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UNIVERSITA‟ DEGLI STUDI “G.d‟ANNUNZIO” CHIETI-PESCARA FACOLTA‟ DI MEDICINA E CHIRURGIA Tesi di laurea La dimensione spazio-temporale in psicopatologia Laureanda: Relatore: Fabiola Sarchione Chiar.mo Prof. Filippo Maria Ferro Anno Accademico 2010/2011

Tesi completa spazio e tempo

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Page 1: Tesi completa spazio e tempo

UNIVERSITA‟ DEGLI STUDI “G.d‟ANNUNZIO”

CHIETI-PESCARA

FACOLTA‟ DI MEDICINA E CHIRURGIA

Tesi di laurea

La dimensione spazio-temporale in psicopatologia

Laureanda: Relatore:

Fabiola Sarchione Chiar.mo Prof.

Filippo Maria Ferro

Anno Accademico 2010/2011

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Ai miei genitori e a mia nonna,

che mi hanno sostenuta e incoraggiata

in questi sei lunghi e faticosi anni di studio.

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INDICE

Premessa

Capitolo 1: La dimensione spazio-temporale in fenomenologia pag. 1

1.1 La concezione dello spazio pag. 1

1.2 La concezione del tempo pag. 4

Capitolo 2: La dimensione spazio-temporale nella sofferenza d‟ansia pag. 7

2.1 I Disturbi d‟Ansia pag. 7

2.2 Classificazione del DSM-IV dei Disturbi d‟Ansia pag. 8

2.3 Teorie eziopatogenetiche pag. 8

2.4 Disturbo di panico pag. 9

2.5 Fobia specifica pag. 12

2.6 Disturbo ossessivo-complusivo pag. 13

2.7 Disturbo d‟ansia generalizzato pag. 15

2.8 La concezione spazio-temporale nei Disturbi d‟Ansia pag. 16

Capitolo 3: La dimensione spazio-temporale nella sofferenza

borderline pag. 18

3.1 Disturbo borderline di personalità pag. 18

3.2 Teorie eziopatogenetiche pag. 19

3.3 Trattamento pag. 19

3.4 Aspetti clinici e concezione spazio-temporale nella

sofferenza borderline pag. 20

Capitolo 4: La dimensione spazio-temporale nella sofferenza

tossicomane pag. 22

4.1 Disturbi da uso di sostanze psicoattive pag. 22

4.2 Teorie eziopatogenetiche pag. 23

Page 4: Tesi completa spazio e tempo

4.3 Classificazione e Diagnosi secondo il DSM-IV pag. 24

4.4 Neurobiologia dell‟uso di sostanze pag. 25

4.5 Trattamento pag. 26

4.6 Concezione spazio-temporale nella sofferenza

tossicomane pag. 27

Capitolo 5: La dimensione spazio-temporale nella sofferenza

depressiva pag. 30

5.1 I Disturbi dell‟umore pag. 30

5.2 Classificazione del DSM-IV dei Disturbi dell‟Umore pag. 30

5.3 Teorie eziopatogenetiche pag. 31

5.4 Disturbo Depressivo Maggiore pag. 33

5.5 Disturbo Distimico pag. 36

5.6 Disturbo Bipolare I pag. 37

5.7 Disturbo Bipolare II pag. 37

5.8 La concezione spazio-temporale nei Disturbi

dell‟umore pag. 38

Capitolo 6: La dimensione spazio-temporale nella sofferenza psicotica pag. 40

6.1 Il disturbo schizofrenico pag. 40

6.2 Altri Disturbi Psicotici pag. 47

6.3 La concezione spazio-temporale nei Disturbi Psicotici pag. 52

Conclusioni pag. 56

Bibliografia pag. 59

Page 5: Tesi completa spazio e tempo

Premessa

Le pagine seguenti di questa tesi di laurea prevedono come argomento di

trattazione un aspetto molto particolare riscontrato in soggetti affetti da

patologie dell‟area psichiatrica, vale a dire la loro dimensione spazio-

temporale, ossia il modo in cui loro vivono, occupano, interpretano il

tempo e lo spazio che gli si presentano innanzi.

L‟interesse che ha condotto alla scelta di quest‟argomento è scaturito,

grazie all‟aiuto prestatomi dal Professor Filippo Maria Ferro,

dall‟osservazione pratica sperimentata in prima persona frequentando la

Clinica Psichiatrica della singolare interpretazione che i pazienti fanno

del vissuto temporale e spaziale, e dalla lettura di relazioni a riguardo

redatti dai più illustri studiosi e psichiatri dello scenario italiano.

Scandagliare questo tema è indispensabile perché i soggetti possono

andare incontro all‟evoluzione di un gran numero di disturbi psichiatrici

da cui scaturisce una vasta gamma di modi di rapportarsi a queste due

categorie esistenziali; da qui l‟importanza per il medico di conoscere le

varie interpretazioni dello spazio e del tempo in relazione ai diversi

quadri morbosi, non solo per intraprendere il trattamento più appropriato

per quel determinato paziente ma anche per approcciarsi nella maniera

più adeguata alla sua sofferenza.

Tanti illustri studiosi e filosofi nell‟arco degli anni si sono interrogati sul

significato delle parole “tempo” e “spazio”, prima collegandolo alla vita

abituale e quotidiana, e poi alla vita vissuta dal paziente, sia esso malato

di una patologia somatica sia esso malato di una patologia mentale.

Da qui le diverse declinazioni dello spazio come un essere con, un essere

qui, un esser là, ma anche un esser tra. Il medico deve sapersi orientare

in queste declinazioni spaziali perché esse gli permettono di creare un

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rapporto d‟intersoggettività col paziente, così come deve sapere entrare

nella sua abitazione, nel suo spazio vitale, dove è insito tutto il suo

vissuto.

Il tempo ovviamente non è qui inteso come il tempo arido scandito dalle

lancette dell‟orologio, bensì come il tempo vissuto; un tempo dove un

singolo minuto vissuto intensamente (che sia un vissuto di gioia o di

sofferenza fisica o mentale non fa differenza) può sembrare eterno, così

come un‟intera giornata può “volare via” quando la si vive

spensieratamente senza rendersi conto delle ore che passano. Quindi il

passato, il presente e il futuro perdono le loro rigide coordinate

temporali. Questo è vero in misura maggiore nelle persone malate dove

questa semplice tripletta (passato, presente e futuro) può diventare una

specie di trappola da cui è difficile uscire, perché c‟è un continuo

rievocare il passato o gettarsi nel futuro, dimenticandosi che il tempo da

vivere è il presente.

Per scandagliare il tema della dimensione spazio-temporale in

psicopatologia sono stati consultati manuali di psichiatria e relazioni

esposte in convegni di psichiatria tenuti dai più celebri psichiatri italiani.

Quindi per ogni disturbo preso in considerazione sono state riportate non

solo le caratteristiche tipiche, quali la classificazione secondo il DSM-

IV, la clinica e il trattamento specifico, ma soprattutto è stato

approfondito l‟aspetto peculiare di questa tesi, cioè la visione riguardante

lo spazio e il tempo vissuti da questi soggetti e che risulterà essere

differente da una patologia all‟altra.

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1. La dimensione spazio-temporale in fenomenologia

Fin dai tempi antichi, scienziati e filosofi si sono interrogati su quale

potesse essere la corretta interpretazione di questi due parametri

fondamentali: lo spazio e il tempo. Kant li definì come “forme a priori

della conoscenza”, dal momento che essi risultavano essere né reali né

irreali, né finiti né infiniti, né oggettivi né soggettivi; quindi sono il

modo con cui la mente dell‟uomo inquadra la realtà.

È rimarchevole notare come delle attività della mente possano essere

misurate in modo così preciso; nel caso del tempo si può apprezzare sia

il miliardesimo di secondo che l‟anno luce.

Pur essendo due parametri nettamente differenti fra loro, infatti un conto

è considerare lo spazio e un conto è considerare il tempo, essi vengono

valutati contemporaneamente come se fossero implicitamente intersecati

fra loro, e se un soggetto è disorientato lo sarà sia nel tempo che nello

spazio.

Il vissuto della dimensione spazio-temporale riguarda tutti gli individui,

sia gli individui sani che le persone affette da malattie psichiatriche.

1.1 La concezione dello spazio

La vita vissuta dall‟uomo non viene vista solo come un insieme di eventi

cronologicamente connessi l‟uno con l‟altro o come semplice anamnesi,

ma è vista come storia interiore di vita, cioè come vita vissuta dall‟uomo;

da qui la concezione dell‟uomo visto come “homo viator”, viandante,

camminatore. Il qui ora della vita, si costituisce sempre mediante un da

dove? e un verso dove?

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Esserci, significa essere qui ma contemporaneamente anche essere là;

negli ultimi decenni si è affermata la terminologia esser dentro (che

sarebbe il qui) ed esser fuori (che sarebbe il là). Quindi esser qui-esser

dentro, esser là-esser fuori, significa: esser qui dove si occupa uno

spazio ma contemporaneamente essere anche là, là dove c‟è un interesse,

dove si pone lo sguardo o dove arriva la presa. Poi c‟è l‟inter essere, cioè

un essere tra.

Ecco quindi che lo spazio consta di un esser qui, di un esser là e di un

essere tra.

È in questo contesto che si colloca la sempre più attuale problematica del

contatto interpersonale che si instaura tra psichiatra e paziente; ci deve

essere una modulazione della distanza spaziale che si frappone fra il

medico e il paziente, il quale può andare incontro al medico, può

gettargli le braccia al collo per la disperazione, ma si può anche chiudere

in sé e quindi chiudersi all‟incontro; vedi il segno del cappuccio o segno

del lenzuolo, cioè quando in corsia un paziente si presenta

all‟osservazione con il lenzuolo tirato fin sul volto, quello è un modo che

lui ha per far capire che non vuole esser contattato, che non vuole che si

entri nel suo lebensraum, cioè nel suo spazio vitale. Da qui la

considerazione che lo spazio vissuto è visto anche come modulatore dei

rapporti interpersonali, i quali non sono legati a leggi rigide di

prossemica ma sono qualcosa di ondivago e oscillante.

Questo approccio allo spazio vissuto come modulatore dei rapporti

interpersonali porta poi al concetto di territorio, ossia il luogo dove

bisogna vedere il paziente; il territorio ha però in sé il rischio di

rinnovare un escludersi del rapporto interpersonale.

Da un punto di vista generale, lo spazio può essere definito stretto,

angusto, o largo, che autorizza, cioè, l‟intervallo del fra, del fra noi,

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dell‟essere tra. Questo essere tra è ricco di diverse declinazioni

esistentive, infatti può essere il tra che c‟è tra due persone contendenti,

tra due persone che si odiano, ma è anche il tra di due persone che si

incontrano per discutere e divertirsi.

Ma lo spazio è anche classificabile come lo spazio vissuto del singolo, lo

spazio del territorio e lo spazio pubblico. Lo spazio pubblico non è

semplicemente riducibile a quello che può essere lo spazio pubblico di

una piazza, ma è uno spazio pubblico nel quale si viene coinvolti;

concetto questo mirabilmente inteso da Hannah Arendt che concepisce lo

spazio pubblico al contempo sia pubblico che intriso di una privatezza

radicale insopprimibile.

Poi ci sono gli spazi del gruppo, ossia gli “spazi coseici”, del cum sé,

cioè dei sé che stanno insieme.

Ma il concetto di spazialità è legato anche a un verbo fondamentale che è

abitare. “L‟uomo è il pastore dell‟essere” diceva Heidegger; però,

l‟uomo non è solo l‟essere che delimita il proprio territorio ma è anche

colui che lo abita e che in esso vive da solo o con, ma anche quando è

solo è sempre con qualcuno ossia è con una presenza assente.

La spazialità è implicita nel luogo d‟abitazione, che a sua volta si

identifica con colui che lo vive: se non si entra nella casa del paziente,

nella sua abitazione, nel suo vissuto, non si può cogliere bene chi

realmente esso sia perché lui rimane distaccato, inoltre si possono

cogliere determinate cose che altrimenti non sarebbero immaginabili.

Quindi il concetto di spazialità vissuta implicita nei luoghi

dell‟abitazione, nel dimorare, nel dimorare accanto a qualcuno, negli

ambienti di lavoro, nell‟ospedale, nella scuola, nel carcere...

Però prima dell‟abitare nell‟uomo, nel pre uomo c‟è la tana. In

quest‟ultima non c‟è una distinzione spaziale o temporale perché si ritma

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sui bisogni della vita, del giorno e della notte, su alternarsi che sono

geobiologici. Quindi la tana consente lo spostamento nell‟abitare tramite

la corporeità, il corpo vissuto.

Poi si passa a un abitare wohnen, diceva Martin Heidegger, cioè a un

abitare con, a un co-abitare, ad esser viandanti insieme nel percorso della

vita che è un percorso spazio-temporale.

Tutto questo rientra nel concetto di spazio vitale. Lo spazio vitale non è

di per sé solo ma consente la costituzione dello spazio intersoggettivo.

Diversi possono essere gli spazi vitali. Ad esempio c‟è lo spazio vitale

dell‟allettato che è rappresentato solo dal letto, in quanto questo paziente

a causa di degenerazioni fisiche non dispone più di una propria libertà di

movimento e non può più alzarsi dal letto. In questo caso lo spazio è

molto intenso perché è pieno di proibizioni (“questo non mi è

consentito”) ed è pieno di appetizioni (“come desidererei poter...”).

Da qui l‟importanza della riconquista: in uno spazio piccolo che si può

riacquistare c‟è intrinseco tutto uno spazio grande promettente. Quindi la

sola concezione del “si potrebbe” è fondamentale.

1.2 La concezione del tempo

Da sempre c‟è l‟impressione di una contrapposizione fra il tempo arido

della lancetta e il modo in cui viene vissuto il tempo.

La percezione del tempo, è noto, essere diversa in base all‟età. Infatti il

tempo vissuto quando si è giovani è diverso da quello vissuto quando si

è adulti: nei giovani il tempo corre molto lento perché si ha fretta di

arrivare da qualche parte, negli adulti il tempo corre troppo in fretta

perché si ha la percezione che la vita possa finire e si ha la percezione

che il tempo non basti mai.

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Il tempo si può suddividere in un tempo oggettivo, che scorre con mezzi

meccanici e senza il controllo dell‟uomo, e un tempo soggettivo, che è

concepito e misurato solo dalla coscienza, quindi dal sé.

Già Aristotele nel trattato “Sull‟anima” aveva accennato a questa

distinzione, ma per lui solo il tempo oggettivo era importante.

Sant‟Agostino scrisse: “Come si assottiglia e si consuma il futuro che

ancora non esiste? Come cresce il passato che non c‟è più, se non perché

nell‟anima ci sono tutte e tre le cose (presente, passato e futuro)? Essa

infatti attende, porge attenzione e ricorda di modo che ciò che aspetta

diviene prima oggetto dell‟attenzione e poi memoria”. Sant‟Agostino

intuisce che la realtà del tempo è solo nel presente, quindi si rende conto

che è in quest‟ultimo che l‟uomo vive; non vi è propriamente passato ma

solo ricordo, né futuro ma solo anticipazione. Per Sant‟Agostino quindi

non ci sono tre tempi (il passato, il presente e il futuro) ma ci sono tre

presenti: il presente del passato, quello del presente e il presente del

futuro.

Per Bergson, d‟altra parte, la realtà della nostra coscienza si svolge nel

tempo vissuto che egli chiama “durata” e che corrisponde a qualcosa di

reale, cioè a un continuo cambiamento qualitativo di noi stessi.

Secondo Minkowski il tempo vissuto non corrisponde al tempo

oggettivo.

In analisi invece ci si confronta con categorie di tempo diverse da quelle

abituali: l‟inconscio è concepito per definizione come atemporale. Freud

sosteneva che c‟è un‟eternità di alcune situazioni esperienziali depositate

appunto come prive di qualsiasi riferimento temporale e d‟altra parte è

solo il conscio che percepisce la vettorialità del tempo; tutto questo porta

l‟uomo a confrontarsi con il limite e con tutto ciò che in qualche modo

l‟angoscia.

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Quindi per le persone che soffrono di disturbi mentali, la concezione del

passato, del presente e del futuro diventa una specie di trappola da cui è

difficile uscire perché per molti di loro l‟unico tempo che si riesce a

percepire è l‟adesso, mentre il passato è affidato alla memoria e il futuro

all‟immaginazione.

È importante però vedere che il presente è allo stesso tempo carico del

passato; questo implica una visione del tempo solo apparentemente

vettoriale (cioè di un tempo che parte da un momento specifico e scorre

in maniera lineare) perché in realtà si tratta di un tempo circolare dove i

frammenti del passato si ripresentano nel presente e si riattualizzano. In

questa dimensione circolare non ci sono né un inizio né una fine, tutto si

svolge in maniera sempre uguale senza possibilità di uscita con un eterno

ritorno su se stesso.

Gli scopi delle terapie sarebbero dunque: rimettere in moto il tempo

rispettando il passato; controllare il presente con terapie cognitivo-

comportamentali; gestire il futuro che è poco rappresentato nel progetto

del paziente. Tutto questo per restituire una coesione, un senso del sé

unitario e una continuità del tempo che questi pazienti inevitabilmente

perdono per avere una fluidificazione di questi tre tempi (passato,

presente e futuro) nell‟accettazione di un unico presente, che poi può

essere un presente nostalgico, progettuale o prospettico.

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2. La dimensione spazio-temporale nella sofferenza

d’ansia

2.1 I Disturbi d’Ansia

L‟ansia è un affetto di comune riscontro in vari momenti e situazioni

della vita umana. Può costituire una normale risposta fisiologica, sia

comportamentale che psicologica, di fronte a condizioni obbiettivamente

difficili e consente l‟attivazione di comportamenti utili all‟adattamento.

L‟ansia viene considerata patologica quando disturba il funzionamento

psichico globale determinando una limitazione delle capacità di

adattamento dell‟individuo. Inoltre può manifestarsi senza alcuna

correlazione con apparenti cause esterne scatenanti, ha un‟intensità tale

da provocare un grado di sofferenza non sopportabile e può portare il

soggetto a intraprendere comportamenti di difesa, quali l‟evitamento di

determinate situazioni considerate potenzialmente pericolose. L‟ansia si

accompagna anche a sintomi somatici per il coinvolgimento del sistema

nervoso autonomo, quali iperventilazione, tachicardia, cefalea poliuria,

innalzamento della pressione arteriosa, iperfunzione gastro-enterica,

tensione muscolare e tremori.

L‟ansia patologica in psichiatria è un fenomeno riscontrabile in svariate

situazioni dalle demenze ai disturbi schizofrenici, dalla depressione alla

mania, dai disturbi di personalità a quelli d‟adattamento. Esistono

tuttavia disturbi psicopatologici in cui l‟ansia assume la caratteristica di

“sintomo” tipico intorno alla quale si articolano sindromi specifiche.

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2.2 Classificazione del DSM-IV dei Disturbi d’Ansia

Secondo il DSM-IV vengono distinte le seguenti categorie di disturbi

d‟ansia:

1. il disturbo di panico (con o senza agorafobia);

2. la fobia specifica;

3. la fobia sociale;

4. il disturbo ossessivo-compulsivo;

5. il disturbo post-traumatico da stress e disturbo acuto da stress;

6. il disturbo d‟ansia generalizzato;

7. il disturbo d‟ansia dovuto a una condizione medica generale;

8. il disturbo d‟ansia indotto da sostanze.

Questo insieme di quadri clinici corrisponde a ciò che un tempo veniva

definito nevrosi, cioè un insieme di disturbi funzionali della psiche in cui

è conservato il riconoscimento della realtà e c‟è la consapevolezza del

proprio stato di malessere (a differenza delle psicosi).

2.3 Teorie eziopatogenetiche

L‟eziologia delle nevrosi ha origine da due ipotesi distinte affermatesi

nella seconda metà dell‟800 che rispecchiano la dicotomia tra gli attuali

orientamenti. Per Beard la nevrosi è legata a cause ambientali; secondo

Morel invece il primum movens sarebbe l‟esistenza di fattori ereditari.

Secondo la psicanalisi di Freud la nevrosi è un conflitto inconscio

dell‟infanzia che poi tende a svilupparsi nella vita adulta; l‟originalità di

questa ipotesi sta nell‟aver individuato che il conflitto psicologico mette

in moto dei meccanismi di difesa il cui scopo è quello di allontanare

dalla coscienza il conflitto stesso relegandolo in una zona non accessibile

della psiche che corrisponde proprio all‟inconscio.

Page 15: Tesi completa spazio e tempo

Per quanto riguarda le teorie biologiche, una prima ipotesi chiama in

causa in sistema nervoso autonomo in quanto ci sarebbe un aumentato

tono simpatico che porterebbe poi a un alterato adattamento agli stimoli;

questo è ciò che si osserva infatti in un soggetto affetto da crisi di panico.

Anche il ruolo dei neurotrasmettitori nella genesi dell‟ansia non è da

sottovalutare; quelli chiamati qui in causa sono: la noradrenalina, la

serotonina e l‟acido γ-ammino-idrossi-butirrico (GABA); sono stati

riscontrati valori aumentati di questi neurotrasmettitori in pazienti affetti

da disturbi d‟ansia. Non è da sottovalutare che numerosi recettori

GABAA sono concentrati a livello del sistema limbico, che viene quindi

considerato responsabile dei meccanismi che regolano l‟ansia.

Inoltre esami di tipo funzionale (EEG, PET, SPECT) hanno evidenziato

anomalie a livello della corteccia frontale, occipitale e temporale,

nonché, della regione paraippocampale nel paziente affetto da disturbo di

panico, mentre nel disturbo ossessivo-compulsivo la struttura coinvolta

sembrerebbe essere il nucleo caudato.

Da ultimo, studi genetici hanno rilevato che il paziente affetto da uno dei

disturbi d‟ansia ha almeno un parente affetto da un‟analoga patologia.

2.4 Disturbo di panico

Il disturbo di panico viene descritto come un episodio durante il quale il

soggetto sperimenta una sensazione di catastrofe imminente con paura di

“impazzire”, di perdere il controllo o di morire, accompagnata da diversi

sintomi somatici, quali dispnea, palpitazioni, dolore o fastidio al petto,

sensazione di soffocamento.

Ogni attacco dura in media dai 20 ai 30 minuti e costringe la persona a

cercare aiuto. Conseguenza di questo è l‟evitamento di determinate

Page 16: Tesi completa spazio e tempo

situazioni per paura (ansia anticipatoria sul futuro) che l‟attacco possa

ripresentarsi.

Abitualmente l‟attacco di panico non è innescato da stimoli specifici, ed

è proprio su questo elemento che si fonda la diagnosi di disturbo di

panico: l‟attacco deve essere inaspettato e, durante il mese seguente, il

paziente deve avere la preoccupazione che se ne possa presentare un

altro e inoltre modifica il proprio comportamento in relazione ad esso (ad

esempio attua strategie di evitamento).

L‟esordio della malattia avviene abitualmente nell‟adulto giovane e il

sesso femminile sembra essere quello maggiormente colpito.

La diagnosi differenziale si deve porre con patologie di tipo internistico

(maggiormente quelle dell‟apparato cardiaco e respiratorio).

Comunemente il paziente si reca in Pronto Soccorso col timore che i

sintomi avvertiti (specie se respiratori o cardiaci) indichino una

condizione di grave patologia, che il paziente avverte come

potenzialmente letale. In questa sede, per effettuare una corretta diagnosi

differenziale, devono essere eseguiti gli esami di laboratorio routinari,

l‟ECG e un test tossicologico per l‟identificazione di eventuali sostanze

d‟abuso la cui assunzione o astinenza potrebbe scatenare un attacco di

panico.

Nel disturbo di panico un primo intervento consiste nel rassicurare il

paziente rispetto al fatto che il suo disturbo è ben conosciuto e curabile.

L‟iperventilazione che questi soggetti manifestano non consente di

trattenere la quota necessaria di CO2 che serve per utilizzare l‟ossigeno

in eccesso; si sviluppa così paradossalmente una sensazione di mancanza

d‟aria. Tecniche utili a ridurre l‟iperventilazione sono trattenere il respiro

per 10-15 secondi o respirare dentro e fuori da un sacchetto di carta.

Page 17: Tesi completa spazio e tempo

I farmaci comunemente usati nel disturbo di panico sono le

benzodiazepine, gli antidepressivi SSRI (inibitori della ricaptazione della

serotonina) e i triciclici. Le benzodiazepine sono i farmaci maggiormente

indicati nei casi di acuzie. Mentre nei trattamenti a lungo termine si può

ricorrere alle benzodiazepine per un rapido controllo dei sintomi

associandole, però, per esempio agli SSRI. Questi ultimi vengono

introdotti in terapia con una dose minima che poi lentamente va

aumentata fino a raggiungere la dose terapeutica. Dopo 1-3 mesi le

benzodiazepine possono essere progressivamente diminuite e sospese,

mentre va continuata la somministrazione degli SSRI. Questo perché nei

confronti degli ansiolitici è ben documentato il rischio di dipendenza e lo

sviluppo di sintomi d‟astinenza nel caso di improvvise sospensioni.

Nel trattamento a lungo termine del disturbo di panico si è fatto anche

ricorso ai triciclici. Con questi composti la terapia va iniziata a bassi

dosaggi, che poi andranno aumentati in base alla tollerabilità del paziente

e agli effetti collaterali da esso sviluppati, fino a raggiungere la dose

piena.

Negli ultimi tempi un‟efficacia specifica del disturbo di panico è stata

riconosciuta ad altri antidepressivi che agiscono anche su più sistemi

recettoriali: NARI (inibitori selettivi della ricaptazione della

noradrenalina), SNRI (inibitori della ricaptazione della serotonina e della

noradrenalina) e NaSSA (antidepressivi noradrenergici e specificamente

serotoninergici).

In caso di mancanza di risposta allo schema di terapia prospettato si

interviene sostituendo il farmaco impiegato con un altro della medesima

classe e poi eventualmente con uno di una classe diversa.

Nonostante l‟approccio psicofarmacologico sia risultato efficace, esso da

solo non sembra in grado di rispondere a tutte le problematiche che si

Page 18: Tesi completa spazio e tempo

presentano: la cronicità del disturbo, la bassa compliance o la resistenza

ai farmaci, la gestione del mantenimento delle terapie, l‟insorgenza di

effetti collaterali, la possibilità di ricadute dopo la sospensione delle

terapie, la vulnerabilità alla riacutizzazione di fronte a nuovi stimoli

stressanti, le pesanti implicazioni sul piano emotivo ed esistenziale.

Ed è per questo motivo che le strategie a lungo termine del trattamento

dei disturbi di panico chiamano in causa il ricorso alla psicoterapia da

sola o in associazione agli psicofarmaci.

2.5 Fobia specifica

La fobia è la paura intensa e persistente di un oggetto o di una situazione

in realtà privi di una reale oggettiva pericolosità. Come conseguenza del

disturbo può quindi strutturarsi un‟ansia anticipatoria con relative

condotte di evitamento e, in casi particolari, l‟ansia può raggiungere la

portata dell‟attacco di panico.

Esistono un numero illimitato di fobie; le più comuni sono le fobie degli

animali, del sangue, delle altezze, dei luoghi chiusi, dello sporco e delle

malattie.

I soggetti colpiti sono consapevoli che la loro reazione sia irragionevole

o eccessiva, ciononostante il disturbo compromette più o meno

significativamente la loro esistenza.

Il DSM-IV suggerisce che per far diagnosi di fobia, nell‟adulto le

manifestazioni fobiche debbano avere una durata minima di almeno 6

mesi.

Le fobie rappresentano i disturbi psichici più comuni.

Dal punto di vista cognitivo-comportamentale la fobia è spiegata come

un cortocircuito che si riattiva ogni qualvolta un oggetto o una

situazione, accoppiati casualmente a una forte emozione, si ripresentano.

Page 19: Tesi completa spazio e tempo

La diagnosi differenziale chiama in causa, in ambito neurologico,

disturbi cerebrovascolari e tumori del sistema nervoso centrale nei quali

possono comparire sintomi di questo tipo. Per quel che riguarda invece

le patologie di interesse psichiatrico sono da considerare le fobie

secondarie a uso di sostanze (ad esempio allucinogeni), il disturbo di

panico (che si differenzia dal fatto che in questo c‟è un‟ansia pervasiva e

gli attacchi si ripetono senza fattori scatenanti apparenti), il disturbo

ossessivo-compulsivo (in questo è il pensiero ossessivo a provocare

l‟evitamento) e la schizofrenia (in cui i timori patologici hanno caratteri

bizzarri e vi è mancanza di consapevolezza da parte del paziente).

Il decorso delle fobie infantili di solito è favorevole, non si può dire

altrimenti per quello delle fobie in pazienti adulti in cui questo disturbo

interferisce fortemente sulla loro vita quotidiana, lavorativa e

relazionale.

La cura si fonda principalmente sull‟intervento psicoterapico in quanto il

trattamento con i farmaci ha dato pochi risultati. Per cui nelle

psicoterapie analitiche all‟interno della relazione col terapeuta il paziente

deve rivivere e riconoscere i conflitti e i sentimenti inconsci che lui ha;

nel trattamenti cognitivo-comportamentali vi sono tecniche quali

l‟esposizione “in vivo” o attraverso l‟immaginazione agli oggetti e alle

situazioni temute, che hanno lo scopo di portare a una

desensibilizzazione sistematica.

2.6 Disturbo ossessivo-compulsivo

Il disturbo ossessivo-compulsivo è caratterizzato dalla presenza di

pensieri e/o impulsi coatti (ossessioni) o da comportamenti o azioni

mentali incoercibili (compulsioni o anancasmi). Questi sono ricorrenti,

persistenti, e in certe occasioni, vengono sentiti come intrusivi e

Page 20: Tesi completa spazio e tempo

inappropriati. In ogni caso sono fonte di eccessive preoccupazioni e

provocano ansia e disagio. Il soggetto tenta di ignorarli o sopprimerli o

neutralizzarli con altri pensieri e azioni; è quindi consapevole che si

tratta di prodotti della propria mente.

Le compulsioni sono comportamenti ripetitivi o azioni mentali messi in

esecuzione a seguito delle ossessioni; hanno lo scopo di diminuire

l‟ansia o il disagio.

Tra le più comune ossessioni si possono citare pensieri, impulsi,

immagini. Tra le compulsioni si annoverano azioni fisiche (come lavarsi

le mani, mettere in ordine, controllare) e mentali (contare, ripetere parole

o formule).

Ossessioni e compulsioni interferiscono con l‟esistenza quotidiana del

soggetto.

L‟esordio avviene generalmente intorno ai 20 anni. L‟esordio è spesso

improvviso e quasi sempre la sintomatologia inizia dopo un evento

stressante. L‟andamento del disturbo è variabile e solo il 20-30% dei

pazienti evolve verso un migliormamento. Spesso questo genere di

disturbo si accompagna alla depressione o alla fobia sociale.

La diagnosi differenziale la si deve effettuare nei confronti di patologie

non psichiatriche come il disturbo di Gilles de la Tourette e altri disturbi

da tic verbali e motori, in cui tuttavia i movimenti sono meno complessi

e non sono finalizzati a neutralizzare un‟ossessione. Tra i disturbi

psichiatrici con i quali bisogna fare diagnosi differenziale vi sono: le

fobie specifiche o sociali (in esse la preoccupazione concerne una

situazione o un oggetto capaci di provocare ansia), la depressione

maggiore, il disturbo d‟ansia generalizzato (in esso non vi sono

ossessioni, ma preoccupazioni associate ad ansia eccessiva su

circostanze della vita).

Page 21: Tesi completa spazio e tempo

Il trattamento di questo disturbo incontra molte difficoltà in quanto un

elevato numero di pazienti non collabora ai programmi terapeutici.

Comunque anche in questo caso i risultati più promettenti sembrano

essere quelli offerti dalla combinazione di una psicoterapia con una

terapia farmacologica. La strategia farmacologica prevede inizialmente

l‟uso di un antidepressivo serotoninergico; se non si ottengono risultati

soddisfacenti si può sostituire con un altro serotoninergico, o se anche

questo risultasse inefficace, è possibile il potenziamento

dell‟antidepressivo con il litio.

2.7 Disturbo d’ansia generalizzato

Nel disturbo d‟ansia generalizzato si evidenziano ansia e preoccupazione

(quest‟ultima associata a sintomi somatici quali irrequietezza, tensione,

irritabilità, difficoltà di concentrazione, vuoti di memoria, facile

affaticabilità e turbe del sonno) eccessive rispetto alle situazioni in cui si

presentano.

Per il DSM-IV queste manifestazioni causano disagio significativo e

devono durare almeno 6 mesi perché si possa fare disgnosi di disturbo

d‟ansia generalizzato.

L‟esordio è più comune nell‟adulto giovane intorno ai 20 anni, ed è più

frequente nel sesso femminile. Nel 2/3 dei casi questo disturbo si associa

ad altre patologie psichiatriche quali: disturbi di panico, fobie o

depressione.

L‟andamento è tendenzialmente cronico ed è comune la progressione

verso un disturbo di panico o la depressione maggiore.

La terapia farmacologica si avvale degli ansiolitici benzodiazepinici.

Purtroppo la somministrazione continua di benzodiazepine può

provocare fenomeni di tolleranza e dipendenza. Una buona alternativa

Page 22: Tesi completa spazio e tempo

alle benzodiazepine è rappresentata dal buspirone che non da né

astinenza né effetti collaterali cognitivi e psicomotori, come invece

accade per le benzodiazepine. Però gli effetti del buspirone si

manifestano solo in quei pazienti precedentemente trattati con

benzodiazepine. Da qui abbiamo che l‟impiego di benzodiazepine nelle

prime 2-3 settimane in concomitanza col buspirone e la sospensione

delle prime una volta che il buspirone inizi il suo effetto, può essere una

possibile alternativa.

Le psicoterapie, sia da sole che in associazione con il trattamento

farmacologico, possono dare buoni risultati; le terapie ad orientamento

psicoanalitico più che a ridurre l‟ansia servirebbero a individuare le

cause di cui l‟angoscia è segnale attraverso l‟introspezione; sul piano

degli interventi cognitivo-comportamentali si sono ottenuti risultati

apprezzabili con le tecniche di rilassamento (ad esempio, l‟ipnosi).

2.8 La concezione spazio-temporale nei Disturbi d’Ansia

Le teorie esistenziali ispirate a posizioni filosofiche di autori come

Heidegger e Kierkegaard, vedono l‟angoscia come un sentimento

comune che tutti gli uomini sviluppano in relazione a possibilità

imprevedibili offerte dal futuro.

Ma nel paziente affetto da disturbi dell‟ansia, quest‟ultima implica la

perdita della dimensione del passato e la concentrazione solo sulla

preoccupazione per il futuro e su ciò che esso porterà, è “l‟intolleranza

dell‟incertezza”, così come la definirono degli studiosi canadesi, cioè

l‟incapacità di sopportare la possibilità che nel futuro si possano

verificare dei pericoli inaspettati. Il paziente ansioso quindi rimugina sul

futuro, cioè mette in atto un fenomeno verbale astratto cognitivo, tipico

di questi pazienti, attraverso cui vengono ricordati continuamente eventi

Page 23: Tesi completa spazio e tempo

negativi del passato che si teme possano ripresentarsi nel futuro e che

non possano essere adeguatamente tenuti sotto controllo. Da qui

scaturisce il fatto che questi pazienti non riescono ad accettare

adeguatamente il presente.

Page 24: Tesi completa spazio e tempo

3. La dimensione spazio-temporale nella sofferenza

borderline

3.1 Disturbo borderline di personalità

Il disturbo borderline rientra nel gruppo dei disturbi della personalità.

Secondo il DSM-IV si definisce Disturbo di Personalità una modalità di

esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto

a quanto ci si potrebbe aspettare dal livello culturale dell‟individuo. Tale

modalità è considerata patologica in quanto pervasiva (cioè si manifesta

frequentemente e non solo in risposta a particolari stimoli o situazioni

scatenanti) e inflessibile; ha esordio nell‟adolescenza o nella prima età

adulta, è stabile nel tempo e determina disagio e compromissione

funzionale. La deviazione dalla norma deve essere marcata e riguardare

almeno due delle seguenti aree: capacità cognitive, affettività, controllo

degli impulsi, bisogno di gratificazione immediata e incapacità di

condurre le relazioni interpersonali.

Il disturbo borderline è definito tale perché è al confine (border) tra

nevrosi e psicosi. È caratterizzato da una grande instabilità affettiva e

dell‟umore, da instabilità delle relazioni con gli oggetti e dell‟immagine

di sé, da rapporti interpersonali contraddistinti da sentimenti esagerati

che oscillano bruscamente dall‟idealizzazione alla svalutazione, con

mancanza di controllo sull‟impulsività e sull‟aggressività.

Interessa l‟1-2% della popolazione generale con una frequenza

d‟insorgenza doppia nel sesso femminile rispetto a quello maschile.

Page 25: Tesi completa spazio e tempo

3.2 Teorie eziopatogenetiche

Negli ultimi anni è stata sempre più valorizzata nella patogenesi del

Disturbo Borderline di Personalità la componente ambientale sotto forma

di un‟elevata inadeguatezza della funzione genitoriale, sia da parte della

sola madre (marcata conflittualità nei confronti della crescita del figlio,

o, al contrario, distacco e scarso coinvolgimento durante lo sviluppo

emozionale), sia da parte del solo padre (assenza e trascuratezza nei

confronti delle esigenze del figlio) o da parte di entrambi i genitori

(accadimento deficitario, assenza di uno dei due o entrambi i genitori).

3.3 Trattamento

La prognosi è buona dopo i primi 10 anni, periodo che rappresenta anche

la durata del trattamento. La psicoterapia (cognitivo-comportamentale e

psicodinamica) è il trattamento di scelta, affiancata dalla

psicofarmacologia che si avvale di farmaci quali: SSRI, anti-psicotici

tipici e atipici, benzodiazepine.

Ma lo scopo della terapia che si effettua sul paziente borderline è la

costruzione di un‟istanza terza che dapprima è soltanto esterna e poi

molto lentamente diventa interna e che nei momenti di rottura il

borderline può chiamare in aiuto.

Il decorso di questa patologia prevede l‟evoluzione in Disturbo

Depressivo Maggiore perché dal trauma originario si passa al dolore, che

viene riconosciuto e accettato dal paziente e che aiuta quest‟ultimo ad

uscire dal tempo zero del trauma e lo reintroduce in un tempo che si

sviluppa.

Page 26: Tesi completa spazio e tempo

3.4 Aspetti clinici e concezione spazio-temporale nella sofferenza

borderline

Dal punto di vista clinico i soggetti manifestano rapide oscillazioni

dell‟umore con frequenti sentimenti depressivi, sentimenti cronici di

vuoto e di noia che rimandano a una mancanza di un coerente sentimento

d‟identità e che possono indurli da un lato alla promiscuità, per

l‟intolleranza alla solitudine, dall‟altro a cercare aiuto dagli altri

mediante gesti auto lesivi, per il timore continuo di essere abbandonati.

Il bisogno degli altri è talmente intenso che la solitudine comporta un

sentimento di annientamento: ogni abbandono, sia esso reale che

immaginario, è vissuto catastroficamente. L‟elemento cruciale quindi

nella patologia borderline è il collasso del rapporto con l‟oggetto; è come

se a un certo punto il paziente sentisse che l‟oggetto gli sfugge e la

normale dimensione dell‟intersoggettività viene meno.

Il borderline vive una condizione di continua ricaduta in una specie di

buco nero senza tempo, definito “area del trauma”, dove per “trauma” si

intende un evento traumatico avvenuto nel passato e che il paziente

continua a rivivere in eterno secondo le leggi della coazione a ripetere.

Ed è per questo che ogni qual volta il malato borderline incontra nella

relazione con le persone amate qualcosa che gli riattualizza il trauma

originario, riprecipita in un tempo senza tempo, ossia in quell‟area in cui

esiste solamente il trauma che continuamente si ripete. E tutte le volte

che c‟è questa lacerazione o rottura nel trauma originale il soggetto

borderline si dimentica del passato e del futuro perché concepisce solo

un presente sempre uguale dove accade sempre la stessa cosa.

Solo quando il trauma è ricomposto il paziente borderline sembra

riprendere una strada maestra dove il suo tempo assomiglia di più alle

normali metafore del tempo quali: il viaggio, il percorso e l‟itinerario.

Page 27: Tesi completa spazio e tempo

Questa successione di eventi tende e ripetersi più volte durante la vita del

paziente e da qui scaturisce la visione di un tempo spezzato nel

borderline.

L‟impulsività che caratterizza questi pazienti porta a una

contrapposizione importante: da un lato ci sono i sentimenti cronici di

vuoto e di disgusto per la propria esistenza, dall‟altro c‟è la ricerca di

stimoli forti attraverso condotte pericolose come l‟abuso di sostanze

stupefacenti, le abbuffate alimentari, la guida spericolata o il dolore

indotto da ferite autoinferte. Molto spesso questi gesti sono la

conseguenza di liti, separazioni o esperienze frustranti. L‟autolesività

serve al paziente a scaricare la rabbia e a cercare di recuperare attraverso

il dolore un maggior senso di coesione e di identità, dato che l‟identità

del paziente borderline viene continuamente interrotta.

Quindi la loro esistenza è caratterizzata da frequenti oscillazioni emotive

che sono espressione di una profonda instabilità affettiva di base

improntata a una dimensione depressiva grave nella quale non sono

infrequenti propositi suicidari portati a conclusione.

Page 28: Tesi completa spazio e tempo

4. La dimensione spazio-temporale nella sofferenza

tossicomane

4.1 Disturbi da uso di sostanze psicoattive

Con il termine di uso di sostanze ci si riferisce all‟assunzione di sostanze

psicoattive, indipendentemente dalla frequenza, dall‟intensità e dalle

modalità con le quali la sostanza viene introdotta nell‟organismo.

Il DSM-IV definisce Disturbi correlati a sostanze tutti i disturbi

dipendenti da tale comportamento.

I tassi di prevalenza variano da sostanza a sostanza. Secondo dati

dell‟Osservatorio Europeo delle Droghe e delle Tossicodipendenze le

tendenze in atto danno la cannabis come la più diffusa tra le droghe

illegali; al secondo posto vi sono le amfetamine, compresa la MDMA; la

cocaina è data in largo aumento; l‟eroina rimane stabile e si associa

frequentemente a gravi problemi sociali, di salute e psichici.

È chiaro da tempo che le droghe esercitano funzioni definite nella psiche

dei soggetti che ne fanno uso, infatti determinano un effetto di

gratificazione che viene ricercato in particolare da soggetti ipo- o

anedonici, o da persone alla ricerca di sensazioni molto intense; ma

alcuni soggetti usano sostanze per ricercare una funzionalità psichica,

quale ad esempio sollievo dalla depressione, dall‟ansia, da sintomi

collaterali di trattamenti psicofarmacologici; altri soggetti invece

perseguono il miglioramento di performance (come lo stato di veglia e di

attenzione da parte di conduttori di macchinari, l‟aumento delle

prestazioni sportive...).

In alcuni casi l‟uso di sostanze evolve, associandosi a comportamenti che

il DSM-IV definisce Disturbo da abuso di sostanze, in una sindrome

Page 29: Tesi completa spazio e tempo

comportamentale caratterizzata da effetti negativi sul piano psicologico,

sociale e relazionale derivanti da una modalità di uso che per frequenza,

intensità e conseguenze trascende i desideri e le aspettative del soggetto.

In un gruppo più ristretto tale sindrome evolve ulteriormente in quella

forma che il DSM-IV definisce Dipendenza da sostanze che dura più di

un anno e che ha il carattere di compulsione, perdita di controllo, a volte

fenomeni fisiopatologici associati all‟uso (“Intossicazione”) o alla

sospensione dell‟uso (“Astinenza”).

4.2 Teorie eziopatogenetiche

I fattori che influenzano la possibile evoluzione dall‟uso alla dipendenza

sono complessi. Zinberg ne ha individuati tre fondamentali: la sostanza,

la persona e l‟ambiente.

La sostanza. Nel DSM-IV sono considerate 11 classi di sostanze

psicoattive: la caffeina, la nicotina e l‟alcool, vengono definite “droghe

domestiche”; la cocaina e le amfetamine, sono gli psicostimolanti; la

cannabis, gli allucinogeni e la fenciclidina, sono i psicodislettici; gli

oppioidi e i sedativi-ipnotoci-tranquillanti, sono i sedativi; infine vi sono

gli inalanti, definiti anche “le droghe dei poveri”.

Ogni classe di sostanze ha una precisa caratterizzazione farmacologica e

un definitivo profilo recettoriale sul quale agire al posto del ligando

naturale (tipica è l‟azione degli oppioidi esogeni sul sistema delle

endorfine). Ogni sostanza è attiva su diversi sistemi neuronali ed

extracerebrali, producendo un corteo di effetti vari.

La persona. Le caratteristiche biologiche della struttura genetica della

persona sono prominenti nello sviluppo all‟attitudine all‟uso di sostanze.

I fattori ereditari sarebbero molteplici e da qui ne risulterebbe una

Page 30: Tesi completa spazio e tempo

vulnerabilità clinico-comportamentale consistente in un‟inclinazione ad

evolvere lungo il percorso dall‟uso, all‟abuso, alla dipendenza.

L‟ambiente. In questo sono racchiuse diverse figure: la famiglia, il

piccolo gruppo e la società intesa come ambiente storico che determina il

quadro culturale. L‟ambiente è considerato un fattore che influenza i

comportamenti dei singoli soggetti.

Ovviamente non è da sottovalutare la visione d‟insieme dei tre elementi

che interagiscono e si influenzano l‟un l‟altro.

4.3 Classificazione e Diagnosi secondo il DSM-IV

Il DSM-IV comprende sotto la dicitura Disturbi Correlati a Sostanze i

seguenti sottocapitoli:

1. Disturbi da uso di sostanze, Abuso e Dipendenza;

2. Disturbi indotti da sostanze, Intossicazione e Astinenza da

sostanze.

I criteri diagnostici per la Dipendenza da sostanze secondo il DSM-IV

sono:

modalità patologica d‟uso che conduce a menomazione o disagio

clinicamente significativo della durata di 12 o più mesi, e che

mostri almeno tre delle condizioni seguenti: tolleranza, astinenza,

uso in quantità maggiori e più a lungo desiderato, desiderio e vani

tentativi di smettere, riduzione/interruzione di attività dovuta alla

grande quantità di tempo impiegata per trovare la sostanza.

Per Tolleranza si intende:

un marcato bisogno di aumentare la quantità di sostanza per

raggiungere l‟intossicazione o l‟effetto voluto;

un marcato calo dell‟effetto dovuto all‟uso continuativo del

medesimo dosaggio.

Page 31: Tesi completa spazio e tempo

Per astinenza si intende:

lo sviluppo di una sindrome caratteristica per quella determinata

sostanza, a seguito di sospensione o riduzione della dose.

I criteri diagnostici per l‟Abuso sono:

modalità patologica d‟uso che conduce a menomazione o disagio

clinicamente significativo entro i 12 mesi e che rispetta almeno

una delle seguenti condizioni: uso che causa incapacità nel ruolo,

uso ricorrente in situazioni rischiose, problemi legali, uso

nonostante i problemi.

4.4 Neurobiologia dell’uso di sostanze

Allo stato attuale degli studi si ritiene che l‟effetto biologico comune di

tutte le sostanze psicoattive (con l‟eccezione degli allucinogeni) consista

nella liberazione di dopamina nella parte corticale del nucleo accumbens

dei neuroni dopaminergici meso-limbici.

Tale fenomeno è il correlato biologico delle sensazioni di piacere

derivanti dall‟uso di sostanze. La liberazione in eccesso di dopamina nei

valli sinaptici del nucleo accumbens viene determinata attraverso

meccanismi che differiscono da sostanza a sostanza: nel caso della

cocaina il meccanismo prevalente è quello dell‟inibizione della

ricaptazione della dopamina dal vallo sinaptico a livello del nucleo

accumbens; nel caso degli oppioidi il meccanismo prevalente è quello

dell‟inibizione a livello mesencefalico del neurone GABA-ergico che

esercita una funzione di controllo inibitorio sul neurone meso-limbico,

che viene così liberato dal controllo.

Naturalmente ogni sostanza determina la sensazione di piacere ricercata

attraverso l‟attivazione di questo circuito neuronale (definito circuito

della ricompensa) ma ha anche altri punti di attacco nel SNC; gli effetti

Page 32: Tesi completa spazio e tempo

combinati configurano nell‟insieme la sindrome specifica che ne

caratterizza l‟assunzione.

È evidente quindi che le sostanze psicoattive nel sistema cerebrale della

ricompensa agiscono interagendo con le sostanze fisiologiche che

mediano le sensazioni di piacere collegate alle funzioni vitali: cibo,

sesso, esplorazione. Questo spiega le molte interazioni comportamentali

tra uso di sostanze e tali funzioni fisiologiche.

I potenti effetti della sostituzione di sostanze chimiche estremamente più

efficaci introdotte dall‟esterno, senza limiti biologici, a sostanze naturali

prodotte in misura fisiologica dietro stimoli naturali scanditi nel tempo

produce la rivoluzione neurologica e comportamentale che è la

tossicodipendenza. L‟uso di sostanze psicoattive produce una memoria

biologica che diventa un fattore di mantenimento della stessa all‟origine

del carattere cronico e recidivante del disturbo.

4.5 Trattamento

Negli anni si sono generate diverse visioni “terapeutiche” basate sul fatto

che i disturbi da dipendenza non sono disturbi da curare bensì sono

comportamenti da correggere. Da qui si sono sviluppate forme

d‟internamento mascherate da trattamento o trattamenti coatti. Se poi si

considera anche che il trattamento delle dipendenze dispone di molte

terapie, per esempio per la dipendenza da oppioidi gli agonisti, gli

antagonisti e gli antiastinenziali configurano un quadro importante di

possibilità d‟intervento, è facile comprendere che l‟affermazione del

concetto di tossicodipendenza come malattia è problematico.

Secondo la più recente impostazione motivazionale, i problemi

comportamentali possono essere affrontati tenendo conto della

disposizione verso la risoluzione di tale problema che il soggetto

Page 33: Tesi completa spazio e tempo

manifesta momento dopo momento, e che varia nel tempo sotto la

pressione della frattura interiore in presenza di un‟adeguata fiducia nella

riuscita (autoefficacia). L‟effetto congiunto di frattura interiore e

autoefficacia spinge il soggetto verso un ciclo di cambiamento

comportamentale definito in stadi, processi e livelli.

Però non è da sottovalutare che la natura recidivante della

tossicodipendenza impone una speciale attenzione al problema della

ricaduta, la cui prevenzione è parte integrante del trattamento. La

ricaduta si ha in quei soggetti che per tutta la vita, anche quando non si

fanno più da 20 o 30 anni, hanno delle dislocazioni spazio-temporali (i

flashback) di situazioni ideo percettive affettive connesse all‟esperienza

drogastica pregressa che si inseriscono violentemente come pensieri

imposti all‟interno del loro stato di coscienza.

In definitiva nel trattamento delle dipendenze c‟è la collaborazione tra le

farmacoterapie specifiche per ogni sostanza, le psicoterapie e gli

interventi educazionali.

4.6 Concezione spazio-temporale nella sofferenza tossicomane

Spesso si parla di doppia diagnosi o di comorbilità psichiatrica nei

tossicomani. Le sostanze creano un effetto tunnel nel soggetto, cioè lo

mettono al riparo dalla propria vulnerabilità tanto da farlo avanzare in

zone dell‟esperienza estremamente minate di cui il soggetto non si

accorge; ma quando per azione catabolica le sostanze vengono

degradate, il soggetto si trova in una condizione spersonalizzante,

disgregata, discontinua e fa un‟esperienza distonica di se stesso e del

mondo che lo circonda. Per cui le sostanze modificano e alterano la

struttura del tempo e dello spazio vissuti del tossicomane.

Page 34: Tesi completa spazio e tempo

La dipendenza da sostanze è considerata una malattia a decorso cronico e

recidivante, derivante dall‟assunzione prolungata di sostanze psicoattive,

caratterizzata da un impulso difficilmente controllabile a ripetere tale

assunzione e sostenuto da un desiderio irresistibile (craving) da cui

derivano comportamenti mirati a soddisfare l‟impulso (drug-seeking

behavior). Quindi inizialmente c‟è il momento del craving che è il

momento del desiderio di un oltre e di un altrove; poi c‟è il flash che è il

momento orgastico per eccellenza, il per sempre, il dovunque, il

dappertutto perché i confini dello spazio si squarciano e l‟io e il mondo

si fondono per diventare un‟unica cosa; quindi segue lo sballo, che è

connotato dalla particolare situazione dell‟adesso-altrove, cioè il

soggetto è presente nell‟istante ma è dislocato altrove da un punto di

vista spaziale; in seguito c‟è l‟astinenza che è il mai più, la paura del

nessun dove, che corrisponde allo stato lucido del soggetto e si sviluppa

la concezione di essere nulla in un luogo inesistente se non si sta con la

sostanza; infine c‟è il viraggio psicotico come perdita, spesso definitiva,

dell‟ubi consistant, cioè del dove io esisto.

La condizione peculiare del tossicomane è quella di uno scollamento e di

un collasso spazio-temporale: ad esempio, se lo si prende in una fase di

astinenza e di craving il soggetto è fisicamente in un posto ma con la

testa è allora, cioè è completamente immerso, clivato, in un‟altra

dimensione temporale che corrisponde a quella nostalgica del desiderio

della sostanza o dell‟acquisto della sostanza; oppure quando è nella

situazione dello sballo vive il presente ma al tempo stesso è altrove

perché si nutre di questa multi locazione che la sostanza gli da. Il

risultato di questo scollamento dello spazio sul tempo è una condizione

che non si può più definire come essere nel mondo ma essere nel nulla.

Page 35: Tesi completa spazio e tempo

Quindi l‟altrove adesso è lo sballo, il qui e allora diventa il craving e

l‟essere qui ora è la lucidità.

Nell‟astinenza è chiaro che per il soggetto la temporalità della mancanza

è dilaniante perché c‟è la nostalgia del già vissuto e dell‟appena finito, e

al tempo stesso c‟è lo struggente desiderio del non ancora; in questo

senso il vissuto temporale dell‟astinenza coaugula il passato e il futuro

nell‟allora come desiderio incoercibile, ma privando completamente di

senso l‟essere qui. Questo conduce alla colliquazione del tempo.

Inoltre il tossicomane fa esperienza non solo di un tempo colliquato ma

anche di uno spazio colliquato, definito tale perché colliqua lo spazio del

“tra”, che è il luogo della possibilità intersoggettiva dell‟incontro.

Quindi la natura più intima della dipendenza è appunto il craving che

diventa la molla che spinge il soggetto verso questa ricerca di spazio e

tempo fusionali e tutta l‟esperienza del soggetto e tutta la sua coscienza

diventano finalizzate alla consumazione della sostanza.

Le conseguenze dell‟uso dipendente di sostanze sul piano sociale e sulla

salute di questi soggetti crescono col progresso dell‟uso. Lo stile di vita

“centrato sulla ricerca della sostanza” apre numerose contraddizioni

nella vita della persona, che negli stadi iniziali tenderà ad usarla in

misura tale da tenere sotto controllo il disagio derivante da tale

situazione; potrà poi accadere che proprio questo disagio, unito

all‟aspirazione di conseguire obiettivi di cambiamento, inneschi i

processi che portano poi al trattamento.

Page 36: Tesi completa spazio e tempo

5. La dimensione spazio-temporale nella sofferenza

depressiva

5.1 I Disturbi dell’umore

I disturbi dell‟umore consistono in entità nosografico-cliniche che si

propongono nell‟arco dell‟esistenza come “periodi”, “fasi” o “episodi”,

il cui quadro clinico è caratteristicamente dominato da variazioni

abnormi del tono dell‟umore.

L‟umore è quell‟aspetto dell‟attività psichica che conferisce coloritura

affettiva a ciò che viene vissuto e che si esprime attraverso un continuum

tra i due poli opposti rappresentati dall‟allegria e dalla tristezza, dal

piacere e dal dispiacere, dalla gioia e dal dolore.

Sentimenti di tristezza, demoralizzazione e lutto sono esperienze

universalmente vissute in quanto consustanziali con l‟esistenza stessa.

Con il termine di Depressione si fa riferimento a un‟alterazione

patologica dell‟umore che, sebbene non sia sempre agevolmente

distinguibile dalla tristezza, dalla demoralizzazione e dalla condizione di

lutto di cui normalmente un soggetto fa esperienza durante l‟arco della

vita, in genere si propone come uno stato di sofferenza soggettiva intensa

che tende a protrarsi nel tempo e a non apparire congrua rispetto agli

avvenimenti e situazioni di stress che solitamente precedono e

precipitano l‟insorgenza della depressione stessa.

5.2 Classificazione del DSM-IV dei Disturbi dell’Umore

La classificazione dei Disturbi dell‟umore del DSM-IV è la seguente:

Disturbi depressivi (“depressione unipolare”) che comprendono:

disturbo depressivo maggiore;

Page 37: Tesi completa spazio e tempo

disturbo distimico;

disturbo depressivo non altrimenti specificato.

Disturbi bipolari che comprendono:

disturbo bipolare I;

disturbo bipolare II;

disturbo ciclotimico;

disturbo bipolare non altrimenti specificato.

Il gruppo dei disturbi depressivi si distingue da quello dei disturbi

bipolari per l‟assenza in anamnesi di episodi maniacali, misti o

ipomaniacali; quindi per poter definire un disturbo bipolare c‟è bisogno

della presenza in anamnesi di episodi maniacali, misti o ipomaniacali.

La prevalenza nel corso della vita di Disturbi dell‟umore varia dal 2% al

25%, con una prevalenza dell‟1-6,5% per il Disturbo Bipolare e del 2,6-

5,5% per gli uomini e del 6-11,8% per le donne per il Disturbo

Depressivo Maggiore.

5.3 Teorie eziopatogenetiche

Fattori biologici e psicosociali eterogenei interagiscono tra loro

nell‟insorgenza e nello sviluppo dei Disturbi dell‟Umore. I fattori

biologici e genetici infatti condizionano la risposta di un individuo agli

eventi di stress (psicosociali e biologici) così come eventi e situazioni di

stress possono condizionare l‟espressione genica.

Fondamentale è stata la ricerca di Caspi che ha dimostrato cosa accade

nell‟interazione tra gene e ambiente. Caspi ha studiato l‟evoluzione della

depressione legata agli eventi stressanti e ha notato che man mano che il

numero degli eventi stressanti aumenta, aumenta anche la possibilità di

sviluppare una depressione. Ma l‟elemento fondamentale di questa

Page 38: Tesi completa spazio e tempo

ricerca è la scoperta che un singolo polimorfismo genetico nel

trasportatore della serotonina con variante allelica short short risulta

essere penalizzante per il soggetto mentre una variante allelica del tipo

long long lo protegge dal rischio di ricadute depressive.

Un ulteriore passo avanti nelle ipotesi eziologiche della depressione si è

avuto grazie all‟osservazione che nell‟animale da esperimento un

trattamento prolungato con farmaci antidepressivi provoca una

desensibilizzazione dei recettori per le monoammine, in particolare del

recettore β adrenergico e del recettore serotoninergico; da qui si potrebbe

dire che alla base della depressione c‟è un‟alterata sensibilità di questi

recettori, i quali per tornare all‟omeostasi perduta devono andare

incontro a un processo di desensibilizzazione.

Per quanto riguarda i fattori di stress psicosociali, questi possono attivare

l‟asse ipotalamo-ipofisi-surrene per la produzione di cortisolo, il cui

aumento determina nell‟organismo del soggetto una serie di importanti

disregolazioni. Ad esempio l‟ippocampo, normalmente coinvolto

nell‟apprendimento, nella memoria, nel controllo dell‟umore e delle

emozioni, è un‟area fondamentale nel controllo dell‟attività ipotalamo-

ipofisi-surrene ed è stato dimostrato che in soggetti affetti da disturbi

dell‟umore esso vada incontro a una riduzione di volume; l‟entità della

riduzione sarà direttamente proporzionale alla durata dell‟episodio

depressivo, per cui quanto più tempo il soggetto depresso rimane senza

trattamento farmacologico, tanto maggiore sarà l‟entità della riduzione

del volume ippocampale.

I disturbi dell‟umore possono essere anche considerati delle malattie

sistemiche a causa di numerose disfunzioni di organi e apparati che essi

determinano. Ad esempio la depressione porta a un aumento di mortalità

in corso di malattie organiche, questo è stato dimostrato nello stroke,

Page 39: Tesi completa spazio e tempo

nell‟infarto, nel cancro, nel diabete, ecc.; determina alterazioni

autonomiche, come una maggiore attivazione del sistema simpatico, per

questo motivo i soggetti depressi muoiono più frequentemente a causa di

una fibrillazione miocardica; si ha una iperaggregazione piastrinica

dovuta a meccanismi di up regulation; vi sono squilibri del sistema

immunitario che possono anche precedere l‟evoluzione del disturbo

psichico. Da qui il ruolo determinante delle citochine in quanto si è visto

che l‟infiammazione e la patogenesi dei disturbi dell‟umore si embricano

in maniera molto particolare.

5.4 Disturbo Depressivo Maggiore

È caratterizzato dalla comparsa di uno o più episodi depressivi maggiori,

senza episodi maniacali o ipomaniacali, con intervalli liberi di buon

compenso psichico.

Nel DSM-IV sono contemplate le seguenti specificazioni relative

all‟episodio depressivo in atto o più recente: gravità (lieve, moderato,

grave), manifestazioni psicotiche, grado di remissione, cronicità,

manifestazioni catatoniche, melanconiche, atipiche, esordio nel

postpartum.

Il rischio di ammalare di disturbo depressivo maggiore è del 10-25% per

la donna e del 5-12% per l‟uomo: fattori biologici, psicologici e sociali

interagiscono tra loro con peso e significato di volta in volta variabili nel

condizionare l‟epoca d‟insorgenza, le caratteristiche del decorso e

l‟evoluzione.

La possibilità che l‟episodio depressivo maggiore si manifesti una sola

volta nell‟arco della vita è del 15% dei casi, con esordio intorno ai 55-60

anni.

Page 40: Tesi completa spazio e tempo

Di fronte a un primo episodio depressivo occorre tenere conto che il

paziente potrà, in circa l‟80% dei casi, andare incontro ad ulteriori fasi di

malattia come la bipolarità. Indicatori di un possibile sviluppo in tal

senso sono l‟insorgenza prima dei 30 anni, la familiarità per i disturbi

bipolari, il rallentamento psicomotorio, l‟ipersonnia, i sintomi psicotici.

La gravità del disturbo dipenderà dalla gravità, dalla durata e dalla

frequenza dei singoli episodi.

Il rischio suicidiario aumenta con l‟età.

Le manifestazioni cliniche interessano l‟umore, la psicomotricità, le

funzioni cognitive e quelle somato-vegetative. Fra i sintomi sono da

annoverare l‟abbassamento del tono dell‟umore (con sentimenti di

tristezza, dolore morale, disperazione) che non è influenzabile da

interventi esterni di incoraggiamento o consolazione, perdita di interesse

e piacere (anedonia), tendenza al pianto, riduzione della capacità di

concentrazione e della memoria, alterazioni psicomotorie (rallentamento)

fra i quali la riduzione della produzione ideica polarizzata soprattutto su

temi di colpa, di autoaccusa, di povertà e di rovina, alterazioni

vegetativo-somatiche (insonnia con difficoltà all‟addormentamento o

risveglio precoce, diminuzione dell‟appetito); possono coesistere ansia e

preoccupazione per possibili eventi negativi e somatizzazioni diffuse.

L‟episodio depressivo maggiore si può anche associare a sintomi

psicotici quali deliri e/o allucinazioni o a sintomi catatonici quali

l‟immobilità, posture inappropriate e movimenti stereotipati.

Il decorso della malattia è estremamente variabile: un primo episodio

comporta un rischio del 40-50% che se ne ripeta un altro, dopo tre

episodi depressivi il rischio di una ricorrenza sale al 90%. Ogni nuovo

episodio tende a manifestarsi più precocemente e bruscamente, con

sintomi più gravi di quelli del precedente episodio.

Page 41: Tesi completa spazio e tempo

Numerosi fattori aumentano il rischio di ricorrenza: la presenza di

sintomi depressivi residui, la sospensione, specie se brusca, di un

trattamento efficace; il numero di ricadute precedenti, l‟elevata

emotività, la presenza contemporanea di patologie mediche o di altre

patologie psichiatriche.

La diagnosi differenziale la si deve fare con la demenza e con il disturbo

dell‟umore secondario a patologie somatiche.

Il trattamento di questi pazienti si basa essenzialmente sulla

farmacoterapia, ma ha un posto degno di rilevanza anche la psicoterapia,

e deve essere instaurato il più tempestivamente possibile per l‟intensità

della sofferenza del paziente, il grave rischio suicidiario e quello di

sviluppare complicanze .

I farmaci di prima scelta sono gli inibitori selettivi del reuptake della

serotonina (SSRI) o della noradrenalina o attivi sia sulla serotonina che

sulla noradrenalina.

Di seconda scelta sono invece gli antidepressivi triciclici e gli inibitori

delle monoaminoossidasi.

Il trattamento si articola in tre fasi:

I fase, iniziale: in un periodo di circa 3-10 gg si deve raggiungere

la dose piena in rapporto alla tollerabilità del paziente, tenendo

conto che l‟effetto terapeutico comincia a manifestarsi dopo 14-21

gg di terapia a dose piena, che va mantenuta per 3 mesi.

II fase, di mantenimento: necessaria per evitare la ricaduta; è da

protrarsi per 6-8 mesi.

III fase, di prevenzione delle recidive: di lunga e varia durata

L‟associazione di un antipsicotico e di un antidepressivo porta ad un

miglioramento nel 70-80% dei pazienti.

Page 42: Tesi completa spazio e tempo

I pazienti che non hanno risposto al trattamento con un determinato

farmaco devono essere trattati con altro antidepressivo con un profilo

farmacodinamico diverso.

La psicoterapia si sarebbe dimostrata più rapida nel migliorare il

rapporto sociale di questi soggetti, nel diminuire l‟ideazione suicidiaria,

nel migliorare il sonno e l‟appetito.

Diversi possono essere gli approcci psicoterapici: la terapia cognitiva si

occupa dell‟individuazione e del cambiamento delle convinzioni che

interferiscono con un buon funzionamento psichico, la terapia

comportamentale sposta il centro dell‟attenzione lontano dall‟esperienza

soggettiva del paziente per individuare e rimuovere gli elementi

patologici dei comportamenti appresi, la terapia interpersonale si occupa

di analizzare e risolvere i conflitti dei pazienti nelle loro relazioni

interpersonali, la terapia psicodinamica breve si basa sulla concezione

che la sintomatologia depressiva si riduce nel momento in cui il paziente

impara un nuovo modo di fronteggiare i conflitti interni.

5.5 Disturbo Distimico

È caratterizzato da un umore depresso per la maggior parte del giorno,

quasi tutti i giorni, per almeno 2 anni senza intervalli liberi di durata

maggiore dei 2 mesi; inoltre sintomatologicamente vi sono: iporessia o

iperfagia, insonnia o ipersonnia, ridotta energia e astenia, bassa

autostima, scarsa capacità di concentrazione o difficoltà a prendere

decisioni, sentimenti di disperazione.

I sintomi causano disagio clinico significativo o compromissione della

vita sociale e lavorativa del soggetto.

La prevalenza di sviluppare un disturbo distimico è del 6% ed è doppia

nelle donne rispetto agli uomini.

Page 43: Tesi completa spazio e tempo

L‟esordio è precoce e insidioso.

La diagnosi differenziale viene posta con il disturbo depressivo maggiore

rispetto al quale i sintomi sono meno gravi e di durata prolungata per

anni, e con un disturbo dell‟umore dovuto a una condizione medica

generale dove la sintomatologia psichica è conseguenza degli effetti

fisiologici diretti della malattia (di solito cronica).

5.6 Disturbo Bipolare I

Per fare diagnosi di Disturbo Bipolare I è sufficiente un solo episodio di

mania o episodio misto il quale indica che il soggetto è a rischio di

sviluppare anche episodi depressivi.

Spesso si associano comportamenti violenti, abuso d‟alcool, suicidio,

compromissione del rendimento lavorativo.

La prevalenza di questa patologia è compresa tra 0,4-1,6%; l‟esordio è

più probabile nell‟età compresa tra i 15 e 40 anni.

Esiste una grande variabilità di decorso, con periodi di latenza tra un

periodo e l‟altro anche molto lunghi in alcuni casi e molto brevi in altri,

questo fino alla “rapida ciclicità”.

La terapia prevede l‟uso di antidepressivi e sali di litio. Nel caso di

risultati inefficienti è consigliabile potenziare l‟azione del litio con

carbamazepina o valproato sodico che hanno dato un buon effetto

antimaniacale e stabilizzante dell‟umore.

5.7 Disturbo Bipolare II

In tale disturbo vengono inclusi i pazienti che alternano episodi

depressivi maggiori con uno o più episodi ipomaniacali.

I sintomi causano disagio significativo e compromissione della vita

sociale e lavorativa.

Page 44: Tesi completa spazio e tempo

La prevalenza del disturbo bipolare II è dello 0,5%. Presenta una discreta

familiarità e comorbidità con il disturbo bipolare I e con quello deressivo

maggiore.

Il quadro clinico dell‟episodio depressivo maggiore dei pazienti con

disturbo bipolare II è di gravità minore.

La terapia è sovrapponibile a quella per il disturbo bipolare I.

5.8 La concezione spazio-temporale nei Disturbi dell’umore

Nella psicopatologa dei disturbi dell‟umore, in particolare in quella della

depressione, il punto centrale della considerazione spazio-temporale è la

sensazione di un blocco in cui il futuro viene disabitato dalla speranza e

fa sì che il tempo si arresti. In fondo la parola “disperazione” nasce da

una perdita di speranza, cioè le persone non riescono più a infuturarsi

nella maniera positiva con cui ognuno cerca di sopravvivere.

Quindi c‟è l‟arresto del motus spei, cioè del moto che si dà alla speranza,

perché non ci sono progetti e ogni cosa appare impossibile. In questa

situazione s‟inserisce un passato che viene desertificato da qualsiasi

aspetto positivo e viene invece abitato solo dalla colpa e dalla vergogna

che può esserci per l‟accaduto, cioè per ciò che è successo e che non si

sarebbe voluto compiere, o per l‟inaccaduto, cioè per ciò che non si è

avuto il coraggio di fare, oppure per l‟accadimento stesso dell‟esistenza.

Quindi i temi cognitivi del paziente depresso sono focalizzati su una

perdita avvenuta in passato, su “un fallimento di scopi”. Questa perdita è

vista come un‟inadeguatezza delle qualità personali a colpe, violazioni di

norme morali, abbandono o perdita di figure rassicuranti.

Qui è evidente che le prospettive dell‟avvenire sono chiuse e c‟è quindi

lo sviluppo dell‟idea della rovina e della catastrofe di un mondo non più

vivibile. È in questa situazione di rovellio interiore e di rimuginio che

Page 45: Tesi completa spazio e tempo

avviene un‟intenzionalità autodistruttiva molto forte, che non solo

coinvolge il paziente ma anche tutte le persone a lui più care e che

portano a episodi definiti “suicidi altruisti”, definiti tali perché non sono

dati da un‟aggressività specifica verso queste persone ma sono dovuti al

desiderio di sottrarle al dolore del mondo e a quella rovina a cui

sarebbero ineluttabilmente destinati.

Un altro aspetto molto importante e da tener presente nella depressione è

il passato. Il passato è destoricizzato, non ha più alcun significato se non

quello della dimensione temporale che diventa poi assente perché

impedisce al paziente ogni rincorsa verso l‟avvenire e lo immobilizza.

Anche qui c‟è questa situazione del non poter vivere che può portare il

soggetto al suicidio.

Inoltre c‟è anche un‟alterazione della relazione temporale di

sincronizzazione tra il tempo del soggetto e il tempo dell‟ambiente, in

cui il tempo flusso si arresta e la dimensione temporale diventa qualcosa

appartenente a un mondo non più condivisibile. È come se queste

persone si fossero fermate in un preciso momento che poi diventa eterno

ed essendo pieno di colpe, di rovina, di indegnità, diventa una tortura

senza fine per il paziente.

Fra l‟altro questo è un tempo non più abitato e che non permette

un‟evoluzione dell‟individuo, il quale diventa passivo e impotente di

fronte ai cambiamenti che gli avvengono intorno e di cui non ne

comprende la velocità, a cui non sa adeguarsi e che gli si impongono in

un rapporto di non partecipazione.

Page 46: Tesi completa spazio e tempo

6. La dimensione spazio-temporale nella sofferenza

psicotica

6.1 Il disturbo schizofrenico

La schizofrenia è una malattia psichiatrica caratterizzata da un decorso

superiore ai sei mesi (tendenzialmente cronico o recidivante), dalla

persistenza di sintomi di alterazione del pensiero, del comportamento e

dell'affettività.

La prevalenza del disturbo schizofrenico va dallo 0,1 all‟1% con

un‟incidenza variabile da 0,1 a 0,7%; il rischio di contrarre il disturbo si

attesta all‟incirca all‟1%. Non vengono rilevate significative differenze

correlate al sesso per quanto riguarda prevalenza e incidenza, mentre ci

sono differenze tra i due sessi nell‟età d‟insorgenza della patologia: nelle

donne sembra essere più tardiva (25-35 anni) rispetto agli uomini (15-24

anni).

La schizofrenia rappresenta un campo dei disturbi mentali in cui si

esprime la radicale complessità e multi determinazione dell‟alterazione

mentale patologica. I progressi sviluppati in due secoli di osservazione

clinica e di studi scientifici hanno consentito di dimostrare che fattori di

diversa natura concorrono al determinismo di questa manifestazione

emblematica della patologia del comportamento dell‟uomo. In essa

infatti confluiscono fattori biologici, psicologici, sociali la cui

concomitanza espone l‟individuo alla probabilità di esprimere questa

patologia incidendo significativamente sulla eterogeneità della

espressività psicopatologica e del decorso. Uno degli psichiatri biologici

più accreditati degli anni ‟90 ha scritto a riguardo che la schizofrenia è

una malattia del cervello che si esprime clinicamente come una malattia

Page 47: Tesi completa spazio e tempo

delle mente e che le cause che la determinano sono una combinazione di

fattori genetici ereditari e di fattori esterni non-genetici che alterano la

regolazione e l‟espressione dei geni che regolano il funzionamento del

cervello oppure provocano direttamente un danno cerebrale.

Teorie biologiche

La prima ipotesi biochimica afferma che la schizofrenia deriva da

un‟alterazione in eccesso dell‟attività neurotrasmettitoriale

dopaminergica cerebrale. Numerose ricerche hanno evidenziato una

correlazione positiva tra un‟elevata concentrazione plasmatica di ac.

Omovanillico, metabolita della dopamina, e gravità dei sintomi psicotici

e tra miglioramento clinico e riduzione della sua concentrazione.

A tutt‟oggi non è ancora del tutto chiarito se la iperfunzione

dopaminergica riguardi un eccessivo rilascio di dopamina e/o un eccesso

di recettori dopaminergici. L‟ipotesi attuale è che i recettori D2 non

possano da soli spiegare i sintomi della schizofrenia.

I limiti dell‟ipotesi dopaminergica e la convinzione che non esiste un

unico disturbo schizofrenico, hanno condotto a prendere in

considerazione il coinvolgimento di altri neurotrasmettitori la cui

alterazione condurrebbe a manifestazioni psicopatologiche analoghe. A

questo proposito è stato dimostrato che è possibile produrre

manifestazioni psicotiche analoghe sia utilizzando l‟LSD che agisce a

livello serotoninergico, sia l‟anfetamina che aumenta l‟attività

dopaminergica. Attualmente vengono presi in considerazione la

serotonina e soprattutto i recettori 5-HT2 inibitori, presenti soprattutto

nella corteccia frontale e nel sistema striatale.

Il coinvolgimento della trasmissione serotoninergica nella schizofrenia

viene, a tutt‟oggi, preso in considerazione soprattutto relativamente ad

alcune manifestazioni cliniche del disturbo; esiste tra i ricercatori

Page 48: Tesi completa spazio e tempo

accordo sul riscontro dell‟aumento di 5-HT nel sangue e nelle piastrine

in concomitanza con anomalie morfologiche cerebrali (aumento di

volume dei ventricoli cerebrali) in pazienti con schizofrenia cronica e

ipersensitività recettoriale 5-HT2 e della prevalenza di anomalie del

sistema serotoninergico in forme cliniche con preponderante espressività

di sintomi negativi; viene fatta l‟ipotesi che una riduzione del tono

serotoninergico potrebbe tradursi in una diminuzione della modulazione

inibitoria esercitata sulle strutture dopaminergiche sottocorticali e in una

modificazione della reattività dei recettori D2 corticali.

Il sistema noradrenergico viene oggi preso in considerazione a causa

delle crescenti ricerche che tendono a confermare la sua azione

modulatrice sul funzionamento del sistema dopaminergico.

Attualmente viene anche ipotizzato il coinvolgimento del GABA nei

meccanismi fisiopatologici della schizofrenia; è stata infatti osservata

una riduzione dei neuroni GABAergici nell‟ippocampo con la possibile

conseguente riduzione dell‟inibizione sull‟attività dopaminergica e

noradrenergica.

Recenti studi hanno posto in evidenza anche il coinvolgimento dei

recettori NMDA e del possibile ruolo del glutammato.

Vanno infine ricordate le ricerche relative al coinvolgimento dei

neuropeptidi cerebrali oppioidi (endorfine) che postulano nel disturbo

schizofrenico un‟anomalia della neuro modulazione endorfinica e più

precisamente di una prevalenza dell‟attività cerebrale di tipo β

endorfinico.

Già all‟inizio del „900 fu rilevato l‟aumento della prevalenza del disturbo

tra i fratelli dei pazienti schizofrenici. Nonostante i numerosi studi in

campo e i modelli ipotizzati (a singolo gene o oligogenici o poligenici) i

risultati sono ancora insufficienti e controversi. Cioè alcuni ipotizzano

Page 49: Tesi completa spazio e tempo

una trasmissione ereditaria monogenica dominate, altri monogenica

recessiva, altri credono che il gene di suscettibilità alla schizofrenia sia

situato sul cromosoma X. Nelle ricerche più recenti sono stati segnalati

numerosi loci posti su diversi cromosomi.

Nonostante il numero crescente di studi brain-imaging che dimostrano

diversi tipi di anomalie cerebrali presenti negli schizofrenici

(allargamento ventricolare, patologia del sistema limbico, del talamo, dei

gangli della base e della corteccia) non vi sono ancora evidenze

conclusive circa la presenza di una patoanatomia caratteristica per tutti i

pazienti.

Teorie sociali

Fra le teorie sociali proposte tipica è quella della figura della madre

schizofrenogenetica: donna autoritaria, fredda, invadente o al contrario

iperprotettiva, troppo indulgente, portata a generare confusione tra la

propria identità e quella del figlio; o quella della figura del padre

schizofrenogenetico: personalità passiva, immatura, assente, indifferente

e inadeguata al proprio ruolo.

Teoria della vulnerabilità

La teoria della vulnerabilità per i disturbi schizofrenici nasce sul modello

naturalistico diatesi-stress-adattamento con l‟intento di comprendere in

un unico processo eziopatogenetico la multi determinazione bio-psico-

sociale del disturbo e nel contempo sottolineare il peso dei fattori

psicosociali e familiari non soltanto nel determinismo del disturbo ma

anche nel suo decorso.

Secondo Zubin le manifestazioni schizofreniche insorgono quando

eventi stressanti ambientali e/o biochimici danno una stimolazione

soprasoglia per il soggetto vulnerabile.

Page 50: Tesi completa spazio e tempo

Secondo il modello di Huber la vulnerabilità schizofrenica è dovuta al

disturbo cognitivo fondamentale che riguarda un disturbo (deficit) di

ricezione e elaborazione delle informazioni sotteso da un‟alterazione

neurofisiologica e neurotrasmettitoriale del lobo limbico. Da qui l‟idea

che i sintomi di base sarebbero correlati strettamente al deficit di

processazione.

Maggini afferma che gli schizofrenici per gran parte della loro vita

conservano la capacità di percepire e riconoscere i propri deficit (sintomi

di base) e di mantenere nei loro confronti un atteggiamento critico

elaborando strategie compensatorie adattative e di evitamento di quelle

situazioni che li provocano. Quando si verificano degli stress esterni o

interni questi sintomi si intensificano e si sviluppa una seconda fase del

disturbo in cui la discrepanza tra capacità di processazione e sovra

stimolazione psichica genera inizialmente esperienze di estraneità e di

perplessità e poi l‟esperienza psichica, vissuta con angoscia e irritazione;

questa è la fase spesso osservata nella clinica come prodromica

all‟esplosione della sintomatologia psicotica; è una fase reversibile se le

condizioni di sovra stimolazione recedono, altrimenti essa condurrà alla

terza fase di vera e propria manifestazione psicotica.

Teorie psicodinamiche

Per Melanie Klein la schizofrenia ha origine da una condizione di

insufficiente elaborazione o di mancato superamento della posizione

schizoparanoide che caratterizza fisiologicamente la dimensione

relazionale con la madre per un certo periodo di tempo ed è regolata da

meccanismi di scissione, proiezione e identificazione proiettiva necessari

per arginare le angosce distruttive primitive esistenti in ogni bambino; il

mancato superamento di questa posizione conduce alla persistenza

dell‟esperienze di sé e del mondo circostante dominati da atmosfere

Page 51: Tesi completa spazio e tempo

persecutorie, alla carenza della capacità di differenziare il proprio sé dal

mondo circostante e alla ridotta capacità di sviluppare un Io in grado di

integrare le funzioni di pensiero realistico e l‟esperienza di sé distinta dal

mondo esterno. In questa concezione l‟ambiente materno non sembra

avere una particolare importanza nell‟influire sul destino del processo

evolutivo della posizione schizoparanoide che appare maggiormente

venir ricondotta a fattori innati.

Winnicott al contrario sottolineò l‟insostituibile ruolo della qualità del

sostegno materno nel consentire all‟Io nascente di sviluppare il processo

della sua integrazione. Per questo autore la schizofrenia rappresentava il

risultato di cure materne insufficientemente buone che avevano costretto

il bambino a confrontarsi con l‟angoscia di disintegrazione, lasciandolo

in balia di una eccedenza degli impulsi distruttivi e nella necessità di

continuare a utilizzare le difese schizoparanoidi per sopravvivere.

Bion ha parlato a questo proposito del fallimento della funzione materna

di contenimento delle angosce distruttive e di frammentazione.

Nella classificazione del DSM-IV sono stati differenziati in relazione

alla sintomatologia predominante i seguenti sottotipi:

tipo paranoide: caratterizzato dalla presenza di uno o più deliri e

da allucinazioni uditive;

tipo disorganizzato: caratterizzato soprattutto da eloquio

disorganizzato, comportamento disorganizzato, affettività

appiattita;

tipo catatonico: il quadro clinico è dominato da almeno due dei

seguenti sintomi: arresto motorio, eccessiva attività motoria

(apparentemente senza scopo e non influenzata da stimoli esterni),

negativismo estremo o mutacismo, peculiarità del movimento

volontario, come evidenziato dalla tendenza alla postura fissa

Page 52: Tesi completa spazio e tempo

(assunzione volontaria di posture inadeguate o bizzarre), da

movimenti stereotipati, da smorfie, ecolalia o eco prassia;

tipo indifferenziato;

tipo residuo: non sono presenti rilevanti deliri e allucinazioni,

eloquio disorganizzato e comportamento, ma vi sono sintomi

negativi in forma attenuata.

Allo stato attuale delle conoscenze è assai improbabile credere che esista

un‟entità unitaria di questo disturbo; da qui la mancata identificazione di

un pattern sintomatologico tipico e un percorso d‟evoluzione

caratteristico.

Quindi si possono distinguere tre dimensioni o cluster sintomatologici

correlati con un‟area disfunzionale:

1) distorsione della realtà e disorganizzazione del pensiero:

comprende i c.d. sintomi positivi o produttivi, cioè le

allucinazioni, i deliri, i disturbi formali positivi del pensiero e il

comportamento bizzarro;

2) impoverimento affettivo: è rappresentato dai sintomi negativi:

appiattimento affettivo, abulia-apatia, anedonia-asocialità;

3) deficit neuropsicologici: deficit della working memory, deficit del

mantenimento dell‟attenzione, deficit delle funzioni esecutive.

Il trattamento dei disturbi schizofrenici comprende interventi di diverso

tipo che devono essere integrati tra loro per rispondere alla

multideterminazione del disturbo. La farmacoterapia deve essere

modificata in base alle differenti espressività che il disturbo assume nello

stesso paziente lungo le diverse fasi del decorso.

I farmaci d‟elezione usati nel trattamento di questi disturbi sono i

neurolettici; attualmente vengono usati neurolettici di nuova generazione

(c.d. atipici per differenziarli dai primi neurolettici denominati tipici) che

Page 53: Tesi completa spazio e tempo

pur mantenendo l‟azione antidopaminergica hanno anche un‟azione sui

recettori 5-HT2 inibendoli, questo determina un aumento dell‟attività

dopaminergica cerebrale corticale con una conseguente riduzione dei

sintomi negativi e una comparsa minore o addirittura l‟assenza degli

effetti collaterali extrapiramidali.

La scelta del tipo di neurolettico dipenderà dalla sintomatologia in atto

osservata, per cui la prevalenza dei sintomi produttivi richiederà l‟uso di

un neurolettico tipico mentre quella dei sintomi negativi o di entrambi

indicherà l‟utilizzazione di un neurolettico atipico con azione sia

antidopaminergica che di blocco sui recettori 5-HT2.

Oggi si ritiene che la terapia della schizofrenia non possa prescindere da

interventi psicoterapeutici individuali indirizzati soprattutto a sostenere

la relazione terapeutica e a favorirne la continuità e la stabilità, a

comprendere le angosce psicotiche che vengono comunicate e a fornire

un sostegno esterno di supporto alla vulnerabilità di base del paziente. Si

consiglia il trattamento psicoterapeutico istituzionale integrato, in esso il

psicoterapeuta deve cercare di comprendere gli stati emotivi del paziente

e quelli suscitati nelle figure terapeutiche di riferimento al fine di

modulare gli interventi psichiatrici disponibili.

Accanto all‟intervento psicoterapeutico integrato sono previsti anche

programmi di acquisizione di abilità sociali svolti nei centri diurni o

nelle comunità terapeutiche residenziali, tutto questo consente di ridurre

gli stress psicosociali e di rifornire percorsi di reinserimento sociale e

lavorativo protetto graduale.

Page 54: Tesi completa spazio e tempo

6.2 Altri Disturbi Psicotici

Vengono compresi in questa categoria disturbi psicotici che per la loro

espressività fenomenologica, per decorso e prognosi, non soddisfano i

criteri della schizofrenia e devono essere distinti dai disturbi dell‟umore

con sintomi psicotici.

Seguendo la classificazione del DSM-IV vi sono:

disturbi deliranti;

disturbo psicotico breve;

disturbo psicotico condiviso;

disturbi psicotici dovuti a una concomitante condizione medica

generale;

disturbi psicotici indotti da sostanze.

In letteratura sono stati descritti diversi lavori che cercano di giungere a

modelli neurobiologici per spiegare il fenomeno delle allucinazioni. Un

modello conclusivo vede il sistema limbico come il luogo dove nasce

l‟esperienza del delirio, cioè quello stato emotivo che predispone al

delirio prima ancora di dargli un contenuto. Il rapporto limbico

temporale è quello che probabilmente entra in gioco nel fenomeno

dell‟esperienza allucinatoria, per poi converge in quelle aree cerebrali

con cui si pensa, con cui si organizza l‟esperienza primaria in un

contenuto e quindi si da anche un tema al delirio.

Non si sa ancora con certezza se esiste un rapporto tra deficit cognitivo e

contenuto, ma qualora questo esistesse si potrebbe ipotizzare di

intervenire farmacologicamente su di esso modulando o bloccando

quella che è l‟attività dopaminergica a livello limbico. Più difficile è

pensare come si potrebbe intervenire a livello fronto-corticale dove

Page 55: Tesi completa spazio e tempo

entrano in gioco alterazioni disfunzionali del sistema dopaminergico in

rapporto col sistema glutammatergico e serotoninergico.

Per quanto riguarda il rapporto fra il deficit funzionale di base del

cervello, il suo contenuto semplificativo e il contenuto dell‟esperienza

psicotica, ci si interroga molto per capire quale di questi elementi venga

prima, se c‟è prima il deficit e poi il delirio o il contrario. Probabilmente

si ha prima la disfunzione cognitiva e poi il delirio, ed è probabile che il

deficit cognitivo dia certamente forma ma anche contenuto

all‟esperienza psicotica. Questo da luce su quella che è la natura e il

decorso della malattia perché sono andamenti non paralleli (la

psicopatologia ha un suo decorso e il deficit ne ha un altro), ma

certamente l‟uno influenza l‟altro.

Disturbo Delirante

Si calcola che il disturbo delirante rappresenti circa l‟1-4% di tutti i

ricoveri psichiatrici.

Esordisce di solito in età adulta con una prevalenza leggermente

maggiore per il sesso femminile.

I criteri diagnostici del DSM-IV riguardo questa forma di psicosi sono:

deliri non bizzarri (cioè concernenti situazioni che ricorrono nella vita

reale) che durano almeno un mese, il comportamento non è

eccessivamente stravagante, gli episodi di alterazione dell‟umore hanno

durata pari a quella dei periodi deliranti (quindi breve), il disturbo non è

dovuto agli effetti fisiologici diretti di una sostanza o a una condizione

medica generale.

In base al contenuto delirante prevalente viene specificato il tipo

delirante: tipo erotomanico, tipo di grandezza, tipo di gelosia, tipo di

persecuzione, tipo somatico, tipo misto.

Page 56: Tesi completa spazio e tempo

Esistono osservazioni della possibile evoluzione del disturbo delirante in

un disturbo schizofrenico o della comparsa in esso di manifestazioni

psicotiche acute episodiche.

È necessario considerare anche forme psicopatologiche in cui il delirio

cronico appare molto bizzarro e sono presenti turbe allucinatorie uditive.

Si tratta qui di quadri clinici intermedi tra il disturbo schizofrenico e il

disturbo delirante perché soddisfano in parte i criteri diagnostici di

entrambe le categorie. Questo particolare quadro va sotto il nome di

parafrenia.

L‟intervento terapeutico risulta complesso: il deficit della

consapevolezza di malattia e la buona conservazione della personalità e

delle funzioni cognitive, difficilmente conducono il paziente dallo

psichiatra, e comunque comportano una bassa collaborazione.

Il trattamento psicofarmacologico indicato è di tipo neurolettico, per

quanto non si possa escludere in alcuni casi anche l‟uso di antidepressivi.

Disturbo Psicotico Breve

Le psicosi acute sono forme eterogenee, sul piano etiopatogenetico e

strutturale, tenute insieme da caratteristiche comuni di espressività

sintomatologica e di decorso.

Il loro inquadramento e la loro interpretazione sono da sempre

controversi e problematici. Ancora non si capisce se siano entità

morbose autonome o forme particolari di una sindrome psicotica più

estensiva, o se siano varianti dei disturbi bipolari o della schizofrenia.

Il loro ordinamento diagnostico resta pertanto ancora un problema

aperto.

Oltre alle manifestazioni sintomatologiche che richiamano le grandi

psicosi (deliri e allucinazioni) e le fanno apparire in qualche modo ad

Page 57: Tesi completa spazio e tempo

esse collegate, è stato dato un significato diagnostico patognomonico al

particolare livello di destrutturazione della coscienza presente in questi

casi sotto forma di stati confuso onirici.

È utile ricordare le seguenti tipologie diagnostiche:

psicosi schizofreniformi;

psicosi reattive o psicogene;

bouffées deliranti acute.

Tutte queste sono forme cliniche caratterizzate da sintomatologia

delirante-allucinatoria con turbe particolari dello stato di coscienza e da

esordio acuto, spesso concomitante ad eventi ambientali ed esistenziali

di particolare significato emotivo che si manifestano in persone senza

palesi caratteristiche di personalità premorbosa di tipo schizoide o

schizotimico, e che hanno una durata limitata nel tempo con evoluzione

favorevole in restitutio ad integrum.

I criteri diagnostici del DSM-IV per il Disturbo Psicotico Breve sono:

presenza di uno dei seguenti sintomi: deliri, allucinazioni, eloqui

disorganizzato, comportamento disorganizzato o catatonico;

la durata di un episodio del disturbo è di almeno un giorno, ma

meno di un mese, con successivo pieno ritorno al livello di

funzionamento premorboso;

il disturbo non è meglio giustificato da un Disturbo dell‟ Umore

con manifestazioni psicotiche, da un Disturbo Schizoaffettivo, da

Schizofrenia, non è dovuto agli effetti fisiologici indotti da una

sostanza o da una condizione medica generale;

con insorgenza nel post-partum, se l‟insorgenza avviene entro 4

settimane dal parto.

Page 58: Tesi completa spazio e tempo

Una volta escluse condizioni psicotiche derivanti da sofferenza del

sistema nervoso centrale, gli interventi psichiatrici per queste sindromi,

spesso condotti in situazioni d‟urgenza, comprendono il trattamento

psicofarmacologico (soprattutto neurolettico, ma anche esteso ai

regolatori dell‟umore nonché agli antidepressivi), l‟accudimento

somatico per i bisogni vitali più o meno compromessi e infine un

adeguato sostegno psicoterapeutico in grado di contenere

costruttivamente le angosce deliranti nel periodo di stato e a offrire

quando sia possibile un‟elaborazione costruttiva dell‟esperienza

trascorsa a guarigione avvenuta. Talvolta l‟uscita dalle psicosi avviene

con meccanismi analoghi a quelli del risveglio dal sonno per cui

intervengono attivamente meccanismi di repressione e di diniego; in

questi casi, con la guarigione dalle psicosi termina anche il trattamento e

il rapporto terapeutico.

6.3 La concezione spazio-temporale nei Disturbi Psicotici

La persona con disturbi psicotici ha un disturbo fisso della stima del

tempo. Un contributo che cerca di spiegare questo concetto è dato dal

modello della dismetria. La dismetria cognitiva riesce a spiegare una

serie di problemi clinici caratterizzati dalla mancanza di fluidità dello

scorrere del tempo e dalla frammentazione dell‟esperienza. Essa si fonda

sul fatto che alcune zone del cervello non si connettono sincronicamente

portando a una difficoltà a programmare il futuro, a capire il presente

perché manca il passato, a fare discorsi logici; questa è la cosiddetta

“disorganizzazione della psicopatologia”. La dismetria induce un

disturbo nelle componenti sequenziali delle attività mentali.

Quindi nelle psicosi c‟è la completa perdita della realtà temporale perché

tutto si mischia; per cui le vite di questi pazienti si individuano come

Page 59: Tesi completa spazio e tempo

dimensioni falcidiate da un vivere puntiforme nel presente perché il

tempo ha una velocità enorme che porta quasi ad una sorta di

frammentazione.

In questa visione rientra la concezione del presente destorificato tipico

dell‟esperienza psicotica. La destorificazione del presente avvalora l‟idea

di come l‟esperienza vissuta dello spazio si trasformi contestualmente, il

vicino e il lontano perdono autonomia e significato, tutti gli spazi si

appiattiscono, lo spazio esterno transita facilmente senza ostacoli in uno

spazio interno e viceversa. Questa spirale imprevedibile di permeabilità

senza precisi confini, questa coartazione dello spazio esistenziale, questa

fuga verso un dove o un altrove che non c‟è più, costituisce la

costellazione più importante della sofferenza psicotica.

Una caratteristica tipica dei disturbi psicotici è la presenza di

allucinazioni. Spesso questi pazienti fanno riferimento alla casa; la

metafora della casa è introdotta nel discorso come allusiva al mondo

interno, ad esempio si parla di tetti che hanno delle infiltrazioni, di

intonaci che si screpolano o di case ormai irrimediabilmente non

restaurabili, cioè che non hanno un futuro di accrescimento. Da qui la

forte accentuazione nell‟idea della spazialità.

Straus apre un livello di ragionamento che si basa sul fatto che ciò che si

vede nel declinarsi di un vissuto allucinatorio è un mutato rapporto tra

l‟io e l‟altro; quindi non c‟è più un interno e un esterno, ma c‟è questo

flusso tra coscienza e mondo, le cose appaiono, si odono o si toccano al

di là di quella che è la specificità dei sensi nel declinarsi di queste

relazioni e di questa intersoggettività.

Un‟importante revisione del problema è stata fatta dalla psicanalisi. Il

modello freudiano della soddisfazione allucinatoria, del fatto che

l‟allucinazione rappresenti un ritorno di qualcosa di rimosso, del fatto

Page 60: Tesi completa spazio e tempo

che nel meccanismo dispercettivo sia attivo qualcosa che ha a che vedere

con la regressione, sta nel fatto che questo meccanismo coglie nella

nuova relazione tra il soggetto e il mondo una dinamica basata sulla

conflittualità, in realtà più esplicativa per le nevrosi che non per le

allucinazioni.

Le cose cambiano significativamente con la revisione fatta da Bion. In

questa revisione è presente l‟idea dell‟identità come risultato di una

strutturazione progressiva, e come molteplicità, quindi a un io come

gruppalità; questa situazione di molteplicità dell‟identità permette di

capire come la spiegazione di vissuti allucinatori sia qualcosa che deve

tener conto non solo di una sorta di frammentazione ma anche di una

dislocazione rispetto alla centralità del soggetto medesimo. C‟è

un‟immagine di Bion molto precisa di allucinazioni all‟interno di una

seduta analitica: un paziente che parla con il suo deux peliches ma parla

anche con l‟analista. Nella lettura dell‟evento allucinatorio c‟è sempre il

problema di capire se i due registri convivono o se sono due registri che

nel momento in cui sono attivi si escludono momentaneamente. Questo

perché Freud sostiene che il registro della dispercezione è diverso da

quello dell‟esperienza percettiva quotidiana, e il relè che indurrebbe il

passaggio da un registro a un altro è la valorizzazione nel percorso

dell‟allucinazione negativa. L‟allucinazione negativa apre la possibilità

di comprendere il momento in cui il mondo della percezione quotidiana,

dell‟esperienza quotidiana, viene sostituito dal mondo delle presenze

allucinatorie. Ecco l‟importanza di questa situazione allucinatoria

nell‟aspetto della spazialità, perché lo specifico di certi vissuti

allucinatori risiede proprio in quest‟opporsi a una scansione temporale e

storica del soggetto.

Page 61: Tesi completa spazio e tempo

C‟è una corrispondenza in parallelo tra la comparsa del fenomeno

allucinatorio e il carico esistenziale di angoscia; questa situazione

strutturale, proprio come una struttura architettonica, viene attivata per

un sovraccarico della dinamica complessiva del funzionamento del

soggetto.

Inoltre è stata notata un‟anomalia correlata tra la memoria temporale e

quella spaziale: tanto maggiore è il deficit di memoria spaziale, tanto più

lo sarà quello di memoria temporale.

Per cui oltre ai sintomi negativi, positivi e affettivi c‟è la dimensione

disorganizzativa che porta il paziente ad avere delle vere e proprie

difficoltà oggettive, in quanto la sua esperienza del passato è deficitaria,

non riesce bene a collegare mediante la working memory il passato breve

con il presente, ogni cosa gli appare nuova, ha l‟angoscia per la novità, il

presente è confuso e nello stesso tempo non riesce a viverlo pienamente

perché attaccato da interferenze esterne o interne, il futuro non esiste

perché non ha la capacità di programmarlo.

Page 62: Tesi completa spazio e tempo

Conclusioni

A partire dall‟esplorazione della dimensione spazio-temporale in ambito

fenomenologico perlustrata da diversi autori italiani, in auge nell‟ambito

della psicopatologia nostrana, si sono voluti mettere in risalto aspetti

salienti non solo teorico-filosofici, del resto la dimensione spazio-

temporale è stata sempre indagata sotto un profilo filosofico fin dai

tempi antichi, ma anche clinico-esperienziali.

Queste due dimensioni, spaziale e temporale, nella pratica quotidiana

vengono esplorate contemporaneamente perché si ritiene che un paziente

che è disorientato nel tempo lo sarà anche nello spazio e viceversa.

Sin dai tempi antichi filosofi, medici e psichiatri hanno scandagliato con

maggior curiosità e attenzione la dimensione temporale rispetto a quella

spaziale, come se modificazioni della sfera temporale fossero più

rilevanti ai fini clinici, o forse solo più eclatanti anche ad un occhio

meno esperto. Da qui le classiche considerazioni del tempo rallentato,

accelerato o frammentato in cui il passato, il presente e il futuro si

fondono per creare nel paziente psichiatrico uno stato patologico di

confusione.

Tutto questo però non ci giustifica dal tralasciare le modificazioni che

avvengono nella dimensione spaziale, meno visibili ma anch‟esse

necessarie, in quanto lo spazio del paziente psichiatrico è intriso di tanti

piccoli significati e destrutturazioni che possono essere un corollario o

un‟anticipazione di una serie di sintomi.

Oggigiorno il problema della concezione dello spazio nel paziente

psichiatrico sta tornando a galla, infatti gli studi a riguardo nelle riviste

scientifiche del settore sono molteplici.

Page 63: Tesi completa spazio e tempo

Lo spazio ha una duplice valenza: può essere inteso come spazio fisico

tra paziente e medico, quindi essere uno spazio misurabile e ben

descrivibile da aggettivi quali “stretto”, “largo”, “lontano”, “vicino”,

ecc., ma il più delle volte è uno spazio interno, soggettivo, implicito

nell‟essenza stessa della patologia di cui soffre il paziente, che molte

volte quest‟ultimo non riesce a descrivere e il medico non riesce a

comprendere.

Per il medico psichiatra indagare lo spazio interno e cercare di penetrarvi

è fondamentale ai fini di una corretta diagnosi, ma soprattutto di un

corretto trattamento. Non bisogna dimenticare che nel momento in cui il

medico riesce a entrare nello spazio interno del paziente, può creare con

quest‟ultimo un rapporto d‟intersoggettività indispensabile affinché il

paziente si abbandoni con completa fiducia alle cure. Ovviamente far

questo non è semplice in primis perché il medico, così come una

qualsiasi persona che non ha sofferto di disturbi psichiatrici,

difficilmente riesce a comprendere come il paziente vive il suo spazio

esterno, che poi è rappresentazione diretta di quello interno, ma il tutto è

reso più ostico dal fatto che i pazienti sofferenti molte volte non sanno

come poter descrivere il loro spazio interno e quindi traslano il loro

discorso e le loro lamentele su oggetti inerenti allo spazio esterno.

Esempi tipici di ciò che è stato appena espresso sono le allucinazioni

spaziali che riguardano comunemente la casa, il lavoro, la macchina,

ecc., cioè tutte quelle realtà di cui il paziente può fare esperienza

quotidiana e che quindi quotidianamente, poco per volta, destrutturano la

sua esistenza spaziale. Importante è la figura della “casa”, quindi delle

mura domestiche, il più delle volte rappresentazione dello spazio

interiore del soggetto; infatti nella descrizione che il paziente fa della

casa, quindi di un oggetto materiale, si può individuare una più profonda

Page 64: Tesi completa spazio e tempo

descrizione del suo mondo interiore. Descrivere la propria casa è un

mezzo che i soggetti psichiatrici utilizzano per far comprendere ai

terapeuti la propria esperienza spaziale.

Tutto questo ci porta a dire che non bisogna mai sottovalutare le

modificazioni inerenti lo spazio e il tempo, e mai solo quelle del tempo o

solo dello spazio, perché potrebbero essere elemento utile di

classificazione diagnostica di un paziente ma soprattutto servono al

medico per comprendere la sofferenza da cui il paziente è sopraffatto.

Page 65: Tesi completa spazio e tempo

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