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XIII CONVEGNO NAZIONALE S.I.I.V. – PADOVA – 30/31 OTTOBRE 2003 XIII CONVEGNO NAZIONALE S.I.I.V. SUL PROBLEMA DELLA MODELLIZZAZIONE DELLE SOVRASTRUTTURE STRADALI NELL’OTTICA DELLA PREVISIONE DELLO STATO TENSO-DEFORMATIVO Gaetano Caridi Università Mediterranea di Reggio Calabria, Via Graziella Feo di Vito, 89100 – Reggio Calabria – E-mail: [email protected] Filippo Giammaria Praticò D.I.M.E.T., Università Mediterranea di Reggio Calabria, Via Graziella Feo di Vito, 89100 – Reggio Calabria – Tel./Fax: 0965 875230 _ 875247 – E-mail: [email protected]

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XIII CONVEGNO NAZIONALE

S.I.I.V.

SUL PROBLEMA DELLA MODELLIZZAZIONE DELLE SOVRASTRUTTURE STRADALI NELL’OTTICA

DELLA PREVISIONE DELLO STATO TENSO-DEFORMATIVO

Gaetano Caridi Università Mediterranea di Reggio Calabria, Via Graziella Feo di Vito, 89100 –

Reggio Calabria – E-mail: [email protected]

Filippo Giammaria Praticò D.I.M.E.T., Università Mediterranea di Reggio Calabria, Via Graziella Feo di Vito,

89100 – Reggio Calabria – Tel./Fax: 0965 875230 _ 875247 – E-mail: [email protected]

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SUL PROBLEMA DELLA MODELLIZZAZIONE DELLE SOVRASTRUTTURE STRADALI NELL’OTTICA DELLA PREVISIONE DELLO STATO TENSO-DEFORMATIVO

GAETANO CARIDI - Università Mediterranea di Reggio Calabria FILIPPO GIAMMARIA PRATICÒ - D.I.M.E.T., Università Mediterranea di Reggio Calabria SOMMARIO La modellizzazione meccanica della sovrastruttura stradale costituisce un tema scientifico di rilevante e strategico interesse per effetto delle ben note ricadute in termini di dimensionamento sovrastrutturale, dinamica dell’interazione piano di via-pneumatico, gestione dei processi manutentivi. Alla luce di tali esigenze, in questa memoria ci si è posti i seguenti obiettivi prioritari: studio ad ampio spettro delle possibili configurazioni teoriche e delle metodologie per la modellizzazione delle sovrastrutture stradali; individuazione di una possibile metodica di modellizzazione a fronte di particolari classi di sollecitazioni (impulsive); applicazione allo studio ed alla ottimizzazione di soluzioni a particolari e ricorrenti problemi dell'ingegneria dei corpi stradali. Gli studi e le simulazioni effettuati hanno consentito di apprezzare l’utilità ed i limiti dei singoli strumenti modellistici, nell'ottica della formalizzazione di un più specifico algoritmo, ove la risoluzione del sistema di equazioni differenziali sia ancora agevolata da tecniche FEM. ABSTRACT Models for mechanistic road design is a very important topic owing to the necessity to face some typical problems such as road superstructure design, tyre-pavement dynamic and road maintenance. So, this paper deals with these main targets: theoretical study of models (constitutive laws, road material behaviour, etc.), treatment of particular and complicated parts or configurations of a road, connections between tests and design models, optimisation/simulation of particular problems. The effected studies and simulations permitted to appreciate some of the limits and opportunity offered by the single models, as a support for the formalisation of a particular FEM-supported model. 1. PREMESSA

Lo studio di tipo modellistico delle sovrastrutture stradali rappresenta storicamente un argomento estremamente complesso ed articolato, in virtù del coinvolgimento di differenti aspetti teorici (analisi costitutiva, meccanica dei continui, analisi strutturale, scienza e tecnica dei materiali, geotecnica, etc…) appartenenti a più discipline tecnico-scientifiche. La ricerca nel settore delle modellizzazioni della sovrastruttura stradale è, senz’altro, a tutt’oggi assai viva non solo nel settore delle infrastrutture stradali e della geotecnica,

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ma anche delle costruzioni civili in generale, nel tentativo di risolvere le problematiche di carattere progettuale e manutentivo connesse. Di qui l'avvertita esigenza di studi, modellizzazioni e validazioni ulteriori (cfr. figura 1).

MEMORIA

ANALISI TEORICA (§ 2) • LEGAMI COSTITUTIVI • TECNICH E DI ANALISI NUMERICA

SIMULAZIONI ESPLORATIVE (§ 3)

• SIMULAZIONI FEM IN PRESENZA DI MANUFATTI

Figura 1 – Sintesi degli obiettivi della memoria

Nel dettaglio, la ricerca qui proposta può considerarsi così articolata (figura 2): elaborazione di un quadro generale dei principali aspetti teorici indagati al fine di poter pervenire agevolmente alle scelte modellistiche più appropriate; applicazione alla simulazione FEM delle discontinuità geometrico-meccaniche in corrispondenza delle transizioni rilevato-ponte e delle interazioni tombino-rilevato, con deduzione degli stati tenso-deformativi.

CORPO REALE

Dato un “multistratostradale” compost oda diversi materialise ne desiderasimulare ilcomportamento

MODELLAZIONECOSTITUTIVA

Il comportamento dei vari strati dellapavimentazione è schematizzabile condifferenti risposte semplificate(elastico, plastico, elasto-plastico) (cfr.fig. 2)

DISCRETIZZAZIONE INELEMENTI FINITI

+CONDIZIONI AL CONTOR NO

La logica del software FEM , peresempio, consiste nel suddividere ilcorpo reale con una “mesh”, ovvero uninsieme ordinato di elementitridimensionali verosimilmenteprismatici i cui vertici sono detti“nodi”. Le equazioni costitutivevengono computate e risolte perciascun elemento

CONDIZIONI DI CARICO

Si impone una condizionesollecitativa sui nodi dellamesh che simuli la provadesiderata

CALIBRAZIONESPERIMENTALE

RISULTATI FEM

RISULTATI

SPERIMENTALI

CONFRONTO

Figura 2 – Schema riassuntivo dell’indagine 2. MODELLIZZAZIONE DEL PROBLEMA Il problema della modellizzazione del multistrato stradale è stato qui affrontato tramite accurata analisi dei legami costitutivi (§ 2.1) e delle tecniche risolutive (§ 2.2), al fine di poter poi individuare tra di essi la strategia modellistica e computazionale più aderente alle esigenze del particolare oggetto di studio.

Oggetto di successiva indagine sperimentale

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2.1 Scelta del legame costitutivo

Come ben noto, la strutturazione di un legame costitutivo di validità generale può talvolta risultare di ridotto ausilio per diverse ragioni, tra le quali:

• delle quantità in gioco soltanto le deformazioni sono, in pratica, direttamente misurabili e quindi ricavabili da risultati sperimentali; • l'anisotropia rende difficile la modellazione della risposta all'applicazione di uno stato tensionale generalizzato; • la non linearità meccanica è solo una delle componenti della risposta non lineare globale (spesso non è possibile trascurare quella geometrica); • in particolare, la considerazione del comportamento visco-elastico può condurre ad un affinamento della risposta di sistema talvolta vanificato dalla sostanziale difficoltà nella determinazione di alcune grandezze di input.

Per tali motivi è consuetudine corrente rinunciare a complessi modelli che descrivano con continuità l'evolversi del fenomeno deformativo fino alla rottura, a favore di modelli più semplici in grado di cogliere con più attendibilità soltanto lo specifico aspetto che di volta in volta si vuole analizzare [1]. Nel prosieguo si valutano singolarmente la diverse classi concettuali in cui può ritenersi inquadrato il problema. I risultati dell’analisi sono sinteticamente riportati nelle tabelle A1 e A2 e negli schemi A1, A2 e A3 in appendice. In particolare, nelle citate tabelle, sono evidenziati le relazioni materiale-legame costitutivo per cui sussistono indicazioni in letteratura. 2.1.1 Comportamento elastico

Come ben noto, nel caso in esame in qualunque fase di carico, sia crescente che decrescente, esiste una corrispondenza biunivoca tra le componenti di tensione e di deformazione (figura 3).

Figura 3 – Tipici diagrammi sforzi-deformazioni di materiali con comportamento elastico lineare (sinistra) ed elastico non lineare (destra); i percorsi possibili sono AB e BA

In base a tale definizione, l’energia spesa nel processo deformativo viene completamente restituita se si rimuove la causa perturbatrice (trasformazione reversibile). L’ipotesi su cui si basa il legame costitutivo, allora, è l’esistenza di un potenziale della deformazione ω , detto anche energia di deformazione, funzione delle componenti del tensore della deformazione ijε , definita come

( ) ij0 ijij dij εσ=εω ∫ε (1)

(dipendente solo dai valori estremi (0 e ijε ) e non dal percorso seguito durante la trasformazione).

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L’esistenza di ( )ijεω è subordinata all’unicità del percorso deformativo. Ciò analiticamente si traduce dicendo che la funzione integranda deve essere un differenziale esatto(1), cioè deve verificarsi che

ij

kl

kl

ij

ε∂σ∂

=ε∂

σ∂ (2)

dove gli indici di σ e di ε rappresentano le righe e le colonne dei rispettivi tensori. Il fatto che la funzione integranda debba essere un differenziale esatto permette di scrivere che

ijij

dd εε∂ω∂

=ω (3)

quindi dal confronto tra le espressioni (1) e (3) , poiché ∫ ω=ω d , si ha che la generica

componente del tensore degli sforzi ijσ si ottiene derivando l’energia di deformazione rispetto alla corrispondente componente del tensore delle deformazioni ijε , ovvero

ijij ε∂

ω∂=σ

Quest’ultima relazione permette di ottenere, una volta definita la funzione ω , il legame tra componenti di tensione e deformazione, che stabilisce la legge costitutiva comunque valida in campo elastico, ovvero

ε⋅=σ D oppure in forma indiciale klijklij D ε⋅=σ dove

=σ=σ ij tensore 19× delle componenti di tensione; =ε=ε kl tensore 19× delle componenti di deformazione; == ijklDD matrice 99× delle costanti elastiche. Questo legame tra σ e ε si semplifica, riducendo il numero delle costanti elastiche ijklD , attraverso i seguenti passi logici:

81 costanti

Principio di reciprocità delletensioni tangenziali e degliscorrimenti angolari

=⇒ε=εσ=σ

jiklijkljiij

jiij DD

La funzione integranda dell a (1)deve essere un differenziale esatto ,cioè deve valere l ’invarianza tra lederivate miste nella (2)

klijijkl

klijij

kl

ijklkl

ij

DDD

D=⇒

=ε∂σ∂

=ε∂

σ∂

Così TDD = e l ’energia dideformazione diventa una forma

quadratica ( ) klijijklij D21

εε=εω

36 costanti 21 costanti indipendenti

Ipotesi di isotropia

L’energia di deformazione ω nondipende dal sistema di riferimentoconsiderato per definire il vettore dideformazione, per cui dipenderàdagli invarianti di deformazione I1 eI2. L’espressione che coinvolge I1 eI2 e che dà luogo ad una formaquadratica è espressa in funzionedelle “costanti di Lamè ” λ e G dacui derivano le “costantiingegneristiche” E (modulo diYoung) e ν (coefficiente diPoisson).

2 costantiE , ν

99

ijklD

×

66

ijklD

×

66

ijklD

×

Figura 4 - Riduzione delle dimensioni della matrice delle costanti elastiche

(1) Date tre funzioni delle variabili x, y e z, X=X(x, y, z), Y=Y(x, y, z) e Z=Z(x, y, z), si definisce forma differenziale lineare con coefficienti X, Y e Z, l’espressione lineare negli elementi dx, dy e dz del tipo

( ) ( ) ( )dzz,y,xZdyz,y,xYdxz,y,xX ++ La forma differenziale si dice un differenziale esatto se esiste una funzione F=F(x, y, z), detta primitiva o integrale, il cui differenziale totale dF

dzzFdy

yFdx

xFdF

∂∂

+∂∂

+∂∂

=

coincide con la forma differenziale totale.

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Nel caso di isotropia (quella più diffusamente adottata nella risoluzione dei problemi pratici), risulta, quindi:

( )[ ]yzxx11 E1

σ+σν−σ=ε=ε E

)1(22 xyxy12

ν+τ=γ=ε

( )[ ]zxyy22 E1

σ+σν−σ=ε=ε E

)1(22 yzyz23

ν+τ=γ=ε

( )[ ]yxzz33 E1

σ+σν−σ=ε=ε E

)1(22 zxzx31

ν+τ=γ=ε [2]

2.1.2 Comportamento plastico A. Fondamenti

Nel caso plastico la deformazione è somma di un’aliquota elastica (di solito contrassegnata dall’indice “e”) e di un’aliquota plastica (evidenziata dall'indice “p”), ossia: p

ijeijij ε+ε=ε

Figura 5 – Tensione di snervamento ed aliquota plastica di deformazione in un tipico

diagramma ε−σ di materiali con comportamento plastico; il percorso è ABCDCE

Si può osservare che σ non dipende solo dal valore finale di ε ma anche dalla “storia” seguita per raggiungerlo: ad uno stesso valore di ε , infatti, possono corrispondere più valori di σ , a seconda del percorso seguito [1]. L’incremento di deformazione elastica è calcolato tramite il legame tensioni-deformazioni di un mezzo elastico e isotropo. Per definire, invece, completamente l’incremento di deformazione plastica è necessario formulare un criterio di snervamento (una relazione che individua in modo quantitativo la soglia tensionale, raggiunta la quale non si hanno più solo deformazioni elastiche, ma anche deformazioni plastiche.), un criterio di flusso (il quale determina la direzione delle deformazioni plastiche, per le quali è stato accertato sperimentalmente che la direzione del vettore di deformazione pdε dipende dallo stato tensionale complessivo; la sua generica

componente è esprimibile come ij

pij

Gdσ∂

∂⋅λ=ε , dove =λ ij costanti di plasticità), e una legge

di incrudimento (evoluzione della superficie di snervamento in modo da determinare il modulo del vettore pdε ), che permettano di individuarne rispettivamente l’esistenza, la direzione, e il modulo. Nel caso più generale lo stato tensionale è definito da più di una componente di tensione; alla tensione di snervamento si sostituisce allora una superficie di snervamento. Ad esempio, se per semplicità ci si riferisce a un provino cilindrico di materiale soggetto a una tensione verticale 1σ e a una orizzontale 32 σ=σ (figura 6), è possibile, eseguendo una serie di prove a =σ3 cost. e a =σ1 cost., individuare nel piano ( )31 ,σσ una curva di

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plasticizzazione. I punti interni a tale curva rappresentano stati tensionali che producono solo deformazioni elastiche, mentre passando dal punto B al punto C si hanno anche deformazioni plastiche.

Figura 6 – Curva di snervamento o di plasticizzazione per un provino cilindrico sollecitato da tensione assiale e di confinamento Se si fa riferimento alla rappresentazione geometrica, l’equazione ( ) 0,F p

ijij =εσ individua, nello spazio astratto degli stati di tensione, il luogo geometrico degli stati tensionali limite, ossia la superficie di snervamento. La suddetta dipendenza dalla deformazione plastica si traduce nel fatto che nel corso della deformazione plastica tale superficie può cambiare dimensione e forma. In particolare, se nel corso della deformazione plastica la superficie di snervamento si espande uniformemente in tutte le direzioni con l’evolversi delle deformazioni (rimanendo centrata rispetto al suo asse iniziale senza cambiamento di forma né di posizione), si parla di incrudimento isotropo (work hardening), mentre se la superficie di snervamento rimane costante nelle dimensioni ma trasla rigidamente nello spazio delle tensioni con il progredire delle deformazioni si parla di incrudimento cinematico (figura 7) [4].

Figura 7 – Superfici di snervamento a confronto B. Criteri di rottura (snervamento)

Le curve sforzi deformazioni possono interrompersi bruscamente quando si verifica la rottura del materiale: un materiale fragile è caratterizzato da rottura conseguente all’esaurimento delle risorse elastiche, mentre un materiale duttile manifesta apprezzabili deformazioni plastiche prima di pervenire a rottura. Alla prima categoria possono appartenere materiali come vetro, rocce e, in prima approssimazione, miscele cementizie (sovrastrutture rigide o semirigide), alla seconda tipicamente i metalli e, in forma particolare, le miscele bituminose (sovrastrutture flessibili). Ogni criterio di rottura si distingue dagli altri per l’assunzione della quantità scalare funzione dello stato tensionale responsabile della rottura [3]. Nel caso dei terreni (sottofondo, misto stabilizzato di fondazione, etc…), il criterio più noto è quello di Mohr-Coulomb (1773):

φσ+=τ tanc ff (4)

( )pijij ,F εσ

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dove fτ = resistenza al taglio; fσ = tensione normale; c = coesione; φ = angolo di resistenza a taglio. Tale equazione si può esprimere anche in termini di tensioni principali: se, ad esempio, si pone che 321 σ≥σ≥σ , si ha

( ) 0cosc2sin3131 =φ⋅−φ⋅σ+σ−σ−σ Se si assume che l’equazione (4) valga in condizioni generali di tensione, la condizione di rottura secondo il criterio di Mohr-Coulomb sarà verificata quando almeno una qualunque delle tre relazioni che seguono rimane soddisfatta con il segno di uguaglianza (cfr. figura 8)

( ) 0cosc2sinkiki ≤φ⋅−φ⋅σ+σ−σ−σ con i, k = 1, 2, 3. L’espressione per la condizione di rottura di Mohr-Coulomb può essere vista come una generalizzazione del criterio di Tresca (1864), formulato inizialmente per i metalli, secondo cui (cfr, figura 8)

0c2ki ≤−σ−σ

per ottenere la quale basta porre uguale a zero l’angolo di resistenza al taglio φ nella precedente espressione.

Figura 8 – Domini di rottura di Mohr-Coulomb, Tresca, Hüber-Hencky-von Mises,

Drucker-Präger, nello spazio delle tensioni principali Da un punto di vista semplicemente matematico, il criterio di Tresca appare piuttosto “scomodo”, dal momento che, in condizioni normali di carico è indispensabile esprimere la condizione di rottura mediante sei disuguaglianze. Per queste ragioni, prima Hüber (1904), poi von Mises (1913) e infine Hencky (1924), proposero indipendentemente di utilizzare un’espressione, per così dire, approssimata, ma analiticamente molto più comoda. Il criterio di Hüber-Hencky-von Mises è esprimibile mediante la relazione (cfr. figura 8):

0K32312123

22

21 ≤−σσ−σσ−σσ−σ+σ+σ

In condizioni di sforzo tridimensionali, l’adozione di un criterio di plasticizzazione alla Mohr-Coulomb presenta qualche problema. Infatti il gradiente della funzione di plasticizzazione non è definito in modo univoco sugli spigoli della piramide. Per superare questo inconveniente, Drucker e Präger (1952) proposero di approssimare il criterio di Mohr-Coulomb con un’espressione del tipo (cfr. figura 8).

( )[ ] 0K 2321323121

23

22

21 =+σ+σ+σµ−σσ−σσ−σσ−σ+σ+σ

Scegliendo opportunamente µ e K è possibile rendere il cono inscritto o circoscritto alla piramide di Mohr-Coulomb, o semplicemente approssimare quest’ultima nel modo ritenuto più conveniente [7]. Il criterio di Drucker-Präger costituisce una evidente e naturale estensione del criterio di Hüber-Hencky-von Mises, esattamente come il criterio di Mohr-Coulomb è un’estensione del criterio di Tresca. In ambedue i casi infatti al crescere della pressione isotropa aumenta la resistenza al taglio. Il criterio di Drucker-Präger ha, peraltro, il difetto di prevedere uguale resistenza per campioni di materiale sollecitati a compressione o in trazione, cosa che è largamente in disaccordo con i dati sperimentali, mentre il criterio di Mohr-Coulomb prevede, correttamente, che la resistenza a compressione sia molto più grande di quella in estensione.

Mohr-Coulomb Tresca Hüber-Hencky-von Mises Drucker-Präger

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Questo aspetto è stato spesso sottovalutato nella pratica e i valori di µ e K presenti nell’equazione di Drucker-Präger sono stati correlati ai valori di c e φ dell’equazione di Mohr-Coulomb, imponendo l’uguaglianza della resistenza in compressione. Ciò implica che il cono di Drucker-Präger circoscriva la piramide di Mohr-Coulomb (figura 9), con evidente sopravvalutazione della resistenza in condizioni diverse da quelle di compressione, come mostrato in figura 9 in cui si riportano le sezioni rette dei due criteri [3].

Figura 9 – Sezioni rette in condizioni di rottura per Mohr-Coulomb e Drucker-Präger

C. Principali legami costitutivi plastici

Per stati tensionali multi-componente il criterio di snervamento ( ) 0,F pijij =εσ può essere

rappresentato più semplicemente da una funzione delle singole componenti del vettore σ , ovvero ( )σf che a sua volta si può interpretare come una tensione equivalente eσ :

( )σ=σ fe Quando la tensione equivalente uguaglia la tensione di snervamento del materiale allora

( ) yf σ=σ (5) si sviluppano deformazioni plastiche; se, invece, eσ è minore di yσ il materiale conserva un comportamento elastico e le tensioni si evolveranno in accordo con le tipiche relazioni elastiche ε−σ [8]. Le equazioni (5) possono essere diagrammate nel piano ε−σ per osservare il comportamento plastico dei criteri di snervamento più utilizzati. C.1 Elasto-plastico Bilineare

Questo comportamento utilizza il criterio di rottura di Hüber-Hencky-von Mises con criterio di flusso associato e incrudimento cinematico (figura 10). La tensione equivalente ( )σ=σ fe è pertanto data da

( ) [ ] ( )α−⋅⋅α−=σ sMs23 T

e

dove [ ] =σ−σ= T

m 000111s deviatore di tensione; ( ) =σ+σ+σ=σ zyxm 31 tensione

idrostatica; ∫ ε=α pdC = vettore di traslazione della superficie di rottura; C = parametro del materiale; [ ] [ ]222111diagM = L’equazione della superficie di snervamento ( ) 0,F p

ijij =εσ risulta

( ) [ ] ( ) 0sMs23F y

Tye =σ−α−⋅⋅α−=σ−σ=

mentre il criterio di flusso è dato da

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10

( )α−σ

=σ∂

∂s

23F

e

cosicché l’incremento di deformazioni plastiche è normale alla superficie di snervamento. Il criterio di flusso associato insieme al criterio di rottura di Hüber-Hencky-von Mises è meglio conosciuto come criterio di flusso di Prandtl-Reuss [1]. La traslazione della superficie di rottura è definita come

shG2 ε=α dove

( )ν+=

12EG = modulo di taglio; =ε∆+ε=ε −

shsh1n

shn deformazione di spostamento;

psh

G2C

ε∆=ε∆ ; T

T

EEEE

32C

−⋅

⋅= ; =TE modulo tangente (dal diagramma ε−σ bilineare).

La traslazione della superficie di rottura shε è inizialmente nulla e cambia con la conseguente deformazione plastica. C.2 Elasto-plasticità anisotropa

Il modello di elasto-plasticità anisotropa è basato sul criterio di rottura ortotropico di Hüber-Hencky-von Mises modificato, in cui, cioè, si tiene conto delle differenze della resistenza a rottura a trazione e compressione che riguarda direzioni tra loro ortogonali. Un esempio di diagramma ε−σ è mostrato in figura 10, in cui è indicata la tensione di snervamento per due direzioni del materiale. Per questo modello sono richieste anche l’altra curva tensioni normali – deformazioni e tre curve tensioni tangenziali – deformazioni. Questo si traduce in 18 costanti aggiuntive oltre alle 9 richieste per i materiali elastici ortotropici. Il relativo criterio di flusso è associato mentre la superficie di rottura è un cilindro circolare distorto che è inizialmente spostato nello spazio delle tensioni ed aumenta le dimensioni con le deformazioni plastiche. La tensione equivalente ( )σ=σ fe è definita da

[ ] L31M

31 TT

e σ−σσ=σ

dove [ ] =M matrice che descrive la variazione della tensione di snervamento con l’orientazione; =L matrice che tiene conto della differenza tra resistenza a rottura a trazione e compressione. La matrice L può essere correlata al vettore di traslazione della superficie di rottura α e quindi la funzione tensione equivalente si può interpretare come se avesse una traslazione o uno spostamento iniziale. Quando la eσ uguaglia un parametro K del materiale si assume che esso sia snervato. Allora il criterio di rottura sarà

[ ] [ ] 0KLMF3 TT =−σ−σσ= Ponendo che il materiale abbia tre piani tra loro ortogonali di simmetria, il comportamento plastico può essere caratterizzato dall’andamento ε−σ nelle tre direzioni coordinate e dal corrispondente andamento γ−τ . Perciò [ ]M ha forma

[ ]

=

66

55

44

332313

232212

131211

M000000M000000M000000MMM000MMM000MMM

M

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Per valutare il criterio di rottura in tutte le possibili condizioni di tensione monoassiale, i singoli termini di [ ]M possono esprimersi come

jjjj

KM−+ σ⋅σ

= con j = 1, …, 6 (6)

dove j+σ e j−σ sono la resistenza a rottura a trazione e a compressione in direzione j (j = x, y, z, xy, xz, yz). La tensione di rottura a compressione è assunta positiva. Per la rottura a taglio si pone che

jj −+ σ=σ . Ponendo 1M11 = , K si definisce come xxK −+ σ⋅σ= Il vettore differenziale di resistenza è esprimibile come

[ ]T321 000LLLL =

e nelle condizioni monoassiali è definito da ( )jjjjj ML −+ σ−σ= con j = 1, 2, 3 (7)

Assumendo una incompressibilità plastica (nessun aumento di volume dovuto a deformazioni plastiche) si producono le seguenti relazioni

0MMM 131211 =++ 0MMM 232212 =++ 0MMM 332313 =++ 0LLL 321 =++ (8) pertanto gli elementi al di fuori della diagonale principale di [ ]M saranno

( )33221112 MMM21M −+−= ( )33221113 MMM

21M +−−= ( )33221123 MMM

21M ++−−=

Grazie alle equazioni (6) e (7) la (8) diventa

0zz

zz

yy

yy

xx

xx =σ⋅σσ−σ

+σ⋅σ

σ−σ+

σ⋅σσ−σ

−+

−+

−+

−+

−+

−+

che deve essere soddisfatta in condizioni di incompressibilità plastica. Pertanto le resistenze a rottura monoassiale non sono completamente indipendenti. Esse devono definire una superficie di rottura chiusa, la cui sezione trasversale è ellittica. Una superficie di rottura ellittica è definita se è soddisfatto il seguente criterio [1] [8].

( ) 0MMMMMM2MMM 331133222211233

222

211 <++−++

C.3 Elastico perfettamente plastico

Questo comportamento utilizza il criterio di rottura di Drucker-Präger con criterio di flusso associato o non associato. La superficie di rottura non varia con l’evolversi dello snervamento, cosicché non c’è legge di incrudimento. La tensione equivalente è data da

[ ] sMs213 T

me +βσ=σ

dove =σm tensione idrostatica; =s deviatore di tensione;

( )=

φ−

φ=β

sin33sin2 costante del

materiale; [ ] [ ]222111diagM = . Il parametro di snervamento del materiale è definito come

( )φ−

φ⋅=σ

sin33cosc6

y

La superficie di rottura ( ) 0,F pijij =εσ è allora

[ ] 0sMs213F y

Tm =σ−+βσ= [2] [8]

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C.4 Elasto-plastico multilineare Per ottenere questo genere di risposta si assume che il materiale sia idealmente costituito

da diverse porzioni (o sottovolumi) tutte soggette alla stessa deformazione totale, ma ciascuna avente una diversa resistenza allo snervamento. Ogni sottovolume offre una semplice risposta ε−σ ma, combinata a quella degli altri, fa sì che il modello possa rappresentare un comportamento più complesso. Ciò garantisce un diagramma complessivo sforzi-deformazioni multilineare con legge di incrudimento cinematica e criterio di rottura di Hüber-Hencky-von Mises [8]. In questo tipo di modello si rende necessario un particolare ordine di calcolo: • si determinano le porzioni di volume totale e le corrispondenti resistenze a snervamento; • l’incremento di deformazione plastica è ottenuto per ciascun sottovolume assumendolo

soggetto alla stessa deformazione totale; • i singoli incrementi di deformazione plastica vengono sommati usando degli opportuni

“fattori di peso” calcolati come mostrato successivamente; • la deformazione plastica viene aggiornata e quella elastica calcolata. Le porzioni del volume totale, i fattori di peso e le tensioni di snervamento sono ricavate combinando la risposta del materiale con il diagramma sforzi-deformazioni monoassiale. Assumendo un materiale perfettamente plastico secondo Hüber-Hencky-von Mises si ha che il fattore di peso w dell’i-esimo sottovolume è

∑−

=

−ν−

−=

1i

1jj

Ti

Tii w

E321E

EEw

dove =TiE pendenza dell’i-esimo segmento del diagramma ε−σ ; =∑ jw somma dei fattori di peso dei sottovolumi precedentemente calcolati La tensione di snervamento di ogni sottovolume è data da

( ) ( )[ ]iiyi 21E3121

σν−−εν+

C.5 Elasto-plastico bilineare e multilineare con incrudimento isotropo

Questi comportamenti utilizzano il criterio di rottura di Hüber-Hencky-von Mises con criterio di flusso associato e legge di incrudimento isotropo. La tensione equivalente ( )σ=σ fe è

[ ] sMs23 T

e =σ

dove =s vettore deviatore di tensione; [ ] [ ]222111diagM = . Quando eσ uguaglia la tensione di snervamento yσ si assume che il materiale sia snervato; il criterio di snervamento ha espressione

[ ] 0sMs23F y

T =σ−= [4] [8]

Fig. 10 – Comportamento tensioni-deformazioni bilineare (sx), elasto-plastico anisotropo, elastico perfettamente plastico, elasto-plastico multilineare, elasto-plastico multilineare

con incrudimento isotropo (a dx)

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Le principali conclusioni dell’analisi sin qui effettuata sono riportate in appendice alle tabelle A1 e A2. C.6 Sovrastrutture stradali flessibili

Nel caso delle sovrastrutture flessibili stradali, teoria dell’elasticità e teoria della plasticità costituiscono strumenti solo parzialmente impiegati: a) il legame costitutivo e la tipologia di crisi della miscela (cfr. figura 11), spiccatamente

legati alle proprietà del legante, appaiono dipendere da scenario termico e storia di carico (frequenza di sollecitazione, numero di ripetizioni, etc.) [6] [23];

b) in termini prettamente calcolistici si avvertono delle esigenze contrapposte: da un lato l'esigenza di modelli più sofisticati (non linearità del sottofondo, dipendenza delle caratteristiche dei materiali anche dallo stato tenso-deformativo, introduzione di caratteristiche visco-plastiche specie per gli strati legati a bitume, fessurazioni non necessariamente innescate dal basso, etc.), dall'altro di modelli ancora più semplici ed affidabili per l'effettuazione spedita di calcolazioni ingegneristiche di routine;

c) il complesso delle grandezze meccaniche è usualmente ricondotto, in pratica, ai parametri di input del caso elastico (talvolta con adeguata, indiretta considerazione dei moduli delle grandezze complesse), quale strumento per la valutazione “estrinseca” della percentuale di fessurazioni superficiali da fatica e delle ormaie (cfr. figura 12) ;

d) in particolare, non risulta possibile prescindere, nelle verifiche e nei criteri di sicurezza, dalla variabile N (numero cicli di carico) e l’analogo ideale della superficie di snervamento nello spazio delle tre tensioni principali è (in termini semplificati) costituito, per esempio, non una superficie ma da una spezzata, frontiera di un dominio in ℜ2, nel piano numero di cicli-ampiezza ormaie, ovvero ΣjΣi nij⋅(Nij

I+NijF10)-1, ∆h, con

vincoli ΣjΣi nij⋅(NijI+Nij

F10)-1≤1 e ∆h≤∆hlim (cfr. figura 13).

T

|ε|

0

FRAGILE

DUTTILE

elastico-lineareE, G

viscoelastico-lineareE*, G*

60 ÷ 100°C 180°C

fluido newtoniano

crisi-rottura

rottura termica

faticamiscelazione/compattazione

ormaiamentoFENOMENI/ PROCESSI IN MISCELA

POSSIBILE LEGAME COSTITUTIVO BITUME

TIPO DI CRISI ED EVOLUZIONE T-| ε|BITUMI

log |ε|

log N

ORMAIAMENTO

FATICAVISCOELASTICITA' LINEARE

NON LINEARITA'

LEGAMI COSTITUTIVI ED EVOLUZIONE N-| ε|

η

DO

MIN

IO N

- ε

DO

MIN

IO T

- ε

Figura 11 – Legami costitutivi e tipologie di crisi dei conglomerati bituminosi

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Caratteristiche meccanico-geometriche

Spettro di carico

Modello (FEM, multistrato elastico,

etc.)

Stato tenso- deformativo

(σ, ε)

Legame deformazioni permanenti- numero

cicli di carico (°); algoritmo per il

calcolo della profondità delle

ormaie (°°)

Profondità delle ormaie

Verifica all’ormaia-mento (°°°)

Esempi (j= periodo temporale, i=i-esima tipologia asse): (*) LogNij

I=6+4.7619*[Log (Γ⋅Vb⋅(Vb+Vv)-1-log εx] (c.b.); (**) NijF10=1.373*e(-1.098n)*h(-0.157+0.476n)*[Eα*σβ10µ];

(***) ΣjΣi nij⋅(NijI+Nij

F10)-1≤1; (°) (c.b.) εp=H⋅ (σ1-σ3) ⋅E*-1⋅ (N⋅f-1⋅10-3)B; εp(N)= εp(1) ⋅ (N)(Sεr/σ3) (misti granulari); (°°) ∆h=ΣmΣjΣi εp m, i, j⋅hm⋅ni, j; (°°°)∆h≤∆hlim;

NijI

(numero delle ripetizioni che produce l’innesco delle

fessurazioni nello strato più profondo in c.b.)

Legge di fatica (avvento delle

fessurazioni)(*)

NijF (numero delle

ripetizioni che produce una data

aliquota di fessurazione in

superficie)

Legge di fessurazione (risalita delle

fessurazioni) (**) Verifica a

fatica (***)

Figura 12 - Schema esemplicativo di progetto razionale di una sovrastruttura flessibile

(approccio di livello medio)

Figura 13 - Esempio di criterio e frontiera di crisi, nel caso delle sovrastrutture flessibili (modello semplificato, cfr. figura 12)

2.2 Scelta della tecnica di analisi numerica risolutiva

Esaminato l’ampio spettro dei legami costitutivi e acquisita l’evidenza del carattere ostico di una risoluzione analitica (specie per i legami costitutivi non lineari), specifica attenzione è stata rivolta alla ricerca di tecniche risolutive alternative atte a pervenire alla risoluzione iterativa degli specifici problemi oggetto di studio [12].

ΣjΣi nij⋅(NijI+Nij

F10)-11

∆hlim

∆h Crisi per ormaie

Crisi per fatica

Crisi per fatica

e ormaie

NO

NO

SI

SI

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Di seguito si riporta una sintesi dei principi logici di funzionamento dei metodi di analisi numerica (FDM §2.2.1, FEM §2.2.2, BEM §2.2.3) preliminarmente analizzati nell’ottica della risoluzione della peculiare classe di problemi in oggetto (stati tenso-deformativi in condizioni di interferenza sovrastruttura-manufatti). 2.2.1 FDM (Finite Difference Method = metodo delle differenze finite)

In un problema al continuo di qualsiasi dimensione, cioè in un corpo o in una regione dello spazio in cui abbia luogo un particolare fenomeno, la variabile di campo (come lo spostamento, può essere uno scalare, un vettore o un tensore), è funzione di ciascun punto del dominio di definizione. Di conseguenza il problema presenterebbe un numero infinito di incognite. A fine di ovviare a tale problema è possibile impiegare i metodi FDM (cfr. figura A1). Tali metodi sono stati i primi ad affermasi grazie anche alla relativa semplicità concettuale, lasciando inalterato il modello fisico e discretizzando le equazioni differenziali del problema. Il FDM si basa sull’approssimazione delle derivate prime e seconde che compaiono nelle equazioni differenziali che governano il problema mediante differenze dei valori finiti che la funzione da differenziare assume in alcuni punti del dominio in cui esso è definito [10]. Si sovrappone al dominio una griglia di punti (nodi) che possono essere equispaziati (di solito con h si individua la distanza tra due nodi vicini). L’algoritmo delle equazioni alle differenze finite aumenta di efficacia al crescere del numero dei punti di intersezione della griglia, che si sovrappone al dominio di definizione della funzione incognita. Con il metodo delle differenze finite si possono trattare problemi anche molto complessi. Se subentrano geometrie irregolari o specifiche insolite nelle condizioni al contorno, tale metodo diventa di difficile applicazione. 2.2.2 FEM (Finite Elements Method = metodo degli elementi finiti)

Il metodo FEM ha tendenzialmente soppiantato il metodo delle differenze finite. Il dominio di studio è discretizzato in tanti sottodomini di forma elementare (elementi), in ognuno dei quali si può dire che le equazioni differenziali vengono lasciate inalterate. Gli elementi finiti possono avere diverse forme in modo da essere convenientemente adattati al dominio di studio; di solito sono triangoli o quadrilateri in 2D e tetraedri o parallelepipedi in 3D [9]. Tale procedura di discretizzazione agli elementi finiti permette di ridurre il problema da un numero infinito di incognite ad un problema con un numero finito di incognite, suddividendo, appunto, il dominio in elementi finiti ed esprimendo il campo incognito in termini di funzioni approssimanti (funzioni di forma). Tali funzioni vengono individuate mediante i valori che la variabile dipendente assume in punti specifici detti nodi, posti di solito sul contorno degli elementi, in punti comuni a due o più di essi. In questo modo i valori della variabile di campo e i valori delle sue derivate parziali rappresentano le incognite nodali. Spesso si scelgono dei polinomi come funzioni di interpolazione, essendo semplici da derivare e integrare. Il grado del polinomio scelto dipende dal numero dei nodi assegnati all’elemento e dal numero di incognite. Grazie a queste si è in grado di scrivere un funzionale per ciascun elemento in forma matriciale e, combinandole opportunamente, un funzionale per l’intero dominio di definizione. L’equazione matriciale del sistema ha la stessa forma delle equazioni relative ai singoli elementi. Le procedure di assemblaggio si basano sul fatto che, in un nodo comune a più elementi, il valore della variabile di campo è il medesimo per ogni elemento che condivide quel nodo.

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Per risolvere il problema si deve allora minimizzare il funzionale rendendolo stazionario rispetto alle variazioni delle incognite nodali. Si riduce così il sistema risolvente globale ad un sistema di equazioni algebriche a coefficienti costanti risolvibili con degli opportuni algoritmi iterativi [12] [16] [17]. In appendice è riportato (figura A2) lo schema logico dei passi risolutivi del metodo FEM. 2.2.3 BEM (Boundary Elements Method = metodo degli elementi di contorno)

Il metodo numerico di calcolo BEM si basa tanto sulla discretizzazione della frontiera del dominio di definizione quanto sulla definizione di una soluzione fondamentale dell’equazione differenziale alle derivate parziali che riguarda la variabile di campo ricercata, ovvero di una funzione peso w per la definizione degli elementi al contorno. Con tale metodo BEM si abbassa di una dimensione il problema: nel caso delle piastre si utilizzano elementi monodimensionali e successivamente si deducono i valori delle grandezze nei punti interni dalle soluzioni note al contorno. Va osservato che mentre il metodo FEM può essere applicato alla quasi totalità dei problemi, non altrettanto si può dire del metodo BEM. Infatti questo si basa essenzialmente sul teorema di Betti che necessita la conoscenza della soluzione fondamentale (risposta della struttura a forze e spostamenti concentrati). Alcuni tipi di problemi, quali propagazione di cricche, studio di particolari domini infiniti o seminfiniti, si adattano ad essere trattati con applicazioni BEM [10] [14]. La figura A3 cerca, pur nel carattere estremamente complesso delle analisi, di fissare i concetti principali che stanno alla base del metodo. 3. SIMULAZIONE FEM Acquisite le necessarie indicazioni tanto in termini di legami costitutivi che di tecniche risolutive, si è effettuato un ciclo di simulazioni FEM. Tra le configurazioni simulate, quella in figura, al variare di d.

30

40 360 40

4024

040

Opera di attraversamento in c.a.

Fondazione in misto stabilizzato s = 30 cm

d

D = 30 cm

Figura 14 – Schema simulazione FEM

Le principali caratteristiche dell’implementazione FEM sono state le seguenti: • legame costitutivo: elastico perfettamente plastico; • forma elementi: parallelepipedi (caratterizzati da 8 nodi nei vertici e MAXMIN LL5 ≥

per ragioni di stabilità e di convergenza della soluzione, dove MINL ed MAXL sono le dimensioni del lato minore e maggiore del generico elemento costituente la mesh);

• criterio di sicurezza: Drucker-Präger; • tipo di carico: impulsivo (tipo Falling Weight Deflectometer [11] [13]) I risultati ottenuti sono riassunti alle figure da 15 a 26.

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17

In esse, per le due configurazioni d=∞ e d=195cm, è valutato lo stato tenso-deformativo con riferimento ai due tensori:

εγγ

γεγ

γγε

=

στττστττσ

=

zzyzx

yzyyx

xzxyx

zzyzx

yzyyx

xzxyx

21

21

21

21

21

21

DT

sono considerate, in particolare, le variazioni in direzione radiale (r) e verticale (z).

σz (r) [kN/m2]0

50

1 00

-1 80 0 180

r [cm]

[d=∞]

[d=195cm]

σz (z) [kN/m2]

-20 0

-10 0

00 50 0 100 0

z [c

m]

[d=∞]

[d=195cm]

Figure 15 e 16 – Distribuzione delle tensioni verticali σz

σr (r) [kN/m2]

-10

5

20-18 0 0 18 0

r [cm]

[d=∞]

[d=195cm]

σr (z) [kN/m2]

-200

-100

0-1 0 490 990

z [c

m]

[d=∞]

[d=195cm]

Figure 17 e 18 – Distribuzione delle tensioni radiali σr

τ (r) [kN/m2]0

12

24

-180 0 1 80

r [cm]

[d=∞]

[d=195cm]

τ (z) [kN/m2]

-200

-100

00 1 2

z [c

m]

[d=∞]

[d=195cm]

Figure 19 e 20 – Distribuzione delle tensioni tangenziali τ

z=105cm r=0

z=105cm r=0

z=105cm r=0

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18

εz (r)0

0 ,0015

0 ,003

-18 0 0 180

r [cm]

[d=∞]

[d=195cm]

εz (z)

-200

-100

00 0 ,05 0 ,1

z [c

m]

[d=∞]

[d=195cm]

Figure 21 e 22 – Distribuzione delle deformazioni verticali εz

εr (r)

-0 ,0 0 2

-0 ,0 0 0 5

0 ,0 0 1-1 8 0 0 1 80

r [cm]

[d=∞]

[d=195cm]

εr (z)

-2 0 0

-1 0 0

0-0 ,0 2 0 0 ,0 2

z [c

m]

[d=∞]

[d=195cm]

Figure 23 e 24 – Distribuzione delle deformazioni radiali εr

γ (r)

-0 ,001

0

0 ,001

-180 0 180

r [cm]

[d=∞]

[d=195cm]

γ (z)

-200

-100

0-0 ,00 02 0 0 ,0002

z [c

m]

[d=∞]

[d=195cm]

Figure 25 e 26 – Distribuzione degli scorrimenti angolari γ

Con riferimento ai risultati ottenuti è possibile asserire che: 1. le distribuzioni ( )rzσ e ( )zzσ per d = ∞ risultano in armonia con la teoria

dell’elasticità (approccio di Boussinesq, 1883, ( )[ ]

+−=σ

− 232z zR11q );

2. analogamente, le ( )rrσ e ( )zrσ [valutate con

( ) ( )[ ] ( ) ( )

+⋅++⋅⋅ν+−ν+=σ

−− 232232122r zRzzRz12212q per r = 0 e con

( )[ ]F21CA2qr ⋅ν−++⋅ν=σ per r ≠ 0 (Ahlvin e Ulery, 1962) risultano sostanzialmente coerenti con quelle valutate tramite FEM analysis.

3. anche per le ( )rτ e ( )zτ , calcolate con 1rz Gq ⋅=τ (Ahlvin e Ulery, 1962) sussiste una parziale congruenza;

z=105cm r=0

z=105cm r=0

z=105cm r=0

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4. per ciò che concerne le ε sussiste una solo parziale congruenza con quanto desumibile in base alla teoria dell’elasticità (cfr. §2.2.1);

5. tramite gli strumenti classici della teoria dell’elasticità, non si riescono a valutare, per le configurazioni in oggetto, alcune delle criticità, qui invece individuate, relative alla finitezza dell’area di carico in corrispondenza a r = ±15cm;

6. con i medesimi strumenti dell’analisi elastica non risulta possibile apprezzare le discontinuità di comportamento in corrispondenza a d = 200cm (caso con manufatto);

7. altro elemento positivo dell’elaborazione FEM effettuata è risultato, pur se quantitativamente meno rilevante, la possibilità di valutare le criticità intorno a z = 30cm (discontinuità tra gli strati);

8. limite costitutivo dell’analisi tramite FEM è risultato risiedere anche nelle dimensioni complessive della mesh e nella relativa dipendenza da esse di alcuni degli esiti tenso-deformativi.

CONCLUSIONI

Sulla base degli studi effettuati nonché delle simulazioni, si è reso possibile valutare nel dettaglio il carattere estremamente complesso della modellistica delle sovrastrutture flessibili stradali, specie con riferimento a quelle legate a bitume.

Ciò contribuisce a spiegare il perché l’approccio meccanicistico allo studio dei multistrati “Stradali” si sia storicamente concretizzato in semplici multistrati elastico-lineari, con l’artificio dell’impiego dello stato tenso-deformativo così dedotto nella previsione del numero di ripetizioni di carico a rottura per ciascuno dei meccanismi di crisi (solitamente due, Permanent deformation PD e Fatigue Cracking FC).

Invero, l’approccio, come le simulazioni effettuate (una delle quali riportate nella memoria) dimostrano, risulta presentare non pochi vantaggi: progressiva accessibilità agli utenti tecnici non necessariamente specializzati, sostanziale semplicità dei concetti impiegati, dunque possibilità conseguente di scelte progettuali consapevoli, attitudine a fornire con immediatezza informazioni preziose anche con riferimento a configurazioni accentuatamente singolari, non altrimenti analizzabili con le tecniche di dimensionamento empiriche o semi-empiriche (AASHTO 93) né con la teoria dell’elasticità.

Giova a tal proposito evidenziare l’apprezzamento delle criticità in corrispondenza alla frontiera del carico, all’interfaccia tra strati della sovrastruttura, nonchè tra corpo stradale e manufatti.

Non è, peraltro, possibile, qui, da ultimo, sottacere che il modello impiegato, visto quale porzione di un processo di dimensionamento o verifica, risulta in parte insoddisfacente e lacunoso; ci si riferisce specie all’utilizzo prima di un legame costitutivo elastico-lineare (che non prevede un comportamento non elastico né una parzializzazione del corpo conseguente alla meccanica della frattura ed è dunque assolutamente inadatto a valutare dinamiche di carico nel tempo) e poi di tecniche correlative, sì efficaci, ma, in quanto non fisicamente basate e quindi “particolari”, di dubbia “trasferibilità” e di limitata generalizzabilità.

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21

APPENDICE

Tabella A1 – Principali legami costitutivi semplificati (cfr. tab.A2) [5] [18] [19]

Nome [Famiglia] Diagramma ε−σ Descrizione generale Materiali cui si può applicare

Lineare [elastici]

Questo modello è stato applicato, per lo studio sotto l’azione di carichi monotonici, agli strati superficiali in conglomerato bituminoso delle pavimentazioni flessibili (Dondi [1994], Miura [1990]), agli strati di base in misto cementato (Miura [1990]), ai geosintetici (Barksdale [1989], Burd & Houlsby [1986], Brocklehurst [1990 e 1992], Dondi [1994], Miura [1990]), agli strati di fondazione in misto granulare (Miura [1990]) e al sottofondo (Miura [1990]). La pluralità degli algoritmi di dimensionamento delle sovrastrutture stradali si fonda sull’impiego di questa tipologia di legame.

Non lineare [elastici]

Comportamento più semplice che si può osservare per un materiale. In qualunque fase di carico, sia crescente che decrescente, esiste una corrispondenza biunivoca tra tensione e deformazione. L’energia spesa nel processo deformativo viene per intero restituita se si rimuove la causa perturbatrice, e la trasformazione esaminata è reversibile.

Questo genere di risposta semplificata può essere attribuita a quei materiali come i conglomerati bituminosi e i sottofondi sottoposti ad una sollecitazione monotonica (Barksdale [1989])

Elastico perfettamente plastico [elasto-plastici]

Si assume che, una volta raggiunta la soglia di snervamento, il materiale non sia in grado di sopportare incrementi tensionali, non manifestando quindi alcun tipo di incrudimento.

È applicabile a materiali granulari (che presentano un certo attrito) rocce, calcestruzzo, conglomerati bituminosi e cementizi per strati di usura, binder e base, in condizioni di sollecitazione indipendenti dal tempo, cioè tali da poter trascurare eventuali componenti viscose(Wathugala [1996], Dondi [1994])

Bilineare [elasto-plastici]

Si assume che il range delle tensioni totali sia uguale a 2 volte la tensione di snervamento. C’è incrudimento di tipo cinematico.

È utilizzabile per quei materiali che obbediscono al criterio di rottura di Hüber-Hencky-von Mises (ovvero la maggior parte dei metalli). Questo legame è impiegabile per l’analisi delle piccole deformazioni e sconsigliato per le grandi deformazioni.

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Bilineare con incrudimento isotropo [elasto-plastici]

A differenza del precedente questo modello utilizza il criterio di rottura di Hüber-Hencky-von Mises accoppiato ad una legge di incrudimento isotropa. È un legame specifico per sollecitazioni cicliche o storie tensionali fortemente non proporzionali

È preferibile utilizzarlo per analisi a grandi deformazioni di materiali il cui diagramma ε−σ sia approssimabile ad una spezzata composta da due rami. Nel campo delle infrastrutture stradali è stato associato al sottofondo (Burd & Houlsby [1986], Brocklehurst [1990] e [1992]) e ai geosintetici (Wathugala [1996])

Anisotropo [elasto-plastici]

Questa opzione permette differenti comportamenti ε−σ bilineari nelle direzioni x, y e z in trazione, compressione e taglio. Non si presta a riprodurre la risposta a carichi ciclici o percorsi di carico fortemente non proporzionali

Il modello è applicabile a quei metalli che sono sottoposti ad alcune precedenti deformazioni oppure a materiali come il legno che manifestano un evidente comportamento anisotropo.

Multilineare [elasto-plastici]

Si assume che il materiale sia idealmente costituito da diverse porzioni tutte soggette alla stessa deformazione totale, ma ciascuna avente una diversa resistenza allo snervamento. L’incrudimento è cinematico. Ogni sottovolume offre una semplice risposta ε−σ ma, combinata a quella degli altri, propone un modello più complesso.

È utilizzabile per quei materiali metallici per i quali è prevista una analisi per piccole deformazioni come nel caso bilineare.

Multilineare con incrudimento isotropo [elasto-plastici]

A differenza del precedente questo modello utilizza il criterio di rottura di Hüber-Hencky-von Mises accoppiato ad una legge di incrudimento isotropa. È un legame specifico per sollecitazioni cicliche o storie tensionali fortemente non proporzionali

È talvolta utilizzato per analisi a grandi deformazioni di terreni più o meno sovraconsolidati soggetti ad azioni monotoniche (Wood [1991]).

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Tabella A2 – Caratteristiche principali dei legami costitutivi elasto-plastici [5] [18] [19]

Risposta del materiale Diagramma ε−σ Criterio e superficie di snervamento Criterio di flusso Legge di incrudimento

Elasto-plastico bilineare

Hüber-Hencky-von Mises

0K323121

23

22

21 =−σσ−σσ−σσ−σ+σ+σ

associativo

( )α−σ

=σ∂

∂s

23F

e

=σe

tensione equivalente =s vettore deviatore di tensione α = vettore di traslazione della superficie di rottura

cinematico

( ) [ ] ( ) 0sMs

23

F yT =σ−α−⋅⋅α−=

[ ] [ ]222111diagM =

Elasto-plastico anisotropo

Hüber-Hencky-von Mises modificato

2

3212

322

312

21 2 σ−σ−σ+σ−σ+σ−σ+σ−σ22

2132

132 22 σ=σ−σ−σ+σ−σ−σ+

associativo

( )α−σ

=σ∂

∂s

23F

e

isotropo

[ ] [ ] 0KLMF3 TT =−σ−σσ=

Elastico perfettamente plastico

Drucker-Präger

−σσ−σσ−σσ−σ+σ+σ 323121

23

22

21

( )[ ] 0K 2321 =+σ+σ+σµ+

associativo o non associativo

( )α−σ

=σ∂

∂s

23F

e

[ ]

[ ] s

sMs21

1000111FT

T +β=

σ∂∂

nessuno

[ ] 0sMs213F y

Tm =σ−+βσ=

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Elasto-plastico multilineare

Hüber-Hencky-von Mises

0K323121

23

22

21 =−σσ−σσ−σσ−σ+σ+σ

associativo

( )α−σ

=σ∂

∂s

23F

e

cinematico

( ) [ ] ( ) 0sMs

23

F yT =σ−α−⋅⋅α−=

Elasto-plastico bilineare con incrudimento isotropo

Hüber-Hencky-von Mises

0K323121

23

22

21 =−σσ−σσ−σσ−σ+σ+σ

associativo

( )α−σ

=σ∂

∂s

23F

e

isotropo

[ ] 0sMs

23F y

T =σ−⋅⋅=

Elasto-plastico multilineare con incrudimento isotropo

Hüber-Hencky-von Mises

0K323121

23

22

21 =−σσ−σσ−σσ−σ+σ+σ

associativo

( )α−σ

=σ∂

∂s

23F

e

isotropo

[ ] 0sMs

23F y

T =σ−⋅⋅=

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Figura A1 - FINITE DIFFERENCE METHOD

Lo spazio viene suddiviso con un reticolo cartesiano

ortogonale e la variabile di campo ricercata viene

calcolata nei punti di incrocio del reticolo

MATEMATICAMENTELa formulazione continua è r idotta e discretizzata sostituendo alle derivate equazioni alle differenze finiteFISICAMENTESi costruisce un modello a parametri concentrati sui nodi e si scrivono le equazioni per quest'ultimo

Data la funzione f(x) (per semplicità di una sola

variabile), essa può essere sviluppata nell'intorno del

generico punto x come

L'errore che si commette con tale approssimazione delle derivate è proporzionale ad e per tende rapidamente a zero

+ -

Scrivendo l'equazione dif ferenziale in questa nuov a forma approssimata per ogni punto del reticolo, si ottiene un sistema algebrico lineare di tante equazioni quanti sono i nodi con altrettante incognite, cos tituite dai valori che la funzione assume nei nodi.Si passa quindi da un problema di equaz ioni differenziali alle derivate parziali iniziale ad un sistema lineare del tipo [A] = matrice dei coefficienti

[V] = vettore delle variabili di campo incognite[C] = vettore dei termini noti

L’errore che si commette con tale approssimazione delle derivate è proporzionale ad h e per h → 0 tende rapidamente a zero

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Per ciascun elemento si determina in questo modo un funzionale

jii

3

1i

3

1ji

)el( fdf21)f(F

Ω⋅α∇⋅α∇= ∫∑∑

Ω= =

∫Ω

Ω⋅α∇⋅α∇ dS iiij dove S è la matrice di Dirichlet

[nel caso di elemento triangolare

=

333231

232221

131211

SSSSSSSSS

S] =Ω dominio di studio;

=

∂∂

∂∂

∂∂

=∇z

,y

,x

DISCRETIZZAZIONE DEL DOMINIO DI DEFINIZIONE

Il dominio viene suddiviso in un numero finito di elementi di varia forma, ciascuno dei quali possiede, a seconda della forma stessa, un certo numero di nodi ai suoi vertici. Per ciascun elemento è definita una matrice [K] delle rigidezze, tale che se f è il vettore delle forze applicate ai nodi dell’elemento e v è il vettore degli spostamenti dei nodi dell’elemento, allora [ ] vKf ⋅=

SCELTA DELLE FUNZIONI DI INTERPOLAZIONE ( )n1i x,...,xα

Le funzioni di interpolazione servono per rappresentare l’andamento della variabile di campo f nell’elemento. Per semplicità di derivazione ed integrazione, si scelgono dei polinomi il cui grado dipende dal numero di nodi N dell’elemento.

∑=

α=N

1iii ff

=α i funzioni interpolanti, ovvero funzioni polinomiali di grado pari all’ordine dell’elemento (nel caso di elemento triangolare nel piano xy ci sono 3 funzioni

( ) iiii cybxay,x ++=α

(i cui coefficienti a, b e c si calcolano imponendo che la funzione valga 1 nel i-esimo vertice e 0 negli altri) =if valori che la variabile di campo f assume nei nodi dell’elemento

ASSEMBLAGGIO DELLE PROPRIETA’ DEGLI ELEMENTI PER OTTENERE LE EQUAZIONI RISOLVENTI

[ ] [ ][ ]fSf

21)f(F)f(F T

N

1i

eli

)el( == ∑=

Si combinano i funzionali, che esprimono il comportamento di ciascun elemento, mediante un opportuno processo di assemblaggio, per formare il funzionale del comportamento dell’intero dominio.

Il funzionale F è reso stazionario rispetto alle variazioni delle incognite nodali f ovvero ( ) 0ffF

i=

∂∂ .

Avendo IN variabili di campo incognite e DN variabili di campo assegnate, supponendo di numerare i nodi in modo che il vettore delle variabili di campo risulti partizionato in due,

[ ] [ ]TD

TI

T fff = ( ) [ ]

⋅=

D

I

DDDI

IDIITD

TI f

fSSSS

ff21fF

la stazionarietà del funzionale si può esprimere come ( ) ( )( ) [ ] 0

ff

SSf

fFffF

D

IIDII

iIi=

⋅=

∂∂

=∂

Durante l’assemblaggio del sistema risolvente, i termini delle matrici di Dirichlet che sono associati ai nodi sul contorno con variabile di campo assegnata vengono portato al secondo membro [ ] [ ] [ ] [ ]DIDIII fSfS ⋅−=⋅ e formano così il termine noto [B].

RISOLUZIONE DELLE EQUAZIONI FEM La procedura di assemblaggio definisce un sistema globale If di equazioni algebriche a coefficienti costanti del tipo

[ ] [ ] [ ]BfA I =⋅ ; che, risolte, forniscono i valori nodali incogniti della variabile di campo.

[ ] =A matrice dei coefficienti (sparsa e a banda stretta); [ ] =If matrice delle variabili di campo incognite.

Operatore pseudo-vettoriale

Figura A2 - FINITE ELEMENTS METHOD

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DISCRETIZZAZIONE DEL CONTORNO

DISCRETIZZAZIONE DELLE VARIABILI MECCANICHE Le funzioni di interpolazione possono, in questo caso, essere rappresentate graficamente come segue Pertanto, dati M nodi “m” ed E elementi “e” si può dire che le variabili meccaniche siano discretizzabili nel generico elemento come

spostamenti ( ) ( )∑=

Φ⋅=M

1m

mem

e xuxu o in forma matriciale ( ) [ ] ( )[ ]3211MM1

ee xuxu××

Φ⋅=

sollecitazioni ( ) ( )∑=

Φ⋅=M

1m

mem

e xqxq o in forma matriciale ( ) [ ] ( )[ ]3211MM1

ee xqxq××

Φ⋅=

Figura A3 – BOUNDARY ELEMENTS METHOD

La discretizzazione del dominio è effettuata come unione di E segmenti “e” che possono essere • rettilinei (integrazione analitica o numerica) → 2 nodi per elem.

• curvilinei (integrazione numerica) → più nodi per elem. ( ) ( )∑∫∫ →ΓΩ∂ i ie

ide...d... i = 1,2, …, E

Le variabili meccaniche del problema, definite sul contorno, vengono rappresentate in forma approssimata mediante funzioni di interpolazione Φm , che servono a trovare i valori di una variabile ricercata “u” tra 2 punti in cui essa è nota. Esse sono dedotte imponendo la continuità nei punti di interconnessione con diversi criteri (lineare, quadratica, ad alta continuità HC). Ad esempio nell’interpolazione lineare si ha:

i valori di e1uu = e e

2uu = ai nodi 1m = e 2m = dell’elemento “e” di lunghezza Le (sulla coordinata locale s=s(x)) portano al valore della variabile u interpolata come

( ) sL

uuusu

e

e1

e2e

1 ⋅−

+=

e2

e

e1

eu

Lsu

Ls1

21ΦΦ

+

−=

43421

e in forma matriciale ( ) [ ] [ ][ ]Φ=

ΦΦ

⋅= e

2

1e2

e1 uuusu

EQUAZIONE DA RISOLVERE SULLA FRONTIERA Sfruttando il teorema di Betti che stabilisce l’uguaglianza tra due sistemi equilibrati di forze, l’equazione integrale da risolvere (con punto sorgente Γ∈ξ ) è

( ) ( ) ( )∑ ∑ ∫∑ ∑ ∫= =

= =

ΓΦ⋅ξ=

ΓΦ⋅ξ+ξ

E

1e

M

1m ie

xmem

E

1e

M

1m ie

xmem d,xuqd,xquu

21 ( ) =ξ∗ ,xq funzione test che esprime le azioni concentrate agenti nel punto

sorgente Γ∈ξ ; ( ) =ξ∗ ,xu funzione test che esprime gli spostamenti

METODO DI RISOLUZIONE DELLA “COLLOCAZIONE” Vengono determinati i valori incogniti delle variabili sul contorno posizionando il punto di carico sequenzialmente in tutti i nodi, di modo che la variabile di dominio nel punto di carico coincida con il valore nodale. Introducendo per i nodi una numerazione globale N,...,2,1n = che non dipenda dagli elementi, se il punto di carico è posizionato sul primo nodo globale, la prima equazione del sistema diventa

( )( )

( )( )

( )( )

=Γξ⋅Φ++Γξ⋅Φ+

+Γξ⋅Φ ∫∫∫

Γ

Γ

Γ

444 3444 21444 3444 214444 34444 21N11211

H

e,N1NN

H

e,2122

H

e,1111 d,xqu...d,xqu

21d,xqu ( )

( )( )

( )( )

( ) 444 3444 21444 3444 21444 3444 21N11211 G

e,N1NN

G

e,2122

G

e,1111 d,xuq...d,xuqd,xuq ∫∫∫

Γ

Γ

Γ

∗ Γξ⋅Φ++Γξ⋅Φ+Γξ⋅Φ

RISOLUZIONE IN FORMA MATRICIALE In forma matriciale la precedente equazione diventa

[ ] [ ]

⋅=

N

2

1

N11211

N

2

1

N11211

q...qq

G...GG

u...uu

H...HH

=

N

2

1

NN2N1N

N22221

N11211

N

2

1

NN2N1N

N22221

N11211

q...qq

G...GG............

G...GGG...GG

u...uu

H...HH............

H...HHH...HH

In forma compatta [ ] [ ] [ ] [ ]qGuH ⋅=⋅ ; quando entrambi i vettori [ ]u e [ ]q contengono sia quantità al contorno note che incognite è necessario eseguire le operazioni matriciali in cui compaiono i coefficienti e riscrivere le equazioni con tutte le incognite poste in un vettore [ ]x da una parte, del tipo [ ] [ ] [ ]fxA =⋅

e, posizionando il punto di carico nei nodi da 2 a N, si ottengono le equazioni