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WWF Taranto Onlus c.f.90180210735 iscrizione R. Reg. n°1341 c/o Fabio Millarte via Campania 37 74121 Taranto Tel: 3931617701 Fax: 0999942911 e-mail: [email protected] sito: www.wwftaranto.it Lo scopo finale del WWF è fermare e far regredire il degrado dell’ambiente naturale del nostro pianeta e contribuire a costruire un futuro in cui l’umanità possa vivere in armonia con la natura. Stato attuale delle biocenosi marine nel primo seno del Mar Piccolo e considerazioni in merito alle eventuali operazioni di bonifica In merito alle previste operazioni di bonifica che si intendono svolgere nel primo seno del Mar Piccolo, l’associazione WWF Taranto onlus, rappresentata dal Sig. Fabio Millarte e dalla Dr. Rossella Baldacconi, presenta questa relazione che descrive lo stato attuale delle biocenosi marine presenti nel primo seno del Mar Piccolo e la lista completa degli organismi tutelati da convenzioni internazionali sulla salvaguardia della biodiversità. L’associazione esprime, altresì, i l proprio parere relativo ad uneventuale operazione di bonifica dei fondali contaminati. Taranto, 11/03/2013 Rossella Baldacconi Fabio Millarte

Stato attuale delle biocenosi marine nel primo seno del ... · 1 Stato attuale delle biocenosi marine nel primo seno del Mar Piccolo e considerazioni in merito alle eventuali operazioni

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WWF Taranto Onlus c.f.90180210735

iscrizione R. Reg. n°1341 c/o Fabio Millarte via Campania 37 74121 Taranto

Tel: 3931617701 Fax: 0999942911

e-mail: [email protected] sito:

www.wwftaranto.it

Lo scopo finale del WWF è fermare e far regredire il degrado dell’ambiente naturale del nostro pianeta e contribuire a costruire un futuro in cui l’umanità possa vivere in armonia con la natura.

Stato attuale delle biocenosi marine nel primo seno del Mar Piccolo e

considerazioni in merito alle eventuali operazioni di bonifica

In merito alle previste operazioni di bonifica che si intendono svolgere nel primo seno

del Mar Piccolo, l’associazione WWF Taranto onlus, rappresentata dal Sig. Fabio

Millarte e dalla Dr. Rossella Baldacconi, presenta questa relazione che descrive lo

stato attuale delle biocenosi marine presenti nel primo seno del Mar Piccolo e la lista

completa degli organismi tutelati da convenzioni internazionali sulla salvaguardia

della biodiversità. L’associazione esprime, altresì, il proprio parere relativo ad

un’eventuale operazione di bonifica dei fondali contaminati.

Taranto, 11/03/2013

Rossella Baldacconi

Fabio Millarte

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Stato attuale delle biocenosi marine nel primo seno del Mar Piccolo e considerazioni in merito alle eventuali operazioni di bonifica

Dr. Rossella Baldacconi

PhD in Scienze Ambientali

Palo sommerso di un impianto di mitilicoltura completamente ricoperto da invertebrati marini

(Foto: Rossella Baldacconi)

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Indice 1 – Generalità 3 2 – Le biocenosi marine 5 2.1 – La biocenosi delle alghe verdi fotofile 5 2.2 – Le praterie della pianta marina Cymodocea nodosa 6 2.3 – Le distese di sedimento incoerente e le tanatocenosi 7 2.4 – La biocenosi dei “pali” della mitilicoltura 8 3 – Specie protette del protocollo SPA/BIO 11 Convenzione di Barcellona 4 – L’autodepurazione del mare e gli animali “depuratori” 14 5 – Considerazioni in merito alle eventuali operazioni di bonifica 16 6 – Bibliografia minima 17

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1 – Generalità Il Mar Piccolo di Taranto è una laguna costiera di media dimensione, con una superficie totale di 20,7 km² e con un’escursione di marea inferiore a 50 cm. Il piccolo mare interno tarantino è suddiviso in due seni di forma ellittica, il primo seno di minori dimensioni e in collegamento con il Mar Grande, e il secondo seno più esteso ed interno.

Fig. 1 – Panoramica del Mar Piccolo di Taranto (modificato da Google Earth 2013)

L’invaso è delimitato da una costa piuttosto bassa sul livello medio del mare. Zone di maggiore altitudine sono il promontorio di Punta Penna, il piccolo promontorio del Fronte nell’arco sud-orientale del secondo seno e l’impalcatura della città nuova che si spinge dall’arsenale alla villa Peripato. Rigogliose aree boscose circondano le sponde del Mar Piccolo in corrispondenza del fiume Galeso nel primo seno, e in corrispondenza della palude La Vela nel secondo seno. Da un punto di vista litologico, la costa del Mar Piccolo è costituita prevalentemente da argille sormontate in maniera discontinua da propaggini di calcareniti che caratterizzano invece la litologia dell’entroterra. Per quanto riguarda i parametri ambientali delle acque del bacino, i valori di salinità sono variabili, in genere intorno a 36 ‰, leggermente inferiori di quelli registrati in mare aperto, e fortemente influenzati dagli apporti di piccoli corsi d’acqua che sfociano in entrambi i seni, dagli apporti di acqua ipogea delle sorgenti sottomarine, i citri, e dall’azione delle idrovore dello stabilimento ILVA che richiamano una rilevante massa d’acqua salata dal Mar Grande. Anche l’andamento della temperatura è estremamente variabile con picchi di oltre 30 °C, durante la stagione estiva, che innescano drammatici eventi di moria di organismi marini, e con temperature invernali generalmente inferiori a quelle registrate in mare aperto. Infine, le acque del bacino semichiuso sono alquanto eutrofiche e molto ricche di fitoplancton, gli organismi microscopici alla base delle catene trofiche marine. L’intero bacino del Mar Piccolo rientra nell’habitat Lagune costiere (codice 1150) (Allegato I), ambiente prioritario per la Direttiva Habitat 92/43/CEE del 21/05/1992 relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche.

Secondo seno Primo seno

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In particolare, la foce del fiume Galeso rappresenta un ambiente umido di grande pregio naturalistico, caratterizzato da un rigoglioso bosco di pini ed eucalipti, e da un fragmiteto, rifugio per numerosi uccelli acquatici, molti dei quali tutelati dalla legislazione vigente.

Fig. 2 – Fiume Galeso (Foto: Rossella Baldacconi)

L’area marina antistante la foce del fiume Galeso, uno specchio acqueo di quasi 1 milione di m², è contraddistinta da quattro differenti biocenosi che si susseguono dalla linea di riva fino alla batimetrica di 10 m.

Fig. 3 – Area marina oggetto d’indagine (modificato da Google Earth 2013)

Foce Galeso

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2 – Le biocenosi marine 2.1 – La biocenosi delle alghe verdi fotofile Già a partire da pochi cm sotto la superficie marina fino a 4-5 m di profondità, si estende un tappeto di alghe verdi fotofile appartenenti ai generi Ulva e Chaetomorpha che ricoprono completamente il fondale marino incoerente. L’alga del genere Ulva forma lamine sottili che si sovrappongono in cumuli considerevoli, mentre l’alga appartenente al genere Chaetomorpha produce talli filiformi e aggrovigliati che si accumulano formando grossi ammassi filamentosi. Tra e sulle alghe vivono moltissimi organismi erbivori che si alimentano brucando direttamente i talli algali o decompongono l’enorme quantità di detrito vegetale che si viene a formare. Sono qui presenti moltissimi molluschi gasteropodi e moltitudini di piccoli crostacei decompositori, che a loro volta richiamano numerosi predatori tra cui granchi, stelle marine, e una grande varietà di pesci: ghiozzi, tordi, salpe e saraghi. Sui talli algali non mancano numerosi organismi sessili come innumerevoli anemoni che crescono attaccati ai supporti verdi e con i sottili tentacoli catturano microscopici organismi del plancton. La presenza delle alghe favorisce la riproduzione di molti organismi tra cui le seppie che, alla fine della primavera, si radunano in gran numero e depongono sotto costa, a bassissima profondità, innumerevoli uova nere a forma di acino.

Fig. 4 – Il primo piano di un ghiozzo su un groviglio verde dell’alga filamentosa Chaetomorpha

(Foto: Rossella Baldacconi)

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2.2 – Le praterie della pianta marina Cymodocea nodosa La fanerogama Cymodocea nodosa è una delle poche specie di piante che crescono in mare e che formano praterie ricchissime di vita. La specie è protetta dalla Convenzione di Berna relativa alla conservazione della vita selvatica dell’ambiente naturale in Europa. I piccoli polmoni verdi del mare sono minacciati dall’intorbidamento dell’acqua e sono in regressioni in gran parte del Mar Piccolo. Appare evidente l’importanza di preservarli e proteggerli da ulteriori stress ambientali. Nello specchio marino antistante il fiume Galeso, esistono praterie di Cymodocea nodosa discontinue, a tratti intervallate da ciuffi dell’alga verde Caulerpa prolifera.

Fig. 5 – Prateria di Cymodocea nodosa presente sul basso fondale (Foto: Rossella Baldacconi)

Le praterie ospitano una ricca fauna di invertebrati che vivono sopra le lunghe fronde verdi o si nascondono tra i folti cespugli. Numerose specie di molluschi tra cui la bellissima Pinna nobilis, trovano qui rifugio. Non mancano ricci di mare in abbondanza, piccole stelle marine verdi, granchi, gamberi, seppie e moltissimi pesci che nella praterie si riproducono. Questa ulteriore evidenza contribuisce ad accrescere il già elevato valore ecologico delle verdi distese sottomarine, vere e proprie nursery, che ospitano al loro interno moltissimi esemplari giovani o appena nati, appartenenti a specie diverse. Tra le fronde, i giovanili trovano protezione e abbondante alimento, accrescendosi fino a divenire individui maturi. I nostri avi, i principi di Taranto, già conoscevano l’importanza delle praterie di piante marine, e secoli fa predisposero numerose leggi elencate nel famoso Libro Rosso, per preservare le praterie del Mar Piccolo e gli animali che le popolano.

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2.3 – Le distese di sedimento incoerente e le tanatocenosi Oltre i 4-5 m di profondità, le alghe e le piante marine lasciano il posto ad una distesa di sedimento incoerente, apparentemente priva di vita animale, e ricoperta a tratti da enormi cumuli di valve vuote di mitili, vongole, pettini ed altri bivalvi. Questi strati di conchiglie formano le cosiddette tanatocenosi, ambienti molto particolari caratterizzati per l’appunto da tappeti di valve vuote colonizzate però da molti organismi animali. Le conchiglie, infatti, rappresentano il substrato su cui si sviluppano numerosi invertebrati sessili tra cui anellidi, ascidie, spugne e briozoi, che filtrano in continuazione microscopiche particelle organiche dalla colonna d’acqua.

Fig. 6 – Una distesa di valve di mitili ricopre il fondale marino (Foto: Rossella Baldacconi)

Dal fondo incoerente sorgono i bellissimi polipi dei cerianti, parenti stretti degli anemoni di mare, e si aggirano incessantemente tra le conchiglie abbandonate, moltitudini di murici da cui un tempo si ricavava il prezioso pigmento della porpora. Contribuiscono ad arricchire la comunità bentonica, innumerevoli paguri, granchi giganteschi, stelle marine, pesci striscianti come i caratteristici pesci ago e numerose specie di ghiozzi. Nuotano, invece, a mezz’acqua grandi esemplari di cefali e spigole, quest’ultime sempre a caccia di piccoli invertebrati da mangiare.

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2.4 – La biocenosi dei “pali” della mitilicoltura Di grandissima importanza naturalistica ed ecologica è la particolare biocenosi che si viene a creare sui pali in lega metallica e su tutti i substrati artificiali (tra cui corde e boe), che costituiscono gli impianti di mitilicoltura. Nell’area antistante il Galeso, esistono numerosi filari di pali a partire dalla profondità di 3 m.

Fig. 7 – Pali sommersi di un impianto di mitilicoltura completamente ricoperti da una rigogliosa

comunità di animali e vegetali (Foto: Rossella Baldacconi)

La ricca comunità è costituita principalmente da invertebrati filtratori tra cui dominano spugne, vermi policheti, bivalvi, ascidie e briozoi. Tutti questi organismi si alimentano filtrando di continuo l’acqua del mare e trattenendo all’interno del loro corpo minuscole particelle organiche. La comunità a filtratori richiama un numero elevatissimo di altri animali che sui pali vivono, si alimentano e si riproducono, e tra questi vermi, molluschi gasteropodi e nudibranchi, granchi, gamberi e paguri, stelle marine, ricci e gigli di mare. Non mancano piccoli pesci bentonici come le variopinte bavose, i pesci ago e i rarissimi cavallucci marini.

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Fig. 8 – Un palo sommerso ricoperto da una moltitudine di gigli di mare, Antedon mediterranea

(Foto: Rossella Baldacconi)

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La meravigliosa comunità dei pali è contraddistinta da altissimi valori di biodiversità e da una grande abbondanza di animali. Alle moltissime specie indigene, molte delle quali protette dalla legislazione vigente o non comuni negli altri mari mediterranei, si aggiungono numerosi animali alieni, giunti fin qui dai mari di tutto il mondo, trasportati nelle acque di zavorra o incrostati sugli scafi delle innumerevoli navi che solcano quotidianamente i mari di Taranto. Tutti questi animali coesistono più o meno forzatamente nella comunità dei pali, creando un mosaico vivente in continua e rapida trasformazione.

Fig. 9 – Una corda completamente colonizzata da animali marini tra cui mitili, spugne colorate e

un grande anemone dai lunghi tentacoli (Foto: Rossella Baldacconi)

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3 – Specie protette del protocollo SPA/BIO Specially Protected Areas and Biological Diversity in the Mediterranean Convenzione di Barcellona Nel primo seno del Mar Piccolo sono presenti numerose specie animali protette dalla convenzione di Barcellona e inserite nelle liste di organismi minacciati. Paradossalmente, nonostante l’elevato grado di inquinamento ambientale dell’area marina, le specie protette sono qui rappresentate da popolazioni costituite da numerosi individui e in buona salute. Di seguito è riportata la lista completa ed una breve descrizione delle singole specie. Geodia cydonium Grande spugna di forma subsferica, bianca o color crema, al tatto spinosa. La spugna ospita al suo interno un gran numero di invertebrati tra cui piccoli molluschi, vermi e crostacei. E’ divenuta rara in tutti i mari del Mediterraneo. Tethya citrina Piccola spugna sferica gialla, chiamata spugna limone. La spugna spesso presenta sulla superficie esterna numerose gemme minuscole, frutto della riproduzione di tipo asessuale. È specie endemica del Mediterraneo.

Fig. 10 – La spugna limone coperta da piccole gemme

(Foto: Rossella Baldacconi)

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Pholas dactylus Conosciuto con il nome di dattero bianco, questo mollusco bivalve dalla conchiglia fragile ed allungata, è tipico di fondi argillosi in cui si infossa completamente fino a sparire. Viene pescato a scopo alimentare e la raccolta indiscriminata implica la distruzione del substrato con gravi conseguenze ecologiche. Pinna nobilis Uno dei simboli del Mar Piccolo, il gigantesco mollusco bivalve Pinna nobilis un tempo era molto comune sui bassi fondali della laguna, tanto da venir pescato in gran numero per ricavarne il bisso, filamento con cui si producevano stoffe preziose. Attualmente la specie è ancora presente nel Mar Piccolo, anzi in alcuni punti sembra in netta ripresa, costituendo piccoli nuclei di esemplari giovani. La specie è protetta anche dalla Direttiva Habitat 92/43/CEE.

Fig. 11 – Giovane esemplare di Pinna nobilis fotografato a bassa profondità

(Foto: Rossella Baldacconi)

Maja squinado Conosciuto con il nome di granceola, questo granchio raggiunge dimensioni ragguardevoli sui fondali del Mar Piccolo e spesso si nasconde tra gli organismi che colonizzano i pali. Viene pescato a scopi alimentari per la bontà delle sue carni. Paracentrotus lividus Conosciuto con il nome di riccio edule, questo echinoderma spinoso vive nelle praterie di piante marine, tra le alghe e anche sui pali. Presenta colorazioni assai variabili dal viola al marrone. Viene regolarmente pescato a scopi alimentari.

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Aphanius fasciatus Il piccolo Nono è un pesce tipico di acque salmastre. È un predatore accanito di larve di zanzare ed è in pericolo a causa della distruzione dell’habitat in cui vive e a causa della competizione con le specie aliene. La specie è protetta anche dalla Direttiva Habitat 92/43/CEE. Hippocampus hippocampus Il cavalluccio camuso è un pesce ormai rarissimo nella maggior parte del Mar Mediterraneo, ma nel Mar Piccolo continua a sopravvivere e a riprodursi nonostante l’alto grado di inquinamento. Possiede una forma bizzarra con muso tozzo, cresta sul capo e coda prensile.

Hippocampus guttulatus Il cavalluccio marino è anch’esso estremamente raro, ma nel Mar Piccolo costituisce popolazioni considerevoli. Rispetto alla specie precedente si differenzia per prolungamenti sulla testa simili a corni che conferiscono le sembianze di leggendari draghi marini. Caretta caretta La grande tartaruga marina è minacciata in tutto il Mediterraneo, ma visita periodicamente il Mar Piccolo seguendo i grandi sciami di meduse che migrano dal mare aperto nel bacino semichiuso, di cui il rettile va ghiotto. La specie è protetta anche dalla Direttiva Habitat 92/43/CEE.

Fig. 12 – Primo piano di un esemplare di Hippocampus guttulatus

(Foto: Rossella Baldacconi)

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4 – L’autodepurazione del mare e gli animali “depuratori” Il sistema “mare” è in grado di bonificarsi lentamente da qualsiasi tipo di inquinante ambientale. Esiste infatti un processo che si chiama autodepurazione del mare basato su una lunga serie di reazioni naturali che coinvolgono organismi viventi e che tendono a degradare i contaminanti ambientali. Le reazioni naturali che producono autodepurazione del mare vanno dalla semplice diluizione dell’inquinante nella colonna d’acqua, alla sedimentazione sul fondale marino, alla complessazione di inquinanti come i metalli pesanti che vengono legati da sostanze organiche complesse o precipitano in forme insolubili e non più accumulabili dagli organismi marini. Molti inquinanti organici, come i PCB e le diossine, si adsorbono al di sopra di minuscole particelle colloidali come le particelle di argilla naturalmente presenti nel bacino del Mar Piccolo. Questi nuclei colloidali divengono sede di un’intensa attività batterica che tende lentamente a degradare le molecole complesse dei PCB e delle diossine, rendendole via via più semplici e facili da demolire. Inoltre, le particelle organiche di varia natura vengono attivamente filtrate dagli innumerevoli invertebrati filtratori, che funzionano come dei veri e propri biofiltri, in grado di depurare l’acqua riducendo in modo considerevole la concentrazione della materia organica particolata e disciolta, e la carica batterica patogena rappresentata da coliformi fecali e streptococchi.

Fig. 13 – Due esempi di organismi filtratori: a sinistra un verme spirografo, Sabella spallanzani, che filtra l’acqua e accumula PCB nel suo tubo, a destra due ascidie, Styela plicata, che filtrano

considerevoli volumi d’acqua giornalmente (Foto: Rossella Baldacconi)

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Alcuni organismi filtratori, come le spugne e le ascidie, riescono a depurare quantità impressionanti di acqua, fino a 1000 litri in un’ora, mentre altri invertebrati come i vermi policheti spirografi, accumulano nei loro tubi i temuti PCB.

Fig. 14 – Le spugne filtrano fino a 1000 litri d’acqua all’ora (Foto: Rossella Baldacconi)

Inoltre, molti composti inquinanti, una volta in mare, vanno incontro ad una rapida ossidazione chimica o biologica, mediata da batteri e da altri microrganismi, che li rende più facilmente degradabili. Infine, le alghe e le piante marine oltre a ridurre il carico di azoto e fosforo che giunge in mare per dilavamento dei suoli concimati o con gli scarichi civili, fissano e immobilizzano temporaneamente contaminanti ambientali molto pericolosi come i metalli pesanti. Tutti questi processi di autodepurazione coesistono ed interagiscono nel sistema “mare” tendendo a minimizzare i danni prodotti sulle varie componenti ambientali dalle sostanze inquinanti estranee al sistema.

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5 – Considerazioni in merito alle eventuali operazioni di bonifica Alla luce di quanto esposto, appare chiaro come l’area marina oggetto di questo studio, è caratterizzata da biocenosi varie e complesse, ricche di vita animale e vegetale. I risultati ottenuti sono in netto contrasto con le opinioni di chi considera il Mar Piccolo, un mare sporco, inquinato, praticamente abiotico, privo di qualsiasi forma di vita. Il patrimonio sommerso celato nelle acque verdi del nostro piccolo mare è di grandissimo valore naturalistico ed ecologico. Gli organismi marini, inoltre, tendono a bonificare lentamente ma incessantemente il sistema “mare” con una serie di processi che operano in modo sinergico e tendono a degradare o immobilizzare qualsiasi tipo di inquinante ambientale. Risulta evidente, quindi, che un’operazione di “bonifica” drastica mediante dragaggio dei fondali o mediante copertura con materiale argilloso, produrrebbe una lunga serie di problemi di tipo ecologico ed economico. Innanzitutto, entrambe le metodologie particolarmente invasive, indurrebbero un cambiamento rilevante di alcuni parametri chimico-fisici delle acque, come un aumento del sedimento fine in sospensione che a sua volta implicherebbe un incremento notevole della torbidità della colonna d’acqua. Inoltre, per la movimentazione dei sedimenti verrebbero rimessi in circolo inquinanti ormai depositati sotto strati di sedimento, che tornerebbero ad essere biodisponibili nella colonna d’acqua. Paradossalmente la “bonifica” produrrebbe un aumento della concentrazione dei contaminanti. La mole di sedimento movimentato o aggiunto per coprire il fondo inquinato produrrebbe, inoltre, gravi danni a tutti gli organismi filtratori che morirebbero “soffocati”. Danni si avrebbero anche ai mitili posti in allevamento che non potrebbero essere più allevati nelle aree “bonificate” per un lungo periodo di tempo. Un aumento del sedimento fine in sospensione danneggerebbe seriamente anche le superstiti praterie di Cymodocea nodosa, inducendone un ulteriore arretramento, e nuocerebbe ai cavallucci marini e alle altre specie protette dalla Convenzione di Barcellona e dalla Direttiva Habitat. In parole povere “bonificare” significherebbe peggiorare la situazione e contribuire a mettere in pericolo il delicato equilibrio ecologico alla base del variegato ecosistema del Mar Piccolo, che continua ad autosostenersi, nonostante tutto. Molto più appropriate sarebbero tutte quelle operazioni volte all’individuazione e all’eliminazione delle fonti inquinanti (e non sono poche!) che continuano tuttora ad aggiungere inquinamento ad inquinamento. Nessuna bonifica ha senso se la sorgente inquinante continua ad immettere sostanze pericolose nell’ambiente. Infine, è d’obbligo sottolineare un aspetto forse mai preso in considerazione da nessuno. L’ambiente subacqueo del Mar Piccolo è così particolare ed unico nel suo genere, che potrebbe divenire un parco marino d’eccellenza, un’area da proteggere dove si potrebbe sviluppare un turismo subacqueo compatibile e attività di acquacoltura estensive. L’istituzione di un parco richiamerebbe visitatori da tutto il mondo che potrebbero ammirare le tante bellezze storiche della nostra città e l’inestimabile patrimonio che la Natura ancora ci offre, incurante dei danni che le abbiamo arrecato.

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6 – Bibliografia minima AA.VV., 2003. La provincia di Taranto. Scienza Mare e Coste. Fondazione Ammiraglio Michelagnoli ONLUS. Danovaro R., 2001. Recupero ambientale. Tecnologie, bioremediation e biotecnologie. Utet, 581. Draughon, L., Scarpa, J., Keating, P., Hartmann J., 2008. Potential estuarine water quality improvement via marine invertebrate bioremediation. In Environmental Awareness and Management; Theophanides, M. and Theophanides, T., Eds.; ATINER: Athens, 97-112. Fu W., Sun L., Zhang X. & Zhang W., 2006. Potential of the marine sponge Hymeniacidon perlevis as biorimediator of pathogenic bacteria in integrated aquaculture ecosystems. Biotechnology and Bioengineering, 93 (6), 1112-1122. Giangrande A., Cavallo A., Licciano M., Mola E., Pierri C., Trianni L., 2003. Utilization of Sabella spallanzani (Polychaeta: Sabellidae) as biorimediator in aquaculture. International Workshop on Sustainable Aquaculture, Siena, March 30

th –

April 1st

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Convenzione di Berna http://conventions.coe.int/treaty/en/Treaties/Html/104.htm Direttiva Habitat http://www1.inea.it/ops/ue/natura/habitat.htm http://www.youtube.com/watch?v=sNkM2vF5Ri4&feature=youtu.be