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DIRITTO TRIBUTARIO F. Tesauro Parte Generale Le fonti. La riserva di legge. L’art. 23 della Costituzione dispone che “nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base a una legge” e viene riservato al Parlamento il potere di disporre in materia delle entrate. La riserva di legge è espressione di democrazia (il Parlamento è eletto dal popolo, portatore degli interessi connessi alla redistribuzione del reddito). Per “legge” non si intende solamente una legge ordinaria, ma anche atti aventi forza di legge e leggi comunitarie. Le riserve di legge sono assolute se la disciplina di una materia è rimessa solamente alla legge; sono relative se la legge può limitarsi a disciplinare le linee fondamentali (è richiesta infatti soltanto una “base” legislativa dal contenuto minimo). La riserva di legge riguarda le norme di diritto sostanziale (che definiscono soggetti passivi, imponibile, aliquota, esenzioni, agevolazioni…). Una prestazione è imposta nei casi in cui l’obbligazione costituisce il corrispettivo di un servizio pubblico reso in regime di monopolio. In tali situazioni il cittadino è libero di stipulare o meno il contratto, ma ha scarse possibilità di scelta (gli obblighi sono fissati unilateralmente). Le leggi tributarie dello Stato. Fonti del diritto tributario sono, come detto, le leggi e gli atti aventi forza di legge. Le leggi tributarie non possono essere approvate con leggi di bilancio (ha come unico oggetto la mera approvazione dello stesso) e non possono essere abrogate tramite referendum (demagogia, conseguenze gravi). Le disposizioni legislative che comprendono aiuti di Stato devono essere comunicate alla Commissione europea che valuterà le stesse compatibili o incompatibili con il regime del mercato comune (solamente dopo un giudizio positivo lo Stato membro è autorizzato a procedere). Lo Statuto dei diritti del contribuente. Si tratta di disposizioni di varia forma e contenuto qualificate come principi generali dell’ordinamento tributario che possono essere abrogate o modificate solo espressamente (no in modo tacito o mediante leggi speciali). I decreti-legge.

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DIRITTO TRIBUTARIOF. Tesauro

Parte GeneraleLe fonti.La riserva di legge.L’art. 23 della Costituzione dispone che “nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base a una legge” e viene riservato al Parlamento il potere di disporre in materia delle entrate. La riserva di legge è espressione di democrazia (il Parlamento è eletto dal popolo, portatore degli interessi connessi alla redistribuzione del reddito).Per “legge” non si intende solamente una legge ordinaria, ma anche atti aventi forza di legge e leggi comunitarie. Le riserve di legge sono assolute se la disciplina di una materia è rimessa solamente alla legge; sono relative se la legge può limitarsi a disciplinare le linee fondamentali (è richiesta infatti soltanto una “base” legislativa dal contenuto minimo). La riserva di legge riguarda le norme di diritto sostanziale (che definiscono soggetti passivi, imponibile, aliquota, esenzioni, agevolazioni…).Una prestazione è imposta nei casi in cui l’obbligazione costituisce il corrispettivo di un servizio pubblico reso in regime di monopolio. In tali situazioni il cittadino è libero di stipulare o meno il contratto, ma ha scarse possibilità di scelta (gli obblighi sono fissati unilateralmente).

Le leggi tributarie dello Stato.Fonti del diritto tributario sono, come detto, le leggi e gli atti aventi forza di legge. Le leggi tributarie non possono essere approvate con leggi di bilancio (ha come unico oggetto la mera approvazione dello stesso) e non possono essere abrogate tramite referendum (demagogia, conseguenze gravi). Le disposizioni legislative che comprendono aiuti di Stato devono essere comunicate alla Commissione europea che valuterà le stesse compatibili o incompatibili con il regime del mercato comune (solamente dopo un giudizio positivo lo Stato membro è autorizzato a procedere).

Lo Statuto dei diritti del contribuente.Si tratta di disposizioni di varia forma e contenuto qualificate come principi generali dell’ordinamento tributario che possono essere abrogate o modificate solo espressamente (no in modo tacito o mediante leggi speciali).

I decreti-legge.Sono provvedimenti provvisori con forza di legge, che possono essere adottati dal Governo in casi eccezionali di urgenza. Se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni perdono efficacia. Del decreto legge vi è un uso frequente in materia tributaria: ad esempio, un tributo sui consumi deve essere immediato e non preannunciato, per evitare l’accaparramento dei prodotti colpiti dal provvedimento adottato. È utilizzato anche per provvedimenti anti-elusivi o finalizzati a soddisfare le esigenze finanziarie dello Stato. La Corte costituzionale ha impedito la reiterazione dei decreti legge. In generale non si può disporre con decreto-legge l’istituzione di nuovi tributi né prevedere l’applicazione di tributi esistenti ad altre categorie di contribuenti.

I decreti legislativi.Il ricorso frequente in materia tributaria al meccanismo della delega deriva dalla circostanza che le norme tributarie, essendo caratterizzate da elevato tecnicismo, mal si prestano ad essere discusse in sede parlamentare.

I testi unici.Non sono un tipo di fonte, ma un testo normativo caratterizzato dalla riunificazione di norme contenute in più testi. I testi unici possono essere compilativi (pura raccolta delle disposizioni vigenti) o innovativi (contengono disposizioni integrative e correttive delle norme preesistenti). Esempio: Testo unico imposte sui redditi (T.u.i.r., 1986).

I regolamenti governativi e la “delegificazione”.La produzione di norme astratte e generali può essere compiuta da norme astratte e generali, attraverso atti regolamentari. Tali atti non possono essere in contrasto con norme di legge (se così fosse sarebbero illegittimi e possono essere annullati dal giudice amministrativo). I regolamenti governativi sono

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deliberati dal Consiglio dei Ministri dopo aver sentito il parere del Consiglio di Stato e della Corte dei conti; sono emanati tramite d.p.r. disciplinano:

- esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi;- integrazione di leggi e decreti legislativi recanti norme di principio;- l’organizzazione e il funzionamento delle amministrazioni pubbliche;- eccetera.

Il Governo può esercitare, previa autorizzazione legislativa, la propria potestà regolamentare nelle materie non coperte da riserva assoluta di legge (regolamenti esecutivi o delegificanti).Nelle materie coperte da riserva di legge, una norma che si limiti ad indicare solo dei principi non può essere completata ricorrendo al regolamento governativo.

I regolamenti ministeriali.Sono adottati nelle materie di competenza di un singolo Ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti governativi e debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione. Come i regolamenti governativi, devono essere esaminati dal Consiglio di Stato e dalla Corte dei conti e sono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale.

Il riparto della potestà legislativa tra Stato e regioni.Lo Stato ha potestà legislativa esclusiva nelle materie indicate dal comma 2 dell’art. 117. Allo Stato spetta in via esclusiva la potestà di disciplinare il sistema tributario dello Stato e di stabilire i fondamenti e i principi del sistema tributario complessivo.La potestà legislativa regionale assume due connotazioni: concorrente (limitata dai principi fissati dallo Stato) e residuale (riguarda materie che non sono riservate alla competenza dello Stato).Le regioni hanno potestà legislativa concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; hanno inoltre potestà legislativa in materia di tributi regionali e locali, nell’ambito dei principi stabiliti dalla legge statale. Lo Stato deve fissare tali principi e occuparsi del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario complessivo (che deve finanziare sia lo Stato, sia gli enti che lo compongono).La giurisprudenza costituzionale ha negato la immediata operatività della normativa in materia tributaria. Quindi, la riforma costituzionale del 2001, nella parte relativa alle competenze legislative in materia tributaria, può essere attuata solo dopo e nel quadro di una legge statale di coordinamento.

Competenza legislativa in materia di tributi regionali.La disciplina dei tributi regionali è competenza legislativa regionale non in quanto residuale, ma in quanto strumentale alle funzioni materiali attribuite alle regioni. Infatti la riserva di legge ex art. 23 è riserva statale e regionale. Secondo la Corte costituzionale è da escludere l’automatica attribuzione della competenza residuale delle materie non espressamente menzionate.Le regioni stabiliscono ed applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la costituzione e secondo i princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.I tributi regionali sono di tre tipi:

- tributi propri derivati, istituiti e regolati da leggi statali, il cui gettito è attribuito alle regioni; le regioni possono, con propria legge, modificare aliquote e disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni secondo criteri dettati dalla legge statale;

- addizionali sulle basi imponibili dei tributi erariali: le regioni possono introdurre variazioni percentuali delle aliquote delle addizionali e possono disporre detrazioni e deduzioni entro i limiti fissati dalla legge statale;

- tributi propri istituiti dalle regioni con proprie leggi in relazione ai presupposti non assoggettati ad imposizione erariale.

Competenza legislativa in materia di tributi locali.Possono darsi, nell’ambito del coordinamento, tributi locali creati e disciplinati da leggi statali, seguite da leggi regionali e da regolamenti comunali; e leggi statali o regionali con norme primarie, seguite da

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regolamenti comunali attuativi. Le regioni sono dotate di potestà legislativa e quindi possono disciplinare compiutamente, in via primaria, tributi propri. Gli enti locali, invece, devono operare in via secondaria, con norme attuative o integrative delle leggi statali o regionali (rispettando la riserva di legge).La legge primaria deve disciplinare almeno le caratteristiche basilari del tributo (nei suoi profili oggettivi e soggettivi) demandando l’ulteriore disciplina alla fonte secondaria (espressione dell’autonomia locale).In materia tributaria, lo Stato ha il compito di fissare princìpi del coordinamento del sistema tributario, sviluppato a livello statale e sub-centrale. La regione a sua volta coordina il sistema tributario regionale e locale, nell’ambito del coordinamento fissato dallo Stato. Questo deve indicare quali oggetti imponibili e quali tipi di tributi sono riservati allo Stato; a quali compartecipano gli enti sub-centrali; quali invece possono essere oggetto di legislazione regionale. La legge di coordinamento:

- individua tributi propri dei comuni e delle province, ne definisce i presupposti, soggetti passivi e basi imponibili; stabilisce le aliquote di riferimento;

- disciplina i tributi propri comunali e provinciali;- permette alle regioni di istituire nuovi tributi dei comuni, delle province e delle città

metropolitane;- prevede che gli enti locali, nei limiti fissati, possano disporre del potere di modificare le aliquote

dei tributi affidatigli da tali leggi e introdurre agevolazioni.

I regolamenti delle regioni, delle province e dei comuni.Le regioni possono emanare regolamenti anche in materia tributaria (la potestà regolamentare generale di province e comuni può avere per oggetto le entrate tributarie). Gli enti locali non possono disporre in materia di fattispecie imponibili, soggetti passivi ed aliquota massima.

Le convenzioni internazionaliNel diritto internazionale pubblico vi sono norme tributarie che derivano da convenzioni; chi le ratifica accoglie nel proprio ordinamento le disposizioni che contiene.Perciò è incostituzionale la norma di legge che si pone in contrato con norme di convenzioni internazionali (che riguardano dazi, doppia imposizione dei redditi, successioni, …).Le finalità di questi accordi sono diretti anche a realizzare una collaborazione tra autorità fiscali di Stati diversi, la lotta all’evasione e all’elusione fiscale.Di regola, le norme delle convenzioni in quanto norme speciali, prevalgono sulle norme interne; nei casi in cui la norma interna è più favorevole al contribuente rispetto a quella del trattato, si applica la norma interna.

Le fonti comunitarie.L’Italia, essendo Stato membro della Comunità europea, ha trasferito parte dei suoi poteri normativi alla Comunità. Inoltre la Costituzione afferma che “la potestà legislativa è esercitata dallo Stato, dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario”.Secondo la Corte costituzionale, il rapporto fra ordinamento comunitario e ordinamento nazionale è concepito nell’ottica di due ordinamenti distinti ma coordinati.Il giudice nazionale deve applicare le norme comunitarie nella disciplina di materie che competono all’ordinamento comunitario, senza che sia necessario rivolgersi alla Corte costituzionale per dirimere il conflitto.I regolamenti comunitari sono l’equivalente delle leggi negli ordinamenti statali e sono direttamente applicabili (entrano in vigore in tutti gli stati dell’Unione). Sono obbligatori in tutti i loro elementi. Le direttive vincolano gli stati membri per quanto riguarda il risultato da raggiungere, mentre è rimessa alla discrezionalità dei singoli Stati l’adozione dei mezzi per raggiungerlo. Esse sono uno strumento di legislazione indiretta che si concretizza attraverso norme di recepimento. Scaduto il termine entro cui gli Stati devono attuare la direttiva, le disposizioni precise acquistano efficacia diretta nell’ordinamento dello Stato inadempiente.Le decisioni sono atti comunitari simili ai provvedimenti amministrativi e hanno effetto diretto. Sono di particolare importanza le decisioni inerenti alla revoca di benefici fiscali considerati “aiuti di Stato” non compatibili con quanto disposto dal Trattato.

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Anche le sentenze della Corte di giustizia hanno effetto diretto negli ordinamenti; così non è per raccomandazioni e pareri non vincolanti.

Efficacia delle norme tributarie nel tempo.Sono pubblicate nella Gazzetta ufficiale ed entrano in vigore a partire dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione. A volte però, efficacia ed entrata in vigore non coincidono (gli effetti della stessa sono differiti o retroagiscono).La legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo. La regola generale (posta da legge ordinaria) è dunque la irretroattività. Tale regola può essere derogata da altre norme di legge; non è possibile farlo con regolamenti.La retroattività può riguardare la fattispecie dell’imposta, gli effetti od entrambi gli aspetti.Una volta individuato il momento in cui inizia l’efficacia di una legge, può essere dubbio quale sia il trattamento giuridico di fatti o situazioni che avvengono in parte sotto l’impero di una legge in parte sotto l’impero della legge successiva. Di solito il legislatore risolve tali problemi con l’emanazione di norme apposite (c.d. “di diritto transitorio”).Al contrario, le norme procedimentali sono di “applicazione immediata” (cioè si applicano anche ai procedimenti in corso di svolgimento al momento dell’entrata in vigore della nuova legge, relativi a fatti accaduti nel passato. Se c’è stretta correlazione tra norme sostanziali di un tributo e norme relative alla sua applicazione le leggi procedimentali si applicano solo a fatti successivi all’entrata in vigore della legge.Le norme contenute nello Statuto dei diritti del contribuente possono essere derogate o modificate solo da leggi generali (e non da quelle speciali). In generale le leggi cessano di essere efficaci quando sono abrogate, quando sono dichiarate incostituzionali e (nel caso di leggi temporanee) quando scade il termine previsto.L’abrogazione di una legge può avvenire per dichiarazione espressa del legislatore, per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l’intera materia della legge anteriore.Con l’abrogazione, l’efficacia della legge cessa ex nunc (continua a regolare i fatti avvenuti nell’arco temporale in cui è rimasta in vigore). Al contrario, la dichiarazione di incostituzionalità di una legge fa cessare l’efficacia ex tunc; la legge giudicata illegittima è da considerare come mai esistita (i tributi riscossi in base a tali norme debbono essere rimborsati – se non è trascorso il termine ultimo per richiedere il rimborso).Il referendum abrogativo non è ammesso per le leggi tributarie.

Efficacia delle norme tributarie nello spazio.La legge tributaria esplica i suoi effetti in tutto il territorio politico nazionale, e solo entro tale ambito. Le norme emanate da enti diversi dallo Stato (leggi e regolamenti regionali, regolamenti comunali, …) esplicano i loro effetti nel territorio su cui ha potestà l’ente. Va detto però che alcune imposte prescindono dalla territorialità e tassano anche fatti accaduti all’estero.I soggetti fiscalmente residenti subiscono una tassazione che si basa su tutto il complesso dei redditi posseduti, indipendentemente dal luogo di produzione; ai non residenti si tassano soltanto i redditi prodotti nello Stato.Per quanto riguarda l’Iva, rilevante è la territorialità: l’imponibilità delle operazioni effettuate nello Stato è il principio dell’imposta (quindi, se queste sono effettuate al di fuori dei confini statali, risultano non imponibili).Al di fuori del territorio dello Stato valgono le leggi tributarie degli altri Stati.Le convenzioni internazionali e le direttive comunitarie prevedono la collaborazione tra amministrazioni finanziarie per lo scambio di informazioni e per l’assistenza in materia di accertamento e riscossione dei tributi.

I princìpi. Sezione prima (Princìpi Costituzionali)

Doveri di solidarietà e fini extrafiscali dei tributi.Le leggi che istituiscono e regolano i tributi devono rispettare il principio di capacità contributiva, sancito dall’art. 53 Cost., ed ogni altro pertinente precetto costituzionale.

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Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva; è altresì richiesto l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. La giustificazione del dovere tributario risiede nel dovere di solidarietà cui ognuno è tenuto per il semplice fatto di essere un membro della comunità. Quindi la funzione dei tributi non è solamente fiscale, ma anche extrafiscale.La finanza pubblica è una finanza “funzionale”: il tributo è un mezzo di attuazione del principio di solidarietà ed è strumento per l’adempimento di fini sociali che la Costituzione assegna alla Repubblica (funzioni redistributive, fini di solidarietà verso categorie svantaggiate, finalità di incentivo o disincentivo di attività economiche o di particolari consumi, …).

Il principio di capacità contributiva.Se l’art. 53 Cost. non esistesse, il legislatore potrebbe comunque imporre tributi. Il principio sancito da tale articolo presenta un duplice significato normativo:

- da un lato specifica il dovere di contribuire alle spese pubbliche, quale dovere di tutti, in ragione della capacità contributiva;

- dall’altro limita al tempo stesso sia il dovere di contribuire, sia il potere legislativo in materia fiscale.

L’art. 53 Cost. è una norma di garanzia per i soggetti passivi dei doveri tributari: il presupposto del tributo non può essere un fatto qualunque, ma deve essere un fatto che esprima capacità contributiva.Secondo la scienza delle finanze, i tributi possono fondarsi o sul principio del beneficio o sul principio di capacità contributiva. Il primo implica che le spese pubbliche siano finanziate da chi ne fruisce (es. tasse); il secondo principio implica che le imposte siano poste a carico di chi ha attitudine a contribuire.Capacità contributiva significa capacità economica, e quindi un fatto che esprime la capacità contributiva del soggetto è un fatto che esprime forza economica.

Nozione soggettiva e nozione oggettiva di capacità contributiva.Una corrente della giurisprudenza segue un orientamento garantista che adotta una nozione soggettiva di capacità contributiva, vista come la effettiva idoneità soggettiva del contribuente a far fronte al dovere tributario, manifestata da indici rivelatori di ricchezza.Nella giurisprudenza costituzionale si può riscontrare una visione oggettiva: la capacità contributiva viene ravvisata in qualsiasi fatto economico, anche non espressivo dell’idoneità soggettiva del contribuente obbligato.Quindi, in base a tale definizione trova giustificazione l’Irap, che assume come presupposto il valore lordo della produzione, a prescindere dal reddito, e colpisce anche imprese che chiudono l’esercizio in perdita.Non è richiesto che il presupposto del tributo sia posto in essere dal soggetto obbligato; ad esempio, l’imposta sulle successioni è a carico di tutti gli eredi.

Indici diretti e indiretti di capacità contributiva.Fatto direttamente espressivo di capacità contributiva è il reddito. Il reddito complessivo delle persone fisiche, al netto delle spese di produzione, e con un complemento di deduzioni (dal reddito) o detrazioni (dall’imposta) di particolari oneri, si presta , più di ogni altra forma di ricchezza, a rispecchiare la capacità contributiva complessiva delle persone fisiche.Sono considerati indici diretti di capacità contributiva anche il patrimonio e gli incrementi di valore del patrimonio.Non tutti i consumi sono indici di capacità contributiva: ci sono spese voluttuarie e spese di prima necessità.

La capacità contributiva come limite quantitativo.Non è indice di capacità contributiva un reddito minimo e lede l’art. 53 Cost. ogni tributo la cui misura sia tale da incidere sul minimo vitale.Nell’art. 53 è insito un limite massimo della misura del tributo. Rientra nella discrezionalità del legislatore fissare la misura del tributo, ma nei limiti della ragionevolezza, e tenendo conto di tutti i tributi che gravano su di una medesima manifestazione di ricchezza.

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Il requisito di effettività. Forfetizzazioni e principio nominalistico.Il collegamento tra fatto rivelatore di capacità contributiva e tributo deve essere effettivo.Sono infatti state ritenute incostituzionali:

- la norma che imponeva un contributo minimo al servizio sanitario nazionale;- la norma che assumeva come base imponibile la superficie dei locali utilizzati nell’attività;- la norma che imponeva di valutare le aziende agricole al lordo delle passività.

Sempre più di frequente il legislatore tributario si avvale di norme che forfetizzano la quantificazione di un qualche elemento dell’imponibile. Il postulato dell’effettività dovrebbe rendere incostituzionali tali norme; la giurisprudenza della Corte segue un indirizzo “realistico” ed ha perciò considerato costituzionalmente legittimo il sistema catastale, in quanto comporta la tassazione di un reddito medio ordinario.

Il requisito di attualità. Limiti di ammissibilità dei tributi retroattivi.Oltre che effettiva, la capacità contributiva deve essere attuale; il tributo, nel momento in cui trova applicazione, deve essere correlato ad una capacità contributiva in atto, non ad una capacità contributiva passata o futura.I tributi retroattivi sono in contrasto con il principio di capacità contributiva se colpiscono fatti del passato che non esprimono una capacità contributiva attuale.Si ammette però che, in deroga al principio generale, il legislatore possa emanare norme retroattive, purché trovino giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si pongano in contrasto con valori e interessi costituzionalmente protetti.Secondo la giurisprudenza costituzionale, i tributi retroattivi sono costituzionalmente legittimi se colpiscono fatti del passato che esprimono efficacia contributiva ancora attuale.L’affidamento riposto dal cittadino nel principio di irretroattività e nella certezza del diritto non deve essere leso dal sopravvenire di tributi retroattivi non prevedibili (anche nel rispetto del principio di libertà economica).

Pagamenti anticipati rispetto al presupposto.Il requisito di effettività impedisce al legislatore anche di imporre pagamenti anticipati dei tributi che si collegano a presupposti futuri. in realtà, il legislatore può imporre pagamenti anticipati, ma è necessario:

- che la fattispecie cui si collega il prelievo anticipato non sia del tutto avulsa dal presupposto;- che l’obbligo di versamento non sia incondizionato;- che al prelievo anticipato si saldi la previsione di meccanismi di riequilibrio.

Capacità contributiva e rimborso del’indebito.Il principio di capacità contributiva riguarda la disciplina sostanziale dei tributi (presupposto, base imponibile, aliquota, soggetti passivi, diritto al rimborso dell’indebito, …) e non le norme formali.

Capacità contributiva e obblighi di terzi.L’art. 53 Cost. pone un requisito soggettivo: occorre cioè che il presupposto indichi un’attitudine soggettiva del contribuente a concorrere alle spese pubbliche.Ed occorre che l’obbligazione tributaria sia posta a carico di chi ha realizzato il presupposto del tributo.In tutti i casi nei quali l’obbligazione tributaria è posta a carico di soggetti diversi da colui che realizza il fatto espressivo di capacità contributiva, occorre che il terzo sia posto in grado di far ricadere l’onere economico del tributo su chi ne realizza il presupposto (ad esempio, il sostituto e il responsabile d’imposta).

Capacitò contributiva e tributi commutativi.Secondo la lettera dell’art. 53, deve essere giustificato dalla capacità contributiva ogni concorso alle spese pubbliche. Vi sono però interpretazioni restrittive della disposizione costituzionale, che limitano la nozione di concorso o la nozione di spesa pubblica.Secondo la giurisprudenza della Corte, l’art. 53 ha riguardo soltanto a prestazioni di servizi il cui costo non si può determinare di visibilmente.Le entrate collegate a servizi divisibili possono essere addossate a chi ne fruisce, solo se il fruirne è segno di

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capacità contributiva.La tassa non è al di fuori dell’art. 53; e non lo sono neppure i prezzi e le tariffe se relativi a un servizio pubblico “essenziale” (la garanzia costituzionale può venir meno solo per i servizi pubblici non essenziali, che si basano sul principio del beneficio). Il concetto di spesa pubblica viene quindi limitato dall’esclusione di servizi pubblici non essenziali la cui spesa è divisibile.

Capacità contributiva, uguaglianza e ragionevolezza.Dagli artt. 3 e 53 Cost. discende il principio di eguaglianza tributaria: a situazioni uguali devono corrispondere uguali regimi impositivi e, correlativamente, a situazioni diverse un trattamento tributario diseguale.Le questioni di costituzionalità, nella maggior parte dei casi, sorgono perché non vi è parità di trattamento tra fatti che esprimono pari capacità contributiva. In sintesi, la legge tributaria deve trattare in modo uguale i fatti economici che esprimono pari capacità contributiva; e deve trattare in modo diverso fatti che esprimono capacità contributiva in misura diversa.Nella giurisprudenza della Corte si afferma che:

- il principio di uguaglianza postula trattamenti uguali di situazioni uguali, trattamenti diversi di situazioni diverse;

- spetta al legislatore stabilire se due situazioni sono uguali o diverse, ma la Corte può sindacare queste scelte se sono irragionevoli;

- non possono esservi discipline discriminatorie per ragioni di razza, sesso, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali.

Il principio di uguaglianza esige coerenza interna alla legge tributaria. Il canone di coerenza implica che ogni fattispecie imponibile sia espressione di quella particolare ipotesi di capacità contributiva.

Principio di uguaglianza e agevolazioni fiscali.Il problema del rispetto del principio di uguaglianza si pone anche per le norme di favore. Il legislatore può concedere agevolazioni se ciò risponde a scopi costituzionalmente validi. Raramente viene sollevata una questione di costituzionalità, che solitamente non riguarda l’eliminazione del beneficio, ma l’estensione di questo ad altre categorie che sono escluse.Secondo la giurisprudenza costituzionale, le norme agevolative sono norme di deroga rispetto al regime ordinario e derivano da scelte legislative discrezionali, che possono essere censurate dalla Corte solo se sono irragionevoli.

Il principio di progressività.L’art. 53, comma 2, della Costituzione prevede che il sistema tributario è uniformato a criteri di progressività. Questo principio non riguarda i singoli tributi, ma il sistema nel suo complesso. La Corte cost. ha osservato che non tutti i tributi si prestano, dal punto di vista tecnico, al principio di progressività, che (inteso nel senso dell’aumento di aliquota col crescere del reddito) presuppone un rapporto diretto tra imposizioni e reddito individuale di ogni contribuente.Il precetto costituzionale può dunque essere attuato ricorrendo ad un tributo a carattere progressivo che abbia valore caratterizzante di tutto il sistema tributario (ad esempio, l’Irpef).

Tutela dell’interesse fiscale e diritti inviolabili.Il dovere tributario è un dovere inderogabile di solidarietà a cui sono tenuti tutti, sia pure non oltre la misura della personale capacità contributiva.L’interesse fiscale è il valore costituzionale che legittima le norme che tutelano il Fisco. Questa tutela dev’essere però coordinata con la tutela di altri princìpi costituzionali, tra cui quello di capacità contributiva; e non deve mai ledere i “diritti inviolabili”.

La d i c h i a r a z i o n e.

Le scritture contabili.L’applicazione delle principali imposte del vigente sistema tributario è affidata, in primo luogo, agli stessi contribuenti. Vi sono obblighi contabili ed obblighi strumentali e formali. Prima che dalle norme fiscali,

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gli imprenditori sono obbligati a tenere la contabilità dal codice civile; le norme fiscali, però, impongono degli obblighi ulteriori. Infatti sono imposti a tutti i soggetti che sono imprenditori commerciali secondo la definizione tributaria, e quindi ad una categoria di soggetti più ampia di come è intesa civilisticamente; inoltre vi sono obblighi fiscali di contabilità imposti ai lavoratori autonomi, che non hanno obblighi di contabilità secondo il codice civile.Sono sottoposti al regime di contabilità ordinaria:

- le società e gli enti commerciali soggetti all’imposta sul reddito delle società (Ires);- gli imprenditori individuali e le società di persone con ricavi superiori a un dato ammontare. Il regime

di contabilità semplificata è applicato alle imprese minori, ossia agli imprenditori individuali e alle società di persone che conseguono ricavi entro un certo ammontare.Ai fini dell’Iva debbono essere tenuti due registri: quello delle fatture emesse e quello degli acquisti. Ogni operazione fiscalmente rilevante deve essere fatturata; le fatture devono essere annotate, entro quindici giorni dalla loro emissione, secondo l’ordine della loro numerazione, nell’apposito registro. I commercianti al minuto devono invece tenere il registro dei corrispettivi. Nel registro degli acquisti devono essere annotate le fatture relative ai beni e servizi acquistati.Gli imprenditori e altri sostituti d’imposta devono tenere i libri paga e i libri matricola, in cui annotare le somme corrisposte ai dipendenti.Agli effetti dell’imposizione sui redditi, gli imprenditori commerciali (in senso fiscale) debbono tenere le seguenti scritture contabili:

- il libro giornale e il libro degli inventari;- i registri Iva;- i conti di mastro di elementi patrimoniali e reddituali;- le scritture di magazzino;- il registro dei cespiti.

Quest’ultimo registra i beni per i quali è ammesso l’ammortamento e accoglie tutte le scritture ad essi relativi (costi d’acquisto, rivalutazioni, cessioni, ammortamenti).La nozione fiscale di impresa minore è legata alle dimensioni del fatturato; sono imprese minori le imprese individuali e le società di persone il cui fatturato annuale non supera 309'374,14 euro per le imprese che prestano prevalentemente servizi e 519'456,90 euro per le altre.Possiamo avere soggetti che sono piccoli imprenditori ai fini civilistici ma non sono imprese minori ai fini fiscali, e viceversa.La contabilità fiscale semplificata è composta dai due registri Iva (acquisti e vendite) e la dichiarazione dei redditi viene elaborata sulla base dei dati desunti dai registri Iva. Perciò, la contabilità fiscale semplificata rileva i flussi reddituali ma non la situazione patrimoniale (è quindi poco attendibile). In questi casi, il controllo del fisco è fondato su standard medi di redditività (studi di settore).Nei confronti dell’impresa minore vi sono regole peculiari…

- …per la determinazione del reddito imponibile;- …per l’accertamento del reddito imponibile.

I lavoratori autonomi devono tenere i due registri Iva e, ai fini delle imposte sui redditi, un registro dal quale risultino le somme incassate, le spese fatte e il valore dei beni da ammortizzare.I lavoratori autonomi devono tenere uno o più conti correnti bancari o postali, in cui devono affluire gli incassi e devono essere effettuati i prelevamenti per le spese d’esercizio dell’arte o professione.

Centri autorizzati di assistenza fiscale.I contribuenti possono essere assistiti da “Centri autorizzati di assistenza fiscale” (Caaf).I “Caaf delle imprese” sono società di capitali, costituiti da sindacati degli imprenditori e la loro funzione è quella di assistere i contribuenti nella tenuta della contabilità e nella preparazione della dichiarazione dei redditi. Essi possono:

- tenere e conservare le scritture contabili;- predisporre le dichiarazioni annuali;- apporre il visto di conformità formale dei dati esposti;- inoltrare le dichiarazioni dei redditi all’Amministrazione finanziaria per via telematica.

Le attività dei centri possono essere svolte anche da professionisti abilitati, i quali possono apporre sulle

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dichiarazioni da essi predisposte il visto di conformità.I lavoratori dipendenti sono assistiti, nei loro adempimenti fiscali, dal proprio datore di lavoro, o dai “Caaf dipendenti”, o dai professionisti abilitati.I Caaf dipendenti sono costituiti dalle organizzazioni sindacali di lavoratori dipendenti; essi sono obbligati a prestare assistenza ai dipendenti e pensionati che lo richiedano.

La dichiarazione d’imposta in generale.Nella disciplina della maggior parte delle imposte, ai contribuenti è imposto l’obbligo di presentare una dichiarazione all’Amministrazione finanziaria, nella quale devono essere indicati il presupposto e l’ammontare dell’imposta.La dichiarazione dei redditi e la dichiarazione Iva devono essere presentate ogni anno, in quanto concernono tributi periodici.Vi sono poi tributi la cui base imponibile può permanere invariata nel tempo; di conseguenza, la dichiarazione ha efficacia fino a quando non si verifichino variazioni (ad esempio, Ici, Tarsu, …). Altri tributi a carattere istantaneo richiedono che la dichiarazione sia presentata ogni volta che si verifica il presupposto (ad esempio, imposta di registro sulle successioni).Infine, vi sono tributi nei quali non è prevista la dichiarazione. Il contribuente, verificandosi il presupposto, deve versare il tributo.

La dichiarazione dei redditi. I soggetti obbligati.La dichiarazione dei redditi dev’essere presentata, per regola generale, da ogni soggetto che, nel periodo d’imposta, abbia posseduto redditi.La dichiarazione deve essere presentata anche se dai redditi che si dichiarano non consegue alcun debito d’imposta; i soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili devono presentare annualmente la dichiarazione, anche se non hanno prodotto redditi.Sono esonerati i soggetti che hanno solo i redditi di lavoro dipendente e il reddito dell’abitazione principale.Non devono presentare dichiarazione i soggetti che possiedono soltanto redditi esenti o redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta.Infine, non devono presentare la dichiarazione i soggetti che hanno redditi di ammontare inferiore al minimo imponibile.

I contenuti della dichiarazione dei redditi.I contenuti principali della dichiarazione sono i seguenti:

- il contenuto caratteristico della dichiarazione, ovvero l’indicazione degli elementi attivi e passivi necessari per la determinazione degli imponibili secondo le norme che disciplinano le imposte stesse. Inoltre nella dichiarazione Irpef devono essere indicati tutti gli elementi necessari alla determinazione dell’imposta dovuta (ad esempio, gli oneri deducibili, le detrazioni dall’imposta, le ritenute e i versamenti d’acconto, …). Le dichiarazioni Ires e Irpef devono contenere anche elementi utili all’effettuazione dei controlli. Infine vanno riportati anche i trasferimenti da e verso l’estero e le disponibilità estere;

- le opzioni di scelta del regime contabile, la scelta tra rimborso e riporto a nuovo di crediti d’imposta, etc. Se vi sono perdite pregresse, il contribuente può utilizzarle a compensazione del reddito dell’esercizio. Per effetto di tali opzioni, la base imponibile e l’imposta non dipendono solo dalla legge, ma anche dalle scelte effettuate dal contribuente, che concorre a determinare il quantum. L’opzione e la revoca dei regimi speciali, se non sono riportate nella dichiarazione, possono essere desunte da comportamenti concludenti (come la tenuta delle scritture contabili in maniera conforme a un dato regime.

La dichiarazione semplificata dei lavoratori dipendenti.I lavoratori dipendenti possono presentare una dichiarazione dei redditi semplificata (mod. 730), avvalendosi dell’assistenza del proprio datore di lavoro, o di un Caaf, o di un professionista abilitato.Se il datore di lavoro si rende disponibile, i dipendenti possono presentargli entro il 30 aprile la dichiarazione redatta sul modello semplificato. Il datore di lavoro deve liquidare i saldi e gli acconti dovuti

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al Lavoratore (a credito o a debito).

Requisiti formali e sottoscrizione.La dichiarazione deve essere redatta, a pena di nullità, su stampati conformi ai modelli approvati annualmente dall’Amministrazione finanziaria.Il modello standard è detto “Unico”; vi è poi il modello semplificato (mod. 730) destinato a dipendenti e pensionati.La dichiarazione delle società o enti soggetti a Ires deve essere sottoscritta anche dal presidente del collegio sindacale.

Tempi e modi di presentazione.La dichiarazione dei redditi e Iva, redatta sul modello cartaceo, deve essere presentata in via telematica entro il 30 settembre dell’anno successivo al periodo d’imposta cui si riferisce.Servendosi di un programma informatico, i contribuenti possono compilare la dichiarazione on line, controllarla con l’aiuto del programma ed inoltrarla all’Agenzia delle entrate.La dichiarazione si considera presentata nel giorno in cui è consegnata dal contribuente alla banca o all’ufficio postale oppure è trasmessa all’Agenzia delle entrate mediante procedure telematiche.La dichiarazione può essere presentata in forma cartacea dalle persone fisiche che non sono obbligate alla tenuta delle scritture contabili.Sono considerate valide le dichiarazioni presentate entro novanta giorni dalla scadenza, ma si applica una sanzione amministrativa per il ritardo.Le dichiarazioni presentate con ritardo superiore si considerano omesse (anche se costituiscono titolo per la riscossione in base agli imponibili indicati).

Particolari fattispecie.Per le persone fisiche legalmente incapaci, l’obbligo della dichiarazione è imposto al rappresentante legale.In caso di liquidazione di società o enti soggetti a Ires, o di società di persone ed enti equiparati, o di imprese individuali, il periodo d’imposta in corso al momento della messa in liquidazione si conclude con la messa in liquidazione; l’obbligo di dichiarare i redditi relativi al periodo pre- liquidazione spetta al liquidatore, che deve presentare la dichiarazione in via telematica entro nove mesi da quando ha effetto la deliberazione di messa in liquidazione.

In caso di fallimento il curatore deve presentare in via telematica due dichiarazioni:- una relativa al periodo intercorrente tra l’inizio del periodo d’imposta e l’inizio del fallimento (entro nove mesi);- una successiva alla chiusura del fallimento (entro nove mesi).

In caso di trasformazione di una società di persone in società di capitali, o viceversa, si verifica una modificazione del regime giuridico-fiscale; il periodo d’imposta cessa e deve essere presentata, entro nove mesi dalla trasformazione, la dichiarazione relativa al periodo trascorso dall’inizio del normale periodo d’imposta. Analogo obbligo vi è in caso di fusione.Gli eredi di un soggetto obbligato a presentare la dichiarazione dei redditi succedono al de cuius nel relativo obbligo.Nel caso di impresa familiare, la dichiarazione dell’imprenditore deve indicare le quote di partecipazione agli utili spettanti ai familiari e l’attestazione che le quote stesse sono proporzionate alla quantità e qualità del lavoro prestato nell’impresa.

Natura giuridica della dichiarazione. Contenuti narrativi e opzioni.Nella dichiarazione vi è innanzitutto l’indicazione degli elementi attivi e passivi necessari per la determinazione degli imponibili, che vengono qualificati giuridicamente (ad esempio, nella dichiarazione Iva le operazioni vengono suddivise in imponibili, non imponibili ed esenti).A tali fatti, qualificati giuridicamente, conseguono effetti giuridici, che la legge ricollega a quanto dichiarato.

La dichiarazione come confessione non vincolante.Poiché dichiarare un presupposto d’imposta vuol dire dichiarare un fatto che determina per il

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dichiarante il sorgere di un debito, la dichiarazione era considerata una confessione.La dichiarazione, nella parte in cui reca l’indicazione di fatti sfavorevoli al dichiarante, è una confessione (stragiudiziale), ma ad essa non è applicabile la disciplina civilistica della confessione. In ambito tributario, una dichiarazione di parte non può avere efficacia vincolante.

Gli effetti della dichiarazione dei redditi.Funzioni ed effetti della dichiarazione dei redditi possono essere schematizzati da quattro punti di vista: dal punto di vista procedimentale, da quello della genesi del debito, da quello della riscossione e, infine, da quello del credito o diritto al rimborso.La dichiarazione assume particolare rilievo nella determinazione dell’imposta (ha rilevanza procedimentale). È sottoposta al controllo dell’Amministrazione, e ne condiziona il controllo sostanziale.Quando la dichiarazione è resa da soggetti che sono obbligati a presentarla anche in assenza di redditi, costituisce un adempimento solo formale, rilevante ai fini del procedimento di controllo per quel periodo e per i periodi d’imposta successivi.La dichiarazione ha rilievo probatorio: esonera l’ufficio dal motivare e provare i fatti in essa esposti; invece, tutto ciò che non emerge dalla stessa deve essere provato dall’Amministrazione. Rispetto all’obbligazione tributaria vi sono due teorie: secondo la teoria costitutiva, la dichiarazione è elemento della fattispecie costitutiva dell’obbligazione (tale ipotesi è sostenuta anche da Tesauro, che rileva come un debito non possa nascere se al presupposto non segua la dichiarazione); secondo la teoria dichiarativa, il presupposto, da solo, determina per legge il sorgere dell’obbligazione tributaria.La dichiarazione è titolo per la riscossione delle somme in essa indicate come somme da versare. Ove dal saldo finale della dichiarazione risulti un credito del dichiarante, la dichiarazione è titolo che obbliga l’Amministrazione a provvedere al rimborso.

La dichiarazione integrativa (c.d. ravvedimento operoso).Può accadere che il contribuente commetta errori nella dichiarazione, sia a proprio danno, sia a danno del fisco. Scaduto il termine utile per la presentazione della dichiarazione, l’atto presentato non è sostituibile e il contribuente può porre rimedio alle violazioni commesse presentando una nuova dichiarazione (c.d. integrativa) che sani le violazioni formali, o rechi un aumento dell’imponibile, o la riduzione della perdita dichiarata.Tale facoltà può essere esercitata entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la prima dichiarazione. La norma sul ravvedimento comporta la riduzione della sanzione a un decimo del minimo.

Rimedi agli errori commessi dal contribuente a suo danno.Le dichiarazioni dei redditi e dei sostituti d’imposta possono essere integrate dai contribuenti per correggere errori ed omissioni che abbiano indicato un maggior debito d’imposta o di un minor credito; la dichiarazione correttiva va presentata entro il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione del periodo d’imposta successivo. La dichiarazione correttiva, presentata nel termine predetto, sostituisce la dichiarazione originariamente presentata.A prescindere dalla facoltà di rettificare in diminuzione la dichiarazione, nel termine indicato, con una dichiarazione correttiva, va ritenuto, in linea di principio, che il contribuente possa sempre far valere gli errori commessi a suo danno.Nel caso in cui, in seguito ad una dichiarazione che indica un eccessivo debito d’imposta, il contribuente paghi più di quanto dovuto, egli può opporre al fisco un’istanza di rimborso (da presentare entro 48 mesi relativamente alla dichiarazione dei redditi).Inoltre, gli errori della dichiarazione possono essere fatti valere mediante ricorso contro il ruolo. La dichiarazione è un titolo sulla base del quale l’Amministrazione può procedere ad iscrizione a ruolo; in sede di ricorso contro il ruolo, possono essere fatti valere gli errori commessi dal contribuente a suo danno.

Le dichiarazioni dei sostituti.I sostituti d’imposta sono tenuti a presentare una dichiarazione dalla quale risultino le somme e i valori corrisposti e le ritenute effettuate.Coloro che percepiscono redditi di lavoro dipendente possono non presentare la dichiarazione dei redditi

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al fisco ma presentare, al sostituto, una speciale dichiarazione nella quale indicano gli altri redditi posseduti, gli oneri deducibili e gli altri elementi necessari per la determinazione dell’imponibile e la liquidazione dell’imposta.

La dichiarazione nulla, incompleta e infedele.Ai fini delle sanzioni amministrative, la dichiarazione può essere omessa, nulla, incompleta e infedele.Si ha omissione nel caso in cui la dichiarazione sia stata presentata oltre novanta giorni dalla scadenza.Dal punto di vista dell’accertamento, la dichiarazione nulla è equiparata a quella omessa; l’amministrazione può emettere un accertamento d’ufficio e accertare il reddito nei modi previsti (privato in modo sintetico, d’impresa in modo induttivo).La dichiarazione è infedele quando un reddito netto non è indicato nel suo esatto ammontare; è incompleta quando è omessa l’indicazione di una fonte reddituale.

L’ a vv i s o di a c c ert a m ent o . Natura giuridica.

Il procedimento amministrativo di applicazione delle imposte sfocia in un provvedimento impositivo, che le leggi denominano “avviso di accertamento”.Le leggi tributarie disciplinano compiutamente i presupposti, la misura, i soggetti passivi dell’obbligazione tributaria: l’Amministrazione finanziaria, in presenza di ciò che la legge richiede, deve emanare l’avviso di accertamento, con contenuti aderenti ai criteri prestabiliti dalla legge. All’ufficio non è data alcuna possibilità di scelte discrezionali.Negli atti d’imposizione, non è riscontrabile il vizio di eccesso di potere, che può aversi solo negli atti discrezionali.

Requisiti di contenuto. La parte dispositiva.Nel contenuto dell’avviso di accertamento possiamo distinguere due parti: motivazione e dispositivo. La parte dispositiva è data dalla statuizione relativa alla base imponibile e all’obbligazione tributaria; la motivazione invece è l’indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche per cui è emanato l’avviso. Ciò che appare essenziale è soltanto la determinazione dell’imponibile.Solitamente, l’avviso statuisce l’imposta dovuta. Ma vi sono anche avvisi senza imposta. Un’ipotesi di questo tipo è l’accertamento dei redditi delle società di persone; con esso, si ha la determinazione dell’imponibile della società, da imputare poi, pro quota, a ciascun socio.Un’altra ipotesi è quella degli accertamenti di redditi per i quali hanno rilievo anche le perdite. Se, ad esempio, una società commerciale ha dichiarato una perdita, e l’avviso di accertamento determina una perdita minore di quella dichiarata, un simile avviso non comporta statuizioni circa l’imposta, ma rileva solo per il riporto a nuovo delle perdite.Nell’Iva, il contenuto dell’avviso di accertamento può contenere, non solo una nuova determinazione dell’imposta dovuta, ma anche una nuova determinazione dell’imposta detraibile o rimborsabile.Nell’imposta di registro, la rettifica ha per oggetto il valore venale dei beni o diritti sui quali deve essere applicato il tributo.

La motivazioneOgni provvedimento amministrativo deve essere motivato indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria.

L’obbligo di motivazione è previsto per tutti gli atti dell’Amministrazione finanziaria dallo Statuto dei diritti del contribuente.L’Amministrazione finanziaria ha l’obbligo di indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche del provvedimento.Si richiede, inoltre, il distinto riferimento ai singoli redditi delle varie categorie e la specifica indicazione dei fatti e delle circostanze che giustificano il ricorso a metodi induttivi o sintetici e delle ragioni del mancato riconoscimento di deduzioni e detrazioni.

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Anche nell’imposta di registro si prevede che l’avviso di accertamento, a pena di nullità, deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato.Molto spesso gli avvisi di accertamento sono emessi in base ad altri atti, richiamati nell’avviso (la motivazione del provvedimento deve garantire la conoscibilità dell’iter logico seguito dall’ente impositore – allegando le norme a cui si rimanda o riportandone sinteticamente il contenuto).La motivazione non è un semplice mezzo attraverso il quale il contribuente può esercitare il suo diritto alla difesa; l’avviso di accertamento è un provvedimento amministrativo e le norme in tema di motivazione richiedono non soltanto la pretesa ma anche i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che giustificano l’atto.

La notificazione.L’avviso di accertamento viene ad esistenza attraverso la notificazione: l’atto di imposizione esplica effetti giuridici solo se notificato al destinatario.La notificazione degli atti tributari è eseguita dai messi comunali o da messi speciali autorizzati dall’Agenzia delle entrate:

- il messo deve far sottoscrivere l’atto al consegnatario;- se il consegnatario non è il destinatario dell’atto o dell’avviso, il messo consegna o deposita la copia

dell’atto da notificare in busta (il consegnatario sottoscrive una ricevuta e il messo dà notizia dell’avvenuta notificazione dell’atto o dell’avviso, a mezzo di lettera raccomandata);

- la notificazione degli avvisi o degli atti è eseguita mediante spedizione a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento;

- la notificazione deve essere fatta nel domicilio fiscale del destinatario.La notificazione a mezzo del servizio postale si considera fatta nella data di spedizione.Se nel comune del domicilio fiscale non vi è luogo presso cui la notifica può essere fatta validamente, l’atto da notificare è depositato presso la casa del comune, ed il messo affigge un avviso del deposito presso l’albo del comune e ne dà notizia al destinatario con raccomandata. Quando la verifica deve essere fatta ad un non residente, questi elegge in Italia un luogo presso cui fare notifica. Egli può nominare un rappresentante per i rapporti tributari ai fini delle imposte dirette o ai fini dell’Iva. È facoltà del contribuente che non ha la residenza nello Stato comunicare al competente ufficio locale l’indirizzo estero per la notificazione degli avvisi.I vizi di notificazione sono vizi formali dell’atto: la giurisprudenza però ritiene che il ricorso contro l’avviso di accertamento sani i vizi di notificazione.

Termine e decadenza.L’atto di imposizione deve essere notificato entro un termine previsto a pena di decadenza. Per le imposte sui redditi e per l’Iva, l’Amministrazione deve notificare l’avviso entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione.Per l’imposta di registro, vi è un termine di cinque anni per gli atti non registrati e tre anni per quelli registrati.

La nullità del provvedimento impositivo.È nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge.La nullità è la conseguenza della violazione delle norme che disciplinano gli elementi essenziali del provvedimento, l’attribuzione delle competenze e il giudicato.Il provvedimento amministrativo è nullo, in primo luogo, quando è privo di elementi essenziali (non è sottoscritto, è intestato ad un soggetto inesistente, non è notificato, è privo di elementi essenziali dalla parte dispositiva).Il provvedimento impositivo, in secondo luogo, è nullo quando è viziato da carenza di potere (ad esempio, quando è emesso da un ufficio incompetente, oppure riguarda un tributo inesistente).In materia di imposte dirette è stabilita in modo esplicito la nullità degli accertamenti non sottoscritti, non motivati o privi di altre indicazioni essenziali, come le aliquote applicate.

Provvedimento annullabile e provvedimento irregolare.

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Non sempre il legislatore rende esplicita la conseguenza di un vizio: ad esempio, gli avvisi di accertamento devono essere notificati entro un termine di decadenza, ma non è espressamente indicato che l’atto notificato in ritardo è annullabile.Nei casi in cui il legislatore non indica le conseguenze di un vizio, è compito dell’interprete stabilire la gravità del vizio ed il suo valore invalidante. Un criterio-guida sta nel ritenere invalidante la violazione di norme procedimentali, dettate a garanzia del contribuente.I vizi non invalidanti sono mere irregolarità (ad esempio, nel caso in cui non indica gli organi cui si può inoltrare richiesta di riesame o ricorso, ed altre indicazioni similari).Alcune violazioni non comportano l’annullabilità del provvedimento. Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione delle norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato. Tale norma, quindi, interessa solo i provvedimenti vincolati e non gli atti discrezionali.La corrispondenza dell’imposta accertata alla situazione di fatto e alle norme di legge rende irrilevanti i vizi per i quali non vi sia una norma ad hoc che ne preveda la nullità o l’annullabilità.È comunque rilevante il vizio di motivazione degli atti impositivi nei casi in cui sia palese che il contenuto dispositivo del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso.

Il divieto di doppia imposizione.Come i giudici non possono pronunciarsi due volte sullastessa controversia, così l’Amministrazione finanziaria non deve sottoporre ad imposta due volte lo stesso presupposto. Nelle sue articolazioni, il divieto implica:

- che non può essere applicata la stessa imposta sullo stesso presupposto nei confronti di soggetti diversi;

- il divieto opera anche quando sono coinvolte imposte diverse (un reddito non può essere tassato prima come reddito di una società di capitali, poi di una persona fisica).

Il secondo atto d’imposizione è illegittimo per il solo fatto che si pone in contrasto con tale divieto e, quindi, a prescindere dal fatto che l’imposta dovuta sia quella applicata dal primo atto o quella applicata dal secondo.

Gli effetti dell’avviso di accertamento. Teoria dichiarativa e teoria costitutiva.L’avviso di accertamento è un provvedimento amministrativo, con cui l’obbligazione tributaria è stabilita autoritativamente.Secondo la teoria dichiarativa, l’obbligazione tributaria sorge non appena si verifica il presupposto di fatto del tributo. Le norme strumentali che disciplinano l’attuazione delle leggi d’imposta non sono rivolte alla costituzione, ma all’accertamento (e all’attuazione) del rapporto tributario.

L’obbligazione tributaria, sorta ex lege con il verificarsi del presupposto, è dunque accertata dalla dichiarazione del contribuente e dall’avviso di accertamento.L’accertamento dell’imposta da parte del fisco è considerato un atto amministrativo autoritativo sia dalla teoria dichiarativa, sia dalla teoria costitutiva. Secondo la teoria dichiarativa, l’avviso di accertamento non produrrebbe una nuova situazione giuridica ma si limiterebbe a dichiarare ed accertare una situazione giuridica preesistente.La teoria costitutiva afferma che, affinché sorga l’obbligazione, è necessaria la presentazione della dichiarazione o l’emanazione di un avviso di accertamento.Le norme strumentali che pongono a carico del contribuente l’obbligo di dichiarare il tributo e attribuiscono all’Amministrazione finanziaria poteri autoritativi, sono rivolte costituire l’obbligazione, applicando le norme tributarie materiali.Gli avvisi di accertamento, quindi, non accertano, ma costituiscono, secondo il modello legislativo, l’obbligazione tributaria.La principale divergenza rispetto alla teoria dichiarativa concerne gli effetti dell’atto di imposizione, che, secondo questa teoria, sono effetti di natura costitutiva.Se l’atto di imposizione non è impugnato, l’obbligazione statuita dall’atto dell’Amministrazione è da considerarsi definitivamente posta, senza possibilità di rimedi per il contribuente.Per la teoria dichiarativa, il contribuente è titolare, di fronte al potere di accertamento, di un diritto soggettivo e agisce in giudizio a tutela di tale diritto.

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Nell’ambito della teoria costitutiva, si è sostenuto che il contribuente, di fronte all’imposizione, è titolare di una posizione di interesse legittimo.La teoria che sostiene l’esistenza di un diritto soggettivo pone in evidenza che il potere d’imposizione è vincolato e che, di fronte a un atto d’imposizione illegittimo, il contribuente ha diritto alla tutela giurisdizionale.In realtà non importa stabilire quale sia la posizione del contribuente prima dell’imposizione, ma quali siano gli strumenti di tutela di cui dispone, quando gli è notificato un atto d’imposizione. E non vi è dubbio che il destinatario di un atto d’imposizione ha il diritto di difendersi, costituzionalmente garantito, agendo in giudizio per ottenere la tutela piena ed effettiva.

Le ragioni della teoria costitutiva.Per operare una iscrizione a ruolo, occorre che il debito sia oggetto o di dichiarazione o di un atto dell’Amministrazione. E ciò dimostra che dichiarazione e avviso di accertamento non sono mera ricognizione di un rapporto obbligatorio già sorto ex lege, ma atti che costituiscono tale rapporto. L’atto d’imposizione è espressione dell’esercizio di un potere amministrativo non discrezionale, ed è atto autoritativo; esso non ha effetti di mero accertamento.Il divario tra teoria costitutiva e teoria dichiarativa può essere colmato se si ravvisa una statuizione di esistenza di quella situazione, che l’atto costituisce nuovamente, in un rapporto di concorso di fattispecie con la dichiarazione.Se l’Amministrazione costituisce un rapporto, che doveva sorgere già per effetto della dichiarazione, se ne deve dedurre che l’avviso di accertamento ha efficacia retroattiva, perché costituisce il debito d’imposta con riferimento al momento di efficacia della dichiarazione.

Facoltà difensive del contribuente.Il contribuente al quale è notificato un avviso di accertamento:

- può presentare istanza di accertamento con adesione (con ridimensionamento del tributo e riduzione delle sanzioni nella misura di un quarto del minimo);

- può anche definire solo le sanzioni e impugnare l’avviso di accertamento nella parte concernente il tributo;

Se il processo giunge al suo epilogo naturale e il ricorso è accolto, l’atto cessa di esistere perché annullato. Se il ricorso è respinto, l’atto sopravvive al processo come definitivo.

Il contribuente può, nel termine di sessanta giorni dalla notifica, impugnare l’avviso di accertamento dinnanzi alle commissioni tributarie.Se l’avviso non è stato preceduto né da un processo verbale cui è possibile aderire, né da invito a comparire, le sanzioni sono ridotte – per mancata impugnazione – ad un ottavo di quanto irrogato. L’avviso non impugnato diventa definitivo, per cui l’ufficio può riscuotere il dovuto mediante iscrizione a ruolo a titolo definitivo.

Sezione seconda (tipologia)

L’accertamento analitico del reddito complessivo.L’accertamento analitico ricostruisce l’imponibile delle persone fisiche considerandone le singole componenti. È effettuato quando sono note le singole fonti dei redditi e si perviene al reddito complessivo sommando i redditi delle singole fonti.Per i redditi d’impresa esso presuppone che la contabilità, nel suo complesso, sia attendibile.Anche nell’Iva, l’accertamento analitico investe singole componenti dell’imponibile, dell’imposta o delle detrazioni.

L’accertamento sintetico del reddito complessivo.Mentre l’accertamento analitico ha per oggetto redditi appartenenti a singole categorie, con l’accertamento sintetico si ottiene direttamente la misura del reddito complessivo. Il metodo sintetico ha come punto di partenza l’individuazione di elementi e fatti economici diversi dalle fonti di reddito (spese per consumi, investimenti, etc.). Perciò l’accertamento sintetico può essere indicato anche come accertamento basato sulla spesa.

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L’ufficio non è obbligato a verificare la congruità dei singoli redditi dichiarati prima di adottare il metodo sintetico.Alla conoscenza di cespiti e fonti di reddito è correlato l’accertamento analitico, alla conoscenza di elementi di natura diversa (tenore di vita, investimenti, etc.) corrisponde l’accertamento sintetico. L’accertamento è ammesso solo quando il reddito complessivo netto accertabile si discosta per almeno un quarto da quello dichiarato. Inoltre, trattandosi di reddito netto, non hanno rilievo le spese di produzione del reddito e non sono scomputabili gli oneri che possono essere dedotti dal reddito complessivo determinato in via analitica.Il contribuente, per contro, può impugnare l’avviso di accertamento deducendo e dimostrando che il maggior reddito, determinato sinteticamente, è costituito (in tutto o in parte) da redditi non tassabili, oppure può opporre di aver utilizzato disponibilità economiche di natura non reddituale.

I parametri dell’accertamento sintetico.Sono tre i criteri di quantificazione del reddito sintetico.Attraverso il c.d. “redditometro”, vengono individuati dei fatti-indice e dei coefficienti in base ai quali gli uffici possono determinare induttivamente il reddito globale (disponibilità di barche, auto, residenze, …).Applicando i coefficienti, l’ufficio determina sinteticamente il reddito complessivo del contribuente, a condizione che il reddito così calcolato si discosti dal dichiarato per almeno un quarto e per almeno due periodi d’imposta.Il contribuente può opporre tutte le prove opponibili agli accertamenti sintetici. Inoltre, può contestare la quantificazione reddito metrica, fornendo una prova contraria alla presunzione reddituale (che è presunzione relativa, e quindi l’onere della prova è invertito).L’accertamento sintetico fa spesso affidamento sugli incrementi patrimoniali. Quando l’esborso è molto elevato in rapporto ai redditi dichiarati dal contribuente nell’anno in cui viene fatta la spesa e negli anni precedenti, è legittimo presumere che siano stati utilizzati redditi non dichiarati (che si ipotizzano conseguiti in quote costanti, nell’anno in cui è stata effettuata la spesa e nei quattro anni precedenti).

L’accertamento analitico-contabile dei redditi d’impresa.L’accertamento analitico-contabile dei redditi d’impresa consiste in rettifiche di singole componenti del reddito dichiarato. La rettifica può essere giustificata da ragioni di diritto (ad esempio, quando risulta violata una delle norme in materia di reddito d’impresa).La rettifica può scaturire:

- dal confronto tra dichiarazione, bilancio e scritture contabili;- dall’esame della documentazione che sta alla base della contabilità;- da circostanze extra-contabili (ad esempio, documenti di terzi).

L’accertamento analitico tout court è quello che deduce la incompletezza, la falsità o la inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione in modo certo e diretto attraverso verbali, risposte ai questionari, esame di atti o documenti del contribuente, etc.Accertamento analitico-induttivo è invece quello che rettifica la dichiarazione sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti o su gravi incongruenze (come le discordanze tra prezzo di vendita di un bene e un suo valore corrente).

L’accertamento analitico-induttivo mediante studi di settore.Il reddito degli imprenditori può essere determinato su base contabile quando l’impresa tiene in modo sistematico la contabilità, secondo il regime della contabilità ordinaria. Per quanto riguarda le imprese minori che operano in regime di contabilità semplificata, sono stati previsti specifici strumenti di determinazione di reddito (coefficienti presuntivi, studi di settore, parametri).Quindi, per questi soggetti, l’accertamento può essere fatto, oltre che in base alle norme ordinarie, anche ricorrendo a criteri predeterminati normativamente.Oggetto degli studi di settore è la determinazione presuntiva dei ricavi o compensi attribuibili al contribuente sulla base della sua capacità potenziale di produrli, definita in base ad una varietà di fattori, interni ed esterni all’azienda ed in base ad indici di normalità economica.Le imprese sono divise in gruppi omogenei (cluster), in base ad una molteplicità di fattori. Sulla base di tali elaborazioni, e valutando dei campioni significativi di contribuenti, è individuata una funzione matematica mediante la quale sono calcolati i ricavi per ciascun cluster.

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Gli studi di settore si applicano agli imprenditori e lavoratori autonomi i cui ricavi non superano i 5.164.000 euro.Ogni contribuente che appartenga ad una categoria alla quale si applicano gli studi di settore deve presentare, insieme alla dichiarazione dei redditi, un modello con cui comunica i dati rilevanti ai fini degli studi.Ogni contribuente deve:

- inquadrare la propria attività in un cluster;- indicare se il volume dei ricavi e compensi dichiarati è “congruo”;- individuare la “coerenza” dei principali fattori economici che caratterizzano la sua attività, rispetto

agli standard del cluster di appartenenza.Se non vi è congruità, il contribuente può adeguare i suoi ricavi a quelli calcolati in base allo studio. Il reddito del contribuente “congruo” ma non coerente non può essere rettificato applicando gli studi di settore, ma con gli ordinari metodi di accertamento.Gli studi di settore non possono essere applicati in via automatica per rettificare i ricavi dichiarati, ma è necessaria un’attività istruttoria per verificare se vi sono ragioni che giustificano la produzione di ricavi in misura inferiore.Gli studi di settore permettono la rettifica dei ricavi o compensi quando non vi è la corrispondenza fra ricavi dichiarati e i ricavi indicati dallo studio di settore. Possono essere applicati anche nei confronti dei soggetti in regime di contabilità ordinaria, ma solo qualora si riscontri l’inattendibilità della contabilità.I responsabili dei Caaf delle imprese possono rilasciare un “visto pesante”, il quale afferma che gli elementi comunicati all’Amministrazione finanziaria nella dichiarazione dei redditi, e rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, corrispondono alla contabilità e alla documentazione

dell’impresa; inoltre, il visto implica che i ricavi dichiarati sono congrui rispetto a quelli determinabili sulla base degli studi di settore.Le dichiarazioni accompagnate dal visto pesante non sono rettificabili induttivamente (in caso di rettifica, il ricorso sospende il pagamento fino alla sentenza di primo grado).

L’accertamento induttivo-extracontabile dei redditi d’impresa.l’accertamento analitico presuppone l’attendibilità complessiva della contabilità.L’ufficio può procedere ad accertamento induttivo-extracontabile solo quando:

- il reddito d’impresa non è stato indicato nella dichiarazione;- risulta che il contribuente non ha tenuto le scritture contabili prescritte;- sono verificate, con ispezioni, omissioni e false indicazioni che rendono le scritture

inattendibili;- il contribuente non ha dato seguito all’invito a trasmettere o esibire atti o documenti e non ha

risposto al questionario.In questi casi l’ufficio:

- può avvalersi dei dati e delle notizie raccolti;- può prescindere dalle risultanze del bilancio e delle scritture contabili;- può avvalersi di presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.

L’ufficio può ritenere inattendibile la contabilità solo in base a prove circostanziate, riguardanti il singolo contribuente. In seguito si apre una seconda fase, volta a ricostruire il reddito: in questa fase l’ufficio può servirsi di dati ed elementi non riguardanti il singolo contribuente e di presunzioni.

L’accertamento d’ufficio.Per le imposte sui redditi e per l’Iva, l’accertamento d’ufficio viene emesso quando non è stata presentata, o è nulla, la dichiarazione.L’accertamento deve essere analitico, e può essere sintetico o induttivo solo se l’ufficio non ha potuto raccogliere elementi idonei per una determinazione analitica dell’imponibile.

L’accertamento parziale.L’ufficio, dopo aver svolto le sue indagini sui redditi di un soggetto, ne utilizza i risultati emettendo, se ne ricorrono i presupposti, un avviso di accertamento. Di regola, tale atto riflette tutti i dati ed elementi probatori acquisiti.

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Questa regola subisce due deroghe: l’accertamento parziale e l’accertamento integrativo. L’accertamento parziale si fonda su segnalazioni provenienti da Anagrafe tributaria, Guardia di finanza, etc. In base a tali segnalazioni, l’ufficio può rettificare la dichiarazione.L’oggetto delle segnalazioni concerne elementi specifici di reddito, deduzioni, esenzioni e agevolazioni: è quindi un controllo analitico.

L’accertamento integrativo.Fino alla scadenza del termine stabilito, l’accertamento può essere integrato o modificato in aumento mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi specificamente indicavi nell’avviso (a pena di nullità).Il limite posto da tale disposizione non impedisce all’ufficio l’esercizio del potere di ridurre o annullare il precedente accertamento perché, ad esempio, si avvede di aver errato a danno del contribuente (e agisce in autotutela).

L’accertamento con adesione (o concordato).L’accertamento con adesione è un atto di accertamento formato al termine di un contraddittorio tra ufficio e contribuente, che consta di un provvedimento di accertamento dell’ufficio sottoscritto, per adesione, anche dal contribuente.

Il contribuente può prendere l’iniziativa al termine di una verifica fiscale, chiedendo all’ufficio di formulare una proposta.L’avvio del procedimento apre una fase di confronto tra contribuente ed ufficio; se dal contraddittorio scaturisce un accordo, ad esso segue l’accertamento.L’accertamento con adesione, a differenza dell’accertamento ordinario, non è notificato al contribuente, in quanto per venire ad esistenza deve essere sottoscritto da quest’ultimo.La procedura si perfeziona con il versamento delle somme dovute entro venti giorni dalla sottoscrizione. Il versamento può essere rateizzato.Il concordato può avere ad oggetto il reddito o il volume d’affari soggetto ad Iva.L’accertamento con adesione nasce definitivo; il contribuente non può proporre ricorso e l’ufficio non può modificarlo. Può essere integrato con un successivo accertamento solo in alcuni specifici casi (ad esempio, si viene a conoscenza di nuovi elementi che fanno presupporre un reddito superiore al cinquanta per cento di quello dichiarato).Il concordato incide sulle sanzioni amministrative, che sono ridotte ad un quarto del minimo.Sulla natura giuridica del concordato, vi sono, in dottrina, due orientamenti. Uno utilizza concetti privatistici e ravvisa nel concordato un contratto. Secondo altri, invece, l’atto dell’ufficio resta pur sempre un atto di accertamento (a cui il contribuente presta la sua adesione). Questo secondo orientamento è da preferire, in quanto il concordato è comunque forma di esercizio del potere impositivo; non può essere, perciò, un atto di diritto privato.

L’accertamento catastale.I redditi fondiari sono determinati con il sistema catastale.Il catasto dei terreni ha un’unità fondamentale chiamata particella, che rappresenta una porzione continua di terreno, appartenente ad un medesimo possessore ed omogenea per qualità e classe. La formazione del catasto implica in primo luogo il rilevamento delle proprietà e delle particelle; quindi la qualificazione ed infine la classificazione.Vi è poi la tariffa, con conseguente attribuzione a ciascuna particella del reddito medio ordinario ad essa riferibile.Analogo il contenuto e il procedimento di formazione del catasto urbano. L’iniziativa dell’accatastamento spetta al possessore dell’immobile, che deve dichiarare le nuove costruzioni; l’accatastamento è una prerogativa dell’Agenzia del territorio, che può far propria la dichiarazione o modificarla.Ai fini dell’applicazione delle imposte sui redditi, i catasti forniscono la misura del reddito fondiario imponibile. I catasti, quindi, sono uno degli strumenti da utilizzare in sede di determinazione.

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L’avviso di liquidazione.Nell’accertamento dell’imposta di registro, la legge distingue tra determinazione del valore imponibile e determinazione (o liquidazione) dell’imposta.Può esservi, come atto autonomo, l’avviso di liquidazione, nei casi in cui (essendo già determinato l’imponibile) si tratta solo di liquidare l’imposta e chiederne il pagamento. Ad esempio, la rettifica della liquidazione dell’imposta (principale) liquidata in sede di registrazione di un atto, può essere fatta con avviso di liquidazione.Perciò, l’avviso di liquidazione è un atto impositivo, le cui determinazioni hanno valore autoritativo e divengono definitive se non impugnate.

L’ingiunzione fiscale.L’ingiunzione aveva, in passato, funzioni di precetto e di titolo esecutivo.Dopo la riforma della riscossione del 1988, l’ingiunzione ha perduto tali funzioni, ma rimane in vita come atto di accertamento delle imposte dirette per le quali la legge non prevede l’avviso di accertamento come atto tipico (tributi doganali e imposte di fabbricazione).

Inoltre, la riscossione coattiva dei tributi di spettanza di province e comuni è effettuata mediante ingiunzione fiscale se è svolta in proprio dall’ente locale.

La r i s c os s i o ne.

Aspetti generali.L’estinzione dell’obbligazione tributaria avviene in forme tipiche, rigidamente disciplinate. L’ente impositore non può riscuotere, se non nei modi previsti dalla legge, né il contribuente può liberarsi in forme diverse da quelle stabilite dalla legge.Nulla è previsto nella legislazione tributaria per le imposte dirette e per l’Iva. Si applica perciò il termine di prescrizione decennale ex art. 2946 cod. civ.In materia di imposte dirette, sono (talora) espressamente previsti termini di prescrizione dell’imposta definitivamente accertata: il termine è decennale per l’imposta di registro.Le funzioni degli uffici della riscossione possono essere così sintetizzate:

- incassare le somme pagate mediante versamento diretto e quelle iscritte a ruolo;- gestire il conto fiscale e provvedere ai rimborsi connessi a tale conto;- provvedere alla esecuzione forzata;- eseguire i rimborsi.

La legge innanzitutto obbliga i contribuenti a provvedere di propria iniziativa al pagamento delle imposte (c.d. autotassazione); il compito dell’Amministrazione finanziaria è, quindi, in primo luogo, quello di controllare gli adempimenti dei contribuenti, e, in secondo luogo, di formare atti diretti a provocare il pagamento.Nella riscossione delle imposte periodiche incontriamo una pluralità di obblighi di versamento, distinti dall’obbligazione tributaria. Nel corso del periodo d’imposta vi sono forme di riscossione anticipata che non hanno, come parametro, l’obbligazione tributaria di quel periodo: solo a consuntivo, quando sarà presentata la dichiarazione annuale, si verificherà se i meccanismi della riscossione anticipata hanno condotto alla riscossione di somme definitivamente dovute.Solo l’obbligazione tributaria costituisce causa di attribuzione definitiva delle somme riscosse; i singoli obblighi di versamento ed i singoli titoli di riscossione consentono al fisco di riscuotere ma non di ritenere: alla fine, comunque, riscosso e dovuto devono coincidere.

La riscossione delle imposte sui redditi. Le ritenute alla fonte.Le ritenute sono operate dai sostituti d’imposta a titolo d’acconto o a titolo d’imposta.Le ritenute d’acconto, per chi le subisce, costituiscono un acconto dell’imposta che sarà dovuta sui redditi di quel periodo d’imposta.Obbligati ad operare le ritenute (cc.dd. sostituti) sono le società ed altri quando corrispondono:

- redditi di lavoro dipendente o assimilati;- compensi di lavoro autonomo;- provvigioni inerenti a rapporti di commissione, agenzia, mediazione, rappresentanza, etc.;

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- interessi, dividendi e altri redditi di capitale;- compensi per avviamento commerciale;- premi e vincite.

Simili alle ritenute alla fonte sono le ritenute dirette, operate dalle amministrazioni pubbliche.Alla ritenuta diretta sono soggetti: i redditi di lavoro dipendente e assimilati, i redditi di capitale, i contributi ed i premi e vincite. Le ritenute dirette, come le ritenute alla fonte operate dai sostituti, sono eseguite a titolo di acconto o a titolo d’imposta.

I versamenti diretti delle imposte sui redditi e di altre imposte.Le imposte sui redditi sono riscosse mediante: ritenuta diretta; versamenti diretti all’agente di riscossione e alle sezioni di tesoreria provinciale dello Stato; iscrizione nei ruoli.La forma di riscossione più importante (come gettito) è il versamento diretto effettuato dal contribuente in esecuzione di un obbligo stabilito dalla legge ed in base ad autonoma liquidazione della somma da versare.Con i versamenti diretti viene attuata la c.d. riscossione anticipata.La riscossione anticipata è realizzata in due modi: mediante ritenuta d’acconto, da parte di sostituti e pubblica amministrazione, e successivo versamento; mediante versamento di acconti, da parte del contribuente.I sostituti, mensilmente, entro il giorno 16, devono versare le ritenute operate nel mese precedente. Inoltre, ciascun contribuente deve effettuare, nel corso del periodo d’imposta, due versamenti d’acconto; tali versamenti hanno come parametro l’imposta dovuta per il precedente periodo e valgono come acconti dell’imposta che risulterà dovuta per il periodo in corso.Il contribuente può versare meno di una certa percentuale di quanto dovuto per l’anno precedente se prevede di produrre un reddito inferiore e di dover pagare un’imposta minore, ma assume il rischio di una sanzione amministrativa.Nell’Iva, l’imposta deve essere versata entro il giorno 16 di ciascun mese, in base alle liquidazioni mensili. Entro il 27 dicembre deve essere versato un acconto calcolato in base all’ultima liquidazione dell’anno.Dopo che il periodo d’imposta si è concluso, con la presentazione della dichiarazione dei redditi e della dichiarazione annuale Iva, deve essere versato il saldo che risulta dovuto in base alla stessa dichiarazione.Se dalla dichiarazione annuale risulta un credito, il contribuente ha diritto di computare l’importo dell’eccedenza in detrazione nell’anno successivo e, in certe ipotesi, può chiederne il rimborso.

Versamenti “unitari” e compensazione.I contribuenti versano cumulativamente sia le imposte dirette e le ritenute, sia altre imposte, sia i contributi previdenziali e assistenziali. Viene utilizzato un modello denominato F24; ed il versamento è effettuato o direttamente negli uffici della riscossione, o presso banche o uffici postali. Per indicare il titolo cui imputare le somme che si versano si utilizza un codice tributo. Il pregio dei versamenti unitari è che consentono la compensazione tra partite attive e passive del contribuente, coinvolgendo non solo imposte diverse, ma anche i rapporti con gli enti previdenziali e gli enti locali.Se la dichiarazione dei redditi reca un saldo attivo, il contribuente ha diritto, a sua scelta, di computare l’eccedenza in diminuzione dell’imposta relativa al periodo d’imposta successivo o di chiederne il rimborso in sede di dichiarazione dei redditi.La compensazione orizzontale è ammessa, in sede di versamento unitario, entro importi annui prefissati, tra imposte e contributi da versare con il mod. F24.

Modalità dei versamenti diretti.I versamenti diretti sono destinati all’agente della riscossione o alla Tesoreria provinciale dello Stato. I versamenti diretti, al netto della compensazione, sono eseguiti in via telematica o mediante delega irrevocabile ad una banca convenzionata o all’Ente Poste. Il delegato deve rilasciare un’attestazione recante l’indicazione dei dati identificativi del soggetto che effettua il versamento.

La riscossione mediante ruolo.Il ruolo è il tradizionale strumento di riscossione delle imposte sui redditi e dei tributi locali; ora è il mezzo di riscossione di tutti i tributi.

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Le imposte sui redditi sono riscosse mediante ruolo in tutti i casi nei quali non è prevista (o non è avvenuta) la riscossione mediante ritenuta diretta o versamento diretto. Il ruolo è atto amministrativo collettivo, che raccoglie un elenco di somme da riscuotere.In ciascun ruolo sono iscritte le somme dovute dai contribuenti che hanno il domicilio fiscale in comuni compresi nell’ambito territoriale cui il ruolo si riferisce.Il ruolo è sottoscritto, anche mediante firma, dal titolare dell’ufficio o da un suo delegato. La sottoscrizione attribuisce al ruolo effetti di titolo esecutivo.Alle imposte indirette si applicano le norme in materia di specie, oggetto, formazione, contenuto e consegna dei ruoli; le norme in materia di dilazione di pagamento e sospensione per situazioni eccezionali; etc.Sul titolo esecutivo va riportato il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione della pretesa tributaria. Il titolo esecutivo, per i crediti tributari, è costituito dall’iscrizione a ruolo, che viene portato a conoscenza del contribuente mediante la cartella di pagamento.Quando il ruolo è meramente riproduttivo di un atto precedente, è sufficiente indicarlo. È invece necessaria una specifica motivazione quando il ruolo è innovativo.

Iscrizioni a ruolo in base alla dichiarazione. L’invito a pagamento.Le iscrizioni a ruolo presuppongono un titolo che le giustifichi: i titoli che le legittimano sono la dichiarazione e l’avviso di accertamento. L’iscrizione a ruolo ha per base la dichiarazione:

- in caso di mancato versamento di somme dovute in base alla stessa dichiarazione;- quando dai controlli automatici e formali della dichiarazione risulta riscuotibile una somma

maggiore di quella versata (l’Ufficio deve interpellare il contribuente e inviargli una comunicazione, invitandolo a versare la somma);

- quando vi siano da riscuotere imposte sui redditi soggetti a tassazione separata.Prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti dalle dichiarazioni, quando sussistano incertezze, l’Amministrazione deve invitare il contribuente a fornire chiarimenti necessari entro un termine non inferiore ai trenta giorni.

Iscrizioni a ruolo in base agli avvisi di accertamento.Sono riscosse mediante ruolo le somme dovute in base agli avvisi di accertamento di imposte sul reddito.La legge, in relazione al grado di stabilità del titolo della riscossione, distingue tra iscrizioni provvisorie e iscrizioni a titolo definitivo.Le iscrizioni provvisorie sono quelle eseguite in base ad un avviso di accertamento non definitivo, perché impugnato. Il ricorso non ne sospende l’esecuzione; in pendenza del giudizio può essere riscossa una parte dell’imposta accertata.Dopo le sentenze delle commissioni, diventano esigibili ulteriori frazioni del tributo con interessi e sanzioni, in relazione al contenuto della decisione ed al grado dell’organo giudicante.In deroga alle regole della riscossione provvisoria, la legge prevede dei “ruoli straordinari”, in cui sono iscritte, in via anticipata, le somme per le quali vi sia fondato pericolo di non riscuoterle (ad esempio, è possibile la riscossione di intere imposte in pendenza dei processi di primo grado).

Iscrizioni a titolo provvisorio e iscrizioni a titolo definitivo.Le iscrizioni a titolo definitivo provvisorio sono quelle effettuate in base ad accertamenti non definitivi; iscrizioni a titolo definitivo sono quelle che hanno come titolo le dichiarazione e gli accertamenti definitivi.Per le iscrizioni a titolo provvisorio, la loro sorte dipende dall’esito del processo; l’entrata che produce non è definitiva (l’accertamento, se annullato, genera un debito verso il contribuente).Le iscrizioni a titolo definitivo appaiono destinate alla riscossione di somme definitivamente dovute, ma lo stesso dichiarante può impugnare l’iscrizione che si basi sulla sua dichiarazione. Inoltre, gli accertamenti definitivi possono essere rimossi dalla stessa Amministrazione, in via di autotutela; infine, può essere esperita con successo, da parte del contribuente, un’azione di revocazione straordinaria contro una sentenza tributaria.

La cartella di pagamento.

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Nella cartella sono indicate le imposte iscritte a ruolo, i relativi interessi e sanzioni e l’importo da corrispondere a titolo di compenso per la riscossione.La cartella contiene, inoltre, la data in cui il ruolo è stato reso esecutivo, la descrizione delle partite, istruzioni e modalità di pagamento.Una singola cartella può contenere iscrizioni di tributi erariali e locali ed anche di entrate non erariali.La cartella deve contenere, a pena di nullità, l’indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e di quello di emissione e di notificazione della stessa cartella.La cartella, oltre ad essere una richiesta di pagamento, equivale al precetto dell’esecuzione forzata ordinaria.

La notifica della cartella di pagamento.La notifica della cartella deve essere eseguita entro un termine perentorio, a penda di decadenza.Dalla data della notificazione decorre il termine di sessanta giorni, dopo il quale può iniziare l’esecuzione forzata. Entro tale termine il contribuente può essere proposto ricorso contro il ruolo.

L’intimazione ad adempiere.L’intimazione ad adempiere è un atto necessario quando si vuole iniziare l’esecuzione forzata dopo che è decorso un anno dalla notifica della cartella di pagamento. Con essa viene nuovamente portato a conoscenza del contribuente il contenuto del ruolo. È un atto impugnabile.

Scadenza del pagamento. Dilazioni e sospensioni.Il pagamento delle somme iscritte a ruolo deve essere eseguito entro sessanta giorni dalla notificazione della cartella di pagamento.L’Ufficio può concedere al contribuente due forme di dilazioni:

- la ripartizione del pagamento in più rate mensili, fino a sessanta;- la sospensione della riscossione per un anno e la ripartizione del pagamento fino a un massimo

di quarantotto rate mensili.Per avvalersi di tali strumenti, il contribuente deve dimostrare di essere in una situazione di temporanea difficoltà economica.

Interessi.In tutti i casi nei quali il pagamento avviene in seguito, sono dovuti interessi:

- interessi per mancato versamento diretto;- interessi per ritardata iscrizione a ruolo;- interessi per dilazione di pagamento;- interessi di mora.

Se non viene effettuato il versamento diretto nei termini stabiliti, sugli importi non versati si applicano interessi in misura predeterminata dalla legge.Gli interessi per ritardata iscrizione a ruolo si applicano quando, dalla liquidazione o dal controllo formale della dichiarazione, risulta un importo non versato.Sulle somme il cui pagamento è stato rateizzato o sospeso si applicano gli interessi a tasso del sei per cento annuo.Se sessanta giorni dopo la notifica della cartella non è avvenuto il pagamento, sulla somma iscritta a ruolo sono dovuti gli interessi di mora. La misura è stabilita annualmente dal Ministro delle finanze.

Natura giuridica ed effetti del ruolo.Dal ruolo sorge, per l’iscritto, un obbligo di pagamento; se l’obbligo non è adempiuto, l’iscrizione a ruolo legittima l’esecuzione forzata (il ruolo rende “esigibile” l’obbligazione tributaria). Ciò è vero quando il ruolo è fondato sull’avviso di accertamento.Se il ruolo è fondato sulla dichiarazione dei redditi, non è il ruolo che determina l’esigibilità del credito del fisco; l’esigibilità preesiste al ruolo, che ha il solo compito di reiterare l’obbligo di versamento nascente dalla dichiarazione.

Gli effetti del ruolo nei confronti di terzi.

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In linea di principio, il ruolo esplica effetti solo nei confronti del soggetto a cui si rivolge.Nel caso di pluralità di soggetti obbligati in solido, il ruolo ha efficacia solo nei confronti dei soggetti iscritti.In caso di solidarietà, l’agente della riscossione, per i tributi indiretti ed altre entrate, notifica la cartella di pagamento solo al primo dei soggetti iscritti, mentre agli altri invia una semplice comunicazione.Resta fermo che, in caso di solidarietà, l’Amministrazione finanziaria può agire solo nei confronti dei soggetti ai quali abbia notificato l’avviso di accertamento.In conclusione, il ruolo non ha efficacia verso terzi (unica eccezione sono i terzi proprietari di beni soggetti a privilegio speciale).

La sospensione amministrativa del ruolo.Il ricorso contro il ruolo non sospende la riscossione; il contribuente può infatti chiedere la sospensione alla commissione tributaria alla quale ha presentato ricorso.Il contribuente può chiedere la sospensione del ruolo anche all’Ufficio dell’Agenzia delle entrate, che può accordarla fino alla pubblicazione della sentenza della Commissione tributaria provinciale, ma può revocarla ove sopravvenga fondato pericolo per la riscossione.Il potere sospensivo delle Commissioni ha natura cautelare ed ha lo scopo di tutelare il contribuente. Il potere sospensivo dell’Amministrazione finanziaria, invece, è uno strumento di tutela del credito del fisco.

La riscossione dell’imposta di registro.Nell’imposta di registro il legislatore definisce come “principale” l’imposta applicata al momento della registrazione e quella richiesta dall’ufficio se diretta a correggere errori od omissioni. È invece suppletiva l’imposta applicata successivamente se diretta a correggere errori od omissioni effettuati in sede di autoliquidazione, quando la richiesta di registrazione viene presentata per via telematica.È stata introdotta la facoltà di utilizzare procedure telematiche per la registrazione di atti relativi a diritti sugli immobili. Gli Uffici controllano la regolarità dell’autoliquidazione e del versamento, e, se risulta dovuta una maggiore imposta, notificano anche per via telematica, un avviso di liquidazione.La liquidazione dell’imposta supplementare e di quella complementare è comunicata al contribuente mediante notifica di un avviso di liquidazione. L’avviso di accertamento, nell’imposta di registro, non è atto della riscossione; ad esso segue l’avviso di liquidazione.

L’avviso di liquidazione contiene la determinazione autoritativa del quantum dell’imposta; esso è anche atto della riscossione, e racchiude un invito al pagamento dell’imposta, entro sessanta giorni. In caso di ricorso contro l’avviso di accertamento che accerti un maggior valore, l’imposta complementare che ne consegue è riscossa, in pendenza del giudizio di primo grado, nella misura di un terzo.Le imposte suppletive sono riscosse dopo la sentenza di secondo grado.

Riscossione di altre imposte dirette.Vi sono imposte indirette il cui pagamento è connesso alla presentazione della dichiarazione.L’ingiunzione viene tuttora usata come avviso di accertamento, nelle imposte in cui aveva anche tale funzione. Essa conserva anche la funzione di atto con cui l’Amministrazione invita a pagare il tributo; se il pagamento non avviene, l’ingiunzione costituisce titolo di base a cui iscrivere a ruolo il dovuto.

La riscossione dei tributi all’estero.I tributi italiani possono essere riscossi anche all’estero, e i tributi esteri possono essere riscossi in Italia.Gli Stati contraenti si prestano reciproca assistenza per la riscossione dei crediti tributari.

Privilegi e fideiussioni.I crediti tributari sono assistiti da privilegi speciali e generali, sui mobili e sugli immobili:

- privilegio generale sui mobili del debitore per Irpef, Ires, Iva e tributi comunali;- privilegio speciale sui mobili: per i tributi indiretti sui mobili ai quali si riferiscono i tributi, per

Irpef e Ires sui mobili che servono all’esercizio dell’impresa;- privilegio generale immobiliare che assiste i crediti per Ires e Irpef, limitatamente alla quota

imputabile a redditi;- privilegio speciale immobiliare per i crediti relativi ai tributi indiretti, verso gli immobili cui il

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tributo si riferisce.Per ottenere il rimborso del credito Iva annuale, il contribuente deve assicurare l’Amministrazione finanziaria con una garanzia (il rimborso potrebbe risultare indebito).La sospensione cautelare dell’atto impugnato (e, quindi, della riscossione) può essere subordinata alla prestazione di una garanzia bancaria o assicurativa.L’Amministrazione finanziaria è tenuta a rimborsare il costo delle fideiussioni, se viene accertato che l’imposta non è dovuta.

Ipoteca, sequestro e fermo amministrativo.L’Amministrazione finanziaria, quando ha fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito, può chiedere, al Presidente della Commissione tributaria provinciale, l’iscrizione di ipoteca e l’autorizzazione a procedere, a mezzo di ufficiale giudiziario, al sequestro conservativo dei beni del contribuente, compresa l’azienda.L’istanza deve essere motivata e deve essere notificata alle parti interessate, le quali possono, entro venti giorni dalla notifica, depositare memorie e documenti difensivi. Il Presidente fissa con decreto la trattazione dell’istanza per la prima camera di consiglio utile.In caso di eccezionale urgenza, il Presidente, ricevuta l’istanza, provvede con decreto motivato. La commissione decide con sentenza. Ciò implica che il provvedimento sia appellabile.Il provvedimento può essere modificato o revocato se si verificano mutamenti nelle circostanze o se si allegano fatti anteriori di cui si è acquisita conoscenza successivamente al provvedimento cautelare.Le parti interessate possono prestare, in corso di giudizio, idonea garanzia mediante cauzione o fideiussione bancaria o assicurativa. In tal caso l’organo dinanzi al quale è in corso il procedimento può non adottare (o adottare solo parzialmente) il provvedimento richiesto.

L’ipoteca si costituisce mediante iscrizione nei registri immobiliari ed attribuisce al creditore il diritto di espropriare i beni ipotecati e di essere soddisfatto con preferenza sul prezzo ricavato dall’espropriazione.Il giudice può autorizzare il sequestro conservativo di beni mobili o immobili del debitore o delle somme e cose a lui dovute, nei limiti in cui la legge ne permette il pignoramento.I beni sequestrati sono sottratti alla libera disponibilità del debitore proprietario e sono sottoposti a custodia.I provvedimenti perdono efficacia a seguito della sentenza che accoglie il ricorso o la domanda. La sentenza costituisce titolo per la cancellazione dell’ipoteca.Altra forma di tutela cautelare del credito erariale è il fermo amministrativo.Questo istituto è usato dall’Amministrazione per sospendere i rimborsi nei confronti di contribuenti che siano in posizione di debito. Viene così sospesa anche la compensazione, che deve essere dichiarata quando cessa la ragione della misura cautelare.La sospensione dei rimborsi può essere disposta in base ad un’espressa previsione, se è stato notificato atto di contestazione o di irrogazione della sanzione. La sospensione opera nei limiti della somma risultante dall’atto.Diverso dal fermo amministrativo tributario, è il fermo amministrativo di veicoli per debiti fiscali. L’agente della riscossione ha il potere di disporre il fermo dei beni immobili registrati.

Responsabilità di liquidatori, amministratori e soci.I liquidatori di società o altri enti, soggetti all’Ires, rispondono in proprio del pagamento delle imposte dovute dalla società o ente, quando, pur disponendo delle risorse per pagare le imposte, abbiano assegnato beni ai soci o pagato crediti di ordine inferiore a quelli tributari, senza aver prima soddisfatto i crediti tributari.La responsabilità dei liquidatori ha per oggetto le imposte dovute per il periodo della liquidazione e per quelli anteriori ed è commisurata all’importo dei crediti d’imposta che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione dei crediti.Infine, i soci o associati, che hanno ricevuto nel corso degli ultimi due periodi d’imposta precedenti alla messa in liquidazione denaro o altri beni, sono responsabili del pagamento delle imposte dovute dai liquidatori nei limiti del valore dei beni ricevuti.La responsabilità di liquidatori, amministratori e soci è accertata dall’ufficio con avviso di

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accertamento da notificare entro il termine decennale di prescrizione.

La transazione fiscale.L’imprenditore che si trova il stato di crisi o di insolvenza può proporre ai creditori un concordato preventivo, sulla base di un piano nel quale si preveda la ristrutturazione dei debiti, la soddisfazione parziale dei crediti, etc.Il piano di concordato preventivo può avere ad oggetto anche i debiti fiscali. Il debitore può proporre il pagamento parziale dei debiti tributari amministrati dalle agenzie fiscali, anche se non iscritti a ruolo.La proposta può prevedere la dilazione del pagamento.Il concordato preventivo si risolve in una sorta di remissione del debito da parte dell’Erario, in deroga al principio di indisponibilità dell’obbligazione tributaria.

L’esecuzione forzata.Quando il contribuente non paga le somme iscritte a ruolo, l’agente della riscossione può sottoporre ad esecuzione forzata i suoi beni.L’esecuzione forzata fiscale è disciplinata da norme del diritto comune. Le attribuzioni che, nella procedura esecutiva sono svolte dagli ufficiali giudiziari, qui sono esercitate dagli ufficiali della riscossione.

Se non è iniziata entro un anno dalla notifica della cartella, l’espropriazione deve essere preceduta dalla notifica di una intimidazione ad adempiere entro cinque giorni.Può essere soggetto passivo dell’azione esecutiva anche un terzo. I crediti dello Stato per tributi indiretti sono assistiti da privilegio speciale sugli immobili, in forza dei quali il Fisco può sottoporre ad esecuzione forzata l’immobile, anche se di proprietà di un terzo (prima che maturi il termine di decadenza del privilegio).L’esecuzione forzata si articola in tre momenti:

- pignoramento (eseguito mediante trascrizione di un avviso di vendita recante la descrizione dei beni pignorati, la data dei primi due incanti e il prezzo di partenza dell’incanto);

- la vendita del bene tramite messa all’incanto (vengono effettuati due incanti – ed un eventuale terzo incanto – poi, se rimane invenduto, il bene viene elargito allo Stato);

- assegnazione del ricavato (epilogo della procedura).

Liti esecutive.Contro il processo esecutivo ordinario, il codice di procedura civile prevede tre rimedi:

- l’opposizione all’esecuzione, con cui si contesta il diritto di procedere;- l’opposizione agli atti esecutivi, con cui si contesta la regolarità formale del titolo esecutivo;- l’opposizione del terzo, promossa dal terzo che assume di essere proprietario dei beni

pignorati.Il contribuente può:

- impugnare il ruolo dinanzi alle commissioni;- proporre opposizione dinanzi al giudice ordinario per contestare la pignorabilità dei beni;- proporre opposizione dinanzi al giudice ordinario contro i singoli atti esecutivi.

Chiunque si ritenga leso dall’esecuzione forzata può agire contro l’agente della riscossione, dopo il compimento dell’esecuzione, per il risarcimento dei danni.