

Modello Biomeccanico

E’ stata inizialmente definita una catena cinematica seriale rappresentativa dell’arto superiore,

costituita secondo le convenzioni di Denavit-Hartenberg: due aste che rappresentano braccio e

avambraccio sono movimentate da 5 giunti, la cui composizione simula i gradi di libertà associati

alla spalla (abduzione/adduzione, flesso estensione del braccio, rotazione interna ed esterna) e al

gomito (flesso estensione dell’avambraccio e prono supinazione). Il polso corrisponde all’estremità

distale dell’avambraccio, e rappresenta l’end effector dell’arto superiore.

L’arto superiore così modellato si adatta ai parametri antropometrici del paziente da riabilitare,

secondo tabelle antropometriche. Sono stati fissati dei limiti per il valore degli angoli ai giunti, e

sono descritti i calcoli per la computazione della cinematica del sistema, diretta e inversa.

Si è inoltre osservato che l’adozione di un modello a cinque gradi di libertà comporta dei limiti

nell’esplorazione del workspace. Non è possibile garantire per mezzo del controllo di 5 variabili -

pari al numero dei giunti - un orientamento e una posizione dell’end effector (6 variabili in totale)

del modello, assegnate come dato alla cinematica inversa. Si è scelto di privilegiare la posizione del

polso ideando un algoritmo che valuti l’orientamento dell’end effector, e lo renda compatibile con

la struttura della catena cinematica. Si è osservato che tale correzione è sempre rappresentata da

una rotazione attorno all’asse ortogonale a braccio e avambraccio.

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Una volta integrato nel controllore del robot, il modello terrà traccia di tale asse impedendo che

vengano imposte coppie attorno ad esso. Tale movimentazione sarebbe infatti lesiva dell’integrità

del braccio del paziente, a meno di ammettere la traslazione della spalla, non prevista dal modello.

Nell’ipotesi che il paziente non sia in grado di vincere autonomamente la forze di gravità, per ogni

configurazione dell’arto superiore il modello è in grado di calcolare l’entità delle forze e coppie che

è necessario imporre attraverso il robot per sostenere il braccio. Il punto di applicazione di tali

reazioni è il baricentro dell’ortesi. E’ stata quindi analizzata una struttura biomeccanica che tiene

conto della labilità del gomito, e dei vincoli imposti dal sistema, tra cui la direzione di applicazione

della coppia di sostegno: essa non può avere componenti né attorno all’asse critico per le

considerazioni cinematiche fatte prima, né attorno all’asse di prono supinazione dell’avambraccio.

Il controllore del robot potrà fornire in real time i valori necessari al sostegno del braccio,

consentendo al paziente di concentrare il proprio sforzo solo sull’esecuzione del task riabilitativo.

Gli attuatori che movimentano il sistema sono i muscoli, elementi elastici monodimensionali in

grado di scambiare forze lungo la direzione identificata dalle loro inserzioni ricavate da database.

Alcune inserzioni sono state rimappate per tenere conto della geometria delle articolazioni, per

mezzo di una puleggia applicata sul centro dell’articolazione, che ruotando trascina l’inserzione del

muscolo. I muscoli inseriti nel sistema sono: bicipite, tricipite, brachioradiale, pronatore, gran

dorsale, pettorale, trapezio, deltoide anteriore e deltoide posteriore.

Sono stati definiti parametri quali lunghezza e velocità di accorciamento di ciascun muscolo, e

sono stati modellati differentemente i giunti al gomito e alla spalla. I due giunti del gomito sono

movimentati da due attuatori ciascuno, e le rotazioni avvengono attorno ad un solo asse.

Geometricamente agiscono pertanto su un unico piano, in serie l’uno all’altro. La spalla invece è

un’articolazione che costituisce un giunto sferico a meccanica ridondante parallela. Per entrambe

le tipologie di articolazione si sono definiti operatori matematici in grado di descrivere il legame

tra grandezze cinematiche e dinamiche.

Vista la natura del deficit del paziente, è d’interesse la stima delle forze attuate dai muscoli dovute

ad azione volontaria. Tale stima avviene per mezzo della relazione cinetostatica, che consente di

legare le forze agenti all’end effector alle coppie su giunti. Le forze volontarie scambiate all’end

effector possono essere stimate per differenza: un sensore di forza misura la somma di tutte le

azioni scambiate, a cui vengono sottratte le stime fatte dal modello delle forze d’inerzia e delle

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forze dovute al sostegno gravitario. Il restante contributo è appunto dovuto alle forze volontarie

generate dal paziente.

E’ stato quindi individuato un operatore matriciale (Jm) capace di stabilire il legame tra le coppie ai

giunti e le forze sui muscoli. Tale operatore necessita però di essere “pesato” da matrice di

attivazione muscolare, che rende conto di quali muscoli stiano lavorando in quel momento.

Il modello implementa anche un modello muscolare, sulla base di relazioni forza-lunghezza e

forza-velocità dei muscoli. Si estraggono quindi i valori di forza attiva, forza passiva e una stima del

segnale di attivazione neurale normalizzato tra 0 e 1, indicativo del “grado di attivazione” del

muscolo.

Il modello consente inoltre di estrarre parametri quali la potenza e il lavoro espressi ai giunti o dai

muscoli.

Validazione del modello

La procedura sperimentale di validazione del modello è divisa in tre parti. Le stime di sostegno

gravitario fatte dal modello sono confrontate con i valori ottenuti, per la medesima

configurazione, dai sensori di forza.

La validazione dei risultati di forza muscolare è valutata su quattro muscoli: bicipite, tricipite,

deltoide posteriore e deltoide anteriore, sui quali è stato rilevato il segnale elettromiografico,

confrontandolo con le predizioni del modello.

Si è infine proposto un confronto dei valori di forza attiva e passiva individuati sul muscolo

deltoide anteriore a seguito della variazione della legge di moto.

Conclusioni

Le prime prove sperimentali hanno avuto esiti soddisfacenti; si intende ora implementare il

modello all’interno del controllore del robot e testarne il funzionamento in real time. Il processo di

validazione può essere più accurato mediante l’esecuzione di prove sperimentali su soggetti

neurologici. I miglioramenti che possono essere apportati riguardano la modellazione delle

cocontrazioni muscolari e l’inserimento di ulteriori muscoli.

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1.1 – ABSTRACT

State of art: robotic rehabilitation and upper limb biomechanical models

Robotic rehabilitation for neurological subjects is an effective strategy for an at least partial

recovery of the lost functions. There are two main rehabilitative approaches: the first one, which is

called end effector-based, consists in the patient handling the end effector of the robot, that

assists the motor task. The second approach uses esoskeletons instead. Robotic rehabilitation

features many cons: repetibility, autonomy during task execution, chance of studying and

validating new protocols based on new motion laws, introduction of different strategies to grant

faster and better recovery.

Many studies in literature define biomechanical models of the upper limb. Each study features a

different kinematic structure, based on different models of arm and forearm by two or more

anathomical segments, with their mechanical (mass, moment of inertia) and geometrical

parameters; there are seven degrees of freedom associated to the arm, but depending on the

study a different number is modelled. Muscles are modelled as elastic elements for forces

exchange; the forces are computed by solving the inverse dynamic problem.

Thesis definition and objectives

This thesis is part of a project promoted by NearLab del Dipartimento di Bioingegneria del

Politecnico di Milano, and by Istituto di tecnologie industriali e automazione (ITIA) of Consiglio

Nazionale delle Ricerche in Milan. The purpose of the project is robot motor-assisted reabilitation

of patients affected by neurological deseases. The rehabilitative platform involves robot

Mitsubishi Pa-10, that assists patient’s movement. The patient is constrained to the robot, via an

orthesis that prevents the wrist from moving. End effector based solutions lack the capability of

granting full control, prevision, and monitorage of patient’s upper limb kinematical and

mechanical behaviour. An end effector platform can control only the robot, to which the patient is

constrained. Additionally, kinematical and dynamical particuliarities of the system end effector –

orthesis – patiens typical of this platform require a tool that can accurately evaluate patient’s arm

kinematical and dynamical parameters. The integration of these informations into robot controller

will allow to adapt movement kinamatic to patient’s upper limb, to substain the upper limb

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against gravity, and provide estimation of mechanical parameters to guarantee useful motor tasks

or optimizing a specific criterium. All those needs lead to the development of a mechanical

neuromuscular model that simulates human upper limb behaviour, and that could be integrated

into the robot controller.

The objectives of the work are the definition, implementation and validation of an upper limb

neuromuscolar model to be integrated into the real time controller of a robotic platform for

rehabilitation.

The model will be integrated into the controller after the thesis phase; at the present time, the

model can execute offline analysis based on preset trajectories or acquired via passive marker

optical system.

Biomechanic model

At first, a serial kinematic chain representing the upper limb was built according to Denavit-

Hartenberg conventions: two links standing for arm and forearm are moved by five joints, whose

composition allows to simulate shoulder and elbow degrees of freedom (abduction/adduction,

flexo-estension and internal/external rotation of the arm, amd flexo-estension and

pronosupination of the forearm). The wrist is located at the distal extremity of the forearm, and is

the end effector of the upper limb.

The upper limb adapts to patient’s antropometrical parameters according to antropometrical

tables. Every joint has a determined range of motion and computations for direct and inverse

kinematics are described. A model with 5 degrees of freedom implies limits in exploration of the

workspace. It’s impossible to guarantee an orientation and a position for the end effector (6

variables) by moving only five joints. The choice is to preserve wrist position and to conceive an

algorithm that evaluates the end effector orientation making it consistent with the kinematic

chain structure. The correction is always represented by a rotation around the axe orthogonal to

arm and forearm.

Once integrated into the robot controller, the model will keep track of that axe preventing the

robot from imposing torques around it. That movimentation would be damaging to patient’s arm

integrity, if the shoulder can’t move.

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With the hipothesys that the patient can’t substain his upper limb against gravity, for each

configuration the model computes forces and torques recquired to substain the arm. Those action

are applied in orthesis barycentre. A mechanical structure has so been analysed, and it takes into

account the elbow lability, and system constrains, like substain torque application axe: it must not

have components along the “critical” kinematical axe (explained above), nor along forearm

pronosupination axe. Real-time robot controller will provide necessary forces and torques to

substain the arm, so that the patient can concentrate only on task execution.

The actuators that move the system are the muscles, modelled as monodimensional elastic

elemnts that can exchange force along the direction identified by their inserctions (from

database). Some inserctions have been re-mapped to take into account the articulation geometry,

by introducing a pulley applied to the centre of the articulation, that while rotating, drags the

inserction. Modelled muscles are: biceps, triceps, brachioradialis, pronator, latissimus dorsi,

pectoralis maior, trapezius, antherior delthoid and posterior dethoid.

Parameters like muscle length and shortening velocity were defined, and shoulder and elbow

joints were dirrently modelled. Two wlbow joints are moved by two muscles each, and their

rotations are around one single axe. Geometrically they act on a single plane. The shoulder instead

is a spherical joint having redundant parallel mechanics. For both articulations mathemical

operators describing links among kinematical and dynamics parameters have been defined.

Concerning patients’ deficit, it’s interesting to evaluate muscle forces coming from voluntary

contraction. That estimation is thanks to kinetostatic relation, that links ened effector forces and

torques to joint torques. Voluntary forces acting at end effector level can be estimated by

difference: a force sensor measures the sum of all acting forces, to whom are subtracted model

estimation about inertial forces and forces to substain against gravity. The rest is due to voluntary

muscle activation.

Matricial operator Jm was defined; it links joint torques to muscle forces. That operator needs to

be “weighted” by a muscolar activation matrix, that brings information about which muscles are

really working.

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The model implements also a muscolar model, based on force-length, and force velocity relations.

Active and passive muscle forces are computed togheter with an estimaton of the neural

activation signal, normalized between 0 and 1.

The model allows to compute mechanical parameters such as joint or muscles power and work.

Model validation

The experimental procedure of validation is divided into three parts. Estimation of substain forces

against gravity made by the model is related to obtained values, for the same configuration, on

force sensors.

Validation of muscle forces is evaluated over four muscles: biceps, triceps, antherior deltoid and

posterior delthoid, on whom the emg signal was recorded and compared with model predictions.

At last, a comparison between active and passive force and antherior delthoid muscle has been

proposed, considering three different motion laws.

Conclusions

First experimental evidences had satisfiying outcomes; now the model has to be implemented into

robot controlled to test its real-time work. The validation process should be improved by testing

the model on neurological subjects. Improvements can be implemented by modelling muscle

cocontraction and by increasing the number of muscles into the model.

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2 - STATO DELL’ARTE

2.1 - RIABILITAZIONE ROBOTICA

L’utilizzo di dispositivi robotici costituisce una tecnica di rilevante e crescente importanza in

ambito riabilitativo. Infatti, il numero di pubblicazioni scientifiche citate da un recente studio

(Crespo e Reikensmeyer, 2009) che si occupa di determinare lo stato dell’arte di tale settore è

cresciuto in maniera rilevante negli ultimi venti anni come mostrato dal grafico in figura 1.

Figura 1: numero di articoli inerenti la riabilitazione dell’arto superiore tramite dispositivi robotici

in funzione dell’anno di pubblicazione (Crespo e Reikensmeyer, 2009).

Tale crescente interesse per il settore robotico applicato alla riabilitazione di pazienti neurologici

ha condotto, nel corso degli ultimi due decenni, all’introduzione di numerose soluzioni, in termini

di utilizzo e di filosofia riabilitativa e di controllo.

Nell’anno 1998, viene commercializzato il prototipo MIT-Manus. Si tratta di un robot dedicato alla

riabilitazione dell’arto superiore, che sfrutta un sistema di controllo e assistenza al paziente legata

alla posizione all’interno dello spazio di lavoro. Un dispositivo analogo, ma focalizzato sul ripristino

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di funzioni di deambulazione e disponibile già da alcuni anni, è il Lokomat. Entrambi i robot hanno

in seguito beneficiato dell’introduzione di nuove strategie riabilitative, modificando l’esecuzione

della legge di moto sulla base di feedback quali le forze che il paziente è in grado di produrre.

Figura 2: i robot MIT-Manus e Lokomat.

Robot più recenti, come WREX (Figura 3), supportano il paziente grazie ad un sistema di sostegno

della gravità, la cui entità è misurata per mezzo di appositi sensori. L’evoluzione di tale dispositivo,

Pneu-WREX, è in grado di creare un modello real time dei deficit del paziente, intervenendo in

aiuto al movimento solo quando necessario.

Figura 3: i robot WREX e Pneu-WREX.

Una possibile classificazione per le piattaforme robotiche suddivide l’approccio riabilitativo

secondo due filosofie: riabilitazione end effector based o attraverso esoscheletro. I robot

appartenenti alla prima categoria sono generalmente catene cinematiche seriali la cui parte

terminale – l’end effector – consente al paziente di ancorarsi, ad esempio attraverso una

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manopola, per seguire il robot o movimentarlo durante l’esecuzione di un task motorio. Tale

approccio consente di adattare facilmente l’utilizzo del robot al paziente, ma al tempo stesso

occorre un’attenta pianificazione delle leggi di moto per non compromettere l’integrità del braccio

del paziente (Bircher, Conferencia Istituto Valenciano de Rehabilitation, 2008).

Un esempio di riabilitazione tramite robot end effector based è costituito dal robot “Braccio di

ferro”, utilizzato per il recupero delle funzioni dell’arto superiore su pazienti colpiti da ictus

(Vergaro et al, 2010). Il paziente movimenta il robot, che lo assiste e supporta solo in caso di

fallimento nell’esecuzione del task.

Figura 4: il robot “Braccio di Ferro” (Vergaro et al, 2010).

Un secondo approccio riabilitativo si basa sul supporto del braccio del paziente tramite

esoscheletro. La cinematica del robot risulta “corrispondente” a quella del paziente dato che

l’esoscheletro segue solidalmente il movimento che esso esegue. Il movimento del paziente risulta

quindi più controllabile ma al tempo stesso la riproduzione dei gradi di libertà associati alla spalla

assume una rilevante complessità (Bircher, Conferencia Istituto Valenciano de Rehabilitation,

2008).

Due esempi di esoscheletro sono ARmin (Neff et al., 2009), e Armeo Spring (sviluppato da

Hocoma, i cui primi studi pilota sono stati curati da Gijbels et al, 2011), mostrati in figura 5.

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Figura 5: gli esoscheletri ARmin e Armeo.

La riabilitazione attraverso robot consente di eseguire movimenti precisi e ripetibili, e permette di

valutare il recupero e il miglioramento nell’esecuzione del task motorio e dell’attivazione

muscolare durante il processo riabilitativo.

A tal fine in diversi studi viene effettuata una registrazione del movimento del paziente

pretrattamento tramite sistemi ottici. Lo scopo è analizzare il deficit del paziente stesso e definire

una terapia riabilitativa personalizzata e dipendente dalla reali necessità.

La ripetizione del medesimo gesto porta al miglioramento nel recupero della funzione (Kwakkel,

2007), purché l’utilizzo della tecnica robotica sia frequente e prolungato. L’utilizzo del robot

consente di mantenere alte intensità di trattamento, e di monitorare o cambiare i trials riabilitativi

a distanza, favorendo l’indipendenza del paziente.

Il monitoraggio dello stato di recupero è fondamentale per poi valutare l’implementazione di

specifici protocolli riabilitativi. Il robot consente infatti l’utilizzo di svariati protocolli e un controllo

continuo dei parametri fisiologici d’interesse e dell’intensità di allenamento.

L’implementazione di diversi e opportuni algoritmi di controllo permette di seguire terapie

riabilitative secondo diverse modalità, tra cui movimento passivo continuo, movimento attivo

assistito, movimento attivo offrendo resistenza (Kwakkel, 2007) per poter variare il pattern

d’allenamento in base alle esigenze del paziente.

L’implementazione di una traiettoria desiderata riveste quindi fondamentale importanza qualora il

robot sia destinato all’assistenza del paziente durante il movimento riabilitativo. In particolare si

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evidenzia la necessità di poter dare al paziente una traiettoria che ricalchi nei parametri cinematici

i “normali” movimenti dell’arto superiore, in modo da rendere la fase riabilitativa vicina alla

quotidianità dei movimenti. In letteratura si evidenziano due metodi fondamentali per giungere

alla formulazione di una traiettoria da implementare al robot: si sfruttano modelli biomeccanici

che minimizzano determinate cifre di merito (come il jerk), oppure si implementano traiettorie

preregistrate acquisite su pazienti (Huang e Krakauer, 2009).

L’analisi della traiettoria eseguita dal paziente, quindi delle posizioni e delle leggi di moto,

risultano passi fondamentali a seguito di una fase di acquisizione. Oltre alla ripetibilità e

“naturalezza” della traiettoria effettivamente implementata al robot non va trascurato un aspetto

di comfort essenziale per il paziente, che dipende dalla legge di moto. Gli studi osservati in

letteratura riportano come la percorrenza di una traiettoria di movimento risulti più confortevole

tanto minore risulta il jerk, come riportato da Flash e Hogan, 1985. Il concetto di smoothness

pertanto indica la “dolcezza” del movimento e si correla significativamente a quanto confortevole

risulta essere il movimento eseguito dal paziente. Risulta spesso necessario scalare il profilo di

velocità di esecuzione del task motorio, preservandone la forma ma diminuendone la velocità, per

ottenere una traiettoria più confortevole e attenersi ai limiti imposti dal robot.

Studi su pazienti affetti da ictus (stroke) e problemi di carattere neurologico a seguito di eventi

traumatici hanno evidenziato la necessità di garantire procedure di riabilitazione dotate di alcune

caratteristiche fondamentali. Tra di esse, si evidenzia l’efficacia dell’esecuzione ripetitiva e

ripetibile alcuni task motori, strategia riabilitativa che può consentire il progressivo recupero di

specifiche funzioni motorie, e il mantenimento di un tono muscolare minimo. E’ ormai pratica

clinica diffusa l’utilizzo della stimolazione elettrica funzionale, che agisce attivando le placche

motrici, siti di giunzione neuromuscolare, in cui le terminazioni nervose inducono la contrazione

del muscolo. Si tratta di una tecnica che consente di eseguire dei movimenti o di esserne d’ausilio,

a seconda della gravità del danno.

E’ importante inoltre che un paziente possa eseguire il compito assegnatogli con continuità e

senza dipendere dalla presenza fisica di assistenza. Sotto quest’ottica assume particolare rilevanza

l’utilizzo di piattaforme robotiche per la riabilitazione. A partire dall’inizio degli anni ’90, tali device

hanno trovato largo impiego, e si sono diffusi esponenzialmente: consentono di preimpostare task

motori specifici, attivandosi quando necessario, garantendo perfetta ripetibilità e differenti

modalità di utilizzo (ad esempio, offrendo una diversa resistenza al movimento).

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2.2 - MODELLI MUSCOLO SCHELETRICI DELL’ARTO SUPERIORE

E’ stata eseguita una ricerca bibliografica preliminare allo scopo d’indirizzare alcune scelte di

sviluppo e osservare quali soluzioni siano state adottate fino ad ora. I modelli biomeccanici relativi

al braccio sono numerosi e, a seconda dell’applicazione a cui sono destinati, sono in grado di

simulare la biomeccanica dell’arto superiore con diversi gradi di complessità e precisione, nonché

di costo computazionale. A soluzioni “semplici”, che identificano le strutture ossee con due

segmenti anatomici monodimensionali, e che simulano l’azione di pochi attuatori muscolari, si

affiancano anche modelli come quello sviluppato da Pennestrì et al (2007), che riproduce l’azione

di 24 muscoli e la presenza di sette gradi di libertà. Quest’ultimo articolo si è rivelato utile per

estrapolare alcuni dati come i punti d’inserzione degli elementi che riproducono l’azione

muscolare.

La cinematica dell’arto superiore è descritta da sette gradi di libertà, che riproducono i movimenti

consentiti da spalla, gomito e polso.

Figura 6: i gradi di libertà relativi all’arto superiore.

Altri studi, focalizzandosi su specifiche applicazioni, si servono invece di una modellazione a 5 gradi

di libertà, trascurando i due relativi al movimento del polso (Abdullah, 2007, e Chadwick et al,

2009). Per lo studio della cinematica, alcuni studi (Abdullah, 2007) sfruttano la teoria delle catene

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cinematiche seriali robotiche (come nel presente lavoro). La finalità dei modelli consiste

generalmente nel calcolo delle forze agenti sulle strutture che modellano i muscoli, noto a priori

un task motorio, per mezzo della risoluzione del sistema dinamico inverso. Esso viene risolto

secondo l’applicazione delle equazioni di Eulero-Newton (Abdullah) o tramite l’utilizzo di funzioni

Lagrangiane (Pinnestrì). Per la definizione di parametri antropometrici di riferimento per il modello

esistono dei database che raccolgono grandezze come masse e momenti d’inerzia dei segmenti

anatomici dell’arto superiore (Winter, 1992) o parametri per la valutazione della forza contrattile

muscolare (Yamaguchi, 2001).

Per la definizione dei parametri antropometrici del modello cinematico sono stati presi come

riferimento gli studi di Drillis e Contini (1994) e Winter (1992). Tali parametri definiscono secondo

precisi rapporti la lunghezza dei segmenti anatomici di braccio e avambraccio e sulla loro massa. I

valori riportati seguono la tabulazione antropometrica riportata nelle figure 5 e 6.

Figura 7: tabella antropometrica di riferimento per la lunghezza dei segmenti anatomici di braccio

e avambraccio (Drillis e Contini, 1994).

Tabella 1: tabella antropometrica di riferimento per la massa e locazione del centro di massa dei

segmenti anatomici di braccio e avambraccio (1992).

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I modelli muscolari di riferimento sono sviluppati da Zajak (1989) e Rasmussen (2005) e consistono

di funzioni sperimentali che accorpano gli studi di Hill. Per una dettagliata analisi dello stato

dell’arte della modellazione muscolare si rimanda al capitolo: si è ritenuto più efficace illustrarle in

considerazione della modellazione muscolare introdotta nel presente lavoro.

I modelli meccanici trovano applicazione in diversi ambiti: valutazione delle forze impresse sul

volante durante la guida (Yongchul et al., 2003), stima dei danni dovuti ad un incidente stradale

(Pinnestrì et al., 2006), definizione di ipotesi di deficit muscolari su pazienti neurologici (Hingtgen,

2006), per monitorare e assistere task di riabilitazione robotica (Abdullah, 2007).

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3 - OBIETTIVO TESI

Il presente lavoro di tesi si integra all’interno di un progetto di ricerca in fase di svolgimento presso

l’Istituto di tecnologie industriali e automazione (ITIA) del Centro Nazionale delle Ricerche, in

collborazione con NearLab del Dipartimento di Bioingegneria del Politecnico di Milano. Il progetto

prevede l’uso di un sistema robotico come piattaforma sperimentale per la riabilitazione dell’arto

superiore. Il robot Mitsubishi PA-10 in dotazione all’ITIA presso il CNR di Milano è infatti destinato

all’esecuzione di task motori per la riabilitazione di pazienti neurologici. La volontà di realizzare

una piattaforma riabilitativa robotica end effector based rende particolarmente utile lo sviluppo di

un modello muscolo-scheletrico dell’arto superiore che consenta di fornire una stima di alcune

grandezze utili per la previsione e la scelta dei task motori che possano garantire il più efficace

recupero della funzione motoria del paziente, e al tempo stesso di garantire un maggior controllo

sulla cinematica del movimento del paziente. Il modello verrà utilizzato in sinergia con l’azione

della piattaforma robotica, in modo da evidenziare quali vincoli debbano essere imposti al

movimento durante la fase di utilizzo dell’intero set-up riabilitativo. Il modello sviluppato dovrà

infatti essere inserito all’interno del controllore del robot per lo sviluppo di logiche di controllo

model-based. A tale riguardo il modello sviluppato ha la necessità di presentare caratteristiche

computazionali elevate (basso tempo di calcolo) per poterlo inserire nel ciclo di controllo real-time

del controllore.

Il modello è inoltre in grado di assolvere le seguenti funzioni:

- Garantire il posizionamento del braccio in configurazioni non pericolose per la sua

integrità.

- Fornire sostegno antigravitario al paziente, calcolando in real time per ogni posizione che il

robot raggiunge nello spazio di lavoro le azioni (forze e coppie) che il robot deve erogare

per sostenere integralmente il peso del braccio contro il gradiente gravitario.

- Fornire una stima delle coppie e delle potenze espresse ai giunti.

- Risalire ad una stima delle forze di contrazione volontaria agenti sui muscoli, per mezzo

delle forze misurate dal sensore montato sull’end effector del robot e del calcolo delle

forze d’inerzia che caratterizzano la dinamica del sistema.

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- Applicare le equazioni di un modello muscolare per discriminare il contributo di forza attiva

e passiva agente sul muscolo e stimare un parametro indicativo dell’attivazione neurale.

- Valutare quantitativamente, tramite opportuni criteri, il grado di disabilità del paziente, e

stabilire dei criteri riabilitativi scegliendo traiettorie per task motori che rendano ottima

una specifica cifra di merito.

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4 - SET UP RIABILITATIVO

Si descrive in questo paragrafo il set up riabilitativo, che costituisce anche l’apparato sperientale

per la validazione del modello. Questo capitolo è stato anteposto al capitolo di validazione finale

poiché durante la descrizione del modello meccanico si farà riferimento ad alcune peculiarità del

sistema.

L’apparato sperimenatle consiste nel robot Mitsubishi Pa-10, vincolato al terreno, come supporto

per l’esecuzione di task motori. Sull’end effector del robot è montato un sensore di forza, che

rileva le forze e le coppie applicate alla manopola alla quale il paziente è ancorato.

Il sensore di forza è un Mini45-E Transducer prodotto da ATI Industrial Automation.

Figura 8: sensore di forza Mini45-E Transducer di ATI.

A seconda della calibrazione, il sensore ha una sensibilità che varia da ¼ N a 1/16 N per le forze e

da 1/188 Nm a 1/1504 Nm per le coppie. Tuttavia il rumore del sensore oscilla in un range

compreso tra +1,5 N a -1.5 N per le forze e + 0.15 Nm e -0.15 Nm per le coppie.

Movimenti acquisiti tramite sistema a marker passivi direttamente sui pazienti o soggetti sani, o

traiettorie predefinite, possono essere impostate sul robot e eseguite dal paziente, in diverse

modalità d’utilizzo. Il paziente si aggrappa alla manopola che funge da end effector; in ottica di

utilizzo finale, verrà supportato da un’ortesi che lo vincola all’end effector del robot limitandone le

capacità di movimento, e che al tempo stesso lo sostiene contro la gravità. L’ortesi attualmente

utilizzata non è quella che verrà utilizzata in seguito ma assolve la medesima funzione. Le

peculiarità del sistema meccanico costituito da robot e paziente giustificano la necessità di

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sviluppare un modello biomeccanico dell’arto superiore che si adatti alle necessità dettate dalla

piattaforma riabilitativa.

Assegnati i parametri cinematici di un task motorio e i dati antropometrici del paziente che ha

eseguito il protocollo di riabilitazione, il modello è attualmente in grado di eseguire un’analisi

offline dei dati valutando le forze necessarie al sostegno gravitario; al tempo stesso, i sensori di

forza montati sull’end effector valutano i contributi di forza gravitaria, di attivazione muscolare

volontaria e d’inerzia e consentono, tramite la relazione cinetostatica (vedi capitolo), di risalire al

calcolo dei parametri meccanici d’interesse. Il modello meccanico è tuttavia progettato per agire

in sinergia con l’intera piattaforma. Una volta inserito nel controllore del robot, il modello dovrà

dettare in real-time i parametri necessari al robot per accompagnare il movimento evitando

configurazioni pericolose per l’integrità del braccio del paziente, e sorreggendolo nel contempo

contro il gradiente gravitario.

Il robot Mitsubishi Pa-10 è una catena cinematica seriale a sette giunti, che riproduce i gradi di

libertà di un braccio umano. E’ montato su un supporto che poggia a terra, e ha il terzo grado di

libertà bloccato. I restanti sei gradi di libertà muovono una monopola cilindrica che funge da end

effector alla quale è vincolato il paziente, o per presa semplice o per mezzo di un supporto che

blocca i due gradi di libertà del polso, consentendo di flettere l’avambraccio e pronosupinare. Il

supporto costituisce un’ortesi (figura 11) che si intende utilizzare, in una versione aggiornata,

anche per la riabilitazione. Per la validazione del modello è stato realizzato un dispositivo che

consente di riprodurre le condizioni finali di utilizzo del robot. La cinematica diretta e inversa, il

controllore e l’azionamento del robot sono gestiti da routine preesistenti e azionate dall’ingegnere

che se ne occupa. Il presente lavoro di tesi si è concentrato solo sull’analisi del braccio umano

vincolato al robot per riabilitazione, che è già funzionante.

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Figura 9: Rappresentazione del robot Mitsubishi Pa-10 e relativi giunti.

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Figura 10: Apparato sperimentale: il robot è vincolato al terreno tramite un supporto.

Figura 11: l’ortesi che sostiene il braccio.

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5 - MODELLO BIOMECCANICO

5.1 -MODELLO CINEMATICO

5.1.1 - SCELTE PROGETTUALI

Il modello cinematico del braccio, rappresentativo dei movimenti ad esso associati, svincolato dal

considerare l’azione di momenti e forze, è stato implementato sulla base di alcune soluzioni

osservate in letteratura. Si ricorda che in ottica di utilizzo della piattaforma riabilitativa, il soggetto

sarà vincolato all’end effector per mezzo di un’ortesi che non gli consente di eseguire le due

rotazioni associate al polso, ma che invece permette al paziente di prono supinare l’avambraccio. Il

modello non include quindi la modellazione di tali movimenti del polso.

Il modello si compone di due aste rigide; la prima corrisponde all’omero, alla cui origine si trova la

spalla, e in corrispondenza dell’estremità distale il gomito, mentre la seconda accorpa radio e ulna.

La locazione del polso corrisponde invece all’estremità distale del segmento che rappresenta

l’avambraccio. Sebbene i movimenti del polso non siano riprodotti, è necessario darne una

localizzazione per la risoluzione della cinematica.

Figura 12: la catena cinematica.

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La scelta progettuale è quindi di limitare la simulazione dei movimenti eseguiti dal braccio a

cinque gradi di libertà possibili, la cui combinazione consente di riprodurre i movimenti associati

alla catena cinematica.

L’articolazione alla spalla, detta cingolo scapolare, unisce il tronco al braccio. L’articolazione

comprende tre ossa: omero, scapola e clavicola. Sebbene la spalla consenta movimenti traslatori

(anteposizione, retro posizione, elevazione ed abbassamento), nel modello essa è considerata fissa

rispetto alle traslazione. Tale approssimazione risulta buona per un’elevazione della spalla non

superiore ai 90 gradi (si richiede anche, laddove possibile, che il paziente collabori impegnandosi a

non muovere la spalla), e compatibile con lo spazio di lavoro del movimento di reaching, alla cui

analisi il modello è inizialmente dedicato.

La spalla consente invece tre gradi di libertà rotazionali:

1) attorno all’asse ortogonale al terreno e passante per la spalla (q1);

2) attorno all’asse parallelo al terreno passante per la spalla, - il cui orientamento dipende da

q1 - (q2)

3) la rotazione interna ed esterna del braccio attorno al proprio asse (q3).

Una combinazione delle tre rotazioni consente di ottenere anche i movimenti di abduzione e

adduzione non schematizzati direttamente nel modello.

I due restanti gradi di libertà, anch’essi rotazionali, sono associati al gomito e riproducono:

4) la flesso – estensione dell’avambraccio (q4),

5) il movimento di prono supinazione (q5) sempre ad esso relativo.

In figura vengono mostrati i movimenti schematizzati dal modello cinematico, implementati grazie

all’utilizzo del Robot Toolbox in dotazione a MATLAB.

Secondo la teoria relativa alle catene cinematiche seriali, è possibile identificare univocamente il

modello sviluppato tramite un ridotto numero di parametri grazie alla convenzione di Denavit –

Hartenberg, in grado di definire le trasformazioni geometriche che legano la terna di riferimento

relativa a ciascun giunto a quella successiva. Tale convenzione consente di esprimere la struttura

della catena cinematica tramite quattro parametri per ogni giunto. Esistono due possibili

convenzioni, che si differenziano per la localizzazione dei riferimenti. La catena cinematica che

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costituisce il modello risulta qui identificata dai parametri di Denavit – Hartenberg, in versione

“modificata”, tabulati di seguito. Nel prossimo paragrafo che illustra la procedura che consente di

identificarli.

Tabella 2: parametri di Denavit – Hartemberg (modificati) relativi alla catena cinematica del

modello. Gli angoli sono espressi in radianti.

Giunto α D A q

1 π/2 0 0 q1

2 -π/2 0 0 q2

3 π/2 Lunghezza braccio 0 q3

4 -π/2 0 0 q4

5 π/2 Lunghezza avambraccio 0 q5

Figura 13: la catena cinematica prodotta dai parametri di Denavit-Hartenberg indicati nel sistema

di riferimento globale.

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5.1.2 - DESCRIZIONE DELLA CONVENZIONE DI DENAVIT-HARTENBERG

Sia dato un robot costituito da una catena cinematica seriale. Si numerino in ordine crescente i

giunti e i link, partendo dalla base per giungere all’end effector. In corrispondenza di ciascun

giunto e della base del robot, si pone l’asse di rotazione corrispondente; quest’ultimo asse

rappresenta l’asse z di ciascuna delle terne solidali al giunto. Tra ciascun asse z del riferimento e

quello successivo si individua la retta minima distanza. Le operazioni sopracitate sono illustrate in

figura 14.

Figura 14: la procedura di individuazione degli assi di giunto e della retta a minima distanza, per

due giunti consecutivi.

Si pone ora l’origine di ciascuna terna in corrispondenza dell’intersezione tra la retta di minima

distanza tra l’asse i e l’asse i+1 e l’asse i. L’asse x della terna i-esima è orientato lungo tale retta e

l’asse y si ottiene formando una terna destrorsa con gli assi x e z già individuati. La collocazione

completa delle terne di giunto è illustrata in figura 15.

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Figura 15: Collocazione delle terne di giunto sui giunti i e i+1.

Identificate le terne di giunto, ci proponiamo di individuare la matrice di rototraslazione che lega

ciascuna terna alla successiva. La convenzione di Denavit – Hartenberg consente di costruire tale

matrice, giunto per giunto, utilizzando quattro parametri, rappresentativi di due rotazioni e due

traslazioni.

Si vuole dunque descrivere la matrice di rototraslazione che descrive la relazione tra le terne i+1 e

i. Il primo step consiste nel trasportare l’origine del sistema i+1 nel punto Ai, come mostrato in

figura 16. Il punto Ai è ottenuto come intersezione tra l’asse i+1 e la retta di minima distanza i.

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Figura 16: determinazione dei primi due parametri di Denavit-Hartenberg.

Per traslare l’origine della terna i+1 nel punto Ai, occorre muoversi di una quantità di+1 lungo l’asse

z di giunto. Affinché l’orientamento dell’asse xi+1 della terna i+1 traslata sia il medesimo dettato

dalla retta di minima distanza i, occorre ruotare la terna attorno all’asse zi+1 di un angolo qi+1, che è

anche il valore del grado di libertà del relativo giunto.

Si deve ora traslare l’asse z della terna i+1 in modo che coincida con l’asse z della terna i. Per fare

questo, occorre muoversi lungo la retta di minima distanza che congiunge i due assi di una

quantità ai+1, come illustrato in figura 17.

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Figura 17: determinazione degli ultimi due parametri di Denavit – Hartenberg.

L’ultimo passaggio consiste nel ruotare la terna i+1 di un angolo αi+1 attorno all’asse di minima

distanza affinché le due terne si sovrappongano.

Si sono identificati quindi i parametri di+1, qi+1, ai+1, α i+1, relativi alla trasformazione dalla terna i alla

terna i+1. La matrice di trasformazione da una terna a quella successiva è la seguente, e può

essere costruita semplicemente sostituendo i valori dei parametri di Denavit – Hartenberg relativi

alle terne in esame (si sottintendono gli indici i+1):

Tii+1=

[cos(q) -sin(q) 0 a

sin(q)*cos(α) cos(q)*cos(α) -sin(α) -sin(α)*d

sin(q)*sin(α) cos(q)*sin (α) cos(α) cos(α)*d

0 0 0 1]

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5.1.3 - CINEMATICA DIRETTA

Il posizionamento dell’end effector di una catena cinematica occupa una posizione nello spazio

definita del valore che viene imposto ai giunti. Supponendo di voler imporre alla catena

cinematica degli specifici valori di angoli di rotazione ai giunti, il posizionamento nello spazio è

univocamente definito grazie all’utilizzo della matrice omogenea di trasformazione, che tiene

conto sia della traslazione che della rotazione intercorrono tra le terne locali di riferimento

immediatamente successive, come descritto nel paragrafo precedente.

Moltiplicando le matrici relative a ciascuna trasformazione in successione si ottiene la

trasformazione tra la terna e la posizione di riferimento della base e la terna e la posizione in cui si

trova l’end effector.

5.1.4 - VINCOLI CINEMATICI DEI GIUNTI

Le singole articolazioni del braccio superiore sono caratterizzate da un range of motion che non

spazia su tutto l’angolo giro. Sono stati quindi imposti dei vincoli sul valore degli angoli che occorre

siano soddisfatti durante la computazione della cinematica diretta ed inversa del movimento, per

verificare che un determinato movimento sia compatibile con i range of motion della singola

articolazioni.

Si riportano in tabella 3 i range di valori entro i quali può avvenire il movimento, secondo lo studio

di Chadwick et al. (2009), preso come riferimento per imporre i vincoli cinematici.

Tabella 3: range of motion relativo ai gradi di libertà, rispetto alla posizione di riposo (illustrata in

seguito). Gli angoli sono espressi in gradi.

Movimento Angolo minimo Angolo massimo

Rotazione spalla (asse z terna base) – q1 -270° 0°

Rotazione spalla (asse z terna due) – q2 0° +270°

Rotazione interna/esterna spalla – q3 0° +180°

Flesso estensione avambraccio – q4 0° +150°

Prono/supinazione avambraccio – q5 -90° +90°

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In figura sono mostrate le convenzioni utilizzate: il modello cinematico si intende in posizione di

riferimento quando il braccio è orientato in avanti (lungo l’asse y, in direzione negativa) e

l’avambraccio è steso, parallelo alla congiungente tra le due spalle, lungo l’asse x. Questa

configurazione corrisponde ai valori dei gradi di libertà, secondo il nostro riferimento, di q(1)=-

pi/2, q(2)=pi/2, q(3)=pi/2, q(4)=0, q(5)=0, convenzione corrispondente a quella adottata dal Robot

Toolbox a cui viene affidata la visualizzazione della catena cinematica secondo la tabella di

Denavit-Hartenberg.

Figura 18: posizione di riferimento della catena cinematica rispetto alla quale sono calcolati i valori

di giunto. Il braccio destro è steso frontalmente, gomito e polso all’altezza della spalla.

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Figura 19: il range of motion di q1.

Figura 20: il range of motion di q2.

Figura 21: il range of motion di q3.

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Figura 22: il range of motion di q4.

Figura 23: il range of motion di q5.

5.1.5 - CINEMATICA INVERSA

Il problema cinematico inverso consiste nel calcolo del valore degli angoli di giunto assegnati una

certa posizione e un orientamento dell’end effector. Si tratta di una problematica tipica, la cui

soluzione è necessaria dato che la traiettoria da seguire in task riabilitativi è generalmente imposta

in forma cartesiana. Posizionamento e orientazione dell’end effector nello spazio cartesiano sono

rappresentate tramite una matrice omogenea di rototraslazione 4x4, che contiene in tutto sei

parametri indipendenti: 3 gradi di libertà di traslazione, 3 di rotazione. La definizione di un

modello a 5 gradi di libertà comporta l’insorgere di problemi per la risoluzione della cinematica

inversa: si tratta infatti di voler garantire la corretta composizione di sei parametri nello spazio,

attraverso il movimento di soli cinque gradi di libertà. Fatta questa premessa, la matrice

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omogenea relativa all’end effector fornita come dato alla cinematica inversa può portare quindi a

individuare configurazioni non coerenti con le possibili reali capacità di movimento del braccio

permesse dai 5 gradi di libertà modellati.

Individuata questa criticità, si è quindi provveduto ad ideare un algoritmo per valutare la

compatibilità della matrice di rototraslazione all’end effector con i cinque gradi di libertà dell’arto

superiore, l’eventuale “errore” rispetto alle reali configurazioni attenibili dal modello dell’arto ed

eventualmente approssimare la stessa tramite valori che ne permettano l’inversione cinematica.

In figura 25 è mostrato il procedimento di correzione. Come si può osservare in figura, data la

posizione del polso desiderata e imposto un orientamento, si ricava la posizione del gomito

attraverso una traslazione dalla posizione del polso stesso lungo l’asse dell’avambraccio (che

coincide con l’orientamento), di una lunghezza pari alla lunghezza dell’avambraccio stesso.

Figura 25: la posizione del gomito individuata può non essere compatibile con la catena

cinematica; procedura di correzione.

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Così facendo, la posizione individuata per il gomito potrebbe non essere compatibile con i vincoli

dettati dalla struttura della catena cinematica, a meno che non si ammetta una traslazione della

spalla o del busto. Le specifiche di lavoro non contemplano tale possibilità; si decide di privilegiare

la posizione del polso richiesta e pertanto si procede ad una correzione dell’orientamento.

Il procedimento è mostrato sempre in figura 25. Si vuole in prima istanza determinare il luogo dei

punti sul quale può trovarsi il gomito. Per farlo, si tracciano due sfere: la prima, centrata nella

spalla e avente raggio di lunghezza del braccio, la seconda centrata nel polso e di ampiezza pari

alla lunghezza dell’avambraccio. L’intersezione tra le due sfere è il luogo dei punti in cui il gomito

può trovarsi, assegnata la posizione del polso. Occorre ora determinare un unico punto: si

interseca il luogo dei punti prima individuato con il piano sui cui giacciono la spalla, il gomito “da

correggere”, e il polso stesso, ottenendo così due punti. Tra i due, viene ritenuto corretto quello

avente geodetica inferiore rispetto alla posizione da correggere.

La scelta del piano di intersezione definito precedentemente è significativa: si tratta del piano su

cui giacciono braccio e avambraccio. L’asse ortogonale a tale piano (da qui in poi “nba”, normale al

piano braccio-avambraccio) identifica infatti anche l’asse di rotazione attorno al quale avviene la

correzione dell’orientamento dell’end effector. Questa deduzione riporta alla considerazione con

la quale si era aperto il paragrafo: i cinque gradi di libertà del modello non garantiscono che la

rotazione attorno all’asse di correzione, imposta come dato alla cinematica inversa, sia

compatibile con la struttura della catena cinematica. La rotazione attorno all’asse nba risulta quindi

critica per l’integrità della catena cinematica: imporne una significa richiedere al modello di

disporsi in configurazioni che potrebbe non raggiungere.

In qualsiasi configurazione, il polso può sempre ruotare attorno all’asse di prono supinazione

dell’avambraccio, e attorno all’asse identificato dalla congiungente tra spalla e polso, e attorno a

qualsiasi asse ottenuto tramite combinazione lineare dei due. Si osserva infatti che la direzione

dell’asse nba può essere ottenuta anche come (in riferimento a figura 26):

nba

Queste considerazioni verranno riprese in sede di discussione del controllo del robot.

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La verifica della correttezza della posa imposta al polso e la sua eventuale correzione numerica

precede sempre il calcolo della cinematica inversa, costruita sulla base delle valutazioni

quantitative fornite dall’algoritmo stesso. Infatti, occorre procedere ad un ultimo passaggio, cioè

la correzione della matrice omogenea imposta come dato alla cinematica inversa, coerentemente

con il nuovo orientamento dell’end effector.

Figura 26: rappresentazione dell’asse di rotazione critico e delle rotazioni concesse all’end effector.

La rotazione correttiva è nota se si conoscono l’asse attorno al quale avviene e l’angolo di cui

ruotare. Indicando con nba l’asse di correzione, con S la spalla, con E il gomito corretto e con F la

posizione del gomito identificata dalla matrice di rototraslazione imposta inizialmente, con W il

polso, con θ l’angolo di rotazione, e con x y e z i coseni direttori dell’asse nba:

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Si applica ora la formula di Rodrigues, operatore che consente di ruotare la matrice di rotazione

iniziale (estrapolata dalla matrice di rototraslazione fornita come dato della cinematica inversa) di

un angolo attorno ad un asse definito dai coseni direttori x y z. La parte traslatoria della matrice

di rototraslazione iniziale non è modificata in quanto è preservata la posizione dell’end effector.

Indicando con Ri la matrice di rotazione iniziale e con Rc quella corretta:

5.1.6 - DETERMINAZIONE DEI VALORI AI GIUNTI

La funzione cinematica inversa fornisce i valori degli angoli ai giunti necessari per raggiungere la

configurazione che le viene fornita in termini di posizionamento nello spazio e orientamento

dell’end effector.

Supponendo di aver già corretto l’orientamento dell’end effector, si illustrano in seguito i passaggi

geometrico-analitici seguiti per la determinazione di tutti e i cinque i valori ai giunti che

consentono di raggiungere la configurazione desiderata.

Per determinare il quarto grado di libertà, si procede considerando i coseni direttori relativi alla

posa di braccio ed avambraccio, normalizzati per le relative lunghezze. Si tratta di informazioni

note, essendo note le coordinate di spalla, polso e gomito. Siano:

S il punto in cui trova la spalla, E il gomito e W il polso; si calcola l’angolo relativo tra braccio e

avambraccio, pari al valore di flesso estensione dell’avambraccio (q4), secondo la formula:

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Figura 27: In evidenza il quarto grado di libertà.

Per determinare q2, ovvero l’angolo che rappresenta l’elevazione del braccio rispetto alla spalla, si

proietta sul piano x-y (piano assiale) la posizione del braccio. Indicando con E0 la posizione del

gomito da proiettare e con E1 la sua proiezione su tale piano, vale:

Figura 28: L’elevazione del braccio, rappresentativa di q2.

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Si procede alla determinazione di q1 in modo analogo, valutando questa volta la proiezione del

braccio sul piano y-z (piano sagittale). Sempre indicando con E0 la posizione del gomito da

proiettare e con E1 la sua proiezione, vale:

Figura 29: Il grado di libertà q1.

Per determinare q3, ci si serve di considerazioni geometriche. Tale angolo risulta infatti essere pari

all’angolo descritto tra le due normali relative ai due piani mostrati in figura 30.

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Figura 30: sono mostrate le due normali che identificano il valore del terzo grado di libertà (q3).

q3=acos(n1 n2)

Per determinare q5, si costruisce la cinematica diretta inizializzando a zero. Le prime due colonne

della matrice risultante forniscono i coseni direttori degli assi x e y dell’ultima terna. Essendo nota

anche la matrice in ingresso alla cinematica inversa, è noto anche l’orientamento dei due

medesimi assi, dovuto all’azione anche di q(5). Quindi:

x=versore x nella matrice in ingresso alla cinematica inversa;

x5=versore x individuato con cinematica diretta e q(5)=0;

q(5)=acos(x*x5)

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Figura 31: Determinazione del valore di q5.

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5.2 - CONTROLLO DEL ROBOT

La piattaforma riabilitativa è stata concepita per assolvere alcuni compiti fondamentali. Il

controllore che gestisce il robot verrà pertanto arricchito dall’integrazione del modello meccanico,

che dovrà fornire al robot indicazioni sulla traiettoria eseguita, evitando configurazioni e

movimenti pericolosi per l’integrità del braccio del paziente, e per il sostegno del braccio del

paziente contro la gravità.

Si riprende in questa sede il concetto di asse di correzione. Si tratta dell’asse nab individuato nel

capitolo relativo alla cinematica, attorno al quale avviene la correzione dell’orientamento

dell’avambraccio, dato che il sistema non è in grado di garantire che la rotazione attorno a questo

asse sia compatibile con la struttura cinematica. Durante l’inseguimento di una traiettoria, se il

robot vincolasse le rotazioni lungo quest’asse (che si ricorda essere dinamico e da ricalcolare per

ogni punto della traiettoria, in quanto dipendente dalla configurazione in cui si trova il braccio),

forzerebbe una rotazione che darebbe luogo a movimenti del gomito non necessariamente

compatibili con la catena cinematica, che potrebbero portare alla “rottura” del braccio.

L’algoritmo riesce ad individuare, istante per istante, l’asse di correzione critico per l’integrità del

braccio del paziente, definito dai suoi coseni direttori. Questo dato verrà fornito al robot in modo

che il controllore che lo gestisce provveda ad adeguare la rigidezza torsionale del robot attorno a

tale asse, non vincolando alcun movimento (nessuna coppia applicata dal robot attorno a tale

asse): attorno all’asse nab il robot non imporrà mai rotazioni, ma si limiterà ad accompagnare il

movimento del paziente.

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5.3 - COMPENSAZIONE DI GRAVITA’

In considerazione dei deficit neuromuscolari dei pazienti, si è scelto di sviluppare un sistema

biomeccanico sotto l’ipotesi che il peso dell’arto superiore del paziente sia integralmente

sostenuto dal robot. Occorre quindi determinare l’entità delle reazioni che esso dovrà produrre

per garantire il galleggiamento antigravitario del braccio. Il sistema che si genera è visualizzato in

figura, con una reazione alla spalla (scomposta nelle sue tre componenti), una al polso, e un

momento di sostegno. Queste ultime due azioni vengono generate direttamente dal robot allo

scopo di garantire il sostegno della struttura articolare contro l’azione della gravità. E’ importante

sottolineare come l’ortesi che sostiene il braccio del paziente faccia sì che le reazioni di sostegno

abbiano come punto di applicazione il baricentro dell’ortesi stessa, e non l’estremità distale

dell’avambraccio. Le reazione erogata dal robot per sostenere il braccio agisce invece

necessariamente a livello dell’end effector; si rende necessario quindi un “trasporto” delle

reazioni, in modo da valutarne correttamente l’entità: individuati i valori di forze e coppie prodotti

in corrispondenza del baricentro dell’ortesi (punto O in figura 32), si applicano le equazioni di

trasporto del momento per ottenere i corrispondenti valori sull’end effector (punto W). Si riporta

il procedimento nel prossimo capoverso.

Si nota inoltre che il braccio produce un momento di caduta gravitaria attorno all’asse ideale che

congiunge spalla e polso, indotto dai pesi di braccio e avambraccio, localizzati nei rispettivi

baricentri. Si osserva quindi un’importante caratteristica del sistema: se l’end effector sostenesse

il braccio applicando un momento uguale e contrario a quello individuato attorno all’asse spalla –

polso, verrebbe indotta anche prono supinazione dell’avambraccio, in quanto i due assi di

rotazione non sono disaccoppiati. Sorge allora la necessità che il robot applichi il momento di

sostegno lungo l’asse disaccoppiato dall’asse nab, di cui si è discusso nel capitolo che riguarda la

cinematica del sistema, e dall’asse dell’avambraccio (che coincide con l’asse di prono supinazione),

come mostrato in figura. Per implementare questa soluzione, si individua l’asse di applicazione

come prodotto vettore tra i due assi prima citati.

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Figura 32: il sistema biomeccanico relativo al braccio vincolato all’end effector.

Valgono le seguenti tre equazioni che regolano la statica del sistema, in modo da garantirne

l’equilibrio; si sceglie di proiettare sugli assi lungo i quali non agisce la coppia per poter risolvere il

sistema nelle incognite F e R. Si indicano:

con S la spalla, con B il baricentro del braccio, con E il gomito, con A il baricentro dell’avambraccio,

con O il punto in cui è localizzato il punto di applicazione delle reazioni sull’ortesi, con W il polso.

- Equilibrio dei momenti attorno alla spalla, proiettati sull’asse nab:

- Equilibrio dei momenti attorno alla spalla, proiettati sull’asse di prono supinazione:

- Equilibrio dei momenti attorno al gomito, proiettati sull’asse nab:

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Le tre equazioni sopra mostrate, messe a sistema, consentono di individuare il valore delle

incognite Fx, Fy, Fz (componenti di F), fornisce il valore delle reazioni a livello del baricentro

dell’ortesi. La reazione corrispondente alla spalla si ottiene risolvendo, nell’incognita R, la

seguente:

Si determina infine la coppia di sostegno. Per farlo, occorre innanzitutto mettere in evidenza le

azioni interne a livello del gomito: la forza G e la coppia Cg (figura 15). Esse risultano pari a:

Figura 33: sono mostrate le reazioni interne del gomito.

Si può ora calcolare direttamente C:

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Occorre però valutare l’entità delle reazioni a livello dell’end effector. La componente di forza

resta la medesima individuata nel baricentro dell’ortesi (F), mentre varia il valore dei momenti.

Applicando l’equazione di trasporto dei momenti scrivo (figura 16):

Figura 34: in evidenza il trasporto del momento dal punto O al punto W.

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5.4 - MODELLO MUSCOLARE

5.4.1 - SCOPO DELLA MODELLAZIONE MUSCOLARE

Risulta d’interesse fornire una stima del contributo di forza da attribuire a ciascun muscolo a

seguito dell’attivazione volontaria del paziente, durante l’esecuzione di un task motorio, assegnati

i parametri cinematici ad esso relativi. L’applicazione di un modello muscolare rende conto dei

contributi di forza attiva e passiva (si rimanda al capitolo dedicato) esercitati dal muscolo e ottiene

una stima del parametro di attivazione del muscolo, ovvero dell’intensità di attivazione muscolare

indotta dal segnale neuronale. Quest’ultimo obiettivo potrà consentire ad esempio di tarare una

stimolazione funzionale mirata, per mezzo dell’adozione di parametri appropriati.

5.4.2 - GENERALITA’

L’introduzione delle strutture muscolari consente l’analisi dei “motori” determinano l’esecuzione

dei movimenti illustrati nel capitolo sulla cinematica. L’anatomia delle strutture muscolari

interessate dai movimenti del braccio è decisamente complessa e ridondante, data la presenza di

numerosi attuatori e da meccanismi si attivazione sinergica di più muscoli. Una semplice

considerazione di carattere generale ci fa osservare che a seconda di quali movimenti si vuole

simulare, occorre garantire la presenza dell’attuatore che consente effettivamente l’esecuzione di

tale movimento. L’introduzione o meno di determinati elementi muscolari ha immediate

ripercussioni sullo spazio di lavoro che può essere esplorato dal braccio riprodotto dal modello.

Il ruolo rivestito da alcuni muscoli è tuttavia marginale in termini di apporto complessivo per

garantire l’esecuzione della maggior parte dei movimenti del braccio, si è scelto quindi di

modellare l’azione di alcune strutture muscolari che si è visto in letteratura essere coinvolte

maggiormente nel movimento di reaching (Turner, Sacco, Hunter) e nell’esplorazione generica del

workspace.

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Figura 35: i muscoli del braccio e coinvolti nel suo movimento.

In accordo con lo studio citato, si sono quindi scelti i seguenti muscoli: bicipite, tricipite,

brachioradiale e deltoide (fasci anteriore e posteriore), cui sono stati aggiunti trapezio, gran

pettorale, gran dorsale, e pronatore dell’avambraccio (Pennestrì et al, 2006).

A ciascuno degli otto attuatori inseriti sono associate delle specifiche funzioni che vengono

illustrate nel seguente paragrafo.

Figura 36: i muscoli bicipite, tricipite e brachioradiale.

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Il bicipite brachiale è il principale muscolo flessore dell’avambraccio; agisce quindi sul movimento

di q4 quando l’avambraccio è in flessione. In sinergia con il brachioradiale contribuisce alla

supinazione dell’avambraccio (q5). Il tricipite è il principale muscolo estensore dell'avambraccio;

interviene quindi per il movimento di q4 in contrapposizione al bicipite. Il muscolo brachioradiale

si trova nell’avambraccio. E’ coinvolto nel movimento di supinazione dell’avambraccio, e ne

garantisce la possibilità di flessione in sinergia con il bicipite. Risulta anch’esso fondamentale per

simulare l’azione su q4 e q5. Anche se rappresenta una semplificazione, nel modello si riterrà il

brachioradiale responsabile in supinazione dell’avambraccio, e il pronatore attivo in pronazione

(q5).

Figura 37: il muscolo deltoide, nella sua porzione anteriore e posteriore rispettivamente, e il

muscolo pronatore dell’avambraccio.

La schematizzazione dei muscoli che agiscono sulla spalla risulta particolarmente complessa a

causa della grande ridondanza i attuatori. E’ stata quindi effettuata una selezione dei muscoli

principali. Il deltoide è formato da tre parti, delle quali ne sono modellate due (anteriore e

posteriore); la sua funzione principale è quella di sollevare il braccio in tutte le direzioni fino a 90º,

essendo muscolo sia abduttore che elevatore. E’ quindi l’attuatore fondamentale per q2 in

elevazione anteriore (capo anteriore) e posteriore (capo posteriore).

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Figura 38: i muscoli trapezio, gran dorsale, gran pettorale.

Il trapezio interviene elevando il braccio oltre i 90º (q2); il gran dorsale è responsabile

dell’estensione, adduzione e abduzione orizzontale (composizione di q1, q2), flessione a partire da

posizione estesa e rotazione interna della spalla (q3). Il gran pettorale ha tre funzioni

fondamentali: sollevare l’omero ruotando il braccio verso l’alto (q2), addurre l’omero a destra e a

sinistra (composizione di q1 e q2).

5.4.3 - MODELLAZIONE DEI MUSCOLI

Ciascun muscolo viene modellato come un elemento attuatore elastico (Rasmussen, 2005): ovvero

come un elemento in grado di scambiare forze di azione/reazione che agiscono lungo una

determinata direzione. Risulta quindi fondamentale definire per ciascun muscolo i punti

d’inserzione, che sono relativi al complesso muscolo-tendine. Il tendine ha una rigidità molto più

elevata del muscolo e pertanto le variazioni di lunghezza del complesso muscolo-tendine possono

essere approssimate come una variazione di lunghezza della sola struttura muscolare.

I punti d’inserzione vengono estratti dal database stilato da Yamaguchi (2001) e sono tabulati in

tabella 4. In tabella sono mostrati anche i valori , ovvero la lunghezza di ciascun complesso

muscolo-tendine, e , cioè il picco massimale di forza che un muscolo può esercitare. Tale valore

dipende dall’area di cross sezione del muscolo, che a propria volta è proporzionale alla sua massa,

al coseno dell’angolo formato tra le fibre del muscolo e la sua linea d’azione, e inversamente

proporzionale alla densità del muscolo e alla sua lunghezza. Nel modello sono inclusi in totale nove

elementi di azione/reazione per lo scambio delle forze.

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Tabella 4: database dei muscoli dell’arto superiore (Pennestrì et al, 2006, citando Yamaguchi,

2001).

Figura 42: sistema di riferimento relativo ai dati in tabella.

Occorre definire delle relazioni che consentano di calcolare, istante per istante, alcuni parametri

muscolari: la direzione di azione lungo la quale il muscolo esercita forza, la lunghezza e la velocità

di accorciamento/allungamento. Per motivi legati all’anatomia e alla configurazione dei muscoli,

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sono stati individuati due modelli differenti: il primo per i muscoli che agiscono su giunti planari

(q4 e q5), la cui meccanica è di tipo seriale, e che coinvolge i muscoli bicipite, tricipite,

brachioradiale e pronatore; il secondo per i muscoli che interessano la spalla, la cui meccanica è di

tipo parallelo ridondante: ogni attuatore può movimentare più giunti.

5.4.3.1 - MUSCOLI “PLANARI”

I punti di inserzione dei muscoli “planari” sono significativi della direzione di applicazione della

forza per il muscolo bicipite. Per tale muscolo, si definisce la lunghezza come la congiungente le

due inserzioni. La velocità di contrazione/allungamento V è invece definita facendo riferimento a

figura, secondo la formula:

Indicando con V1 la velocità della prima inserzione e con I la sua posizione, con V2 la velocità della

seconda inserzione e con J la sua posizione.

Figura 39: la velocità del muscolo bicipite.

Le medesime considerazioni non possono essere applicate ai muscoli tricipite, pronatore e

brachioradiale, per i quali è stata eseguita una rimappatura dell’inserzione in modo che la

direzione di attivazione sia corretta, sfruttando tavole antropometriche. Tale affermazione è vera

in quanto tali muscoli avvolgono l’articolazione, passando dietro di essa.

Si è scelto quindi di modellare l’azione di ciascuno di questi muscoli attraverso una puleggia alla

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quale è vincolata la seconda inserzione, che con il ruotare del giunto (e quindi della puleggia)

trascina l’inserzione, causando l’allungamento o l’accorciamento del muscolo e uno spostamento

dell’inserzione. Si nota che la direzione lungo la quale agisce il muscolo non risulta così essere

modificata. In figura è mostrato il movimento dell’inserzione per la flessione dell’avambraccio.

Tale modello prevede il muscolo possa allungarsi e accorciarsi con una velocità individuata dalla

formula:

)

Dove r è il raggio della puleggia e w la velocità angolare di giunto. La lunghezza del muscolo è

invece definita come:

)

Dove L0 è la lunghezza a riposo del muscolo, r il raggio della puleggia e qi il valore dell’angolo di

giunto.

Figura 40: modellazione del muscolo tricipite all’aumentare della flessione del braccio.

Sono stati inoltre inseriti alcuni muscoli agonisti, per rendere conto di tutto il contributo di forza

che può essere espresso: ai due capi del bicipite si unisce l’azione del muscolo brachiale, e sono

modellati entrambi i capi del tricipite.

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5.4.3.2 - MUSCOLI DELLA SPALLA

I muscoli della spalla agiscono secondo una meccanica parallela ridondante. I tre giunti alla spalla

possono essere infatti mossi da più muscoli contemporaneamente, in modo non indipendente

l’uno dall’altro. La direzione d’azione è identificata dalla congiungente le due inserzioni per i

muscoli gran dorsale, trapezio e pettorale, mentre per i due fasci del deltoide (anteriore e

posteriore) è stata eseguita una rimappatura delle inserzioni per identificarne correttamente la

direzione d’azione, secondo una procedura analoga a quella illustrata nel paragrafo relativo ai

muscoli planari.

Per determinare la velocità di accorciamento dei muscoli, si anticipa una relazione che verrà

utilizzata in seguito:

Dove con si indica la velocità angolare del giunto sferico rispetto agli assi cartesiani di

riferimento, e con la velocità di accorciamento/allungamento dei muscoli che si vogliono

calcolare. Jm è un operatore che verrà definito in seguito; interessa ora individuare , in modo da

poter calcolare .

Sfruttando le convenzioni cardaniche (λ=1), è possibile esprimere il legame tra le velocità angolari

del giunto sferico rispetto agli assi del sistema di riferimento principale (indicati con i,j,k), alle

variazioni degli angoli rispetto ai primi tre giunti, identificati come α, β, γ secondo la relazione:

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Figura 41: raffigurazione delle grandezze che compaiono per determinare .

5.4.4 - AZIONI SCAMBIATE ALL’END EFFECTOR

In corrispondenza dell’end effector, a causa del vincolo tra la mano del paziente e la manopola,

durante l’esecuzione di un task motorio o anche staticamente, sono scambiate delle forze e

coppie. Esse possono essere scomposte nei seguenti contributi:

Ftot = Fvol + Fgrav + Fin

Dove Ftot indica l’integrale di tutte le forze agenti dell’end effector, scomposto in tre componenti:

Fgrav indica la componente dovuta al peso del paziente che si scarica sul sostegno, Fin indica il

contributo dovuto alle forze d’inerzia, e Fvol indica le forze dovute alla contrazione muscolare

volontaria esercitata dal paziente.

Il contributo di forza all’end effector che ci interessa è quello dovuto alla componente di

attivazione volontaria dei muscoli, che può poi essere ripartito tra gli attuatori stessi tramite la

relazione cinetostatica. Tale contributo è ovviamente incognito, ma può essere ottenuto per

differenza: le forze e coppie antigravitarie sono note per stima a priori e utilizzate per il sostegno

del braccio del paziente; il termine Ftot , somma di tutti i contributi, è ottenuto per misura diretta

grazie al sensore di forza.

La stima delle forze d’inerzia, riportate all’end effector, avviene secondo la seguente:

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Dove mb e mav sono le masse di braccio e avambraccio e ab e aav le accelerazioni dei relativi

baricentri.

Si può quindi risalire, per differenza, ai valori di forze e coppie letti dal sensore dovuti al solo

contributo delle azioni volontarie del paziente.

L’utilizzo della funzione di sostegno non è tuttavia obbligatoria: qualora non sia necessaria (ad

esempio nel caso il paziente sappia già sostenersi, o la prova sia condotta su un soggetto sano),

l’utilizzo del sensore non cambia. Infatti, in questo caso, rientrano tra le forze volontarie erogate

dal paziente anche parte delle azioni deputate al sostegno della gravità, in quanto autogenerate

dal paziente, senza necessità d’intervento del robot.

5.4.5 - ANALISI CINETOSTATICA E MATRICE JM

Lo scopo di questa sezione è individuare un metodo per risalire alle forze agenti sui muscoli,

isolando il contributo di maggior interesse relativo alle forze prodotte volontariamente dal

paziente.

Il primo passo consiste nell’analisi cinetostatica del sistema. Si tratta di un metodo appartenente

alla teoria robotica, che consente di legare le forze (e coppie) scambiate in corrispondenza

dell’end effector ( ) alle coppie erogate ai giunti ( ). Tale legame è espresso dalla matrice

jacobiana J del sistema, che è possibile costruire se sono noti i parametri di Denavit-Hartenberg

del robot, secondo la relazione:

Tale relazione è efficace per un generico robot i cui giunti siano mossi da un motore; note le forze

misurate all’end effector, è nota anche la coppia corrispondente su ciascun giunto.

La matrice jacobiana J interviene anche nella relazione tra grandezze cinematiche:

dove è la velocità dell’EE, J la matrice Jacobiana del robot che costituisce il braccio, la derivata

dei gradi di libertà (ovvero, il vettore contenente le velocità angolari di giunto). La matrice

Jacobiana lega quindi anche la velocità dell’end effector, espressa in coordinate cartesiane, alla

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velocità di movimento nello spazio dei giunti. Può essere costruita geometricamente, ma poiché

non costituisce il vero cuore del modello ed è nota una volta assegnata la struttura cinematica del

robot, viene determinata numericamente dal Robot Toolbox di Matlab.

Il passo ulteriore da compiere, consiste nell’osservare che i motori del sistema non sono

rappresentati da “generatori di coppia” associati i relativi giunti, ma che ogni giunto nel modello è

mosso da almeno due attuatori muscolari che a loro volta possono esercitare una forza che

interviene sul movimento di più giunti, per generare le coppie di giunto necessarie. Interessa

quindi individuare un legame tra i valori di giunto e gli attuatori muscolari; si individua la seguente

relazione cinematica:

dove Jm è la matrice che associa all’accorciamento/allungamento di ciascun muscolo il contributo

che esso svolge nel muovere ciascun grado di libertà, e è la velocità di

allungamento/accorciamento di ciascun attuatore.

Per la dualità cinetostatica, la matrice Jm interviene, al pari di quella jacobiana, anche nella

relazione tra grandezze dinamiche:

Dove con si indicano le coppie ai giunti e con si indicano le forze agenti sui muscoli.

Combinando le precedenti si può scrivere:

Dove si indicano con dle la velocità all’end effector e con dlm la velocità di accorciamento dei

muscoli.

Ci si prefigge ora di individuare un legame tra grandezze dinamiche, in particolare tra le forze

agenti sul muscolo e le forze scambiate all’end effector. Per farlo, si applica il principio dei lavori

virtuali. Sapendo che dle e dlm sono legate a variazioni infinitesime virtuali del posizionamento

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dell’end effector e degli attuatori rispettivamente, mentre sono le forze che agiscono sull’end

effector e sugli attuatori, si può scrivere:

Sostituendo si ricava:

Sviluppando i calcoli:

Raccogliendo dlm’:

Dovendo valere per ogni spostamento virtuale dlm’, si deduce che:

Questa relazione indica che, se si conoscono le azioni (o azioni equivalenti) che agiscono sull’end

effector, si possono ricavare direttamente il valore delle forze sui muscoli che muovono il sistema.

La parte più significativa del modello consiste nell’individuare la matrice Jm, che rende

quantitativo il legame tra le forze esercitate da ciascun muscolo e le coppie che agiscono su ogni

giunto. Per la dualità cinetostatica, tale matrice risulta essere la medesima che lega le grandezze

cinematiche: la velocità di accorciamento dei muscoli e il movimento che essi inducono su ciascun

giunto, cioè la formulazione data sopra. Nei prossimi paragrafi viene illustrata la procedura per

determinare Jm.

5.4.6 - MODELLAZIONE GIUNTO BIDIMENSIONALE - GOMITO

Per i giunti planari del gomito (q4 e q5), si vuole individuare la formulazione della matrice Jm. Essa

ha dimensioni 2x4; 2 sono i giunti, 4 i muscoli che agiscono a livello del gomito. Jm è una matrice

non quadrata, di dimensione (numero di gradi di libertà x numero di muscoli), e può essere

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ottenuta come pseudo inversa della matrice ottenuta secondo la procedura seguente; il legame

che si individua risulta essere:

Per trovare , si procede muovendo l’i-esimo grado di libertà secondo la traiettoria fornita, in

modo da separare i contributi di ciascuno di essi al movimento, posa per posa. Si valuta poi le

velocità di accorciamento del muscolo j-esimo, dovuta al movimento del solo i-esimo grado di

libertà, secondo la procedura mostrata nel capitolo 4.4.3.1. Tale velocità diviene l’elemento i,j-

esimo della matrice ricercata. Questo procedimento è giustificato dagli studi di Hinson, Smith e

Funk (1979) che riportano: “l’evidenza sperimentale dimostra che la velocità costante del

movimento angolare degli arti non è accompagnata da velocità costante di accorciamento dei

muscoli”. Il profilo di accorciamento risulta infatti “a campana”.

5.4.7 – MODELLAZIONE GIUNTO SFERICO: SPALLA

La modellazione dei giunti della spalla risulta essere più complessa. Infatti il giunto sferico è

tridimensionale e l’azione dei muscoli non è indipendente lungo ciascun giunto, ma legata

all’azione che il medesimo muscolo può avere sui tre giunti contemporaneamente. Si tratta quindi

di un’azione muscolare parallela. Il sistema è mostrato in figura:

Figura 43: il sistema biomeccanico del giunto sferico che modella la spalla (rappresentazione

qualitativa).

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Per individuare la matrice Jm (dimensione 3x5), ci si serve della formulazione rispetto a grandezze

dinamiche di tale matrice, che si ricorda essere:

Dove sono le coppie applicate rispetto al sistema di riferimento assoluto centrato nella spalla

e le forze agenti sui muscoli.

La formulazione della matrice Jm rispetto alle grandezze dinamiche, così scritta, non è altro che la

matrice che contiene i bracci di leva di ciascun muscolo nei confronti di ciascuno dei tre assi.

L’elemento i-j-esimo della matrice Jm è dato dalla distanza tra l’asse i-esimo e il muscolo j-esimo.

Figura 44: rappresentazione qualitativa dei termini di Jm.

5.4.8 - MATRICE DI ATTIVAZIONE MUSCOLARE

La matrice Jm rappresenta le potenzialità che ogni muscolo ha di muovere uno specifico giunto.

Tuttavia l’attivazione muscolare è prerogativa di una sola azione di accorciamento. Pertanto, la

matrice Jm verrà pesata, termine per termine, da un’ulteriore matrice L composta di 0 ed 1 in

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corrispondenza dell’attivazione o meno di un muscolo durante l’esecuzione di uno specifico task,

in modo da considerare attivi solo i muscoli in accorciamento. Tale procedimento è valido se si

ritiene che solo il muscolo agonista stia esercitando forza, quindi in assenza di cocontrazioni.

Quest’ultima matrice “binaria” è rappresentativa dell’attivazione dei motori in ogni specifico

istante della traiettoria, ed è ottenuta nuovamente per mezzo dell’applicazione della relazione

cinetostatica:

Dove è il vettore delle coppie ai giunti, J la matrice jacobiana del robot relativa alla

configurazione in esame, e le forze misurate all’end effector depurate dalla componente

gravitaria e dalle forze d’inerzia. Il segno della coppia agente su ciascun giunto definisce quali

muscoli sono attivati; pertanto, sotto l’ipotesi semplificativa che tale coppia non sia dovuta ad

un’azione differenziale degli attuatori di quel giunto ma solo all’azione del muscolo agonista, è

possibile identificare quali muscoli stiano agendo per il movimento di quali giunti.

I muscoli svolgono le seguenti funzioni:

- q1: coppia antioraria, pettorale; oraria, gran dorsale;

- q2: fino a quota della spalla: coppia in elevazione, deltoide anteriore; coppia in discesa,

pettorale; sopra quota della spalla: in elevazione, trapezio, in discesa, gran dorsale.

- q3: coppia in rotazione interna, gran dorsale, coppia in rotazione esterna: deltoide

posteriore;

- q4: coppia in flessione avambraccio, bicipite; in estensione, tricipite.

- q5: coppa in supinazione, brachioradiale; in pronazione, pronatore.

Si ottiene così la relazione cinetostatica finale del modello, con la matrice Jm pesata dalla matrice

L elemento per elemento:

Jmi,j = Jmi,j Li,j

La modellazione proposta nel paragrafo precedente suggerisce una metodologia per il calcolo

delle forze agenti su ciascun muscolo. Tuttavia tale approccio necessita di differenziare la

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metodologia di costruzione della matrice Jm, che è differente perché è diversa la configurazione

dei muscoli e la loro azione per la spalla e il gomito.

5.4.9 - MODELLO MATEMATICO MUSCOLARE

La forza generata da un muscolo è dovuta alla somma di due componenti: attiva e passiva. La

componente attiva è generata dallo scorrimento dei filamenti di actina e miosina, ovvero

dall’intervento delle componenti contrattili del muscolo. La componente passiva, al contrario, è

dovuta al contributo di forza fornito dalle componenti non contrattili di origine elastica. In prima

analisi un muscolo può essere considerato come un attuatore la cui forza attiva agisce su un

elemento elastico posto in serie. Hill (1922) osservò tuttavia che un muscolo riesce a produrre più

forza in condizione isometrica; più velocemente esso si accorcia, minore è la forza che può

produrre. Si tratta di un comportamento analogo a quello di un pistone che comprime un fluido:

più veloce si spinge il pistone, maggiore è la resistenza che il fluido offre. Queste considerazioni

inducono a dedurre la presenza di un elemento viscoso, caratteristico della contrazione

muscolare. Pertanto, al modello iniziale, si aggiunge in parallelo la presenza di uno smorzatore

viscoso. L’elemento elastico risulta responsabile dei rapidi accorciamenti e allungamenti del

muscolo quando muta la sollecitazione a carico, ed è caratterizzato da un valore di stiffness.

L’elemento viscoso ne spiega il comportamento dinamico, inteso come capacità di generare forza

in base alla velocità della contrazione. Esso è caratterizzato da un coefficiente di viscosità. I due

elementi sopra descritti costituiscono il modello delle componenti passive della forza muscolare.

La forza contrattile (attiva) del muscolo agisce contro queste componenti per fornire l’effettiva

forza che l’attuatore produce durante una contrazione.

Per il calcolo della tensione totale che agisce su un muscolo, somma dei contributi di tensione

attiva e passiva, è utilizzato il modello proposto da Zajac (1989), che incorpora le relazioni dovute

alle componenti elastiche e viscose proposte da Maxwell e Voigt e quelle di contrazione attiva

valutate da Hill, entrambe in funzione di lunghezza del muscolo e sua velocità di contrazione. La

forza totale che agisce sul muscolo è pari a:

Dove Fa e Fp rappresentano i contributi di forza attiva e passiva che agiscono sul muscolo, a(t) un

valore di attivazione compreso tra 0 e 1, che rende conto del grado di contrazione volontaria del

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muscolo. f1, f2, f3 rappresentano funzioni sperimentali dipendenti da stiramento del muscolo e

sua velocità di contrazione, la cui forma è la seguente:

Valgono infatti:

Dove l è la lunghezza del muscolo e V la sua velocità di contrazione.

La forza Fm agente su ciascun muscolo è nota, ricavata come parametro di uscita dalla relazione

cinetostatica, applicata punto per punto della traiettoria; il parametro incognito che si vuole

ricavare è dunque a(t), e a seguito di esso, le componenti di forza attiva e passiva agenti su ciascun

muscolo.

5.5 - CALCOLO DELLA POTENZA ESPRESSA AI GIUNTI

Si è infine calcolata la potenza espressa ai giunti, ottenuta come prodotto tra le coppie agenti su

ciascun giunto e la relativa velocità angolare di rotazione.

Dove C è ottenuta attraverso la relazione cinetostica:

Fe rappresenta il termine di forze misurate all’end effector. Si può quindi ricercare la potenza

espressa ai giunti per bilanciare l’effetto gravitario, per il movimento, o per entrambi.

Il modulo della velocità angolare di ciascun giunto è invece espresso dalla relazione:

wi = (qi – qi-1) * fc

Dove fc è la frequenza di campionamento della traiettoria.

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6 - VALIDAZIONE MODELLO

Nel seguente capitolo sono chiarite le procedure e i protocolli di cui ci si è serviti per l’acquisizione

dei movimenti, e sono illustrati i parametri di validazione del modello biomeccanico.

6.1 - PROTOCOLLO DI ACQUISIZIONE

La validazione del modello, in termini procedurali, si divide in due parti: la prima, volta a verificare

la correttezza delle previsioni fatte in sede di sostegno del braccio, e la seconda, che consiste

invece nel servirsi di tale stima per calcolare tutte le grandezze d’interesse (forza ai muscoli,

attivazione muscolare, potenza ai giunti…). L’utilizzo del modello si basa su una corretta

quantificazione delle forze gravitarie; pertanto, il primo paragrafo di questo capitolo è dedicato al

confronto tra i valori registrati sul sensore di forza e le previsioni fatte dal modello, sulla base di

alcune configurazioni predefinite. Per garantire la validità dell’ipotesi alla base del problema

(paziente totalmente sostenuto contro gravità), è stato costruito un dispositivo che sostiene

integralmente il braccio, le cui reazioni si scaricano integralmente sull’end effector del robot.

Allo scopo di ricavare le grandezze d’interesse, la seconda parte del protocollo di validazione

prevede l’esecuzione di dieci traiettorie di reaching antigravitario consecutive, eseguite in

movimento lento, seguendo tre leggi di moto differenti, partendo da posizione seduta, con

schiena eretta, braccio appena arretrato rispetto alla verticale, e mano poggiata sulla porzione

prossimale della coscia, con avambraccio poco inclinato verso il basso.

Il soggetto è ancorato al robot senza ortesi: il controllore del robot non è ancora in grado di gestire

le rotazioni dell’end effector, pertanto risulta al momento impossibile eseguire il movimento con il

supporto dell’ortesi. L’impianto teorico sviluppato resta valido purchè siano modificati il punto di

appoggio e nel quale si concentrano le reazioni (ora coincidente con il polso del modello, al posto

del baricentro dell’ortesi) e senza valutare il contributo delle coppie all’end effector, il cui valore è

determinato dalla possibilità di muovere il polso (dato che non c’è l’ortesi a impedirne i

movimenti). Le azioni associate ai gradi di libertà del polso sono responsabili della gran parte del

contributo di coppia, e per questo vengono trascurate.

La cinematica delle traiettorie e della configurazioni di sostegno gravitario acquisite è ottenuta

tramite l’utilizzo di tre marcatori passivi, posti sull’acromion, sul gomito e sul polso in

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corrispondenza della testa dell’ulna. Il movimento prevede il raggiungimento di un target posto

all’altezza della spalla e raggiungibile per mezzo del braccio completamente teso in avanti. La

frequenza di campionamento della cinematica è di 140 Hz; l’acquisizione dei sensori di forza oscilla

tra i 166 e i 200 Hz. Per garantire il sincronismo e la corrispondenza tra le due acquisizioni, i dati

acquisiti dal sensore subiscono un processo di interpolazione e ricampionamento a 140 Hz. Il

software prevede la possibilità di sottocampionare ulteriormente i dati; le prove effettuate nel

capitolo di validazione prevedono un sottocampionamento di un fattore 14.

I parametri di validazione vengono indicati paragrafo per paragrafo.

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6.2 - PREVISIONI MODELLO – CONDIZIONI STATICHE

Per alcune pose all’interno del workspace è calcolato il contributo di forze necessario al sostegno

gravitario di un soggetto sano alto 178 cm e di 61 kg di peso. Tali previsioni sono state comparate

con i valori medi forniti dal sensore di forza.

Figura 45: configurazione di prova, fotografata e raffigurata tramite Robot toolbox.

Tabella 5: valori di forze e coppie misurate dal sensore e calcolate tramite il modello nella

configurazione di figura 45.

Azione Forze EE

(misurate dal

sensore)

Forze gravitarie

(calcolate dal

modello)

Errore di

previsione

Fx 0.6629 N -0.5316 N -1.1945 N

Fy -0.7819 N -1.8872 N -1.1053 N

Fz 11.3706 N 15.5155 N 4.1449 N

Cx 0.1712 Nm 0.1356 Nm -0.0356 Nm

Cy 2.6303 Nm 2.4448 Nm -0.1855 Nm

Cz -0.1832 Nm 0.0805 Nm 0.2637 Nm

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Figura 46: configurazione di prova, fotografata e raffigurata tramite Robot toolbox.

Tabella 6: valori di forze e coppie misurate dal sensore e calcolate tramite il modello nella

configurazione di figura 46.

Azione Forze gravitarie

(misurate dal

sensore)

Forze gravitarie

(calcolate dal

modello)

Errore di

previsione

Fx 1.5750 N -4.1638 N -5.7388 N

Fy -2.6575 N -6.6253 N -3.9678 N

Fz 17.5671 N 16.9452 N -0.6219 N

Cx 4.3710 Nm 2.8837 Nm -1.4873 Nm

Cy -0.2754 Nm -0.3490 Nm -0.0736 Nm

Cz -0.1970 Nm -1.0595 Nm -0.8625 Nm

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Figura 47: configurazione di prova, fotografata e raffigurata tramite Robot toolbox.

Tabella 7: valori di forze e coppie misurate dal sensore e calcolate tramite il modello nella

configurazione di figura 47.

Azione Forze gravitarie

(misurate dal

sensore)

Forze gravitarie

(calcolate dal

modello)

Errore di

previsione

Fx 2.7734 N -0.0065 N -2.7799 N

Fy 0.6191 N 0.0083 N -0.6108 N

Fz 20.2932 N 18.3894 N -1.9038 N

Cx 4.7268 Nm 2.9428 Nm -1.784 Nm

Cy -0.3901 Nm -1.1561 Nm -0.766 Nm

Cz 0.0316 Nm 0.0045 Nm -0.0271 Nm

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Figura 48: configurazione di prova, fotografata e raffigurata tramite Robot toolbox.

Tabella 8: valori di forze e coppie misurate dal sensore e calcolate tramite il modello nella

configurazione di figura 48.

Azione Forze gravitarie

(misurate dal

sensore)

Forze gravitarie

(calcolate dal

modello)

Errore di

previsione

Fx 0.7617 N -3.4850 N -4.2467 N

Fy -0.1043 N 0.5125 N 0.6168 N

Fz 8.4703 N 9.1437 N 0.6734 N

Cx 1.7341 Nm 0.7220 Nm -1.0121 Nm

Cy -0.0618 Nm -0.0632 Nm -0.0014 Nm

Cz 0.1313 Nm 0.8667 Nm 0.7354 Nm

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Si riporta l’errore medio compiuto dal modello nella valutazione di forze e coppie nelle quattro

configurazioni in tabella 9. L’errore medio risulta essere basso per forze lungo la direzione y e z, e

per le coppie lungo y e z. Si notano invece discrepanze rilevanti comparando forze e coppie lungo

x. Non è stata condotta un’analisi statistica più dettagliata per necessità di valutazione di un

numero elevato di soggetti in un numero elevato di pose.

Tabella 9: errore di previsione medio.

Azione Errore di previsione medio

Fx -3.4900 N

Fy -1.2668 N

Fz 0.5731 N

Cx -1.0784 Nm

Cy -0.2566 Nm

Cz 0.0274 Nm

Le misure effettuate garantiscono un grado di precisione da interpretare in considerazione degli

errori introdotti in fase di procedura sperimentale, di errori di misura del sensore stesso, e di

approssimazioni compiute dal modello. La procedura di acquisizione dei dati contiene due fonti

d’errore: in primo luogo, il posizionamento dei marker introduce un errore di dislocazione

quantificabile in 2-4 centimetri in quanto il marcatore non è esattamente posizionato sul punto

anatomico di cui si tiene traccia; l’errore può essere cumulato a seconda della configurazione in

cui si trova il braccio. Inoltre, l’acquisizione dei dati su un soggetto sano comporta la generazione

“involontaria” di una coppia di sostegno alla spalla. Si ritiene infatti che i valori rilevati sui sensori

siano affetti da errori causati dall’appoggio: il braccio del soggetto è involontariamente in parte

auto sostenuto, pertanto si scaricano delle azioni di entità inferiore in corrispondenza dell’ortesi, e

quindi anche del sensore. Il sensore introduce a propria volta un errore che oscilla tra -1,5 N e 1,5

N rispetto al valore corretto, mentre per le coppie l’imprecisione si attesta entro un range

compreso tra -0.15 N e 0.15 N. Ci sono anche degli elementi di imprecisione introdotti dal

modello: la lunghezza e la massa dei segmenti anatomici sono ricavate da tabelle

antropometriche, mentre per un utilizzo corretto del modello sarebbe opportuna una misurazione

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diretta di tali parametri. Il modello semplifica inoltre la geometria del sistema, valutando come

monodimensionali braccio e avambraccio, e approssimando la posizione del centro-spalla; si

introduce pertanto un ulteriore margine di errore.

Per un’analisi più accurata dei dati, si rileva l’importanza dell’esecuzione di un maggior numero di

prove, così da poter condurre un’analisi statistica che consenta di interpretare correttamente le

previsioni effettuate dal modello; inoltre, tali rilevazioni andrebbero eseguite su pazienti affetti da

patologie neurologiche, in modo da rendere pienamente valida l’ipotesi di braccio non in grado di

autosostenersi. A queste osservazioni si unisce la necessità di tarare alcuni parametri quali massa

e lunghezza sei segmenti anatomici per garantire che essi siano rappresentativi del paziente in

oggetto.

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6.3 - CONDIZIONI DINAMICHE

Il movimento analizzato è di di reaching antigravitario a velocità lenta, andata e ritorno ripetuti più

volte, spingendo il robot. Si tratta di un task motorio che si sviluppa in ampia prevalenza lungo il

piano sagittale, che decorre in direzione anteroposteriore, come illustrato in figura 49. Il

movimento consiste nell’estensione frontale del braccio, all’altezza della spalla, a partire da

posizione seduta, l’avambraccio flesso e la mano appoggiata sulla parte prossimale della coscia.

Figura 49: I piani principali. Il movimento di reaching si sviluppa prevalentemente sul piano

sagittale, che decorre in direzione anteroposteriore.

In figura 50 è mostrata una visione bidimensionale, sul piano sagittale, del movimento. In nero, la

posizione della spalla; in blu, le posizioni del gomito; in verde, le posizioni del polso. I dati sono già

filtrati con filtro passa basso di Chebychev a doppio polo, con frequenza di taglio di 5 Hz. Il

movimento è acquisito a 140 Hz, sottocampionato di un fattore 14, per un totale di 10 campioni

acquisiti al secondo. L’insieme delle posizioni riportato comprende tutta l’acquisizione, mentre le

elaborazioni successive, per limitare il costo computazionale, e vista l’alta ripetibilità del

movimento almeno all’interno della medesima acquisizione, sono riferite ai primi tre movimenti di

reaching e relativo ritorno.

Sono stati posti quattro elettrodi per la valutazione del segnale elettromiografico proveniente dai

muscoli deltoide anteriore, deltoide posteriore, bicipite e tricipite del soggetto, valutati sulla

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medesima finestra temporale dei primi 3 movimenti di reaching e ritorno, messi a confronto con le

stime dei valori di forza predetti dal modello. Il segnale è acquisito a 1000 Hz e sincronizzato con la

cinematica.

Al fine di valutare il modello muscolare, sono state eseguite due ulteriori acquisizioni sul

medesimo soggetto: la prima, seguendo il robot con profilo di velocità trapezoidale, e la seconda

con medesima modalità ma profilo di velocità bell-shaped (a campana). Quest’ultimo movimento

risulta avere un profilo di velocità simile al movimento naturale di soggetti sani. Si è scelto il

muscolo maggiormente coinvolto nel movimento di reaching (il deltoide anteriore) per osservare

la variazione di forza muscolare attiva e passiva al variare della legge di moto.

Il capitolo è strutturato in modo da valutare l’entità dei parametri individuati dal modello ritenuti

più rappresentativi, a seguito della simulazione prodotta grazie al trattamento dei dati ottenuti dal

sistema ottico a marker passivi e dai sensori di forza.

Figura 49: traiettoria di reaching (dati filtrati con filtro di Chebychev passa basso, frequenza di

taglio 5 Hz). In nero la spalla, in blu il polso, in verde il gomito. Piano di vista sagittale.

Il movimento di reaching visualizzato in figura 49 è rappresentato sul piano sagittale (assi y e z del

riferimento).

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Costruzione della matrice di rototraslazione omogenea

A seguito dell’acquisizione dei dati cinematici, si costruisce la matrice omogenea di rototraslazione

che costituisce, posa per posa, il dato della cinematica inversa. La quarta riga della matrice

contiene semplicemente l’orlo; le quattro colonne di tre valori rappresentano rispettivamente le

direttrici degli assi x, y e z dell’ultima terna e la posizione del polso. L’asse z di rotazione dell’ultimo

giunto corrisponde con la direzione della congiungente gomito-polso, e la parte di traslazione è

data dalle coordinate cartesiane del polso. Si suppone fissato l’orientamento egli assi x e y

dell’ultima terna. Si ottengono le seguenti matrici (si riportano due esempi, del primo campione e

di uno degli ultimi):

In riferimento a figura 50, si osserva come la posizione del polso indicata dalla matrice (T:,:,1) sia

coerente con le coordinate identificate per il punto di partenza del reaching, così come

l’orientamento dell’asse di prono supinazione dell’avambraccio, orientato frontalmente e

parzialmente deviato verso il basso.

La matrice T(:,:,190) è relativa ad una configurazione in cui il braccio è quasi tornato alla posizione

di inizio reaching; la posizione del polso si avvicina a quella iniziale e l’avambraccio è orientato

frontalmente.

Valori ai giunti

A seguito delle considerazioni precedenti, si riportano i valori ottenuti nel calcolo della cinematica

inversa: gli angoli descritti da ciascun giunto durante l’esecuzione dei tre movimenti di reaching e

relativo ritorno.

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Figura 50: andamenti degli angoli di giunto: in blu, giunto 1; in verde, giunto 2; in rosso, giunto 3;

in ciano, giunto 4; in viola, giunto 5.

Il quinto giunto è considerato fermo per le ipotesi illustrate in precedenza (necessarie a fornire

una matrice di rototraslazione omogenea come dato per la computazione della cinematica

inversa).

La posizione del braccio calcolata dal modello ricalca abbastanza bene quella movimento di

reaching. Si osserva come il terzo giunto presenti una leggermente troppo marcata rotazione

esterna della spalla, mentre il quarto giunto, a termine del movimento, non raggiunge la piena

estensione, e dunque il braccio resta leggermente flesso. Il valore dell’angolo al primo giunto

appare anch’esso leggermente sottostimato; tale andamento è giustificato dal posizionamento dei

marker, che crea un leggero artefatto di posizione tra spalla e gomito.

Un dimensionamento dei parametri antropometrici del soggetto, unitamente ad un algoritmo di

correzione della posizione dei marker, dovrebbe risolvere i pur lievi gli errori di predizione

attualmente presenti.

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Stime delle forze gravitarie, forze volontarie, forze d’inerzia e forze misurate

all’end effector

Le considerazioni riportate in seguito fanno riferimento alle azioni scambiate lungo gli assi x, y e z

del riferimento. Noti i parametri cinematici del movimento, si procede al calcolo della stima delle

forze di sostegno gravitario, evidenziate sul grafico in colore blu. Queste forze dipendono solo

dalla configurazione in cui si trova il soggetto, e sono quelle che il robot deve erogare per il

sostegno del sistema; corrispondono, cambiate di segno, alle azioni che il soggetto, per gravità,

scarica sull’end effector. Le forze misurate all’end effector dai sensori sono invece evidenziate in

nero. Quest’ultimo tracciato rappresenta il totale delle forze che il soggetto scarica sull’end

effector; sottraendo quindi le componenti gravitaria e d’inerzia, si ottiene per differenza il

contributo dovuto alle forze volontarie, tracciate in verde sul grafico.

a)

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b)

c)

Figura 51: forze di sostegno (blu), forze d’inerzia (rosso), forze misurate all’end effector (nero) e

conseguenti forze di attivazione volontaria (verde). a=direzione x; b=direzione y; c=direzione z.

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Si osserva innanzitutto che l’entità delle forze d’inerzia è limitata; il sistema si muove con

accelerazioni sempre inferiori a

. Movimenti basati su leggi di moto più vicine alla quotidianità

dei movimenti potrebbero evidenziare contributi inerziali più elevati. Il contributo delle forze

inerziali risulta limitato anche perché il tracciato si riferisce ad una movimentazione dell’end

effector interamente a carico del paziente; le forze volontarie in gioco risultano di un ordine di

grandezza superiori.

Dai grafici si osserva come le forze volontarie espresse dal paziente e misurate in corrispondenza

dell’end effector abbiano verso concorde con la direzione del movimento, in accordo con quanto

ci si attende. Analizzando il movimento sul piano sagittale si nota come lo spostamento contro

gravità nella fase di reaching, è accompagnato da forze Fy negative, in accordo con la direzione del

movimento, e positive nella fase di ritorno. Allo stesso modo, durante il reaching le forze Fz lungo

l’asse z agiscono contro gravità, mentre diventano negative al ritorno, quando l’end effector si

muove secondo gravità.

Forze ai muscoli

Si riportano i valori di forza muscolare individuati dalla relazione cinetostatica: la forza volontaria

espressa dal paziente sull’end effector ripartita su ogni muscolo.

Figura 52: forze erogate da pettorale (blu), gran dorsale (verde) e trapezio (rosso).

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I muscoli dorsale e pettorale sono antagonisti al primo giunto; gli intervalli di attivazione congiunta

derivano dal fatto che il muscolo pettorale interviene anche per la movimentazione del secondo

giunto (in coppia discendente) e il dorsale interviene invece in rotazione interna della spalla.

Il muscolo trapezio non interviene; nel modello agisce solo per elevare il braccio oltre l’altezza

della spalla. Tale condizione rappresenta però il limite del range of motion del movimento di

reaching.

Figura 53: forze erogate da deltoide anteriore (blu) e deltoide posteriore (verde).

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Figura 54: tracciato EMG relativo ai muscoli deltoide anteriore (blu) e deltoide posteriore (verde).

Il confronto tra i grafici conferma come nel movimento di reaching si attivi il muscolo deltoide

anteriore, elevatore del braccio, che si alterna al deltoide posteriore nella fase di discesa. Il

modello ricalca l’andamento dell’emg, da cui si evince però la presenza di cocontrazioni muscolari

(contrazioni del muscolo antagonista il cui scopo è stabilizzare l’articolazione), la cui entità è

elevata a causa della lentezza del movimento (poco più di 4 secondi tra salita e discesa). Un

movimento eseguito più lentamente è caratterizzato da un pattern di attivazione muscolare più

ricco di cocontrazioni di stabilizzazione. Nel paragrafo relativo alle conclusioni e sviluppi futuri

verranno riprese queste considerazioni.

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Figura 55: forze erogate da bicipite (blu) e tricipite (verde).

Figura 56: tracciato EMG relativo ai muscoli bicipite (blu) e tricipite (verde).

In accordo con le previsioni cinematiche relative al quarto giunto, l’attivazione del muscolo bicipite

precede quella del tricipite nella fase iniziale del movimento di reaching. Il modello attribuisce in

seconda battuta l’intera coppia di giunto al muscolo tricipite, mentre dal grafico relativo all’attività

elettromiografica dei due muscoli, si evince come in un movimento lento e senza netta prevalenza

di lavoro compiuto da un muscolo rispetto all’antagonista, l’entità delle cocontrazioni sia rilevante.

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Le forze erogate dai due muscoli del quinto giunto sono nulle, in quanto in fase di costruzione

della matrice omogenea si è imposto un orientamento fisso dell’avambraccio.

Coppie ai giunti

Il grafico riportato di seguito illustra i valori di coppia ai giunti erogata da ciascun giunto, ad opera

della volontaria azione del paziente.

Figura 57: Coppia ai giunti dovuta al contributo volontario del soggetto ai cinque giunti: primo

giunto, in blu; secondo, in verde; terzo, in rosso; quarto in ciano; quinto, in viola.

La coppia volontaria espressa dal soggetto si indirizza prevalentemente sul secondo giunto, come

ci si attendeva, essendo il giunto maggiormente interessato dal movimento di reaching in esame.

Tale coppia movimenta il braccio sia in direzione frontale che in elevazione.

MODELLO MUSCOLARE: PROVE COMPARATIVE

Si riportano di seguito tre grafici relativi al muscolo deltoide anteriore, relativi al medesimo task

motorio, secondo tre leggi di moto differenti.

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Figura 58: Forze attive sul muscolo deltoide anteriore (blu), e passive (in verde), per movimento di

reaching con movimentazione del robot da parte del soggetto.

Figura 59: Forze attive sul muscolo deltoide anteriore (blu), e passive (in verde), per movimento di

reaching inseguendo la traiettoria con profilo di velocità trapezoidale.

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Figura 60: Forze attive sul muscolo deltoide anteriore (blu), e passive (in verde), per movimento di

reaching inseguendo la traiettoria con profilo di velocità “a campana”.

I tre grafici non presentano variazioni significative; il soggetto è sano e il modello muscolare

predice valori di forza passiva e attiva la cui entità non si discosta in modo consistente. Per un

soggetto sano, si osserva quindi una dipendenza estramamente ridotta dalle leggi di moto per le

componenti muscolari attiva e passiva.

Il movimento di pazienti neurologici è invece frequentemente caratterizzato da spasticità e di

conseguenza l’allungamento e accorciamento improvviso e non controllato delle fibre muscolari

può indurre una maggiore opposizione al moto e, di conseguenza, un valore di forza passiva di

entità superiore rispetto a quella calcolata su un soggetto attivo.

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7 – CONCLUSIONI E SVILUPPI FUTURI

E’ stato sviluppato un modello neuromuscolare dell’arto superiore umano, allo scopo di integrarlo

all’interno del controllore del robot Mitsubishi Pa-10 in dotazione all’Istituto di Tecnologie

Industriali e Automazione del Consiglio delle Ricerche di Milano. Il modello consente per ora

un’analisi dei dati offline, ma si adatterà alle necessità specifiche della piattaforma riabilitativa:

servirà a guidare il robot evitando configurazioni pericolose per l’integrità del braccio del paziente,

a valutare le forze e coppie necessarie per sostenere il paziente grazie al supporto di un’apposita

ortesi, e a ottenere stime di parametri meccanici e muscolari d’interesse. Il modello è stato

parzialmente validato per mezzo delle prime prove sperimentali che hanno dato esiti

soddisfacenti; si sono individuate le fonti di errore e il prossimo passo consisterà nell’integrarlo

all’interno della piattaforma riabilitativa e nell’utilizzo dell’ortesi definitiva. Per ottenere delle

stime più precise dei parametri biomeccanici d’interesse, le prime prove sperimentali hanno

evidenziato la possibilità di valutare una taratura dei parametri del modello per tenere conto in

modo accurato dei parametri antropometrici del paziente.

Si evidenzia anche la necessità di eseguire prove su pazienti affetti da patologie neurologiche per

un più ricco e statisticamente valido processo di validazione del modello, sia per garantire un

campione di prove maggiore, sia per utilizzare il modello nelle condizioni che ricalchino le ipotesi

di sviluppo entro le quali si è stato realizzato il lavoro. L’esecuzione di prove su paziente

neurologici permetterà anche di valutare se sia necessario adeguare o reindirizzare alcune scelte

progettuali per l’effettivo utilizzo della piattaforma riabilitativa, sia di discutere le leggi di moto che

risultino al tempo stesso più confortevoli per i pazienti e più efficaci per la riabilitazione.

In ottica di possibili miglioramenti futuri da apportare, è possibile valutare la modellazione di

ulteriori gruppi di muscoli, per rendere più completo il modello ridondante della spalla, tenendo

conto dell’azione di tutti gli attuatori che la movimentano. Questo procedimento dovrebbe ridurre

parzialmente il contributo di forza che il modello attualmente attribuisce ad ogni muscolo.

Successive applicazioni o esigenze riabilitative potrebbero condurre alla modellazione cinematica e

dinamica del polso e dei relativi gradi di libertà per introdurre la possibilità di eseguire task

riabilitativi senza la presenza dell’ortesi per pazienti i cui deficit non precludano la capacità di

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sostegno contro la gravità. Tale sviluppo consentirebbe la possibilità di riabilitare anche i muscoli

che muovono il polso e la mano. Si è inoltre osservato che, a seconda delle leggi di moto, può

risultare rilevante dell’attività di cocontrazione muscolare a carico dei muscoli antagonisti. Per la

valutazione dell’attività di cocontrazione, risulta utile la valutazione del segnale di feedback fornito

dell’EMG; in relazione alla legge di moto implementata, può risultare d’interesse la valutazione di

strategie riabilitative che coinvolgano una forte componente di cocontrazione per valutarne

l’efficacia rispetto a task motori più aderenti alla quotidianità dei movimenti.

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