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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANOLA CORTE DI APPELLO DI CALTANISSETTA
PRIMA SEZIONE PENALEcomposta dai Sigg. Magistrati:
1.RUSSO Dott. Giovanni - Presidente
2.DE NICOLA Dott. Sergio - Consigliere est.3.DI GIACOMO BARBAGALLO Dott. Alessandro-
Consigliereudita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24 giugno 2004 dal Cons. Dott. DE NICOLA, sentito il Pubblico Ministero, rappresentato dal Dott. Dolcino FAVI, Sostituto Procuratore Generale, gli appellanti e i difensore designati di fiducia, nonché i difensori delle parti civili costituite, ha pronunciato la seguente:
SENTENZAnel procedimento causa contro:
1) MARGANI Salvatore, nato a Barrafranca (prov. EN) il 18.2.1951, residente in ENNA Via Sant’Agata n. 71, difeso dall’Avv. Francesco TAVELLA del Foro di ENNA, designato di fiducia;
2) EMMA Federico, nato a ENNA IL 20.7.1955, ivi residente in Via Porta Palermo n. 11, difeso dall’Avv. Gaetano CANTARO del Foro di ENNA, designato di fiducia;
3) PULEO Edoardo, nato a ENNA il 15.5.1940, ivi residente in Via Roma n. 289,difeso dagli Avv.ti F. TAVELLA del Foro di ENNA e Raffaele PALERMO, designati di fiducia;
APPELLANTIavverso la sentenza deliberata il 28.2.2002 dal Tribunale penale di ENNA, che dichiarava gli imputati colpevoli del reato loro ascritto, e li ha condannati alla pena di anni due di reclusione ciascuno, nonché, in solido tra loro,al pagamento delle spese processuali, ordinando che l’esecuzione della pena inflitta ai suddetti imputati rimanga sospesa per il periodo di anni cinque,
N. 481/2004 Reg. Sent
N. 1078/2002 Reg.Gen. . N. 1793/1997 Reg. N.R.
S E N T E N Z A
in data 24 giugno 2004
Depositata in Cancelleria
il ____________________
Il Cancelliere C 1
Addì______________redatt______sched__N.________________
Art.Camp.pen
alle condizioni di legge;- condannandoli, inoltre, in solido tra loro, al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese di costituzione in favore delle parti civili costituite, ILARDI Filippo, CASCIO Antonina, ILARDI Angelina, ILARDI Carmelo e ILARDI Carlo;- e ha rimesso le parti davanti al giudice civile per la liquidazio- ne del danno cagionato alle persone offese costituite parti civili, condannando gli imputati, in solido tra loro, al pagamento in fa- vore delle suddette parti civili di una provvisionale pari rispetti- vamente ad € 25.000,00 in favore di ILARDI Filippo, pari ad € 25.000,00 in favore di CASCIO Antonina, pari ad €10.000,00 in favore di ILARDI Angelina, pari ad €10.000,00 in favore di ILARDI Carmelo, e pari ad €10.000,00 in favore di ILARDI Car- lo;- quantificando in €4.178.00, oltre I.V.A. e C.P.A., le spese processuali complessivamente sostenute da ILARDI Filippo e CASCIO Antonina, e rispettivamente in €3.300,00, oltre I.V.A. e C.P.A., le spese processuali sostenute da ILARDI Angelina, ed infine in €4.178,00, oltre I.V.A. e C.P.A., le spese processuali complessivamente sostenute da ILARDI Ilardi Carmelo e ILARDI Ilardi Carlo. IMPUTATIdel delitto p. e p. dagli artt.113 - 589 C.p. per avere, in cooperazione tra loro, nella loro qualità di Medici specialisti in pediatria in servizio presso il Divisione Pediatria dell’Ospedale “Umberto I°” nella città d ENNA – MARGANI Salvatore, e EMMA Federico – e di Primario dello stesso Divisione – PULEO Edoardo, che ebbero in cura la minore ILARDI Michela in quanto ivi ricoverata dal 10.6.1996 al 21.6.1996, in regime di “day hospital” il giorno 28.6.1996, e poi ulteriormente ricoverata dal 4.7.1996 al 5.7.1996, cagionato la morte della medesima minore, che si verificava presso il Divisione di Rianimazione dell’ “Ospedale dei Bambini” nella città di Palermo, per “arresto cardiocircolatorio in soggetto in coma profondo in corso di verosimile sindrome di Reye, correlata all’assunzione di ASA”, per colpa consistita in imrelazione e negligenza professionali nel diagnosticare e curare le patologie della medesima Ilardi, ed in particolare formulando una diagnosi di “corea reumatica ed insufficienza mitralica reumatica” non documentata dai dati clinico-laboratoristici riportati nella cartella clinica (negatività degli indici specifici di infezione streptococcica) ed alla conseguente somministrazione di farmaci antinfiammatori (ASA) - pur essendo negativi gli indici specifici di flogosi (PCR, VES) - senza prendere in considerazione i fattori di rischio di insorgenza della Sindrome di Reye (età della bambina, uso di ASA, iniziale elevazione delle transaminasi – specie delle GPT – salicilemia elevata), che avrebbero imposto l’immediata so- spensione dell’ASA e il controllo della salicilemia dopo 24-48
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ore;ed inoltre omettendo – dopo l’aggravamento del quadro clinico seguito al nuovo ricovero del 4.7.1996 – di effettuare imme- diatamente esami ematochimici volti a chiarire la genesi dei disturbi, e prescrivendo nell’occasione una terapia con infusioni venose glucosate e clorosodica e “Diazepam” non sorretta da un orientamento clinico preciso, e comunque inadeguata alla gravità delle condizioni cliniche della paziente.In Enna, dal 10.6.1996 al 5.7.1996 (decesso avvenuto in Palermo il 19.7.1996).
Parti civili costituite:
1) ILARDI Filippo (n. a VALGUARNERA - prov. EN, il 14/ 4/ 1943), difeso dall’Avv. Fabrizio SIRACUSANO di fiducia;
2) CASCIO Antonina (n. a VALGUARNERA - prov. EN, il 14/ 8/ 1951), difesa dall’Avv. Fabrizio SIRACUSANO di fiducia;
3) ILARDI Carmelo (n. a ENNA, il 4/ 12/1970), difeso dall’Avv. Viola SORBELLO di fiducia;
4) ILARDI Carlo (n. a VALGUARNERA - prov. EN, il 27/ 2/ 1972), difeso dall’Avv. Viola SORBELLO di fiducia;
tutti residenti in VALGUARNERA (prov. EN), via Mazzini n.140; 5) ILARDI Angelina (n. a ENNA, il 19/ 6/1975, res.nte in VALGUARNERA via Matera n°5), difesa dall’Avv. Massimo D’URSO di fiducia;
CONCLUSIONIIl rappresentante dell’Ufficio del PROCURATORE
GENERALE (all’udienza del 10 giugno 2004): ha chiesto, in via
principale la conferma della sentenza appellata; in subordine,
concesse agli imputati le attenuanti generiche, dichiararsi
l’estinzione del reato loro ascritto per intervenuta prescrizione.
I difensori delle parti civili costituite, hanno chiesto:
per i Sigg. ILARDI Filippo e CASCIO Antonina (Avv. Fabrizio
SIRACUSANO: vedi comparsa conclusionale depositata all’udienza
del 10 giugno 2004): ha chiesto che la Corte confermi la sentenza di
condanna nei riguardi di tutti gli imputati, anche nella parte relativa
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alle statuizioni civili, inclusa la condanna al pagamento della
liquidazione provvisionale, già dichiarata esecutiva dal primo
Giudice. Con vittoria di spese e competenze dovute per l’assistenza
difensiva resa nel presente grado, secondo la specifica riportata
nella nota-spese depositata;
per la Sig.ra ILARDI Angelina (Avv. Massimo D’URSO: vedi
comparsa conclusionale depositata all’udienza del 10 giugno 2004):
ha chiesto che la Corte confermi la sentenza di condanna nei
riguardi di tutti gli imputati, anche nella parte relativa alle statuizioni
civili, inclusa la condanna al pagamento della liquidazione
provvisionale, già dichiarata esecutiva dal primo Giudice. Con vittoria
di spese e competenze dovute per l’assistenza difensiva resa nel
presente grado, secondo la specifica riportata nella nota-spese
depositata;
per i Sigg. ILARDI Carmelo e ILARDI Carlo (Avv. Viola
SORBELLO: vedi comparsa conclusionale depositata all’udienza del
10 giugno 2004): ha chiesto che la Corte confermi la sentenza di
condanna nei riguardi di tutti gli imputati, anche nella parte relativa
all’accordato risarcimento dei danni biologico e morale patiti dai
Sigg. ILARDI Carmelo e ILARDI Carlo, con vittoria di spese e
competenze dovute per l’assistenza difensiva resa nel presente
grado, secondo la specifica riportata nella nota-spese depositata.
I difensori degli imputati, hanno chiesto:
- per il Dottor EMMA Federico (Avv. Gaetano CANTARO,
all’u- dienza odierna): ha concluso per l’accoglimento dei motivi
d’appello depositati, richiamando le valutazioni in fatto e diritto
partitamente illustrate nell’ “intervento difensivo” scritto depositato in
udienza;
- per il Dottor PULEO Edoardo (Avv.ti Francesco TAVELLA e
Raffaele PALERMO, all’udienza odierna): hanno concluso per l’acco-
glimento dei motivi d’appello depositati, chiedendo la riforma della
sentenza appellata e l’assoluzione dell’imputato con ampia formula;
4
- per il Dottor MARGANI Salvatore (Avv. Francesco
TAVELLA, all’udienza odierna): ha concluso per l’accoglimento dei
motivi d’appello depositati,chiedendo la riforma della sentenza
appel-
lata e l’assoluzione dell’imputato con ampia formula;
MOTIVI IN FATTO E DIRITTO1) IL PROCESSO DI PRIMO GRADO
Con sentenza 28/2–18/ 5/2002 il Tribunale Penale di ENNA in
composizione monocratica, all’esito dell’esame delle risultanze pro-
cessuali – e specificamente delle indagini specialistiche disposte
nella fase delle indagini preliminari, anche mediante assunzione di
un incidente probatorio, per quanto è previsto dall’art.392, lett. “f)”
C,p.p.), e delle deposizioni rese nel corso dell’istruttoria
dibattimenta- le nel primo giudizio, dai genitori della piccola ILARDI
Michela, ed all’esito delle dichiarazioni utilizzabili rese dagli stessi
imputati – valutava adeguatamente dimostrata la responsabilità dei
sanitari Dottori MARGANI Salvatore, EMMA Federico e PULEO
Edoardo, nei cui riguardi l’Ufficio del Pubblico Ministero presso lo
stesso Tribunale di ENNA aveva esercitato l’azione penale, in
relazione alle rispettive qualifiche professionali di Medici addetti alla
Divisione Pediatria dell’Ospedale civico “Umberto I°” nella città di
Enna (i primi due), e di Primario del medesimo Divisione (il terzo),
per il delitto di omicidio colposo in danno della minore, verificatosi
all’interno del Divisione Rianimazione dell’Ospedale pediatrico nella
città di PALERMO il giorno 19/ 7/1996: e li condannava, ciascuno,
alla pena di anni due di reclusione, condizionalmente sospesa, ed al
risarcimento del danno cagionato ai prossimi congiunti della
bambina deceduta (i genitori, ILARDI Filippo e CASCIO Antonina, ed
i fratelli, ILARDI Angelina, Carlo e Carmelo), liquidando in favore
delle medesime parti civili una provvisionale determinata in
complessivi €80.000,00.
5
Il Tribunale assolveva invece la Dottoressa Maria CALVINO,
medico specialista addetta allo stesso Divisione – nei cui riguardi era
stata pure esercitata l’azione penale dal P.M. in primo grado – ai
sensi dell’art.530 cpv. C.P.P. (per non avere commesso il fatto).
In particolare, il Giudice di primo grado, pronunciandosi in
ordine ad alcune eccezioni di rito formulate in via preliminare dai
difensori degli imputati – i quali avevano dedotto la nullità del decreto
di rinvio a giudizio emesso dal Giudice dell’Udienza Preliminare
(sotto il profilo della nullità dei verbali delle dichiarazioni rese dai
medesimi imputati nel corso delle indagini preliminari), ed avevano
inoltre rilevato (ed eccepito) la sussistenza di un’ipotesi di incompati-
bilità vietata dall’art.34 C.P.P. nei riguardi del Giudice per le Indagini
Preliminari per avere lo stesso magistrato nell’esercizio di tale fun-
zione, dapprima rigettato la richiesta per l’archiviazione della notizia
di reato formulata dall’Ufficio del P.M., e successivamente ammesso
l’incidente probatorio con il quale (nel corso delle stesse indagini
preliminari) erano state acquisite le indagini specialistiche in esito
alle cui risultanze il G.U.P. aveva disposto il rinvio a giudizio - le
valutava irrilevanti, sul rilievo che “…l’eventuale nullità dei verbali di
dichiarazioni rese dagli odierni imputati nel corso delle indagini
preliminari può rilevare al fine di valutare la loro utilizzabilità ma non
si traduce in un’invalidità degli atti conseguenti”;
e, in relazione alla dedotta incompatibilità, la riteneva insussi-
stente “attesa l’unicità della fase che concerne le indagini
preliminari”, e in ogni caso rilevava che “l’eventuale violazione della
norma citata non determina alcuna invalidità degli atti, in quanto non
si traduce in un difetto della capacità del giudice, da intendere quale
difetto dei requisiti necessari per lo svolgimento della funzione
giurisdizionale”.
Avendo poi ulteriormente rilevato, e dedotto, la difesa degli
imputati l’inutilizzabilità delle prove assunte nel corso del medesimo
incidente probatorio, per essere stato espletato detto incombente
6
istruttorio in data successiva alla scadenza del termine massimo di
durata delle indagini preliminari, il Tribunale parimenti respingeva la
eccezione, sul rilievo che “la fissazione di un termine per lo
svolgimento delle indagini riguarda le sole indagini svolte
autonomamente dal P.M. e non quelle ulteriormente compiute su
indicazione del G.I.P. (…) atteso che con l’ulteriore richiesta di
indagini da parte del G.I.P. inizia a decorrere un nuovo termine per
lo svolgimento delle medesime”.
Con riguardo, poi, all’altra eccezione di inutilizzabilità delle
prove assunte con l’incidente probatorio “senza il contraddittorio
degli imputati” formulata dalla difesa, ha rilevato il primo Giudice che
per effetto della modifica alla disciplina del predetto mezzo di
assunzione anticipata della prova (art.403, comma 1/bis C.P.P.,
introdotto dall’art.5 L.7/ 8/1997 n.267), il divieto di utilizzabilità nella
fase dibattimentale deve intendersi riferito unicamente all’ipotesi
dell’imputato “raggiunto solo successivamente da indizi di colpevo-
lezza, salvo che ne sia impossibile la ripetizione”: ha ritenuto dunque
il Tribunale che nella fase in cui il procedimento penale era iscritto
“nei confronti di persone da identificare”, era stata assunta (nelle
forme dell’incidente probatorio) un’indagine peritale, espletata peral-
tro su base esclusivamente documentale: cosicché, ricadendo
l’accertamento specialistico nell’ambito delle indagini ripetibili, “ l’uni-
ca sanzione prevista in questo caso è rappresentata dall’inutilizza-
bilità delle prove assunte con l’incidente probatorio”, peraltro
formalmente dichiarata dal Tribunale, con l’ordinanza dibattimentale
letta all’udienza dell’11/10/2000 (v. la trascrizione della registrazione
fonografica dell’udienza, atto n°115 del fascicolo dibattimentale
formato in primo grado), nella quale il Giudice monocratico penale di
ENNA ha espressamente rilevato che “…nel caso di specie la prova
svolta con l’incidente probatorio risulta ripetibile in quanto effettuata
sulla base di documentazione medica”, ma ne ha escluso l’utilizza-
bilità nei riguardi di tutti gli imputati, dato che questi non avevano
partecipato all’assunzione dell’incidente probatorio non essendo stati
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ancora iscritti dall’Ufficio del P.M. nel registro degli indagati (v. p. 46
della trascrizione ut supra, atti n°115 dibattimento primo grado).
Nella stessa udienza, il primo Giudice ha poi rigettato la
richiesta di ammissione di prova formulata dal P.M. – limitatamente
alla audizione degli specialisti (Dottori Angelo RIZZO e Paola
PUGNETTI) nominati quali Periti con l’incidente probatorio il cui ver-
bale era stato contestualmente dichiarato inutilizzabile – sul rilievo
che “…. sarebbero chiamati a riferire in ordine a valutazioni che,
seppure non specificamente riferibile ai predetti imputati, indiretta-
mente concernerebbero le posizioni degli odierni imputati sulla base
di un’attività svolta nel corso del predetto incidente probatorio” (cfr.,
(v. p.61 della trascrizione cit., atti n°115 dibattimento primo grado).
Sulla base delle risultanze della prova testimoniale assunta nei
riguardi dei genitori della bambina, e dell’esame della documenta-
zione clinica acquisita dall’Ufficio del P.M. nel corso delle indagini
preliminari, il primo Giudice, valutando la successione degli eventi
che avevano accompagnato la progressione dello stato patologico
inizialmente diagnosticato a carico della piccola Michela ILARDI,
rilevava:
- che l’insorgenza della condizione patologica all’esito della
quale si è verificato il decesso della minore, era stata preceduta (nei
mesi immediatamente precedenti) da altre patologie, ed esattamen-
te:
a) una manifestazione di varicella, insorta nell’arco temporale
ricompreso tra il mese di dicembre 1995 ed il gennaio 1996, guarita
all’esito di un trattamento farmacologico;
b) successivamente, un dolore all’orecchio particolarmente
intenso, manifestatosi nel mese di marzo 1996, parimenti trattato
farmacologicamente;
c) una epistassi insorta nel mese di maggio 1996, anch’essa
inizialmente trattata con farmaci, la cui somministrazione era stata
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peraltro sospesa perché la bambina aveva riferito di avvertire una
condizione di dolorabilità “sotto la lingua”;
d) ed ancora la comparsa – nel periodo tra il maggio ed il
giugno 1996 – di evidenti anomalie comportamentali, caratterizzate
da movimenti incontrollati (e “tic”), sintomatologia in relazione alla
quale era stato suggerito alla madre della bambina di farla
sottoporre ad una visita specialistica (incaricando un neuropsichiatra
infantile).
1.2) La deposizione dei genitori di Michela ILARDI nel giudizio di primo grado.
Per quanto ha dunque riferito la madre della piccola Michela,
CASCIO Antonina, nella deposizione resa nella medesima udienza
dell’11/10/2000, ella – avendo rilevato l’aggravamento delle
condizio- ni della figlia – nei primi giorni del mese di giugno 1996 (il
giorno 5 o il 6), su espresso suggerimento del medico curante “di
base” della bambina che aveva prescritto di farla visitare da uno
specialista “(neuro) psichiatra infantile”, l’aveva condotta all’ospedale
di ENNA, dove le fu detto che non essendo stato istituito in tale
presidio il Servizio di N.P.I. doveva rivolgersi all’Unità Sanitaria
Locale di riferimento: recatasi quindi con Michela presso la U.S.L.,
venne ricevuta da una psicologa, la quale a sua volta le disse che
per la visita da parte di uno specialista “psichiatra” avrebbe dovuto
tornare il successivo 24 giugno 1996, cosicchè la ricondusse a casa
(v., p.65 della trascrizione cit., atti n° 115 dibattimento primo grado).
Peraltro, essendo ulteriormente peggiorata la condizione di
Michela, il lunedì successivo a quel primo contatto rimasto senza
esito (il 10 giugno 1996, che cadeva nella giornata di lunedì:?) la
Cascio ed il marito l’avevano condotta all’ospedale di Enna, dove
incontrarono gli odierni appellanti Dottori MARGANI ed EMMA, i
quali ancora prima di visitarla (“in corridoio”) chiesero di essere
informati sulle condizioni della figlia, e sulla base della descrizione
dei sintomi manifestati dalla bambina, formularono l’ipotesi che
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avesse contratto “una corea” (“reumi nel sangue”: v., p. 66 trascriz.
cit.), diagnosticandole inoltre “un soffio al cuore”: essendosi poi
accorti che Michela indossava delle calzature “correttive”, vollero
essere informati sulle ragioni di tale utilizzo, cosicchè li avevano pure
informati che la bambina era affetta dalla patologia denominata
“Sindrome di Carchot Marie” per la quale “veniva controllata
all’estero” e, su espressa richiesta dei medesimi sanitari, essi gli
avevano portato in visione la documentazione clinica relativa ai
controlli ed alle terapie che erano state praticate alla bambina dal
centro specialistico che l’aveva seguita (dall’agosto 1995: l’Istituto
universitario belga, “Cliniques Universitaires St-Luc” nella città di
BRUXELLES: cfr., la relativa documentazione clinica in atti).
Nella stessa circostanza la bambina era stata visitata dall’altro
appellante Dottor Puleo – il quale fece assistere anche il Margani e
l’Emma – ed al termine della visita aveva confermato la presenza del
“soffio al cuore”, prescrivendo alla piccola una terapia farmacologica
(“…Hanno iniziato una cura, ….., a base di cortisone, punture mat-
tina, sera, compresse, Serenase goccine ….”), che dopo qualche
giorno aveva indotto un deciso miglioramento nelle condizioni
generali della bambina (“dopo tre, quattro giorni stava bene la
bambina, ha ripreso a mangiare e tutto”: p. 67 trascriz. cit.).
Il 15 giugno venne praticata alla piccola una iniezione di “penni-
cillina”, accompagnata dalla sospensione del “cortisone”, e nei giorni
immediatamente successivi le sue condizioni manifestarono un
ulteriore sensibile peggioramento (“Dopo due giorni ha avuto il
vomito, ha cominciato a vomitare, tutto il giorno a vomitare, a
vomitare”), senza che la comparsa di questa sintomatologia avesse
suscitato particolare allarme nei suddetti sanitari, nonostante la
Cascio si mostrasse particolarmente preoccupata per lo stato della
figlia (“Io mi preoccupai perché vomitava spesso, loro mi vedevano
nel corridoio e nessuno si preoccupava a dire, ^Signora cosa c’è, ora
vediamo, le diamo qualcosa^, niente. Poi non ce l’ho fatta più, li ho
fatti chiamare da una signora che era accanto nell’altra stanza.. …
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Era già la sera, un giorno che vomitava la bambina. E questo
Margani si è deciso e ci ha messo la flebo tutta la notte”).
Avendo successivamente rilevato che la bambina si era ripresa
(seppure solo leggermente),i sanitari che ne avevano seguito l’evolu-
zione clinica, il successivo 19 giugno comunicarono alla Cascio che
avevano deciso di dimetterla, iniziativa che ella peraltro aveva condi-
viso (“…. mi fanno, … ^Signora, ora la dimettiamo, cambiamo la cura
e se ne va a casa”. Ma io una volta che la bambina stava di nuovo
meglio, non aveva i movimenti, non vomitava più, per me, dico, ^Va
bene, ce ne andiamo a casa, come dite voi, voi siete i medici”: p. 68
trascriz.cit.): Michela era stata quindi dimessa (il 21 giugno), con una
modifica della terapia farmacologica (“…hanno dato altre cure, il
Cemirit e le punture di Ampicillina …. la cura per casa”).
Successivamente all’assunzione del primo dei nuovi farmaci
che erano stati prescrtti alla piccola Michela (il “Cemirit”), era insorto
nella bambina uno stato febbrile, che si era manifestato il giorno pri-
ma della dimissione dall’ospedale (“… la sera la prima volta che
…..ha preso il Cemirit la bambina stava malissimo, ma io non è che
pensavo che era la medicina. All’indomani ci hanno dimesso però la
bambina aveva la febbre, ….., avevano deciso di mandarci ci hanno
mandato a casa”).
Nei giorni successivi al rientro nella residenza familiare, la
Cascio somministrò regolarmente alla figlia i farmaci che le erano
stati prescritti, ma le sue condizioni non migliorarono, ed anzi ella si
avvide che Michela presentava delle eruzioni cutanee alle estremità
degli arti (superiori e inferiori: “Dopo quattro giorni ..aveva delle
bollicine nelle mani e nei piedi, e gonfiati, li aveva pure gonfiati “).
Essendosi quindi preoccupati per questo ulteriore peggiora-
mento, i genitori decisero di condurre nuovamente Michela nel presi-
dio ospedaliero ennese in cui era stata precedentemente ricoverata,
dove furono ricevuti dal sanitario in servizio di turno Dottoressa
Maria CALVINO, la quale, essendo stata informata che la bambina
aveva presentato eruzioni cutanee, li invitò a tornare il giorno
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successivo per sottoporla ad “accertamenti”:nello stesso frangente,
peraltro, essi incontrarono l’appellante MARGANI, il quale – dopo
che la Cascio lo informò espressamente della nuova sintomatologia
– li invitò a ripresentarsi direttamente il venerdì della stessa
settimana (invece che l’indomani, come aveva proposto la
Dottoressa Calvino) per fare coincidere la visita con la giornata in cui
era stato in precedenza fissato il primo controllo (da effettuarsi in
“day hospital”), dopo la dimissione della piccola dal precedente
ricovero, (“…arriva Margani, appena mi vede che ero in infermeria
mi viene incontro, dice, ^Cosa c’è?^, e spiego il fatto. E mi fa, ….,
^Ma non c’è bisogno che viene domani, tanto venerdì…^, era
mercoledì, dice, ^…venerdì dobbiamo fare il controllo day hospital,
venerdì se ne parla^ : cfr., p. 69 trascriz. cit.): e, avendogli mostrato
la Cascio in quale stato fossero le mani di Michela, egli la rassicurò
invitandola ad applicare sulle eruzioni una “pomatina”, e ad
assumere uno “sciroppino”, cosicchè ella ricon- dusse la figlia a
casa.
Nei giorni successivi all’incontro in ospedale con il Margani –
che aveva rinviato la visita alla data originariamente programmata
all’atto della dimissione di Michela dal precedente ricovero – la bam-
bina aveva tuttavia accusato un ulteriore aggravamento delle sue
condizioni, manifestando una forte sonnolenza (“era sempre stanca”:
cfr., p.70 trascriz.cit.).
Il successivo 28 giugno, secondo le indicazioni del MARGANI,
Michela venne ricondotta in ospedale per la visita programmata nel
corso della quale – per quanto la Cascio ha pure riferito – venne
praticato alla bambina un prelievo di sangue per analizzarlo:
peraltro, la comunicazione dell’esito degli esami tardava ad arrivare,
cosicchè ella decise di trattenersi in ospedale con la figlia anche nel
pomerig- gio, sino a quando non avesse saputo qualcosa di preciso
al riguardo.
Alla fine della mattina, invece, la Cascio fu avvicinata nuova-
mente dal MARGANI, che la invitò per un colloquio riservato (“…mio
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marito se ne va a mezzogiorno, verso l’una meno un quarto viene il
dottore Margani con i risultati e mi dice, ^Signora, venga di là che
assieme decidiamo se cambiarla la cura o continuarla”).
Nella circostanza,ella vide che il MARGANI era atteso dagli altri
appellanti PULEO ed EMMA, i quali la invitarono ad attendere
all’esterno della sala in cui essi si incontrarono: terminato il consulto,
la convocarono comunicandole che avevano deciso di proseguire la
terapia in corso di somministrazione, ed avevano solamente variato
il dosaggio del farmaco denominato “Cemirit” (che venne ridotto di
mezza compressa sul totale di due e mezza: “…Vado di là ed erano
in riunione Puleo, Emma e Margani, e mi dicono di aspettare nel
corridoio. Io aspetto poi mi chiama e mi fa, ^Signora, noi abbiamo
deciso, questa cura si deve continuare perché sua figlia ne ha molto
di bisogno, per cui non possiamo neanche cambiarla perché non
sappiamo che effetto fa l’altra terapia, per cui deve continuare.
Sospendiamo di mezzo…^, cioè darcene mezza in meno, in cambio
di due e mezza venivano due… Il Cemirit sì, il Serenase doveva
continuare e l’Ampicillina la dovevo fare entro i venti giorni”: cfr., p.71
trascriz.cit.).
La Cascio ha inoltre riferito nella citata deposizione resa in
primo grado (all’udienza dell’11/10/2000) che ella richiamò espres-
samente l’attenzione (del MARGANI) sulla possibilità che Michela
con le richiamate “eruzioni cutanee” manifestasse una reazione
aller- gica a qualcuno dei predetti farmaci,ma tale indicazione non
modificò l’orientamento terapeutico che il Margani le aveva
comunicato (“Dico, ^Però lo vede come c’ha le mani la bambina, per
me…^ gli ho detto, ^è allergica a queste medicine^. Dice, ^Purtroppo
ne ha di bisogno e la deve continuare^)
Nello stesso frangente – sempre a detta della Cascio – ella
aveva incontrato casualmente l’imputato Puleo, il quale si informò a
sua volta per sapere quali indicazioni terapeutiche le avesse dato il
MARGANI, ed avendo appreso che questi le aveva detto di
prosegui- re la terapia in corso di somministrazione, invitandola a
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ricondurre la bambina in ospedale qualora la sua condizione fosse
peggiorata, anch’egli la rassicurò.
All’esito di tali colloqui, la Cascio decise di ricondurre a casa la
figlia, nonostante fosse consapevole che la bambina continuava a
stare male (“Me ne sono andata, ho preso la bambina, nel corridoio
c’era il dottore Puleo che passeggiava come un disperato, appena
mi ha visto uscire mi fa, ^E allora che cosa le ha detto il mio collega?
^, ^Mi ha detto di continuare la cura e se la bambina sta male la
deve riportare^, ^Ah, va bene, meglio così^. Mi ha detto”).
Nei giorni successivi, peraltro, lo stato fisico di Michela si era
aggravato ulteriormente a causa della perdurante grave stanchezza
che la affliggeva, cosicché la madre decise di informare telefonica-
mente l’imputato Margani dell’ulteriore peggioramento manifestato
dalla bambina, comunicando con lui sulla utenza di telefonia mobile
che lo stesso appellante le aveva lasciato in occasione della visita
del 28 giugno: in tale circostanza, l’appellante le fornì (sempre telefo-
nicamente) l’indicazione terapeutica di sospendere la somministra-
zione del farmaco “Cemirit”, e le prescrisse di somministrarle l’altro
farmaco “Zantac”, la cui assunzione – almeno inizialmente –
determi- nò la regressione del vomito, seppure le condizioni generali
della bambina permanessero gravi (“Dopo due, tre giorni la bambina
si sente di nuovo male con il vomito. Telefono al dottore Margani che
mi aveva dato il suo numero del cellulare, il 28, dicendomi che se la
bambina stava male di telefonargli che lui mi avrebbe detto quello
che si doveva fare. E mi disse di sospendere il Cemirit e dare
un’altra medicina che si chiamava Zantac.. E così ho fatto. La sera ci
ho dato quella compressa, la mattina non aveva più il vomito però la
bambina non riusciva neanche ad alzarsi, ed era il giorno di fare la
puntura di Ampicillina che dovevo fare. Dico, ^Ma che devo fare, non
so cosa devo fare, se fargliela, se non fargliela^. Ho chiamato
l’infermiere, dico, ^Facciamola, se hanno detto venti giorni la
facciamo^, e ci ho fatto questa puntura verso le undici, così. Ma la
14
bambina stava malissimo. Non vomitava più. Però non riusciva né a
mangiare, non ingoiava”: cfr., p.72 trascriz.cit.).
Peraltro, nonostante la somministrazione dei suddetti farmaci,
Michela iniziò ad accusare una sintomatologia caratterizzata dalla
comparsa di uno stato di allucinazione, consistente nella visione di
“scarafaggi” nel suo letto: pertanto, i genitori decisero di ricondurla
nuovamente nella Divisione ospedaliera in cui gli odierni appellanti
prestavano servizio, dove questa volta furono accolti dall’imputato
Emma – che nella circostanza prestava servizio come medico di
turno dello stesso reparto – il quale, verificato lo stato della bambina,
ne dispose l’immediato ricovero, facendole somministrare (per via
endovenosa) il farmaco “Valium”, che la fece addormentare.
Nel corso della degenza durante la stessa notte, Michela iniziò
a manifestare atteggiamenti aggressivi nei riguardi della madre che
si era trattenuta in ospedale per assisterla (“Arrivata nel letto la
bambina dopo mezz’ora incominciò a diventare violenta, mi ha ac-
chiappato per i capelli, mi ha morsicato le mani, non riuscivo a
fermarla, l’hanno fatta diventare una belva. Cercavo di chiamare il
medico, dico, ^Ma chiamatelo questo medico^, ci ha messo la flebo
ed è scomparso. Poi è venuto alle otto, dopo due ore che la bambina
gridava e non facevano altro che darci goccine di serenase per
tenerla calma”: cfr., p.73 trascriz. cit.).
La Cascio ha poi precisato che nel seguito della notte, nono-
stante ella fosse ripetutamente intervenuta per “sensibilizzare” in
particolare il suddetto medico in servizio “di turno” (l’imputato EMMA)
sulla gravità delle condizioni della figlia, questi persistette a manife-
stare un atteggiamento di insofferenza nei suoi riguardi: e in ogni
caso, egli si astenne dall’assumere specifiche determinazioni, sia
riguardo alla terapia farmacologica che aveva disposto venisse
somministrata alla piccola Michela, sia sul piano diagnostico, per
accertare le cause dell’evidentissimo peggioramento delle condizioni
della bambina (“…mio figlio l’ha presa in braccio e l’ha portata nella
stanza day hospital sola, perché in quella stanza eravamo in compa-
15
gnia. La bambina…. Dice, ^dobbiamo rimettere la flebo^, fa il dottore
Emma. La bambina fa, ^No, non la voglio^. ^Ah, se fai la brava non
te la metto^, e così è stato. La bambina si è riaddormentata e lui se
n’è andato a dormire tranquillo. Verso le dieci la bambina ricomin-
ciano le crisi, di nuovo a gridare. Nel frattempo l’infermiera era an-
data via e l’ha sostituita un infermiere che sentivo che lo chiamavano
Michele nel corridoio. E allora io ho suonato per chiamare aiuto, per
vedere se c’era il medico. Siccome non veniva ho chiamato due, tre
volte ed è venuto tutto arrabbiato mi fa, ^Senta signora, i medici
hanno fatto tutto quello che dovevano fare per sua figlia, per cui stia
zitta e non disturbi^, Nel frattempo la bambina si è di nuovo
addormentata perchè le venivano le crisi e poi si calmava, poi ci
riprendevano^. Pubblico Ministero: <Ma la flebo le era stata
rimessa^? La flebo che si era tolta qualche ora prima, … Erano riu-
sciti a rimetterla?>. Teste Cascio: <No, non l’hanno rimessa più, no
non le hanno rimesso niente. Verso le undici, così, le è venuta
un’altra crisi più forte, e io ho suonato di nuovo. Questo è venuto,
dico, ^Per favore mi chiami il medico^. ^Si, subito^, perché l’ha vista
che la bambina aveva proprio quella crisi. Se ne va e torna con un
vassoio e una siringa. Dico, ^Ma cosa sta facendo?^, ^Si, me l’ha
detto il medico^, dico, ^Ma che cosa è?^, dice ^Valium^, dico, ^Ma
quanto gliene state facendo? Serenase, Valium?^. Basta, ci fa quella
puntura e la bambina si è addormentata. Ogni tanto dava una vocina
come se una è stanca, gridava un po’, però non forte con tutta
l’ener- gia come aveva prima. Verso le sei vedevo che si muoveva di
nuovo. Dico, qua siamo, le crisi di nuovo, e la chiamavo, dico, ora si
dovreb- be svegliare> … La chiamavo, ^Michela, Michela^, non mi
risponde- va. Ho chiamato mio marito, dico, ^Vieni subito^. E’ venuto
mio figlio, mio marito. Poi si è fatta addosso, si è fatta la pipì
addosso. Nel frattempo era smontato l’infermiere, e montato di
nuovo una infermie- ra. Ho chiesto le lenzuola per cambiare il letto.
Abbiamo cambiato il letto e la bambina non si svegliava. L’abbiamo
presa in braccio, nien- te. Verso le otto cominciano a venire i medici.
16
E’ venuto Emma per primo, viene nella stanza, dice, ^E lasciatela
riposare mentre che riposa^, e se n’è andato, senza guardarla,
senza toccarla e senza niente. Tutti venivano, la stessa cosa, la
guardavano e se ne anda- vano. Poi mio marito dice, ^Ma insomma
che sta succedendo qua, me lo volete dire cosa sta succedendo?^.
Quella signora, la dottores- sa Calvino ci ha fatto capire, ^Se ve la
volete portare a casa ve la potete portare^. Mio marito dice, ^Cosa?
Dopo un mese che la curate mi venite a dire se ve la volete portare o
non ve la volete portare. Cercate di curarla e mandarla dove potete
salvarla la mia bambina^. Dice, ^Non possiamo fare niente se non
viene Puleo^. Aspettavano Puleo, il primario, che è arrivato verso le
nove, le nove e mezzo. Quando è arrivato il primario hanno
incominciato a metterla nella barella per farci
l’elettroencefalogramma, ….., a mezzo giorno decidono di portarla in
rianimazione. Hanno fatto la TAC e ci hanno detto che si doveva
trasportare a Palermo. Verso le due siamo partiti per Palermo. A
Palermo per la prima volta ci hanno detto che la bambina aveva
questa Sindrome di Reye”:cfr.,pp.74-76 trascriz. cit.).
Ha inoltre precisato la madre della piccola Michela che al
momento di dimetterla per trasferirla in un altro presidio ospedaliero
maggiormente attrezzato del presidio ennese (nella specie, era stato
individuato l’ “Ospedale dei bambini” nella città di PALERMO) per
praticare alla bambina il “trattamento” che si rendeva necessario in
relazione alle (gravissime) condizioni in cui ella versava in quel
momento, l’appellante PULEO le aveva riferito che la figlia si trovava
“in coma” (“…Puleo ce l’ha detto che era in coma, non grave ci
aveva detto. … Dopo che l’ha visitata quando ci dovevano fare
l’elettroencefalogramma che dovevano entrare nella stanza e non
avevano la doppia presa, la doppia spina ci ha detto che era in coma
la bambina >”: cfr., p.78 trascriz.cit.).
Peraltro, Michela era giunta nel presidio palermitano in uno sta-
to irrimediabilmente compromesso, cosicchè non le venne praticato
nessun trattamento né terapeutico,né diagnostico (“Pubblico Mini-
17
stero: <…quindi appena siete arrivati a Palermo l’hanno visitata?>.
Teste Cascio: <Si, appena l’hanno visitata .. ci hanno chiamato e ci
hanno detto che…>. Pubblico Ministero: <In che condizioni era
quando è stata trasportata a Palermo?>. Teste Cascio: <Malis-
simo>. Pubblico Ministero: <Ma le hanno detto se era in coma,
oppure no?>. Teste Cascio: <Era in coma>….. Pubblico Ministe- ro: <E per quanto tempo è stata ricoverata a Palermo la bambina?>
Teste Cascio: <Quindici giorni>. Pubblico Ministero: <E durante
questi quindici giorni cosa è successo? E’ continuato sempre il
coma?>. Teste Cascio: <Niente, sempre la stessa a Palermo ci
hanno detto che la bambina era morta, e basta ... non c’era più nien-
te da fare>: cfr., p.77 trascriz.cit.).
Rispondendo poi alla domanda specificamente rivoltagli dal primo
Giudice, la madre della piccola Michela ha riferito che la sommi-
nistrazione del farmaco denominato “Aspirina” (rectius, nella fatti-
specie si è trattato dell’altro farmaco – anch’esso composto con una
base di salicilato – denominato “Cemirit”) ebbe inizio dal giorno 20
giugno 1996 immediatamente precedente quello in cui la bambina
era stata dimessa dall’ospedale di Enna (il 21 giugno 1996):ed ha
precisato che il suddetto medicinale venne somministrato alla figlia –
secondo il dosaggio che le era stato prescritto all’atto della dimis-
sione ospedaliera – anche nel periodo in cui la bambina era stata
curata presso la loro residenza familiare, unitamente ad altri farmaci
(il “Serenase”, ed un farmaco a base di “Ampicillina”: cfr. pp. 101-
102 trascriz. verbale ud 11/10/2000. cit.)
Esaminato a sua volta come testimone nella stessa udienza
dell’11/10/2000, in qualità di persona offesa-querelante (costituito
parte civile nel presente giudizio), il padre della piccola Michela,
ILARDI Filippo, ha confermato le circostanze fondamentali sullo svol-
gimento dei fatti che assumono specifica rilevanza ai fini del giudizio
demandato a questa Corte;
ed ha, in particolare, precisato che la somministrazione del
farmaco “Cemirit” venne sospesa solamente dal 3 luglio 1996, data
18
nella quale l’imputato MARGANI aveva fornito questa indicazione
nella circostanza in cui la Cascio l’aveva interpellato per via telefoni-
ca, segnalandogli l’ulteriore aggravamento delle condizioni della
figlia (“Avv. D’Urso P.C.: <Quando fu interrotta definitivamente la
terapia con Cemirit?>. Teste Ilardi: <….il giorno che ho telefonato al
dotto- re Margani….Il 3 luglio… al 3 sera lui ha sospeso>” (cfr.,
p.123 trascriz.cit.)..
Ha inoltre chiarito il teste ILARDI (Filippo) che la diagnosi
formulata all’atto del primo ricovero della piccola Michela, era stata
quella di “corea reumatica e insufficienza mitralica reumatica o
cardi-
te reumatica”).
1.3) La perizia disposta in primo grado (Prof. Palazzo Adriano – Dott. Scalici).
Nella richiamata udienza dibattimentale dell’11/10/2000, il
primo Giudice ha poi disposto ex officio (ai sensi dell’art.507 C.p.p.)
una relazione collegiale,incaricando gli specialisti Prof.Mario PALAZ-
ZO ADRIANO e Dott. Eduardo SCALICI (rispettivamente, docente
universitario nella materia della farmacologia e specialista nel campo
della medicina legale),i quali all’esito delle indagini svolte, risponden-
do ai quesiti formulati dal Giudice monocratico penale del Tribunale
di ENNA, nella relazione peritale depositata l’8/ 5/2001, hanno
espresso le seguenti valutazioni sul caso in esame:
1) la causa del decesso della bambina è stata individuata in un
“arresto cardiocircolatorio in soggetto con sindrome di Reye”) (rispo-
sta al 1° quesito formulato dal Tribunale);
2) l’esame della documentazione sanitaria (e clinica) acquisita
al fascicolo processuale induce a ritenere che “non vi fossero
presupposti certi clinici per ..porre la diagnosi di malattia reumatica,
ma solamente la presenza di movimenti incoordinati ed involontari
tipo coreiformi, in assenza di una diagnosi precisa di Corea di
Sydenham) (risposta al 2° quesito formulato dal Tribunale);
19
3) in ordine alla rilevanza della somministrazione alla piccola
Michela di farmaci a base di “salicilati”, gli Ausiliari nominati in primo
grado hanno espresso la valutazione che “Il rilievo di una salicilemia
di 43 mg/dl al controllo ambulatoriale del 28.6.96 imponeva l’imme-
diata sospensione del trattamento con salicilato, per evitare l’insor-
genza di complicanze e non la riduzione del 20% della posologia”,
precisando inoltre che “Il rilievo di vomito protratto in soggetto con
valori elevati di salicilemia e di transaminasi doveva indurre alla dia-
gnosi ovvero al sospetto di una sindrome di Reye con immediato
ricovero della piccola in ambito ospedaliero e non la mera sospen-
sione del salicilato” (risposta al 3° quesito formulato dal Tribunale);
4) sulla idoneità del trattamento terapeutico praticato alla bam-
bina, “..non è possibile affermare od escludere che se i sanitari
dell’Ospedale di Enna avessero iniziato una idonea terapia già in
data 4.7.96 (epoca del ricovero) la piccola Ilardi Michela avrebbe
avuto possibilità di salvezza. Si ritiene, però, che, se allorquando la
piccola Ilardi Michela comimciava ad accusare episodi di vomito
(3.7.96), invece di prescrivere la sospensione del Cemirit, la piccola
fosse stata ricoverata (come già espresso in precedenza – vi erano i
presupposti clinici per un sospetto di sindrome di Reye) e si fosse
iniziata una adeguata terapia, le possibilità di salvezza sarebbero
state superiori” (risposta al 4° quesito formulato dal Tribunale).
Gli Ausiliari nominati in primo grado hanno inoltre precisato
che:
a) “La sindrome di Reye è caratterizzata da encefalopatia acuta
e degenerazione grassa del fegato, la sua incidenza è notevolmente
diminuita, essenzialmente per l’aumentata consapevolezza della
associazione altamente significativa tra questa malattia e l’assunzio-
ne di farmaci contenenti aspirina da parte di bambini con malattia
simil-influenzale o varicella”;
b) sono state rilevate, e studiate, nella pratica clinica, alcune
condizioni patologiche “che presentano un quadro clinico/anatomo-
patologico somigliante alla sindrome di Reye”, ed esattamente:
20
- b.1) varie infezioni od intossicazioni del sistema nervoso
centrale (meningite, encefalite, encefalopatia tossica);
- b.2) “Schock emorragico con encefalopatia”;
- b.3) ingestione di farmaci (salicilato, valproato);
- b.4) tossine (ipoglicina A, valproato);
diverse “malattie metaboliche”:
- b.5) Organico acidurie;
- b.6) Difetti dell’ossidazione epatica degli acidi grassi (primitivi
o secondari);
- b.7) Difetti del ciclo dell’urea;
- b.8) Fruttosemia;
- b.9) Difetti del metabolismo degli acidi grassi;
- b.10) Deficiti di Acyl-CoA deidrogenasi;
- b.11) A lunga catena (LCAD);
- b.12) A media catena (MCAD);
- b.13) A corta catena (SCAD);
- b.14) Deficit sistemico di carnicina;
- b.15) Deficit epatico di carnicina;
- b.16) Deficit epatico di carnicina palmitoiltransferasi;
- b.17) Deficit di 3-OH, 3-metilglutaril-CoA liasi.
c) la Sindrome di Reye presenta un’andamento che la pratica
clinica ha rilevato essere caratterizzato da cinque “stadi”:
c.1) gli stadi dal I° al III° rappresentano uno stato di malattia “da
lieve a moderata”;
c.2) gli stadi dal IV° al V° rappresentano uno stato di malattia
“grave, molto spesso mortale”.
d) nella fattispecie che interessa la piccola Michela ILARDI,
l’evoluzione progressivamente rilevata nelle sue condizioni induce a
ritenere (clinicamente) dimostrata l’insorgenza di una “sindrome di
Reye”, in quanto “….in corso di trattamento con acido acetilsalicilico
si è avuta la comparsa di vomito, seguito a distanza di poche ore da
delirio (la piccola vedeva scarafaggi sul letto), comportamenti etero-
aggressivi, e successivo coma”: analogamente, “… i dati di labora-
21
torio depongono per una sindrome di Reye (innalzamento delle
transaminasi, del CK, LHD e dell’ammoniemia), in assenza di segni
che potrebbero indirizzare verso una intossicazione del sistema
nervoso centrale (esclusa dagli accertamenti eseguiti durante il
ricovero), uno shock emorragico, una intossicazione da farmaci,
ovvero una malattia metabolica” (cfr., relazione Palazzo A.-Scalici
acquisita al fascicolo dibattimentale del giudizio di primo grado);
e) la diagnosi di “Corea di Sydenham” – che costituisce “..la for-
ma più comune di corea acquisita dell’infanzia ed è l’unica manife-
stazione neurologica della febbre reumatica (Nelson – Trattato di
Pediatria)”, deve essere parimenti esclusa dato che “…. non vi erano
i segni di una recente infezione da streptococco di gruppo A, la TAS”
(“titolo anticorpale, n.d.r.) “era inferiore a 200 U/l, la PCR” (indicativa
dell’”elevazione degli indici di fase reattiva acuta”) “(era) assente e lo
Streptozyme”(altro “titolo anticorpale”) “(era) negativo”: e in ogni ca-
so,“in mancanza di accertamenti specialistici eseguiti, non si è in
grado di valutare se si trattasse realmente di una corea di Sydenham
(nel qual caso, secondo i dettami dell’OMS, si poteva parlare di feb-
bre reumatica), ovvero di movimenti coreiformi da altra causa”.
Parimenti, lo studio clinico del caso in esame, non evidenzia
che siano stati rilevati i segni di una “Pregressa infezione da strepto-
cocco di gruppo A dimostrabile (coltura, antigene rapido,elevazione
anticorpale, scarlattina)“,che costituisce un indicatore necessario per
la formulazione di una diagnosi attendibile sull’insorgenza di “febbre
reumatica”: seppure i Periti nominati in primo grado abbiano espres-
samente rilevato che non risulta documentato “….che durante il rico-
vero sia stato eseguito un tampone faringeo per la ricerca dello
streptococco A Beta-emolitico, ovvero una consulenza neurologica
per valutare se si trattasse di una corea di Sydenham o di movimenti
coreiformi da altra causa” (v., relazione Palazzo – Scalici cit.);
f) valutando il profilo dell’adeguatezza del trattamento
terapeuti- co somministrato alla piccola Michela in relazione alla
richiamata dia- gnosi di “corea reumatica”, gli Ausiliari designati dal
22
primo Giudice hanno poi espressamente rilevato che “…Una
somministrazione precoce di salicilati ad un paziente che potrebbe
avere la febbre reumatica, prima che la diagnosi sia stabilita con
certezza, può mascherare la diagnosi”: ne deriva che “per questo
motivo i salicilati o altri antiinfiammatori dovrebbero essere evitati
fino a quando si sia adeguatamente definito il decorso clinico della
malattia” (cfr, relazione Palazzo – Scalici cit.);
g) per quanto concerne il dosaggio da rispettare nel caso di
somministrazione di salicilati a soggetti minorenni, ed in particolare
ai bambini (nella fascia della c.d. “prima infanzia”), i Periti nominati in
primo grado hanno riferito che i farmaci che li contengono “..dovreb-
bero essere somministrati in una dose che porti la salicilemia a 20 –
25 mg/dl”: per raggiungere tale livello nei bambini “sono necessari di
solito 90-120 mg/Kg/die in 4 somministrazioni”.
In ogni caso, nei bambini la somministrazione dei farmaci che
contengono salicilati dovrebbe essere accompagnata da un (costan-
te) monitoraggio della “salicilemia”, e da un accurato controllo della
“funzionalità epatica”, allo scopo di “ridurre la possibile tossicità, poi-
ché esiste una considerevole variazione individuale alla dose richie-
sta”. Peraltro, “..La somministrazione terapeutica di salicilati è relati-
vamente sicura anche nei bambini piccoli purchè i medici curanti, i
pazienti ed i genitori siano informati sui potenziali effetti tossici ed i
genitori siano preparati a riconoscere i segni dell’intossicazione” (v.,
relazione Palazzo – Scalici cit.);
h) il “diario clinico” della degenza ospedaliera della piccola
Michela ILARDI nella Divisione Pediatria dell’Ospedale “Umberto I°”
nella città di Enna (protrattasi dal 10 al 21 giugno 1996), riporta che
alla bambina furono somministrati i farmaci “Unasyn”, “Serenase” e
“Deltacortene”: quest’ultimo preparato, peraltro, il 20 giugno venne
sospeso, e sostituito con l’altro denominato “Cemirit” (salicilato) con
un dosaggio di 0,8 gr./die (equivalente alla somministrazione di 1 c.
+ 1/2 c. + 1 c: complessivamente, 2,5 compresse nell’arco delle 24
ore), che i Periti nominati in primo grado hanno valutato “ in linea con
23
quanto previsto nei protocolli terapeutici (90 –120 mg./kg/die in
quattro somministrazioni)”.
Peraltro, nella relativa cartella clinica, “…non vi è traccia di
alcuna determinazione della salicilemia ovvero di avvertenze date ai
genitori su eventuali complicanze, loro gravità e modalità di ricono-
scimento” (v., relazione Palazzo – Scalici cit.);
i) i dati clinico-anamnestici rilevati dai Periti incaricati dal Tribu-
nale, non consentono di individuare le cause delle eruzioni cutanee
(le “bollicine alle mani e ai piedi”) che la piccola Michela aveva accu-
sato nei giorni immediatamente successivi alla dimissione ospeda-
liera: in particolare, “..Non si è in condizioni di accertare se questa
eruzione cutanea presente già in data 25.6 fosse dovuta alla elevata
salicilemia, ovvero fosse dovuta ad altre cause, peraltro non accerta-
te dai sanitari della divisione di Pediatria di Enna”.
In ogni caso, all’esito della prima visita di controllo post-ricovero
alla quale la bambina fu sottoposta il 28 giugno 1996, venne rilevato
un livello di salicilemia certamente superiore ai valori limite ammissi-
bili in relazione all’età ed alle caratteristiche fisiche della medesima
(43 mg/dl, contro la soglia massima di 20-25 mg/dl), che imponeva
“….l’immediata sospensione della somministrazione del Cemirit ed
un costante monitoraggio della salicilemia, e non la riduzione del
20% della posologia”. questa determinazione “si imponeva perché
l’acido acetilsalicilico (ASA) è metabolizzato dagli enzimi epatici
secondo una cinetica di di ^ordine zero^: una volta raggiunta la
massima capacità enzimatica (punto di saturazione), solo una quan-
tità costante di farmaco per unità di tempo può essere
metabolizzata. Pertanto, dopo il raggiungimento del punto di
saturazione enzima- tica, si verificherà un aumento della
concentrazione plasmatica del farmaco sproporzionato rispetto alla
dose somministrata (cresce il tasso plasmatico in maniera
esponenziale invece che geometrica), scatenando la disfunzione
mitocondriale responsabile della sindrome di Reye”.
24
In ogni caso, secondo la valutazione dei Periti nominati in primo
grado, “…non si comprende perché i sanitari della Divisione di
Pediatria di Enna nel dimettere la piccola dopo il Day Hospital del 28.
6 con una salicilemia di 43 mg/dl non programmino controlli ravvici-
nati della salicilemia”.
Ancora, l’insorgenza di vomiti nel periodo successivo alla visita
di controllo del 28 giugno 1996, e l’accentuazione di tale
sintomatolo- gia, valutati unitamente al rilevato valore del tasso di
salicilemia (43 mg/dl), con l’elevazione dei livelli di GOT
(“Glutammico Ossalacetico Transaminasico”), e di GPT
(“Glutammico Piruvico Transaminasico”), indicatori di una sofferenza
epatica in atto, rappresentavano sintomi certi dell’insorgenza della
Sindrome di Reye nella bambina (“…L’insorgenza di un vomito
protratto in un soggetto con una salicilemia di 43 mg/dl non era altro
che l’inizio della sindrome di Reye (si ricorda che il primo sintomo è
la brusca comparsa di un vomito protratto); …in quel momento si
imponeva l’immediato ricove- ro della piccola in ambito ospedaliero
per iniziare adeguata terapia. In quel momento si avevano elementi
utili per porre diagnosi – ovve- ro di sospettare – una sindrome di
Reye: a. Salicilemia di 43 mg/dl; b. GOT e GPT elevate (da
sofferenza epatica); c. Vomito. Si impone- va l’immediato ricovero
della piccola e non la sospensione del salici- lato, poiché oramai la
disfunzione mitocondriale si era instaurata” (cfr., relazione Palazzo –
Scalici cit.);
l) la Sindrome di Reye richiede – per un trattamento che con-
senta di evitarne le complicanze (insorgenza del “coma epatico”, e
degenerazione di tale stato sino all’exitus del soggetto che ne sia
colpito) – anzitutto di essere diagnosticata precocemente (“nei casi
lievi”), e che sia controllata l’“ipertensione endocranica (ICP) secon-
daria ad edema cerebrale, che è il principale fattore di mortalità” (v.,
relazione Palazzo – Scalici cit.);
25
m) all’atto del secondo ricovero della piccola Michela ILARDI
nella Divisione Pediatria dell’ospedale “Umberto I°” di Enna,le furono
somministrati:
m.1) inizialmente, una terapia a base di soluzione glucosata,
soluzione fisiologica, “decadron” e “benzodiazepine”, peraltro sospe-
sa dopo che la “flebo” applicata alla bambina era uscita “fuori vena”
(alle 20.30 del giorno 4 luglio 1996);
m.2) una fiala del farmaco “Ansiolin” (alle ore 23.00 dello
stesso giorno);
m.3) una soluzione a base di mannitolo, del farmaco “Valium”,
e bicarbonato sodio (alle ore 12.00 del 5 luglio 1996).
Secondo il giudizio dei periti nominati in primo grado, “ la terapia
praticata presso la divisione di Pediatria di Enna sembrerebbe esse-
re stata non adeguata sia alla diagnosi che al reale stato clinico della
paziente”.
Inoltre, gli stessi periti hanno rilevato che nei riguardi della pic-
cola Michela ILARDI è stata ritardata sia l’esecuzione delle indagini
di laboratorio (le quali “…hanno rilevato un quadro di acidosi
metabo-
lica, una ipertransaminasemia, una iperammonemia ed una
riduzione del PT, segni classici della sindrome di Reye”), sia “….
nell’iniziare una corretta terapia per contrastare l’edema cerebrale,
l’acidosi metabolica e la riduzione del PT” (cfr., relazione Palazzo –
Scalici cit.);
n) nei casi di minore gravità la Sindrome di Reye può essere
guarita senza complicanze(né residuati),mentre nei casi caratterizza-
ti dall’insorgenza di una “compromissione neurologica” – come si è
verificato per la piccola Michela ILARDI – la casistica registra un
livello elevato di mortalità (“dal 50% al 75%”).
Conseguentemente, secondo la valutazione formulata dagli
stessi periti nominati in primo grado, “…non è possibile affermare o
escludere che se i sanitari dell’Ospedale di Enna avessero iniziato
una idonea terapia già in data 4.7.96 (epoca del ricovero) la piccola
26
Ilardi Michela avrebbe avuto possibilità di salvezza”: tuttavia, tali
possibilità “sarebbero state superiori”, qualora fosse stato disposto il
ricovero della bambina “invece di prescrivere la sospensione del
Cemirit, ….allorquando la piccola Ilardi Michela cominciava ad accu-
sare episodi di vomito (3.7.96), ……e si fosse iniziata una adeguata
terapia, le possibilità di salvezza sarebbero state superiori” (v., rela-
zione Palazzo – Scalici cit.);
Esaminati quindi dal Tribunale nell’udienza dibattimentale del
29 giugno 2001, i suddetti periti – ad integrazione delle valutazioni
espresse nella relazione depositata – hanno ulteriormente precisato
che:
o) “…..La sindrome di Reye è una encefalopatia acuta ed una
degenerazione grassa del fegato che è dovuta a disordine mito-
condriale” (v. pag.13 della trascrizione fonografica del verbale ud.
29/ 6/2001: esame Dottore SCALICI);
p) l’eziologia della Sindrome di Reye non è stata esattamente
rilevata, tuttavia è stata individuata “…una correlazione tra alcune
infezioni,l’utilizzo dell’acido acetilsalicilico e l’insorgenza della Sindro-
me di Reye”;
q) per quanto riguarda l’evoluzione clinica della patologia in
esame, “..il soggetto che ha avuto questa infezione dopo un periodo
di …. relativo benessere comincia una sintomatologia ..caratterizzata
da vomito protratto, poi cominciano disturbi dovuti ad eteroaggres-
sività, allucinazioni, convulsioni ..sino al coma” (v. p. 14 trascrizione
verb. ud, 29/ 6/2001: esame Dottore SCALICI);
r) l’osservazione dei dati clinici relativi alla piccola Michela Ilardi
evidenziano, successivamente all’assunzione del acido acetisalicico,
“..la comparsa di vomito protratto, la comparsa di allucinazioni, al
comparsa di convulsioni, coma; quindi, clinicamente è un quadro di
Sindrome di Reye; laboristicamente è un quadro di Sindrome di
Reye, infatti abbiamo aumento degli enzimi, iperammonemia, coma
e morte. Quindi si può porre diagnosi di arresto cardiocircolatorio in
27
soggetto con Sindrome di Reye” (v. p.15 trascriz. verbale ud. 29/
6/2001: esame Dottore SCALICI);
s) “…..nella terapia della febbre reumatica può essere utilizzato
l’acido acetilsalicilico ….ma deve essere supportato da alcune
criteriologie, …perché si è visto nel corso degli anni la stretta
correla- zione tra utilizzo di acido acetilsalicilico ed insorgenza di
Sindrome di Reye”.
In particolare, l’utilizzo dell’acido acetilsalicilico richiede: “1°)
Una corretta somministrazione dal punto di vista di dosaggio pro-
chilo,.., quindi non andare al di fuori dei 120 milligrammo pro chilo;
2°) fare dei controlli per andare a verificare che ..non andiamo a
superare la salicilemia di 25 milligrammi per cento; 3°) …quando il
bambino non è più ospedalizzato …c’è … il problema di avere un
rapporto con i genitori, con chi ha cura del bambino, dare tutte le
avvertenze….. è un farmaco che viene dato con assoluta tranquillità
l’acido acetilsalicilico, …però in questi casi dei minori, quando viene
utilizzato in queste dosi, si danno delle avvertenze ai genitori” (p.22
trascriz. verb. 29/ 6/2001: esame Dottore SCALICI);
t ) nel caso della piccola Michela ILARDI, “l’acido acetilsalicilico
viene messo in terapia il 20 giugno …è il giorno prima che venga
dimessa e viene data una dose…, di 2 grammi al giorno…ho fatto il
conteggio, …87 o quasi 90 milligrammi, quindi perfettamente un
dosaggio consono, un dosaggio corretto. Viene dato in tre sommini-
strazioni…per un totale di due grammi. Non risulta in cartella ….non
abbiamo trovato né che siano stati avvisati i genitori, né siano state
date delle indicazioni, …Non si riscontrano indicazioni oppure
contro- indicazioni” (pp. 23-24 trascriz. verb. 29/ 6/2001: esame
Dottore SCALICI );
u ) in ordine, poi, alla metodologia normalmente applicata nella
pratica clinica per monitorare gli effetti della somministrazione di
farmaci a base di acetilsalicilati, il Dottore SCALICI ha inoltre riferito
che, “Quando si fa una terapia con acido acetilsalicilico vengono
controllate anche le transaminasi di routine… il controllo per la
28
salicilemia ….c’è chi la fa ogni quarantotto ore, chi lo fa ogni
settantadue ore, chi lo fa ogni quattro giorni, dipende ovviamente
dalle varie situazioni. …. Qualora si ha un incremento delle transami-
nasi si sta in attesa, se le transaminasi invece si innalzano per
raggiungere anche cinque volte il valore della norma è consigliata
una riduzione del 20% della posologia dell’acido acetilsalicilico…
quindi si diminuisce il dosaggio della salicilemia del 20%,….., e si
continua a monitorare…. I protocolli dicono controlli ravvicinati e co-
stanti”.
Nel caso della piccola Michela ILARDI; “…veniva previsto un
controllo in day hospital per il 28 giugno, …a distanza di sette giorni
dalla dimissione e a distanza di otto giorni dall’inizio della sommini-
strazione dell’acido acetilsalicilico” (pp. 25 –26 trascriz. verb. 29/ 6/
2001: esame Dottore SCALICI ).
All’esito degli esami di laboratorio praticati sui campioni di
sangue prelevati alla bambina in occasione del controllo suddetto,
“…abbiamo una salicilemia di 43 milligrammi ed un’elevazione delle
transaminasi. …. Quasi il doppio delle transaminasi. I sanitari, sulla
base di questo dato di laboratorio, riducono del 20% il dosaggio
dell’acido acetilsalicilico,…da due grammi a un grammo e sei. In
questo caso..,…., il valore della salicilemia deve essere mantenuto
non superiore a 25 milligrammi pro chilo,…. Il riscontro di un valore
di 43 milligrammi per cento non imponeva la riduzione del 20% ma
imponeva la sostituzione, cioè la cessazione..della terapia con acido
acetilsalicilico. Eravamo ad un valore che era nettamente superiore
ai 25 milligrammi per cento. La riduzione del 20% non ci può
garantire un rientro …al valore ..soglia che viene utilizzato come
parametro….il sanitario verifica che c’è una salicilemia del 43 per
cento, riduce il dosaggio del 20% ma non programma un controllo”
(pp. 31-32 trascriz. verb. 29/ 6/2001: esame Dottore SCALICI );
v ) analizzando poi l’evoluzione del quadro clinico accusato
dalla bambina successivamente al primo controllo, i Periti nominati in
primo grado hanno ulteriormente rilevato che nella fattispecie il qua-
29
dro sintomatologico presentava una manifestazione di “…vomito
protratto, il primo sintomo che viene classicamente detto Sindrome
di Reye, comincia con il vomito protratto, non abbiamo una
sintomato- logia neurologica. ….Nella progressione …., la bambina
….comincia a vedere scarafaggi, ha delle allucinazioni, si chiamano
allucinazioni zoottiche, compromissione neurologica. A questo punto
viene imme- diatamente ricoverata in ospedale,…. credo parliamo
del…, giorno 4 luglio, infatti comincia ad avere un’agitazione, stato
confusionale, allucinazioni, quindi abbiamo un quadro neurologico.
All’ingresso” (nella Divisione Pediatria dell’Ospedale di Enna)
“abbiamo un discre- to stato di agitazione, disorientamento temporo-
spaziale e viene iniziata la terapia glucosata, fisiologica, degaton e
benzodiazepina … non risultano in cartella fatti il giorno 4 esami di
laboratorio. Non viene controllato il quadro enzimatico. Alle 20.30,
cioè la sera, la piccola ha un notevole stato di agitazione,
aggressività,……, e viene data semplicemente una fiala di ansiolin
per farla riposare, quindi la bambina si addormenta completamente.
L’indomani mattina la bam- bina è soporosa, poco reattiva,
all’indomani mattina cominciano crisi toniche, crisi convulsive, non
risponde più agli stimoli nocicettivi, quindi non sente….non ha più
stimoli dolorosi ….. viene fatta terapia con mannitolo, Valium,
bicarbonato, vengono fatti … gli esami di laboratorio e .. c’è il quadro
di acidosi metabolica, ipertransamina- semia,….., iperammonemia,
quindi” (un) “quadro eclatante …della Sindrome di Reye; ….Era una
fase in cui chi cura deve riuscire a comprendere….. era una fase in
cui ” (c’erano) “scarsissime pro- babilità,….., di andare a riprendere
il quadro clinico. Quindi viene ricoverata alle ore 16.00 del 15 luglio
…. In coma quattro collegata al respiratore automatico, decesso in
data 19 luglio” (pp. 39-41 trascriz. verb. 29/ 6/2001: esame Dottore
SCALICI );
z) in ordine poi all’incidenza della Sindrome di Reye nei
bambini in relazione alla somministrazione di farmaci a base di acido
acetilsalicilico, il sunnominato Ausiliare ha riferito che “….i problemi
30
si sono avuti generalmente sui minori…si è visto statisticamente,
infatti da quando è stato ..ridotto l’utilizzo dell’acido acetilsalicilico o
quantomeno monitorizzato il soggetto in trattamento con acido
acetilsalicilico si è avuta una riduzione della mortalità…e’ una sindro-
me imprevedibile ma è una sindrome nota” (p. 42 trascriz. verb. 29/
6/2001: esame Dottore SCALICI );
x) richiesto quindi di precisare se il trasferimento della bambina
dal presidio ospedaliero ennese all’Ospedale dei Bambini nella città
di PALERMO poteva avere determinato un ulteriore peggioramento
delle sue condizioni cliniche, l’Ausiliare incaricato in primo grado lo
ha espressamente escluso,precisando inoltre che “…. La prima cosa
da fare in questi casi è di collegare…, ..ad un ventilatore automatico
per dare una corretta ossigenazione al soggetto, quindi sicuramente
doveva essere intubata,…, quindi sicuramente in una Divisione di
rianimazione doveva… andare, …non è una patologia in quello stato
che può essere gestita in un Divisione, può essere gestita soltanto in
un Divisione di rianimazione, quindi dobbiamo andare a contrastare
sia l’ipertensione endocranica, ma soprattutto la mancata ossigena-
zione, quindi deve essere collegata al ventilatore sicuramente” (p.43
trascriz. verb. 29/6/2001: esame Dottore SCALICI );
y ) l’Ausiliare incaricato dal primo Giudice ha inoltre chiarito
che, “…mentre il sovradosaggio di acido acetilsalicilico è una cosa
matematica, la Sindrome di Reye è imprevedibile. Non è che se io
vado in sovradosaggio di acido acetilsalicilico mi scatta la sindrome
di Reye,….Non è automatico, altrimenti in tutti i casi di sovradosag-
gio di acido acetilsalicilico …avremmo tutti la Sindrome di Reye
….però il dato certo è che se si riduce l’utilizzo dell’acido acetilsa-
licilico e soprattutto se si mantiene costante e non si superano i livelli
di salicilemia…, si è avuta una drastica riduzione A) dei casi di
Sindrome di Reye; B) della mortalità…..Sono due cose completa-
mente differenti l’iperdosaggio e la Sindrome di Reye” (p. 46), “…
abbiamo una stretta correlazione fra tra somministrazione di acido
acetilsalicilico e comparsa della Sindrome di Reye. Con l’utilizzo più
31
idoneo e con un dosaggio monitorizzato e tenuto entro i limiti che
vengono imposti si è avuta una drastica riduzione del 90% delle
Sindormi di Reye” (p.54 trascriz. verb. 29/ 6/2001: esame Dottore
SCALICI );
j )ha poi ulteriormente precisato lo stesso Ausiliare che “…con
il quadro clinico del 3 luglio, se” (la bambina) “fosse stata ricoverata
immediatamente, controllata e posta subito diagnosi di Sindrome di
Reye o quantomeno …nel pomeriggio, il tempo che arrivavano (gli)
esami di laboratorio, e si cominciava una terapia, il soggetto
….aveva ottime possibilità di venire a guarigione. Si parla di regres-
sione della patologia…..il 4 luglio quando viene ricoverata ha le allu-
cinazioni e il comportamento aggressivo. Lo stato di sopore…è rile-
vato il 5 mattina perché praticamente non si sveglia,….l’ultimo rilievo
lo abbiamo alle 23.00 del giorno 4, …per questa marcata agitazione
viene dato l’Ansiolin per farla dormire, quindi ..si continua ….a non
vedere, si continua ad ignorare il quadro clinico che emerge……Il 3
luglio cominciava già ad aversi un quadro clinico, ….., bisognava già
avere quantomeno un sospetto, ma soprattutto andare a differen-
ziare per vedere se questo vomito protratto fosse dovuto ad un’altra
causa indipendente, concomitante, e coesistente, ma che non fosse
Sindrome di Reye” (pp.59-60 trascriz. verb. 29/ 6/2001:esame Dotto-
re SCALICI );
k ) ha poi riferito l’Ausiliare incaricato dal primo Giudice, che
“Generalmente vengono seguite dal neuropsichiatra infantile le
coree tranne che non sia una corea reumatica che viene presa in
carico dal pediatra che va a gestire tutto il quadro clinico globale. …
General- mente è raro che la corea sia l’unico sintomo della malattia
reumatica ma viene gestita, … tutta la patologia dal pediatra. Ci
saranno scam- bi di consulenza, lo mando a consulenza, lo faccio
vedere, ma me lo gestisco io, perché è una malattia
pediatrica….Non lo vado a delega- re al neuropsichiatra infantile di
andarmi a curare questo bambino. …. Comincio una terapia, se non
migliora lo vado a fare rivedere, qua …viene dato il Serenase,….,e
32
abbiamo un’attenuazione e scom- parsa dei movimenti coreiformi. Il
14 giugno la bambina non ha più disturbi di corea….la corea prima
viene trattata in una maniera, poi si passa al Diazepam, ultimamente
si usa il Serenase” (pp. 66-69 trascriz. verb. 29/ 6/2001: esame
Dottore SCALICI );
ab) richiesto quindi di chiarire quali siano le patologie per le
quali è indicato l’impiego del farmaco denominato “Serenase”, il
Perito incaricato dal Tribunale ha riferito che “…l’indicazione preci-
pua dell’Alperidolo è nelle sindromi deliranti e allucinatorie, …però
viene utilizzato specificamente …nell’ultimo decennio…con
successo nella corea reumatica. ….precipuamente è utilizzato come
antialluci- nogeno, per le allucinazioni…I protocolli della terapia
dicono che non è una terapia che viene fatta per lungo tempo,
dev’essere fatta per breve tempo perché può mascherare altre
sintomatologie neurolo- giche….Quindi generalmente si dà una
somministrazione fino a che non regrediscono i sintomi della corea,
e poi viene sospesa” (pp.72-73).
Peraltro nella fattispecie, la somministrazione del “Serenase”
non è stata sospesa (“In dimissione viene continuato ad essere
prescritto il Serenase 5 gocce per due…..Doveva essere sospesa
….l’Aloperidolo se è dato per molto tempo mi può mascherare
eventuali altre patologie, sintomatologie neurologiche che
potrebbero essere evidenziate…. perché la sintomatologia
coreiforme …era già regredita il 14, dimessa il 21, a distanza di sette
giorni quando….. queste problematiche coreiformi non ci sono più si
doveva sospen- dere”: (pp.74-75 trascriz. verb. 29/ 6/2001: esame
Dottore SCALICI ).
L’Ausiliare incaricato dal primo Giudice in esito all’esame
dell’evoluzione clinica del caso esaminato, ha peraltro “….escluso
che l’Aloperidolo, il prolungato trattamento dell’Aloperidolo avesse
potuto impedire una precoce evidenziazione della Sindrome di
Reye”(p.79).
33
1.4) La documentazione clinica acquisita in primo grado.
E’ stata inoltre acquisita al fascicolo dibattimentale del primo
grado la sottoelencata documentazione clinica:
1) cartella clinica relativa al ricovero della bambina presso la
Divisione Pediatria dell’Ospedale “Umberto I°” nella città di Enna,
nella quale è dettagliatamente illustrata l’evoluzione clinica del caso
trattato, ed in particolare:
1.a) è riportata la diagnosi di ingresso di: “Corea reumatica –
Insufficienza mitralica reumatica – Malattia di Charcot-Marie –Tooth”;
1.b) l’iter del caso (sotto il profilo clinico) è così descritto: “La
bambina è giunta alla nostra osservazione affetta da notevoli
movimenti coreiformi interessanti i muscoli degli arti, del bacino e del
viso. Tali movimenti involontari le impedivano la stazione eretta e
ogni movimento finalizzato. La bambina presentava inoltre un soffio-
cardio alla punta, con irradiazione all’ascella, 3/6, che a dire della
madre non era stato mai rilevato in precedenza. Subito dopo la
somministrazione di Serenase e di cortisonici, i movimenti coreiformi
regredivano completamente. La bambina ha praticato inoltre ampicil-
lina e 1 fiala di penicillina ritardo.Si allegano gli esami praticati e la
terapia consigliata. E’ opportuno controllo tra 20 giorni”;
1.c) in particolare, la “sintomatologia coreica” viene certificata
come “scomparsa” in data 14.6.1996: e nella stessa data viene regi-
strata la disposizione di sospendere la somministrazione del farmaco
denominato “Unasyn”;
1.d) il successivo 17.6.1996 viene rilevata la comparsa di
“nausea con vomito”, e confermata la terapia farmacologica già
somministrata alla bambina nei due giorni immediatamente prece-
denti (in particolare, il “Deltacortene” ed il “Serenase”);
1.e) i vomiti si intensificano nel corso della stessa giornata del
17.6.1996 (“La ragazza ha vomitato diverse volte”): detta sintomato-
34
logia viene trattata con una “fleboclisi”, e con la somministrazione di
“soluzione fisiologica + glucosata”;
1.f) i vomiti cessano il 18.6.1996 (prosegue la somministrazio-
ne di Deltacortene e Serenase);
1.g) il giorno successivo (19.6.1996) viene registrata la
compar- sa di “lieve eritema al viso”;
1.h) la manifestazione cutanea si accentua nei giorni successivi
(vedi, l’annotazione del 21.6.96: “Si è leggermente accentuato l’erite-
ma al viso”).
2) nella stessa cartella clinica formata dalla Divisione Pediatria
dell’Ospedale “Umberto I°” nella città di Enna,è inoltre illustrata l’evo-
luzione clinica della condizione della piccola Michela in occasione
della seconda degenza (dal 4 al 5 luglio 1996), e specificamente:
2.a) è riportata all’ingresso (registrato alle ore 17.20, peraltro
corretto) l’annotazione che “Nella giornata di ieri la bambina ha
presentato vomiti ripetuti, algie addominali. Da qualche ora stato di
agitazione e stato confusionale: E.O. La bambina appare vigile ma in
discreto stato di agitazione – e …”. (illeggibile) ”spaziotemporale -
….” (totalmente illeggibile la restante descrizione), ed è prescritta la
somministrazione dei farmaci ”Valium” (dosaggio di ¼ di fiala),e
“Serenase” (dosaggio di cinque gocce/pro-die);
2.b) alle ore 18.00 dello stesso giorno(4 luglio 1996),viene
con-
fermata la somministrazione del farmaco “Valium” (con un incre-
mento del dosaggio iniziale a ½ fiala), ed è riferito che “…(illeggibile)
“la bambina sembra calmarsi”;
2.c)alle ore 20.30 successive è riferito che “La bambina
presen- ta notevole stato di agitazione e aggressività. Essendo
fuoriuscito l’ago dalle vene, sospendere infusione – (illeggibile) tolta
la flebo la bambina si acqueta - Es. neurologico nella norma”;
2.d) alle ore 23.00 dello stesso giorno (4 luglio 1996) viene
prescritta la somministrazione del farmaco “Ansiolin” (dosaggio “1 f.
im”);
35
2.e) nella giornata successiva (5 luglio 1996), è riferito che
“Durante la notte la bambina ha presentato fasi di sonno alternate a
fasi di irrequietezza” (cancellato) “ha praticato 1 fiala di Ansiolin im.
Ha riposato fino alle 5 del mattino. Stamane la bambina si presenta
in stato di marcato sopore – poco reattiva. Pupille in lieve midriasi
ma reagenti alla luce…..(illeggibile)”, con somministrazione di “solu-
zione fisiologica” (100 cc), con “soluzione glucosata” (al 10%), e
dosaggio di 30 ml/ora: è inoltre richiesto un esame “T.A.C.” dell’en-
cefalo;
2.f) alle ore 10.00 dello stesso giorno (5 luglio 1996),sono riferi-
te “Condizioni generali peggiorate.La bambina presenta…….
(illegibi- le). Pupille in midriasi, reagenti alla luce. Non risponde agli
stimoli …(illeggibile)”;
2.g) alle ore 12.00 successive, è riferito che “ la bambina
continua a presentare crisi ….(illeggibile) – Si pratica Valium ½ f. e.v.
Mannitolo e.v. Essendo peggiorate le condizioni generali si contatta
la Rianimazione dell’Ospedale dei Bambini di Palermo – concordato
il trasferimento. La bambina viene accompagnata da un medico
rianimatore”: ed è prescritta la somministrazione dei suddetti
farmaci, in aggiunta a “sodio bicarbonato” (con dosaggio di 1 fiala);
2.h) nella nota di accompagnamento destinata “Ai colleghi della
Rianimazione dell’ Ospedale ^Cristina^ Palermo”, è inoltre riferito:
“Come da accordi telefonici si trasferisce la piccola Ilardi Michela di
anni 8. La bambina è stata ricoverata presso il nostro reparto il 4/
7/96 in stato di agitazione psicomotoria. All’ingresso la bambina
presentava sensorio vigile, con uno stato di disorientamento spazio-
temporale, torpore, ed agitazione. Il giorno precedente la bambina
aveva presentato vomito ed algie addominali. Dopo avere praticato
una fiala di Valium e.v. la bambina dopo un breve periodo di assopi-
mento, tornava a presentarsi notevolmente agitata ed aggressiva. Si
somministrava una fiala di Valium i.m. e la bambina si assopiva.
Durante la notte presentava brevi crisi di agitazione. Stamane la
bambina si presentava in stato di coma, con pupille reagenti agli
36
stimoli luminosi e crisi di ipertono generalizzato. Gli esami effettuati
(allegati) mettevano in evidenza ipertransaminasemia, iperammo-
niemia, e pt 56%. Pertanto si presume che sia affetta da Sindrome di
Reye. La bambina era stata dimessa dal nostro reparto in data
21/6 /96 con diagnosi di “Corea reumatica, insufficienza mitralica
reuma- tica”. Si era ricoverata in data 10/6/96 presentando
movimenti coreici bilaterali che interessavano sia gli arti superiori
che inferiori. Messa in tratamento con SERENASE 5 gocce x 2,
deltacortene, e ampicil- lina, la bambina era rapidamente migliorata.
In data 20/ 6 si sospen- deva il deltacortene e si intraprendeva
trattamento con Cemirit 2 gr/ die. Alla dimissione la bambina
proseguiva il trattamento con serena- se 5 gocce x 2, cemirit 0.8 2
cp, diamminocillina 1 fiala ogni 20 gior- ni, gli esami erano nella
norma (si allegano). La bambina è inoltre affetta da S. di Charcot-
Marie-Tooth”.
E’ stata pure acquisita al fascicolo dibattimentale del primo
grado la cartella clinica formata dalla Divisione Rianimazione del
presidio ospedaliero (l’Ospedale dei Bambini nella città di PALER-
MO) in cui la piccola Michela ILARDI venne trasferita dall’ospedale
ennese, nella quale sono certificati, in particolare:
3) la diagnosi di ingresso di “sospetta Sindrome di Reye”,
coincidente con quella di dimissione (a seguito del decesso della
bambina, verificatosi alle ore 2.40 del giorno 19 luglio 1996);
3.a) nello stesso documento,l’evoluzione clinica delle condizioni
della piccola Michela è così descritta: “5/07/96 Ore 16.00 - Giunge
alla nostra osservazione proveniente dal reparto di Pediatria
dell’Osp. di Enna per sospetta Sindrome di Reye, accompagnata
dall’anestesista, in respiro spontaneo. Paziente in coma GCS4,
midiatrica, con riflesso (illeggibile) torpido, ipotonia generalizzata, in
seguito allo stimolo doloroso tendenza alla (illeggibile) …. Febbrile
si tratta con mezzi fisici, tachicardica all’ascoltazione respiro
stentoreo. FR aumentata con ampie escursioni toraciche. Toni
cardiaci conci- tati, soffio sistolico mitralico (vedi referto ecocardio).
37
Addome trattabi- le fegato di normali dimensioni. Si monitorizza ECG
e (illeggibile) …., e diuresi. Si posiziona SNG che ..(illeggibile) ..
sangue digerito. Catetere vescicale già in situ (ml 120 di urine
all’ingresso). Esegue Rx torace, EEG, e consulenza infettivologica.
Si pone in anti …..(illeggibile) . Notandosi successivamente un
peggioramento della meccanica respiratoria si collega al VM previa
…..(illeggibile) .mantenendola in iperventilazione. Si invia
all’Ospedale civico per eseguire TAC encefalo. Ore 23.30 – Perviene
referto EEG che mette in evidenza una gravissima depressione
dell’attività cerebrale. – Ore 1.00 – Paziente in…(incomprensibile)
curarizzata – febbrile, midriasi tachicardica P.AO. nella norma. Si
esegue EGA e B.I. dall’ingresso (cancellazione della scrittura). Ore 2.00 – La paziente convulge si seda. Ore 8 – Sempre molto febbrile.
Si tratta con mezzi fisici. In VAM EGA di controllo in lieve …..
(illeggibile) . Midriasi non reagente alla luce, isocorica. B.I = 500
Diuresi normale – Si richiedono tutti gli esami di routine HIV e
Markers epatite. Ore 9 – Presenta eritema diffuso al volto tronco e
arti superiori. Ore 10.00 Si incannula V.V.C. (dalla giug. est. dx in
cava sup.) e arteria ….(illeggibile).sin. Si moni- torizza PVC e P.A.
cruenta. GCS = 3. Ore 14.20.Paz. neurologi- camente …..
(illeggibile); areflessica, al dolore nessuna risposta mo- toria,
midriasi bilaterale non reagente alla luce. Ventilata in CMV. PA 72/38
…..(illeggibile). Ha eseguito TAC encefalo ed RX torace. 07/07/96 – Ore 8.00 Invariata GCS3, areflessica, temperatura corpo- rea in
diminuzione malgrado riscaldamento con mezzi fisici attuato durante
tutta la notte. P.A.O. in diminuzione malgrado l’aumento
dell’infusione venosa ed il BI positivo. Prelievo …..(illeggibile) di
controllo ed EG. H.20 Condizioni cliniche gravissime GCS3. Tenden-
za alla (diminuzione?) PA malgrado aumento dell’infusione. Tenden-
za alla ipotermia. 8-7-96 Ore 8-14. Stazionaria nella sua estrema
gravità. GCS 3. Effettua EGC …..(illeggibile) . Modica ipotermia. Ore 14-20 – Condizioni estremamente gravi GCS3 – PAO (diminuzione?)
Ipotermia. Ore 20 – Stazionaria nella sua estrema gravità. GCS = 3.
38
Ipotermia. Bilancio sodico delle 12 ore. 9-7-96 Ore 8 - …..(illeggibile)
.per tutta la notte. Sempre in ipotermia. Bilancio sodico delle 24 ore.
Ore 8-14 GCS = 3. Edema generalizzato. Si riduce l’apporto idrico e
si stimola la diuresi. 10-7-96 Ore 9.30 – P.te in stato di coma arefles-
sico. Midriasi rigida bilaterale, lo stimolo algogeno (?????) non
evoca alcuna risposta motoria; p.te INT in CHV. Bilancio idrico delle
24 ore. Si aggiorna terapia Ore 8-14 Invariata, buona la diuresi.
Evacua feci …..(illeggibile) . 11-7-96 Ore 8-14 – Invariata, permane
GCS=3, areflessica, permane lieve ipotermia. Bilancio idrico
(cancellazione della scrittura) lievemente positivo (+12), ha
evacuato, dalle h2200 di ieri ha …..(illeggibile) la diuresi. Si aggiorna
terapia. 12-7-96 Ore 8 – Ipotermica, stazionaria neurologicamente e
metabolicamente. Diuresi contratta durante tutta la notte. Ore 8-14 EGA x elettroliti controllo allo stato …..(illeggibile)…, si riduce la …..
(illeggibile) . Ripresa della diuresi. Si conferma terapia GCS3 Ore 14-20 Neurologicamente e clinicamente invariata. 13/7/96 Ore 8.00 Stazionaria, BI pari. Ipoter- mia. Ore 8-14 Clinicamente stazionaria.
Ore 14-20 Stazionaria nella sua estrema gravità per tutto il
pomeriggio. Ipotermia. Diuresi regola- re. Lieve …..(illeggibile)… Si
richiede consulenza chirurgica e suc- cessivamente esami
ematochimici per …..(illeggibile)… di coagula- zione. H. 20-8 Paz.
stazionaria per tutta la notte. 14- 7-96 Ore 8-20 Stazionaria nella
gravità. …..(illeggibile)…Ipotermia. Ore 20 Invariata nella sua
estrema gravità. Bilancio idrico delle 12 ore. …..(illeggibile)… 15-7-96 Ore 8 Invariata per tutta la notte durante la quale ha effettuato
EGA di controllo. Persiste ipertermia. Persiste contrazione della
diuresi …..(illeggibile)…EGA. Bilancio idrico delle 24 ore. Ore 10 Febbrile si tratta con mezzi fisici. Al controllo EGA K (in aumento?)
Si sospende infusione parenterale.Si aggiorna terapia. Ore 17 (corretto) La piccola stazionaria dal punto di vista neurologico
continua a decerebrare. Diuresi presente dopo stimolazione di Lasix.
16-7-96 Ore 9.00 Paziente in decerebrazione spontanea, midriasi
bilaterale reagente alla luce. Murmure vescicolare lievemente ridotto
39
alla base destra. Afebbrile. Si richiedono esami ematochimici di con-
trollo. Si aggiorna terapia. Ore 14-20 La paziente presenta segni
spontanei di decerebrazione, midriasi bilaterale fissa. Prelievo per
EAB. Si mutano i parametri respiratori (VM TV freq. Respiratoria,
F.O2). 17/07/96 Ore 9.00 Stazionaria durante tutta la notte,
apiretica. Diuresi contratta, B1 (?) positivo, ha presentato una
scarica di feci liquide. Esegue prelievo ematochimico di controllo.
Postura (?) in costante decerebrazione che si accentua dopo stimolo
doloroso. Si richiede EEG. Ore 13 Pervenuti esami si riscontra P (in
aumento?) (17,8 mg/dl) si sospende esofosfina (?) si stimola diuresi
con Lasix. Si aggiorna terapia. GCS=4. Ore 20 Clinicamente
invariata. 18-07-96 h.8 Ipotermica durante la notte. Sempre
invariata neurologica- mente. Estremità inferiori fredde e …..
(illeggibile). Diuresi 1,1 ml/kg/h B.I.=149. Si richiedono esami
ematochimici di controllo ed EGA. Ore 14-20 Invariata nella sua
estrema gravità per tutto il pomeriggio. Persiste ipotermia e grave
contrazione della diuresi nonostante stimolazione con Lasix. Bilancio
idrico delle 12 ore. 19-07-96 h.1.45 …(illeggibile). Arresto cardiaco.
…..(illeggibile)… di adrenalina ….(illeggibile). Arresto Ore 2.00 Lenta
discesa della frequenza fino a freq. 76. …..(illeggibile)… Ore 2.40 Exitus”.
Durante la degenza nell’Ospedale pediatrico “G. Di Cristina”, la
piccola Michela è stata inoltre sottoposta alle sottoelencate indagini
diagnostiche:
3.b) Consulenza infettivologica (effettuata il 5/ 7/96 alle ore
19.35: “Paziente in stato comatoso. Ipotonia generalizzata – Non
presenta segni di interessamento meningeo = …..(illeggibile)… - Se
stimolata risposta in estensione degli arti. La storia clinica,
l’obiettività e gli esami di laboratorio non depongono per una
patologia di interesse infettivologico”;
3.c) Consulenza chirurgica (effettuata il 5/ 7/96 alle ore 19.30:
“Presenza di granuloma della grandezza di una capocchia di spillo
sul margine inferiore del meato uretrale da cui fuoriesce scarsa
40
quantità di sangue rosso vivo – Il quadro si può ascrivere a trauma
locale dovuto alle continue e ripetute cate (te) rizzazioni. Si consiglia
posizionamento catetere a permanenza. Terapia
antiinfiammatoria…. .(illeggibile)… ed esecuzione esami
emocoagulativi …..(illeggibile);
3.d) esame “TC cranio” (effettuato il 5-7-96):“Rispetto all’indagi-
ne TC di base delle ore 9 circa della stessa data (effettuato in altra
sede), l’attuale TC dell’encefalo mostra sensibile riduzione di
ampiez- za della cisterna quadrigeminale e lieve asimmetria dei
ventricoli laterali, compatibili con fenomeni …..(illeggibile) …della
sostanza bianca. Non si dimostrano lesioni …..(illeggibile)… di
focolaio sotto e sovra …..(illeggibile)”;
3.e) esame elettroencefalografico (effettuato il 5.7.1996):
“Gravissima depressione diffusa della attività bioelettrica cerebrale”;
3.f) esame elettroencefalografico (effettuato il 6.7.1996): “Trac-
ciato pressocchè isoelettrico”;
3.g) esame elettroencefalografico (effettuato il 9.7.1996): “Trac-
ciato pressocchè isoelettrico”;
3.h) esame elettroencefalografico (effettuato il 17.7.1996):
“Gravissima depressione dei bioritmi (?) cerebrali”;
3.i) Aspirato bronchiale (effettuato l’11.7.1996) rileva la presen-
za di: “Pseudomonas, Klebsiella, Staphilococcus aureus coagulosi
positivo”;
3.l) Aspirato bronchiale (effettuato il 16.7.1996), conferma la
presenza di: “Pseudomonas, Klebsiella, Staphilococcus aureus
coagulosi positivo”;
3.m) nel medesimo documento sanitario in esame, è inoltre
inserita la seguente nota informativa indirizzata “Al Prof. G. FERRIE-
RE CENTRE NEUROLOGIQUE WT (?) LENNOX”, redatta l’11/ 7/
1996 dal Primario del reparto Rianimazione del presidio palermitano
(il Prof. Cesare ROVELLA): “Paziente ILARDI MICHELA, a. 8, ½
ricoverata dal 5.7.96, affetta da s. Marie CHARCOT-TOTH, corea
reumatica trattata con antibiotici ed acido salicilico (CEMIRIT) 800
41
mg/die per 12 gg. In corso di terapia salicilica presenta vomito,
febbre, algie addominali, agitazione (trattata con Valium) fino al
coma. Aumento di amoniemia, TGO, TGP e bilirubina nei limiti. Pro-
viene dall’ospedale di Enna per sospetta Reye. All’ingresso coma
GCS 4, midriasi, RFM torpido, ipotonia generalizzata. Allo stimolo
decerebra. Ipertermia. All’ingresso: GCS = 4. EEG: gravissima
depressione dell’attività bioelettrica cerebrale. TAC: fenomeni edemi-
geni della sostanza bianca. Non si dimostrano lesioni parenchimali di
focolaio sotto e sovraientoriali (?). In atto: CGS (?) = 3. EEG:
tracciato pressocchè isoelettrico. Areflessia completa….”.
1.5) La relazione ispettiva dell’Unità di Crisi del MINI- STERO DELLA SANITA’.
E’ stata infine acquisita al fascicolo dibattimentale in primo gra-
do, e dichiarata utilizzabile, una relazione ispettiva predisposta dal
competente Servizio del (l’ allora) MINISTERO della SANITA’ – il cui
intervento fu determinato da un esposto inoltrato dal padre della
bambina deceduta, Filippo ILARDI costituito parte civile nel presente
giudizio– nella quale,all’esito degli accertamenti effettuati dagli Ispet-
tori incaricati (il Dottor Giuseppe QUINTAVALLE, Dirigente medico di
I° livello, e la Dottoressa Maria Rita TAMBURRINI, Dirigente farma-
cista di I° livello), sono riferite le seguenti constatazioni (e valutazio-
ni):
a) la piccola Michela ILARDI aveva accusato anteriormente al
primo ricovero nel presidio ospedaliero “Umberto I°”, un episodio di
otite (risalente ai due mesi antecedenti), ed una manifestazione di
“varicella” (nei tre mesi antecedenti);
b) nel corso della prima degenza ospedaliera, alla bambina
vennero somministrati i seguenti farmaci:
b.1) ampicillina (preparato “Unasyn” dosaggio 1 mg), nei primi
quattro giorni di ricovero;
42
b.2) pennicillina “ad azione protratta” (preparato “Wycillina A.P”
dosaggio 1.200.000 U.I.);
b.3)un preparato “cortisonico” (preparato “Deltacortene” dosag-
gio 25 mg), per l’intero periodo della degenza ospedaliera;
b.4) un “salicilato” (preparato “Cemirit” dosaggio 0,8 mg in
compresse), a decorrere dal giorno precedente (il 20/ 6/1996) quello
della dimissione, con un dosaggio di 2 mg/die (ripartito in tre dosi);
b.5) un “antipsicotico” (preparato “Serenase” in gocce), sommi-
nistrato per l’intero periodo di ricovero, e prescritto in prosecuzione
anche dopo la dimissione della bambina;
c) nel corso del primo ricovero la piccola Michela aveva
accusato un episodio di vomito (rilevato clinicamente, e registrato nel
“diario clinico” del ricovero ospedaliero, il 17/ 6/1996),ed una succes-
siva manifestazione di “eritema” localizzato al viso, rilevato clinica-
mente – e registrato nello stesso “diario” –nei giorni 19 e 21/
6/1996);
d) nel corso della prima degenza venne effettuato un unico ci-
clo di analisi chimico-cliniche (l’11/ 6/1996),che evidenziarono l’al-
terazione rispetto alla norma di alcuni parametri (in particolare,
l’ “emocromo”, e la funzionalità epatica: GOT = 57 – CK = 851);
e) le analisi non furono ripetute nel prosieguo della prima de-
genza;
f) in occasione della prima visita di controllo post-ricovero
(quel- la effettuata il 28/ 6/1996) venne rilevato un tasso di
“salicemia” elevato (val. 43), che indusse i sanitari a ridurre (di
mezza compres- sa) il dosaggio del suddetto farmaco “salicilato” (il
“Cemirit”);
g) sempre in occasione del controllo effettuato il 28/ 6/1996, gli
esami emato-chimici avevano evidenziato un’alterazione rispetto alla
norma dell’ “emocromo” (GOT = 58) e delle “transaminasi” (GTP _
57);
43
h) la somministrazione del “Cemirit” risulta sia stata sospesa
nel periodo ricompreso tra il 29/ 6/1996 ed il successivo 4/ 7/1996
(data in cui Michela venne nuovamente ricoverata nello stesso presi-
dio ospedaliero): in particolare, gli Ispettori delegati hanno collocato,
in via di ipotesi, la data presumibile della sospensione del “Cemirit”
due giorni prima del secondo ricovero;
i) gli ulteriori esami di laboratorio eseguiti all’atto del secondo
ricovero della bambina (il 5/7/1996) hanno riscontrato valori notevol-
mente alterati rispetto alla norma (GOT= 801; GPT=932; Ammonie-
mia 123 UG/dl), valutati dagli Ispettori sanitari come “compatibili con
un coma epatico, e quindi con la diagnosi di possibile sindrome di
Reye”);
l) “…la comparsa della sindrome di Reye può non essere
legata alla assunzione di salicilati”;
m) “la non prescrizione di ripetere a breve distanza le indagini
di laboratorio, a fronte di valori alterati, in particolare della
salicilemia, riportati al controllo del 28 giugno 1996, se non avrebbe,
comunque impedito l’insorgenza della sindrome di Reye, avrebbe
però potuto far anticipare la sospensione della terapia con acido
acetilsalicilico e permettere una diagnosi più precoce con possibilità
di un intervento tempestivo e forse anche determinante” (v. la
relazione del Servizio Ispettivo ed Unità di Crisi del Ministero della
Sanità in data 8 maggio 1999, in atti).
E’ inoltre allegata (col n°2) alla relazione ispettiva in esame, la
fotoriproduzione di una missiva inoltrata ai genitori della piccola
Michela dal Professore G. FERRIERE addetto al “Service de Neuro-
logie Pediatrique” istituito presso il Dipartimento di Pediatria del
complesso ospedaliero universitario “Cliniques Universitaires Saint-
Luc – Universitè Catholique de Louvain” nella città di Bruxelles, nella
quale il suddetto clinico riferisce ai Sigg. Ilardi la sua valutazione in
ordine alla correttezza della diagnosi formulata per individuare la
causa del decesso della bambina, ed alla adeguatezza degli inter-
venti diagnostici (e terapeutici) apprestati alla piccola Michela ante-
44
riormente all’exitus.
In particolare, il Prof. Ferriere ha formulato le seguenti valuta-
zioni:
1) « ..le diagnostic posè du sindrome de Reye me parait de loin
le plus probable, affection toxicometabolique qui apparait quelques
fois aprèa administration d’Aspirine à fortes doses » (« La diagnosi
formulata di sindrome di Reye mi sembra la più probabile, trattandosi
di una malattia tossico-metabolica che insorge qualche volta dopo la
somministrazione di Aspirina in forti dosi”»: traduzione dell’estensore
della sentenza)
2) « Il apparaît que toutes les demarches diagnostiques et
therapeutiques medicales ont été entreprises pour sauver votre fille»
(« Sembra che siano state praticate tutte le misure diagnostiche e le
terapie mediche per salvare vostra figlia» :traduzione dell’estensore).
Il Giudice monocratico del Tribunale di ENNA, esaminato l’esito
della prova testimoniale assunta nella fase dibattimentale,delle citate
indagini peritali e la copiosa documentazione clinica acquisita al fa-
scicolo del dibattimento, ha ritenuto di condividere le richiamate valu-
tazioni specialistiche – e medico-legali – formulate dai suddetti Periti,
in primis quella riguardante l’individuazione della causa mortis della
piccola Michela ILARDI, che gli Ausiliari nominati in primo grado
hanno ricollegato – in termini di certezza– alla insorgenza nella bam-
bina della patologia denominata “Sindrome di Reye”, ed alle compli-
canze indotte dalla medesima patologia, che nella fattispecie in
esame ha modificato lo stato clinico della patologia per la quale ella
era stata sottoposta al richiamato trattamento terapeutico, provocan-
do l’insorgenza di uno “stato comatoso” – divenuto poi irreversibile –
che ha determinato l’arresto cardiocircolatorio, ed il conseguente exi-
tus della bambina.
In particolare, il primo Giudice ha espresso il convincimento
che i richiamati elementi di prova erano idonei per dimostrare la
colpevolezza di tutti gli imputati odierni appellanti, e la sussistenza
del nesso di derivazione causale (determinante) del decesso della
45
piccola Michela dalle condotte omissive, e dall’imperizia, ascrivibili a
ciascuno dei medesimi imputati, e specificamente:
1)per quanto riguarda la posizione dell’imputato PULEO Edoar-
do, quale Primario della Divisione pediatria dell’ospedale “Umberto
I°” nella città di ENNA, la sua responsabilità colposa (concorrente) al
decesso della piccola Michela ILARDI, è stata riferita alle seguenti
circostanze in fatto:
1.1) per essere stato informato, trovandosi in servizio nel
reparto ospedaliero da lui diretto il giorno in cui la bambina venne
ricoverata (in occasione della prima degenza) sulle sue condizioni e
sul trattamento farmacologico che le veniva praticato (“… dallo
svolgimento dei fatti, accertato in sede dibattimentale, è emerso che
la bambina nel corso del primo ricovero è stata seguita da tutti i
quattro medici oggi imputati; Antonina Cascio” – madre della piccola
Michela – “infatti ha ricordato che al momento del ricovero erano
presenti il dott. Margani e il dott. Emma e che successivamente era
intervenuto il dott. Puleo ed ha precisato che tutti i quattro medici ” –
(inclusa la sunnominata Dott.ssa M. Calvino, la cui posizione
processuale è stata definita dal primo Giudice con sentenza assolu-
toria) – “effettuavano giornalmente la visita alla figlia ricoverata”: cfr.,
sentenza primo grado pp. 46 – 47);
1.2) per avere partecipato al “consulto” finalizzato alla
decisione in ordine alla definizione del trattamento terapeutico da
sommini- strare alla bambina, in occasione della richiamata “visita di
controllo” (la prima dopo la cessazione della prima degenza
ospedaliera), il 28/ 6/1996, quando venne rilevata la persistenza del
fenomeno di irrita- zione cutanea (le “bollicine”) che aveva
interessato le estremità infe- riori e superiori della piccola Michela
(“…la situazione presentatasi all’esito delle analisi effettuate il 28
giugno 1996 richiedeva la so- spensione della terapia a base di
acido acetilsalicilico e l’effettua- zione di controlli ulteriori (…..). Non
può non evidenziarsi che i medici nel limitarsi a stabilire puramente e
semplicemente, senza alcuna avvertenza specifica e senza una
46
stretta osservazione della pazien- te, una riduzione del farmaco da
somministrare, non hanno provve- duto in maniera adeguata ad
evitare i rischi correlati alla continuazio- ne della somministrazione di
acido acetilsalicilico”: v. sent. primo gra- do cit., p.47; “…. La
decisione di proseguire la terapia e l’assenza di controlli idonei
hanno invece determinato l’insorgere della sindrome di Reye che ha
portato al decesso Michela Ilardi, cosicchè la con- dotta tenuta dai
medici che,riuniti a consulto, hanno assunto la deci- sione ora
criticata, deve ritenersi sia eziologicamente che psicologi- camente,
…….., collegata con il decesso della paziente, e da ciò discende la
rilevanza penale della condotta seguita in questa fase dai medici
intervenuti il 28 giugno 1996”: sent. primo grado cit., p. 48);
1.3) la condotta colposa ascrivibile al Puleo si qualifica con
maggiore intensità (e rilievo)rispetto a quella degli altri sanitari addet-
ti allo stesso reparto suoi coimputati, avendo egli rivelato un “…mag-
gior grado di imperizia, nell’evidenziare i fattori di rischio, nonché di
negligenza, nel decidere di proseguire la terapia e nell’omessa predi-
sposizione di un serrato monitoraggio”, in considerazione della
responsabilità primariale che gli competeva per l’incarico a lui asse-
gnato, considerato che il suddetto appellante ,“….in qualità di prima-
rio, pur avendo la funzione di indirizzo, di controllo e di direzione del-
le valutazioni diagnostiche e delle scelte terapeutiche (….) e pur
avendo valutato unitamente agli altri due medici le condizioni della
piccola paziente ed i rischi della terapia, non aveva considerato con
la superiore ponderatezza richiesta dalla maggiore esperienza matu-
rata, quali fossero le misure da adottare e non aveva provveduto ad
informare la madre sui rischi della situazione e sugli specifici sintomi,
alla comparsa dei quali la medesima avrebbe dovuto riportare la fi-
glia in ospedale o avvertire i medici, né sulle specifiche misure che
avrebbe dovuto prendere nell’immediato nell’ipotesi in cui i predetti
sintomi fossero comparsi, né infine aveva disposto in maniera tale
che questa attività informativa venisse svolta da uno degli altri due
medici, mentre si era limitato con superficialità alla generica
47
semplice richiesta di informazioni alla madre in ordine a quanto
riferitole dal dott. Margani e ad accondiscendere alla risposta datagli
dalla Cascio sul generico contenuto delle istruzioni impartite dal dott.
Margani”);
1.4) la circostanza che lo stesso Puleo sia risultato assente dal
servizio il giorno 4/ 7/1996 (avendo richiesto un giorno di congedo
ordinario), sarebbe inidonea ad escludere la rilevanza (ai fini del giu-
dizio sulla graduazione della colpa) dei rilevati profili di responsabilità
colposa a lui addebitabili.
2) per quanto riguarda la posizione dell’appellante MARGANI
Salvatore, la sua responsabilità colposa (concorrente) al decesso
della piccola Michela ILARDI, è stata riferita dal primo Giudice alle
seguenti circostanze in fatto:
2.1) per essere stato informato,trovandosi in servizio nel
Repar- to ospedaliero in cui prestava servizio anche all’epoca dei
fatti in relazione ai quali l’Ufficio del Pubblico Ministero in primo
grado ha esercitato l’azione penale, il giorno in cui la bambina venne
ricovera- ta (in occasione della prima degenza)sulle sue condizioni e
sul tratta- mento farmacologico che le veniva praticato (cfr.,
sentenza primo grado pp. 46 – 47);
2.2) per avere anch’egli partecipato(insieme al Puleo,ed all’altro
coimputato Emma), al “consulto” finalizzato alla definizione del tratta-
mento terapeutico da somministrare alla bambina, in occasione della
richiamata “visita di controllo” (la prima dopo la cessazione della
prima degenza ospedaliera), il 28/ 6/1996, quando venne rilevata la
persistenza del fenomeno di irritazione cutanea (le “bollicine”) che
aveva interessato le estremità inferiori e superiori della piccola Mi-
chela (cfr., sentenza primo grado pp. 46 – 47);
2.3) per avere formulato un “consulto telefonico” il giorno 3/ 7/
1996, rispondendo alla chiamata inoltrata sulla sua utenza di telefo-
nia mobile dalla madre della bambina – il cui utilizzo egli aveva
espressamente autorizzato – omettendo di disporre l’immediato rico-
vero ospedaliero della bambina quando venne informato che la pic-
48
cola Michela aveva accusato conati di vomito, essendosi invece limi-
tato – per quanto ha ammesso lo stesso Margani – ad invitare i geni-
tori della bambina a prendere contatto con i medici addetti alla me-
desima divisione pediatria dell’ospedale “Umberto i°” suoi colleghi,
dato che “….anche tale raccomandazione non sarebbe risultata
adeguata e sufficientemente pressante al fine di fare comprendere ai
genitori la gravità della situazione, atteso che i genitori, seguendo le
sue istruzioni, avevano sospeso la terapia a base di Cemirit ed
avevano somministrato alla figlia lo Zantac e non avevano portato la
bambina in ospedale. In considerazione del quadro clinico che
presentava Michela e tenuto conto dei dati di laboratorio noti al
medico, emergevano elementi idonei,se non a formulare una
diagno- si di sindrome di Reye, quantomeno a fare sorgere il
sospetto di tale evenienza e ad imporre il ricovero immediato della
bambina per effet- tuare esami di laboratorio ed, in caso positivo,
iniziare la terapia indi- cata dai periti: sarebbe stato necessario
quindi invitare i genitori di Michela non solo a sospendere il Cemirit,
prescrivendo un epato- protettore, ma a fare ricoverare al più presto
la bambina, perché si accertasse l’insorgenza della sindrome di
Reye o eventualmente si escludesse tale evenienza (…..). Questa
condotta alternativa avreb- be consentito una diagnosi tempestiva
della sindrome di Reye e, considerato che la malattia doveva trovarsi
nei primi tre stadi, e più esattamente fra il primo ed il secondo stadio
– stante l’assenza di segni di compromissione neurologica, ciò
avrebbe consentito di salvare la bambina (cfr. relazione peritale sul
punto…)” (v. sent. primo grado, pp. 50 –51).
3) per quanto riguarda la posizione dell’appellante EMMA
Federico, la sua responsabilità colposa (concorrente) al decesso del-
la piccola Michela ILARDI, è stata riferita dal primo Giudice alle
seguenti circostanze in fatto:
3.1) per essere stato informato, trovandosi (anch’egli) in ser-
vizio nel Reparto ospedaliero al quale era addetto all’epoca dei fatti
in relazione ai quali l’Ufficio del Pubblico Ministero in primo grado ha
49
esercitato l’azione penale, il giorno in cui la bambina venne ricove-
rata (in occasione della prima degenza) sulle sue condizioni e sul
trattamento farmacologico che le veniva praticato (cfr., sentenza pri-
mo grado pp. 46 – 47);
3.2) per avere anch’egli partecipato (insieme al Puleo, ed all’al-
tro coimputato Margani), al “consulto” finalizzato alla definizione del
trattamento terapeutico da somministrare alla bambina, in occa-
sione della richiamata “visita di controllo” (la prima dopo la cessa-
zione della prima degenza ospedaliera), il 28/ 6/1996, quando venne
rilevata la persistenza del fenomeno di irritazione cutanea (le “bolli-
cine”) che aveva interessato le estremità inferiori e superiori della
piccola Michela (cfr., sentenza primo grado pp. 46 – 47);
3.3) per avere formulato una diagnosi totalmente errata
quando la piccola ILARDI Michela venne nuovamente ricoverata nel
reparto al quale egli era addetto – trovandosi in servizio di turno
nella medesima circostanza – nelle ore pomeridiane del giorno 4/
7/1996, in relazione alla sintomatologia manifestata dalla bambina
nello stesso frangente (con particolare riguardo alle “allucinazioni
insorte fino a poco prima del ricovero e le manifestazioni di
aggressività avute nel corso del ricovero: …..infatti, trascurando del
tutto che la bambina presentava un quadro tipico di sindrome di
Reye, non disponeva i controlli di laboratorio né interveniva per
praticare la terapia suggerita per combattere la progressione della
sindrome di Reye ma si preoccupava semplicemente di praticare
una terapia idonea a sedare la piccola, quando invece un intervento
tempestivo, nel senso e nei tempi sopra indicati, …..,avrebbe
certamente aumen- tato le possibilità di salvezza della bambina” (v.,
sent. primo grado, p.52).
Su tali premesse, il Giudice penale monocratico del Tribunale
di ENNA ha quindi ritenuto che – valutando comparativamente le
(plurime)condotte colpose ascrivibili a ciascuno degli imputati, i profi-
li (ed il grado) di colpa rispettivamente ascrivibile fossero sostanzial-
mente equivalenti, così da legittimare l’irrogazione della medesima
50
pena a tutti gli imputati, determinata in anni due di reclusione,
denegando peraltro a tutti gli imputati il riconoscimento delle circo-
stanze attenuanti generiche, “In considerazione della gravità del
fatto commesso da chi avrebbe dovuto garantire la correttezza della
terapia praticata e tuttavia non è intervenuto al fine di evitare i rischi
connessi alla medesima e tenuto conto ancora del fatto che dai detti
imputati non venne fornito un intervento adeguato alle emergenze
del caso” (cfr.,sent. primo grado, p.52): ha peraltro riconosciuto il pri-
mo Giudice a tutti gli imputati il beneficio della sospensione condizio-
nale della suddetta pena, in considerazione dello stato di incensura-
tezza degli stessi imputati e della “natura colposa del delitto …es-
sendo ragionevolmente prevedibile che gli imputati in futuro si aster-
ranno dal commettere altri reati”.
Con la stessa decisione, il Giudice monocratico penale del
Tribunale di ENNA ha accolto le domande formulate nell’interesse
dei sunnominati prossimi congiunti della minore deceduta (i genitori,
ed i fratelli maggiorenni), costituiti parte civile nel presente giudizio,
limitatamente peraltro alla pronuncia della mera “condanna
generica” al risarcimento dei danni (morale, e patrimoniale) derivato
alle mede- sime pp.cc. dalle condotte colpose realizzate dagli
imputati.
In particolare, il primo Giudice, muovendo dalla premessa che
“…la pronuncia della condanna generica al risarcimento dei danni
non presuppone che il danneggiato abbia fornito la prova della loro
effettiva sussistenza e del nesso eziologico tra questi e la condotta
illecita dell’imputato, in quanto è sufficiente l’accertamento di un fatto
potenzialmente produttivo di conseguenze dannose” (cfr., sent.
primo grado, p.53), ha espresso il convincimento che “… il decesso
di Michela Ilardi, del tutto inaspettato rispetto alle condizioni di salute
di quest’ultima che avevano determinato i genitori a rivolgersi ai
medici del reparto pediatria dell’ospedale di Enna, siano da
considerare produttive di effetti dannosi e negativi nei confronti dei
suoi familiari sia con riguardo alla sfera morale – in considerazione
51
delle sofferen- ze derivanti ai genitori ed ai fratelli per la prematura
scomparsa di Michela – sia con riguardo alla sfera della salute e
quindi al danno biologico in considerazione del fatto che tale evento
potenzialmente è suscettibile di estendere i suoi effetti, in misura più
o meno perma- nente, alla sfera della salute e dell’equilibrio fisio-
psichico delle sud- dette parti civili”: e, su tali premesse, ha
condannato in solido gli odierni appellanti al risarcimento in favore
delle stesse pp.cc. “…dei danni derivanti dal fatto-reato accertato”,
rimettendo le medesime parti processuali al giudice civile
competente a decidere in via defini- tiva sulla determinazione (e
liquidazione) dei danni risentiti dalle pp. oo.
Il Giudice monocratico penale di ENNA, decidendo sulle ulterio-
ri domande formulate nell’interesse delle medesime pp.cc. costituite
per conseguire la liquidazione di una provvisionale esecutiva
sull’am- montare prevedibile dei danni subiti in conseguenza delle
condotte penalmente rilevanti ascritte agli imputati, ha espresso la
valutazione secondo la quale nella fattispecie in esame, “…proprio in
considera- zione della alta lesività alla sfera morale che deriva da un
evento quale la perdita di un figlio e di un fratello, sia in termini di
dolore conseguente al venir meno del familiare sia in termini di
perdita, più o meno temporanea, della serenità, essendo stato
accertato che il decesso di Michela Ilardi è la conseguenza della
commissione di un reato, non sussistono dubbi sul fatto che l’evento
morte ha determi- nato nei familiari della bambina deceduta,
sofferenza ed appren- sione”: e muovendo da tale premessa, ha
valutato sussistenti i pre- supposti richiesti dall’art.539,secondo
comma C.p.p., per concedere alle medesime pp.cc. la liquidazione
provvisionale richiesta, che ha determinato – differenziandone
l’importo secondo la prossimità del grado di parentela – in
€25.000,00 (per ciascuno dei genitori della bambina deceduta), ed in
€10.000,00 (per ciascuno dei fratelli), rimettendo nuovamente le
parti processuali al giudice civile compe- tente a decidere in via
52
definitiva sulla determinazione (e liquidazione) dei danni risentiti
dalle pp.oo.
Ed ha, infine, condannato gli imputati (in solido) alla rifusione
delle spese di costituzione e difesa sostenute dalle stesse pp.cc.,
nella misura liquidata in dispositivo.
2) I MOTIVI DI IMPUGNAZIONE DELLA SENTENZA.
La suddetta decisione è stata ritualmente appellata dai di-
fensori degli imputati, che ne hanno chiesto l’integrale riforma, con
l’assoluzione degli stessi dall’imputazione ascrittagli.
Esaminando singolarmente le posizioni di ciascun appellante,
gli imputati hanno formulato i seguenti motivi di impugnazione:
2.1) L’appello dell’imputato MARGANI Salvatore.
L’appellante MARGANI Salvatore, ha chiesto la riforma della
sentenza pronunciata dal Giudice monocratico penale del Tribunale
di ENNA, deducendo, con unico motivo di appello variamente artico-
lato:
1.a) un’ asserita conduzione “anomala” delle indagini, dato che
queste hanno interessato da quando furono avviate unicamente la
condotta dei sanitari addetti al Presidio ospedaliero “Umberto I°” di
Enna, mentre non hanno interessato i sanitari del presidio nella città
di Palermo in cui si è verificato il decesso della piccola Michela
ILARDI;
1.b) l’acquisizione nella prima fase delle indagini preliminari, da
parte dell’Ufficio del P.M. in primo grado, di una relazione speciali-
stica (redatta dai Dottori Guerrera – Bianchi – Salamone, all’uopo
specificamente delegati quali propri CC.TT. dallo stesso P.M.), indu-
cendo l’organo dell’accusa – alla luce delle valutazioni formulate dai
sunnominati specialisti, a richiedere l’archiviazione della notizia di
reato;
53
1.c) a seguito del rigetto della richiesta di archiviazione formula-
ta dal P.M., e della (conseguente) riapertura delle indagini prelimi-
nari, dall’assunzione di un incidente probatorio davanti al G.I.P. del
Tribunale di ENNA che lo aveva ammesso su richiesta formulata
nell’interesse delle pp.oo., peraltro “irritualmente” (essendo stato
espletato tale mezzo istruttorio successivamente alla scadenza del
termine massimo di durata delle indagini preliminari, con violazione
dell’art.408 C.p.p.), con il quale era stata disposta una ulteriore inda-
gine specialistica, delegata a professionisti estranei all’ambiente
accademico facente capo all’Università di Catania, essendo i medici
catanesi “sospettati dal G.I.P. di essere vicini ai medici di Enna”;
1.d) dalla successiva ammissione nella fase dibattimentale in
primo grado di una nuova perizia (delegata ai sunnominati
specialisti, il Dottore Eduardo SCALICI ed il Prof. Mario PALAZZO
ADRIANO dell’Università di Palermo),anch’essa peraltro
asseritamente disposta “in violazione dei più elementari diritti di
difesa degli imputati”.
Ha quindi espressamente rilevato la difesa dell’appellante Mar-
gani, che l’iter processuale del primo grado è stato caratterizzato da
un “pesante” condizionamento esercitato dalle pp.oo. (“..che, in
maniera clamorosa ed inquietante, fanno sentire la propria voce
incidendo pesantemente nel corso delle stesse indagini”), eviden-
ziando che l’impianto motivazionale della sentenza di primo grado è
pressocchè interamente sorretto proprio dalle dichiarazioni testimo-
niali delle stesse pp.oo. (in particolare, i coniugi ILARDO-CASCIO,
genitori della bambina deceduta), e dai giudizi formulati dai suddetti
Periti Scalici-Palazzo A., le cui conclusioni sono invece “contradditto-
rie e prive di fondamento scientifico”, considerato inoltre che in parti-
colare il profilo professionale del primo perito (il Dottore Scalici),
rivela l’assenza di una specifica preparazione (e competenza) “sulle
tematiche di pediatria e neurologia pediatrica”.
Muovendo da tali premesse, la difesa dell’imputato MARGANI
ha quindi contestato:
54
1.e) la corrispondenza alla realtà fattuale delle dichiarazioni che
hanno reso nella fase istruttoria dibattimentale in primo grado i
sunnominati Sigg. Ilardi - Cascio genitori della piccola Michela, con
particolare riguardo alle circostanze riferite ai medici della Divisione
pediatrica dell’ Ospedale “Umberto I°” nella città di Enna sulla
richiamata patologia (congenita) da cui la bambina era affetta (alla
pari di uno dei fratelli maggiori: la “sindrome di Charcot-Marie
Tooth”) avendo essi riferito solamente nella deposizione
dibattimentale in pri- mo grado di essere “consanguinei”:
circostanza, quest’ultima, che assume una specifica rilevanza nella
fattispecie, per quanto ha evidenziato il Perito incaricato dallo stesso
appellante (il Prof. Salva- tore MUSUMECI, Docente di Pediatria
all’Università degli Studi di SASSARI), il quale ha in particolare
evidenziato in ordine a tale circostanza che, “Il fatto che i genitori
della bambina siano consan- guinei può far pensare a malattie
metaboliche di carattere recessivo che possono essere alla base di
quadri simil Reye. In questo caso la Reye non sarebbe nè legata
all’aspirina, né legata ad una malattia specifica virale, ma sarebbe
un epifenomeno di una situazione metabolica che precipita per
eventi ancora a noi sconosciuti. Vi sono delle malattie metaboliche
che hanno un quadro simile alla sindrome di Reye. Il fatto che i
genitori siano cugini ha determinato la manife- stazione nella
bambina della malattia di Charcot Marie, malattia a carattere
ereditario. Il rapporto di consanguineità potrebbe anche valere come
probabile causa per l’insorgenza di una ipotetica malat- tia
metabolica, che nel caso di specie non è stata mai approfondita. Le
malattie metaboliche sono malattie molto rare e non tutti i laboratori
nazionali sono attrezzati per poterne documentare l’origine, cioè
riuscire ad identificare quale è il difetto. Quindi può essere presa in
considerazione la possibilità che più che una sindrome di Reye in
senso stretto si sia trattato di una sindrome simil Reye, in tal caso il
ruolo dell’aspirina nello scatenamento della malattia sarebbe stato
ancora più complesso da valutare”.
55
1.f) la corrispondenza alla realtà fattuale delle (ulteriori) dichia-
razioni che hanno reso nella fase istruttoria dibattimentale in primo
grado i medesimi Sigg. Ilardi-Cascio, in relazione ai giudizi che nella
richiamata deposizione dibattimentale hanno riferito di avere
appreso dal sunnominato Prof. Ferriere (che li aveva formulati a loro
specifica richiesta),circa l’individuazione delle cause che avrebbero
determina- to l’insorgenza della Sindrome di Reye (asseritamente
riferita alla somministrazione di un forte dosaggio di preparazioni
farmacolo- giche, ed in particolare dell’aspirina), laddove lo stesso
Prof. Ferrie- re, nella deposizione assunta a seguito della
“Commissione rogato- ria” (internazionale) ha dichiarato – fra le altre
circostanze riferite nel corso della audizione – che egli aveva avuto
dei contatti telefonici con i Sigg. Ilardi “solamente nel quadro della
malattia acuta della bambina…Per quanto mi riguarda mi era
totalmente impossibile fare una diagnosi (confermare o invalidare)
per telefono…..E’ possibile che dalle informazioni telefoniche date
dai genitori abbia detto che in alcuni casi una dialisi sarebbe potuta
essere presa in considera- zione. Tuttavia, nel caso specifico, non
mi competeva dare un parere e influenzare così una decisione dei
colleghi italiani. In ogni caso, non disponevo di elementi biologici
sufficienti che potessero farmi avere un quadro clinico ben chiaro.
Non è stata mai mia intenzione formulare critiche o rimproveri per il
modo con cui la bambina è stata presa in cura dai miei colleghi di
Palermo. D’altronde ignoravo completamente che Ilardi Michela era
affetta da una corea reuma- tica”;
1.g) la metodica utilizzata dai Periti nominati d’ufficio nella fase
dibattimentale in primo grado deve ritenersi del tutto erronea, infi-
ciando conseguentemente i giudizi (e le conclusioni) che essi hanno
successivamente formulato: ha quindi richiamato sul punto la difesa
dell’appellante MARGANI, le deduzioni formulate nelle relazioni
depositate nel giudizio di primo grado,dal Prof. Achille CAPUTI (Ordi-
nario di Farmacologia all’Università degli Studi di MESSINA) e dal
Dottore Vito MILISENNA, entrambi incaricati quali Periti di parte
56
nell’interesse del medesimo appellante, con particolare riguardo ai
giudizi che i Periti nominati ex officio hanno espresso dubitando della
correttezza della diagnosi di “corea reumatica” formulata dai sanitari
della Divisione pediatrica dell’Ospedale “Umberto I° (“…affermazione
che avrebbe potuto trovare spazio scientifico solo in contrapposizio-
ne ad altra ipotesi diagnostica che invece non viene mai formulata”,
considerato che, “… appare metodologicamente corretto formulare
diagnosi di probabilità anche arricchendo il tutto sotto l’aspetto della
percentualizzazione matematica o di indirizzo (probabilità scarsa,
discreta)”;
1.h) i Periti nominati nella fase dibattimentale di primo grado
erano inoltre incorsi in rilevanti errori diagnostici, avendo in particola-
re omesso di considerare che la bambina aveva accusato un episo-
dio di otite nei tre mesi che hanno preceduto l’insorgenza della co-
rea, trascurando quindi un elemento di valutazione “ importante e
pro- babilmente causale del reumatismo articolare”, arrivando ad
esclu- dere che ella avesse realmente contratto la patologia
denominata “corea di Sydhenam”, omettendo però di chiarire la
genesi dei “movimenti incoordinati ed involontari di tipo coreiforme”
accusati dalla piccola Michela e di formulare una “spiegazione
alternativa” alla predetta sintomatologia.
I Periti nominati dal primo Giudice hanno poi trascurato di
valutare la rilevanza dell’ulteriore patologia (“insufficienza mitralica
con rigurgito”) che era stata parimenti diagnosticata alla bambina
all’esito dei due esami ecocardiografici che le furono praticati duran-
te la degenza ospedaliera, nonostante che “la valvulopatia è un
secondo criterio maggiore di Jones, per affermare la presenza di
una malattia reumatica”.
Al contrario, l’appellante MARGANI (e gli altri sanitari che ave-
vano seguito l’evoluzione clinica della patologia manifestata dalla
piccola Michela) “…non avendo ipotesi alternative,interpretano corea
e valvulopatia come segni di una malattia reumatica e, quindi, impo-
stano correttamente la terapia”, cosicchè, essendo preoccupati “che
57
l’insufficienza valvolare, insorta rapidamente (tre mesi dall’otite),
evolva verso l’insufficienza ventricolare, ..prescrivono giustamente
l’acido acetilsalicilico, alle dosi raccomandate in letteratura per la
profilassi e la terapia della cardite”.
Analogamente, la riduzione nella misura del 20% rispetto al
dosaggio iniziale della somministrazione di aspirina decisa in occa-
sione della visita di controllo in “day hospital” effettuata il 28/ 6/1996,
è conforme ai suggerimenti della letteratura scientifica più
qualificata, mentre la decisione di non sospendere (totalmente) la
somministra- zione di tale farmaco è dipesa dalla circostanza che “…
oltre al dato biochimico (salicemia elevata) non trovano altri sintomi
di intossica -zione (quali GOT e GTP elevate, vomito,
iperventilazione, depres- sione e/o eccitazione del sistema nervoso
centrale)”, e per la ragione che il trattamento con acetilsalicilato “è
l’unico che permette di bloc- care la malattia reumatica”.
Pur configurandosi l’opportunità di anticipare i tempi del
controllo successivo per monitorare l’evoluzione dello stato clinico
della bambina, “…ciò non avrebbe modificato il decorso della malat-
tia”.
La sintomatologia cutanea si era manifestata durante la prima
degenza ospedaliera, anteriormente all’avvio della somministrazione
del “Cemirit”, e non è apparsa di particolare rilievo in occasione del-
la predetta visita di controllo (quella effettuata il 28/ 6/1996), “al
punto da non essere riportata nella cartella clinica”, cosicchè si deve
fondatamente ritenersi che in quella data le manifestazioni cutanee
fossero completamente risolte.
L’ulteriore sintomatologia la cui comparsa è stata registrata
dalla madre della piccola Michela il giorno antecedente il secondo
ricovero della bambina (il 3/ 7/1996), non fu rilevata all’atto del nuovo
ingresso in ospedale, allorchè venne riscontrata la presenza di uno
stato di “agitazione e disorientamento” (“la bambina non ha febbre,
presenta condizioni discrete, ha addome trattabile, le pupille sono
isocoriche normo reagenti alla luce, non ha segni meningei”):
58
pertanto, considerata la peculiarità della sintomatologia indotta dalla
sindrome di Reye, “è difficile pensare che i sanitari avrebbero potuto
subito diagnosticare tale malattia al momento del secondo ricovero”.
Durante la seconda degenza ospedaliera, peraltro, i sanitari
che hanno seguito l’evoluzione clinica delle condizioni della bambina
hanno formulato “una spiegazione alternativa”, ipotizzando che la
ripresa della sintomatologia coreica fosse derivata “dalla sospen-
sione del Serenase e dell’aspirina”, determinandosi conseguente -
mente a praticare una terapia farmacologica diretta alla “sedazione”
della piccola paziente “…(ridandole Serenase e Valium) in attesa
che il quadro sintomatologico si chiarisse”: pertanto, “il C.T.U. non
consi -
dera nessuna ipotesi alternativa alla sindrome di Reye per spiegare
il comportamento dei sanitari”.
1.i) l’appellante MARGANI, sin dalla fase delle indagini dele-
gate alla Polizia Giudiziaria dall’Ufficio del P.M. in primo grado,
aveva reso circostanziate indicazioni di ordine scientifico – che non
sono state valutate dai Periti nominati ex officio – per chiarire com-
piutamente il proprio operato professionale, ed ha in particolare rife-
rito che la diagnosi di insorgenza della “sindrome di Reye” non può
essere ritenuta certa, per le seguenti ragioni:
- “non è stata fatta la diagnosi differenziale con le encefalopatie
metaboliche: non sono stati fatti esami volti a differenziare deficit da
carnitina, deficit di acetyl-COAdeidrogenasi, organico acidurie, difetti
del ciclo dell’urea, malattie che danno una sintomatologia clinica e di
laboratorio sovrapponibile alla s. di Reye”.
- “Non è stata eseguita biopsia epatica o muscolare: unico esa-
me che può confermare la diagnosi con certezza”.
- “Al momento del trasferimento a Palermo l’ammoniemia è
ancora nella rorma e la TAC non evidenzia segni di ipertensione
endocranica”.
- “La sindrome di Reye è sempre legata ad una infezione virale
(influenza o varicella): in questo caso non vi sono segni clinici di
59
precedente infezione virale. Nel foglietto illustrativo del Cemirit si
evince che il M.d.S. consiglia prudenza nell’utilizzo dell’aspirina solo
in caso di malattie virali, in particolare influenza e varicella”.
Circa la correttezza della diagnosi di “corea reumatica”, il MAR-
GANI aveva riferito che:
- “L’O.M.S. e tutti i trattati di pediatria suggeriscono di porre
diagnosi di malattia reumatica gni qualvolta si riscontra Corea quale
segno isolato non accompagnato da nessun altro segno di
laboratorio o cardite. Anche in questo caso come segno isolato non
accompagnato da altri segni di laboratorio.
La cardite si manifesta con la comparsa di soffio cardiaco prima
non rilevato. Nel caso specifico la piccola non aveva mai presentato
soffi cardiaci ed il soffio è stato attribuito ecograficamente ad insuffi-
cienza mitralica: la mitrale è la valvola cardiaca più frequentemente
colpita dalla malattia reumatica”.
In ordine all’incidenza sulla diagnosi formulata delle manifesta-
zioni dermatologiche (“eritema alle mani”), l’appellante MARGANI ha
evidenziato che:
- “Non hanno nessun rapporto con la s. di Reye. Si inquadrano
nel quadro della iperreattività cutanea della piccola Ilardi, infatti la
piccola ha presentato eritema al volto già prima di iniziare la terapia
con aspirina. In ogni caso questo sintomo non è presente nella s. di
Reye e quindi non può essere utilizzato come indizio di s. di Reye”.
Sull’esito delle analisi effettuate in occasione della visita di
controllo del 28/ 6/1996, l’appellante MARGANI ha rilevato che:
- gli esami emato-chimici furono richiesti “per stabilire valori
ematici del farmaco e tolleranza”;
- nella letteratura scientifica “un aumento delle transaminasi
fino a 3 o 4 volte i valori normali non debbono indurre a sospendere
la terapia, I valori normali sono fino a 40 unità e quindi in corso di
terapia con aspirina sono accettabili valori fino a 120 – 160 unità. I
valori di t. che noi troviamo nella bambina sono lievemente sopra i
valori massimi accettabili in corso di terapia con aspirina. …ha infatti
60
TGO 57 TGP 56, aveva valori di TGO 57 prima di iniziare la terapia.
Questi valori sono.. assolutamente tranquillizzanti, dicono che la
piccola tollera bene la terapia con aspirina. La salicemia di 43 mg/Dl,
… è superiore a quello che ci siamo prefissati di 30 mg., ma non è
un valore tossico e la piccola non presenta nessun segno di
tossicità, viene quindi ridotta la posologia dell’aspirina. Il giorno 5
luglio il dosaggio di salicemia sarà di 10 mg. Abbiamo il quadro di
una piccola che tollera bene l’aspirina. Nessun segno premonitore di
S. di Reye, nessuna malattia in corso”.
In ordine alla telefonata intercorsa con la madre della bambina
(il giorno 3/ 7/1996), l’appellante MARGANI evidenzia che:
- “…alla sig.ra Ilardi erano stati forniti tutti i numeri telefonici del
reparto, il nr. del Dott. Margani era stato dato a richiesta della
madre.
Nella telefonata la madre riferisce che la piccola presentava
mal di pancia ed un episodio di vomito. Non riferisce segni di soffe-
renza neurologica. Alla madre viene consigliato: sospendere la tera-
pia con aspirina, somministrare gastroprotettore, recarsi presso il
reparto di pediatria per porre una diagnosi circa la causa del vomito”:
ed ha comunque escluso di avere avuto alcun contatto (neppure
telefonico) con il Sig. Ilardi padre della piccola Michela.
Sulla base dei richiamati rilievi, la difesa dell’appellante MAR-
GANI ha quindi chiesto l’integrale riforma della sentenza impugnata
con l’assoluzione dell’imputato per non avere commesso il fatto, “o
con altra formula ampiamente liberatoria” (in via principale);
ovvero, in via subordinata, riformare parzialmente la sentenza
di primo grado, riducendo la pena inflitta dal Giudice monocratico del
Tribunale di Enna con l’irrogazione della pena minima, determinata
previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, valutate
prevalenti: risultando la decisione appellata “del tutto immotivata” su
tale punto;
ancora, riformare parzialmente la stessa decisione, annullando
la parte relativa alla condanna al pagamento della liquidazione
61
provvisionale in favore delle pp.cc. costituite, ovvero, riducendo l’im-
porto liquidato in misura congrua, “in relazione al danno morale
ipotizzato”, accogliendo comunque la richiesta di sospensione della
provvisoria esecuzione della suddetta liquidazione (per quanto è
previsto dall’art.600, terzo comma C.p.p.);
in via istruttoria, ha chiesto l’appellante MARGANI che la
Corte adìta accolga la richiesta di disporre la rinnovazione (parziale)
dell’istruttoria dibattimentale, “…al fine di disporre, previa audizione
dei testi Bianchi e Salamone, estromessi dal primo Giudice, nuova
perizia collegiale affidata a medici specialisti in pediatria e neurologia
pediatrica per consentire l’accertamento della causa mortis”.
2.2) L’appello dell’imputato EMMA Federico.
L’appellante EMMA Federico, ha parimenti chiesto la riforma
della sentenza pronunciata dal Giudice monocratico penale del
Tribunale di ENNA, deducendo:
2.2.1) l’erroneità della decisione appellata nella parte in cui ha
ritenuto sussistente una sua corresponsabilità colposa nel determi-
nismo del decesso della piccola Michela ILARDI, trascurando di
considerare quali fossero le reali funzioni che egli disimpegnava
all’epoca del fatto all’interno del Reparto di pediatria dell’Ospedale
“Umberto I°” di ENNA (e le sue effettive responsabilità), dato che egli
era inquadrato come “aiuto”, ed era “il meno anziano” fra i sanitari
suoi pari grado addetti allo stesso reparto, “diretto dal primario dott.
Puleo .. e coadiuvato dagli aiuto anziani dott. Calvino e dott. Marga-
ni”. Infatti, secondo la disciplina di legge, regolamentare (e contrat-
tuale) dell’attività di lavoro dei sanitari impiegati presso presidi ospe-
dalieri pubblici egli “svolgeva la sua attività sotto le direttive del
primario e degli aiuto più anziani di lui”: fra questi, in particolare il
collega Margani “era specialista in pediatria ed in neuropsichiatria
infantile”, e nell’ambito della seconda specializzazione di cui era
62
titolare, “era il più esperto neuropsichiatra infantile della provincia di
Enna era l’unico …in servizio presso l’Ospedale di Enna”;
a sua volta, il Primario dello stesso reparto (il collega Puleo)
era anch’egli specializzato in neuropsichiatria infantile, e
nell’esercizio di tale competenza, “è stato per molti anni anche
direttore sanitario della sezione AIAS di Enna”;
2.2.2) in ragione della sua ridotta anzianità professionale, e
della conseguente limitata esperienza di cui era portatore, egli “…
doveva fare ragionevole affidamento sui medici specialisti a lui
sovraordinati, della cui perizia e diligenza non aveva mai avuto
motivo (né ha motivo) di dubitare”;
2.2.3) in ogni caso, pur essendo stato presente nel reparto al
quale era addetto in occasione del primo ricovero della bambina (il
10/ 6/1996), all’esito dell’istruzione dibattimentale non era stato
provato che egli si fosse occupato “..in alcun modo, nel corso della
degenza, della diagnosi e della cura della piccola paziente, la quale,
come risulterebbe dalle deposizioni dei testi Cascio ed Ilardi, sareb-
be stata visitata, controllata e curata dai dott. Puleo e Margani, unici
interlocutori dei genitori”:
Parimenti, nessuna prova è stata acquisita per dimostrare che
l’Emma “..nel lasso di tempo tra la data di dimissione dall’ospedale
(20/.6.1996) e la visita di controllo del 28.6.1996”, si sia direttamente
occupato delle condizioni della piccola Michela ILARDI, ovvero abbia
intrattenuto contatti con i suoi genitori (“i quali incontravano solo la
dott. Calvino e il dott. Margani”);
2.2.4) erroneamente il primo Giudice ha ritenuto provata la sua
partecipazione “ad un ^presunto^ consulto in data 28 giugno” (1996),
che peraltro non è stata ex professo riferita dalla madre della bambi-
na, cosicché “La presenza del dott. Emma nella stanza del primario,
a visite ultimate, non può assumere rilevanza processuale a suo
cari- co”, in quanto, “In tutti i reparti e in tutte le strutture ospedaliere
di tutta Italia i medici del reparto, sia prima sia dopo le visite in
reparto, si incontrano nella stanza del primario”: pertanto, secondo
63
l’imposta- zione difensiva dell’appellante, “La partecipazione del dott.
Emma a tale incontro con i colleghi del reparto nella stanza del
primario non fornisce prova alcuna né in ordine all’oggetto della
conversazione, né in ordine al ruolo del dott. Emma nella
formulazione della diagnosi e nella determinazione del trattamento
terapeutico”.
Ancora, lo stesso genitore della bambina, Filippo ILARDI, ha
riferito di avere conosciuto l’imputato Emma, incontrandolo all’interno
del reparto, solamente in occasione del secondo ricovero della figlia
(la sera del giorno 4 luglio 1996),non avendolo mai visto in
preceden-
za;
2.2.5) pertanto, “Nessuna diagnosi poteva concorrere a
formulare (né ha mai formulato)…, giacché la diagnosi era stata già
formulata dai dott. Puleo e Margani (e, ancor prima dal medico del
Pronto Soc- corso dott. Santi Santoro il 10.6.1996) all’atto del primo
ricovero”.
2.2.6) analogamente, “Nessun trattamento terapeutico poteva
concorrere a determinare (né ha mai determinato)”, dato che, “…per
la sua minore esperienza professionale, poteva solo prendere atto
delle determinazioni assunte dai dott. Puleo e Margani, a lui sovra-
ordinati gerarchicamente”, i quali sono stati gli unici fra i sanitari del
reparto che hanno curato (e monitorato) la bambina, rapportandosi
quali unici “interlocutori” con i suoi genitori;
2.2.7)i suddetti suoi colleghi (il primario del reparto dott.Puleo,
ed il Margani) “..alternatisi in periodi di ferie, hanno assunto la suc-
cessione tra loro della cura della piccola e, addirittura, il dott. Marga-
ni ha fornito, per essere tempestivamente informato sull’evoluzione
delle condizioni di salute, il numero del suo telefono cellulare ai geni-
tori”: cosicché, i genitori della piccola Michela informarono proprio il
Margani (il giorno 3/ 7/1996, precedente il secondo ricovero della
bambina) del sopravvenuto peggioramento delle condizioni della
figlia, “ricevendone le istruzioni”.
64
2.2.8) inoltre, non aveva deciso lui la somministrazione del
“Cemirit”;
2.2.9) in occasione del secondo ricovero della bambina,
peraltro, i genitori non gli avevano affatto riferito che era insorto il
“fenomeno allucinatorio”: e in ogni caso, “..si sarebbe trattato di un
episodio unico,…e quindi clinicamente irrilevante”: ed anzi, lo stesso
appellante aveva constatato la lucidità della piccola Michela, la quale
si era indotta ad “…^inventare^, come riferito dalla stessa madre,una
inesistente esigenza fisiologica per recarsi in bagno e sottrarsi alla
presenza del dott. Emma, da lei associata a dolorose iniezioni e
flebo”;
2.2.10) nell’ulteriore corso del secondo ricovero, da lui diretta-
mente seguito,l’appellante Emma,“…seguiva ininterrottamente e con
estrema professionalità la piccola paziente sulla base della ^corea
reumatica^, diagnosticata in occasione dei pregressi ricoveri, la cui
recrudescenza appariva perfettamente compatibile con la sintoma-
tologia rilevata”;
2.2.11) secondo la difesa dell’appellante, “Neppure i valori della
salicemia (pari a 10) erano risultati anormali e, anzi, si erano ridotti
proprio per effetto della sospensione della somministrazione di aspi-
rina Cemirit disposta telefonicamente il 3.7.1996 dal dott. Margani”.
Le condizioni cliniche della piccola Michela Ilardi subivano un
improvviso cambiamento (peggiorativo) solamente nel corso della
mattinata del giorno 5/ 7/1996, quando furono effettuate ulteriori in-
dagini diagnostiche, “…in esito alle quali il primario dott. Puleo
sospettava l’insorgenza della sindrome di Reye e disponeva l’imme-
diato trasferimento della piccola paziente al Reparto di rianimazione
dell’Ospedale dei Bambini di Palermo”;
2.2.12) in ogni caso,la sua condotta professionale in occasione
del ricovero, e della prima fase della seconda degenza ospedaliera
della bambina (nell’intervallo temporale dalle ore 17.20 del 4/ 7/1996
alle ore 8.00 del 5/ 7/1996) “..era adeguata alla sintomatologia in
atto ed alla pregressa diagnosi”: mentre il peggioramento delle
65
condizioni cliniche della piccola Michela si manifestò solamente nel
corso della mattinata dello stesso giorno 5/ 7/1996 (dalle ore 10.00),
inducendo lo stesso primario del reparto a formulare la diagnosi di
“sindrome di Reye”, la quale “aveva avuto una insorgenza e un
decorso fulminanti solo dopo le ore 10 del 5.7.1996”.
Sulla base delle richiamate deduzioni difensive, la difesa del-
l’Emma ha quindi sollecitato l’integrale riforma della sentenza appel-
lata con l’assoluzione dell’imputato, per non avere commesso il fatto
(primo motivo di impugnazione).
La difesa dello stesso appellante, ha poi ulteriormente censu-
rato la sentenza di primo grado, chiedendone l’integrale riforma, sul
rilievo che le indagini specialistiche eseguite nel corso del giudizio
non avevano comunque consentito di provare che la piccola Michela
Ilardi fosse effettivamente affetta dalla suddetta patologia (la “sindro-
me di Reye”), in quanto la relativa dimostrazione “..poteva essere
offerta solo ed esclusivamente dalla biopsia epatica o muscolare”,
che non è stata invece effettuata: considerato inoltre che la stessa
refertazione del decesso della bambina redatta dai sanitari del presi-
dio ospedaliero palermitano, ha individuato la presenza della suddet-
ta patologia come “verosimile”: in ogni caso, la stessa correlazione
causale fra la sospetta “sindrome di Reye” e l’assunzione di salicilati
non è stata accertata in termini di certezza, dato che la
“correlazione” fra l’insorgenza della patologia e l’ “assunzione di
ASA” formulata dai sanitari dell’Ospedale dei Bambini nella città di
Palermo, “…indica soltanto una rilevazione statistica (controversa e
riferita, peraltro, ad un arco temporale limitato) e non comporta
scientificamente l’attribu- zione all’assunzione di ASA (acido
acetilsalicilico) della qualità di fattore scatenante né di concausa:
non può, quindi, assurgere alla dignità di ^nesso eziologico^”.
Muovendo dalle ulteriori rilevate deduzioni, la difesa dell’ Emma
ne ha sollecitato l’assoluzione con la formula perché il fatto non sus-
siste: e, in via meramente subordinata, ha chiesto la riapertura della
istruzione dibattimentale per l’assunzione di una “perizia collegiale,
66
da affidare a specialisti forniti d particolare competenza sulla ^sindro-
me di Reye” (secondo motivo di appello).
Ancora, il suddetto appellante ha censurato la sentenza di
primo grado, sollecitandone la riforma, per avere il Giudice monocra-
tico penale del Tribunale di Enna, “…recepito e condiviso acritica-
mente le argomentazioni dei periti (non solo non convincenti ma
anche contraddittorie intrinsecamente ed estrinsecamente con riferi-
mento ai dati processuali), dei quali si contesta la correttezza”:
richia- mando integralmente, a sostegno della fondatezza di tale
deduzione, i passaggi della perizia acquisita nella fase dell’istruttoria
dibatti- mentale in primo grado, in cui gli stessi specialisti nominati
dal primo Giudice – considerati peraltro dall’appellante privi della
specifica competenza che si rendeva necessaria in relazione alle
peculiarità cliniche (e scientifiche), del caso esaminato (“…nessuno
dei due ha specifica specializzazione né pediatrica né neurologica
né cardio- reumatologica”) – avevano espresso valutazioni tecniche
erronee, peraltro pedissequamente recepite dal Giudice di primo
grado.
In particolare, secondo la difesa dell’Emma, il primo Giudice è
incorso in errore in relazione ai seguenti profili di valutazione tecnica:
1°) per avere considerato erronea la diagnosi (di “corea reuma-
tica e di insufficienza mitralica in fase cronica da pregressa infezione
streptococcica”)espressa in occasione del primo ricovero della picco-
la Michela Ilardi nel reparto pediatria dell’Ospedale di Enna,
muoven- do dal (l’erroneo) giudizio espresso dai suddetti Periti i
quali avevano escluso che la diagnosi di “infezione strepto-coccica”
potesse essere formulata nella fattispecie, “…in considerazione della
presenza di titolo anticorpale (TAS, Streptozyne, MSK) basso e
stabile nel tem- po, ma omettendo di considerare che è stato
scientificamente accer- tato che nei casi in cui la malattia si presenta
(come nella fattispecie in esame) dopo più di due mesi dall’infezione
streptococcica il TAS può essere normale”;
67
2°) per avere escluso senza un’idonea motivazione “ogni possi-
bilità di nesso eziologico tra malattie sicuramente patite dalla piccola
paziente (otite con assunzione di antibiotici e di antiinfiammatori
nell’aprile 1996) e la diagnosi di corea reumatica e di insufficienza
mitralica in fase cronica”;
3°) per avere parimenti escluso (senza un’idonea motivazione)
che la bambina fosse realmente affetta dalla suddetta patologia che
essi avevano attendibilmente diagnosticato, quale ulteriore conse-
guenza indotta dalla pregressa “otite media acuta ad eziologia
streptococcica beta emolitica di gruppo A, verificatasi circa tre mesi
prima, sottovalutata”;
4°) per non avere formulato i periti nominati dal primo Giudice
una ipotesi diagnostica “alternativa a quella, correttamente formulata
ad Enna, di malattia reumatica”;
5°) per avere altresì omesso i medesimi periti d’ufficio “…di va-
lutare la possibilità di esistenza di fattori genetici scatenanti della
^sindrome di Reye^, nonostante la piccola paziente (nata da due
cugini germani con tutto il connesso patrimonio genetico, suscettibile
di conseguenze genetiche imprevedibili) fosse affetta sin dall’età di
due anni dalla ^sindrome di Charcot-Marie-Tooth”;
6°) per avere infine escluso senza un’idonea motivazione
scien- tifica “ogni possibilità di correlazione tra le due sindromi sotto
il profi- lo genetico e sotto quello sintomatologico”.
Il difensore dell’appellante Emma ha quindi specificamente
dedotto che il trattamento terapeutico praticato alla piccola Michela
Ilardi (ivi compresa la somministrazione del suddetto “Cemirit”, e la
sua corretta riduzione “…in misura proporzionale al modesto(….) au-
mento del valore della salicilemia rilevato il 28.6.1996”) deve
ritenersi pienamente corretto, considerato inoltre che “L’esistenza di
nesso eziologico tra l’assunzione di aspirina e l’insorgenza della
^sindrome di Reye^ non è affatto un dato scientifico certo, giacché
su tale punto la letteratura scientifica è nettamente divisa in due
orientamenti: secondo una corrente il nesso esiste mentre secondo
68
la contrap- posta corrente non esiste alcun nesso”: pertanto,
l’esistenza di opi- nioni scientifiche divergenti su tale questione,
comporta che nella fattispecie considerata deve ritenersi
insussistente l’elemento psico- logico del delitto contestato
all’appellante, sia sotto il profilo della negligenza,sia maggiormente
sotto il profilo della “ignoranza di nozio- ni scientifiche certe ed
unanimemente condivise, giacché tali nozioni scientifiche erano e
sono tuttora oggetto di interpretazioni nettamen- te contrapposte”.
Ancora, il primo Giudice “ha omesso di valutare correttamente
la prevedibilità ed evitabilità dell’evento ^ex ante^ in base al parame-
tro oggettivo ^dell’homo eiusdem professionis et condicionis^”, dato
che l’appellante ed i colleghi addetti al medesimo reparto ospedalie-
ro, “si sono trovati ad operare in un caso di estrema complessità e lo
stesso perito Scalici non ha potuto nascondere la obiettiva difficoltà
di una diagnosi ^ex ante^ rispetto ad una diagnosi ^ ex post^”: cosic-
ché parimenti erronea si rivela la sentenza appellata per avere
omesso di rivalutare la condotta colposa attribuita all’appellante sub
specie della “colpa grave” (ai sensi dell’art.2236 Cod. civile).
Né può costituire un ulteriore profilo di condotta colposa l’asse-
rita trascuratezza parimenti attribuita all’appellante Emma, per avere
egli omesso di richiedere che la bambina venisse sottoposta a visita
neurologica, posto che proprio la richiamata (ulteriore) specializza-
zione in “neuropsichiatria infantile” posseduta sia dal Primario Dott.
Puleo che dall’altro coimputato Dott. Margani, rendeva superflua
l’ulteriore verifica specialistica, considerato che in particolare il primo
aveva in più occasioni “visitato e controllato” la piccola Michela Ilardi.
Pertanto, valutata l’estrema ristrettezza del lasso temporale
entro il quale l’Emma aveva monitorato la bambina in occasione del
secondo ricovero, non vi era ragione né per modificare la diagnosi
già formulata (quella di “corea reumatica”), né di riflesso per variare
il
trattamento terapeutico.
69
Muovendo dalle richiamate (ulteriori) deduzioni, la difesa
dell’Emma ne ha sollecitato l’assoluzione (anche) con la formula per-
ché il fatto non costituisce reato (terzo motivo di appello).
In via ulteriormente subordinata, il difensore dell’Emma ha sol-
lecitato la riforma (quanto meno, parziale) della sentenza appellata,
con la riduzione della pena irrogata dal primo Giudice, da ritenersi
del tutto sproporzionata, “…giacché il Tribunale non ha tenuto conto
della personalità, del ruolo e della condotta del dott. Emma né della
oggettiva difficoltà di tempestiva diagnosi di una sindrome rarissima
dalla insorgenza, dalle caratteristiche e dalla evoluzione assoluta-
men te imprevedibili” (quarto motivo di appello).
In via poziore, il Giudice monocratico penale del Tribunale di
Enna, equiparando il trattamento sanzionatorio inflitto a tutti gli impu-
tati, non ha considerato in particolare che l’Emma, nella sua posi-
zione di “aiuto meno anziano fra quelli intervenuti,ha rivestito un ruo-
lo assolutamente marginale e temporalmente circoscritto”: e ha quin-
di chiesto la concessione della circostanza attenuante prevista dal-
l’art.114 C.p. “con giudizio di prevalenza e con conseguente diminu-
zione di un terzo della pena” (quinto motivo).
Ancora,il difensore dell’Emma ha chiesto che in parziale riforma
della sentenza di primo grado, il trattamento sanzionatorio applicato
nei suoi riguardi sia rideterminato con la concessione delle circo-
stanze attenuanti generiche, che il primo Giudice ha ingiustificata-
mente negato,trascurando di valutare in favore dell’appellante lo sta-
to di incensuratezza, e la stessa natura colposa della responsabilità
penale individuata a suo carico (sesto motivo);
ed ancora, ha sollecitato la riforma (quanto meno, parziale) del-
la sentenza appellata, per avere il primo Giudice omesso di conce-
dergli il beneficio della non menzione della condanna nel certificato
del Casellario giudiziale spedito a richiesta dei privati, pur “sussi-
stendone i presupposti di fatto e di diritto” (settimo motivo).
70
Ha inoltre censurato l’ Emma la sentenza appellata, nella parte
in cui il primo Giudice lo ha condannato al pagamento in favore delle
persone offese costituite parti civili di una provvisionale esecutiva,
per la cui concessione nella specie difettavano i presupposti (di fatto
e di diritto): e ne ha quindi chiesto “la revoca e la immediata sospen-
sione dell’esecuzione” (per quanto previsto dall’art.600 C.p.c.: ottavo
motivo di appello).
Ed in via estremamente gradata, il difensore dell’Emma ha
dichiarato di insistere per l’accoglimento di tutte le istanze istruttorie,
e nelle eccezioni (processuali, e di merito) già proposte nella prece-
dente fase processuale.
2.3) L’appello dell’imputato PULEO Edoardo.
L’appellante PULEO Edoardo, ha chiesto a sua volta la riforma
della sentenza pronunciata dal Giudice monocratico penale del Tri –
bunale di ENNA, deducendo:
2.3.1) l’erroneità della decisione appellata, nella parte in cui ha
ritenuto sussistente una sua corresponsabilità colposa nel determi-
nismo del decesso, recependo acriticamente le valutazioni espresse
dai Periti nominati nella fase istruttoria del giudizio di primo grado,
per quanto concerne anzitutto la valutazione che questi ultimi hanno
espresso in ordine alla correttezza della diagnosi formulata all’esito
del primo ricovero della bambina (“Corea reumatica”), trascurando
inoltre di considerare con la necessaria attenzione le pregresse
pato- logie (in particolare, l’otite) che la piccola Michela Ilardi aveva
accu- sato in epoca prossima antecedente la predetta degenza
ospeda- liera: considerato, inoltre, che “La mancata conoscenza
della specia- lizzazione del dott. Puleo e della questione riguardante
l’otite, ha viziato sicuramente il lavoro dei periti, i loro convincimenti,
e quindi le loro conclusioni che hanno indotto in errore il Tribunale,
che dal suo canto a sua volta non ha saputo adeguatamente leggere
71
le informa- zioni che i consulenti tecnici della difesa gli hanno offerto,
ed in modo particolare quelle del Prof. Caputi”;
2.3.2) in particolare, la valutazione di colpevolezza dell’appel-
lante Puleo espressa dal primo Giudice deve ritenersi viziata sul pia-
no “logico-giuridico”, per avere individuato la compartecipazione
colposa dello stesso appellante (con i colleghi suoi coimputati) nel-
l’avere essi omesso di sospendere la somministrazione dell’acido
acetilsalicilico (ovvero, quanto meno, per non averne ridotto il dosag-
gio, disponendo contemporaneamente un monitoraggio ravvicinato
nel tempo delle condizioni della bambina), all’esito della visita di
controllo effettuata il 28/ 6/1996;
2.3.3) il primo Giudice ha inoltre trascurato di considerare che
la “sindrome di Reye ….è una rarissima ed imprevedibile patologia”,
la quale insorge “…in percentuali di casi , e quindi non sempre, in cui
a minori affetti da influenza o varicella sia stato somministrato l’acido
acetilsalicilico”: ed ha inoltre del tutto sottovalutato “….la circostanza
che la bambina fosse o meno affetta da un’infezione similinfluenzale
o da varicella nel momento in cui i medici decisero,prima di sommini-
strarle l’acido acetilsalicilico (Cemirit o aspirina) e poi di mantenerlo
riducendone la posologia anziché sospenderlo, assume un’impor-
tanza dirimente “.
In particolare, il primo Giudice “…ha omesso di considerare che
la minore nel periodo che va dal 21 giugno al 28 giugno non era
sicuramente affetta né da varicella, che aveva avuto circa sei mesi
prima e della quale era quindi divenuta immune, né da infuenza”:
circostanza, questa, che doveva indurre a ritenere nella specie inesi-
stente “la correlazione tra l’aspirina assunta dalla povera Michela e
l’insorgenza della grave patologia di cui poi è morta”;
2.3.4) parimenti erronea, secondo il difensore del Puleo, si ma-
nifesta la decisione del Giudice monocratico penale del Tribunale di
Enna, per avere questi individuato un ulteriore profilo di responsa-
bilità colposa addebitabile all’appellante in ordine alla determinazio-
72
ne (collegialmente) assunta – in esito alla prima visita di controllo
post-ricovero (quella del 28/ 6/1996) – di proseguire la somministra-
zione dell’acido acetilsalicilico,riducendone peraltro il dosaggio, inve-
ce di sospenderla: infatti, “…L’unico rischio che la minore poteva
cor- rere riguardava gli eventuali effetti di una intossicazione da
aspiri- na”, peraltro da escludersi nella fattispecie, in quanto, pur
essendo stato rilevato un valore di salicilemia di mg.43, la bambina
“…non accusava nemmeno un sintomo da intossicazione da
salicilati”,cosic- ché anche sotto questo profilo, non sussistevano le
condizioni per sospendere la somministrazione del farmaco;
2.3.5) ha pure errato il primo Giudice per avere ritenuto sussi-
stente un legame di derivazione causale fra la sindrome di Reye,
individuata quale specifica causa mortis, e l’assunzione di farmaci,
posto che la suddetta patologia “…è una malattia piuttosto rara,
imprevedibile, e della quale si sconosce la causa scatenante”, e le
analisi scientifiche sulla piccola Michela Ilardi “hanno suggerito una
correlazione eziologica tra la sindrome di Reye, uso di aspirina ed
infezione virale”: pertanto, la sentenza appellata ha ritenuto sussi-
stente la compartecipazione colposa dell’appellante Puleo nel deter-
minismo del decesso della piccola Michela Ilardi “…in assenza di
condizioni oggettive perché la si potesse valutare come rischio
eventuale”;
2.3.6) ha pure del tutto trascurato di considerare il primo Giudi-
ce che “…la sindrome di Reye si è avuta anche in pazienti a cui non
era stato somministrato l’acido acetilsalicilico”.
Sulla base delle richiamate deduzioni e valutazioni, il difensore
dell’appellante Puleo ha quindi chiesto l’integrale riforma della sen-
tenza appellata e l’assoluzione dell’imputato (primo motivo di appel-
lo).
In via subordinata, lo stesso appellante Puleo ha poi censurato
la sentenza impugnata in ordine al trattamento sanzionatorio, con
particolare riguardo alla mancata concessione delle circostanze atte-
73
nuanti generiche, sebbene il Puleo fosse incensurato, ed avesse
tenuto un comportamento processuale valutabile in senso favorevole
(secondo motivo).
3) LO SVOLGIMENTO DELLA FASE DIBATTIMENTALE NEL PRESENTE GRADO.
3.1) fissata dal presidente titolare della Sezione l’udienza per la
trattazione dibattimentale del giudizio di appello per il 25 febbraio
2003, nella stessa udienza il suddetto Presidente depositava istanza
con la quale chiedeva al Primo Presidente di questa Corte di essere
autorizzato ad astenersi per le “gravi ragioni di convenienza”
partitamente rappresentate nella medesima istanza, allegata al
verbale della medesima udienza (in atti);
3.2) il Presidente di questa Corte d’Appello,con decreto in data
26 febbraio 2003, reso in calce alla richiesta ut supra, autorizzava la
astensione;
3.3) costituito il Collegio deliberante con il presidente di Sezio-
ne supplente tabellarmente individuato, nella successiva udienza del
10 aprile 2003 – fissata dallo stesso presidente designato in anti-
cipazione dell’udienza di rinvio (originariamente individuata dal presi-
dente titolare autorizzato ad astenersi, per il 3 giugno 2003) – la trat-
tazione del processo veniva differita all’8 maggio 2003, disponendo
la (contestuale) sospensione del decorso del termine di prescrizio-
ne, in conseguenza dell’adesione di tutti i difensori (degli imputati, e
delle parti civili costituite) all’astensione dalle attività forensi delibe-
rata per la stessa giornata dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di
CALTANISSETTA, alla quale aveva aderito la locale rappresentan-
za della Camera Penale;
3.4) all’udienza dell’8 maggio 2003, il difensore designato di
fiducia dall’appellante PULEO dichiarava di aderire all’(ulteriore)
astensione dalle attività forensi deliberata per la stessa giornata dal
74
Consiglio dell’Ordine degli Avvocati,alla quale aderivano le locali rap-
presentanze della Camera Civile e della Camera Penale: la tratta-
zione del processo veniva quindi ulteriormente rinviata all’udienza
del 5 giugno 2003, con la contestuale sospensione del decorso del
termine di prescrizione;
3.5) nella successiva udienza del 19 giugno 2003, i difensori
designati dagli appellanti formulavano svariate eccezioni preliminari
(e pregiudiziali), in relazione alle quali la Sezione deliberante pro-
nunciava contestuale ordinanza istruttoria, separatamente
depositata (vedi ultra).
In particolare, il difensore dell’appellante Margani produceva
memoria difensiva sottoscritta dallo stesso imputato – corredata di
una copiosa documentazione scientifica (e medico-legale) – nella
quale rinnovava la richiesta per la riapertura (parziale) dell’istruzione
dibattimentale, finalizzata ad assumere la deposizione in qualità di
testi dei Dottori BIANCHI e SALAMONE.
Lo stesso imputato Margani chiedeva, inoltre, che la Corte
adita
disponesse il rinnovo dell’indagine peritale già assunta nella fase di-
battimentale in primo grado, sollecitando la designazione di un Col-
legio peritale, nel quale fosse in ogni caso nominato uno specialista
in pediatria – per la soluzione dei seguenti quesiti:
- “Se la sindrome di Reye abbia caratteristiche e connotazioni
scientifiche peculiari ed inconfutabili “;
- “se sussista un nesso eziologico inequivocabile tra l’assun-
zione di ASA e la sindrome di Reye”: richiesta alla quale aderivano i
difensori di fiducia designati dagli appellanti EMMA e PULEO.
Il rappresentante dell’Ufficio del Procuratore Generale si oppo-
neva sia alla richiesta di rinnovo delle operazioni peritale, sia alla
istanza per conseguire la riapertura (parziale) dell’istruzione dibatti-
mentale, prestando invece il consenso per l’acquisizione agli atti
75
dibattimentali nella presente fase processuale dell’elaborato tecnico
predisposto dai sunnominati specialisti (Bianchi e Salamone).
I difensori delle pp.cc. costituite aderivano alle richieste formu-
late dal P.G., chiedendo il rigetto di tutte le istanze proposte nel-
l’interesse degli appellanti, e la Corte riservava la decisione;
3.6) nella successiva udienza del 10 luglio 2003, la Sezione
deliberante scioglieva la riserva sulle richiamate istanze istruttorie
formulate dalle parti processuali nel rispettivo interesse, con l’ordi-
nanza contestualmente depositata (vedi ultra), rinviando per l’assun-
zione dell’attività di istruzione ivi deliberata;
3.7) nell’ulteriore udienza del 17 luglio 2003, avendo comuni-
cato alla Corte i Periti designati in primo grado – dei quali era stata
disposta la citazione a chiarimenti davanti alla Sezione deliberante –
di essere impediti a comparire per partecipare all’incombente istrut-
torio, il Presidente informava le parti di tale evenienza, e della circo-
stanza che i difensori delle pp.cc. costituite avevano depositato –
nelle more dalla precedente udienza dibattimentale – una memoria
difensiva, rinviando l’assunzione dell’incombente istruttorio;
3.8) nella successiva udienza del 24 luglio 2003, i difensori de-
gli appellanti reiteravano la richiesta per la riapertura dell’istruzione
dibattimentale, limitatamente peraltro all’assunzione quali testimoni
dei Consulenti nominati dall’Ufficio del P.M. nella fase delle indagini
preliminari in primo grado (Dottori Prof. Alfredo BIANCHI e Salvatore
SALOMONE, già nominati Consulenti Tecnici dell’Ufficio del Pubbli-
co Ministero in primo grado, ritualmente indicati nella lista depositata
per il dibattimento ed ammessi dal primo Giudice): istanza che la Se-
zione deliberante rigettava.
3.9) con altra ordinanza istruttoria assunta nella successiva
udienza dibattimentale in data 20/ 2/2004, la Corte deliberante, deci-
dendo sulle istanze ed eccezioni preliminari – e sulle deduzioni (e le
richieste istruttorie) formulate dai difensori degli appellanti, all’esito
del diniego dagli stessi formulato a prestare il consenso per l’acquisi-
76
zione degli atti di istruzione rinnovata assunti nel precedente corso
del dibattimento davanti al Collegio in diversa composizione–
nonché sulle deduzioni formulate dalla difesa delle parti civili
costituite in ordine alle eccezioni, deduzioni ed istanze proposte dai
difensori de- gli imputati, e sulle deduzioni (e le richieste istruttorie),
formulate (in via peraltro subordinata) dal rappresentante dell’Ufficio
del Procura- tore Generale,confermava la reiezione della richiamata
istanza istrut- toria diretta a conseguire la riapertura dell’istruttoria
dibattimentale (agli effetti dell’art.603 C.P.P.), per procedere
all’esame dei Dottori Prof.Alfredo BIANCHI e Salvatore SALOMONE,
rilevando inoltre che nelle more dalla precedente udienza, il
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di ENNA aveva
rimesso alla Corte il testo origi- nale della “Relazione di consulenza
tecnica sugli atti relativi al deces- so di Ilardi Michela” già depositata
– e formalmente acquisita – al fascicolo del dibattimento nella fase
del giudizio di primo grado, co- sicché tale documento doveva
ritenersi (anche materialmente) acqui-
sito al fascicolo degli atti dibattimentali utilizzabili nella presente fase
processuale.
3.2) Le eccezioni preliminari (e le istanze istruttorie) formulate nell’interesse degli appellanti.
Nel corso dell’istruttoria dibattimentale nel presente grado, la
Corte veniva richiesta di decidere in ordine a diverse eccezioni di rito
formulate in via preliminare nell’interesse degli imputati appellanti,
che in particolare riguardavano:
3.2.1) l’omessa notifica dell’atto di appello proposto dagli
imputati Dottori Margani e Puleo al coimputato Emma, e la conse-
guente violazione degli artt.584 e 99 C.P.P., che si riteneva avesse
determinato la lesione del diritto di difesa;
3.2.2) la revoca delle costituzioni di parte civile, e della liqui-
dazione provvisionale concessa dal Giudice di primo grado alle me-
desime parti civili costituite, agli effetti dell’art.82 C.p.p., a seguito
77
della sopravvenuta citazione dell’Azienda Ospedaliera “Umberto I°”
di ENNA quale responsabile civile effettuata dai Signori ILARDI
Filippo, CASCIO Antonina,ILARDI Carmelo,ILARDI Carlo e ILARDI
Angelina, quali eredi di ILARDI Michela (deceduta il 19/ 7/1996).
Decidendo sulle richiamate eccezioni, la Sezione deliberante –
con l’ordinanza dibattimentale in data 19 giugno 2003 – le ha riget-
tate, per quanto è illustrato nella parte motiva della presente deci-
sione.
3.2.3) con la successiva ordinanza pronunciata nella udienza
dibattimentale del 24/ 7/2003 la Corte adita – decidendo sulla richia-
mata istanza istruttoria formulata dalla difesa dell’ imputato Margani
(alla quale aderivano i difensori dei coimputati Emma e Puleo) –
rivolta a conseguire la riapertura dell’istruttoria dibattimentale, agli
effetti dell’art.603 C.P.P., per procedere all’esame dei sunnominati
CC.TT. incaricati dal P.M. nella fase delle indagini preliminari (i
suddetti Dottori Bianchi e Salamone), la rigettava, rilevando che:
3.2.3a) all’udienza dibattimentale del 29/ 6/2001,con il consen-
so di tutte le parti – incluse le pp.oo costituite parti civili – era stata
formalmente disposta l’acquisizione della relazione tecnica redatta
dai predetti C.T. nominati dal Pubblico Ministero (v.pag.189 della tra-
scrizione fonografica del verbale d’udienza, in atti);
3.2.3b) nella successiva udienza del 10/10/2001, accogliendo
la richiesta formulata dall’Ufficio del P.M., alla quale aveva aderito la
difesa delle parti civili (con l’opposizione dei difensori degli imputati
Margani e Puleo)il primo Giudice aveva revocato l’ordinanza che
am-
metteva l’esame dei suddetti C.T. in qualità di testimoni, “sull’evi-
dente rilievo che l’esame diretto dei medesimi fosse superfluo
all’esito della formale acquisizione delle relative relazioni scritte”;
3.2.3c) nell’istanza istruttoria reiterata dalla difesa degli appel-
lanti, non erano indicate le circostanze sulle quali i suddetti CC.TT.
avrebbero dovuto essere esaminati, né risultavano specificate le ra-
78
gioni per le quali l’esame doveva ritenersi necessario, seppure il
relativo elaborato fosse stato (formalmente) acquisito agli atti del
fascicolo dibattimentale del primo grado, con il consenso degli stessi
difensori.
3.2.3d) nelle more dalla precedente udienza, il Procuratore
della Repubblica presso il Tribunale di ENNA aveva rimesso alla
Corte il testo originale della “Relazione di consulenza tecnica sugli
atti relativi al decesso di Ilardi Michela”, che era stata già depositata,
e formalmente acquisita (come sopra precisato) al fascicolo del di-
battimento nella fase del giudizio di primo grado: cosicché tale
documento doveva ritenersi (anche materialmente) acquisito al fasci-
colo degli atti dibattimentali utilizzabili nella presente fase proces-
suale.
Le parti formulavano quindi ulteriori richieste istruttorie formu-
late dalle parti, rivolte a conseguire:
- il richiamo per un esame integrativo dei Periti nominati nella
fase istruttoria del dibattimento in primo grado;
- l’assunzione dell’esame testimoniale nei riguardi del Prof. Ce-
sare ROVELLA, Primario del Servizio di rianimazione dell’ “Ospeda-
le dei bambini G. DI CRISTINA” in PALERMO;
- l’assunzione di una relazione integrativa, all’uopo delegando
l’indagine ad uno specialista nel ramo della pediatria, fornito di speci-
fiche conoscenze in relazione alla patologia denominata “Sindrome
di REYE”.
3.3) Le integrazioni istruttorie (utilizzabili) disposte nel presente grado.
3.3.1) L’esame dei Periti nominati in primo grado (Prof. Mario PALAZZO ADRIANO e Dott. Edoardo SCALICI: udienza del 6/11/2003).
79
La Sezione deliberante, con la stessa ordinanza 24/ 7/2003,
disponeva la riapertura (parziale)dell’istruzione dibattimentale assun-
ta nel corso del giudizio di primo grado, per procedere ad un nuovo
esame (a chiarimenti) dei nominati nel giudizio di primo grado, Prof.
PALAZZO ADRIANO e Dottore SCALICI, che veniva assunto nell’u-
dienza dibattimentale del 6/11/2003).
Avendo peraltro i difensori degli imputati dichiarato nella suc-
cessiva udienza del 20 febbraio 2004 – nella quale la composizione
del Collegio per la trattazione del presente processo veniva modifi-
cata con l’inserimento del Giudice Sebastiano DI GIACOMO BAR-
BAGALLO (in sostituzione del Giudice Gabriella CANTO, la cui appli-
cazione a questa Corte d’Appello era scaduta al 31/12/2003, e non
poteva essere prorogata essendosi superato il termine massimo am-
missibile), disposto dal Presidente della Corte d’Appello con decreto
di applicazione ad processum, assunto in data 13/ 2/ 2004 – che
non intendevano prestare il consenso alla rinnovazione (previa lettu-
ra) dell’attività istruttoria anteriormente decisa, ed assunta, dal Colle-
gio dibattimentale nella precedente composizione, non può essere
utilizzato ai fini della presente decisione, e non viene quindi
richiamato nella presente espositiva.
3.3.2) l’esame del Primario dell’ospedale pediatrico di PALERMO (Prof. Cesare ROVELLA: udienza del 4/ 3/ 2004).
Nell’udienza dibattimentale in data 4/ 3/2004, la Corte deci-
dente ha assunto l’esame testimoniale del Prof. Cesare ROVELLA,
Primario del Servizio di rianimazione dell’ “Ospedale dei bambini G.
DI CRISTINA” nella città di PALERMO ove si era verificato il decesso
della piccola Michela, il quale ha preliminarmente confermato il con-
tenuto delle annotazioni cliniche e dei rilevamenti diagnostici riportati
nella cartella compilata in occasione del ricovero della bambina nel
suddetto reparto, ed ha poi ulteriormente riferito che:
80
- all’ingresso nella struttura ospedaliera da lui diretta, la piccola
si trovava già in stato di coma classificato “G.S.C. (“Glasgow Coma”)
di livello 4: ovvero, “….in uno stadio di coma in cui né la
rianimazione né nessun altro può fare niente” (cfr., p.2 della
trascrizione fonografica dell’esame);
- in ogni caso, furono praticati alla bambina tutti gli esami “di
routine” (“…esami ematochimici di routine, ..radiografia del
torace, ..intubazione e ventilazione artificiale,radiografia del torace,
catetere venoso centrale, tutta la prassi rianimatoria che viene in
questi casi seguita quando ci giunge una paziente in siffatte
condizioni”);
- in considerazione dello stato di coma avanzato nel quale
versava la piccola Michela Ilardi, non furono effettuate indagini dia-
gnostiche specificamente dirette ad individuare le origini del suddetto
stato (“La rianimazione è una branca della Medicina intensiva che
tratta funzioni vitali acutamente e temporaneamente compromesse,
pertanto la terapia che ne deriva è quasi sempre sintomatica. La
causa a noi non interessa…. .Se abbiamo tempo ..possiamo ricerca-
re le cause, ma ..quello che dobbiamo fare è sostenere le funzioni
vitali a ciò che si lasci il tempo di sopravvivenza tale da potere poi
consentire indagini eventuali. La nostra terapia non dipende
assolutamente dalla causa iniziale che porta in rianimazione, in
questi casi”: cfr., p. 3 trascrizione cit.);
- in ordine all’individuazione delle caratteristiche cliniche della
patologia denominata “s.d.R:”, il Prof. Rovella ha chiarito che con
questa denominazione nella pratica clinica si individuano “….una se-
rie di malattie che normalmente, …., coinvolgono cervello e fegato,
quindi danno coma e insufficienza epatica grave, severa”; e, sotto la
denominazione di “Reye like”, si individuano “…una serie di malattie
metaboliche, molto rare, …..di tipo connatale” (congenito?) “..
talvolta ereditario, che si verificano in età quasi sempre inferiore ai
tre anni e … comunque questo dato diagnostico differenziale può
avere importanza solo come prevenzione di un episodio che porta a,
81
o per comunicare ai genitori ^attenzione avete in famiglia questa
situa- zione, attenti a fare altri figli^, ma non ai fini del trattamento
riani- matorio,….., quando un paziente giunge in edema cerebrale
gravis- simo con l’EG piatto la terapia è solo caritatevole, ….,
essendo morto cerebralmente quel soggetto (cfr., p. 7 trascrizione
cit.);
- nella cartella clinica compilata in occasione del ricovero della
bambina nel reparto da lui diretto, è stata formulata la diagnosi di
“s.d.R.”, “….perché ci sono alcuni elementi, uno l’età della bambina,
ci fa sospettare una Reye e non una simil Reye in quanto……, gene-
ralmente le simil Reye si verificano e si appalesano entro i primi tre
anni di vita e qua discutiamo di una bambina di nove anni. …..io
avallo la diagnosi scritta da qualche mio collaboratore con la mia
firma di sindrome di Reye prima perché vedo l’età della bambina.
Secondo: quelli esami ematochimici che ho sono diciamo probativi
per una sindrome di Reye, terzo perché non sono state fatte indagini
specifiche per evidenziare la simil like Reye” (cfr., p.15 trascrizione
cit.);
- lo svolgimento di indagini diagnostiche specificamente dirette
a riscontrare la fondatezza della predetta diagnosi, avrebbe in ogni
caso richiesto un lasso temporale prolungato per l’acquisizione dei
risultati, in quanto i campioni da refertare avrebbero dovuto essere
inviati ai laboratori di altre strutture ospedaliere fuori dal territorio
regionale siciliano (l’Ospedale pediatrico “Gaslini” nella città di Geno-
va, o addirittura all’estero), con un rilevante dispendio finanziario,
che nel caso della piccola Michela si manifestava inutile ai fini del
trattamento terapeutico che si rendeva necessario in relazione al
rilevato “stato comatoso” (“……io devo fare la assistenza
rianimatoria per consentire, ove possibile, ove le condizioni
neurologiche abbiano un regresso, impossibile in quelle condizioni,
di lasciare il tempo alla paziente che poi consentirà gli esami.
….l’accertamento delle malat- tie metaboliche Reye like ad esempio
la carnitina … e alcuni enzimi che noi talvolta richiediamo, vengono
82
spediti a Genova o in America e tornano dopo un mese e…... Quindi
ai fini di un trattamento tera- peutico, a parte che qui le condizioni
escludono assolutamente che io possa cominciare delle indagini
perché non ho neanche motivo né elementi né devo cominciarli.
Ammesso che io sono curioso e mi accanisco contro un soggetto
con l’elettroencefalogramma piatto perché si tratta di accanimento a
quel punto, mi accanisco, faccio i prelievi, li confeziono in un bel
pacchetto, li spedisco al Gaslini se sono indagini che il Gaslini può
fare e dopo un mese e mezzo mi rispondono dicendo che i risultati
sono questi e c’è questo. Eviden- temente questo è un lavoro che si
doveva fare in altri ospedali,…. Perché…., la diagnosi differenziale,
la simil Reye e Reye ha due interessi,….. Uno quello di avvisare i
familiari a non fare altri figli, due prevenire quando ancora un
soggetto è vivo non quando ha l’elettro- encefalogramma piatto”:
cfr., p.15–16 trascrizione cit.);
- la finalità preventiva si ricollega alla possibilità che il pediatra
curante possa prevedere in anticipo nei riguardi di un bambino indi-
viduato a rischio per l’insorgenza di una patologia “Reye like” le
conseguenze del trattamento farmacologico da somministrare per la
cura di specifiche patologie (“…..Prevenire nel senso che se uno ….,
fa queste indagini prima, noi sappiamo che alcune situazioni pos-
sono essere a rischio di scatenare una sindrome di insufficienza
epatica e coma. Un soggetto che ha una alterazione metabolica de-
finita simil Reye che va incontro a una influenza, a una varicella o ad
altre situazioni, può scompensarsi ed allora il conoscere prima può
dare qualche vantaggio al pediatra curante rispetto al fatto di non
sapere niente del malato (cfr., p.18 trascrizione cit.);
- nel caso della piccola Ilardi, considerata la gravità (e la
irrever- sibilità) dello stato clinico rilevato all’ingresso nel suo reparto,
una biopsia si rendeva totalmente inutile (“.... ci troviamo in una
situa- zione forse di elettroencefalogramma piatto al quale
corrisponde una situazione clinica di morte con una valutazione di
Glasgow di 4, alias di irreversibilità di questa situazione. Bene una
83
biopsia muscolare non ha nessuna,… indicazione. ..perché in quelle
situazioni potreb- be essere solo e soltanto accanimento terapeutico
perché io vado a fare un esame diagnostico, se da quello ne traggo
uno scopo tera- peutico, ma se …devo semplicemente trarne uno
scopo scientifico …. non lo faccio perché ….. uno in coma
irreversibile lo ventilavo pri- ma e lo continuo a ventilare dopo…..vi è
di più per la biopsia epatica, sarebbe stato …criminale, e non avrei
trovato nessun chirurgo che” (facesse) “la biopsia epatica perché
questo lo ricordo molto bene, la bambina presentava una sofferenza
multiorgano oltre che epatica, con disturbi gravi della coagulazione.
……, perché il fegato sintetizza i fattori principali della coagulazione.
Allora a cielo aperto, cioè senza aprire, chi è che entra un ago
grande quanto un dito a fare un prelie- vo di tessuto epatico……in
questa situazione allora la ammazzo in sala operatoria” (cfr., p. 20
trascrizione cit.);
- la piccola Michela Ilardi, all’atto del ricovero nel presidio
palermitano, non presentava manifestazioni cliniche indicative di una
intossicazione da farmaci (“….se abbiamo il sospetto di intossica-
zione volontaria o procurata da altri richiediamo tutti questi dosaggi,
barbiturici, benzo-diazepine oppiacei, acido acetilsalicilico, comun-
que la bambina non aveva dei segni caratteristici di intossicazione,
questo clinicamente”:cfr.,p.43 trascrizione cit, rispondendo alla do-
manda specificamente rivoltagli dal Consigliere estensore);
- tra gli esami ematochimici “di routine” effettuati sulla bambina
non era inclusa la salicemia: “.Tra l’altro sull’elettroencefalogramma i
salicilati non indicono affatto mentre i barbiturici e le benzodiazepine
sì. ….Probabilmente non fu neanche fatto perché già ci veniva un 10
dall’ospedale di Enna. …noi abbiamo effettuato la routine degli esa-
mi ….l’emocromo completo con le prove di coagulazione perché noi
inseriamo, a parte che qui c’era una sofferenza epatica evidente e
quindi li avremmo comunque fatti, lo facciamo di routine perché poi
noi andiamo inserendo a cielo coperto cateteri, tubi etc. e dobbiamo
sapere se ci sanguina un bambino da qualche parte, se c’è il motivo
84
per il quale sanguina. E quindi l’emocromo completo, globuli rossi,
globuli bianchi, la formula (leucocitaria?) ,le piastrine e i testi della
coagulazione. Dopodiché la glicemia, la azotemia, la creatinina, gli
elettroliti serici, sodio, potassio, cloro, calcio, fosforo, magnesio
perché ….,questo quadro ematochimico già ci esclude alcune cose,
ce ne fa mettere altre. Dopodiché i test di cosiddetti funzionalità
epatica che sono le transaminasi”: cfr., pp. 43 - 45 trascrizione cit.,
rispondendo al difensore della p.c. Avv. Sorbello);
- gli esami praticati alla piccola Michela Ilardi avevano eviden-
ziato una conclamata compromissione della funzionalità epatica, che
poteva quindi giustificare la formulazione di una diagnosi di “s.d.R.”
(seppure in termini di mero sospetto: “….Quando noi troviamo delle
transaminasi ……che superano di 10-15 volte i valori della norma,
perché a fronte di un 20 di transaminasi ….credo che era 800 quindi
40 volte, ….. a quel punto e con una situazione di tipo epatico senza
ittero, questo ci orienta verso una forma di sofferenza epatica tipo
Reye, che Reye è una definizione per dire epatopatia acuta e coma.
Attenzione…,..non è che una malattia specifica, particolare, determi-
nata da, è per dire questa situazione e abbiamo richiesto, dato che ci
siamo trovati in questa situazione, la ammoniemia che invece è
para- metro non specifico però abbastanza sensibile di sofferenza,
ha una sensibilità ottima, la specificità no perché può aumentare in
tantis- sime malattie ma è molto sensibile c’è un aumento della
ammo- niemia a valori, ora non li ricordo ma comunque erano
iperbolici, ci dice che il fegato non fa la detossificazione che deve
fare e quindi è seriamente e gravemente compromesso nelle sue
cellule, nel suo potere detossificante. Quindi enzimi alti, non solo
epatici perché poi abbiamo le CPK alte e le DH alte e
iperammoniemia ci dice grave sofferenza epatica. Diciamo
l’ammonemia non è che venga fatta di routine ma quando io trovo 40
volte gli enzimi epatici più alti si richiede l’ammoniemia.- DIFESA -
AVV. SORBELLO – quindi se ho capito bene poi non avete fatto
questi esami sulla salicemia perché vi era(vate)convinti, attraverso
85
gli esami che avete fatto, della sindro- me di Reye e non
dell’intossicazione da salicilati. ROVELLA – certo. …è il criterio
anamnestico che ci fa giudicare se richiedere la salici- lemia o la
barbituremia o l’ammoniemia”:pp. 45 – 47 trascrizione cit.).
3.3.3) la perizia integrativa conferita allo specialista pediatra nominato nel presente grado (Dott. A. BURLI- NA: udienza del 25/ 3/2004).
Nella successiva udienza dibattimentale del 25/ 3/2004, la
Sezione deliberante assumeva il giuramento del Dottore Alberto
BURLINA (medico in servizio presso il Dipartimento di Pediatria
dell’Azienda Ospedale-Università di PADOVA, Responsabile della
Division of Metabolic Disorders della stessa Azienda ospedaliera),
già designato quale perito per l’integrazione delle indagini tecniche
espletate nel precedente grado di giudizio, e – acquisita l’accettazio-
ne dell’incarico da parte del medesimo specialista – gli formulava i
sottoelencati quesiti:
“Presa visione della sottoelencata documentazione, che gli
viene contestualmente rimessa in copia:
a) referto (n°9045) con la diagnosi di ingresso;
b) cartella clinica relativa al ricovero della minore ILARDI
Michela nella Divisione Pediatria dell’Ospedale “Umberto I°” nella
città di ENNA dal 10/6 al 21/6/1996 (cartella n°07500/96);
c) cartella clinica relativa al ricovero (in regime di “day hospital”)
della minore ILARDI Michela nella stessa Divisione Pediatria
dell’Ospedale “Umberto I°” nella città di ENNA il giorno 28/6/1996
(cartella n°2877/96);
d) cartella clinica relativa al ricovero della minore ILARDI
Michela nella Divisione Pediatria dell’Ospedale “Umberto I°” nella
città di ENNA in data 4/ 7/1996 (cartella n°08693/96);
e)cartella clinica relativa al ricovero della minore ILARDI
Michela nella Divisione di Rianimazione dell’Ospedale dei Bambini di
PALERMO dal 5/ 7 al 19/ 7/1996 (cartella n°8452);
86
f) relazione del Servizio Ispettivo ed Unità di Crisi del MINI-
STERO DELLA SANITA’ in data 8/ 5/1999;
g) relazione di relazione medico-legale congiunta predisposta
dal Prof. Mario PALAZZO ADRIANO e dal Dott. Edoardo SCALICI su
incarico del Giudice monocratico penale del Tribunale di ENNA,
depositata l’8/ 5/ 2001;
h) relazione di consulenza medico-legale congiunta predisposta
dai Dottori Angelo RIZZO e Paola PUGNETTI, incaricati dall’Ufficio
del Pubblico Ministero nella fase delle indagini preliminari, depositata
il 6/ 3/ 2001;
i) relazione peritale redatta dai periti Prof. Mario PALAZZO
ADRIANO e dal Dott. Edoardo SCALICI su incarico del Giudice
monocratico penale del Tribunale di ENNA, depositata l’8/ 5/2001;
l) relazioni peritali depositate dal Perito di parte nominato
nell’interesse delle parti civili costituite, Prof. GERACI Diego;
m) relazioni peritali depositate dai Periti di parte, Prof. S.
MUSUMECI, Prof. A. CAPUTI, e Dott. V. MILISENNA;
n) pareri formulati dal Service de Neurologie Pediatrique de
l’Universitè Catholique de Louvain – Cliniques Universitaires Saint
Luc in data 10/11/1992 (Dr. C. Falisse) – 18/ 7/1995 (Dr. A.
Renders) – 28/ 8/1996 (Prof. G. Ferriere) ;
o) l’ulteriore documentazione clinica depositata presso presidi
sanitari pubblici, o privati - la cui esistenza sia rilevabile dall’esame
della richiamata documentazione - che il Perito nominato ritenga
rilevante, utile, o necessario esaminare per rispondere ai quesiti
formulatigli;
p) le circostanze riferite dal Prof. C. ROVELLA (Primario della
Divisione di Rianimazione dell’Ospedale dei Bambini di PALERMO)
nella deposizione all’udienza del 4/ 3/2004;
q) copia della sentenza di primo grado, e degli atti
dibattimentali sia del primo che del secondo grado;
dica il Perito, sulla base degli atti acquisiti al processo e legitti-
mamente utilizzabili:
87
1) quale sia la causa certa, o altamente probabile, dell’exitus
della minore ILARDI Michela;
2) qualora la causa mortis sia individuata nella patologia deno-
minata “Sindrome di Reye”, accerti l’Ausiliare se la sintomatologia
manifestata dalla minore ILARDI Michela – e quella rilevata all’esito
delle indagini diagnostiche alla quale ella fu sottoposta nelle varie
fasi dell’osservazione clinica, e del trattamento terapeutico che le
venne somministrato all’esito della predetta osservazione –
consentisse di diagnosticare, o quanto meno sospettare,
l’insorgenza della medesima patologia;
3) in caso di risposta affermativa al quesito sub 2), individui il
Perito da quale momento l’insorgenza della patologia denominata
“Sindrome di Reye” potesse essere attendibilmente diagnosticata, o
quanto meno sospettata, facendo uso delle conoscenze scientifiche,
e delle competenze cliniche, connesse all’esercizio della funzione di
medici specialisti nel ramo della pediatria esercitata dagli imputati;
4) dica inoltre l’Ausiliare se la sintomatologia manifestata dalla
minore ILARDI Michela – e quella rilevata all’esito delle indagini
diagnostiche cui ella fu sottoposta nelle varie fasi dell’osservazione
clinica, e nel corso del trattamento terapeutico somministratole
all’esito della predetta osservazione – potesse essere confusa con
altre condizioni patologiche similari (c.d. patologia “simil Reye”);
5) dica ancora il Perito nominato se il rilevamento della
condizione di “febbre reumatica” diagnosticata a carico della minore
ILARDI Michela all’atto del primo ricovero presso la Divisione
Pediatria dell’Ospedale “Umberto I°” nella città di ENNA in data
10/6/1996, possa essere ricollegata eziologicamente alle patologie
(“varicella” e “otite media”) riscontrate in sede di rilevazione anamne-
stica (nella cartella clinica n°00725 redatta dalla Dott.ssa V.
BARBANO), rispettivamente risalenti al 14/12/1995, ed al 20/3/1996:
precisando comunque se le suddette precedenti patologie avessero
lasciato persistere una malattia virale;
88
6) riferisca in ogni caso l’Ausiliare se le suddette patologie
abbiano rivestito rilevanza causale (diretta, o
indiretta)nell’insorgenza della patologia denominata “Sindrome di
Reye”, anche con riferimen- to alle complicanze, recrudescenze, od
esiti delle medesime prece- denti patologie eventualmente rilevabili –
facendo uso delle cono- scenze scientifiche, e delle competenze
cliniche, connesse all’eser- cizio della funzione di medici specialisti
nel ramo della pediatria esercitata dagli imputati - sulla base del
quadro sintomatologico progressivamente manifestato dalla
bambina, ed in riferimento alle notizie sull’evoluzione del quadro
sintomatologico riferite dai genitori della minore (per quanto rilevabili
secondo il riferimento testuale riportato nella sentenza di primo
grado);
7) accerti in ogni caso il Perito se gli accertamenti diagnostici
praticati alla minore ILARDI Michela nelle varie fasi dell’osservazione
clinica alla quale fu sottoposta dagli odierni imputati, fossero ade-
guati in relazione alla consistenza (ed alla importanza) del quadro
sintomatologico progressivamente manifestato dalla medesima mi-
nore;
8) accerti inoltre il Perito se il trattamento terapeutico sommi-
nistrato alla minore ILARDI Michela fosse adeguato in relazione alle
risultanze degli accertamenti diagnostici praticati nelle varie fasi
dell’osservazione clinica alla quale fu sottoposta dagli odierni
imputati, ed alla consistenza (ed alla importanza) del quadro sinto-
matologico progressivamente manifestato dalla medesima minore:
specificando, comunque, se l’adozione di un tempestivo trattamento
terapeutico sin dalla segnalazione dell’aggravamento della sintoma-
tologia in data 3/ 7/1996, e del successivo ricovero in data 4/ 7/1996,
avrebbe potuto incidere positivamente sul decorso clinico successivo
evitando l’exitus della minore;
9) dica quindi l’Ausiliare se la sottoposizione della minore ILAR-
DI Michela ad accertamenti diagnostici differenziati - e/o ulteriori –
rispetto a quelli effettuati,avrebbe potuto fornire agli odierni imputati
89
indicazioni per la somministrazione di un protocollo terapeutico diffe-
renziato (rispetto a quello effettivamente praticato), idoneo ad esclu-
dere il rischio di insorgenza della patologia “sindrome di Reye”, o co-
munque l’insorgenza delle complicanze all’esito delle quali la minore
venne sottoposta all’ulteriore ricovero in data 5/ 7/1996;
10) con quant’altro il Perito ritenga utile, o rilevante, riferire in
relazione all’oggetto dell’indagine delegatagli da questa Autorità
Giudiziaria, anche alla luce degli studi (e delle ricerche) più accredi-
tate presso la comunità scientifica internazionale in relazione alla
patologia denominata “Sindrome di Reye”, e della c.d. “diagnosi
differenziale” in riferimento alle condizioni patologiche similari (c.d.
patologia “simil Reye”), valutata altresì l’esistenza all’epoca in cui si
è verificato l’evento per il quale è stata esercitata l’azione penale nei
riguardi degli odierni imputati (giugno–luglio 1996), di eventuali
“raccomandazioni” formulate dall’Organizzazione Mondiale della Sa-
nità (O.M.S.) - o dal Ministero italiano della Salute (già Ministero del-
la Sanità) - in ordine alla somministrazione di farmaci a base di acido
acetilsalicilico su pazienti nella fascia di età della prima infanzia”.
La Corte autorizzava quindi il Perito nominato ad accedere a
tutte le informazioni di cui fossero depositari soggetti pubblici o
privati – anche concernenti dati qualificati “sensibili” ai sensi della
vigente normativa sulla tutela della “privacy” – comunque attinenti
all’evento in relazione al quale era stato conferito l’incarico peritale,
che avesse valutato utili (o necessarie) per l’espletamento del mede-
simo incarico;
e lo autorizzava inoltre a richiedere ai medesimi soggetti il
rilascio di copia degli atti parimenti valutati utili (o necessari), per il
medesimo fine, concedendogli il termine di gg. 45 (decorrenti dal 5/
4/2004, data di inizio delle operazioni peritali), per il deposito della
relazione scritta, rinviando alla successiva udienza del 27/ 5/2004
per assumere le risposte ai quesiti formulati.
90
All’udienza di rinvio veniva quindi acquisita la relazione depo-
sitata dal Dottore Burlina, il quale compariva personalmente per as-
severare le conclusioni ivi formulate, e specificamente riferiva:
1) rispondendo al primo quesito formulatogli dalla Corte, che la
causa del decesso della piccola Michela Ilardi è stata individuata
nella c.d. “sindrome di Reye”, la quale per la sua stessa definizione
(“sindrome significa insieme di sintomi”), non individua “una eziologia
precisa”;
- le cause (potenziali) della “s.d.R.” si identificano in quelle
“tossicologica”, “infettivologica”,e quella “metabolica”(cfr., “NELSON
- text book of Pediatric”, edizione 1963;
- la “s.d.R”, interessa prevalentemente due organi, il cervello ed
il fegato (cfr., p.2 trascrizione fonografica dell’esame Burlina);
- per quanto riguarda l’interessamento del primo organo, “….. è
una implicazione infiammatoria, ma non …da agenti infettivi,…. è un
edema che via via si aggrava, portando poi la degenerazione cere-
brale e a livello epatico c’è un quadro di (steatosi), in particolare la
steatosi microvescicolare, che ….può essere definita… solo con un
prelievo bioptico di fegato in vita, anche se questo spesso appare
molto difficile e pericoloso per il paziente, oppure in fase autoptica;
- nel caso che si esamina,si tratta di “…un sospetto di sindrome
di Reye, perché non è stato eseguito l’esame autoptico nella pazien-
te”;
- l’individuazione della “s.d.R.” come causa del decesso della
piccola Ilardi, è “altamente probabile”;
2) rispondendo al secondo quesito formulatogli dalla Corte, il
Dottore Burlina ha rilevato che all’ingresso nella Divisione pediatrica
dell’ospedale di ENNA(coincidente con la seconda degenza ospeda-
liera:4 luglio 1996), alla piccola Michela Ilardi venne diagnosticato
“un aggravamento della patologia neurologica” rilevata in occasione
del precedente ricovero.
Inoltre, la bambina accusava (dall’età di due anni) la patologia
denominata (sindrome di) “Charcot Marie Tooth”, la quale fu rilevata
91
dai sanitari che l’avevano presa in carico sulla base dell’osserva-
zione clinica e del rilevamento di un quadro diagnostico “di tipo neu-
robiologico” (attualmente, la diagnosi si fonda sulla biologia moleco-
lare): ed aveva accusato circa tre settimane prima una infezione
diagnosticata come “corea reumatica” (“aveva questa patologia... le
caratteristiche cliniche che potevano…rientrare in questa patologia”:
cfr., p.3 trascrizione fonografica).
Ha quindi riferito il perito Burlina di avere rilevato una discor-
danza fra i sintomi descritti dalla madre della piccola Michela Ilardi, e
la sintomatologia registrata nella cartella clinica compilata all’atto
della seconda degenza ospedaliera della bambina (“… la parola
aggravamento va pesata, nel senso che, almeno a quanto appare
dalla lettura della cartella clinica, ho riscontrato una discrepanza tra
la sintomatologia e tra i sintomi riportati dalla madre e quelli riportati
in cartella. Certamente la paziente, per essere ricoverata, doveva
avere una certa sintomatologia”: cfr., esame Burlina ud. 27/ 5/2004,
p. 4 trascrizione).
In seguito al ricovero, le fu somministrata una terapia consistita
in una infusione di “soluzione glucosata”,più alcuni farmaci (“erava-
mo in luglio, per cui immagino che la paziente aveva presentato il
giorno prima del vomito, per cui correttamente il collega pediatra
avrà pensato di infondere una (glucosata)al cinque per cento per rei-
dratare la paziente - questo è corretto – e poi veniva somministrato
del (Decadron) e del Valium”: p. 4 trascriz.).
Peraltro, non furono praticati esami ematochimici all’atto dell’in-
gresso per il secondo ricovero.
Nel corso della notte – per quanto il Dottore Burlina ha riferito di
avere rilevato esaminando la cartella clinica del secondo ricovero –
la bambina ha accusato una recrudescenza dello stato di agitazione,
che indusse il sanitario in servizio di turno a praticare alla bambina
una seconda somministrazione di un farmaco sedativo (“una fiala di
Ansiolin”): peraltro, in conseguenza dei movimenti indotti nella pic-
cola Michela dal suddetto stato si determinava la fuoriuscita dell’ago
92
utilizzato per tale somministrazione,con la conseguenza che “….que-
sta infusione reidratante di glucosio ed (elletroliti) non veniva più
posta in atto e pertanto la paziente rimaneva senza accesso venoso
e senza infusione reidratante”: p. 5 trascrizione cit.).
In ogni caso, l’ulteriore somministrazione sedativa determinava
– per quanto risulta certificato nella medesima cartella clinica – una
stabilizzazione della sintomatologia clinica della bambina: seppure il
perito nominato nella presente fase processuale abbia precisato che
“…..non possiamo definire se questo era un arresto del peggiora-
mento della condizione clinica oppure se il farmaco avesse masche-
rato una sintomatologia che era in atto”.
In occasione della visita effettuata nella prima mattinata del
giorno successivo veniva registrato un rilevante aggravamento dello
stato neurologico della piccola Michela Ilardi (“….Da questo momen-
to il quadro clinico... si segnala un quadro clinico che potrebbe
anche rientrare in un quadro di edema cerebrale”): a seguito della
relativa constatazione, i sanitari che l’avevano assunta in carico
decisero di praticare svariate indagini diagnostiche (“una serie di
esami, sia ematochimici che neuroradiologici, atti a capire lo stato
clinico della paziente”).
All’esito dell’acquisizione dei relativi referti (registrati nella
stessa cartella clinica), fu rilevato un incremento (peraltro,
contenuto) del livello delle “transaminasi”, che il perito Burlina ha
valutato com- patibile con l’insorgenza della “s.d.R.” (“…, questo si
rivela nelle fasi iniziali della sindrome di Reye, perché necessita del
tempo prima che il fegato degeneri, ……per definizione la sindrome
di Reye necessita almeno di tre volte un aumento delle transaminasi
e i valori che ho riscontrato in cartella in questo momento erano al
limite delle tre volte”: p. 6 trascrizione cit.).
Veniva inoltre rilevata la presenza di un’elevata “acidosi meta-
bolica, ….., accompagnato da un elevato valore di acido lattico”.
Ha poi precisato il Dottore Burlina che l’esame T.A.C. (“Tomo-
grafia Assiale Computerizzata”), non ha rilevato – come nella pratica
93
clinica è stato frequentemente constatato – la presenza dell’edema
cerebrale (“….Nelle prime fasi della malattia ci può essere anche un
lag time cosiddetto dalla comparsa dell’edema, al punto che oggi
l’edema cerebrale della sindrome di Reye non viene più monitorato
attraverso una TAC, ma attraverso la misurazione pressoria conti-
nua, che è l’unica maniera corretta per valutare l’edema cerebrale.
Però nel ’96 questa tecnica era ancora agli inizi,…... pertanto questa
prima TAC, che viene refertata come negativa, poteva essere anche
una fase iniziale del processo di tipo degenerativo”: p. 6 trascrizione
cit.).
Nel proseguo della degenza la condizione clinica della bambina
subisce un ulteriore aggravamento, che induce i sanitari del presidio
di Enna ad avviarla all’ospedale pediatrico nella città di Palermo:
operazione, questa, che il Dottore Burlina ha ritenuto sia stata effet-
tuata entro un lasso temporale adeguato, considerata anche la
distanza fra i due presidi (“… la situazione clinica si aggrava, viene
deciso il trasferimento alla rianimazione, in tempi che per la mia
esperienza e mia pratica quotidiana trovo anche nella norma -
(perché) si organizzi un trasferimento c’è sempre un tempo, che non
può essere immediato – e pertanto la paziente viene poi trasferita, in
situazioni drammatiche, questo è quello che si rileva dalla lettura
della cartella,….., al reparto di rianimazione di Palermo”: p.7 trascriz.
cit.).
Il perito designato nel presente grado, ha poi espresso l’ulte-
riore convincimento secondo cui, “…..la sintomatologia iniziale pote-
va trarre anche in inganno, perché .…. la bambina soffriva di una
malattia neurologica, quale la malattia di Charcot Marie Tooth”,
seppure la mancata effettuazione di esami ematochimici all’atto del
secondo ricovero della piccola Michela Ilardi (rilevabile dall’esame
della cartella clinica), “….non poteva neanche permettere (di stabili-
re?) se la situazione iniziale potesse rientrare nella condizione
clinica di cui la bambina soffriva o si fosse già di fronte a una
situazione in peggioramento”.
94
Ha quindi espressamente rilevato il Dottore Burlina che l’as-
senza di dati ematochimici impediva di effettuare un corretto
monitoraggio delle effettive condizioni cliniche della bambina (“….
non ho dati ematochimici, che considero importanti, perché ricordia-
mo che nella sindrome di Reye ci si basa su dati quali il valore
dell’ammonio e il valore delle transaminasi, che possono essere
ottenuti solamente con un prelievo, ovviamente, di sangue e
pertanto la stadiazione della patologia al momento di ingresso della
paziente presso il reparto di pediatria non è presente; abbiamo
solamente un valore che si riferisce al giorno dopo, quando le
condizioni cliniche ... si erano di gran lunga aggravate”).
Ed ha conclusivamente espresso la valutazione – rispondendo
al secondo quesito formulatogli dalla Corte – secondo cui “….una
(diagnosi) di laboratorio…., avrebbe permesso la più attenta e più
corretta valutazione dello stato clinico della paziente al momento
dell’ ingresso” (cfr., p. 8 trascriz. cit.).
3) Sul terzo quesito formulatogli, l’Ausiliare incaricato dalla
Sezione deliberante ha riferito che seppure la prognosi di recupero
dalla “s.d.R.” sia negativa, tuttavia la conoscenza (e la consape-
volezza) progressivamente maturata nella comunità scientifica sulla
incidenza causale che la somministrazione di composti farmaceutici
a base di acido salicilico nei pazienti in età infantile riveste per l’in-
sorgenza della medesima patologia, hanno determinato una sensi-
bile riduzione dei casi rilevati (“…, la sindrome di Reye è una
sindrome... la cui prognosi... è nella maggior parte dei casi
abbastanza negativa, però bisogna ricordare che negli ultimi quattro
– cinque anni, da quando la comunità scientifica ha deciso se non di
bandire ..comunque di utilizzare il meno possibile l’acido acetil-
salicilico, si è molto ridotta”).
Il perito Burlina ha inoltre espresso l’opinione secondo la quale
“….l’acido acetilsalicilico non è di per sé tossico, altrimenti l’aspiri-
na... non sarebbe venduta in età pediatrica, però è noto che l’utilizzo
dell’acido acetilsalicilico necessita di una serie di attenzioni maggiori
95
rispetto a qualsiasi altro tipo di antinfiammatorio. Ed è per questo
che nella maggior parte dei casi oggi si preferisce …..il
paracetamolo (piuttosto che) l’acido acetilsalicilico. Pertanto questo
non è bandito dalla comunità scientifica, ma è usato con estrema
attenzione”: cfr., p. 9 trascriz. cit.).
Esaminando poi singolarmente la sintomatologia accusata
dalla piccola Michela Ilardi in occasione del secondo ricovero, riguar-
do al vomito, l’Ausiliare nominato nella presente fase processuale ha
riferito che tale manifestazione – per quanto si può desumere dal-
l’esame clinico del caso in esame – non appariva come la conse-
guenza di uno stato di infezione: ed ha quindi espresso il convinci-
mento che la “s.d.R.” può essere determinata dalla assunzione di
acido salicilico a prescindere dal dosaggio, che potrebbe essere
anche estremamente ridotto (“…… il vomito che la bambina ha
presentato il giorno prima era un vomito che…, almeno dalla lettura
clinica... non è stato associato al rialzo della temperatura, pertanto
non sembrava un vomito di tipo infettivo. Abbiamo visto che l’as-
sunzione di acido acetilsalicilico si era protratta fino al giorno prece-
dente e... leggendo le altre deposizioni peritali”, (ho rilevato) “diffe-
renti approcci per quanto riguarda... i livelli terapeutici e i livelli ema-
tici di acido acetilsalicilico nei pazienti in età pediatrica. Vorrei riba-
dire che nella comparsa della sindrome di Rei non è la quantità di
acido acetilsalicilico, ma è l’azione dell’acido acetilsalicilico che ne
provoca il danno epatico e il danno neurologico, nel senso che basta
in alcuni soggetti anche mezza aspirina per provocare un danno
epatico irreversibile. Questo è stato provato attraverso importanti
lavori”(scientifici) ”perché il processo per cui l’acido acetilsalicilico è
tossico è molto semplice: l’acido acetilsalicilico inibisce una via del
nostro sistema epatico, che è la via della (beta) ossidazione degli
acidi grassi, e la via della beta ossidazione degli acidi grassi intervie-
ne quando nel nostro organismo cominciano a scarseggiare le
riserve di tipo glucidico, cioè quando gli zuccheri scendono l’orga-
nismo utilizza i grassi. Questo avviene regolarmente di notte, ma
96
avviene ancora di più se il paziente, per esempio, ha un vomito, se
in ogni caso non ingerisce alcuna sostanza. Allora, l’acido acetilsali-
cilico va a inibire alcuni enzimi della beta ossidazione, poiché questa
beta ossidazione è composta da molte tappe enzimatiche, ovvia-
mente se una tappa perde la concatenazione... la regolazione che è
all’interno del mitocondrio, provoca una stasi mitocondriale e un
danno epatico; e da qui la steatosi. E pertanto ecco (l’azione) che
anche una piccola quantità di acido acetilsalicilico può provocare in
soggetti che sono tra virgolette predisposti a questo tipo di danno
epatico”: cfr., trascriz. fonografica perito Burlina, pp. 9 – 10).
4) Con specifico riguardo alla condotta professionale del sani-
tario che ha assunto in carico la piccola Michela Ilardi all’atto del
secondo ricovero, e doveva quindi monitorarne l’evoluzione clinica
nell’immediatezza dell’ingresso in reparto, e durante la prima notte
del secondo ricovero, l’Ausiliare incaricato da questa Corte ha
riscontrato l’assenza di una rilevazione notturna dello stato neurolo-
gico della bambina: ed ha inoltre stigmatizzato criticamente la deci-
sione di somministrarle il suddetto preparato farmacologico con
effet- to sedativo (l’ “Ansiolin”?) (“La valutazione,…., epatica
necessita del tempo, la valutazione neurologica della paziente,
secondo quello che ho letto dalla testimonianza della madre c’era un
netto peggiora- mento per quanto riguarda il quadro neurologico; la
valutazione da parte del medico... c’è una valutazione iniziale,
durante la notte non rilevo nessuna valutazione e, se non sbaglio, mi
sembra che il me- dico di guardia abbia prescritto via telefono
all’infermiera la sommi- nistrazione di un’altra fiala di ansiolitico.
Ovviamente questa ha un effetto, …..che va a coprire qualsiasi
reattività del paziente e pertan- to, quando l’effetto va a scemare, la
rivalutazione del quadro clinico è ormai quello di una situazione
neurologica molto grave. E pertanto definirei... era molto difficile
durante la notte avere una valutazione corretta per... una mancanza
dal punto di vista medico della valuta- zione del paziente, sia perché
è stata somministrata questa fiala di barbiturico”: p.11 trascriz. cit.).
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5) In relazione al quesito concernente la possibilità di formulare
una “diagnosi differenziale” della patologia in esame (c.d. “Reye
like”, o “simil Reye”: cfr., l’esame dibattimentale del Prof. Rovella,
cit.), il perito Burlina ha inoltre rilevato che il monitoraggio del quadro
clinico della piccola Michela Ilardi ha totalmente trascurato di consi-
derare – nell’inquadramento diagnostico delle condizioni della bam-
bina – la sussistenza di un’origine metabolica delle predette manife-
stazioni cliniche (“…La sindrome di Reye è una... sindrome, pertanto
può essere determinata dall’acido acetilsalicilico, e qui c’è letteratura
…..a favore, ma c’è anche letteratura….totalmente contraria a que-
sta ipotesi, anche se in misura minoritaria. C’è una stretta corre-
lazione di episodi infettivi, quali influenza virus tipo A ed episodi di
varicella, ed infine ci sono le cosiddette forme tipo Reye (o Reye
Like Sindrom), che sono determinate da cause metaboliche. Ecco,
queste cause non sono mai state valutate e considero, purtroppo, la
mancanza di questa valutazione un dato importante... per esprimere
un giudizio sulla causa che ha portato al decesso la piccola Michela.
Aggiungerò che la piccola Michela aveva nove anni e tutto questo
processo” (l’evoluzione clinica del caso?) “che si è svolto durante la
notte non è certamente un processo che noi vediamo regolarmente
quando ricoveriamo un bambino in pediatria, anche in pazienti che
hanno la cosiddetta malattia di Charcot Marie Tooth. Questo, …., è
qualcosa di inaspettato. Allora, esiste in letteratura pediatrica la
cosiddetta morte improvvisa e inaspettata, che riguarda pertanto
quei pazienti che entrano in ospedale con la sintomatologia apparen-
temente non grave e che nel giro di poche ore vanno ad aggravarsi;
la maggior parte di questi, questi pazienti, è stata diagnosticata
come affetta da una malattia metabolica ereditaria. E di fatti richiamo
anco- ra quasi tutti i testi di pediatria, che” (indicano) “in alcune
patologie, ….sempre a localizzazione epatica, …..e una beta
ossidazione degli acidi grassi come causa di Reye Like
Sindrom……Questa è una cosa... un processo diagnostico
differenziale che viene incluso in tutti i protocolli di rianimazione per
98
quanto riguarda pazienti che presen- tano queste patologie”: p. 12
trascriz. cit.).
L’Ausiliare nominato dalla Sezione deliberante ha quindi formu-
lato l’ipotesi che nel caso considerato la piccola Michela Ilardi fosse
affetta da due patologie di origine “genetica”: “….è possibile che.….
una paziente che abbia già una malattia rara, una malattia genetica
possa avere due malattie genetiche? In realtà questo è anche
possibile, non è che una malattia escluda un’altra malattia, perché
stiamo parlando di malattie che sono totalmente differenti dal punto
di vista ezio-patogenetico; pertanto la presenza di una malattia,
anche se genetica, non esclude un’altra malattia che è genetico-
metabolica, perché in ogni caso ….di fronte ad un sospetto così forte
di sindrome di Reye è esclusa. E’ vero che molti di questi accerta-
menti sono difficilmente ottenibili in centri di secondo livello e sono
praticamente centri di terzo livello, però bisogna ricordare che questi
accertamenti si fanno o su un campione di sangue o su un campione
di urine e pertanto la conservazione di questi campioni in ogni caso
è di aiuto dal punto di vista della diagnosi differenziale” (p. 13
trascriz. cit.).
6) Sull’ulteriore quesito formulatogli dalla Corte per conoscere
se la diagnosi di “febbre reumatica” formulata all’atto del primo rico-
vero della piccola Michela nel reparto pediatrico dell’ospedale
“Umberto 1°” fosse corretta in relazione al quadro clinico rilevato dai
sanitari che hanno assunto in carico la bambina, il perito Burlina ha
riferito che i dati clinici utilizzabili non consentono di pervenire ad
una soluzione di segno univoco (“…..la condizione di febbre
reumatica, ….è stata abbastanza discussa dai periti che si sono
occupati di questo caso……questa definizione potrebbe essere
abbastanza controversa, perché in ogni caso non si hanno…..dati
che suffragano totalmente oppure che non siano contrari a questo
tipo di diagnosi, perché….ci sono alcuni sintomi che sono inquadrati
nella febbre reumatica ed altri che non lo sono”).
99
Esaminando poi la richiesta di approfondimento rivoltagli dalla
Corte sul punto concernente l’adeguatezza della somministrazione
terapeutica dell’acido salicilico in relazione alla richiamata ipotesi
diagnostica (“febbre reumatica”) formulata dai pediatri dell’ospedale
ennese, l’Ausiliare incaricato nella presente fase processuale ha
precisato che seppure tale somministrazione fosse prevista dai
protocolli sanitari comunemente accreditati per il trattamento della
suddetta patologia, tuttavia doveva essere (anticipatamente) valutata
la rilevata incidenza causale fra la somministrazione di composti
farmaceutici contenenti l’acido acetilsalicilico, e l’insorgenza della
“s.d.R.” nei pazienti in età infantile (“…,nella febbre reumatica l’acido
acetilsalicilico è indicato e viene anche utilizzato, ma ripeto che
l’utilizzo dell’acido acetilsalicilico nel 1996 era già materia di discus-
sione, di forte discussione... nel campo pediatrico, perché erano noti
pazienti che presentavano quadri di sindrome di Reye provata dopo
l’assunzione di acido acetilsalicilico. Pertanto, ecco, il dottor Margani,
che prescrive il farmaco, noto che consiglia …… un (…..?) attento
per quanto riguarda i valori ematici dell’acido acetilsalicilico, valori
che sono inizialmente elevati e che rimangono, in ogni caso, verso i
range alti dei cosiddetti valori di normalità per l’acido acetilsalicilico
nel sangue”: p.14 trascriz. cit.).
Il perito Burlina ha quindi espresso il giudizio secondo il quale
in ogni caso la somministrazione terapeutica del suddetto composto
farmaceutico a base di acido salicilico (il “Cemirit”) alla piccola
Michela Ilardi doveva essere effettuata dai pediatri che l’hanno as-
sunta in carico (e l’hanno seguita) nel corso della degenza nel pre-
sidio ennese con una particolare attenzione: “…ripeto che questo
utilizzo del farmaco ... come causa del processo di sindrome di Reye
va visto non solo per quanto riguarda la quantità di farmaco circo-
lante nel sangue, ma anche (per) l’effetto del farmaco stesso. E que-
sto è (segnalato?) in un articolo di due anni fa (?), dove si è dimo-
strato che non vi è alcuna correlazione tra acido acetilsalicilico e
comparsa della sindrome di Reye. Però, in ogni caso, ripeto,... se io
100
ritengo che l’acido acetilsalicilico sia l’unico farmaco idoneo al tratta-
mento del mio quadro di febbre reumatica, questo mi pone in uno
stato di estrema apprensione, per …..l’eventuale comparsa di sinto-
matologia e non solo del monitoraggio biochimico del paziente sotto-
posto a questo farmaco; questo è certamente un dato di buona pra-
tica medica” (giudizio, questo, che il suddetto Ausiliare ha ribadito
anche rispondendo alle richieste di chiarimenti formulate dal difen-
sore di parte civile Avv. Siracusano: pp.14 – 21 trascriz. fonografica
dell’esame).
7) In relazione all’altro quesito formulatogli dalla Corte, con il
quale gli è stato chiesto di riferire se durante il ricovero, l’evoluzione
clinica della piccola Michela Ilardi fosse stata seguita in forma ade-
guata, valutando correttamente la sintomatologia manifestata dalla
bambina ed il quadro rilevato in esito all’osservazione clinica (anche
in relazione alla richiamata patologia di origine genetica da cui era
affetta), l’Ausiliare incaricato nel presente grado ha riferito che, sep-
pure il quadro sintomatologico manifestato all’atto del secondo rico-
vero fosse compatibile con la malattia di Charcot Marie Tooth, e con
la richiamata diagnosi di affezione reumatica, tuttavia doveva
rilevare come inadeguata la valutazione clinica dello stato della
bambina nel proseguo della seconda degenza,riguardo alla
decisione di sommini- strarle la richiamata terapia sedativa (“…mi
risulta difficile… capire la valutazione nelle ore successive della
paziente, nel senso che ...la somministrazione ripetuta di una fiala di
(?) (doveva) essere legata ad un peggioramento della
sintomatologia, dato che questo non è un farmaco che si usa come
prevenzione di alcun sintomo. E quando il medico vede... la paziente
il giorno successivo è portato subito ad eseguire accertamenti, che
trovo estremamente corretti, sia ... dal punto di vista di laboratorio
che dal punto di vista neuroradiologico. Pertanto c’è una
discrepanza di atteggiamento tra il momento di entrata della
paziente e le ore di ricovero notturno e la valutazione del giorno
seguente, che almeno dalla lettura della cartella mi sem- bra molto
101
attivo, dato che in poche ore.... vengono eseguiti gli esami e viene
anche inquadrato il caso in maniera che …, il successivo
trasferimento presso il reparto di rianimazione di Palermo non sta
altro che a indicare come sospetta causa della gravità del quadro
clinico la sindrome di Reye. Pertanto è molto difficile, ritornando alla
domanda, definire se la …situazione fosse adeguata, perché non ci
sono dati ematochimici e anche i dati clinici che …..ho potuto
rilevare dalla lettura della cartella sono piuttosto scarsi”: p.15
trascriz. cit.).
8) Esaminando poi il trattamento terapeutico praticato alla pic-
cola Michela Ilardi, ha evidenziato il Dottore Burlina che, “…nella sin-
drome di Reye il trattamento terapeutico non è …..specifico, perché
è un trattamento di tipo rianimatorio”: ed ha espresso il convinci-
mento secondo il quale i pediatri del presidio ennese che hanno
prescritto alla bambina le somministrazioni farmacologiche praticate
nel corso della seconda degenza ospedaliera, hanno totalmente
ignorato la rilevanza sintomatologica della “acidosi metabolica” (“…
Mi sembra che non sia stato valutato, almeno dalla terapia posta in
atto, il quadro di acidosi metabolica, perché …..era un quadro gra-
ve, era stato rilevato perché è stata fatta una fiala di bicarbonato, an-
che da scritture che ho trovato in cartella, ^una fiala di bicarbonato^
non permette di quantificare quanto fosse il bicarbonato; suppongo
che una fiala fosse una fiala da 10 cc e pertanto non sembra l’aci-
dosi metabolica che trovo, in ogni caso, nel processo sindrome di
Reye…., perché la sindrome di Reye,…., scatenando un fenomeno
di (iperammonemia) porta un’alcalosi metabolica e non mai un’aci-
dosi; pertanto l’acidosi metabolica indica che c’era qualche altro
processo metabolico che stava avanzando” (cfr., p.16 trascriz. cit.).
Il perito Burlina ha quindi espressamente rilevato l’importanza
che la tempestività diagnostica riveste per l’esito del trattamento
terapeutico della “s.d.R.”, come è stato segnalato dalla più accredi-
tata dottrina scientifica (cfr., “Children”, ed. 1994: “ il successo tera-
peutico e di conseguenza la possibilità di sopravvivenza, più che
102
sull’utilizzo delle terapie specifiche si basa sulla precocità di diagnosi
e sulla stadiazione della sindrome stessa”).
Peraltro, nel caso in esame l’accertamento sulla tempestività e
sull’adeguatezza degli interventi terapeutici effettuati sulla bambina è
precluso proprio dalla rilevata inadeguatezza del trattamento prati-
cato nella fase iniziale della seconda degenza nel reparto pediatrico
del presidio ennese, che non consente di valutare l’evoluzione
clinica della “s.d.R.” (“…., il processo di stadiazione in questo caso
non è possibile, perché si può partire da una stadiazione zero a una
stadia- zione cinque, perché abbiamo un (lag) time tra inizio ricovero
e valu- tazione successiva che veramente non ha punti di
stadiazione inter- media”: p.17 trascriz. cit.).
9) Sull’ulteriore quesito formulatogli dalla Sezione deliberante,
rivolto a verificare se l’effettuazione di accertamenti diagnostici diver-
si (e ulteriori) rispetto a quelli effettivamente praticati avrebbero potu-
to suggerire un diverso orientamento terapeutico, il perito Burlina,
richiamando nuovamente la dottrina scientifica, ha riferito che “….gli
accertamenti diagnostici differenziali sono accertamenti che necessi-
tano spesso di un laboratorio di terzo livello, pertanto di un labora-
torio che non è riscontrabile in ospedali di secondo o di primo livello.
E’ ovvio che se la causa della sindrome di Reye non è una sindrome
di Reye, ma una sindrome metabolica tipo Reye, l’approccio
terapeu- tico è totalmente differente; ma questo è possibile solo nel
momento che si riesce a inquadrare in maniera corretta la diagnosi.
E riferen- doci ad un articolo pubblicato nel 2002 (sulla rivista
“Pediatry”?), su quattordici pazienti ricoverati nel più grande centro di
rianimazione pediatrica in Francia è chiaro che la prognosi... di tutti
questi pazienti è legata al momento di arrivo in ospedale. Se il
momento di arrivo in ospedale è tardivo la prognosi... cioè anche
l’intervento rianimatorio aggressivo non ha modificato l’andamento
della malattia”).
10) In ordine al quesito relativo all’individuazione della causa
mortis della piccola Michela Ilardi, l’Ausiliare incaricato da questa
103
Corte ha riferito che l’assenza del riscontro diagnostico post mortem
non consente di definirla in termini di certezza, dato che “… la man-
canza di un dato autoptico non ha permesso di definire quei quadri
che sono l’edema cerebrale e la steatosi microvescicolare, che sono
i cardini diagnostici della malattia sindrome di Reye”, seppure si
possa ritenere con criterio di elevata probabilità statistica che la
“s.d.R.” sia stata l’origine del decesso della bambina (“ ….Possiamo
però supporre che questa sia stata la causa di morte per una serie di
motivi: l’utilizzo dell’acido acetilsalicilico, che viene riportato tra le
cause di sindrome di Reye, la presenza il giorno prima di un sintomo
quale il vomito, non legato alla causa effettiva, la rapida evoluzione
del quadro neurologico e, successivamente,anche del quadro biochi-
mico, con aumento delle transaminasi e della (ammoniemia), che
certamente ci permettono di identificare questo quadro come sindro-
me di Reye o Reye Like, ma non ci permettono di darne una dia-
gnosi certa”: p.18 trascriz. cit.).
Il Dottore Burlina ha peraltro ribadito che l’incidenza statistica
della “s.d.R.” ha registrato una decisiva riduzione in seguito all’incre-
mento del livello di conoscenze sulla correlazione fra l’impiego del-
l’acido salicilico per il trattamento terapeutico in pediatria e la suddet-
ta patologia, seppure in Italia il rilevamento dell’incidenza statistica
della “s.d.R.” sia stato limitato rispetto a quanto è avvenuto in altre
nazioni (“…la frequenza di questa patologia si è drammaticamente
limitata da quando si è deciso di usare con estrema cautela l’acido
acetilsalicilico, soprattutto di fronte a quadri cosiddetti simil - influen-
zali. I dati che ho riportato ….purtroppo non si riferiscono al nostro
Paese, perché nel nostro Paese non si è mai quantificata in maniera
corretta da parte né degli organi competenti né dell’Istituto Superiore
della Sanità quale sia stata la correlazione tra sindrome di Reye e
utilizzo dell’acido acetilsalicilico, ma se prendiamo come esempio
altri paesi Europei, senza vedere i paesi Nord Americani, dove
intervengono altre situazioni di tipo strutturale e genetico differenti,
vediamo che se ci riferiamo a questi paesi una correlazione tra Aspi-
104
rina e sindrome di Reye sembra appropriata. E …. nella pratica
pediatrica questo farmaco è stato di gran lunga sostituito con altri o
antinfiammatori o antipiretici”: p.19 trascriz. cit.).
Rispondendo quindi alle richieste di precisazione formulategli
dai difensori degli imputati, e delle parti civili costituite, il Perito incari-
cato nella presente fase processuale ha ulteriormente precisato che:
- si richiedeva una “particolare attenzione” nel monitoraggio, e
nel trattamento terapeutico somministrato alla piccola Michela Ilardi,
proprio in considerazione della circostanza che, “….l’acido acetilsali-
cilico in alcuni pazienti,che molto probabilmente hanno una
predispo- sizione genetica, provoca questa inibizione a livello
epatico di alcuni enzimi,da ciò ne deriva il suo utilizzo con estrema
attenzione. L’estre- ma attenzione è quella di verificare se dopo
l’assunzione si verificano sintomi, soprattutto a carico del sistema
nervoso ed epatico, che possono essere collegati a questo”,
sebbene si debba pure considerare che la dottrina scientifica non è
unanime nell’individuare un collegamento causale (diretto) fra la
somministrazione di acido salicilico nei pazienti in età infantile e
l’insorgenza della “s.d.R.” in quanto si deve considerare anche
l’incidenza che riveste lo stato patologico per il cui trattamento detta
terapia viene somministrata (“…Altri autori sostengono che non
possiamo dire con certezza che è l’acido acetilsalicilico, perché
questo viene dato come conseguenza di un episodio febbrile,
pertanto una eventuale infezione possa avere un fattore scatenante,
…. Per cui l’attenzione è determinata proprio per un eventuale
rischio, che tra l’altro è riportato anche nel (foglio illustrativo?) della
stessa Aspirina che voi trovate normalmente in commercio”: p. 22
trascriz. cit).
Inoltre, qualunque medicinale presenta delle “controindicazioni”
che peraltro vengono segnalate nei “foglietti illustrativi” inseriti dalle
Case farmaceutiche nelle confezioni dei singoli preparati, ma certa-
mente – seppure non sia stata individuata in termini di certezza l’esi-
stenza di una relazione causale diretta fra l’assunzione dell’acido
105
salicilico e la “s.d.R.”, tuttavia la somministrazione di tale farmaco nei
pazienti in età infantile richiede all’operatore sanitario l’uso di una
particolare prudenza (“….quando lei prende un farmaco e qualsiasi
farmaco, ... le controindicazioni ci sono sempre, penso che non esi-
sta farmaco a livello medico che non abbia delle controindicazioni o
che non possa scatenare in un soggetto una sintomatologia avver-
sa.... nell’acido acetilsalicilico non c’è un concetto di dose e effetto,
perché non è che l’eccesso di acido acetilsalicilico comporti la sin-
drome di Reye, questo è ribadito in letteratura. Per quanto
riguarda... l’attenzione... quando si fa la professione medica è
presente sempre, perché la disattenzione è quella che (determina)
qualsiasi tipo di danno. ….se ci vuole più attenzione a somministrare
acido acetilsa- licilico che un altro farmaco...in età pediatrica
sì,perché l’acido acetil- salicilico deve essere somministrato con
attenzione, ... potrei rispon- dere però che anche il paracetamolo,
che è l’alternativa all’acido acetilsalicilico,... è stato causa di
situazioni simili alla sindrome di Reye….Perché in realtà – e questo
vorrei richiamare – c’è questo articolo… che riguarda gli stessi anni
in cui è avvenuto questo caso, fatto in Francia, e su quattordici
soggetti che avevano presentato un quadro tipo sindrome …..di
Reye, sette di questi soggetti avevano una predisposizione genetico-
metabolica per sviluppare questa sin- drome; è questo il problema di
base. Il problema di base è che noi non sappiamo se questo
soggetto può avere questo tipo di malattia; ecco il perché
dell’attenzione (nella somministrazione) dell’acido acetilsalicilico,
perché in questo particolare gruppo di soggetti esso diventa
estremamente dannoso…: perché in età pediatrica è così pericoloso
e quando ho quaranta anni non è così pericoloso? Il pro- blema è
che queste patologie, le patologie metaboliche, hanno un periodo di
latenza e di rischio soprattutto in età pediatrica e poi lenta- mente
scompare. Allora, ecco che diventa (per) l’acido acetilsalicilico (una
questione)di attenzione, perché può scatenare questi fenome- ni.
Molta letteratura è controversa sull’utilizzo della parola sindrome di
106
Reye, perché da molti non è addirittura accettato questo tipo di
terminologia, perché dicono che non esiste oppure esiste una forma
(idiopatica?) di questa patologia, ma si sta, soprattutto negli ultimi
anni, puntando l’attenzione per vedere la predisposizione genetica a
sviluppare….non solo l’acido acetilsalicilico,perché bisogna ricordare
che ci sono altri farmaci, di uso meno corrente, che scatenano la
stessa situazione. Per cui l’acido acetilsalicilico è stato collegato alla
sindrome di Reye in un periodo in cui l’attenzione per queste
malattie era molto ridotta,... ora che l’attenzione per queste malattie
geneti- che è aumentata,... , di converso, anche l’utilizzo dell’acido
acetilsali- cilico è diminuito, la sindrome di Reye è molto rara; era già
rara pri- ma, ora è veramente molto rara, per cui è molto difficile
capire un po’ quale sia la situazione (scatenante) in questa
patologia. Certo che la prescrizione attuale è quella di usare l’acido
acetilsalicilico con attenzione al di sotto dei (dodici anni)” (cfr., il
dottore Burlina, rispon- dendo al difensore di p.c. Avv. Sorbello: pp.
25 – 27 trascriz. cit.).
Il perito nominato nel presente grado ha peraltro precisato che
l’informazione sulle controindicazioni indotte dalla somministrazione
dell’acido salicilico in età infantile era già adeguatamente diffusa
nell’epoca in cui si sono verificati i fatti che interessano questo giudi-
zio (“…si, era noto. Se noi prendiamo...(il testo del….) nella versione
italiana pubblicata nel ’93 questa attenzione è segnalata, per cui non
è che nel ’96 non ci fosse questa attenzione. …Forse ora le cose
sono cambiate,….. anche alla luce di tutti questi problemi e con la
possibilità di (impiegare) nuovi farmaci questi antinfiammatori, si è
limitato ancora molto di più l’uso in età pediatrica......nel ’96 questi
farmaci, di converso, non erano così utilizzati. ... c’è stata una
crescita dell’utilizzo di questi anche in relazione alla diminuzione del-
l’altro farmaco, compensatoria” (v. p. 28);
- rispondendo poi alla richiesta di precisare in quale fase delle
“stadiazioni” della “s.d.R.” debbano essere collocate le rilevate
manifestazioni sintomatiche (in particolare,il vomito e le allucinazioni
107
visive), il perito Burlina ha ribadito la difficoltà di effettuare tale valu-
tazione con riferimento alle annotazioni riportate nella cartella clinica
del secondo ricovero della bambina, ed ha chiarito,per quanto
riguar- da il primo sintomo che “…l’episodio di vomito è stato
riportato alme- no nell’anamnesi al momento del ricovero,non era un
vomito recente, perché se non sbaglio il vomito era antecedente al
giorno prece- dente il ricovero...Ed era un vomito anche che non
potrei definire incoercibile, perché si dice vomito incoercibile un
vomito che non ...deve essere fermato con l’utilizzo di farmaci
antiemetici, cosa che non appare almeno in cartella, ... Ha
presentato più che altro episodi di vomito non legati a una
sintomatologia infettiva; …, ….,che potreb- bero anche, pertanto,
essere inquadrati come una forma di tossicosi, perché... un esempio
molto banale, (se) mangio qualcosa che non funziona, vomito senza
un rialzo della temperatura perché ho una forma di tossicosi. Per cui
tante volte il vomito è una forma di tenta- tivo estremo dell’organismo
di liberarsi di qualcosa…., quando non è dovuto a cause infettive,
chiaramente” (p.23 trascriz. cit);
ed in relazione al secondo sintomo (quello allucinatorio), l’Ausi-
liare incaricato dalla Corte ha chiarito che tale manifestazione collo-
ca la “s.d.R.” manifestata dalla piccola Ilardi nel secondo stadio evo-
lutivo della medesima patologia, seppure abbia anche riferito –
rispondendo alla domanda formulata dal difensore dei genitori della
piccola Michela costituiti p.c. affinché chiarisse se il suddetto stadio
evolutivo consentiva di praticare alla bambina “un intervento
terapeu- tico efficace” – che “…l’allucinazione non è il sintomo solo
della sindrome di Reye. Allora, bisogna vedere se questa
allucinazione può essere inquadrata in una sintomatologia che può
portare allo svilupparsi, …, di stadi consecutivi che portano poi al
quadro concla- mato di sindrome di Reye. E questo, …, noi non lo
possiamo definire in base ai termini che …ho nella cartella clinica,
……il fatto è che io non ho, dalla lettura della cartella clinica, dei dati
che mi permettono una stadiazione, nel senso che la stadiazione
108
della sindrome di Reye non è solamente una stadiazione
neurologica, ma anche – e questo è molto importante – un danno
epatico;….. Perché il danno neurolo- gico è conseguente al danno
epatico, almeno si presume conse- guente al danno epatico” (cfr.
p.24 trascriz. cit.).
Rispondendo poi all’ulteriore domanda formulata dalla difesa
delle pp.cc. costituite per sapere se la tempestiva richiesta di effet-
tuare le richiamate analisi ematochimiche avrebbe potuto modificare
la valutazione clinica delle condizioni della piccola Michela Ilardi
consentendo di attuare interventi rivolti ad evitare l’esito infausto,il
perito Burlina, alla luce della successione temporale degli eventi
documentata in atti, ha poi precisato che, “….. Il giorno 5, quando è
stato posto il sospetto di sindrome di Reye, lì servivano quegli accer-
tamenti diagnostici differenziali, che (permettevano) l’inquadramento
da un punto di vista tossicologico, metabolico e infettivologico; in
quel momento…., cioè quando era stata inquadrata... la patologia in
atto sospetta sindrome di Reye, non prima, ….. E in quel momento
gli accertamenti che dovevano essere eseguiti erano, in ogni caso,
accertamenti che permettevano una risposta diagnostica non prima,
anche nella migliore situazione, nella situazione ideale di laboratorio
metabolico, non prima di un periodo... variabile tra le otto e le dodici
ore, perché sono accertamenti molto complessi, sono accertamenti
che... tra quelli che voi vedete riportati sui testi, non so ancora se
vengono eseguiti in Sicilia oppure se questi accertamenti vengono
mandati, addirittura, su da noi o in altri centri nel continente. Per
cui... rimane un problema di questa isola, per alcune di queste
malat- tie metaboliche” (cfr., pp. 29 – 30 trascriz. cit).
Il suddetto Ausiliare ha quindi ulteriormente chiarito che l’esi-
genza di richiedere le indagini diagnostiche (specificamente, “l’accer-
tamento biochimico e neuroradiologico”), non poteva manifestarsi
prima di quel momento, per la ragione che la “diagnosi differenziale”
della “s.d.R.” quale specifica causa dell’aggravamento rilevato nelle
condizioni della piccola Michela Ilardi, viene formulata solamente il
109
giorno 5 luglio 1996: quindi, secondo l’opinione del Dottore Burlina,
sulla base dei dati clinici disponibili il giorno precedente (il 4 luglio
1996) in cui la bambina venne ricoverata per la seconda degenza
nel reparto pediatria del presidio ennese, non sarebbe stato
possibile ipotizzare l’insorgenza della “s.d.R.” (ovvero, di una
malattia meta- bolica: “…, non potevano essere pensati il 4,
perché…., i colleghi, pongono la diagnosi differenziale di sindrome di
Reye come causa il mattino seguente, in quel momento. ….E come
potevano eseguirli, mica avevano in mano ancora una
sintomatologia così precisa. Cioè, .. il pomeriggio che entra il 4,
pensare in quel momento a una malat- tia metabolica... a parte che
non lo possiamo sapere, perché non abbiamo nessun dato
biochimico in atti, …, avevamo solamente un quadro clinico con
compromissione neurologica che però,... come voglio ribadire, è …
non completamente chiaro, perché era stato po- sto il sospetto …..di
questa sindrome di Charcot Marie Tooth, per cui c’era la possibilità
che si trattasse di una acuzie di questa sindrome in quel momento
del ricovero, certamente non nel giorno seguente”, cfr., pp. 30 – 31
trascriz. cit.).
In relazione poi alla riscontrata somministrazione della terapia
sedativa (con “barbiturici”),il perito incaricato nella presente fase pro-
cessuale ha chiarito che tale prescrizione terapeutica era compati-
bile con lo stato di agitazione psicomotoria rilevato nella bambina in
occasione del secondo ricovero (il 4/ 7/1996), mentre risulta inade-
guata la somministrazione nel corso della notte successiva, consi-
derate inoltre le modalità “inusuali” della relativa prescrizione (“… io
posso capire un trattamento con” (ansiolitici?) “nel momento di in-
gresso, quando la paziente presentava uno stato di agitazione e
questo stato di agitazione è stato validato attraverso una visita, un
esame obiettivo; pertanto se l’esame obiettivo rileva uno stato di
agitazione posso pensare di mettere in atto delle terapie farmaco-
logiche che hanno... che sono indirizzate da una parte a un utilizzo
di un (corticosteroideo), dall’altro” (al) “l’utilizzo di un farmaco che
110
ponesse il paziente in uno stato... abbassasse lo stato di
agitazione.Il problema era che questo farmaco era stato ripetuto
durante la notte. La ripetizione durante la notte si è svolta attraverso
un consiglio telefonico, non attraverso una valutazione del paziente
e questo consiglio telefonico va valutato se realmente fosse così
grave da indurre alla somministrazione... ancora del farmaco oppure
no. Questo rimane sempre un dubbio, perché non vi è una cartella
clini- ca, una corretta valutazione dello stato del paziente” (cfr.
trascrizione fonografica deposizione BURLINA 27/ 5/2004, p. 32).
Il perito nominato nel presente grado ha poi ulteriormente
riferito che l’effettuazione (tempestiva) di esami emato-chimici “mira-
ti”, avrebbe consentito di diagnosticare con sufficiente attendibilità
l’insorgenza della “s.d.R.” (“….poiché la definizione di sindrome di
Rei si basa sul dosaggio delle transaminasi e dell’ammonio, era
ovvio che questi sono gli esami che permettono un inquadramento
diagnostico verso questa sindrome. ……, perché per parlare di sin-
drome di Reye io devo avere in mano, oltre la valutazione ...
neurolo- gica del paziente e la valutazione epatica, cioè la presenza
più o meno di (epatomegalia), anche dei dati di tipo di laboratorio.
Questi dati di laboratorio sono le transaminasi e l’ammoniemia in
particolare. Ecco perché pertanto questi diventano molto importanti,
perché permettono di seguire il decorso del paziente…,
…,l’ammoniemia e le transaminasi, quando la piccola paziente viene
ricoverata presso l’ospedale di Palermo, raggiungono valori molto
elevati, pur essendo lo stadio clinico della paziente sovrapponibile a
quello che era duran- te il trasporto dei giorni precedenti, perché è
una degenerazione che interessa il fegato e che necessita del tempo
... affinché questo processo poi possa essere rilevato con gli esami
ematochimici. Allora, ovviamente ….più dati ho, più valori ho per
definire il mio quadro”: v. esame Burlina 20/ 5/2004, p. 36
trascrizione).
Richiesto ulteriormente di precisare se la somministrazione alla
piccola Michela nel corso del secondo ricovero del farmaco denomi-
111
nato “Alloperidolo” fosse adeguata in relazione alla sintomatologia
“neurologica” che ella aveva manifestato nello stesso frangente,
l’Ausiliare designato nella presente fase processuale ha riferito che
l’impiego di detto farmaco era coerente con la malattia di “Charcot
Marie Tooth” da cui la bambina era stata riscontrata affetta (“….è
una diagnosi in età pediatrica abbastanza rara, sono stati riportati
casi in letteratura, però se io parto da questo tipo di
diagnosi, ....l’(Alloperidolo) è un farmaco che è prescritto per questo
tipo di malattia,….previene parte di queste sintomatologie cosiddette
neuro- logiche”), seppure nella fattispecie considerata può avere in
realtà
“mascherato” le reali condizioni cliniche della piccola Ilardi (“DIFESA
– AVV. D’URSO – ..in relazione al problema del quadro neurologico,
come si rende compatibile la sussistenza di questo quadro neuro-
logico controverso, ….,... con la somministrazione dell’Alloperidolo?
Cioè, l’Alloperidolo aveva la capacità di mascherare un’eventuale
compromissione neurologica?…..TESTE – BURLINA – Sì…..,tutti i
farmaci ad azione neurolettica...possono mascherare un quadro
neu- rologico, certamente molto di più la Benzodiazepina..,
….DIFESA – AVV. D’URSO – E la benzodiazepina è stata
somministrata? TESTE – BURLINA – ..sì….., è stata data
all’ingresso, è stata ripetuta. DIFESA – AVV. D’URSO – …, l’Ansiolin
è Benzodiazepina? TESTE – BURLINA – ……., l’Ansiolin è la
Benzodiazepina ed è quella che è stata somministrata per fiala, per
endovena al momento del ricove- ro”: v., teste Burlina, pp. 39 - 40).
Ha inoltre chiarito l’Ausiliare nominato nel presente grado che
l’esigenza di effettuare indagini diagnostiche mirate in relazione al
quadro clinico manifestato dalla bambina si colloca temporalmente
nella notte immediatamente successiva al secondo ricovero (fra il 4
ed il 5 giugno 1996), in quanto è quello il momento in cui è stato rile-
vato clinicamente un ulteriore aggravamento delle condizioni della
piccola Michela (“… durante la notte, dato un aggravamento delle
condizioni, ….altrimenti non si spiegherebbe.. perché necessitava
112
l’infusione di un’altra fiala di Ansiolin (o Benzodiazepina)”: teste
Burlina, pp. 43-44 trascrizione cit.).
Sempre in relazione alla “tempestività” degli accertamenti
diagnostici, il Perito nominato dalla Sezione deliberante ha ulterior-
mente riferito che, “…in termini scientifici e in termini medici ogni
atto preventivo, nella maggior parte dei casi, riesce a modificare” (il
decorso della patologia); certamente ... non tutti gli atti preventivi
modificano il decorso della patologia, perché altrimenti ci troverem-
mo in un mondo di sani. Chiaramente, prima agisco in termini di pre-
venzione, maggiori sono le mie chance di cura, però questo non
copre tutte le sindrome di Reye che si sono presentate….., anche in
termini di stadiazione non è che tutte le stadiazioni al primo livello
hanno permesso una (risoluzione) della patologia sindrome di
Reye, ... Però certamente i dati prognosi migliore sono quelli che... si
sono riscontrati nel gruppo di pazienti che erano stati diagnosticati
più precocemente. ... per essere più precisi, se noi prendiamo...,
ho portato qui un libro che tutti possono leggere nell’ambito
pediatrico, che è il “Nelson”, trattato di pediatria del 1993, pertanto
un libro ….comune, non è una rivista….., che può essere di difficile
reperi- mento, i gradi sono cinque e il sintomo del primo grado è
rappre- sentato da un quadro letargico o sonnolenza o segni di
laboratorio disfunzione epatica, poi si passa allo stato confusionale
al secondo grado, per un coma leggero e un coma progressivo. Per
cui c’è un excursus che non è mai fulminante, ma c’è una
progressione della sintomatologia, fino all’arrivo della forma di coma”
(irreversibile?) “Per questo... l’esame obiettivo della valutazione
neurologica diventa molto importante nello stabilire esattamente e
anche poi valutare un eventuale giudizio prognostico” (esame
Burlina, pp. 45–46 trascriz. cit.).
Il perito Burlina ha infine chiarito che la tempestività diagnostica
assume rilievo sia per il trattamento della “s.d.R.”, sia per il tratta-
mento delle forme denominate “tipo Reye”, anche in considerazione
della circostanza che la metodologia di intervento terapeutico è
113
comune alle due forme patologiche: “,… il concetto di sindrome di
Reye e Reye lyke Sindrome è un concetto che si è fatto avanti negli
ultimi anni, quando la diagnosi di questi quadri clinici definiti come
sindrome di Reye sono stati definiti in maniera più corretta dal punto
di vista eziopatogenico. Perché nel 1963, quando è stata descritta la
sindrome e negli anni successivi non esisteva questa possibilità di
una forma cosiddetta tipo sindrome di Reye, questa parola ^tipo
sindrome di Reye^ è stata aggiunta quando... si è trovata l’ezio-
patogenesi di molte di queste forme. Ecco l’excursus storico per cui
si parla ora di classica forma di Reye e tipo Reye... tipo Reye sono
sempre” (forme?) “in cui è stata trovata la causa scatenante, il
danno epatico neurologico. Cioè, quando parliamo tipo Reye vuol
dire che c’è una eziopatogenesi certa, che è quasi sempre... che è
sempre metabolica. ... quelle che non sono tipo Reye sono quelle
forme in cui la causa precisa non è stata ancora riconosciuta”
(omissis) ….l’intervento iniziale è molto simile, nel senso che…
anche per la sindrome di Reye si basa sulla prevenzione dell’edema
cerebrale, cioè si utilizza il mannitolo per cui questo è un approccio
standard in ogni reparto di rianimazione. Ovviamente questo non
può essere protratto nel tempo e va modulato... nei giorni successivi,
pertanto se la mia causa è una causa metabolica che impone, per
esempio, una attenzione all’assunzione di proteine, certamente non
potrò utilizzare prodotti ad alto contenuto di proteine. Questo però è
valido sola- mente una volta che io identifico con correttezza e con
precisione la causa della sindrome di tipo Reye. Se invece non
arrivo a questa definizione io devo utilizzare un approccio che è
l’approccio rianima- torio standard, se ho di fronte un paziente con
una grave compro- missione neurologica e quindi epatica” (cfr., teste
Burlina, pp. 41-42, e pp. 46-47 trascriz. cit.).
3.3.4)le dichiarazioni difensive rese dall’imputato MAR- GANI (udienze dibattimentali del 6/ 11/ 2003 e del 18/ 6/2004).
114
L’imputato Dottor Salvatore MARGANI nel corso dell’istruttoria
dibattimentale nel presente grado, ha chiesto di rendere
dichiarazioni spontanee in relazione ai fatti, ed alle sue condotte
professionali, che hanno determinato l’Ufficio del P.M. in primo grado
ad esercitare l’azione penale nei suoi riguardi: facoltà accordata
dalla Sezione deliberante, ed esercitata dal medesimo Margani nelle
udienze dibattimentali del 6/11/2003 e del 18/ 6/2004.
Nel corso dei suddetti interventi difensivi, l’imputato ha in
particolare riferito che:
1) la piccola Michela ILARDI era stata ricoverata nel reparto
ospedaliero dove egli presta servizio, su invio del servizio di Pronto
Soccorso dello stesso presidio, che aveva formulato la diagnosi di
“corea reumatica” (cfr., trascrizione fonografica dell’udienza del 6/11/
2003, p. 52);
2) la suddetta diagnosi venne riscontrata – non potendo essere
effettuati esami di laboratorio specifici per diagnosticare la “malattia
reumatica” – sottoponendo la bambina ad una visita cardiologica e
ad un esame ecocardiografico, che rivelarono la presenza di una
cardiopatia (una “cardite”);
3) sulla base dei suddetti rilievi clinici, la diagnosi di “corea”
(reumatica) doveva ritenersi certa, “secondo i criteri previsti dal-
l’O.M.S.” (l’Organizzazione Mondiale della Sanità”);
4) i protocolli terapeutici comunemente accreditati, prevedono
che la patologia rilevata nella piccola Michela Ilardi venga trattata
con la somministrazione (iniziale) di composti farmacologici a base
di “cortisone”, e con l’”Aspirina” (“…La terapia della malattia
reumatica è obbligatoria. C’è una sola terapia che non prevede
alternative. Prevede nelle forme lievi la sola aspirina. Nelle forme
con cardiopatia grave un periodo di cortisone seguito da aspirina,
…..il protocollo internazionale non prevede di continuare con il
cortisone, perché il cortisone dà degli effetti devastanti, il cortisone
utilizzato a lungo in una bambina avrebbe provocato crescita di
peluria, quella che si chiama sindrome di Cushing iatrogena, la
115
possibilità di insorgenze del diabete….Si possono verificare psicosi,
si ha ipertensione endocranica, nei bambini ritardo
dell’accrescimento. Tutti questi sono motivi per cui il Comitato
Internazionale che ha previsto lo schema di terapia della malattia
reumatica non prevede di continuare il trattamento con il cortisone.
La terapia della malattia reumatica è stata studiata per bambini,
quindi il Comitato Internazionale sa bene quali sono i rischi
dell’aspirina e se prevede di utilizzare l’aspirina nella terapia di
questi bambini una risposta se l’è già data: l’aspirina è meno
rischiosa rispetto ai corticosteroidi”:cfr., dichiarazioni Margani ud.
6/11/2003, p. 52 trascrizione fonografica).
5) l’impiego dell’aspirina anche sui pazienti in età pediatrica è
quindi espressamente consentita dal “protocollo” di impiego del far-
maco denominato “aspirina” (cfr., SWARTZ, manuale di pediatria,
nona edizione, paragrafo 12.7, pag. 565: “Terapia della malattia
reumatica. Nei casi di esoartrite i salicilati rappresentano il farmaco
di scelta. La terapia con salicilati va condotta per due - tre settimane
a dosi piene, per una - due settimane a dose ridotte, …La terapia
antireazionale con salicilati è anche consigliata nei casi di malattia
reumatica con cardite lieve senza cardiomegalia. In tali pazienti però
il trattamento deve essere protratto per sei - otto settimane alla solita
posologia. Quando invece si sia in presenza di cardite conclamata,
con cardio- megalia o scompenso è necessario ricorrere agli steroidi
sia perché hanno una azione (antireazionale?) più potente, sia per-
ché i salicilati determinano un aumento del lavoro. …., la durata del
trattamento varia da due a quattro settimane in rapporto al decorso.
Il dosaggio deve essere ridotto gradualmente per evitare rebound e
nell’ultima settimana alla terapia steroidea si deve gradualmente
sostituire la terapia con salicilati da protrarsi per sei - dodici settima-
ne alla dose di 80 milligrammi pro chilo”; v. anche NELSON,
Manuale di pediatria, XIV^ edizione, cit.: “…per i pazienti con una
cardite molto lieve, senza evidenza di cardiopatia congestizia sono
giudicati salicilati da soli, invece nei pazienti con insufficienza
116
cardiaca congestizia o altre manifestazioni significative di cardite
sono necessarie i corticosteroidi, corticosteroidi sarebbero sempre i
cortisonici. La somministrazione degli steroidi, cioè dei cortisonici,
deve essere limitata, sia nella quantità che nella durata per limitarne
gli effetti collaterali. Anche con brevi cicli di steroidi a queste dosi
possono insorgere gli effetti collaterali comprese alcune trasforma-
zioni (guscingoiche?)e talvolta ipertensione….per i pazienti che stan-
no assumendo corticosteroidi per la terapia della cardite è consiglia-
bile l’aggiunta di salicilati agli steroidi, specialmente quando si inizia
a diminuire le dosi per prevenire possibilità di un rebound della ma-
lattia. I salicilati dovrebbero essere somministrati nel corso
dell’ultima settimana della terapia corticosteroidea e andrebbero
continuati per circa tre - quattro settimane dopo la sua
cessazione”:cfr.,pp. 54-56 trascriz. cit);
6) il predetto “protocollo” deve ritenersi obbligatorio (“…non
avevamo dubbi né sulla diagnosi, né sulla terapia, perché noi ab-
biamo seguito dei protocolli internazionali sia per fare la diagnosi che
per fare la terapia”);
7) la visita di controllo successiva al primo ricovero della bam-
bina venne fissata per il 28 giugno 1996, nel rispetto dei termini pre-
visti dalla dottrina scientifica nella materia di riferimento (cfr.,
SWARTZ, cit.: “considerata la variabilità inter e intraindividuale si
consiglia di monitorare la salicilemia a partire dal quinto - sesto
giorno dall’inizio della somministrazione”),dato che la prescrizione
per assumere salicilati venne formulata alla bambina il 20 giugno,e
l’assunzione ebbe inizio a partire dal giorno successivo (21 giugno);
8) in occasione del suddetto controllo, le condizioni della pic-
cola Ilardi risultavano migliorate (“…..è migliorata, perché sta bene.
Nell’intervallo c’è stato l’eritema che aveva prima alla faccia,poi
l’ave- va avuta alle mani ed è scomparso. Se l’eritema è un effetto
tossico non deve scomparire, deve andare avanti, deve peggiorare,
quindi non lo posso addebitare sicuramente all’aspirina”: p.57
trascriz. cit.);
117
9) pertanto, i dati clinici rilevati in tale occasione non induceva-
no nessun particolare timore sulle condizioni della bambina, dato
che anche l’innalzamento del livello delle “transaminasi” appariva
norma- le (considerata la concomitante assunzione di acetilsalicilati:
“…Le transaminasi sono 57 e 56, ma io che transaminasi mi aspetto
di trovare in una bambina a cui do l’aspirina? …Non li posso trovare
normali. Bambini che prendono l’aspirina hanno tutti le transaminasi
aumentate. E di quanto aumentano queste transaminasi, aumentano
fino a 4 volte. ….,fino a quattro volte, è normale e se sono aumentati
di quattro volte che vuol dire avere 200, ….,..si monitorizza la bambi-
na e se continua ad essere sempre più di 200… si abbassa del
20%”; cfr., F. PANIZ, Protocolli di terapia ospedaliera, pag. 374, “una
transitoria elevazione delle transaminasi può avvenire in qualsiasi
momento ma non è una indicazione alla sospensione della terapia in
assenza di altri segni di salicinismo”: p.58).
10) la riduzione del dosaggio di salicilati (nella misura del 20%
rispetto al dosaggio della prescrizione originaria) doveva ritenersi del
tutto adeguata, non essendo stati rilevati segni di “salicinismo”: tanto
che quando viene misurato in occasione del secondo ricovero (il 5
luglio 1996), il tasso di salicilemia risulta ridotto al livello 10 (dal
tasso 43 registrato al controllo del 28 giugno):”…….noi sappiamo
quanto è stata la salicelimia prima e se partiamo da 10 sappiamo
che non ha mai raggiunto valori tossici. Giustamente questa
bambina, …..la mandiamo a casa con la riduzione,…., è una
bambina che sta bene, non ci dà nessun problema. Noi abbiamo
trovato i valori che aspetta- vamo. Questi valori a noi ci confortano
che va bene, non ci sono problemi.E’ chiaro che diminuendo del
20% la salicilemia, dandoglie- ne metà della dose che viene
consigliata dai trattati non ci possiamo aspettare che questa
salicilemia continui a salire ancora….. Questa bambina che ha 43,
….se non gliene togliamo un pochino, questi valori crollano e di fatti
è a 10 di salicelimia al momento in cui fa il controllo il 5”).
118
11) riguardo alla conversazione telefonica intercorsa con la
madre della bambina (il giorno 3 luglio 1996), l’imputato Margani ha
riferito di avere risposto alla donna – che lo aveva interpellato sulla
utenza di telefonia mobile a lui intestata, riferendogli un presunto
peggioramento delle condizioni della bambina – invitandola a so-
spendere la somministrazione dei farmaci precedentemente prescrit-
ti, a condurre la figlia in ospedale, non potendosene occupare per-
sonalmente essendo (temporaneamente) assente dal servizio per un
periodo di ferie (“….giorno 3 questa signora mi telefona, chissà per-
ché telefona a me che sono fuori in ferie, non telefona in ospedale.
Sì è vero, do il numero di telefono mio a tutti i pazienti che uscendo
dall’ospedale me lo chiedono. Se un paziente uscendo dall’ospedale
mi dice: “per favore me lo dà il suo numero di telefono?” Io glielo do,
perché questa è la disponibilità che ho per tutti i pazienti che avevo
prima e che continuerò ad avere sempre. Mi telefona a questo
numero di telefono e dice: “Dottore la bambina c’ha bruciore di
stomaco e vomita”……., tutti sappiamo che la cosa più facile che ci
viene è il bruciore quando prendiamo aspirina e la sensazione di
vomito. “Signora io non posso visitare sua figlia perché sto lontano,
sospenda i farmaci e gli dia un farmaco per calmare il bruciore e se
la porti in Ospedale”, che la devo visitare io che non ci sono? Ma io
che sto in ferie posso fare la diagnosi di una bambina che non posso
visitare? La signora l’ha portata in ospedale l’indomani perché,
perché la bambina non ha più vomitato”: p.59);
12) la correlazione causale fra somministrazione di “aspirina” e
la “sindrome di Reye” non è scientificamente dimostrata (cfr.,
KATZUNG, trattato di farmacologia, edizione dicembre 2000: “l’uso
dell’aspirina nei bambini, durante o immediatamente dopo una infe-
zione virale si associa a una limitata incidenza di sindrome di
Reye…..una diminuzione del suo impiego si associa a una riduzione
dell’incidenza di tale sindrome. Per contro l’incidenza di sindrome di
Reye in Australia è diminuita prima che l’uso dell’aspirina in questi
pazienti diminuisse, così che l’associazione diretta fra uso di aspirine
119
e sindrome di Reye viene messa in dubbio da alcuni”; ..noi non
gliel’abbiamo data durante o immediatamente dopo,…..Noi gli abbia-
mo dato l’aspirina per seguire un protocollo internazionale per la
malattia reumatica, tutte le malattie reumatiche dei bambini prevedo-
no come primo farmaco l’aspirina e gli si dà per due - tre anni, non è
mai stato pubblicato un caso di bambino che abbia fatto la sindrome
di Reye perché curata per malattia reumatica o per altre malattie
reumatiche, anche se hanno preso l’aspirina per due anni, tutti i casi
di sindrome di Reye seguono una malattia virale”: pp. 61-62 trascriz.
cit.);
13) per stabilire con certezza l’origine dello stato di coma
insorto nella piccola Ilardi, i sanitari dell’Ospedale pediatrico di
PALERMO avrebbero dovuto effettuare una “biopsia epatica” (o
quanto meno, una “biopsia muscolare”, meno invasiva “….Solo una
bambina che ha l’influenza dopo cinque - sei giorni comincia a
vomitare e dà segni neurologici. Allora i criteri sono la negatività del
liquor, le caratteristiche della sintomatologia e sulle alterazioni istolo-
giche e qui nessuno ha pensato a fare, io mi chiedo una cosa, una
bambina se è morta che differenza fa, quale può essere la soffe-
renza di fare una biopsia muscolare, che rischi si corre, si corre solo
un rischio di dire: questa non ha una sindrome di Reye, ha una
malattia metabolica. Ci può essere un sistema di curarla in modo
diverso, questa è la realtà”: p.64);
14) in ogni caso, la sintomatologia manifestata dalla bambina
non coincideva con quella tipica della “s.d.R.” (“…. quali sono i
sintomi per sospettare una sindrome di Reye, ……., cosa dobbiamo
avere per porre il sospetto clinico, non la certezza, ….., dobbiamo
avere pregressa recente malattia infettiva, e non c’era. Dobbiamo
avere il vomito insistente, e non c’era.I disturbi della coscienza il
gior- no 3 non c’erano, ma come si fa a sospettare una sindrome di
Reye che non c’è neanche un sintomo, …..? Il 4 io non l’ho vista la
bambina, non so che cosa aveva, ma il 3 sicuramente non si poteva
sospettare, quando mi ha telefonato, una sindrome di Reye, con
120
tutto ciò che non si poteva sospettare non potendo fare diagnosi è
stata invitata a rivolgersi a un altro medico ed esattamente è stata
invitata a rivolgersi nel reparto dove era stata curata, quindi ad an-
dare in ospedale”: p.65 trascriz. cit);
15) l’approfondimento diagnostico che non è stato effettuato (la
biopsia, “epatica” o “muscolare”), avrebbe consentito di individuare
con certezza se la bambina era stata colpita dalla “s.d. R.”, ovvero
da una “malattia metabolica” la cui sintomatologia poteva determi-
nare un’errata diagnosi (cfr., NELSON,cit: “….tuttavia le indagini sul-
la sindrome di Reye ……hanno rivelato un’ampia variabilità di
malat- tie metaboliche in precedenza non definite che hanno quadro
clinico simile e che devono essere poste in diagnosi differenziale con
la sindrome di Reye …l’incidenza si correla in modo direttamente
pro- porzionale nel tempo e nello spazio con le epidemie virali, in
particolare con quelle dovute all’influenza B e alla varicella.,…..,alla
fine degli anni ’70 la sindrome di Reye era la più comune encefa-
lopatia associata a virus….. negli Stati Uniti”: p.65);
16) l’evoluzione clinica della “s.d.R.” secondo la più accreditata
letteratura scientifica “….segue un decorso bifasico stereotipato, di
solito si verifica in un bambino precedentemente sano. Cosa succe-
de, una malattia febbrile prodromica, una infezione delle vie aree
superiori o la varicella sono seguiti da un intervallo in cui il bambino
appare guarito, quindi si ha comparsa di vomito protratto, di solito
cinque - sette giorni dopo l’esordio della malattia virale, quindi cinque
- sette giorni dopo l’influenza o la varicella esordisce la sindrome di
Reye, e come esordisce? Si possono verificare, …..brusca
comparsa di vomito protratto,…..delirio, comportamento aggressivo,
torpori, contemporaneamente o dopo alcune ore dalla comparsa del
vomito, i sintomi neurologici possono rapidamente progredire verso
le crisi convulsive, come la morte” (p.66);
17) nell’evoluzione clinica delle condizioni della piccola Michela
Ilardi la sintomatologia riconosciuta dalla richiamata letteratura
scien- tifica è rilevabile solo in parte (“…non ha avuto il vomito
121
protratto, ha avuto fra il 4 e il 5 tutta la comparsa dei segni
neurologici, in queste forme atipiche”): quindi, maggiormente si
rendeva necessario effet- tuare la “biopsia epatica” (post mortem)per
individuare la causa effet- tiva del decesso della bambina;
18) in particolare,ancora la letteratura scientifica segnala che “Il
motivo della disfunzione mitocondriale non è noto. Non è stato anco-
ra identificato in modo definitivo un fattore tossico specifico, gli studi
hanno suggerito una correlazione eziologica, …..fra sindrome di
Reye, uso di aspirina e infezioni virali”: quindi, “il rapporto eziologico
non è con l’aspirina, è con l’aspirina quando è associata all’infezione
virale,…., se fosse con l’aspirina noi non potremmo mai dare
aspirina ai bambini, allora dal Ministero ci sarebbe venuto l’invito ai
bambini fino a 16 anni non date aspirina”;
19) l’impiego dell’aspirina (anche nei bambini) quale specifico
rimedio farmacologici per il trattamento della malattia reumatica, è
espressamente previsto anche nel protocollo approvato dall’O.M.S.,
tanto che detta indicazione è riportata anche nella “scheda tecnica”
inserita dal produttore in ogni singola confezione del medesimo
farmaco (“…l’aspirina in farmacia è un farmaco da banco, ….ognuno
di noi può comprare aspirina e somministrarla ai propri figli. Senza
chiedere il permesso al medico”: p. 68 trascriz. cit);
20) per diagnosticare in termini di certezza la patologia dalla
quale la piccola Ilardi è stata colpita, in alternativa alla biopsia, nella
struttura ospedaliera presso la quale la bambina venne avviata in
occasione del secondo ricovero (l’ “Ospedale dei bambini” nella città
di Palermo), potevano essere effettuati esami di laboratorio specifici
(“…oltre alla biopsia epatica ci sono altri esami che ci consentono di
fare diagnosi di sindromi simil-Reye,…...sono semplici esami di labo-
ratorio,semplici dal punto di vista dell’esecuzione del prelievo, …
però sofisticati che non sono a disposizione di tutti gli ospedali, ma
che sicuramente…..avrebbero dovuto essere a disposizione di un
centro di terzo livello, perché sono quelli di livello più alto, …cioè... il
centro a cui,,,,, i miei colleghi, perché io non c’ero, hanno trasferito la
122
bam- bina. Neanche questi esami per dimostrare se c’era una
malattia metabolica sono stati eseguiti. Quindi noi non possiamo allo
stato affermare se era una sindrome di Reye o una sindrome Reye-
like, cioè una sindrome di Reye da cause metaboliche” (cfr.,
l’imputato Margani nell’udienza del 18 giugno 2004: p.3 trascrizione
fonogra- fica);
21) nel caso della piccola Michela Ilardi, non si può escludere
che il decesso si sia verificato per una causa “improvvisa e inaspet-
tata”, situazione questa parimenti conosciuta (e descritta) dalla lette-
ratura scientifica (“… Michela aveva nove anni; tutto questo proces-
so che si è svolto durante la notte non è certamente un processo
che noi vediamo regolarmente quando ricoveriamo un bambino in
pedia- tria. Anche in pazienti che hanno la cosiddetta malattia di
Charcot Marie Tooth. …., cioè questo processo che si è
verificato,...è qualco- sa di inaspettato. Allora, esiste ……in
letteratura pediatrica la cosid- detta morte improvvisa e inaspettata,
che riguarda ….quei pazienti che entrano in ospedale con
sintomatologia apparentemente non grave e che nel giro di poche
ore vanno ad aggravarsi; la maggior parte di questi pazienti è stata
diagnosticata come affetta da una malattia metabolica ereditaria”
(p.5 trascriz. ud. 18/ 6/2004 cit.);
22) la presenza nella bambina di un elevato livello di acidosi
non è coerente con il quadro clinico rilevato in occasione del secon-
do ricovero, ed induce parimenti a ritenere che nella fattispecie l’ori-
gine di tale fenomeno possa essere indipendente dalla somministra-
zione di salicilati (“…l’acidosi esprime le valenze acide che noi abbia-
mo nel sangue, l’acidità gastrica quelle che abbiamo nello stomaco.
E’ evidente che quando noi abbiamo acidità gastrica e poi vomitiamo
secerniamo delle valenze acide che sono nel sangue, nello stomaco
e poi le buttiamo fuori; togliendo in un sistema in equilibrio delle
valenze acide è evidente che aumenteranno le valenze alcaline,
quindi questo fatto avrebbe dovuto aggravare ulteriormente
123
l’alcalosi, invece ci troviamo di fronte a un processo di acidosi, che
eviden- temente non può essere giustificato in questo modo”: p. 6);
23) in ogni caso, la relazione causale fra l’insorgenza della
“s.d.R.” e la somministrazione di acetilsalicilati non è diretta, in quan-
to è stata osservata nella letteratura scientifica unicamente in pa-
zienti i quali avevano precedentemente sviluppato una malattia
virale: circostanza, questa,che nella fattispecie considerata non risul-
ta clinicamente dimostrata (“... Questi autori ammettono che la possi-
bilità che un individuo affetto da influenza o varicella, qualora venga
somministrata Aspirina per abbassare la febbre, come antitermico,
abbia qualche rischio in più di sviluppare la sindrome di Rei rispetto
a quei pazienti che avendo influenza e varicella non hanno assunto
Aspirina per abbassare la temperatura. Quindi,... l’Aspirina avrebbe
un qualche ruolo solo quando viene somministrata durante la fase
acuta di una malattia virale, e precisamente influenza e varicella. Va
da sé che la piccola Ilardi non aveva né influenza e né varicella
quando è venuta da noi, bensì una malattia reumatica”: p. 7 trascriz.
citata);
24) la problematica in relazione alla quale nel Regno Unito
d’Inghilterra è stata vietata la somministrazione di salicilati nei
pazienti di età inferiore ai quindici anni, è stata comunque valutata
dal Ministero della sanità italiano, che l’ha ritenuta ininfluente rispetto
alla situazione sanitaria nazionale, e non l’ha quindi recepita
neppure in termini di mera direttiva (cfr., il comunicato n°246 in data
23/10 /2002 dello stesso ministero: “… In merito alla decisione della
Gran Bretagna di restringere l’uso dei medicinali a base di acido
acetilsali- cilico ai soggetti di età superiore” (rectius, inferiore) “a
sedici anni, per una presunta associazione tra l’assunzione del
farmaco e la comparsa di patologia acuta nei bambini, la sindrome di
Reye il Ministero della Salute precisa che si tratta di un
provvedimento a carattere prettamente nazionale,e che non
risultano in Italia segnala- zioni di farmaco-vigilanza tali da indurre
l’adozione di simile provvedi- mento. I farmaci a base di acido
124
acetilsalicilico, (Asa) o Aspirina, così come tutti gli antinfiammatori
non steroidei, sono oggetto nel nostro paese di continua e attenta
sorveglianza e le modifiche del profilo di sicurezza nel corso degli
anni sono stati continuamente valutati, con costanti aggiornamenti
del materiale informativo, riassunto della caratteristiche del prodotto,
foglietto illustrativo relativo a ciascuna specialità”: p. 7 trascriz. ud.
18/ 6/2004, cit.);
25) il foglietto illustrativo allegato dal produttore del farmaco
denominato “Aspirina” ad ogni singola confezione del prodotto,
riportano unicamente l’avvertenza di consultare il sanitario curante
nel caso in cui il prodotto venga somministrato a pazienti in età
pediatrica (“……esiste una Aspirina adulti e una Aspirina bambini,
quindi già c’è un prodotto dedicato esclusivamente all’età pediatrica;
bambini si intendono solitamente ragazzini sotto i dodici anni, quindi
esiste un prodotto dedicato ai bambini. ...nel foglietto, dice: ^In caso
di affezioni virali, quali influenza o varicella, consultare il medico
prima di somministrare il prodotto a bambini e ragazzi^ …. Quindi
non sarebbe vietato neanche in caso di varicella ed influenza. Di fatti
dice poi: ^Se durante il trattamento compaiono vomito prolungato e
profonda sonnolenza, interrompere la somministrazione e consultare
un medico^”);
26) nel caso della piccola Ilardi, è stato rigorosamente rispetta-
to il protocollo terapeutico internazionale previsto per il trattamento
della patologia reumatica diagnosticata nella bambina (“..è stato
eseguito un protocollo che i periti hanno chiamato un protocollo
internazionale. ….Vuol dire un protocollo che facciamo tutti, un
proto- collo che esce fuori dai vari lavori delle società scientifiche. …
volete che le società scientifiche non si pongono il problema se c’è
un collegamento fra Aspirina e sindrome di Reye? Ma
evidentemente sì, se prevedono... la prescrizione dell’Aspirina nella
sindrome di Reye vuol dire che facendo il calcolo fra i benefici e i
rischi la bilancia è a favore dei benefici e quindi c’è l’indicazione a
dare l’Aspirina”: p. 9 trascriz. 18/ 6/2004, cit.);
125
27) la prescrizione del salicilato alla piccola Michela è stata
comunque preceduta dalla dovuta cautela: “…prescriviamo l’Aspirina
dopo un consulto fra tutti i medici di reparto, tutti i medici di reparto
sappiamo che cura stiamo dando alla bambina, prevediamo un
controllo in day-hospytal, diamo alla madre i numeri di telefono
dell’ospedale, ai quali ci può contattare se ci sono dei problemi e al
quale può venire, come in effetti è venuta, per ogni problema della
bambina, ogni volta che nota qualche cosa di nuovo. Facciamo una
lettera di dimissione che la madre porterà al medico curante, il quale
sarà a conoscenza che la bambina prende Aspirina; ... noi siamo
stati attenti, abbiamo messo tutte le attenzioni possibili in questa
bambina” (cfr., l’imp. Margani, pp. 11-12 trascriz. 18/ 6/2004, cit.);
28) in particolare, la sua condotta nei riguardi dei genitori della
bambina è stata improntata a particolare attenzione e cura: “Uscen-
do dal reparto la madre mi chiede se le posso dare il mio numero di
cellulare;…., siccome ritenevo che le desse un minimo di sicurezza
in più, naturalmente ho dato anche il mio numero di cellulare. Stiamo
parlando del ’96, quindi non tutti i medici avevamo dei cellulari a
disposizione,…..Il giorno 3 luglio del ’96 la madre mi telefona al
cellu- lare dicendomi che la figlia ha bruciore di stomaco e ha
vomitato. Io non sono ad Enna, sono in ferie, sono lontano da Enna
e ancora più lontano da Valguarnera, dove abita questa bambina,
non sono quindi in condizione di visitare la ragazzina. Ho consigliato
alla mam- ma di portare la bimba in ospedale per farla visitare da
uno dei colle- ghi che conoscevano la situazione della bambina.
Contempora- neamente, proprio per l’attenzione massima che
abbiamo messo in questa bambina, ho deciso di sospendere tutti i
farmaci, nonostante la bambina non avesse nessun segno
neurologico, solo allo scopo precauzionale, solo perché aveva
questo bruciore di stomaco e l’episodio di vomito, che poteva
benissimo spiegarsi,….., con la solita gastrite da fans, gastrite da
Aspirina che tutti conoscono. Questa bambina poi non è stata
portata in ospedale lo stesso giorno, è stata portata
126
successivamente, quando...sono insorti i segni neurologici,
sostanzialmente. E perché non è stata portata in ospedale? Ma la
madre l’ha detto, non l’ha portata in ospedale perché dopo la telefo-
nata la bimba non vomitò più, stava bene; l’hanno portata in ospe-
dale quando il pomeriggio del giorno successivo in campagna ha
cominciato ad avere dei disturbi di ordine neurologico…. io l’ultima
volta che mi sono interessato di questa bambina l’ho sentita per
telefono il 3 di luglio, poi non ero in servizio, non ho più visto questa
bambina, non so come sono andate le cose. La mamma non mi ha
mai riferito di sonnolenza, mi ha riferito di un solo episodio di vomito
e per questo solo episodio di vomito ho sospeso i farmaci e l’ho
invitata ad andare in ospedale”: cfr., pp.12-13 e p.18 trascriz. cit);
29) la letteratura scientifica ha progressivamente individuato la
presenza di manifestazioni patologiche che si presentano con un
quadro sintomatologico coincidente con quello “tipico” della “s.d.R.”,
che rinvengono peraltro un’origine del tutto differenziata, ed indipen-
dente, quindi, dall’assunzione di salicilati (“.. Le indagini sulla sindro-
me di Reye hanno rilevato un’ampia varietà di malattie metaboliche
in precedenza non definite, che hanno un quadro clinico simile e che
devono essere poste in diagnosi differenziali con la sindrome di
Reye. …Studi dettagliati hanno ora delineato una intera classe di
epatopatie mitocondriali, patologie ereditarie caratterizzate da episo-
di di malattia simile a quelli della sindrome di Reye. ….L’incidenza
correlava in modo direttamente proporzionale nel tempo e nello
spazio con le epidemie virali, in particolare quelle dovute all’influenza
B e alla varicella. Alla fine degli anni Settanta la sindrome di Reye
era la più comune encefalopatia associata a virus”; e, in ordine alle
manifestazioni cliniche, ha rilevato “…una malattia febbrile prodro-
mica, una infezione delle vie aeree superiori – che in questo caso
non abbiamo riscontrato – e l’influenza o la varicella... o la varicella,
…seguite da un intervallo... in cui il bambino appare guarito, quindi si
ha brusca comparsa di vomito protratto, di solito cinque – sette giorni
dopo l’esordio della malattia virale. Si possono verificare delirio,
127
comportamento aggressivo, torpore contemporaneamente o dopo
alcune ore dalla comparsa del vomito… . I sintomi neurologici posso-
no rapidamente progredire verso crisi convulsive, coma e morte”:
cfr.,pp.13-14 trascriz. cit.);
30) anche la correlazione fra la somministrazione di salicilati e
l’’insorgenza della “s.d.R.” con le richiamate affezioni di origine virale
(in particolare, la varicella) non è stata riscontrata clinicamente nella
condizione della piccola Ilardi (“.. ^Non è stato ancora identificato in
modo definitivo un fattore tossico specifico, gli studi hanno suggerito
una correlazione eziologica... nella sindrome di Reye fra uso di
Aspirina ed infezioni virali, come conseguenza ….è prudente evitare
l’uso di Aspirina come antipiretico nei pazienti con influenza e
varicella^. L’unica limitazione, che noi non avevamo, perché la
bambina non aveva né influenza e né varicella. Aggiungerò di più, la
varicella non solo non l’aveva, ma non la poteva neanche fare,
perché l’aveva avuta sei mesi prima, tutti noi sappiamo che... le
influenze vanno per epidemie, ... le epidemie di influenza sono a
Natale, non sono a luglio,quindi noi abbiamo somministrato l’Aspirina
in tutta sicurezza”: cfr., p.17 trascriz. cit.);
31)la rilevanza dello studio clinico della “s.d.R.” sulla base delle
c.d. “stadiazioni” è correlata all’individuazione della prescrizione tera-
peutica (“… In base a questa stadiazione se ne prevede la terapia,
dove si dice che negli stadi che vanno da uno a tre, che esprimono
una malattia lieve, il bambino può fare a meno di andare in una riani-
mazione, bisogna intervenire evitando l’ipoglicemia; laddove invece il
bambino tende ad andare in coma, cioè passa allo stadio tre, è il
mo- mento in cui deve andare in una rianimazione. ….Quindi il
trasferi- mento è stato nel momento opportuno”).
Acquisite quindi le epigrafate conclusioni delle parti, il processo
è stato assunto in decisione.
La Sezione deliberante valuta che la sentenza appellata deve
essere parzialmente riformata in ordine al giudizio sulla responsa-
bilità degli imputati, per quanto è chiarito nella espositiva che segue.
128
4) LE ECCEZIONI PRELIMINARI
4.1) Sulla ritualità della notifica dell’atto di appello de- gli imputati MARGANI e PULEO.
In via preliminare, la Corte valuta di confermare la delibera-
zione assunta sulle richiamate eccezioni di rito formulate nell’inte-
resse degli imputati appellanti con l’ordinanza dibattimentale in data
19/ 6/2003.
Sull’eccezione concernente l’omessa notifica dell’atto di appello
proposto dagli imputati Dottori Margani e Puleo al coimputato Emma
– e la conseguente (pretesa) violazione degli artt.584 e 99 C.P.P.,
con la lesione del diritto di difesa dei medesimi imputati, osserva la
Sezione deliberante che nella fattispecie – avendo l’Emma appellato
(in via principale) la sentenza di condanna pronunciata nei suoi
riguardi dal Giudice monocratico penale presso il Tribunale di ENNA
– gli atti di impugnazione della sentenza depositati dai medesimi
coimputati Margani e Puleo non dovevano essergli notificati, rinve-
nendosi la ratio della richiamata disciplina processuale nell’esigenza
di consentire alla parte la quale non avrebbe interesse ad appellare
la sentenza in quanto favorevole alla sua posizione(si pensi,
all’impu- tato nei cui riguardi il giudizio di primo grado sia stato
definito con una pronuncia assolutoria) di proporre appello
incidentale,per contra- stare l’impugnazione proposta avverso la
medesima pronuncia dalla parte processuale che vi abbia interesse,
ed eminentemente l’Ufficio del Pubblico Ministero, ovvero, la
persona offesa costituita parte civi- le nello stesso giudizio (cfr., in
termini sul punto, CASSAZIONE, Sez. IV^ Penale, sent. 28/ 1/2003 n°4006, rif. CED RV 223431, imp. Kalb, che ha ribadito il conforme
orientamento interpretativo espres- so dalla S.C. nella precedente
decisione pronunciata dalla Sez. III^ Penale, sent. 31/ 8/1994 n°9344, rif. CED RV 198803, imp. Bertino e altri, secondo la quale la
norma processuale in esame “tende a garantire alla parte che non
129
abbia proposto nei termini l’impugna- zione, la possibilità di avvalersi
del gravame incidentale, per contra- stare la pretesa principale che
nei suoi confronti sia stata avanzata da altra rispetto a lei
contendente”: ed ha quindi espressamente escluso che
l’impugnazione presentata dal coimputato “diretta ad ottenere la
modificazione della sentenza per ragioni personali”, deb- ba essere
notificata ai coimputati).
Rileva, inoltre, la Sezione deliberante che nei riguardi dell’Em-
ma (e dei coimputati Margani e Puleo) nessuna concreta violazione
del diritto di difesa è scaturita dalla rilevata omissione – la quale,
peraltro, non era neppure configurabile nella fattispecie (secondo il
richiamato orientamento interpretativo del Giudice di legittimità con-
diviso da questa Corte) – in quanto ciascuno degli imputati aveva un
identico interesse ad impugnare (in via autonoma) la sentenza di
condanna in primo grado, a prescindere dalle ragioni che ognuno di
loro ha concretamente dedotto a sostegno dell’impugnazione diretta
a conseguire la riforma della suddetta condanna (e la correlativa
assoluzione, nel merito, dall’imputazione con riferimento alla quale
l’Ufficio del P.M. ha esercitato l’azione penale): dovendosi considera-
re – seppure si ritenesse perfezionata nella fattispecie la violazione
della richiamata regola processuale– che essa non avrebbe determi-
nato alcuna nullità del giudizio nel presente grado, in quanto tale
violazione non è prevista fra quelle menzionate l’art.178 C.P.P., e
neppure avrebbe prodotto l’inammissibilità degli appelli proposti da
ciascuno dei suddetti imputati (non essendo parimenti prevista nella
casistica individuata dall’art.591 C.P.P.), determinando l’unico effetto
di impedire nei riguardi della parte privata il decorso del termine per
proporre l’impugnazione (incidentale) (“ove consen- tita”:cfr.,in
termini,CASS., Sez. V^ Penale,sent. 20/9/2002 n° 31423,Pres. LAT-
TANZI, imp. Ferraiolo ed altri, rif. CED RV 233443; e la precedente
conforme, Sez. III^ Penale, sent. 23/12/1999 n°14443, rif. CED RV
215111, imp. Parathoner ed altri).
130
4.2) Sulla richiesta di revoca dell’ammissione della costituzione di parte civile dei genitori e dei fratelli di Michela ILARDI.
Sulla (ulteriore) eccezione preliminare formulata nell’interesse
del medesimo imputato Emma – alla quale hanno parimenti aderito i
coimputati odierni appellanti – per ottenere la revoca dell’ammis-
sione a costituirsi nel presente giudizio quali parti civili dei genitori e
dei fratelli della bambina deceduta, in conseguenza della soprav-
venuta citazione dell’Azienda Ospedaliera “Umberto I°” di ENNA
quale responsabile civile effettuata dai genitori e dai fratelli della
piccola Michela ILARDI (costituiti pp.cc. nel presente giudizio),.la
Corte la ritiene parimenti infondata (cfr., l’ordinanza 19/ 6/2003, cit.),
sul rilievo che la citazione del responsabile civile nel giudizio penale
non si configura come un adempimento processuale necessario ai
fini della validità (o dell’ammissibilità) della costituzione di parte
civile, seppure tale costituzione ne costituisca il necessario presup-
posto: dovendo conseguentemente ritenersi rimesso alla libera valu-
tazione – ed alla disponibilità – della persona danneggiata dal reato
che sia costituita parte civile nel giudizio penale, di estendere
l’azione civile esercitata in detta sede anche al responsabile civile,
ovvero, di esercitare (autonomamente) l’azione risarcitoria nei
riguar- di dello stesso responsabile civile promuovendo un
(autonomo) giu- dizio civile, anche in pendenza del procedimento
penale iscritto a carico dei soggetti la cui condotta ha determinato
l’evento dannoso.
A tale conclusione, la Sezione deliberante perviene, interpre-
tando la disciplina che regola l’esercizio dell’azione civile nel giudizio
penale secondo il rito novellato (artt. 74 e ss. C.P.P.), e specifica-
mente l’art. 75 C.P.P. che regola i “Rapporti tra azione civile e
azione penale”, prevedendo la sospensione del giudizio civile
avviato “nei confronti dell’imputato” successivamente alla
costituzione di parte civile, “fino alla pronuncia della sentenza penale
131
non più soggetta ad impugnazione”: mentre nulla dispone per
l’ipotesi in cui l’azione civile
sia esercitata nei riguardi del responsabile civile.
Rileva parimenti la Corte che gli artt..80 C.p.p. (“Richiesta di
esclusione della parte civile”), e 81 C.p.p. (“Esclusione di ufficio della
parte civile”) non prevedono che la parte civile debba essere
estromessa dal giudizio penale nel quale è stata esercitata l’azione
civile, nel caso in cui sia stato promosso nei confronti del respon-
sabile civile un autonomo giudizio nella competente sede giudiziaria
(civile).
Considera, inoltre, la Sezione decidente che la citazione del
responsabile civile nel giudizio penale – qualora la p.c. costituita
intenda avvalersi della correlativa facoltà processuale – è prevista
allo scopo di consentire l’estensione (diretta) dell’efficacia del giudi-
cato penale di condanna pronunciato nei riguardi dell’imputato-dan-
neggiante anche nei confronti del responsabile civile, per (evidenti)
ragioni di economia processuale, e dunque per agevolare la stessa
parte civile costituita: qualora, invece, la persona danneggiata dal
reato rinuncia ad avvalersi della facoltà concessale dall’art. 83
C.P.P., optando per esercitare l’azione risarcitoria nei riguardi del
responsabile civile davanti al Giudice competente (in sede civile),
nessuna conseguenza sfavorevole per la stessa p. c. può essere in-
dotta da tale scelta, posto che la suddetta iniziativa determina la
costituzione di un rapporto processuale (fra la persona danneggiata
dal reato ed il responsabile civile), differenziato da quello che si è
instaurato nel giudizio penale per effetto della costituzione di p. c. nei
riguardi dei soli soggetti imputati di avere realizzato la condotta
(penalmente) vietata che ha causato la lesione della sfera patrimo-
niale (e morale) dei soggetti danneggiati dalla medesima condotta.
La richiesta di estromissione delle p.c. costituite, formulata
nell’interesse degli imputati appellanti, deve essere quindi rigettata:
e, per le stesse ragioni, deve essere pure rigettata l’ulteriore istanza
rivolta a conseguire la revoca della liquidazione provvisionale con-
132
cessa dal Giudice di primo grado alle medesime parti civili costituite,
agli effetti dell’art.82 C.p.p.
Passando quindi ad esaminare le singole posizioni processuali,
nel merito dell’imputazione contestata dal P.M. in primo grado, rileva
la Corte decidente che nella fattispecie gli elementi di prova assunti
nella fase delle indagini preliminari dichiarati utilizzabili, e gli altri
acquisiti all’esito dell’istruttoria dibattimentale nei due gradi di giudi-
zio, consentono di individuare rilevanti profili di condotta colposa –
peraltro diversamente graduati (per quanto sarà chiarito nel prose-
guo dell’espositiva) – a carico di tutti gli imputati, seppure debba ri-
tenersi esclusa nei riguardi degli imputati PULEO e MARGANI l’inci-
denza causale determinante delle rispettive condotte colpose sul
decesso della piccola Michela ILARDI.
Richiamato quindi integralmente lo svolgimento della dolorosa
vicenda che ha coinvolto la piccola vittima ed i suoi genitori Sigg.
Filippo ILARDI e Antonina CASCIO costituiti parte civile (unitamente
ai restanti figli maggiorenni) nel presente giudizio secondo la
superiore espositiva, e l’invero complesso iter processuale nei due
gradi del giudizio di merito (comprovato dal volume del carteggio
processuale: oltre 1000 pagine di affoliazione), valuta la Corte adìta
di richiamare – quale parte integrante della presente motivazione – il
contenuto delle citate deliberazioni istruttorie assunte nella presente
fase processuale.
5)LA CONDOTTA PROFESSIONALE DEGLI APPELLAN- TI.
5.1) La valutazione della condotta professionale degli operatori sanitari addetti ad una struttura ospedaliera.
5.1.2) compiti, doveri e responsabilità.
133
Passando quindi a valutare il comportamento professionale
degli imputati nel presente giudizio, considera la Sezione deliberante
di individuare (preliminarmente) alcune fondamentali regole alla cui
osservanza deve essere improntata la condotta (e l’attività) del sani-
tario che esercita la professione medica all’interno di una struttura
ospedaliera, che prescindono quindi dalla natura (pubblica, o pri-
vata), dell’ente che gestisce la medesima struttura:
1°) un generale dovere di “attenzione” nei riguardi dei soggetti
che entrano in contatto con la struttura ospedaliera, e maggiormente
nei confronti di coloro che vi siano degenti per il trattamento di stati
morbosi (o patologie) la cui natura ed incidenza sulle condizioni di
salute del paziente ricoverato devono essere ancora diagnosticate;
2°) un dovere di (costante) aggiornamento sullo stato della
ricerca scientifica nel campo della medicina in generale, con un
parti- colare approfondimento per la singola disciplina specialistica
nella quale il sanitario esercita la professione medica all’interno della
strut- tura ospedaliera: dovere che si ritiene debba essere assolto
dal sin- golo professionista sanitario anche a prescindere
dall’eventuale or- ganizzazione di specifiche iniziative di formazione
da parte della singola Azienda Sanitaria (o dall’ente ospedaliero);
3°) un dovere di (piena) collaborazione – e di tempestiva (e
completa) informazione – nei riguardi degli altri sanitari (e del perso-
nale paramedico) che operano nella medesima struttura.
A fronte dei rilevati doveri (od obblighi professionali), anche la
struttura ospedaliera – e per essa l’Azienda Sanitaria nel cui ambito
il singolo presidio è costituito – deve garantire l’efficienza del proprio
apparato organizzativo, curandone l’allineamento con l’evoluzione
tecnologica, in modo da fornire ai singoli operatori sanitari (e para-
medici, sia che lavorino individualmente, o nell’ambito di una “equi-
pe”), le dotazioni strumentali, ed i supporti necessari – particolar-
mente quelli occorrenti ai fini diagnostici – per consentire ai mede-
simi operatori di eseguire la propria prestazione professionale in
forma pienamente adeguata alla obiettiva difficoltà (e rischiosità) del
134
compito loro assegnato: e in ogni caso, l’ (efficiente) organizzazione
ospedaliera deve quanto meno garantire l’essenziale criterio del-
l’accorpamento in una medesima struttura, od in un unico “plesso”,
di tutti i principali reparti (o divisioni) in cui è normalmente articolata
l’attività di un presidio ospedaliero complesso, con particolare riguar-
do al settore in cui operano i medici anestesisti (ed i medici rianima-
tori, in genere).
5.1.3) gli orientamenti giurisprudenziali.
Con riferimento, poi, all’eventuale incidenza – sul piano causale
– della violazione dei suddetti doveri di rilevanza generale, e di quelli
che si ricollegano specificamente all’esercizio della professione sani-
taria nella singola branca della medicina (specialistica), considera
questa Corte di doversi allineare ai canoni interpretativi formulati
nella subiecta materia dalla giurisprudenza di legittimità, nella recen-
te sentenza “Franzese” (CASSAZIONE, Sezioni Unite penali, sent.
10/ 7–11/ 9/ 2002 n°30328, rel. Canzio, annotata in Foro It., 2002,
II^, c. 601 ss.): e di richiamare inoltre i criteri di giudizio elaborati dal
la stessa giurisprudenza di legittimità in materia di responsabilità pa-
trimoniale derivante da colpa dell’esercente la professione sanitaria,
assumendoli quali parametri di valutazione dei profili di respon-
sabilità colposa che assumono rilievo nella presente fattispecie.
Parimenti, la Sezione decidente richiama l’orientamento inter-
pretativo formulato dalla stessa giurisprudenza di legittimità (e dalla
più qualificata giurisprudenza di merito), secondo il quale l’incom-
pletezza di compilazione delle cartelle cliniche, e(maggiormente) l’er-
ronea ( insufficiente) indicazione dei dati anamnestici (e diagnostici)
rilevati sulla persona sottoposta a ricovero, ricade in via esclusiva sui
sanitari che l’hanno predisposta – o che avevano l’obbligo di proce-
dere alla compilazione della medesima cartella clinica – cosicché
essi non possono (evidentemente) invocare a proprio favore l’incom-
pletezza della cartella clinica (o del referto della indagine diagno-
135
stica) quali elementi dimostrativi della carenza di prova in ordine alla
sussistenza di circostanze di fatto valutate rilevanti dall’accusa per la
formulazione del giudizio di colpevolezza, e tantomeno per l’esclu-
sione del nesso causale fra la condotta (anche omissiva) concreta-
mente realizzata, e l’evento di danno (morte, lesioni) cagonato alle
pp.oo.: e correlativamente, la rilevata incompletezza della cartella
clinica – o di qualunque referto sia valutato rilevante ai fini diagno-
stici, e per l’individuazione delle modalità di intervento necessarie (o
maggiormente idonee) rispetto al quadro clinico rilevato – non può
essere assunta quale elemento di prova favorevole per i sanitari
imputati, ovvero come elemento di prova sfavorevole per la posizio-
ne della persona offesa costituita parte civile nel giudizio penale a
carico dei sanitari che hanno seguito l’evoluzione clinica del paziente
ricoverato nella struttura ospedaliera (cfr., in questo senso, CASS., Sez. Terza civile, sent. 21/ 7/2003 n°11316, rif. CED RV 565295,
ric. Scoppa ed altro, res. Gargiulo, annotata in Foro It., 2003, I^,
2970; e, fra i giudici di merito, la recente sentenza deliberata dal
Giudice unico del Tribunale civile di ROMA in data 20/ 1/2004,
Giud. Rossetti, Panico e altri contro Ospedale Bambin Gesù RM,
idem, 2004, I^, 909 ss., che fa derivare dalla riscontrata
incompletezza della cartella clinica – o dall’omesso compimento di
altri adempimenti alla cui esecuzione il medico doveva ritenersi
obbligato – un giudizio affermativo della responsabilità nei riguardi
del medesimo, ogni qual volta la condotta concretamente attuata dal
professionista sanitario sia stata “astrattamente idonea a causarlo”:
avendo ribadito il suddetto giudice di merito l’orientamento interpre-
tativo già formulato in relazione ad altri casi consimili anteriormente
definiti, secondo il quale “il medico deve rispondere ex art. 40 c.p.
del danno esistente, essendo rimasta incerta la reale causa di esso
per una omissione ascrivibile al medico stesso”).
Ancora, assume uno specifico rilievo per la definizione del pre-
sente giudizio – per quanto interessa, specificamente, la posizione
processuale dell’appellante Puleo (nella richiamata qualità di Prima-
136
rio della Divisione pediatrica dell’ospedale di Enna) – l’orientamento
interpretativo parimenti formulato dai Giudici di legittimità, nelle pro-
nunce in cui è stato esaminato il riflesso della “posizione apicale”
rivestita dall’operatore sanitario dipendente da una struttura sanitaria
pubblica sull’eventuale responsabilità penale concorsuale del mede-
simo Primario nella condotta colposa di altro operatore sanitario che
si trovi in posizione sottordinata rispetto al primo, valutata causal-
mente rilevante nel determinismo di un evento di danno, secondo cui
l’affidamento dei pazienti ricoverati ai medici (aiuti ed assistenti) in-
seriti nell’organigramma del personale sanitario addetto ad un repar-
to ospedaliero da parte del medico collocato in “posizione apicale”,
“….determina la responsabilità del medico affidatario per gli eventi a
lui imputabili che colpiscano l’ammalato affidatogli” (cfr., CASS., Sez. II^ Penale, sent. 24/11/1994 n°11696 imp. Pizza, rif. Ced RV
199758);
e l’altro orientamento pure espresso dalla Suprema Corte di
CASSAZIONE secondo il quale, quando l’attività professionale sani-
taria viene svolta mediante l’organizzazione del lavoro (e dei compiti
assegnati a ciascun operatore medico, in base alla rispettiva specia-
lizzazione) nella forma del “lavoro in equipe”, ciascun componente
del gruppo di lavoro “è tenuto ad eseguire col massimo scrupolo le
funzioni proprie della specializzazione di appartenenza” (cfr., massi-
ma ufficiale depositata, CASS., Sez. IV^ Pen. Sent. 15/ 7/1991 n°7601, rif. Ced RV 187989, imp. Rappazzo e altro, in Giust. Pen.,
1992, II°, 23).
Muovendo dunque da tali premesse interpretative di ordine ge-
nerale sulla caratterizzazione dei profili di colpa (commissiva, e/o
omissiva) derivante dall’esercizio dell’attività medico-chirurgica – con
particolare riguardo all’attività del sanitario ospedaliero – il Collegio
decidente valuta di dovere (preliminarmente) individuare le
circostan- ze in punto di fatto che possono ritenersi adeguatamente
(ed univo- camente) dimostrate, verificando poi per ognuna di esse
con quali modalità ciascuno degli odierni appellanti si sia
137
determinato a (ovve- ro, abbia omesso di) intervenire: verificando poi
se la condotta posi- tiva (od omissiva) posta in essere da ciascuno
degli appellanti, ab- bia assunto rilievo – sul piano causale (diretto, o
concausale) – ri- spetto all’ evento di danno della cui verificazione gli
imputati sono stati ritenuti responsabili all’esito del primo giudizio.
5.2) Le caratteristiche cliniche del caso di Michela ILARDI.
Considera, quindi, la Corte adita che nella fattispecie in esame,
l’attività di indagine preliminare – e l’istruttoria dibattimentale – con-
dotte nel primo grado di giudizio, hanno consentito di accertare che:
- la causa dell’ exitus della piccola Michela ILARDI deve essere
individuata, con criterio di elevata probabilità (cfr., la perizia Burlina
in atti, p.3)nella sopravvenuta insorgenza della patologia denominata
“sindrome di Reye” (nel proseguo, indicata con l’acronimo “s.d.R.”):
conclusione alla quale il suddetto Ausiliare è pervenuto “mancando
un accertamento autoptico che definisca lo stato di degenerazione
epatica ed escluda una encefalopatia infiammatoria”;
- l’eziologia della “s.d.R.” individua fra le cause che ne possono
determinare l’insorgenza, nei soggetti in età infantile(ed in particolare
quelli nella fascia entro i dodici anni di età), la somministrazione di
acido acetilsalicilico, ovvero di composti farmacologici a base di sali-
cilati;
- la “s.d.R.” presenta uno sviluppo clinico che si articola in fasi
progressive (c.d. “stadi”);
- gli “stadi” di sviluppo della “s.d.R.” sono stati individuati dalla
dottrina scientifica, sulla base dell’osservazione clinica, nel numero
di cinque, che corrispondono ad una (progressiva) ingravescenza
degli effetti dannosi indotti dalla medesima patologia, e culminano
nell’insorgenza di uno stato di “coma” che a sua volta degenera in
forma “irreversibile” (sino a determinare la morte del soggetto che ne
viene colpito);
138
- la richiamata caratteristica dell’evoluzione clinica della “s.d.R.”
consente di intervenire tempestivamente per contrastare la progres-
sione della patologia, evitando quindi la degenerazione dello stato
clinico del soggetto che ne viene colpito (ed il suo decesso).
Sulla base degli accertamenti specialistici e medico-legali effet-
tuati nel corso del giudizio, e particolarmente della citata perizia Bur-
lina, valuta quindi la Sezione deliberante di ritenere adeguatamente
provato che la piccola Michela Ilardi, all’atto del (secondo) ricovero
nel reparto pediatrico dell’ospedale ennese:
a) presentava (all’esame obiettivo) “un discreto stato di agita-
zione associata a disorientamento spazio temporale”, che l’appellan-
te EMMA valutò di dover trattare farmacologicamente (con “ infusioni
di elettroliti e glucosio al 5%, Decadrom e Valium ¼ di fiala”);
b) l’odierno appellante Dottore Emma non dispose l’effettua-
zione di ”accertamenti ematochimici”, valutandoli non necessari;
c) la persistenza dello stato di agitazione psicomotoria della
bambina nel corso della prima notte del secondo ricovero, indusse lo
stesso Emma a disporre affinché le fosse somministrata una fiala di
“Ansiolin”: terapia che – per quanto è certificato nella cartella clinica
della degenza – fece cessare lo stato di agitazione sino al mattino
del giorno successivo (5 luglio 1996);
d) in occasione della prima visita effettuata lo stesso giorno,
viene rilevato un ulteriore aggravamento del quadro neurologico
della bambina, “con uno stato di marcato sopore e scarsa reattività”,
accompagnato da una “lieve midriasi” delle pupille;
e) solamente all’esito di tale visita, si è proceduto a richiedere
l’effettuazione dei predetti esami ematochimici (e neuroradiologici)
generali;
f) essendosi ulteriormente aggravate le condizioni della piccola
Ilardi nelle ore immediatamente successive, lo stesso appellante
Emma formula il “sospetto diagnostico” dell’insorgenza della “s.d.R.”;
g) l’esito delle predette indagini diagnostiche evidenzia un au-
mento (peraltro, “modesto”) del livello delle transaminasi, e dell’am-
139
moniemia, accompagnato da “un quadro grave di acidosi metabolica
con elevato anion gap (28) e acidosi lattica (275 mg/dl)”,che determi-
nava la parziale modificazione del trattamento terapeutico praticato
alla piccola Michela, con l’infusione di una fiala di bicarbonato;
h) il rilevamento della predetta “acidosi metabolica” costituisce
un elemento fortemente significativo per la diagnosi di “s.d.R.”, “… in
quanto il quadro sindrome di Reye si associa ad alcune malattie
metaboliche ereditarie con acidosi metabolica e ipoglicemia”(cfr.,
perizia Burlina cit., p.4);
i) nel proseguo della degenza ospedaliera della bambina (sia
nel presidio ennese che in quello palermitano), non venne disposta
alcuna indagine diagnostica finalizzata a verificare la presenza nella
piccola Michela di una “causa metabolica (ereditaria)”: derivando da
tale omissione la conseguenza che “…il dubbio di una patologia
metabolica ereditaria (difetti della beta ossidazione degli acidi grassi,
difetto del metabolismo energetico, acidurie organiche) non può
essere escluso” (v., p. 4 perizia Burlina);
l) il richiamato “sospetto diagnostico” nel caso in esame era
suffragato:
l.1) dai dati anamnestici, rilevati già dal primo ricovero della
bambina (la pregressa patologia infettiva, la somministrazione di
salicilati);
l.2) dai dati clinici (l’encefalopatia, e l’insufficienza epatica);
l.3) e da quelli biochimici (in particolare, l’incremento di livello
delle transaminasi e l’”iperammonemia”: cfr., perizia Burlina p.5);
m) in particolare, nel caso della piccola Ilardi, assumono speci-
fico rilievo per la richiamata diagnosi:
m.1) la “sintomatologia neurologica”, la quale nella fattispecie
“…presentava alcuni segni come lo stato di agitazione e il disorien-
tamento spazio-temporale”, che l’Ausiliare incaricato nel presente
grado fa coincidere con lo “stadio primo della s.d.R.”;
140
m.2) il vomito accusato dalla bambina il giorno precedente il
secondo ricovero, “associato a algie addominali senza rialzo della
temperatura”;
m.3) la precedente assunzione di salicilati (p. 6 perizia Burlina);
n) il richiamato quadro clinico, secondo la valutazione del sud-
detto Ausiliare, “…è certamente sovrapponibile ad alcune patologie
metaboliche ereditarie che appartengono alla diagnostica diffe-
renziale della sindrome di Reye”;
o) peraltro, la c.d. “diagnosi differenziale” atta a distinguere nel
caso concreto se lo stato patologico sia riconducibile alla “s.d.R.”,
ovvero ad una “sindrome Reye simile” (ovvero, “sindromi con stessa
entità clinica e biochimica ma con eziologia metabolica”), può essere
effettuata solamente quando vengono disposti gli accertamenti atti a
consentire la diagnosi: ovvero, esami c.d. “di terzo livello” (che
preve- dono, fra gli altri, il “dosaggio degli amminoacidi”, il
rilevamento di “acidi organici urinari”, la “carnitina plasmatica” e le
“acilcarnitine”: v. perizia Burlina, p.7);
p) sulla base dei dati clinici disponibili, non è possibile rilevare
l’esistenza di un nesso eziologico fra le patologie esantematiche che
la piccola Michela Ilardi aveva contratto in epoca antecedente al
primo ricovero nel presidio ospedaliero “Umberto I°” (nella specie,
una forma di “otite media”, e la “varicella”), e la richiamata patologia
reumatica (“corea reumatica”) diagnosticata alla bambina in occa-
sione del medesimo ricovero (“..Non essendovi tra gli esami eseguiti
dati riguardanti titoli anticorpali o altri esami microbiologici atti a
definire la noxa eziologica non si può sostenere né escludere questa
ipotesi”: cfr., perizia Burlina, p.7);
q) peraltro, anche “La condizione di corea reumatica e di
insufficienza mitrale reumatica diagnosticata a seguito del ricovero
10/06 – 21/06/96 non appare completamente documentata in base
ai
dati clinico-laboratoristici” (v., elaborato Burlina p.8);
141
r) in ogni caso, la predetta condizione patologica “non condizio-
na in maniera diretta l’insorgenza della sindrome di Reye”;
6) I COMPORTAMENTI COLPOSI (OMISSIVI, E COM- MISSIVI) RILEVABILI NELLA CONDOTTA PROFESSIO- NALE DEGLI APPELLANTI.
6.1) Aspetti generali.
Lo stesso Ausiliare nominato dalla Sezione deliberante ha poi
espresso le seguenti valutazioni in ordine alle condotte professionali
degli imputati odierni appellanti, valutate rilevanti in relazione ai que-
siti fomulati da questa Corte all’atto del conferimento della perizia
integrativa:
a ) il sunnominato Dottore Emma ha ritardato l’esecuzione degli
esami di laboratorio, senza che dall’esame della cartella clinica
relati- va alla seconda degenza ospedaliera della piccola Ilardi sia
rilevabile una specifica ragione giustificativa di tale ritardo (“..Se da
un lato il medico pediatra Dott. Emma non riteneva … la
sintomatologia iniziale così importante (anche se la deposizione
della madre rife- risce un quadro neurologico allarmante fin dalle
prime ore del rico- vero) doveva però valutare che la paziente era
affetta da malattia di Charcot-Marie-Tooth, che oltre (ad) aver
assunto fino a poche ore prima dell’acido acetilsalicilico, aveva
presentato dei vomiti e che una terapia con benzodiazepine
difficilmente avrebbe permesso una corretta valutazione dello stato
neurologico”): cosicché l’Ausiliare nominato nella presente fase
processuale ha espresso la valutazione secondo la quale, “una
diagnostica di laboratorio avrebbe permesso una più attenta e
corretta valutazione dello stato clinico e dell’eventuale insorgenza
della sindrome di Reye” (v. perizia Burlina, p.5 primo cpv.);
b ) sempre riguardo alla condotta professionale dell’appellante
Emma, il perito nominato dalla Sezione deliberante ha pure
espresso
142
l’ulteriore giudizio secondo cui “…il sospetto” (della insorgenza della
s.d.R.) “se non al momento dell’ingresso, ..durante la notte quando
per lo stato di agitazione portava ad un ulteriore intervento tera-
peutico (veniva somministrata una fiala di Ansiolin), doveva portare
ad una attenta valutazione del quadro clinico ed alla richiesta di
accertamenti biochimici”(cfr., perizia Burlina, cit., p. 6, primo cpv.):
valutazione clinica che peraltro il suddetto imputato ha totalmente
omesso (avendo effettuato la richiamata prescrizione terapeutica per
via telefonica: v., p.9 elaborato peritale, ultimo cpv.);
c ) riguardo alla condotta professionale dell’altro imputato Dot-
tore Salvatore MARGANI, lo stesso Ausiliare nominato nel presente
grado ha espresso la valutazione secondo la quale, “…Rimane ..da
valutare se l’intervento terapeutico deciso dal Dott. Margani a base
di acido acetilsalicilico fosse realmente necessario ed insostituibile
per la diagnosi eseguita alla luce delle problematiche connesse alla
somministrazione di acido acetilsalicilico in età pediatrica”: ha infatti
ulteriormente rilevato il suddetto Perito che, “La relazione acido
acetilsalicilico e sindrome di Reye era ben nota nel 1996 e riportata
in ogni testo di Pediatria. Sebbene il farmaco non sia di per sé
tossico in età pediatrica, altrimenti ci sarebbe il divieto all’uso al di
sotto dei 12 anni, il suo utilizzo impone un attento controllo delle
condizioni cliniche in modo particolare se compaiono sintomi quali
vomito e deterioramento neurologico” (cfr., relazione Burlina,p. 8, se-
condo e terzo cpv.). Ne consegue che, “…se l’utilizzo dell’acido
salicilico era da ritenersi fondamentale per la paziente, questo
necessitava di attenta valutazione non solo riguardo ai valori ematici
ma del quadro clinico della paziente in particolare di fronte ad un
aggravamento neurologico ed epatico” (v. perizia cit., p. 9 secondo
cpv.): dovendosi pure considerare che seppure la “s.d.R. è evenien-
za rara e difficile da gestire. Il successo terapeutico e di conseguen-
za la possibilità di sopravvivenza, più che sull’utilizzo di terapie
specifiche si basa sulla precocità di diagnosi e sulla stadiazione della
143
sindrome stessa”, in quanto “…è la diagnosi precoce che influenza
la prognosi” (cfr., relazione Burlina cit., p.11 primo cpv.).
Assume poi specifico rilievo la circostanza che gli studi effettua-
ti in particolare dalla comunità scientifica inglese hanno evidenziato
una netta riduzione dei casi di “s.d.R.” nel ventennio successivo
all’anno 1986 in cui fu avviata una efficace campagna informativa (e
di sensibilizzazione) in particolare nei riguardi dei genitori di figli in
età “pediatrica”, ed in concomitanza con l’inserimento nelle confezio-
ni del farmaco denominato “Aspirina” di un avviso che sconsiglia la
somministrazione a pazienti pediatrici (v., in particolare, la
raccoman- dazione formulata dall’Organismo denominato C.S.M. –
acronimo di Committe on Safety of Medicines nello stesso anno
1986, diretta ad evitare la suddetta somministrazione nei bambini
infradodicenni): pertanto, l’impiego di detto farmaco nei pazienti in
tale fascia, “deve essere legato ad uno stretto monitoraggio clinico e
biochimico non solo inerente ai livelli ematici ma anche ad un danno
mitocondriale” (v., perizia Burlina cit., p.14).
Sulla base della richiamate valutazioni specialistiche, la Corte
deliberante rileva che:
- la fase delle condizioni cliniche della piccola Michela Ilardi a
partire dalla quale poteva essere diagnosticata la “s.d.R.”, deve
essere individuata in coincidenza con il secondo ricovero della bam-
bina nella Divisione pediatrica dell’Ospedale “Umberto I°” nella città
di Enna (4 luglio 1996), la quale coincide con l’insorgenza delle
manifestazioni convulsive ed etero-aggressive – peraltro precedute
dai vomiti, e dalle “allucinazioni zoottiche” (riferite della madre all’atto
del ricovero) – che costituiscono entrambe la “sintomatologia” tipica
della “s.d.R.”;
- pertanto, a partire da questa fase le condizioni cliniche della
piccola Michela dovevano essere monitorate con particolare scru-
polo, richiedendo di effettuare – in aggiunta agli esami sostanzial-
mente “di routine” che l’appellante Emma dispose (peraltro, con
ritardo, per quanto ha rilevato il perito Burlina) nel corso della secon-
144
da degenza della bambina – gli ulteriori esami ematochimici “di terzo
livello”, che lo stesso Ausiliare nominato nel presente grado ha
specificamente individuato nella relazione peritale depositata (v.
supra), allo scopo di formulare una diagnosi precisa, e di individuare
le forme di intervento terapeutico più appropriate per evitare l’(ulte-
riore) ingravescenza del- lo stato patologico accusato dalla bambina.
Al contrario, proprio in questa fase si assiste ad un accentuato
(e prolungato) lassismo da parte del sanitario che, essendo presente
“in turno” nello stesso reparto, assumeva in prima persona il compito
(e la correlativa responsabilità) di monitorare lo stato di salute della
piccola ricoverata, e l’evoluzione clinica delle sue condizioni, appron-
tando tutti gli interventi, in primis quelli diagnostici, diretti ad indivi-
duare la causa della sintomatologia rilevata all’esito dell’osser-
vazione clinica, e ad approntare i conseguenti rimedi terapeutici.
In particolare, assume specifico rilievo quale condotta (omis-
siva) causalmente incidente sull’exitus della piccola Ilardi, il rilevato
ritardo nella prescrizione delle usuali indagini diagnostiche;
ed assume parimenti rilievo quale condotta (commissiva) an-
ch’essa causalmente incidente sul decesso della bambina, la
sommi- nistrazione della richiamata “terapia sedativa”, la cui
prescrizione nel corso del secondo ricovero – ed in particolare
durante la prima notte dall’inizio della degenza – appare con
evidenza preordinata ad inter- venire sulla sintomatologia
manifestata dalla piccola Michela per farla cessare (inducendone
così, forzatamente, lo stato di riposo), piuttosto che ad approntare
un rimedio terapeutico adeguato per intervenire sulla causa della
medesima sintomatologia, e quindi ad incidere efficacemente sulla
patologia che l’aveva causata.
Né può costituire un’esimente – e neppure può valere ad esclu-
dere la rilevata incidenza causale dei predetti profili colposi sul de-
cesso della bambina – la circostanza che i richiamati esami emato-
chimici “di terzo livello” non potevano in concreto essere effettuati
dal laboratorio del presidio ospedaliero ennese, cosicché i campioni
145
di liquido ematico da analizzare eventualmente prelevati alla
bambina – qualora i suddetti esami fossero stati richiesti – avrebbero
dovuto essere inviati ad altro presidio ospedaliero di livello superiore,
spe- cificamente attrezzato per effettuarli.
Rileva, infatti, la Sezione deliberante che la condotta professio-
nale del sanitario il quale, facendosi carico “con attenzione” e scru-
polo) delle condizioni cliniche del paziente affidato alla sue cure –
maggiormente quando si tratti di un soggetto in età infantile (ovvero,
di un soggetto anziano, trattandosi di categorie che per definizione
richiedono una attenzione superiore a quella normalmente richiesta
dai soggetti adulti) – dispone che siano effettuate indagini diagnosti-
che valutate necessarie per individuare con la maggiore precisione
la causa della sintomatologia manifestata dal paziente, seppure tali
indagini non possano essere effettuate all’interno della stessa strut-
tura richiedendo l’appoggio ad un presidio esterno, assume una
connotazione di diligenza (e di perizia), ben diversa dalla condotta
dell’altro sanitario il quale – manifestando una carenza di attenzione
– sottovaluti la evidente criticità delle condizioni cliniche del paziente
ed ometta quindi di prescrivere qualsivoglia indagine diagnostica,
somministrando poi allo stesso paziente (come è stato per la piccola
Ilardi) una terapia sedativa, per sua natura destinata ad intervenire
(esclusivamente) sulla manifestazione sintomatica, e non sulle
cause della sintomatologia.
Dovendosi ulteriormente considerare che lo stesso sanitario (il
Dottore Emma), nella fattispecie che interessa la presente decisione
avrebbe pure potuto decidere “tempestivamente” – in piena autono-
mia anche rispetto al coimputato Puleo, (all’epoca) primario della
Divisione pedriatica dell’ospedale “Umberto I°” nella città di Enna, e
certamente in totale autonomia rispetto al collega Margani coimpu-
tato in relazione alla stessa vicenda (che rivestiva la sua stessa qua-
lifica, quella di Aiuto), essendo in ogni caso entrambi i suddetti col-
leghi assenti dal servizio il giorno in cui la piccola Ilardi venne ricove-
rata per la seconda degenza nel presidio ennese,di disporre il trasfe-
146
rimento della bambina presso un altro presidio ospedaliero di livello
superiore, maggiormente attrezzato – per la strumentazione diagno-
stica disponibile, e per il numero, e la tipologia, dei reparti speciali-
stici (in particolare, la “rianimazione”) – che avrebbe in ipotesi con-
sentito di effettuare anche le richiamate indagini di laboratorio “di
terzo livello” valutate necessarie dal Perito designato nella presente
fase processuale: e , qualora le condizioni cliniche della piccola Ilardi
fossero comunque peggiorate, avrebbe consentito di praticarle im-
mediatamente gli interventi finalizzati ad assicurarne la sopravviven-
za, e terapeutici, che si fossero resi necessari.
Nel caso in esame, invece, la rilevata carenza di attenzione (e
di scrupolo) – che assume invero una connotazione di particolare
gravità perché la condizione infantile della paziente, ed il suo stesso
stato fisico non pienamente integro (in ragione della richiamata pato-
logia,la malattia di “Charcot Marie Tooth” da cui la bambina era affet-
ta) – avrebbe dovuto (al contrario) indurre una attenzione superiore
a quella media comunque richiesta al sanitario ospedaliero nella
espli- cazione del suo compito professionale – ha certamente
concorso ad accelerare l’ingravescenza della condizione patologica
che ha poi determinato il decesso della bambina.
Parimenti, la determinazione di trasferire la piccola Michela dal
presidio ennese a quello nella città di Palermo dove si è poi
verificato il decesso, appare certamente tardivo, come è dimostrato
dalla circo- stanza – clinicamente documentata – che la bambina è
stata ricove- rata nell’”Ospedale dei Bambini” già in stato di “coma
irreversibile”, cosicché nessun efficace intervento terapeutico è stato
possibile effettuare (per quanto ha esaustivamente chiarito nella
richiamata deposizione resa nel presente grado dal Prof. Rovella,
Primario dello stesso presidio).
Pertanto, nessun pregio rivestono – in ordine a tale questione –
le argomentazioni difensive formulate in particolare nell’interesse
dell’imputato Margani (evidentemente estensibili anche agli altri
appel anti), tendenti a svalutare la ricostruzione delle condotte, e dei
147
profili di responsabilità colposa rilevante, operata dal primo Giudice
per la considerazione che non sarebbe stata considerata la rilevanza
causale del trattamento praticato alla piccola Ilardi nel corso del rico-
vero nel presidio palermitano: assume, infatti, rilievo (tranciante) sul
punto la constata (e clinicamente documentata) “irriversibilità” dello
stato di coma in cui la bambina versava sin da quando fece ingresso
nel suddetto presidio.
Se dunque, per le considerazioni svolte in punto di fatto, nella
condotta professionale del sanitario che ha preso in carico la piccola
Michela in occasione della seconda degenza nel reparto pediatrico
dell’ospedale di Enna sono rilevabili i richiamati profili di responsa-
bilità colposa (omissiva, e commissiva), che la Sezione deliberante
valuta causalmente rilevanti nel determinismo dell’exitus della bam-
bina, anche la condotta professionale dei sanitari che ne hanno se-
guito l’evoluzione clinica nella fase antecedente il secondo ricovero
evidenzia profili di responsabilità colposa (omissiva, e commissiva)
non secondari: seppure all’esito dell’approfondimento istruttorio as-
sunto nella presente fase processuale, non è stata conseguita una
prova – per quanto sarà partitamente illustrato nell’ulteriore esposi-
tiva – idoena a fare ritenere univocamente dimostrato che i profili di
colpa comunque rilevabili nelle rispettive condotte professionali
(degli appellanti Puleo, e Margani) abbiano in concreto inciso in
forma cau- salmente rilevante nel determinismo del decesso della
piccola Michela, come sarà partitamente illustrato nell’ulteriore corso
della motivazione.
E’ rimasto pure irrefutabilmente provato che la piccola Ilardi è
stata ricoverata – ed è stata curata – nel reparto pediatrico del presi-
dio ospedaliero ennese, sulla base della richiamata diagnosi di “co-
rea reumatica”.
Considera, quindi, la Sezione deliberante, seppure si prescin-
da nel presente giudizio dal valutare la correttezza della suddetta
formulazione diagnostica – sulla quale, invero, i periti nominati in pri-
mo grado hanno espresso considerazioni dubitative, quanto meno
148
per la scarsità dei rilevamenti diagnostici in concreto effettuati per
riscontrarne la fondatezza, dato che se la stessa tale diagnosi si
rivelasse erronea, il conseguente profilo di responsabilità colposa
(commissiva) riverberebbe i suoi effetti anche sul giudizio in ordine
alla rilevanza causale della relativa condotta – che nella fattispecie in
esame la prescrizione terapeutica, e la conseguente somministra-
zione alla piccola Ilardi di un composto farmacologico contenente
salicilati (nella specie, il sunnominato “Cemirit”) configura a sua
volta un profilo di sicura responsabilità colposa.
Ritiene, infatti, la Corte – anche a voler ritenere appropriato il
“protocollo terapeutico” concretamente applicato per il trattamento
della malattia reumatica diagnosticata nella piccola Michela – che in
ogni caso la somministrazione di un composto farmacologico conte-
nente salicilati, in considerazione dell’età della bambina (non aven-
do ella ancora compiuto nove anni all’epoca dei predetti ricoveri),
induceva una situazione “di rischio”, a fronte della quale i sanitari del
reparto pediatrico dell’ospedale “Umberto I°” nella città di Enna
avrebbero dovuto (prevedere di) effettuare un costante (ed attento)
“monitoraggio” dell’evoluzione delle condizioni della bambina.
E, ancor prima – per quanto ha pure esattamente rilevato il pe-
rito Burlina – avrebbero dovuto avvertire i genitori della bambina sul-
la esistenza del suddetto “rischio”, e sulla (conseguente) esigenza
che essi vigilassero – come peraltro è di fatto avvenuto – sulla evo-
luzione clinica della condizione della figlia, comunicando tempesti-
vamente (come è peraltro,di fatto, avvenuto) l’insorgenza di
eventuali sintomatologie anomale, ipoteticamente indicative di una
“reazione” negativa indotta dalla predetta somministrazione
farmacologica.
In ogni caso, gli odierni appellanti avrebbero dovuto program-
mare un controllo (anticipato)delle condizioni della bambina, sottopo-
nendola ad esami ematochimici differenziati, diretti a riscontrare
l’eventuale presenza di alterazioni significative dei parametri rilevanti
– ed in primis, il tasso di concentrazione ematica di salicilato – onde
149
consentire agli stessi sanitari di intervenire con tempestività sulla
relativa prescrizione terapeutica, sospendendo la somministrazione
del predetto farmaco.
Rileva, al contrario, la Corte che nella fattispecie considerata:
a) nessuno specifico avviso sulla predetta situazione di “ri-
schio”, è stato comunicato ai genitori della piccola Ilardi;
b) pur avendo tempestivamente segnalato la madre della bam-
bina l’insorgenza di una manifestazione sintomatica (nella specie, la
comparsa di un edema alle estremità degli arti, ed una eruzione
cutanea) che ella aveva valutato “anomala”, la verifica clinica delle
condizioni della piccola Michela – programmata ad una settimana
dalla prima dimissione (avvenuta il 21/ 6/1996), non fu anticipata
rispetto alla data fissata per il predetto controllo (il 28 giugno 1996),
nonostante le espresse sollecitazioni della donna;
c) all’esito del controllo (pur tardivamente) effettuato, e del rile-
vamento di una (sicura) alterazione dei suddetti parametri, la sommi-
nistrazione del predetto composto farmacologico contenente salicila-
to non venne sospesa, essendosi limitati i sanitari che avevano as-
sunto in carico la bambina, a disporre la riduzione (nella misura del
20%) del dosaggio del medesimo farmaco, valutata insufficiente dal
perito Burlina per escludere la rilevata condizione di rischio
connessa alla somministrazione del “Cemirit” alla bambina;
d) pur avendo rilevato (clinicamente) il peggioramento delle
condizioni della bambina, i suddetti sanitari non hanno disposto di
monitorarne lo stato patologico (in regime di ricovero).
6.2) La somministrazione di farmaci contenenti sali- cilati ai pazienti in età pediatrica, ed il rischio di insor- genza della “Sindrome di Reye”.
Considera, quindi, la Sezione deliberante che nella condotta
professionale dei sanitari che hanno preso in carico la piccola
Michela Ilardi si rilevano i seguenti profili di responsabilità colposa
(omissiva, e commissiva):
150
1°) un profilo di negligenza per avere omesso la comunicazione
preventiva sub a);
2°) un ulteriore profilo di negligenza per avere omesso di
anticipare la verifica clinica sub b);
3° ) un profilo di imperizia in relazione all’intervento terapeutico
sub c);
4°) un ulteriore profilo di negligenza per avere omesso di
disporre il ricovero della bambina finalizzato ad effettuare la verifica
clinica sub d);
5°) un profilo di imperizia ricollegabile alla rilevata sottovaluta-
zione della condizione di rischio indotta dalla richiamata sommini-
strazione di salicilato ad un paziente in età infantile.
Per quanto, in particolare, concerne il profilo di colpa sub 5),
considera la Sezione deliberante di confutare le argomentazioni
ampiamente sviluppate dall’appellante Margani nelle richiamate de-
duzioni difensive (v. supra le citate dichiarazioni spontanee, rese dal
suddetto imputato nelle udienze dibattimentali del 6/11/2003 e del
18/ 6/2004), tendenti a dimostrare l’”eccezionalità” (e la sostanziale
“imprevedibilità”)dell’insorgenza della “s.d.R.” quale patologia indotta
dalla somministrazione di composti farmacologici contenenti salicilati
in pazienti della c.d. “fascia pediatrica”.
Rileva, infatti, la Corte che seppure l’incidenza statistica della
“s.d.R.” in relazione ai casi di pazienti della suddetta fascia sottoposti
a trattamento terapeutico con salicilati sia oggettivamente contenuta,
la scienza pediatrica ha da tempo individuato la somministrazione di
salicilato quale specifico fattore causale della “s.d.R.” nei medesimi
pazienti: circostanza, questa, che vale da sola a configurare tale
somministrazione come specifico “fattore di rischio” per l’insorgenza
della “s.d.R.” (cfr., le citate valutazioni espresse in ordine a tale que-
stione dal Perito Burlina).
Dovendosi, inoltre, considerare che la stessa somministrazione
di farmaci in particolare nei bambini induce di per sé una condizione
di “rischio” che si determinino in conseguenza della assunzione
151
reazioni di intolleranza al farmaco (od allergiche) che potrebbero
comunque rivelarsi dannose per l’assuntore: cosicchè, anche in
termini generali, la somministrazione di farmaci ai bambini deve es-
sere comunque preceduta da una “attenta” valutazione del rapporto
rischio (che deriva dall’assunzione del farmaco) – beneficio sul piano
della efficacia terapeutica, che non risulta sia stata effettuata nel
caso della piccola Ilardi.
Maggiormente, dunque, la somministrazione di composti
farma- cologici contenenti salicilati nei bambini, poiché presenta la
suddetta “contro-indicazione” deve essere limitata ai soli casi in cui
la relativa prescrizione terapeutica risulti necessaria per assicurare
la remis- sione di condizioni patologiche in atto, che non possano
essere cu- rate mediante la somministrazione di trattamenti
terapeutici differen- ziati (o alternativi).
Nella fattispecie considerata, è rimasto irrefutabilmente provato
all’esito delle richiamate indagini specialistiche (e medico-legali) – né
la circostanza è stata confutata dai rilievi difensivi svolti nell’interesse
degli imputati odierni appellanti – che la patologia diagnosticata nel-
la piccola Michela Ilardi dai sanitari del reparto pediatrico del presidio
ospedaliero ennese è stata trattata somministrando alla bambina,
inizialmente un farmaco “cortisonico”,successivamente sostituito con
il predetto composto contenente salicilato (il “Cemirit”): sostituzione
che in particolare l’appellante Margani ha riferito nelle richiamate
“dichiarazioni spontanee” essere stata disposta per ridurre gli effetti
negativi che la (prolungata) somministrazione di “cortisonici” notoria-
mente induce nei pazienti (e maggiormente,quelli della “fascia pedia-
trica”) ai quali la relativa terapia viene praticata.
Sostanzialmente, il salicilato è stato preferito al cortisonico in
considerazione degli effetti negativi – dunque, delle “controindicazio-
ni” – che la pratica clinica notoriamente riconnette all’impiego prolun-
gato dei farmaci appartenenti alla seconda categoria (i “cortisonici”)
rispetto a quelli della prima categoria (i “salicilati”).
152
Peraltro, la preferenza che nel caso in esame i sanitari del
presidio ospedaliero ennese hanno accordato alla somministrazione
del predetto farmaco (il “Cemirit”) doveva comunque considerare
l’ulteriore (specifica) controindicazione derivante dal rischio – clinica-
mente rilevato nei riguardi dei pazienti della “fascia pediatrica” – di
insorgenza della “s.d.R.”, quale patologia suscettibile di provocare,
qualora non fosse stata diagnosticata tempestivamente, la stessa
morte del paziente: rischio che i suddetti sanitari non potevano igno-
rare, essendo stato rilevato – già da epoca antecedente il ricovero
della piccola Ilardi – dalla dottrina scientifica più accreditata nel
settore della pediatria (cfr., anche su tale questione, le richiamate
valuta- zioni espresse dal Perito Burlina, ut supra), e dalla stessa
Autorità sanitaria nazionale (cfr., la Circolare emanata dal Ministero
della Sanità italiano n°800.3R/AG.ASP/ emanata il 18/ 2/1985).
Rileva, quindi, la Sezione deliberante che il richiamato “dovere”
di aggiornamento professionale assume una particolare rilevanza nei
riguardi dei sanitari che siano titolari della specializzazione in speci-
fiche branche della medicina, in quanto proprio la caratterizzazione
“specialistica” della loro competenza professionale gli richiede – in
forma più accentuata (rispetto ai medici c.d. “generici”) – di essere
informati sull’evoluzione delle ricerche, e degli studi, che riguardano
in particolare la branca nella quale essi esercitano la professione
medica.
Considera, dunque, la Corte di richiamare, in particolare, le
sottoelencate fonti conoscitive, che assumono specifico rilievo per la
valutazione della condotta professionale degli appellanti:
a)la Circolare MINISTERO DELLA SANITA’ n°800.3R/AG.ASP/
del 18 febbraio 1985 (Specialità medicinali contenenti acido acetil-
salicilico e suoi sali);
b) le Linee guida per la gestione della sindrome influenzale in
Pediatria” (R. Arigliani - V. Giacomet - A. Guarino - F. Marolla: ricer-
ca sviluppata dall’Istituto Superiore di Sanità – I.S.S., in collabora-
zione con l’Agenzia dei Servizi Sanitari Regionali – A.S.S.R., e con le
153
Società Scientifiche, Società Italiana di Pediatria, la Federazione
Italiana Medici Pediatri e l’Associazione Culturale Pediatri: consulta-
bile in http://www.pnlg.it, che si ritiene utilizzabile quale fonte di
conoscenza, in considerazione della libera accessibilità che si realiz-
za attraverso la c.d. “rete Internet”, ed il carattere istituzionale dell’or-
ganismo da cui proviene il documento);
c) la Guida all’uso dei farmaci per i bambini, formulario pedia-
trico nazionale contenente una guida alla prescrizione, e schede
monografiche sui farmaci, pubblicato dalla Direzione Generale della
valutazione dei medicinali e della Farmacovigilanza del MINISTERO
DELLA SALUTE: che si ritiene parimenti utilizzabile quale fonte di
conoscenza, in considerazione del carattere istituzionale dell’organi-
smo da cui proviene il documento);
d) “Medicines for children” (formulario terapeutico pediatrico
predisposto dall’Organizzazione “RCPCH” – acronimo del Royal
College of Pediatricians and Child Health: http://www.rcpch.ac.uk;
e dall’altra organizzazione “NPPG” – acronimo del Neonatal and
Paediatric Pharmacists Group: http://www.nppg.demon.co.uk,
entrambe operanti nel Regno Unito d’Inghilterra: documento che si
ritiene pure utilizzabile quale fonte di conoscenza, in considerazione
della libera accessibilità che si realizza attraverso la c.d. “rete Inter-
net”, ed il carattere “ufficiale” della fonte, che promana da un organi-
smo istituzionale straniero, accreditato nel campo sanitario, in
ambito europeo ed internazionale);
e) la Comunicaciòn sobre riesgos de medicamentos para
profe- sionales sanitarios (Uso pediatrico de acido acetilsalicilico/
salicilatos y Sìndrome de Reye - Nota informativa della Agencia
Espanola del Medicamento sobre el Sindrome de Reye: rif. 2003/06
del 14/ 5/2003: consultabile in http://www.msc.es/agemed/ docs/ dir _sefv_070403. pdf: parimenti utilizzabile quale fonte di cono-
scenza, in considerazione della libera accessibilità che si realizza
attraverso la c.d. “rete Inter- net”, ed il carattere “ufficiale” della fonte,
154
che promana da un organismo istituzionale straniero accreditato nel
campo sanitario, in ambito europeo ed internazionale):
f)LNGOFORD NJ, Aspirin and Reye’s syndrome: is the
response appropriate?, in Journal of Clinical Pharmacology and
Therapeutics, 2002, 27: 157 – 160);
g) L. GALATTI, Aspirina e Sindrome di Reye, Corso di
farmaco- vigilanza on line;
h) Urgenze in pediatria, traduzione italiana curata da G.
Roberto BURGIO dal volume EMERGENCY PEDIATRICS, A guide
to AmbulatorY Care, fourth edition, Mosby, - Year book, Inc. (estratto
del volume, depositato nel presente grado nell’interesse dell’appel-
lante EMMA: produzione effettuata nella Cancelleria della Sezione
deliberante il 17/12/2003, allegata alla memoria difensiva depositata
per l’udienza del 19/12/2003);
i ) schede tecniche del farmaco “Cemirit adulti” e “Cemirit bam-
bini” tratte dal “farma Annuario” (allegate dall’appellante Emma alla
memoria sub h).
Nel documento sub a) – che riveste particolare rilievo ai fini
della presente decisione data la rilevanza pubblicistica (e l’ufficialità)
della fonte, avente rilevanza normativa (seppure di rango seconda-
rio), e per l’epoca nella quale la Circolare è stata emanata (ampia-
mente antecedente all’epoca in cui sono state realizzate le condotte
colpose in relazione alle quali è stata formulata l’imputazione a
carico degli odierni appellanti) – si legge:
Viene da qualche tempo segnalata a livello internazionale una
sindrome, definita Sindrome di Reye, che compare in soggetti al di
sotto dei 16 anni e si caratterizza per la presenza di una encefalo-
patia e segni di epatopatia acuta che si manfestano con vomito
incoercibile e sonnolenza. Detta sindrome compare in seguito ad
affezioni virali quali influenza e varicella ed è stata messa in relazio-
ne tra l’altro, con la somministrazione di acido acetilsalicilico, anche
se non è stato fino ad ora dimostrato un nesso causale fra la sommi-
nistrazione del farmaco e l’insorgenza della sindrome citata.
155
Pertanto, a scopo cautelativo, i fogli illustrativi dei prodotti in
commercio contenenti acido acetilsalicilico dovranno riportare la
seguente avvertenza: “In caso di affezioni virali quali l’influenza o
varicella, consultare il medico prima di somministrare il prodotto a
bambini e ragazzi; se durante il trattamento compaiono vomito pro-
lungato e profonda sonnolenza interrompere la somministrazione.
Nel documento richiamato sub b) – che riveste anch’esso un
peculiare rilievo per la formulazione del giudizio demandato a questa
Corte sulla condotta professionale degli imputati odierni appellanti
(quali sanitari specialisti nel campo della pediatria), essendo stato
predisposto con la partecipazione di autorevoli esponenti delle
richiamate Società Scientifiche, che rappresentano anche la catego-
ria professionale dei medici pediatri – è riportata la raccomanda-
zione:
Nei bambini al di sotto dei 12 anni è controindicato l’acido
acetilsalicilico, perché vi sono prove di un’associazione tra tale
farmaco e la sindrome di Reye (codice di classificazione E III, che
corrisponde a “fortemente consigliato”, Forza della raccomandazione
“E” + Livello di prova della raccomandazione III, “ in base a studi
caso-controllo”);
e l’ulteriore avvertimento:
Il paracetamolo e l’ibuprofene sono raccomandati per la loro
relativa sicurezza ed efficacia in soggetti in età pediatrica (B II, che
corrisponde a “comportamento o intervento raccomandato”, Forza
della raccomandazione “B” + Livello di prova della raccomandazione
II, “in base ad almeno uno studio clinico randomizzato”).
Nelle stesse “Linee guida” in esame, è contenuta l’indicazione
che individua come “fortemente raccomandato il ricovero immediato”
In del paziente in età pediatrica, qualora si rilevi – fra le altre condi-
zioni ivi specificamente considerate – la presenza di “convulsioni
(pri- mo episodio)” o di “sintomi neurologici” (vedi, la Categoria
classi- ficata “AIII” dei “Criteri per il ricovero dei bambini”).
Nell’ulteriore documento sub c), sono riportate le seguenti indi-
156
cazioni – evidentemente rivolte in primo luogo proprio alla classe
me- dica – essendo state recepite dal Ministero italiano della Salute:
c.1) CONSENSO DEI GENITORI, DEI CURANTI E DEI PA-
ZIENTI - 8. Gli operatori sanitari devono rispettare il diritto dei bam-
bini e dei loro genitori a essere partecipi delle decisioni sulla cura, e
assicurarsi che queste decisioni siano adeguatamente comprese
(vedi, Guida all’uso dei farmaci per i bambini, par. XV°);
c.2) 11. Ci sono circostanze in cui un medico può decidere di
fornire più informazioni di quante normalmente ritenute necessarie.
Questo può avvenire quando: un farmaco è nuovo o sperimentale; la
sua somministrazione comporta particolari rischi di reazione avverse
conosciute o potenziali, anche se questi rischi sono poco rilevanti
rispetto alla gravità del disturbo da curare; le preoccupazioni
associate alla terapia generano la necessità di spiegazioni più detta-
gliate sui farmaci che vengono prescritti (v. Guida cit., par XV°);
c.3) INFORMAZIONI SULL’ USO DEI FARMACI PER I BAMBI-
NI E LE FAMIGLIE - “E’ necessario che i bambini e i loro curanti sap-
piano come usare i farmaci in maniera sicura ed efficace. Tutti gli
interessati hanno una responsabilità nel fornire informazioni appro-
priate. Questo deve essere fatto in modo chiaro e completo” (cfr.,
Guida cit., par XXI°);
c.4) COSA HANNO BISOGNO DI SAPERE I BAMBINI E I
GENITORI.
Il nome del farmaco.
La ragione del suo impiego.
Quando e come assumerlo.
Come sapere se è efficace, e cosa fare se non lo è.
Cosa fare se una o più dosi non vengono assunte (per dimenti-
canza o altra ragione).
Per quanto tempo continuare ad assumerlo.
I rischi dell’interruzione.
Gli effetti indesiderati più probabili e quelli poco probabili, ma
importanti; cosa fare alla loro comparsa.
157
Quali altri farmaci possono essere assunti contemporanea-
mente.
Quali altri fattori possono alterare l’effetto del farmaco (v.,
Guida cit., par XXI°);
c.5) DISTURBI PSICHIATRICI – COMPORTAMENTO AG-
GRESSIVO.
A esclusione del comportamento aggressivo associato a iperat-
tività, che risponde facilmente agli stimolanti, il comportamento
aggressivo più grave richiede un intervento di tipo psicologico.
L’intervento farmacologico rappresenta l’ultima scelta. La sedazione
va evitata.
Vengono di solito impiegati….,…… e alperidolo, ma il loro utiliz-
zo, se non per brevi periodi, appare di dubbia utilità….. Le benzodia-
zepine hanno effetti difficilmente prevedibili e vanno pertanto evitate
(v., Guida cit., par. G108);
c.6) ASPIRINA - ….. CONTROINDICAZIONI E AVVERTENZE
….Non deve essere somministrata come analgesico-antipiretico in
bambini di età inferiore ai 12 anni per il rischio che si manifesti la
sindrome di Reye. …AVVELENAMENTO/INTOSSICAZIONE - …
Potrebbe essere necessario il ripristino dell’equilibrio acido-base,
eventualmente con supporto emodialitico. Segni maggiori di
tossicità: tinnito, difficoltà uditive; sudorazione; vertigini, confusione
mentale; l’iperventilazione potrebbe condurre al coma, al collasso
cardiova- scolare e alla depressione respiratoria (v., Guida cit., par.
50);
c.7) APPENDICE A – Principio attivo – Farmaco.
Acido acetilsalicilico (ATC – Classe B01AC06) - Principio attivo
non registrato per l’uso pediatrico nel Regno Unito(secondo le
indica-
zioni di Medicines for Children) (v., Guida cit., par 597).
Nel documento sub e), si legge, fra le altre indicazioni:
“….. El desarollo de SR se ha relacionado con la presencia
previa de varicela, una enfermedad viral o un proceso febril y la
158
administration de àcido acetisalicilico (AAS). Algunos estudios
epidemiologicos publicados a principios de los anos 80 mostraban la
asociacion adoptaron medidas informativas y se incluyò en los
prospectos de las especialidades farmacéuticas que contienen AAS,
la advertencia de que, en caso de fiebre, se recomendaba a los
pacientes consultar al médico.
Se han publicado recientemente un trabajo cientifico en el que
se describe una reducciòn del nùmero de casos comunicados de SR
en Estados Unidos en los anos posteriores a introducir la recomen-
daciòn de no utilizar AAS en ninos con procesos virales.
El Comité de Seguridad de Medicamentos de Uso Humano,
òrgano asesor de la Agencia Espanola del Medicamento en materia
de seguridad de medicamentos, ha reevaluado la relaciòn
beneficio/riesgo del AAS/salicilatos en sus indicaciones pediàtricas.
La informaciòn disponible no permite descartar una asociaciòn entre
el Sìndrome de Reye y el uso de AAS en ninos con procesos
febriles. Como conclusiòn, el CSMH ha realizado las siguientes
recomandociones a la Agencia Espanola del Medicamento:
- Anular del registro las especialidades farmacèuticas publicita-
rias (EFP) infantiles que contengan àcido acetilsalicilico/salicilatos
en su composiciòn, tanto monofàrmacos como asociaciones con
otros
principios activos.
- Establecer la necesidad de prescripcion médica para todas
las especialidades quecontengan acido acetilsalicilico/salicilatos en
dosis inferiores a 500 mg por forma farmacéutica introduciendo en la
ficha técnica y prospecto la contraindicacion de su uso en procesos
febriles, gripe o varicela en ninos menores de 16 anos.
- Mantener unicamente como EFP aquellas especialidades far-
macéuticas que contengan mas de 500 mg de acido acetilsalicilico/
salicilatos introduciendo la contraindicacion citada en el parrafo
anterior.
159
En base a estas recomendaciones, la Agencia Espanola del
Medicamento va a proceder a elaborar una circular a en la que se
concretaran las medidas reguladoras para poner en practica estas
recomendaciones» (« L’insorgenza della Sindrome di Reye è stata
riferita alla presenza di varicella, di una malattia virale,o di una
mani- festazione febbrile con la somministrazione di acido
acetilsalicilico (ASA). Alcune ricerche epidemiologiche pubblicate
all’inizio degli an- ni ’80 hanno rivelato la relazione fra la S.d.R. e
l’impiego di acido acetilsalicilico. Come conseguenza, in Spagna
furono adottate inizia- tive di sensibilizzazione e venne inserito nei
prospetti informativi delle specialità farmacologiche che contengono
ASA, l’avvertimento che, in caso di febbre, raccomandava ai pazienti
di consultare il loro medi- co.
E’ stato pubblicato recentemente uno studio che segnala una
riduzione del numero di casi di S.d.R. accertati negli Stati Uniti negli
anni successivi all’introduzione della raccomandazione di non impie-
gare l’ASA nei bambini colpiti da infezioni virali.
Il Comitato per la Sicurezza dei Medicinali destinati all’impiego
umano, organo dell’Agenzia spagnola del farmaco che si occupa
del- la sicurezza dei farmaci, ha rivisto la relazione rischio/beneficio
dell’impiego di ASA/salicilati nelle preparazioni pediatriche. Le cono-
scenze disponibili non consentono di escludere una correlazione fra
la S.d.R. e l’impiego di ASA nei bambini colpiti da sindromi febbrili.
In conclusione, il CSMH (Comitato per la Sicurezza dei Medici-
nali) ha formulato le seguenti raccomandazioni all’Agenzia spagnola
del farmaco:
- cancellare dal registro le specialità farmaceutiche …. desti-
nate all’impiego nei minori che includano fra i componenti l’acido
acetilsalicilico, o salicilati, anche in associazione con altri principi
attivi;
- stabilire la necessità della prescrizione medica per tutte le
specialità che contengano acido acetilsalicilico, o salicilati, con un
dosaggio inferiore a mg.500 ….inserendo nella scheda tecnica e nel
160
foglio illustrativo la suddetta controindicazione nella parte introdut-
tiva.
Sulla base di queste raccomandazioni, l’Agenzia spagnola del
farmaco dovrà elaborare una circolare nella quale saranno precisate
le norme più indicate per l’attuazione di queste raccomandazioni”:
traduzione dell’estensore della sentenza).
Nel documento sub g) – che prende spunto dalla pubblicazione
scientifica richiamata sub f) – è riferito che:
“Negli ultimi 20 anni l'incidenza della sindrome di Reye è
precipitata in modo significativo. Nel Regno Unito, dal 1986, da
quando è iniziata la suddetta campagna informativa e da quando
sulle confezioni di aspirina è stato inserito un avvertimento, sono
stati segnalati 25 pazienti con sindrome di Reye, di cui 17 avevano
assunto aspirina. Il Committee on Safety of Medicines (CSM) nel
1986 ha avvertito che l'aspirina non dovrebbe essere usata in
bambini di età inferiore ai 12 anni. Tra i 25 casi riportati va notato
che 15 riguardavano giovani di età compresa tra 12 e 17 anni, di cui
7 avevano assunto aspirina. Un report di Belay e colleghi, che ha
analizzato in America 1207 casi, riporta che l'8% di essi è avvenuto
in pazienti di 15 o più anni di età. Analizzando questi report, il CSM
ha recentemente rettificato la dichiarazione del 1986 e ha avvisato
che l’aspirina dovrebbe essere evitata negli stati febbrili o nelle
infezioni virali in pazienti in età tra 12 e 15 anni. L'editoriale del
giornale” (si tratta della pubblicazione citata sub f) “si chiede se
questa raccomandazione sia appropriata, poiché il solo modo di
assicurare che l'aspirina non possa causare sindrome di Reye è
quello di proibirne completamente l'uso. Con tale limitazione,
tuttavia, si perderebbe un agente cardio-protettivo molto efficace e si
limite- rebbe il mercato a due soli analgesici OTC, paracetamolo e
ibupro- fene, la cui sicurezza non è assoluta. E' stata, infatti,
recentemente avanzata l'ipotesi che l'uso del paracetamolo possa
essere causa di attacchi di asma. Gli attacchi di asma sono nei
161
giovani una causa di morte molto più frequente della sindrome di
Reye, con circa 500 decessi l'anno in persone giovani. A sua volta,
l'ibuprofene, sebbene sia un FANS relativamente sicuro, causa
emorragie gastro-intestinali ed ulcere”.
Nel testo scientifico depositato (per estratto) nell’interesse del-
l’appellante (sub h), nella parte descrittiva della “s.d.R.”, è contenuto
l’espresso avvertimento – evidenziato in carattere tipografico
grassetto – “ATTENZIONE: La presenza di vomito e di alterazioni
comportamentali dopo una malattia acuta richiedono valutazione ed
intervento rapidi” (v., p.528).
Infine, nella scheda tecnica del “CEMIRIT Adulti” (v. l’altra
produzione effettuata nell’interesse dell’appellante Emma, sub “i”), è
poi riportata – sotto la voce “PRECAUZIONI D’IMPIEGO” (carattere
tipografico grassetto) “…In caso di affezioni virali o varicella,
consultare il medico prima di somministrare il prodotto a bambini e
ragazzi. Se durante il trattamento compaiono vomito prolungato e
profonda sonnolenza, interrompere la somministrazione e consultare
il medico”.
6.3)la rilevanza causale per il decesso di Michela ILAR- DI dei profili colposi rilevati nella condotta professio- nale degli appellanti.
Muovendo dunque dalla ricostruzione in punto di fatto della
vicenda che interessa il presente giudizio partitamente illustrata
nella superiore espositiva, e dall’individuazione degli elementi che
assumono rilevanza per valutare la condotta professionale di cia-
scuno degli imputati odierni appellanti – anche alla luce delle acqui-
sizioni conoscitive della ricerca scientifica in campo pediatrico, con
particolare riguardo allo stato delle conoscenze in ordine alla genesi
della patologia (la “Sindrome di Reye”) che è stata individuata nella
fattispecie in esame come causa del decesso della piccola Michela
Ilardi – la Sezione deliberante rileva che si configurano profili di
responsabilità colposa, seppure diversamente graduata (anche in
162
punto di intensità dei profili colposi rilevabili), a carico di tutti gli
imputati.
Rileva peraltro preliminarmente la Corte adìta che le posizioni
dei medesimi imputati devono essere differenziate in relazione al
momento temporale in cui ciascuno di essi, per le considerazioni che
saranno partitamente svolte nel proseguo della motivazione, si è
occupato direttamente dell’evoluzione clinica dello stato patologico
rilevato nella piccola Ilardi.
Considerato, quindi, che secondo la ricostruzione del decorso
clinico del suddetto stato operata dal perito Burlina – che la Sezione
deliberante valuta esaurientemente motivata ed esente da vizi logici
– la fase che ha rivestito rilevanza causale diretta nel determinismo
del decesso della piccola Michela Ilardi coincide con il secondo
ricovero della bambina presso la struttura ospedaliera nella quale gli
appellanti prestavano servizio nella medesima epoca, fase nella
quale l’evoluzione clinica delle sue condizioni fu seguita in prima
persona dall’imputato Emma quale sanitario addetto allo stesso
reparto in servizio di turno al momento dell’accettazione della piccola
paziente, mentre il coimputato Margani era assente dal servizio
perché fruiva di un periodo di congedo ordinario, e parimenti non era
presente il coimputato Puleo, deve ritenersi interrotto il nesso cau-
sale (o concausale) fra le condotte colpose (omissive e/o com-
missive) che anche questi ultimi hanno posto in essere nelle fasi
precedenti del decorso clinico dello stato patologico diagnosticato
all’atto del primo ricovero, cosicchè i suddetti coimputati devono
essere entrambi mandati assolti dall’imputazione ascrittagli per non
avere commesso il fatto-reato in relazione al quale sono stati rinviati
a giudizio, e condannati all’esito del primo giudizio.
Rileva, ancora, il Collegio decidente che deve ritenersi
perfezio- nato nelle more della definizione dell’iter processuale il
termine prescrizionale massimo previsto in relazione alla fattispecie
incrimi- natrice per la quale è stata pronunciata condanna in primo
grado: cosicchè, la relativa causa di estinzione del reato contestato –
163
che peraltro rileva unicamente nei riguardi dell’appellante Emma –
deve essere dichiarata nella presente fase processuale, previo
riconosci- mento in favore dello stesso imputato delle circostanze
attenuanti generiche, che il primo Giudice ha ingiustificatamente
negato, per quanto sarà pure partitamente illustrato nella restante
parte motiva.
Ne consegue che la conferma nel presente grado dell’accerta-
mento di responsabilità colposa causalmente rilevante nel determi-
nismo della morte della piccola Michela Ilardi, assume specifico rilie-
vo per la parte della decisione di primo grado nella quale sono
conte- nute le statuizioni civili: cosicchè, anche ai fini della
formulazione del giudizio sulla ricorrenza della condotta colposa
causalmente rilevan- te in relazione all’evento produttivo di danno
(morale, e patrimoniale) nei riguardi dei genitori e dei fratelli della
piccola Ilardi, costituiti parti civili nel presente giudizio, ritiene la
Sezione deliberante di utilizzare i canoni ermeneutici elaborati dalla
più recente (e avvertita) giurispru- denza, di legittimità e di merito,
per la valutazione civilistica dei profili di responsabilità colposa
professionale degli esercenti la professione sanitaria, ed in tema di
responsabilità patrimoniale dell’ente nel cui interesse gli operatori
sanitari odierni appellanti hanno realizzato le condotte colpose
(omissive, e commissive) che assumono rilievo per la definizione del
presente giudizio.
6.3.1) La posizione dell’appellante PULEO: compiti e doveri del Primario ospedaliero.
Muovendo quindi nella relativa disamina dalla posizione dell’ap-
pellante Dottore Edoardo PULEO, operatore sanitario in posizione
apicale quale Primario della Divisione Pediatria
dell’ospedale“Umber-
to I°” nella città di Enna, la Corte valuta di accogliere l’appello pro-
posto nell’interesse del medesimo imputato per conseguire la riforma
della sentenza di condanna pronunciata all’esito del primo giudizio:
164
seppure la Sezione deliberante non condivida la ricostruzione del
fatto, e delle condotte poste in essere dallo stesso Puleo, proposta
nell’atto di appello depositato, finalizzata ad escludere che il suo
comportamento professionale presenti profili di responsabilità colpo-
sa.
Il Collegio decidente ritiene, infatti, compiutamente dimostrato
nella fattispecie in esame che il Puleo venne informato del ricovero
della piccola Ilardi nel reparto ospedaliero da lui diretto in occasione
della prima degenza della bambina, ed ha inoltre partecipato al “con-
sulto” indetto dai colleghi addetti alla medesima struttura (i coim-
putati Dottori Margani ed Emma), nella circostanza in cui si riunirono
per verificare se il protocollo terapeutico originariamente assegnato
alla bambina all’atto della dimissione dallo stesso reparto (il 21 giu-
gno 1996) prevedendo la somministrazione del suddetto composto
farmacologico contenente salicilati (il “Cemirit”) dovesse essere
modificato: e in ogni caso, il Puleo venne reso edotto della decisione
concernente la riduzione del dosaggio di quest’ultimo farmaco, nella
circostanza in cui incontrò la madre della piccola Michela all’interno
del reparto da lui diretto, e le chiese di conoscere quali determi-
nazioni fossero state assunte dai colleghi che avevano seguito la
degenza della bambina.
La conoscenza del relativo caso clinico, e del trattamento tera-
peutico prescritto alla piccola Michela, comporta che il Puleo ha con-
diviso la scelta relativa alla suddetta somministrazione farmacolo-
gica, fortemente controindicata nella fattispecie, in relazione alla
fascia di età (essendo la bambina infradodicenne), ed alla anamnesi
che rivelava una recente manifestazione esantematica (la varicella)
nel semestre precedente il predetto ricovero.
Valuta quindi la Corte che nella fattispecie anche il suddetto
appellante ha posto in essere una condotta professionale connotata
da un evidente profilo di responsabilità colposa, in quanto:
- ha condiviso la scelta terapeutica di somministrare alla piccola
Ilardi il suddetto farmaco, da ritenersi controindicata, e in ogni caso
165
certamente rischiosa (per le considerazioni ut supra), in considera-
zione dell’età della bambina, e del quadro anamnestico conosciuto;
- non ha disposto di modificare il protocollo terapeutico asse-
gnato per il trattamento dell’affezione (la “corea reumatica”) diagno-
sticata all’esito delle indagini svolte in occasione del primo ricovero
della bambina dai suddetti operatori sanitari addetti allo stesso
reparto da lui diretto, come avrebbe dovuto (e potuto) fare, per la
posizione apicale rivestita, che gli consentiva di modificare le predet-
te prescrizioni terapeutiche anche in forma autorità, e contro il
parere dei medesimi sanitari suoi colleghi;
- ha quindi sostanzialmente accettato sia l’originaria prescri-
zione terapeutica con la somministrazione alla piccola Ilardi del
“Cemirit” nel dosaggio originariamente stabilito dal coimputato
Dottore Margani, sia la riduzione dello stesso dosaggio disposta dal
medesimo Margani all’esito del richiamato consulto successivo alla
dimissione della bambina dopo il primo ricovero, valutata insuffi-
ciente per escludere il rischio dell’insorgenza (e dell’ingravescenza)
della richiamata patologia, onde escludere l’esito letale successiva-
mente verificatosi.
I rilevati profili colposi (omissivi, e commissivi) assumono evi-
dentemente una connotazione di particolare rilevanza – sotto il profi-
lo del “grado” della colpa ascrivibile al Puleo – proprio in considera-
zione della posizione apicale in atto rivestita all’epoca in cui la
piccola Michela Ilardi venne ricoverata presso la Divisione pediatrica
dell’ospedale “Umberto I°” nella città di Enna in occasione della
prima degenza della bambina nello stesso reparto (protrattasi dal
giorno 10 giugno al 21 giugno 1996), ed ancora in occasione del-
l’(unica) visita di controllo praticata alla bambina dopo la prima dimis-
sione (il successivo 28 giugno 1996), della quale in ogni caso il
Puleo venne informato quanto meno dalla madre, per quanto questa
ha (attendibilmente) riferito nella richiamata deposizione dibattimen-
tale in primo grado, che l’appellante non ha comunque contraddetto.
166
Osserva peraltro la Corte che la responsabilità colposa del Pu-
leo deve ritenersi in ogni caso dimostrata – seppure si ritenesse,
contro l’evidenza (probatoria,e logica) delle risultanze di prova acqui-
site all’esito dell’articolata istruttoria dibattimentale nel giudizio di
primo grado che il suddetto appellante non aveva partecipato al
“consulto” finalizzato a decidere se il protocollo terapeutico stabilito
per la cura della piccola Ilardi all’atto della prima dimissione doveva
essere confermato, ovvero non aveva ricevuto un’espressa informa-
zione sull’esito delle determinazioni assunte dal Margani (e dal-
l’Emma) in merito alle prescrizioni terapeutiche formulate dopo la
prima visita di controllo, ed in particolare, quella di ridurre il dosaggio
del “Cemirit” del 20%.
Valuta, infatti, la Sezione deliberante che il sanitario investito
della direzione di un reparto ospedaliero – a prescindere dalla carat-
terizzazione del medesimo come struttura “semplice” (o
“complessa”) – è comunque investito di un generale dovere di
vigilanza sulla degenza dei pazienti che vi sono ricoverati, anche
qualora abbia delegato ad uno (o più) degli operatori sanitari addetti
alla medesima struttura in posizione sottoordinata (dal punto di vista
organizzativo) il compimento di specifiche attività: delega che
peraltro nella fattispe- cie il Puleo non ha provato – ed invero,
neppure dedotto – che egli avesse conferito a qualcuno dei medici
addetti allo stesso reparto (e
comunque, specificamente, al Margani o all’Emma).
All’operatore sanitario incaricato della Direzione di un reparto
ospedaliero (con qualifica di Primario della struttura), compete quindi
un generale dovere di vigilanza sulle condizioni dei pazienti
ricoverati nello stesso reparto, sul trattamento terapeutico assegnato
a ciascun paziente dai medici addetti alla medesima struttura,
sull’evoluzione clinica delle condizioni dei pazienti in relazione al
trattamento tera- peutico praticato a ciascuno dei ricoverati, cosicchè
il suddetto sani- tario non può invocare ad esimente un eventuale
difetto di infor- mativa sulle modificazioni peggiorative delle
167
condizioni cliniche del singolo paziente da parte del medico alla cui
attenzione il medesimo paziente era stato specificamente
assegnato;
né può invocare ad esimente un eventuale carenza di coordi-
namento fra la sua figura professionale e le altre che hanno seguito
concretamente il singolo paziente, assegnando il relativo protocollo
terapeutico, qualora tale protocollo risulti inadeguato, o persino dan-
noso come si è verificato per la piccola Ilardi.
Maggiormente poi, il suddetto dovere di vigilanza deve essere
esercitato dall’operatore sanitario incaricato della Direzione di un re-
parto ospedaliero (con qualifica di Primario della struttura), qualora
fra i pazienti ricoverati ve ne siano che presentano situazioni partico-
larmente rilevanti per la particolarità della condizione patologica
diagnosticata, o per il quadro anamnestico: come si è certamente
verificato nella fattispecie che interessa il presente giudizio per la
pic- cola Michela Ilardi, in relazione alla richiamata condizione
patolo- gica (congenita) da cui era affetta (la malattia di “Charcot
Marie Tooth”), seppure si debba ritenere – per quanto hanno
esaustiva- mente riferito i Periti incaricati dal primo Giudice, ed ha
pure confermato l’Ausiliare nominato nella presente fase
processuale –che la presenza di tale patologia non ha rivestito in
concreto alcuna rilevanza causale (o concausale) nel determinismo
dell’evento letale.
Rileva, infatti, la Corte che la condizione della piccola Ilardi la
doveva individuare in ogni caso come paziente da seguire con parti-
colare scrupolo, ed “attenzione”,come ha opportunamente
evidenzia- to il perito Burlina nella richiamata deposizione nel
presente grado di giudizio: cosicchè maggiormente scrupolosa, ed
“attenta” (anche) da parte del Puleo, doveva essere la valutazione
delle sue condizioni, ed il monitoraggio dell’evoluzione clinica della
bambina, sia nel corso del primo ricovero, sia nella fase successiva,
anche in considerazio- ne delle manifestazioni sintomatologiche
riferite dalla madre della bambina, e dei parametri clinici valutabili
168
come elementi “di allarme” rilevati all’esito delle indagini
diagnostiche, peraltro certamente insuf- ficienti, effettuate in
occasione dell’unico controllo cui la piccola pa- ziente venne
sottoposta dopo la dimissione dal reparto.
Considera, peraltro, il Collegio decidente che non può essere
ascritto al Primario di un reparto ospedaliero –a prescindere dalla
ca-
ratterizzazione dimensionale (ed organizzativa) del medesimo, che
lo
individui come struttura “semplice” (o “complessa”) – un onere di
pre- senza ininterrotta all’interno dello stesso reparto, cosicchè egli
possa essere considerato responsabile (in cooperazione colposa
con gli altri medici ivi addetti), per qualunque negligenza, inerzia,
ritardo, ovvero per quasivoglia condotta professionale colposa
commissiva, riferibile al singolo medico che si sia trovato a gestire
“direttamente” un paziente, qualora si accerti – come deve ritenersi
verificato nella fattispecie considerata – che le suddette condotte
colpose hanno determinato un evento dannoso.
Considera, infatti, la Sezione deliberante che proprio l’esistenza
di una struttura dotata di un apparato organizzativo comporta che
all’interno della medesima opera una ripartizione di compiti fra gli
operatori (medici, e personale paramedico), in particolare per quanto
riguarda la garanzia della presenza in servizio nell’intero arco della
giornata, cosicchè è evidente che in particolare il Primario di un
reparto ospedaliero debba fare affidamento sulla puntuale osservan-
za degli obblighi che competono a ciascuno degli operatori in ser-
vizio all’interno della struttura, anche (e maggiormente) quando egli
è (legittimamente) assente dalla struttura.
Diversamente opinando, infatti, si verrebbe a configurare nei ri-
guardi del Primario di un reparto ospedaliero una forma di respon-
sabilità penale oggettiva – derivante dalla funzione apicale rivestita –
che condurrebbe all’incriminazione del medico che riveste tale inca-
rico, in relazione a qualsiasi evento dannoso si produca nei riguardi
169
dei pazienti ricoverati (o curati) nella medesima struttura: risultato,
questo, che oltre a violare i principi che regolano l’assunzione di una
responsabilità penalmente rilevante nell’ordinamento italiano costi-
tuzionalmente sanciti, della espressa previsione legale delle singole
fattispecie incriminatrici, e l’altro della natura personale della mede-
sima responsabilità, indurrebbe una ingiustificata “deresponsabiliz-
zazione” dei restanti operatori sanitari, e specificamente dei medici
ospedalieri in posizione non apicale, contro l’interesse dei cittadini
fruitori del servizio ospedaliero.
Per le considerazioni svolte, non può quindi farsi carico all’ap-
pellante Puleo dei rilevati ritardi, e delle omissioni, che il perito Burli-
na ha individuato esaminando l’iter clinico della seconda degenza
ospedaliera della piccola Michela Ilardi, direttamente seguita dal
coimputato Dottore Emma: dovendosi quindi escludere la responsa-
bilità penale dello stesso Puleo ritenuta dal primo Giudice nella
sentenza appellata, che deve essere quindi corrispondemente rifor-
mata in ordine alla relativa posizione processuale con la formula
indicata in dispositivo.
6.3.2) La posizione dell’appellante MARGANI.
Passando ad esaminare la posizione dell’appellante Dottore
Salvatore MARGANI, per le considerazioni svolte nella precedente
parte motiva (cfr., il capitolo “I comportamenti colposi (omissivi, e
commissivi) rilevabili nella condotta professionale degli imputati”, in
particolare alle pagg. 141,145,149,150,159,161,162,163), la Sezione
deliberante valuta che anche la condotta professionale del suddetto
operatore sanitario, presenta molteplici (e rilevanti) profili di colpa
professionale (omissiva, e commissiva): colpa che nei suoi riguardi
presenta una particolare accentuazione, perchè il Margani ha formu-
lato la richiamata diagnosi di “corea reumatica”, ed ha poi prescritto
la somministrazione alla piccola Ilardi del predetto farmaco conte-
nente acido acetilsalicilico, che questa Corte ritiene abbia esposto la
170
bambina al “rischio” – che doveva invece essere adeguatamente
valutato (e ancor prima, conosciuto, dato il livello di diffusione delle
informazioni sulla possibile correlazione fra la somministrazione di
salicilati nei bambini e la manifestazione della “Sindrome di Reye” –
di poter contrarre tale patologia, come è poi di fatto avvenuto.
In particolare, ribadisce la Sezione deliberante che l’imputato
MARGANI:
1°) nel corso della degenza della piccola Michela nella Divi-
sione pediatrica dell’Ospedale “Umberto I°” di Enna, non ha disposto
l’effettuazione di esami specificamente diretti a riscontrare la fonda-
tezza dell’ipotesi diagnostica formulata all’atto del ricovero della
bambina, neppure in seguito alla comparsa delle manifestazioni sin-
tomatiche indicative di un aggravamento delle sue condizioni cliniche
(in particolare, il vomito protratto e l’eritema: v.,pag. 34);
2°) non ha informato preventivamente – come avrebbe dovuto
(cfr., il citato prontuario farmaceutico, pp.151, 153) – i genitori della
piccola Michela sul rischio di insorgenza della “sindrome di Reye”
co-
me possibile controindicazione, ed effetto dannoso, derivante dalla
assunzione del “Cemirit”: informazione che non solo si rendeva
necessaria alla luce delle “regole di comportamento” individuate
dall’Autorità sanitaria nazionale in considerazione della specificità
della condizione del “paziente-bambino” – e dei genitori (quali inso-
stituibili referenti dei sanitari, per l’adesione alle iniziative terapeu-
tiche che non siano prescritte al fine di salvaguardare la stessa vita
del bambino malato) – ma avrebbe permesso a questi ultimi, se lo
avessero voluto, di rifiutare espressamente la somministrazione del
farmaco, che nella fattispecie non era né “insostituibile” (potendo an-
zi essere somministrato, in alternativa al salicilato, il “paracetamolo”
o l’”ibuprofene”:cfr., la deposizione del perito Burlina, richiamata alla
p.94, e le citate Linee guida per la gestione della sindrome influen-
zale in Pediatria, pp. 151, 153), e in ogni caso non era
indispensabile per salvaguardare la vita della bambina, che invero
171
neppure gli appellanti hanno mai sostenuto dovesse essere
considerata “in pericolo di vita” (in relazione alla “corea reumatica”
per la quale veniva curata);
3°) non ha neppure avvisato i genitori, all’atto della dimissione
della figlia, sensibilizzandoli sulla necessità – direttamente correlata
al suddetto “rischio” derivante dalla somministrazione del “Cemirit” –
di controllare l’evoluzione delle sue condizioni, allo scopo di segna-
lare tempestivamente allo stesso Margani – o comunque, alla strut-
tura ospedaliera che l’aveva presa in carico a seguito del primo
ricovero – qualunque manifestazione anomala si fosse presentata
nei giorni successivi alla dimissione in coincidenza con la predetta
somministrazione (che era stata avviata, peraltro, dal giorno prece-
dente 20 giugno 1996, immediatamente prima della dimissione dal
reparto): né può escludere il rilevato profilo di colpa (omissiva) la
circostanza che in ogni caso la madre della bambina, pur non
avendo ricevuto la richiamata informazione preventiva, ed il predetto
avvertimento, informò puntualmente il Margani dell’ (ulteriore) peg-
gioramento delle sue condizioni (la comparsa di uno stato di edema
alle estremità degli arti superiori ed inferiori,e la manifestazione cuta-
nea descritta con l’espressione “bollicine piene d’acqua”: cfr., p.11);
4°) pur essendo stato informato dalla madre che la bambina
aveva manifestato le reazioni cutanee sub 3),quando la donna si
presentò in reparto con anticipo rispetto alla data programmata della
visita di controllo, pur essendo in servizio, il Margani rifiutò di antici-
pare la visita (rispetto alla data del 28 giugno), e si limitò a prescri-
vere “uno sciroppo” ed una “pomatina”;
5°) in occasione del predetto controllo, effettuato il 28 giugno
1996, pur essendo informato dell’aggravamento manifestato medio
tempore dalla bambina, ed avendo rilevato clincamente – attraverso
gli esami ematochimici praticati in tale occasione – l’aumento del
livello delle transaminasi, e dell’ammoniemia (cfr., p.21), non ha
sospeso la somministrazione del “Cemirit”, limitandosi a ridurne il
dosaggio nella predetta misura (pari al 20% meno del dosaggio
172
stabilito all’atto della prima dimissione),e non ha disposto un ulteriore
ricovero della bambina né l’effettuazione di ulteriori indagini diagno-
stiche.
Considera peraltro la Corte che nella fattispecie non può
ritenersi conseguita una prova univoca che le rilevate condotte, com-
missive (ed omissive) – che configurano nell’operato professionale
dell’appellante MARGANI altrettanti profili di responsabilità colposa,
denotando certamente una rilevante negligenza, ed una imperizia
(ricollegabile alla totale sottovalutazione della predetta condizione di
rischio derivante dalla somministrazione del “Cemirit” per l’età della
paziente, ed in relazione ai dati anamnestici disponibili) – per le
considerazioni svolte esaminando la posizione dell’appellante Puleo,
abbiano rivestito una rilevanza causale (o concausale) nel determi-
nismo del decesso della piccola Michela Ilardi.
Si deve, infatti, adeguatamente valutare che il nesso di deriva-
zione causale fra l’insorgenza della richiamata patologia individuata
(con criterio di elevata probabilità) dal Perito Burlina quale specifica
causa del decesso della piccola Ilardi, e la somministrazione del
“Cemirit”, nei riguardi dell’appellante Margani è stato interrotto dalla
sua assenza dal servizio (per la fruizione di un periodo di congedo
ordinario) in coincidenza con l’(ulteriore) aggravamento delle condi-
zioni della bambina, verificatosi nei giorni successivi al controllo del
28 giugno: potendosi quindi richiamare, al riguardo, le considerazioni
già svolte esaminando la posizione processuale dell’appellante
Puleo,in ordine all’ “affidamento” che (anche) il Margani doveva legit-
timamente riporre sull’impegno, e sulla capacità professionale, dei
medici suoi colleghi in servizio nello stesso reparto ospedaliero nei
giorni in cui egli era (legittimamente) assente.
Si deve, inoltre, rilevare che il Margani, pur non essendovi
tenuto da alcuno specifico obbligo giuridico di attivarsi, ha manife-
stato sensibilità nei riguardi della madre della bambina, alla quale –
come la Cascio ha confermato nelle sue deposizioni – comunicò il
proprio recapito di telefonia mobile, invitandola (seppure tardivamen-
173
te, per quanto è stato evidenziato supra) ad informarlo qualora aves-
se rilevato un peggioramento delle condizioni di Michela: e, quando
la donna lo avvisò delle ulteriori manifestazioni sintomatiche accu-
sate dalla bambina, le prescrisse di sospendere del tutto la sommini-
strazione del “Cemirit”, e la invitò a condurre la figlia direttamente
nello stesso reparto ospedaliero dove era stata già ricoverata.
Il Margani ha riferito (nelle richiamate “dichiarazioni sponta-
nee”) che egli non poteva fare altro se non formulare alla Cascio le
richiamate indicazioni (terapeutiche, e comportamentali) in quanto si
trovava in ogni caso lontano dalla città di Enna: né peraltro doveva
ri-
tenersi obbligato a rientrare in servizio per poter seguire
direttamente
(ed un prima persona) le condizioni della bambina, dato che sapeva
che altri medici addetti allo stesso reparto si trovavano in servizio, e
faceva quindi pieno affidamento sulla loro capacità (ed esperienza)
professionale, e sulla loro solerzia nell’occuparsi adeguatamente
del- la piccola Michela quando la madre l’avrebbe condotta in
ospedale, come l’appellante le aveva suggerito di fare.
Considera,quindi,la Corte che effettivamente il Margani – quan-
to meno nella fase conclusiva della triste vicenda che ci occupa – si
è comportato con sufficiente “attenzione” nei riguardi della bambina
(e dei suoi genitori): né alcuna norma gli imponeva, evidentemente,
di rientrare anticipatamente in servizio per occuparsi direttamente
della bambina, seppure si possa pure osservare che egli avrebbe
potuto comunque avvisare per via telefonica (in anticipo) i colleghi
che si trovavano in servizio di turno (o di reperibilità) il giorno in cui la
madre di Michela gli comunicò l’aggravamento delle condizioni della
bambina, affinchè fossero (anticipatamente) sensibilizzati in ordine a
tale situazione.
Per le richiamate considerazioni svolte, non può quindi farsi
carico neppure all’appellante Margani dei rilevati ritardi, e delle omis-
sioni, che il perito Burlina ha individuato esaminando l’iter clinico
174
della seconda degenza ospedaliera della piccola Michela Ilardi, diret-
tamente seguita dal coimputato Dottore Emma.
Tuttavia, alla luce dei rilievi formulati dal Perito Burlina sulla
rilevanza che la tempestività dell’approfondimento diagnostico sulla
origine delle alterazioni cliniche indicative della probabile insorgenza
della patologia individuata nella fattispecie quale causa dell’aggrava-
mento delle condizioni cliniche della piccola Michela Ilardi –e, conse-
guentemente, del suo decesso (indotto dal sopravvenuto stato di
coma epatico irreversibile clinicamente rilevato dai sanitari dell’ospe-
dale pediatrico di Palermo che hanno seguito il decorso clinico della
bambina nella fase terminale) – non si può neppure escludere in
termini di certezza, come la Corte ha ritenuto per l’appellante Puleo
– che la tempestiva adozione da parte del Margani delle richiamate
prescrizioni (e cautele) nei riguardi della piccola Ilardi, nel corso della
prima degenza ospedaliera, e nei riguardi dei genitori all’esito della
prima dimissione, richiedendo un monitoraggio anticipato (rispetto
alla prima visita di controllo), che lo stesso Margani ha invece pre-
teso di posticipare al 28 giugno nonostante i ripetuti richiami che gli
furono rivolti dalla madre della bambina per l’anticipazione del con-
trollo, differendo conseguentemente anche la richiamata
prescrizione terapeutica (con la riduzione del dosaggio del Cemirit),
peraltro rive- latasi insufficiente per escludere il rischio di insorgenza
della “s.d.R.”, avrebbe in ipotesi potuto (anticipatamente) escludere
detto pericolo, sin dalla fase antecedente alla seconda degenza
della bambina nella Divisione pediatrica del presidio ospedaliero
ennese.
Non si può quindi escludere in termini di certezza l’irrilevanza
causale delle richiamate condotte colpose (commissive, ed
omissive) riferibili all’operato professionale dell’appellante Margani,
cosicchè la responsabilità penale ritenuta nei suoi riguardi dal primo
Giudice nella sentenza appellata, deve essere esclusa con la
formula assolutoria prevista dall’art.530 cpv. C.p.p., e deve essere
175
corrispon- dentemente riformata la sentenza appellata in ordine alla
relativa
posizione processuale con la formula indicata in dispositivo.
6.3.3) La posizione dell’appellante EMMA.
Considerazioni del tutto diverse, pienamente confermative del
giudizio affermativo della colpevolezza formulato nei suoi riguardi dal
primo Giudice, la Corte adìta ritiene invece di esprimere per
l’appellante Dottore EMMA Federico: seppure anche per la parte che
riguarda la sua posizione processuale la sentenza appellata deve
essere riformata, per l’intervenuto decorso medio tempore del
termine di prescrizione del reato per il quale l’Ufficio del P.M. in
primo grado ha esercitato l’azione penale.
La Sezione deliberante richiama quindi integralmente le con-
siderazioni già svolte nella precedente parte motiva di questa sen-
tenza (v., supra, pp. 140 e 142), per quanto concerne i profili di
responsabilità colposa (omissiva) che il Perito nominato nel pre-
sente grado ha rilevato esaminando il decorso clinico della seconda
degenza della piccola Ilardi nella Divisione pediatrica del presidio
ospedaliero ennese: omissioni che devono essere interamente
addebitate all’Emma, il quale si è occupato in prima persona, e con
diretta responsabilità decisionale, del monitoraggio diagnosticato, e
del trattamento terapeutico, praticato alla bambina in occasione del
secondo ricovero.
In particolare, devono addebitarsi all’Emma i seguenti profili di
responsabilità colposa:
1°) la ritardata l’esecuzione delle indagini diagnostiche “di rou-
tine” (in particolare, gli esami di laboratorio), in assenza di specifi-
che ragioni giustificative, non rilevabili dalla cartella clinica relativa al-
la seconda degenza ospedaliera della piccola Ilardi (v. perizia Burli-
na, p.5 primo cpv.: profilo di negligenza);
176
2°) l’omessa valutazione del quadro clinico manifestato dalla
bambina nel corso della seconda degenza nel reparto ospedaliero in
cui l’Emma presta servizio, essendo in turno di reperibilità nel corso
della prima notte dopo il ricovero –con particolare riguardo alla persi-
stenza dello stato di rilevante agitazione psicomotoria della piccola
paziente – quale elemento idoneo a consentire la formulazione,
quanto meno in termini di “sospetto” – della diagnosi di “sindrome di
Reye” (peraltro formulabile già all’atto del ricovero: cfr., perizia
Burlina, cit., p. 6, primo cpv.: profili di negligenza ed imperizia);
3°) il mancato intervento diretto quando gli venne segnalata la
persistenza dello stato di agitazione della bambina durante la degen-
za notturna della bambina, avendo l’Emma disposto di
somministrare alla piccola Michela un farmaco sedativo,
prescrivendolo per via tele-
fonica (v., p.9 elaborato peritale, ultimo cpv.: profilo di negligenza);
4°) la somministrazione del farmaco sub 3), da ritenersi contro-
indicata per l’effetto di mascheramento delle manifestazioni sintoma-
tiche, e quindi per l’alterazione (indotta artificialmente) dello stato
clinico della bambina (profilo di grave imperizia);
5°) l’omessa prescrizione di ulteriori esami di laboratorio (c.d.
“di terzo livello”), finalizzati alla formulazione di una diagnosi precisa,
e per consentire di individuare le forme di intervento terapeutico più
appropriate per evitare l’(ulteriore) peggioramento dello stato clinico
della bambina, essendo irrilevante per escludere il relativo profilo di
responsabilità colposa la circostanza che i campioni da esaminare
dovevano essere inviati ad altra struttura sanitaria situata in località
distante dalla città di Enna (profilo di grave negligenza),
6°) il ritardo nel disporre il trasferimento della piccola Ilardi ad
altro presidio ospedaliero di livello superiore, maggiormente attrez-
zato – per la strumentazione diagnostica disponibile, e per il numero,
e la tipologia, dei reparti specialistici (in particolare, la “rianimazio-
ne”), che avrebbe in ipotesi consentito di effettuare (tempestiva
mente) le richiamate indagini di laboratorio “di terzo livello” e,
177
qualora le condizioni cliniche della bambina fossero comunque
peggiorate, avrebbe consentito di praticarle immediatamente gli
interventi (anche terapeutici), finalizzati ad assicurarne la
sopravvivenza, che si fos- sero resi necessari (profilo di negligenza).
L’appellante Federico EMMA ha quindi manifestato una totale
carenza di “attenzione” (e di scrupolo), che assume un aspetto di
particolare gravità per l’età infantile della paziente, e per la sua stes-
sa condizione fisica menomata a causa della richiamata patologia (la
malattia di “Charcot Marie Tooth” da cui la bambina era affetta), che
avrebbe dovuto (al contrario) indurre una attenzione superiore a
quella media comunque richiesta al sanitario ospedaliero nella
esplicazione del suo compito professionale.
Le suddette condotte colpose, complessivamente valutate,
hanno certamente concorso ad accelerare l’ingravescenza della
condizione patologica che ha poi determinato il decesso della bam-
bina: come è irrefutabilmente dimostrato dalla circostanza che la
piccola Michela quando venne ricoverata nel presidio pediatrico della
città di PALERMO si trovava in uno stato di coma che il Prof. Rovella
(Primario dello stesso reparto) ha classificato come “irreversibile”,
precludendo di effettuare alcun efficace intervento terapeutico.
Ritiene quindi il Collegio decidente che le condotte colpose
rilevate nel comportamento professionale dell’appellante Emma,
hanno assunto efficacia causale rilevante nel determinismo della
morte della bambina, dato che certamente – per quanto ha espres-
samente rilevato l’Ausiliare nominato da questa Corte – la solerzia (e
tempestività) nell’approfondimento diagnostico in relazione all’evi-
dente aggravamento dello stato clinico della piccola Michela da parte
del medesimo appellante, avrebbe con rilevante probabilità consen-
tito di formulare in termini di certezza (e non di mero “sospetto”) – e
con un anticipo sufficiente per evitare l’insorgenza dello stato di
coma “irreversibile” – la diagnosi della “sindrome di Reye” quale cau-
sa della sintomatologia accusata dalla bambina: ed avrebbe
conseguentemente consentito di adottare gli interventi terapeutici più
178
appropriati per consentirne la regressione, evitando quindi l’evento
mortale.
Per le considerazioni svolte, il giudizio di colpevolezza formu-
lato dal primo Giudice a carico dell’Emma deve essere confermato,
divergendo peraltro la valutazione di questa Corte in punto di
determinazione dei benefici concedibili al suddetto appellante per
quanto specificamente riguarda il mancato riconoscimento – all’esito
del precedente giudizio – delle circostanze attenuanti generiche, che
il Tribunale di Enna ha negato in considerazione del grado della col-
pa valutato particolarmente intenso.
La Sezione deliberante ritiene invece che in favore dell’Emma
si possa rivalutare – in senso favorevole all’appellante per il giudizio
di concedibilità del beneficio previsto dall’art.62/bis C.p. – la condi-
zione di soggetto incensurato sostanzialmente ignorata dal primo
Giudice, la cui valenza (oggettivamente) positiva non può essere
pretermessa in considerazione della ritenuta gravità delle condotte
colpose (seppure tutte confluenti nell’unitaria imputazione contestata
all’Emma dal P.M. in primi grado) a lui riferibili.
La ritenuta concedibilità delle circostanze attenuanti generi-
che, determina che la pena massima irrogabile per il delitto conte-
stato al suddetto appellante risulta inferiore al limite quinquennale:
cosicchè, il termine massimo previsto dall’art.160 ultimo comma (in
relazione all’art.157, primo comma n°4 C.p.) per il perfezionamento
della prescrizione in relazione allo stesso delitto (pari a 5 aa., au-
mentato della metà), deve ritenersi compiuto alla data del 19 gen-
naio 2004 (7 anni e mm. 6, decorrenti dal 19/ 7/1996).
7) GLI EFFETTI CIVILI DELLA SENTENZA APPELLATA.
Dalla conferma dell’accertamento di responsabilità nei riguardi
dell’appellante EMMA, e dalla individuazione nell’operato professio-
nale dei coimputati PULEO e MARGANI dei rilevati profili colposi,
discende l’integrale conferma della sentenza appellata nelle parti in
179
cui il primo Giudice ha statuito sul diritto dei genitori, e dei fratelli
maggiorenni, di Michela ILARDI, costituiti parti civili nel presente giu-
dizio – la cui ammissione deve ritenersi salva per le considerazioni
svolte (v. supra, Le eccezioni preliminari (….) formulate
nell’interesse degli appellanti, p.76) – ad essere risarciti per il danno
morale, ed i danni patrimoniali, indotti dal decesso della loro
congiunta.
Si richiama su tale questione l’orientamento interpretativo
espresso dalla giurisprudenza di legittimità (cfr., CASSAZIONE, Sez.
III^ civile, sent. 22/ 1/1999 n°589, Pres. Bile, Massa c/o Fineschi e
altri, rif. Ced RV 522538, annotata in Corriere giuridico, 1999, 441),
che ha sussunto nell’alveo della “responsabilità contrattuale”, sia
quella della struttura sanitaria nella quale è stato curato il paziente
che pretende di essere stato danneggiato dall’esecuzione imperita o
negligente dell’attività sanitaria (o gli eredi del paziente deceduto in
conseguenza della prestazione del medico addetto alla medesima
strattura), sia la responsabilità di quest’ultimo, cosicchè “…sia ai fini
della rilevanza del grado della colpa che della ripartizione dell’onere
probatorio non esiste una differenza di posizione tra i due soggetti,
né per l’effetto una diversa posizione del paziente a seconda che
agisca nei confronti dell’ente ospedaliero o del medico dipendente”.
In particolare, la pronuncia in esame – muovendo dalla posi-
zione enunciata da una parte avvertita della dottrina civilistica, che
ha interpretato l’art.1173 Cod. civile nel senso di ritenere che nell’or-
dinamento giuridico nazionale le obbligazioni scaturiscono da un
contratto, da un fatto illecito, o da un qualunque altro atto o fatto
idoneo a produrle in conformità dello stesso ordinamento, ha esteso
la categoria delle fonti del rapporto obbligatorio, sino a comprendere
posizioni costituzionalmente tutelate (fra le quali anche il diritto alla
salute enunciato dall’art.32 della Carta fondamentale) seppure non
siano considerate da specifiche norme di legge – ha aderito all’impo-
stazione secondo la quale “…si ammette che obbligazioni possano
180
sorgere anche a seguito di un contatto sociale non qualificabile
come accordo contrattuale”.
Partendo da tale premessa, nella decisione in esame i giudici di
legittimità hanno quindi ricondotto alla rilevata categoria delle obbli-
gazioni derivanti da “contatto sociale”,anche l’attività del “…l’operato-
re di una professione cd protetta (cioè una professione per la quale
è richiesta una speciale abilitazione da parte dello Stato, art.348
c.p.), in particolare se detta professione abbia ad oggetto beni
costitu- zionalmente garantiti, come avviene per la professione
medica che incide sul bene della salute, tutelato dall’art.32 Cost.
Invero, a questo tipo di operazione professionale la coscienza
sociale non si limita a chiedere un non facere e cioè il puro rispetto
della sfera giuridica di chi gli si rivolge fidando nella sua
professionalità, ma giustappunto quel facere nel quale si manifesta
la perizia che ne deve contrassegnare l’attività in ogni momento. In
altri termini la prestazio-
ne (usando il termine in modo generico) sanitaria del medico nei
confronti del paziente non può che essere sempre la stessa, vi sia o
meno alla base un contratto d’opera professionale tra i due.
La pur confermata assenza di un contratto, e quindi di un
obbligo di prestazione in capo al sanitario dipendente nei confronti
del paziente, non è in grado di neutralizzare la professionalità, che
qualifica ab origine l’opera di quest’ultimo, e che si traduce in
obblighi di comportamento nei confronti di chi su tale professionalità
ha fatto affidamento, entrando “in contatto” con lui.
L’esistenza di un contratto potrà essere rilevante solo al fine di
stabilire se il medico sia obbligato alla prestazione della sua attività
sanitaria (salve le ipotesi in cui detta attività è obbligatoria per
legge….).
In assenza di dette ipotesi di vincolo, il paziente non potrà
pretendere la prestazione sanitaria del medico, ma se il medico in
ogni caso interviene (ad esempio perché a tanto è tenuto nei con-
181
fronti dell’ente ospedaliero come nella fattispecie), l’esercizio della
sua attività sanitaria (e quindi il rapporto paziente-medico) non potrà
essere differente nel contenuto da quello che abbia come fonte un
comune contratto tra paziente e medico” (cfr. CASS. Civile, sent.
589/1999 cit.).
La Sezione deliberante valuta poi rilevante in relazione
all’oggetto del presente giudizio, l’ulteriore pronuncia di legittimità
(cfr., CASS, Sez. III^ civile, sent. 13/ 9/2000 n°12103, Brocchieri c/o
Taglioretti, rif. Ced RV 540145, edita in Archivio civ., 2000, 1213),
nella quale la S.C., decidendo sulla sussistenza del nesso causale
fra il decesso di un paziente e l’operato professionale dei sanitari
che avevano seguito il decorso clinico delle sue condizioni, ha
cassato la sentenza della Corte territoriale che nella fattispecie
considerata nella relativa decisione aveva escluso che fosse provato
il nesso causale in quanto “non era stata effettuata l’autopsia,
essendo lacunosa la cartella clinica e non essendo stati disposti gli
accerta-
menti clinici necessari” i Consulenti Tecnici nominati nel giudizio di
merito “non avevano potuto escludere che la morte fosse so-
pravvenuta per cause autonome e non collegate allo stato patologico
preesistente”.
In particolare, i Giudici di legittimità hanno ritenuto nella
pronuncia in esame che, “…l’affidamento del paziente alla struttura
sanitaria comporta un dovere di diagnosi e di terapia in ordine a
qualsiasi stato morboso che ne ponga in pericolo la vita, quand’an-
182
che diverso da quello diagnosticato in relazione ai sintomi che
avevano indotto al ricovero, sia esso presistente o sopravvenuto.
Sicchè, ove tale non accertato stato morboso abbia concorso a
cagionare l’evento, si pone anzitutto un problema di imputabilità a
titolo di colpa della mancata diagnosi ovvero della mancata adozione
dei rimedi necessari ad impedirne o ad attenuarne l’esplicazione del
possibili effetti dannosi”: e da tale enunciato hanno fatto discendere
l’ulteriore principio di diritto secondo cui, “…la possibilità, pur
rigorosamente prospettata sotto il profilo scientifico, che la morte
della persona ricoverata presso una struttura sanitaria possa essere
intervenuta per altre, ipotetiche cause patologiche, diverse da quelle
diagnosticate ed inadeguatamente trattate, che non sia stato tuttavia
possibile accertare neppure dopo il deceso in ragione della difettosa
tenuta della cartella clinica o della mancanza di adeguati riscontri
diagnostici (anche autoptici), non vale ad escludere la sussistenza di
nesso eziologico tra la colposa condotta dei medici in relazione alla
patologia accertata e la morte, ove risulti provata l’idoneità di tale
condotta a provocarla” (cfr., CASS: civile, sent. 12103/2000 cit.).
Considera quindi conclusivamente la Sezione deliberante,che i
suddetti principi possono essere estesi al caso in esame, nel quale
parimenti è stato omesso il riscontro autoptico post-mortem sulla pic-
cola Ilardi, e sono state parimenti omesse le richiamate indagini
diagnostiche specificamente valutate rilevanti dall’Ausiliare nominato
183
nel presente grado per pervenire alla diagnosi certa della “sindrome
di Reye”, ed apprestare gli opportuni interventi terapeutici.
Si deve, infine, rilevare che la responsabilità contrattuale della
azienda ospedaliera (nel senso delineato da CASS., sent. 589/1999
cit.), nella fattispecie considerata dovrebbe inoltre discendere dalla
rilevata inadeguatezza strutturale del suddetto presidio (e del reparto
al quale gli odierni appellanti sono addetti),per la carenza di
strumen- tazione diagnostica idonea all’esecuzione dei richiamati
esami clinici “di terzo livello”, che avrebbe quindi richiesto di inviare
all’esterno i campioni da analizzare con ulteriore dispendio di tempo,
e conse- guente ritardo nella acquisizione del relativo referto.
Per le considerazioni in fatto e diritto svolte, la sentenza appel-
lata deve essere quindi riformata anche nei riguardi dell’appellante
Emma, secondo dispositivo, con la condanna del medesimo alla
rifusione delle ulteriori spese sostenute dalle parti civili costituite per
la presente fase processuale, nella misura rispettivamente liquidata
nel dispositivo.
Il termine per il deposito della motivazione deve essere fissato
in gg. 90 dalla pubblicazione del dispositivo, secondo la previsione
dell’art.544 C.p.p., che la Sezione deliberante, per costante interpre-
tazione, ritiene applicabile anche prescindendendo dalla concreta
complessità del singolo processo trattato (e definito), e dalla ogget-
tiva difficoltà (o complessità) della stesura della parte motiva della
sentenza deliberata – invero entrambe rilevabili nel presente proces-
184
so – qualora la considerazione dello specifico carico di lavoro –
valutata con riferimento alle funzioni tabellari in atto svolte dal
componente del Collegio designato quale estensore – induca a
prevedere che la motivazione della sentenza deliberata nel singolo
procedimento definito in sede dibattimentale (o camerale, come nella
fattispecie), non possa es- sere estesa nell’ordinario termine di rito
(15 gg., secondo la formulazione dell’art.544, secondo comma
C.p.p.,novellato dall’art. 6 D.L. 1°/ 3/1991 n.60): previsione che la
Corte ritiene di formulare nel presente processo, considerando
inoltre l’esigenza – che discende dall’applicazione delle regole che
sovrintendono alla corretta esplicazione dell’attività amministrativa
(cui può essere assimilata la funzione giudiziaria, limitatamente
all’evidenziato profilo di natura organizzativa) – di seguire la
cronologia di pubblicazione dei dispositivi delle sentenze progres-
sivamente assunte in deliberazione, ferma restando la priorità da
assicurare alla definizione dei giudizi pendenti a carico di imputati in
stato di detenzione. Valuta quindi la Corte, per l’assegnazione del
termine di deposito ai sensi dell’art. 544 terzo comma C.p.p. nel
presente processo, oltre alla obiettiva complessità del caso
esaminato – ed alla conseguente difficoltà della stesura anche in
considerazione della mole degli atti processuali esaminati (oltre
1.000 pagine di affoliazione) – la complessiva situazione di carenza
dell’organico dei Consiglieri in servizio presso questa Corte, che alla
data di pubblicazione del dispositivo permane al di sotto del limite
185
numerico valutato necessario per consentire una tempestiva
evasione degli affari giudiziari pendenti, determinando un persistente
aggravio nei riguardi dei Consiglieri titolari in servizio, e la gravosità
del carico di lavoro in relazione alle diverse funzioni tabellari
assegnate al Consigliere estensore, considerato inoltre l’aggravio
derivato dalla pregressa applicazione al Collegio dibattimentale del
Tribunale per i minorenni di CALTANISSETTA, ed al Collegio
designato per la trattazione dibattimentale del processo denominato
“Leopardo” (n°811/ 2002 R.G. C.App., AMORE Luigi + 11 imputati di
compartecipazione all’associazione criminale mafiosa denominata
“Cosa Nostra”, concorso esterno alla medesima associazione,
estorsione pluri-aggravata, turbativa di pubblici incanti, tentata
concussione, corru- zione, abuso di ufficio, turbativa d’asta e svariati
reati in materia elettorale) fissato in sede di rinvio dalla Suprema
Corte di CASSAZIONE, e dalla (contemporanea) applicazione al
Collegio dibattimentale del Tribunale per i minorenni presso la
stessa sede giudiziaria.
P. Q. M.visti gli artt. rubricati, art.605 C.P.P.;
in parziale riforma della sentenza emessa in data 28/2/2002 dal Tribunale di ENNA in composizione monocratica, nei confronti di MARGANI Salvatore, EMMA Federico, e PULEO Edoardo e dai medesimi appellata, concesse all’appellante EMMA Federico le circostanze attenuanti generiche, dichiara non doversi procedere in ordine al reato al predetto ascritto perché estinto per intervenuta prescrizione.
186
CONFERMA le statuizioni civili adottate dal Giudice di primo grado, limitatamente alla posizione del suddetto appellante, che condanna al rimborso delle spese sostenute nel presente grado di giudizio dalle parti civili costituite, che liquida:
- in favore di ILARDI Carmelo e ILARDI Carlo, nella misura di €3.750, oltre I.V.A. e C.P.A. nella misura di legge;
- in favore di ILARDI Angelina, nella misura di €3.250, oltre I.V.A. e C.P.A. nella misura di legge;
- in favore di ILARDI Filippo e CASCIO Antonina, nella misura di €3.750, oltre I.V.A. e C.P.A. nella misura di legge.
Visto l’art.530 commi 1° e 2° C.P.P.;
ASSOLVE MARGANI Salvatore e PULEO Edoardo dal reato loro ascritto, per non avere commesso il fatto.
Visto l’art.544 terzo comma C.p.p.,ASSEGNA il termine di gg. 90 per il deposito della motivazione.
CALTANISSETTA, 24 giugno 2004.
Il Consigliere estensore IL PRESIDENTE
187
INDICE
Imputazioni p. 2
Conclusioni p. 3
MOTIVI IN FATTO E DIRITTO,
1) IL PROCESSO DI PRIMO GRADO, p. 5
1.2) La deposizione dei genitori di Michela ILARDI nel giudizio in primo grado, p. 9
1.3) La perizia disposta in primo grado (Prof. Palazzo Adriano – Dott. Scalici), p. 19
1.4) La documentazione clinica acquisita in primo grado, p. 33
1.5) La relazione ispettiva dell’Unità di crisi del Ministero della Sanità, p. 41
2) I MOTIVI DI IMPUGNAZIONE DELLA SENTENZA:
2.1) L’appello dell’imputato MARGANI Salvatore, p. 52
2.2) L’appello dell’imputato EMMA Federico, p. 61
2.3) L’appello dell’imputato PULEO Edoardo, p. 69
3) LO SVOLGIMENTO DELLA FASE DIBATTIMENTALE NEL PRESENTE GRADO, p. 72
3.2) Le eccezioni preliminari (e le istanze istruttorie) formulate nell’interesse degli appellanti, p. 76
3.3.) Le integrazioni istruttorie disposte nel presente grado:
3.3.1) L’esame dei periti nominati in primo grado (prof. Mario PALAZZO ADRIANO e dott. Edoardo SCALICI: udienza del 6/11//2003), p. 78
3.3.2) L’esame del primario dell’Ospedale Pediatrico di PALERMO(prof. Cesare ROVELLA: udienza del 4/ 3/2004), p. 79 3.3.3) La perizia integrativa conferita allo specialista pediatra nomi-nato nel presente grado (Dottor Alberto BURLINA: udienza del 25/3/ 2004), p. 84
3.3.4) Le dichiarazioni difensive rese dall’imputato MARGANI (u-
188
dienze dibattimentali del 6/11/2003 e del 18/ 6/2004), p.112
4) LE ECCEZIONI PRELIMINARI, 4.1) sulla ritualità della notifica dell’atto di appello degli impu- tati MARGANI e PULEO, p.126
4.2) sulla richiesta di revoca della costituzione di parte civile dei genitori e dei fratelli di Michela ILARDI, p.128
5) LA CONDOTTA PROFESSIONALE DEGLI APPELLANTI
5.1) La valutazione della condotta professionale degli operatori sanitari addetti ad una struttura ospedaliera: 5.1.2) compiti, doveri, responsabilità, p.131 5.1.3) gli orientamenti giurisprudenziali, p.132
5.2) Le caratteristiche cliniche del caso di Michela ILARDI, p.135
6) I COMPORTAMENTI COLPOSI (OMISSIVI, E COMMISSIVI) RILEVABILI NELLA CONDOTTA PROFESSIONALE DEGLI APPELLANTI
6.1) aspetti generali, p.139
6.2) la somministrazione di farmaci contenenti salicilati ai pazienti in età pediatrica, ed il rischio di insorgenza della “Sindrome di Reye”, p.147
6.3) La rilevanza causale per il decesso di Michela ILARDI dei pro- fili colposi rilevati nella condotta professionale degli appellan- ti. p.159
6.3.1) La posizione dell’appellante PULEO:compiti e doveri del Primario ospedaliero, p.161
6.3.2) La posizione dell’appellante MARGANI, p.167 6.3.3) La posizione dell’appellante EMMA, p.172 7) Gli effetti civili della sentenza appellata, p.176 Dispositivo,
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