Semiotica e Filosofia in C S Peirce

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Semiotica e filosofia in C.S. PeirceINDICE

I. DALLA TRIADE CATEGORIALE ALLA SEMIOTICA COGNITIVA: LEMERGERE DEL CONCETTO DI TEMPO ON A NEW LIST OF CATEGORIES Le tre categorie: primit, secondit, terzit Le tre categorie come principio di classificazione dei segni Di una possibile lettura cronologica della triade categoriale TEORIA DEL CONOSCERE E SEMIOSI ILLIMITATA Dalla prima teoria dei segni alla classificazione degli argomenti La struttura del conoscere allinterno dei saggi anticartesiani Il pensiero-segno LA TEMPORALITA DEL PENSIERO-SEGNO Latemporalit dei feelings Tempo e segno Il pensiero e il reale: la probabile consumazione di un continuo processo in divenire II. LA TEORIA PRAGMATICA DEL SIGNIFICATO DALLA SEMIOTICA ALLA PRAGMATICA Lazione mentale e la legge dellabito Dallessenza alla legge: Frasers Berkeley Il realismo e il metodo scientifico LA TEMPORALITA E LA MASSIMA PRAGMATICA La temporalit dellazione del pensiero La massima pragmatica e la nozione di realt The Order of Nature III. LINCONTRO TRA SEMIOTICA E COSMOLOGIA LA COSMOLOGIA NEI SAGGI DELLA SERIE METAFISICA Larchitettura delle teorie La dottrina della necessit sotto esame La legge della mente LA REVISIONE CATEGORIALE Monadi, diadi, triadi Il tempo e il nuovo elenco: un primo orientamento Fenomenologia e faneroscopia IL MOVIMENTO FANEROSCOPICO Lemergere dell altro Il luogo del segno IV. ALLA RICERCA DEL CONCETTO DI TEMPO NELLA COSMOLOGIA IPERBOLICAPEIRCEIANA LIPOTESI COSMOGONICA Il Tichismo e il nulla Il Sinechismo 154 LAmore Evolutivo IL TEMPO DEL CONTINUUM SEMIOTICO Definizione di Continuit La continuit e la nozione di Tempo Il Tempo, il continuum, lAltro

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Semiotica e filosofia in C.S. Peirce - Capitolo I

ON A NEW LIST OF CATEGORIES Fin dagli scritti giovanili la domanda che sorregge la filosofia peirceiana verte sulla possibilit e sulla modalit del conoscere: come accade che il senso diventi coscienza? Ovvero kantianamente, come si riconduce il molteplice ad unit? Il punto di partenza dellindagine risiede indubbiamente nellAnalitica di Kant, al cui studio dedic tre ore al giorno per due anni, giungendo infine alla necessit di una riformulazione al fine di includere in s anche i problemi metafisici della Dialettica trascendentale. Linfinit e la questione di Dio dovevano rientrare allinterno delle possibilit di comprensione dellintelletto umano. Si dovevano per trovare delle categorie cos vaste che rendessero ragione del complesso fenomeno della conoscenza di tali idee cos come di ogni altro oggetto pensabile o reale. Allet di ventun anni Peirce decise che linfinit di Dio e con essa tutti i limiti della conoscenza, per quanto ignoti al momento, influenzano in qualche modo il pensiero, facendo s che tutto ci che reale, non importa se conosciuto di fatto, sia in qualche modo razionale. Questa forma chiaramente idealistica prese la sua forma compiuta, che Peirce chiam real-idealismo, nello scritto On a new List of Categories presentato per la prima volta allAmerican Academy of Arts and Science il 14 maggio 1867 e pubblicato nei Proceedings dellAcademy nel 1868, articolo che ancora nel 1905 considerava my one contribution to philosophy . Con esso, dopo un intero decennio dinstancabile lavoro, trova realizzazione il problema di trovare categorie adeguate per classificare ed esprimere la conoscenza.

Le tre categorie: primit, secondit, terzit La ricerca di una soluzione soddisfacente al problema categoriale parte da un presupposto comune, di stampo certamente classico, ma che si pu definire fenomenologico nella sua essenza profonda : La funzione dei concetti quella di ridurre il molteplice delle impressioni sensibili ad unit. [] lunit alla quale lintelletto riduce le impressioni lunit della proposizione. Quest unit consiste nella connessione del predicato col soggetto; ci che dunque implicato nella copula, o concetto di essere, completa il lavoro di riduzione del molteplice ad unit operato dai concetti. [W 2:49] E quindi dallanalisi della costituzione del giudizio che emergono le categorie, come necessarie e sufficienti alla predicazione. Ora, principio e fine di ogni concetto risultano essere la Sostanza e lEssere, essi denominano dunque le due categorie estreme poste allinizio e alla fine del processo del conoscere. Tali categorie sono in s stesse assolutamente vuote. Con Sostanza si intende lindeterminato apparire dellestraneo, inafferrabile nel suo contenuto e coincidente con la pura presenza in s indeterminata e indeterminabile, mentre con Essere Peirce esprime la completa predicazione della sostanza allinterno di una proposizione. Se diciamo La stufa nera, la stufa la sostanza della quale la nerezza non stata ancora differenziata, e l, pur lasciando la sostanza esattamente come essa stata vista, ne scioglie lindistinzione applicandole la nerezza come predicato.[C.P. 1.548.] Allinterno di tali estremi si snodano le tre modalit attraverso le quali si organizza in via prioritaria la nostra esperienza. Ma come si giunge allindividuazione di tali concetti intermedi, o per meglio dire, intermediari? Attraverso un processo di prescissione, o astrazione, indirizzando lattenzione su di un solo elemento, con negligenza di tutto il resto. Attraverso tale atto di astrazione, palesemente lontano da qualsiasi riferimento allintrospezione, si evince come loccasione dellintroduzione di un concetto elementare universale o la riduzione a unit della molteplicit della sostanza, o altrimenti lunione di un altro concetto alla sostanza. Si tratta ora di individuare tali concetti elementari universali che, attraverso un processo di astrazione o prescissione decrescente, unificano linfinita determinabilit del predicato alla confusa molteplicit della sostanza. Tale il processo delineato da Peirce, ma si tratta naturalmente di un procedimento passibile di una lettura in entrambe le direzioni, dallEssere alla Sostanza e viceversa. Il concetto di essere sorge in occasione della formazione di una proposizione. Una proposizione possiede sempre, oltre a un termine per esprimere la sostanza, un altro per esprimere la qualit di quella sostanza; e la funzione del concetto di essere di unire la qualit alla sostanza. Perci, la qualit nel suo senso pi ampio il primo concetto intermedio nellordine di passaggio dallessere alla sostanza.[C.P. 1.551.]

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Il primo accidente categoriale nomina dunque un puro spazio di apertura qualitativa e potenziale; la qualit il concetto mediato, anche se sembra immediato, che per primo si riferisce al concetto di essere. Proprio la sua apparente immediatezza testimonia del suo essere un concetto elementare e che la sua applicazione in definitiva ipotetica. In tal senso esso la base, il ground, il substrato, di ogni riferimento possibile. Ci che permette di conoscere la qualit, per mezzo delle nozione di contrasto e di similarit, il concetto di correlazione: La psicologia empirica ha stabilito che possiamo conoscere una qualit solo per contrasto o per similarit: lentit alla quale alcunch viene riferito per contrasto o per similarit viene detta correlato, assumendo questo termine in un senso pi ampio del solito. Il riferimento a un correlato loccasione per lintroduzione del concetto di riferimento a una base, ossia del concetto di qualit: perci il riferimento a un correlato , nellordine di passaggio dallessere alla sostanza, il concetto successivo a quello di qualit. [C.P.1.552.] Infine la correlazione loccasione per il sorgere dellinterpretante, quale rappresentazione mediatrice tra relato e correlato. Il terzo ed ultimo concetto dunque quello di rappresentazione, inteso come riferimento ad un interpretante. Attraverso di esso linfinita predicabilit dellessere incontra la sostanza nelle sue molteplici possibilit significanti; tornando allesempio tanto caro a Peirce, nel momento in cui si pronuncia la frase la stufa nera, la predicazione della nerezza giunta alla sua rappresentazione in relazione alla sostanza stufa. I cinque concetti cos ottenuti possono essere detti, per ragioni abbastanza ovvie, categorie. Esse sono: Essere Qualit (riferimento a una base) Relazione (riferimento a un correlato) Rappresentazione (riferimento a un interpretante) Sostanza I tre concetti intermedi possono essere detti accidenti. [C.P. 1.555.]

Le tre categorie come principio di classificazione dei segni Le tre categorie costituiscono il principio dellanalisi e della classificazione dei segni. In A new List of Categories Peirce approda a tale analisi immediatamente dopo aver dato enunciazione alla dottrina delle tre categorie ed aver messo in rilievo il particolare tipo di legame sussistente tra di esse. Primit, Secondit e Terzit sono sempre compresenti, interdipendenti ed irriducibili luna allaltra. Ci significa che in ogni momento desperienza, in ogni atto di cognizione, tutte e tre le categorie si danno solidalmente, ognuna adempiendo alla propria specifica funzione e provocando linsorgere delle altre due secondo leffettualit genetica che le propria. A tale proposito, anche se piuttosto complesso, riveste particolare importanza il paragrafo seguente: Questo genere di passaggio dai molti alluno numerico. Il concetto di terzo quello di un oggetto riferito ad altri due in modo che uno di questi devessere riferito allaltro nello stesso modo in cui il terzo riferito a questaltro. Quindi, il concetto di terzo coincide con il concetto di interpretante, mentre il concetto di altro chiaramente equivalente al concetto di correlato, e differisce dal concetto di secondo, in quanto questultimo implica la possibilit di un terzo. Nel medesimo modo, il concetto di stesso implica la possibilit di un altro. La base lo stesso, astratto dalla concretezza che implica la possibilit di un altro. [C.P. 1.556.] Peirce sottolinea limpossibilit di prescindere alcuna delle categorie da quelle superiori, in tal modo il Relato costituisce ci che si riferisce ad una base (il Quale) e ad un correlato, cos come il Represement si rivolge ad una base, ad un correlato e ad un interpretante. Inoltre, una qualit pu avere una speciale determinazione che le impedisce di essere prescissa dal riferimento a un correlato . Questa particolarit conduce alla fondamentale distinzione dei due generi di relazioni: I) il genere di relazioni caratterizzate da relati il cui riferimento a una base una qualit prescindibile o intrinseca; II) il genere di relazioni caratterizzate da relati il cui riferimento a una base una qualit imprescindibile o relativa. [C.P. 1.558.] Questa distinzione, che permetter interessanti sviluppi nelle analisi delle somiglianze, delle identit e delle differenze, funger altres da modello per la futura logica delle relazioni. Soprattutto conduce alla distinzione dei tre generi di rappresentazione aprendo la via allelaborazione della semiotica: [] vi sono tre tipi di rappresentazioni:

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I) le rappresentazioni la cui relazione con i loro oggetti consiste semplicemente nel fatto che rappresentazioni e oggetti hanno in comune qualche qualit, e queste rappresentazioni possono essere chiamate somiglianze; II) le rappresentazioni la cui relazione con i loro oggetti consiste in una corrispondenza di fatto, e queste rappresentazioni possono essere chiamate indici o segni; III) le rappresentazioni che hanno per base della relazione con i loro oggetti un carattere imputato, rappresentazioni che sono segni generali. E possono essere dette simboli. [C.P.1.558.] La logica si occupa prevalentemente della terza tipologia di rappresentazione, ovvero dei simboli, i quali, a loro volta, possono essere suddivisi in termini, proposizioni e argomenti. Gli argomenti, infine, assumono una precisa articolazione: considerando che in ogni inferenza le premesse formano una rappresentazione della conclusione, tale rappresentazione assumer la forma di somiglianza nel caso dellipotesi, di indice nel caso dellinduzione e di simbolo nel caso della deduzione. Ecco quindi come Peirce conclude il presente saggio ritornando al tema dal quale era partito, ovvero dalla classificazione degli argomenti.

Di una possibile lettura cronologica della tripartizione categoriale Lanalisi di On a new List of Categories conduce inevitabilmente a constatare come Peirce si sia accinto a dare enunciazione delle tre categorie disponendole secondo due ordini o processi, luno discendente dallessere alla sostanza, laltro ascendente dalla sostanza allessere. Il punto sul quale vorrei focalizzare lattenzione risiede nella possibilit o, per meglio dire, concedendo unanticipazione, nellimpossibilit di considerare tali successioni come passibili di una lettura cronologica. Una lettura di tal sorta conduce, a mio modo di vedere, direttamente al cuore della pratica filosofica peirceiana protesa verso un superamento della tradizionale dicotomia tra essere e pensiero, tra oggetti e segni, la quale determina il nostro qualificarci come filosofi materialisti o idealisti, empiristi o razionalisti (PlaTone diceva: come figli della terra o amici delle idee) . Tutto ci,mi auguro, risulter chiaro al termine dellanalisi. Ora, considerare i due processi che conducono dallessere alla sostanza e viceversa come successioni reali induce ad un duplice fraintendimento. Se si crede che la qualit succeda logicamente, nonch cronologicamente, allessere, la relazione alla qualit, e la rappresentazione alla relazione, si sar indotti a pensare che Peirce voglia fondare in modo trascendentalistico la proposizione con una serie di atti donatori di senso. Verr, in effetti, naturale rintracciare nella successione data una sorta di tracciato categoriale aprioristico, attraverso il quale viene a determinarsi il concreto della sostanza-oggetto. Daltra parte, nel caso in cui si consideri che la rappresentazione succeda alla sostanza, la relazione alla rappresentazione e la qualit alla relazione, viene da s come sar facile credere che Peirce voglia fondare in modo empirista la proposizione, come una serie di elementi prima isolati e sconnessi. Lipotesi di una fondazione cronologica, di una successione di natura temporale, viene immediatamente meno; a questo punto sar di fondamentale importanza far luce sulla natura delle categorie ed in particolare sul legame che intrattengono lun laltra. Nel corso dellanalisi del saggio del 1867 si gi avuto modo di precisare come le tre categorie sono, secondo Peirce, costantemente compresenti, interdipendenti ed irriducibili luna allaltra. Pertanto, in ogni momento desperienza cos come in ogni atto di cognizione, tutte e tre le categorie si danno solidalmente: ognuna svolge una sua specifica funzione e provoca loccorrere delle altre due secondo la modalit che le propria. Ecco quindi come, dal punto di vista dellapparire, facendo centro sulla primit e movendo da essa, si avr innanzi tutto un feeling, una sensazione indistinta e indeterminata, corrispondente ad un istante privo di spessore. Questa sorta di presente assoluto, aurorale si potrebbe dire con Bonfantini , trapassa in una durata, nella quale il suo contenuto comincia a venire alla consapevolezza del soggetto. Tale loccorrenza della secondit, che a sua volta provoca loccorrenza della sintesi concettuale, della terzit. Si detto di un istante privo di spessore, di un presente assoluto che trapassa in una durata nel momento in cui sorge una reazione. E necessario per chiedersi: questo trapasso ha natura temporale? E possibile rintracciare un fondamento cronologico allinterno di questo passaggio? La risposta sicuramente no se si tiene ben salda la natura di compresenza ed interdipendenza che risolve la particolare tipologia del legame sussistente tra le tre categorie: Quindi la primit o feeling o sensazione pura pu essere supposta senza la secondit e la terzit, che invece la presuppongono; ma al contempo la primit non pu essere individuata come pura, giacch la sensazione individuata-riconosciuta solo a partire dallinterpretazione cosciente e solo in quanto inglobata in un giudizio; n la primit si pu dare come realmente sconnessa dalla secondit, ma invece da essa determinata

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Daltra parte, sul piano dellesistenza la secondit precede necessariamente e determina loccorrenza della primit e della terzit; ma al contempo la secondit non pu apparire senza lintervento riflessivointerpretativo della terzit. Infine, sul piano dellesperienza cosciente, la terzit individua e costituisce la secondit e la primit; ma questo un processo riflessivo, giacch al contempo linterpretazione presuppone il materiale da interpretare, cio la sensazione o primit; n la terzit pu occorrere senza essere determinata dalla secondit e dalla primit. (Cfr.I.300-84, I.531-32, I.545-59, 2.84-87, 5.41-92). Una concezione siffatta delle categorie non pu che scalzare di ogni diritto lipotesi di una lettura cronologica delle medesime; lipotesi cronologia procede,infatti, di pari passo rispetto ad una concezione logica. La logica tradizionale, aristotelica, non ha la possibilit di svincolarsi da unintrinseca natura dimostrativa, nonch temporalmente scandita, che si articola nel passaggio premessa termine medio conclusione. Al contrario, la lettura che Peirce ci offre va al di l di questa sequenzialit, rintracciando nelleterno rimando categoriale un fondamento segnico il quale non pu che racchiudere la triade categoriale allinterno di una compresenza ed interdipendenza che si rivela allinterno di ogni atto di significazione. Da quanto detto possibile evincere come la dottrina delle categorie di Peirce costituisca in primo luogo un chiarimento della sua teoria della conoscenza: componente fisica, dello stimolo provocato dalloggetto esterno, e componente rappresentativa agiscono ininterrottamente luna al fianco dellaltra, sempre compresenti e mai assimilabili luna allaltra. Esse sembrano rivelare la medesima interdipendenza esistente tra le tre categorie. E lungo questo percorso che viene in superficie la particolare posizione della teoria della conoscenza peirciana. Peirce, infatti, non si pone pi di fronte alla relazione tra essere e pensiero, tra oggetto e soggetto, nel tentativo, per cos dire, di spostare il confine tra essi da una parte o dallaltra. E la natura stessa di tale confine ad essere in questione, cos come il sussistere reale di queste due entit, il loro essere nominate come realt diverse e inassimilabili. Esattamente come nellesempio pi volte riportato da Peirce del foglio di carta diviso a met tra una parte blu ed una parte rossa. Il confine sar blu o rosso? A me sembra che la risposta giusta sia che il limite sia rosso che blu svanendo a questo punto ogni distinzione tra essi.(W1: 203-4) Il confine si risolve nella compresenza dei confinanti; la distinzione tra pensiero ed essere, intuizione ed inferenza, coscienza e oggetto, risulta in tal modo vanificata pur lasciando permanere la costante relazione tra i due poli, i quali, pur trapassanti luno nellaltro, mantengono la propria individualit. TEORIA DEL CONOSCERE E SEMIOSI ILLIMITATA: LEMERGERE DEL CONCETTO DI TEMPO Gli oggetti dellintelletto, considerati come rappresentazioni, sono i simboli, ovvero i segni almeno potenzialmente generali. Ma le regole della logica valgono per ogni simbolo, sia per quelli scritti o parlati, che per quelli pensati. Tali regole non hanno applicazione immediata alle somiglianze e agli indici, perch nessun argomento pu essere costruito soltanto con somiglianze e con indici; si applicano invece a tutti i simboli. Tutti i simboli sono s, in un certo senso, relativi allintelletto, ma solo nel senso in cui tutte le cose sono relative allintelletto. Di conseguenza, il rapporto con lintelletto non ha bisogno di essere espresso nella definizione della sfera della logica, dal momento che esso non determina alcuna limitazione di quella sfera. Ma si pu fare una distinzione fra concetti che si suppone esistano solo in quanto essi sono effettivamente presenti allintelletto, e simboli esterni che tuttavia mantengono i loro caratteri di simboli in quanto hanno la sola potenzialit di essere intesi. E dal momento che le regole della logica si applicano a questi ultimi come ai primi [] ne segue che la logica ha come suo campo specifico tutti i simboli e non soltanto i concetti. [C.P. 1.559] Questo passo tratto dallultima sezione di Un nuovo elenco di categorie. La teoria semiotica di Peirce inizia quindi a prendere forma gi dal saggio del 1867. Logica e semiotica si identificano permettendo unapertura della logica stessa, non pi ristretta allindagine sui concetti, bens proiettata sullanalisi di tutti i segni e di tutte le cose, le quali in ultima analisi, non sono nullaltro che oggetti di rappresentazione, dunque simboli esse stesse. Prendere atto di come la teoria semiotica peirceiana sia gi suggerita nel suddetto saggio conduce a constatare come tale teoria, e con essa lanalisi delle rappresentazioni e dei simboli, derivi intrinsecamente dallanalisi categoriale e soprattutto rivela limportanza della semiotica come ponte, tramite, tra lanalisi della realt nei termini delle tre categorie dellessere e le massime pragmatiche.

Dalla prima teoria dei segni alla classificazione degli argomenti Riconsideriamo la distinzione categoriale delineata da Peirce nel saggio del 1867: la qualit (riferimento a un terreno o area comune, ground), la relazione (riferimento a un correlato), la rappresentazione (riferimento a un interpretante).

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Si visto come ogni livello di mediazione pi elevato pu essere considerato almeno in astratto anche indipendentemente dai gradi meno elevati e pi immediati; si visto altres che al di sotto della qualit si rende necessario il riferimento a pi di un concetto, ovverosia ad una relazione: la qualit, o meglio il suo ground, si determina in relazione con un correlato per somiglianza o differenza. Ora, possibile distinguere i casi in cui il riferimento a un correlato possibile a prescindere da altri riferimenti e il caso in cui ci non possibile. Tale distinzione d luogo ad una vera e propria teoria dei segni, o semiotica, che Peirce rielaborer per decenni. Nel fondamentale paragrafo 1.558 Peirce scrive: Una qualit pu avere una speciale determinazione che le impedisce di essere prescissa dal riferimento a un correlato. Quindi, esistono due generi di relazioni: I) il genere di relazioni caratterizzate da relati il cui riferimento a una base una qualit prescindibile o intrinseca; II) il genere di relazioni caratterizzate da relati il cui riferimento a una base una qualit imprescindibile o relativa; Nel primo caso la relazione una semplice concorrenza dei correlati in un unico carattere, e relato e correlato non sono distinti. Nel secondo caso il correlato si presenta in contrasto con il relato, e si ha, in qualche senso, una opposizione. Poich nessuna categoria pu essere prescissa dalle precedenti, il primo tipo di relazione qualcosa che si caratterizza non gi al livello del relato, bens al livello del ground. Relato e correlato non sono infatti distinti, Two blue objects are ipso facto in relation to one another dice Peirce; essi non hanno bisogno dellintervento di qualcosa di effettivamente esistente per essere in relazione luno con laltro: sufficiente lambito della pura possibilit. Del secondo tipo di relazione, invece, la dualit caratteristica imprescindibile. Relato e correlato rimandano a qualcosa di fattuale, e non possono in alcun modo venire riportati a ununit. Essi si oppongono luno allaltro, si limitano vicendevolmente con la forza non mediata dellesistente. Il loro essere in relazione esterno a loro stessi. Qui siamo realmente al livello del relato, del secondo supposable object, che si rivela allora come pura indicalit, rapporto duale ed effettivo tra esistenti. E, allo stesso modo nel quale le relazioni possono essere di due tipi, e troviamo in esse iconicit e indicalit, cos le rappresentazioni possono essere di tre generi, uno per ogni categoria. Avremo cio tre livelli di rappresentazione: somiglianze (pi tardi icone), indici (pi tardi segni) e simboli o segni generali. La Somiglianza il primo tipo generale di relazione. Si tratta di una rappresentazione che si riferisce al terreno o ground della qualit senza peraltro fare ricorso ad un correlato e neppure ad un interpretante. L icona denota in virt dellessere simile al suo soggetto, del possedere alcune delle moltissime basi che vi sono per la relazione di somiglianza. Come Carlo Sini brillantemente esemplifica ne Il pragmatismo americano: La somiglianza di due macchie nere operata in base alla loro nerezza una relazione prescindibile dal molteplice dellintuizione che contiene, o ha come sua parte, tale nerezza. La psicogenetica infantile sarebbe qui daccordo con questa posizione del Peirce: il bambino di pochi mesi coglie le relazioni di luce ed ombra, le somiglianze e differenze di colore, senza peraltro riferirsi a qualcosa come ad un oggetto quale sintesi di molte propriet, n tanto meno alle relazioni esterne degli oggetti fra loro. Peirce parla infatti, a proposito delle somiglianze, di relazioni interne o di internal quality (1.558) Accanto alle relazioni di somiglianza si trovano le relazioni diadiche o di differenza, nel cui caso il terreno di comparazione non pi interno, possiamo dire, bens risulta costituito dalla posizione relativa esterna di una cosa con laltra, e cio dallinsieme del molteplice dei due oggetti. A questo tipo di rappresentazione, denotata da Peirce coerentemente con il termine indice, corrisponde una relazione che assume la forma di una corrispondenza di fatto (correspondence in fact) degli oggetti fra loro. Tale relazione non pu pi prescindere dal correlato, bench possa ancora prescindere dallinterpretante. Un Indicatore un segno che fa riferimento alloggetto che denota in virt dellessere effettivamente influenzato da quellOggetto [C.P. 2.248] O ancora, esemplificando con le parole di Sini: Un altro esempio del genere quello della relazione tra il gesto dellindicare e la cosa indicata, dove la relazione esterna tra le due cose non pu prescindere dal molteplice che costituisce le due cose stesse preso in unit a formare i due poli (relato e correlato) della relazione ( noto a tutti per esperienza che un bambino molto piccolo non comprende il gesto dellindicare: egli segue con lo sguardo il movimento della mano e delle dita che si protendono davanti a lui, ma non si dirige con gli occhi alla cosa indicata; lo stesso accade con un animale pur intelligente come il gatto, ecc.). Infine, occorre operare ora un ulteriore slittamento. Prendiamo in analisi la relazione tra la parola uomo e un uomo reale: essa dar luogo alla rappresentazione del simbolo, la quale, oltre ad essere imprescindibile dal correlato, risulta altres intimamente connessa alla nozione di interpretante, ovvero ad una

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rappresentazione mediata tra la parola e la cosa reale. Si tratta della specie di segno pi interessante e ricca di implicazioni, un segno artificiale il cui oggetto gli semplicemente assegnato da una convenzione vigente allinterno della comunit in cui trova impiego. Esso significa il suo oggetto per mezzo di una associazione di idee o connessione abituale fra il nome ed il carattere significato. [C.P. 1.369] In tal modo risulta essere segno nel senso pi chiaro del termine, intrattenendo con il suo denotatum una relazione eminentemente mediatica o triadica. On a new List of Categories si conclude con lesplicita intenzione di mostrare come i tre concetti di riferimento a una base, riferimento a un oggetto, e riferimento a un interpretante sono i concetti fondamentali di almeno una scienza universale: la logica , se effettivamente come dicevano gli scolastici - essa realmente la scienza delle intenzioni seconde applicate alle prime. Cosa intenda Peirce lo specifica immediatamente: le seconde intenzioni sono gli oggetti dellintelletto considerati come rappresentazioni, e le prime intenzioni a cui le seconde si applicano sono gli oggetti di queste rappresentazioni . La logica dunque propriamente la scienza dei simboli, ovvero del genere di relazione a tre termini (il ground , loggetto correlato e linterpretante) e quindi semiotica, studio dei segni e dei simboli, i quali soli sono in grado di costituire largomentazione o ragionamento. Le somiglianze, infatti, danno luogo a semplici termini, e gli indici, pur avendo gi a che fare con la verit e con lerrore, come diceva Aristotele, non possono superare la soglia del fornire proposizioni. Solo i simbolidanno luogo ad argomenti e ragionamenti ed sulla base di questa fondamentale distinzione che nasce la possibilit di classificare gli argomenti in deduzione, induzione ed ipotesi. Si approda dunque alla classificazione degli argomenti, tema dal quale, importante ricordare, Peirce era partito per lindagine categoriale. Considerato che le premesse di un argomento costituiscono linterpretante in base al quale formulabile la conclusione, esse offriranno allora una somiglianza, un indice e un simbolo della conclusione stessa. La rappresentazione della conclusione in tal modo ottenuta si configurer come una somiglianza nel caso dellipotesi, nelle ipotesi viene provato qualcosa di simile alla conclusione, cio le premesse formano una somiglianza della conclusione , come un indice nel caso della induzione, essendo le premesse un indice della conclusione, ed infine come un simbolo nel caso della deduzione, in quanto le premesse rappresentano un simbolo o un segno generale entro il quale la conclusione contenuta. Allinterno di questo processo di sviluppo che ci ha condotti dalla revisione dellanalitica kantiana alla configurazione di una nuova logica dei segni, o semiologia, si viene evidenziando limportanza dellinferenza ipotetica, parziale scoperta di questi anni giovanili destinata a grandi sviluppi, di cui i pi importanti saranno certamente la formulazione della massima pragmatica e la nascita del pragmatismo. La struttura del conoscere allinterno dei saggi anticartesiani Nei successivi saggi editi Peirce si accinge a ricavare, dalle sue prime scoperte e dai suoi primi orientamenti logici, una teoria filosofica generale della conoscenza, dei simboli e della realt. E ci anche allo scopo di eliminare una contraddizione che rimane implicita allinterno del Nuovo Elenco di Categorie, una contraddizione che sorge dal momento che Peirce si propone di partire dalla posizione, esplicitamente Kantiana, secondo la quale la funzione dei concetti quella di ridurre il molteplice delle impressioni sensibili a unit . Introdotto in tal modo, il concetto comporta una duplice presupposizione: anzitutto un molteplice sensibile che, per cos dire, si staglia al di fuori della coscienza e, in secondo luogo, un atto di intuizione in grado di coglierlo. Entrambi questi presupposti diventano insostenibili nel momento in cui Peirce riconduce lanalisi logica alla semiologia, avvedendosi ben presto di come una tale teoria dei segni non possa ammettere in alcun caso qualcosa come unintuizione. Tale il risultato dei tre saggi apparsi nel 1868 sul Journal of Speculative Philosophy: Question concerning Certain Faculties Claimed for Man, Some Consequences of Four Incapacities, Grounds of Validity of the Laws of Logic. La denominazione di anticartesiani in riferimento ai saggi in questione si rivela immediatamente evidente: Peirce si accinge ad una critica radicale della gnoseologia cartesiana, nei suoi aspetti di intuizionismo, dogmatismo e individualismo. Al dogmatismo, ovvero alla pretesa di arrivare a conoscenze assolutamente certe, e allindividualismo Peirce oppone che le conoscenze sono sempre ipotetiche, probabili, mai assolutamente certe, e basate non sulla testimonianza della coscienza individuale, ma su quella della comunit delle coscienze. Qualsiasi privilegio di cognizione immediata basata sul sentimento di evidenza non ha pi alcuna ragion dessere. In altre parole, ogni pensiero, cos come ogni sensazione e ogni emozione, inferenziale e ha perci una struttura identica a quella triadica del segno, gia evidenziata nella New List. I due saggi anticartesiani si pongono dunque su una linea di continuit fra di loro e con il saggio del 67; nel primo si svolge la pars destruens della polemica, mentre nel secondo si costruisce una nuova gnoseologia totalmente inferenziale. Questions Concerning Certain Faculties Claimed for Man si articola in sette domande o problemi e assume una particolare forma espositiva che ricalca quella degli scritti scolastici medievali. Il problema in analisi la possibilit che si dia una conoscenza intuitiva, questione fondamentale al fine di una revisione della teoria della conoscenza e della concezione del pensiero stesso.

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Le prime quattro questioni prendono in analisi lintuizionismo al fine di negarlo, anzitutto nella sua forma, si pu dire, di capacit intuitiva pura, ponendo laccento sullincapacit di distinguere tra lavere unintuizione e rendersi conto intuitivamente di aver avuto unintuizione, in secondo luogo nella forma di una possibile autocoscienza intuitiva, di capacit intuitiva di distinzione di elementi soggettivi, ed infine nella negazione di una capacit introspettiva. Il punto di partenza che si tratta di distinguere intuitivamente tra leseguire uninferenza (avere una cognizione determinata da unaltra) e avere unintuizione. Cosa intenda Peirce con il termine intuizione chiaro sin dalle prime righe del saggio; tale termine viene assunto a significare una cognizione non determinata da una cognizione precedente dello stesso oggetto, e perci determinata da qualcosa di esterno alla coscienza. Intuizione sar qui quasi la stessa cosa che premessa che non a sua volta conclusione. Lintuizionismo cartesiano era passato pressoch indenne attraverso la critica dei pensatori successivi; Peirce il primo a demolirlo nel suo principio costituivo. Descartes sostiene che intuiamo delle verit infallibili che il metodo del dubbio sistematico non scalfisce, che sono evidenti di per s, che non dipendono da pensieri precedenti e che non necessitano di alcuna dimostrazione in quanto scaturiscono da una sorta di rispecchiamento della verit stessa nella mente di chi la conosce. Ammettiamo che le cose stiano cos, argomenta Peirce: ma lesistenza di tali intuizioni intuitiva o inferita? Se fosse intuita, tutti i filosofi dovrebbero concordare su ci che intuiamo, e invece, da secoli disputano accanitamente su quali intuizioni siano intuitive. E la cosa non deve stupire perch chi ha pratica dei tribunali sa quanto sia difficile per i testimoni distinguere fra quello che hanno visto e quello che hanno inferito. Le ultime tre Questions affrontano direttamente il tema del pensiero. Anche il pensiero non viene colto altrimenti che per inferenza dalla sua manifestazione esterna che, in ultima analisi, altro non che il segno. Crolla cos la comune opinione che considera il pensiero come unattivit precedente ogni segno, come qualcosa che sta dietro i simboli. Non si d alcun atto originario che dia inizio a tutta la serie dei pensieri, la serie infinita e va allinfinito. Ora, al di l delle varie questioni che vengono affrontate, il saggio perviene ad una conclusione significativa per i successivi sviluppi del pensiero peirceiano: lipotesi di una conoscenza intuitiva inconsistente perch essa comporta una frattura contraddittoria tra la mente che conosce e la cosa conosciuta che, in tal modo, viene a trovarsi in una sorta di territorio extra mentem . Da ci risulta che ogni conoscenza non pu che derivare da una conoscenza precedente, abolendo qualsiasi riferimento ad una conoscenza intuitiva o originaria. La serie che in tal modo viene in luce si risolve in una relazione interpretativa tra segni, e tale relazione interpretativa altro non se non il pensiero stesso. Le parole di Sini suonano a questo punto illuminanti: Chiediamoci: che significa il rifiuto peirciano dellintuizione? Significa evidentemente il rifiuto, da un lato di una concezione speculare della conoscenza, dallaltro di una concezione sostanzialistica della realt. Secondo tali concezioni, se la conoscenza , come tutti possiamo ammettere, un processo, tale processo esige un primum, un punto, o atto di partenza. In altre parole : un immediato. In questo primum la cosa presente come se stessa e come tale viene assunta dal pensiero che la conosce: essa si travasa, per cos dire, nel pensiero; diventa pensiero. [] La teoria dellintuizione, proposta come soluzione del problema della conoscenza, conduce in realt ad uninsormontabile impasse : se davvero il processo conoscitivo muovesse da un primum immediato, la conclusione scettica sarebbe inevitabile (magari in quella forma di scetticismo moderato che, secondo alcuni, il criticismo Kantiano). La conoscenza cos intesa un processo il cui oggetto rimane in conoscibile. E vera invece lipotesi contraria: proprio perch un processo allinfinito, la conoscenza intelleggibile, coglie sempre il suo oggetto, che peraltro non ha mai la natura di un oggetto assoluto, ma di un segno che rinvia ad altro. Si gi accennato a come i due saggi anticartesiani rimandino luno allaltro, le quattro incapacit delineate in Some Consequences of Four Incapacities costituiscono infatti la conclusione del saggio precedente. Esse possono essere cos riassunte: 1. Non abbiamo nessun potere di Introspezione, ma ogni conoscenza del mondo interno derivata per ragionamento ipotetico dalla nostra conoscenza dei fatti esterni. 2. Non abbiamo alcun potere di Intuizione, ma ogni cognizione logicamente da cognizioni precedenti. 3. Non abbiamo nessun potere di pensare senza segni. 4. Non abbiamo nessuna concezione dellassolutamente inconoscibile. Queste quattro proposizioni non possono essere considerate come certe: per sottoporle a una prova ulteriore, ci proponiamo ora di evidenziarne le conseguenze. [C.P. 5.265] La conseguenza pi importante che Peirce ricava dalle suddette quattro incapacit risiede in una nuova formulazione della semiotica alla quale riduce, senza residui, il pensiero, ovvero lazione mentale; la funzione di un qualsiasi segno e la funzione del pensiero sono tuttuno. In tale riduzione egli dimostra che ogni azione mentale, dalla pi semplice alla pi complessa, si risolve in un inferenza ; pi esattamente in

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inferenze probabili, ovvero ipotetiche o induttive, e in inferenze apodittiche, nel caso di argomenti deduttivi. In altre parole, Peirce vuole rendere conto del carattere inferenziale ( e con ci segnico) di ogni momento del pensare umano, non solo di tutte le cognizioni valide, ma anche di tutti i giudizi, veri o falsi che siano, e non solo di tutti i giudizi intellettivi, ma anche di ogni altra azione mentale, comprese le sensazioni, le percezioni e le emozioni. Occorre dunque cominciare la nostra indagine con un processo di cognizione, e proprio con quel processo le cui leggi sono meglio intese e seguono pi da vicino i fatti esterni. Tale processo non altro che il processo di inferenza valida, che procede dalla sua premessa A alla sua conclusione B se e soltanto se, di fatto, una proposizione della forma B sempre o solitamente vera quando una proposizione della forma A vera. Uninferenza valida o completa o incompleta, ma Peirce rileva come uninferenza incompleta, la cui validit dipende da qualche dato di fatto non contenuto nelle premesse, virtualmente completa dal momento che questo fatto implicito avrebbe potuto essere stabilito come una premessa, e la sua relazione con la conclusione la stessa sia che venga esplicitamente formulato sia che non, poich almeno virtualmente ammesso per vero. Prosegue Peirce: Un argomento completo, semplice e valido, o sillogismo, o apodittico o probabile. Un sillogismo apodittico, ossia deduttivo, un sillogismo la cui validit dipende incondizionatamente dalla relazione del fatto inferito con i fatti posti nelle premesse. Un sillogismo la cui validit dipendesse non semplicemente dalle sue premesse, ma dallesistenza di qualche altra conoscenza, sarebbe impossibile; infatti questaltra conoscenza dovrebbe essere o esplicitata, nel qual caso sarebbe una parte delle premesse, oppure assunta implicitamente, nel qual caso linferenza sarebbe incompleta. Ma un sillogismo la cui validit dipende in parte dalla non esistenza di qualche altra conoscenza, un sillogismo probabile. [C.P. 5.270.] Dunque, ci che essenziale alla validit di ogni argomento probabile lassenza di conoscenza, e tale assenza si riferisce a una data questione determinata dallargomento stesso. Questa questione se certi oggetti abbiano o no certi caratteri, di modo che: Lassenza di conoscenza concerne o la questione se ci siano altri oggetti che posseggano determinati caratteri oltre agli oggetti che li possiedono secondo le premesse, oppure la questione se, dati certi oggetti, in questi oggetti ci siano altri caratteri oltre a quelli che appartengono agli oggetti dati secondo le premesse. [C.P. 5.272.] Nel primo caso il ragionamento procede come se si conoscessero tutti gli oggetti che hanno dati caratteri, cio induzione, nel secondo linferenza procede come se si conoscessero tutti i caratteri richiesti per la determinazione di un dato oggetto o di una data classe, e cio ipotesi. Appare evidente come il pensiero rifletta unattivit senzaltro pi complessa rispetto alle semplici leggi formali dellinferenza, ma la differenza di natura quantitativa e non qualitativa. Ci significa che non esiste nulla nel pensiero che non possa ridursi, mediante un processo di semplificazione, al ragionamento o inferenza; il che comporta lesclusione di qualsivoglia atto intuitivo. Il pensiero-segno In C.P. 5.283 Peirce si accinge a considerare le conseguenze della terza delle incapacit suddette, ovverosia che non abbiamo alcun potere di pensare senza segni. Ogni volta che pensiamo, dice Peirce, abbiamo presente alla coscienza un feeling, una qualche sensazione, unimmagine, un concetto o unaltra rappresentazione che funziona come segno. Tutto ci che presente alla coscienza in tal modo una manifestazione fenomenale (phenomenal) di noi stessi . Dato che tutto ci che presente alla coscienza un segno ed una manifestazione fenomenale di noi stessi, siamo noi stessi ad essere anzitutto un segno. Ci non impedisce al fenomeno di riferirsi ad altro rispetto alla coscienza, dal momento che, essendo segno, possiede tre riferimenti: Ora un segno, in quanto tale, ha tre riferimenti: primo, un segno per un pensiero che lo interpreta; secondo, un segno in luogo di un oggetto a cui quel pensiero equivalente; terzo, un segno sotto qualche rispetto o qualit che porta il segno stesso in connessione al suo oggetto. [C.P. 5.283.] Prima di addentrarci nelle implicazioni che i riferimenti del segno portano con s, credo sia essenziale rifarci alla nozione di infinit e di continuo caratterizzante qualsivoglia atto conoscitivo o processo inferenziale. Peirce esemplifica tale concetto in questo modo: Supponiamo che una linea orizzontale rappresenti una cognizione e che la lunghezza della linea serve a misurare (per cos dire) la lividezza della coscienza in quella cognizione. Un punto, non avendo lunghezza, rappresenter, secondo questo principio, un oggetto del tutto fuori dalla coscienza. Supponiamo che una linea orizzontale sotto laltra rappresenti una cognizione che determina la cognizione rappresentata da questultima linea e che le due cognizioni abbiano lo stesso oggetto. La distanza finita fra tali linee

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rappresenter il fatto che si tratta di due cognizioni diverse. Con questo sussidio al pensiero, vediamo se debba esservi un primo. E possibile esemplificare in questo modo: Avremo cos un triangolo complessivo le cui differenti linee interne rappresentano le nostre molteplici cognizioni via via sempre meno vivaci, e il punto del vertice in basso rappresenta loggetto come sarebbe fuori dalla coscienza, al di l di ogni nostra conoscenza. Cosa se ne deduce? Che la conoscenza non pu che essere un continuum dove ogni nozione segno e rimanda ad unaltra nozione, e cos allinfinto, dal momento che tra qualsiasi linea e il punto si potranno sempre porre altre linee. Lo statuto della linea pone un continuo rinvio allinfinito nel quale lassenza di un punto di partenza non fa problema, bens ne rappresenta una peculiarit. Peirce invita a tener presente come la nozione di segno-continuo appartenga parallelamente alla sfera del reale. La cosa come sarebbe in s, nellesempio del triangolo, rappresentata da un punto, e cio da un minimum di vivacit o di presenza nella coscienza, da un minimum che rappresenta lesser fuori dalla coscienza, ovvero da una sorta di assenza. Ma non si tratta di un ipotetico punto di partenza in s, bens di un punto di arrivo infinito verso il quale linferenza stessa in cammino. L oggetto reale risulta in tal modo estremamente differente da un dato concreto che precede la conoscenza come sua causa, ma il fine ideale verso il quale essa tende nella sua pretesa di appropriarsi della totalit dellesperienza. Loggetto reale dunque, in ultima analisi, il significato pubblico della ricerca logica o dellazione mentale umana. Ora, torniamo ai tre riferimenti del pensiero-segno, tenendo ben salda la nozione di continuo e di infinit che abbiamo delineato. Si detto, innanzi tutto, che quando pensiamo il nostro pensiero esso stesso un segno che si indirizza ad un altro pensiero. Che sia il pensiero di unaltra persona, nel caso in cui il nostro pensiero passi attraverso il medium dellespressione esterna, o che sia la nostra stessa corrente di pensiero ( train of thought), il pensiero prodotto diventa in ogni caso il segno di un nostro pensiero successivo che lo interpreta, e in tal modo esso influisce, con maggiore o minore vivacit, sul pensiero che segue. Ricordiamo lesempio del triangolo e pensiamo a queste parole di Peirce: Dal fatto che sopravvenga come dominante un nuovo costituente di pensiero non consegue dunque che il filo di pensiero che il nuovo pensiero ha rimosso si rompa del tutto. Al contrario, in base al nostro secondo principio, cio che non vi intuizione o cognizione che non sia determinata da cognizioni precedenti, segue che lirruzione di una nuova esperienza non mai un fatto istantaneo, me un evento che occupa del tempo e che passa attraverso un processo continuo.[C.P. 5.284. Corsivo mio] Non esiste alcuna eccezione alla legge per la quale ogni pensiero tradotto o interpretato in uno susseguente, a meno che non entri in gioco lazione ultimativa della morte. Vediamo ora cosa significa che il pensiero sta per qualche oggetto del quale lequivalente nel pensiero. Dalla negazione dellintuizione deriva che il pensiero-segno si riferisce alla cosa solo in quanto essa stata denotata da un precedente pensiero-segno, esso pensiero si riferisce alla cosa soltanto attraverso la denotazione del pensiero precedente [] e cos in ogni caso il pensiero susseguente denota ci che veniva pensato nel pensiero precedente . Infine, cosa significa che il segno sta in relazione con il suo oggetto per qualche rispetto o qualit? Il pensiero-segno sta per il suo oggetto nel rispetto che pensato: cio questo rispetto loggetto immediato di coscienza nel pensiero, o, in altre parole, il pensiero stesso, o almeno ci che il pensiero pensato essere nel pensiero susseguente per il quale segno. [C.P. 5.286] Dunque, attraverso il pensiero stesso che il pensiero-segno in relazione con il suo oggetto. E giunto il momento di dar forma e contenuto al concetto di pensiero-segno che insistentemente viene a riproporsi. A tal fine Peirce delinea tre propriet caratteristiche del pensiero-segno, le quali riportano alla funzione rappresentativa del segno stesso, ovverosia la qualit materiale, la pura applicazione dimostrativa e il significato. Per qualit materiale del segno si intende ci che il segno per se stesso, indipendentemente dalla cosa che rappresenta , mentre per applicazione dimostrativa si intende la connessione reale o fisica che esso ha con la cosa denotata alla quale si riferisce per lo pi tramite la mediazione di un altro segno. N la qualit materiale n lapplicazione dimostrativa costituiscono la vera e propria funzione rappresentativa del segno, o, per meglio dire, del pensiero-segno, poich essi appartengono al segno indipendentemente dal suo rivolgersi a qualche pensiero [] mentre tale funzione rappresentativa qualcosa che il segno , non in se stesso, o in una reale relazione al suo oggetto, ma per un pensiero . Quindi per il pensiero il segno concetto, ed concetto in quanto possiede un significato.

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LA TEMPORALITA DEL PENSIERO-SEGNO Latemporalit dei Feelings Consideriamo lo status mentale costituito dal concetto. E il fatto di avere un significato, una comprensione logica, che rende un concetto tale; e se un concetto applicabile a un oggetto, ci avviene perch questo oggetto possiede i caratteri contenuti nella comprensione del concetto. Ora, di solito, si dice che la comprensione logica di un pensiero consiste nei pensieri in esso contenuti. Ma i pensieri sono eventi, atti della mente; due pensieri sono quindi due eventi separati nel tempo, e perci risulta letteralmente impossibile che un pensiero sia contenuto in un altro. [C.P. 5.288] Come pu un pensiero avere significato e cio essere segno per un altro pensiero? Evidentemente in quanto unifica in s diversi altri pensieri; senonch dire che un pensiero contiene altri pensieri come sue parti solo una metafora . I pensieri sono eventi, atti della mente, perci non hanno parti o estensioni reali. I pensieri non hanno esistenza, o non hanno questo tipo di esistenza; essi non stanno insieme nello spazio ma si susseguono e sono separati da intervalli di tempo; dire che il pensiero presente simile ad un pensiero passato non pu essere il risultato di una percezione immediata (che veda i due pensieri paragonati ora e qui presenti) ma senzaltro il risultato di uninferenza. Credo sia possibile, a questo punto, operare una digressione al fine di esplicitare quella che potrebbe essere considerata una lettura temporale di quellevento fondante allinterno della filosofia peirceiana che il pensiero-segno. Si detto di come ogni pensiero in se stesso, come puro feeling, assolutamente semplice e non analizzabile; non pu dunque contenere altri pensieri. In tal senso si detto dei pensieri che non hanno la modalit dellesistenza a cui comunemente, con questo termine, si fa riferimento. Essi non stanno nello spazio, non hanno la capacit di operare da contenitori luno con laltro, sono atti della mente, eventi separati nel tempo. Quanto alla loro esistenza due pensieri sono separati da un intervallo di tempo. E esattamente sulla base di questa peculiare modalit desistenza che, credo, occorre focalizzare lanalisi della funzione del tempo nella semiotica peirceiana. Si detto di tale esistenza che differisce dalla sua comune nozione, poich i pensieri sono puri eventi, senza parti o estensioni reali. I feelings non hanno la possibilit di stare nello spazio e, quindi, nemmeno in una serie temporalmente e cronologicamente scandita. Essi non stanno nel tempo, ma sono separati da intervalli di tempo. Ecco dunque come, non solamente il dire che un pensiero presente simile ad un pensiero passato deve necessariamente derivare da uninferenza, ma lo stesso concepire un determinato pensiero o feeling come presente o passato nasce da un giudizio che si riflette su di esso, e sappiamo che tale giudizio deve avere natura inferenziale. Solo per inferenza un pensiero assume la forma di un pensiero passato, presente o futuro, poich esso, in quanto feeling, meramente un fatto, un fatto semplice, ultimativo, inesplicabile. Parallelamente a questa sorta, possiamo dire, di atemporalit del pensiero come puro feeling, il tempo pare agire in qualit di agente didentificazione, se vero, come si detto, che quanto alla loro esistenza due pensieri sono separati da un intervallo di tempo . Solo questo pu essere detto dellesistenza del pensiero, del suo essere puro evento, atto della mente non ulteriormente analizzabile. Ogni pensiero, comunque artificioso e complesso, in quanto immediatamente presente, un sentire puro, senza parti, e quindi, in s, senza similarit con nessun altro, anzi, non comparabile con nessun altro e assolutamente sui generis. Ora, si gi avuto modo di mostrare come non sia assurdo considerare il processo dellinferenza come infinito, ovvero come un continuum, ma che invece assurda la pretesa contraria. La pretesa contraria si riduce al concepire, come premessa originaria e irriducibile, lintuizione della cosa come se stessa, del reale. Ma tale premessa originaria, che la si esprima o no, non potrebbe far a meno di essere un predicato: ci che si dice della cosa intuita come se stessa. Tale premessa sarebbe perci un segno o, con le parole dello stesso Peirce, predicare una cosa di unaltra equivale a stabilire che la prima un segno della seconda . Sicch la cosa, come soggetto dellintuizione, a sua volta nientaltro che segno di quel reale che si vorrebbe raggiungere. Dunque, ancora una volta, la funzione di un qualsiasi segno e la funzione del pensiero sono tuttuno. Ma allora come si spiega l ultimativit del feeling? Entra forse in contraddizione con quanto appena detto? Non significa forse ammettere qualcosa di inconoscibile? E vero che noi non possiamo predicare nulla del mero feeling presente in quanto tale: se anche volessimo pensare: questo presente a me, prima ancora di poter esercitare questo giudizio riflettente, ci che presente la sensazione, il feeling sarebbe passato, e una volta passato, noi non potremmo mai recuperare la qualit del feeling come essa era in e per se stessa. Ma, daltra parte, le sensazioni o i sentimenti, in quanto sono semplicemente alcunch di presente, sono tutti simili e non richiedono alcuna esplicazione, dal momento che essi contengono soltanto ci che universale (luniversale esser presente).

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Dunque, non possibile affermare che il feeling venga considerato o lasciato in conoscibile; ci che brillantemente ci suggerisce Sini che ci che resta inesplicato ci che noi non possiamo conoscere riflessivamente, cos come ci che non possiamo conoscere riflessivamente proprio ci che non richiede spiegazioni, in esso non vi nulla da conoscere. Niente di ci che predicabile con verit dei feelings lasciato inesplicato ci dice Peirce. Ma ci che pu essere predicabile non risiede forse nella modalit desistenza suddetta, ovvero lessere separati come puri eventi da intervalli di tempo? E ancora, al di l di questa inanalizzabile caratterizzazione temporale del pensiero nella forma di feeling, possibile rintracciare un aspetto, per cos dire, temporale del pensiero-segno? A tale questione verr dedicato il prossimo paragrafo. Tempo e segno Accanto all ultimativit e allinesplicabilit del pensiero, il mediato, ovvero il concetto, il significato del feeling, permane mediato, e cio conoscibile. Al fine di operare questo delicato e fondamentale passaggio occorre tener presente che limmediato esser presente del pensiero un fatto, non un segno. Lo stesso Peirce dice: nessun presente pensiero reale (che un mero feeling) ha un significato, un qualche valore intellettuale; giacch questo valore non si trova in ci che realmente pensato, ma nel fatto che questo pensiero pu essere posto da un pensiero successivo in connessione con qualcosaltro nella rappresentazione; cosicch il significato di un pensiero interamente virtuale. [C.P. 5.289] Cors.mio. Il significato va rintracciato tra i pensieri e non nei pensieri, nel continuo flusso della coscienza e non nella presente immediatezza dei pensieri. Limmediato la somma totale della coscienza, la cui mediazione, che la sua continuit, determinata da una reale forza efficace dietro la coscienza. Il significato risiede dunque nel continuo flusso di giudizi che la coscienza opera tra i pensieri, flusso che possiede, come gi abbiamo avuto modo di esplicitare, il ritmo dellinferenza logica, nonch il ritmo triadico proprio del segno: Cos abbiamo nel pensiero tre elementi: primo, la funzione rappresentativa che ne fa una rappresentazione; secondo, la pura applicazione denotativa, o connessione reale, che porta un pensiero in relazione con un altro; terzo, la qualit materiale, o apparenza, che d al pensiero la qualit. [C.P. 5.290.] Vediamo di ricapitolare: nel precedente paragrafo si discusso dell atemporalit del feeling, dellinesplicabilit del pensiero a differenza della costante conoscibilit del concetto. Peirce ci induce a riflettere sull origine, se cos pu essere definita, di tale diversit e la identifica nella distanza che intercorre tra fatto e segno. Limmediato essere presente del pensiero un mero fatto, privo di qualsiasi valore intellettuale, inesplicabile e ultimativo. Al contrario, il concetto, la possibilit che tale pensiero possa essere posto da un pensiero successivo in relazione con qualcosaltro, un segno. Ora, lessser segno del pensiero, il divenire concetto, risiede nel flusso della coscienza che continuo, e possiede quindi una veste temporale. Peirce dir tra poco che la qualit continua, per quanto ne sappiamo, si riduce in ultima analisi al tempo . Ma che ritmo possiede il flusso del pensiero? Il ritmo triadico proprio del segno. La sensazione, lontana da essere una qualsiasi forma di intuizione o prima impressione del senso, la qualit materiale della rappresentazione, del segno mentale. Essa, dice Peirce, adempie alla funzione di unipotesi costituendo un predicato semplice al posto di un predicato complesso . Ci non accade in virt dellintervento della ragione ma per la costituzione della nostra natura, per lintervento di una forza che sta dietro alla coscienza . Oltre alla qualit materiale, ricorda Peirce, il pensiero-segno sappiamo essere costituito dalla pura applicazione dimostrativa. Ci si imbatte cos nel potere di astrazione o di attenzione. Lattenzione unenfasi rivolta ad uno degli elementi o caratteri oggettivi della coscienza e differisce dalla sensazione non essendo un oggetto di coscienza immediata, quanto piuttosto un effetto che si trasmette sulla memoria e sui pensieri successivi. Ma facciamo attenzione a quanto dice Peirce in questo passaggio: Quindi, dal momento che lenfasi consiste tuttavia in un effetto sulla coscienza, e cos pu esistere solo nella misura in cui tocca la nostra conoscenza; e dal momento che non pensabile che un atto determini quello che lo precede nel tempo allora questo atto pu consistere soltanto nella capacit che la cognizione enfatizzata ha di produrre un effetto sulla memoria, o di influire altrimenti sul pensiero successivo. Questo confermato dal fatto che quando si tratta di attenzione, si tratta di quantit continua, e che la quantit continua, per quanto ne sappiamo, si riduce in ultima analisi al tempo. [C.P. 5.291.] Corsivo mio.

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Finalmente Peirce fa esplicitamente riferimento al concetto di tempo: lo introduce in connessione allapplicazione dimostrativa del pensiero-segno, allattenzione in qualit di facolt per la quale il pensiero in atto in un dato tempo viene connesso e ricollegato al pensiero in atto in un altro tempo. Ma occorre operare un ulteriore passaggio per capire a fondo come il tempo, in ultima analisi, o, come dice lo stesso Peirce, per quanto ne sappiamo, si riveli nella nozione di continuit. La sensazione e lattenzione sono i costituenti di ogni pensiero; tali costituenti conferiscono a un pensiero il carattere potenziale di segno, fornendone la qualit materiale e la pura applicazione dimostrativa. Ma, come si detto, la vera funzione del segno la sua capacit rappresentativa; tale funzione si trova nel significato. Ma come da intendere il significato? . Esso, si affermato, non nei pensieri, ma fra i pensieri. Il significato non dunque unulteriore qualit reale del pensiero, un suo costituente o parte, ma il rapporto (la pura applicazione dimostrativa) tra le qualit materiali del pensiero stesso. Cosicch una sensazione non , per se stessa , una rappresentazione, ma lo virtualmente per un altro, per unaltra sensazione o feeling; e lo diviene in atto in virt dellattenzione induttiva che la assume, via via, come segno di un carattere generale e cio di un rapporto tra differenti eventi della coscienza. In tal modo essa acquista finalmente un significato. Non si poteva essere pi chiari. Il significato nasce nel tra, nel gioco alterno delle successioni di pensiero, nel continuum della sfera totale della coscienza, un continuo di serie di pensieri le cui influenze reciproche si susseguono in gradazioni infinite di interferenza. Cos che linterporsi nella coscienza di una nuova esperienza altro non se non un evento che occupa una porzione di tempo e che trascorre per un processo continuo, sicch il suo diventare preminente nella coscienza deve essere la probabile consumazione di un processo in divenire . Il pensiero e il reale: la probabile consumazione di un continuo processo in divenire In ogni momento siamo in possesso di certe informazioni, cio di cognizioni che sono state logicamente derivate per induzione e ipotesi da cognizioni precedenti che sono meno generali, meno distinte, e delle quali abbiamo una coscienza meno viva. Queste a loro volta sono state derivate da altre ancora meno generali, meno distinte, e meno vivaci; e cos via a ritroso fino a quel primo ideale , che assolutamente singolare, e assolutamente fuori dalla coscienza. [C.P. 5.311.] Con questo passo Peirce universalizza i risultati di tutta la precedente discussione indicando nel suo continuo fluire la condizione essenziale e necessaria della ricerca conoscitiva. E allinterno di un tale fluire che la conoscenza si trova sempre compresa fra due limiti asintotici, fra un minimo e un massimo mai toccati dalla coscienza: il minimo il punto in cui la conoscenza sarebbe nel suo punto-zero, in nessun rapporto con loggettivit, mentre il massimo configura il punto in cui la conoscenza esaurirebbe tutte le determinazioni delloggettivit. Questi limiti asintotici non esistono in quanto tali, cio non vi cosa che sia in se stessa nel senso di non essere relativa alla mente, sebbene le cose che sono relative alla mente senza dubbio esistono anche al di l di questa relazione . E emersa dunque in piena luce la fondamentale nozione di continuit che, come gi abbiamo accennato e come nel corso dellanalisi verr ripetutamente ribadito, contiene la stessa nozione di tempo, verso la quale la presente analisi esplicitamente rivolta. Ma come da intendere il concetto di continuo? O, per meglio dire, forse possibile trarre dagli scritti peirceiani una determinata caratterizzazione di tale concetto? In parte la risposta gi stata data nel riferirsi al ritmo triadico, proprio del segno, costituente il flusso di pensiero. Ora per, considerando la natura propria del reale, possibile intravedere una seconda caratterizzazione del continuum peirceiano, rifacendosi al costante volgersi al futuro del flusso che coinvolge pensiero e realt. Ma andiamo per ordine. Si gi detto della natura del pensiero, del suo essere anzitutto segno e, in quanto tale, del possedere significato nel punto di intersezione, nel tra, dei feelings. Occorre ora transitare dal concetto di pensiero a quello di reale, badando sempre alla comune natura di segno, e dunque di continuo. Reale, dice Peirce, un concetto sorto la prima volta in cui ci siamo trovati di fronte allillusione, allerrore; cio quando per la prima volta abbiamo corretto noi stessi . E proprio in questa particolare circostanza, e in nessun altra, che sorta la nozione di io, del nostro io singolo e individuale: c qualcosa di privato (lerrore) e c qualcosa di pubblico (la verit); ci sono determinazioni interiori che non coincidono con le determinazioni esteriori; c un idiosincrasia che del singolo rispetto alla comunit . Per questo Peirce, dopo aver escluso lesistenza di una cosa che sia in se stessa, e dunque non relativa alla mente, aggiungeva immediatamente che le cose esistono anche al di l di questa relazione. Le cose sono, in ultima analisi, indipendenti, nel senso che esse non si sottomettono a ci che questa o quella mente possa pensarne. Non sono indipendenti per dal pensiero in generale, poich reale ci in cui, presto o tardi, alla fine si risolveranno le informazioni e il ragionamento, e che quindi indipendente dagli erramenti di ogni singolo individuo.

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Lindagine sul reale rimanda immediatamente alla fondamentale distinzione tra universale e singolare, esteriore ed interiore, pubblico e privato. La verit del reale, cos come del pensiero, della conoscenza, rimanda allapertura illimitata del pubblico, e non pu sfuggire alla vaghezza intrinseca in tale natura. La realt dunque un processo, un lungo percorso, un long run, che alla fine, presto o tardi, pur essendo indipendente dalle idiosincrasie del singolo, apparterr alla somma totale delle inferenze. In tal modo, sia lorigine che il compimento del concetto di realt mostra che tale concetto coinvolge per essenza la nozione di una Comunit senza limiti definiti e capace di un definito numero di aumento di conoscenze . Sar la comunit a stabilire, alla lunga, che cosa sia reale, con il continuo riaffermarlo, o irreale, negato prima o poi come quellidiosincrasia che lerrore. Ma seguiamo le parole di Sini: Da tale concetto della realt deriva unimportante conseguenza, e cio che la realt sta negli universali (generals), mentre lindividuo in quanto tale un punto limite, ideale e irreale, un puro non-essere, come si potrebbe anche dire. Nessuna delle nostre cognizioni assolutamente determinata, dice Peirce; essa aperta al futuro, alle future determinazioni; nulla di assolutamente individuale dunque nelle nostre conoscenze (vi solo il relativamente individuale, che poi lerrore), poich, come sappiamo anche per altra via, solo luniversale mediazione conoscibile, luniversale che si determina come segno, come informazione, come significato e cio come pensiero-segno per un altro pensiero segno. Il cerchio si chiuso. Pensiero e realt dipendono vicendevolmente, sul piano del significato coincidono, perch entrambi sono nullaltro che segni, la loro verit e realt riposta nelluniversale, nei generals, che a sua volta si determina come significato, come pensiero-segno per un altro pensiero segno. Ogni cognizione risulta in tal modo aperta al futuro, aperta alle future determinazioni in seno alla comunit, proprio perch solo luniversale mediazione conoscibile, luniversale determinatesi come segno. Peirce conclude Some Consequences of four Incapacities prendendo in analisi la realt della mente, ovverosia luomo. Gi si detto di come il contenuto della coscienza altro non se non un segno risultante da uninferenza e di come tutto ci che presente alla coscienza una manifestazione fenomenale di noi stessi. Ci va ricondotto al principio secondo il quale lassolutamente in conoscibile non ha alcuna esistenza, dal che consegue che la manifestazione fenomenale di una sostanza la sostanza stessa . Anche la mente si risolve quindi in un segno, in un processo dinamico di inferenze, e si identifica, per quanto concerne il significato, con la parola : non vi elemento della coscienza delluomo che non abbia qualcosa di corrispondente a esso nella parola; e la ragione evidente: consiste nel fatto che la parola o segno che luomo usa luomo stesso. Poich, come il fatto che ogni pensiero un segno considerato insieme al fatto che la vita un flusso di pensiero prova che luomo un segno; cos, il fatto che ogni pensiero un segno esterno prova che luomo un segno esterno. [C.P. 5.314.] Cors.mio. Esattamente come il pensiero e la realt, anche luomo e la parola corrono lungo una linea parallela che tende allidentificazione. La realt e la realt della mente devono necessariamente esternarsi, risolversi in un segno esterno, come lo stesso Peirce suggerisce, e in tal modo finiscono per identificarsi con il pensiero e con la parola. Gli uomini e le parole si educano reciprocamente, e lo stesso accade tra il pensiero e la realt. E la nozione di Segno a condurre questi parallelismi: realt, pensiero e parola sono nullaltro che segni e in quanto tali si risolvono in un flusso continuo, nato nel tempo e proiettato allinfinito verso future determinazioni. Infine, qualsiasi cosa realmente esiste, ci che di essa si potrebbe conoscere nellideale condizione finale di completa informazione. Quindi quale sia la realt di ogni cosa dipende dalla decisione finale della comunit. Allo stesso modo il pensiero ci che solo in virt del suo volgersi a un pensiero futuro che nel suo valore di pensiero identico al primo, sebbene sia pi sviluppato. In questo senso, lesistenza del pensiero ora dipende da ci che esso sar; cosicc il pensiero ha solo unesistenza potenziale, dipendente dal pensiero futuro della comunit. [C.P. 5.316.] Cors.mio. Ci significa che la cosa reale, oggetto dellinferenza, non un ipotetico punto di partenza, bens il punto di arrivo infinito verso il quale linferenza stessa in cammino. Come argutamente fa notare Sini, il significato della mia vita appartiene agli altri, alla storia che essi narreranno . In conclusione, la semiotica peirceiana ci ha condotti a riflettere sulla natura temporale del segno e, con esso, del pensiero e del reale, sulla base di un continuum in divenire. Ma la particolare natura dell azione mentale ad essere anzitutto segno, non solo, ogni azione mentale feconda obbedisce alle regole dellargomento ipotetico, che in ultima analisi si risolve nella legge dellabito. Il ponte verso i saggi del 1877/78 stato gettato; sar la teoria pragmatica del significato, il pragmatismo, ad esplicitare queste suggestioni, dando corpo a quellinfinito proiettarsi verso il futuro che tra gli aspetti pi fecondi della nozione di tempo nella filosofia peirceiana.

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Semiotica e filosofia in C.S. Peirce - Capitolo II

DALLA SEMIOTICA ALLA PRAGMATICA Lazione mentale e la legge dellabito Gi nei saggi anticartesiani Peirce conduce a riflettere sul ruolo guida dell abito allinterno dellargomentazione logica, pervenendo in tal modo a quella che pi tardi chiamer la massima pragmatica. Vale la pena ricordare questo passo tratto da Some Consequences of four Incapacities, nel quale Peirce si appresta ad esplicitare la natura inferenziale dellazione mentale, prima conseguenza delle gi elencate incapacit: Ma proprio vero che la mente segue il processo sillogistico? E certo molto dubbio che nella mente compaia allimprovviso una conclusione, come unentit indipendente, del genere di unimmagine, a rimpiazzare due premesse presenti alla mente nello stesso modo. Ma materia di costante esperienza che, se un uomo indotto a credere nelle premesse, nel senso che egli agir in base ad esse e dir che esse sono vere, in circostanze favorevoli egli sar anche pronto ad agire in base alla conclusione e a dire che pure quella vera. Perci entro lorganismo ha luogo qualcosa di equivalente al processo sillogistico. [C.P. 5.268.] Peirce qui alle prese con lanalisi dellinferenza valida e giunger alla distinzione del ragionamento valido (semplice e completo) in deduttivo (apodittico) e induttivo o ipotetico (probabile). Riprenderemo in considerazione le tipologie dinferenza in riferimento agli sviluppi del pragmatismo; per ora credo sia necessario focalizzare lattenzione sulle suggestioni offerte dalla riconduzione dellazione mentale alla suddetta forma di valid inference. E difatti agevole vedere come Peirce sia qui gi quasi pervenuto a quella che pi tardi chiamer la massima pragmatica. Gli sar sufficiente osservare che lessere pronti ad agire in un determinato modo, labito o abitudine che ha preso luogo allinterno dellorganismo, anzitutto il significato cui il sillogismo stesso mette capo e in base al quale pu essere valutato. Dunque il significato di qualsivoglia azione mentale, avente per necessit la forma dellinferenza valida, risiede nellabito che si instaurato. Detto questo, occorre sempre badare agli esiti a cui ci ha condotti lanalisi della semiotica peirceiana, alla natura infinita del processo dinferenza, al continuum del pensiero che corre in parallelo alla natura segnica del reale: il reale segno e le cose reali sono di natura cognitiva e perci significativa. Ora, non solo il pensiero assume la veste dellinferenza per quanto riguarda il significato, terzo carattere del pensiero-segno, ma altres per quanto concerne la sensazione e lattenzione, i quali possono essere considerati, in un certo senso, come i soli costituenti del pensiero . E interessante chiedersi ora: che ruolo gioca qui il concetto di abito? Si detto che la sensazione semplicemente la qualit materiale di un segno mentale. Essa, ben lontana dallessere una prima o immediata impressione dei sensi, in realt uninterpretazione selettiva e unificatrice di diverse impressioni esercitate dallo stimolo su vari centri nervosi. Quindi la sensazione ha la stessa forma logica e svolge la stessa funzione di un predicato semplice in luogo di un predicato complesso: cio perfettamente analogo allipotesi. In qualit dinferenza la sensazione determinata da un abito, suo principio guida. Nella sensazione , sembra dunque agire, accanto a quella forza fisiologica che sta dietro alla coscienza, di cui Peirce parlava in Alcune conseguenze di quattro incapacit, la legge dellabito, come principio di unificazione e di rappresentazione della pluralit di impressioni che da sole rappresenterebbero un puro punto limite della conoscenza umana, una mera forza esistente al di qua della coscienza: Come gi detto nella Nuova lista di categorie, nel processo ascendente di unificazione e interpretazione che proprio del pensiero, c un grado zero costituito dalla pluralit delle impressioni, grado zero che lunico che si stabilisce non per ipotesi, ma per effetto immediato (dipendente dalla costituzione della nostra natura). La sensazione, o grado uno, occasionata dallinsorgere di una siffatta pluralit delle impressioni che essa unifica secondo unipotesi che determinata dalle cognizioni precedenti. Da qui la duplicit della sensazione: da un lato determinata, nel suo accadere, dalla costituzione della nostra natura, dalle impressioni, da qualcosa di esteriore e di cieco, mentre dallaltro, nella sua funzione rappresentativa e nel suo contenuto, determinata dallo svolgimento precedente della coscienza. (Corsivo mio) E per quanto concerne lattenzione? Qui si opera il passaggio fondamentale che apre ai futuri sviluppi del pragmatismo. Lattenzione, si detto, unenfasi rivolta ad uno degli elementi o caratteri oggettivi della coscienza, essa differisce dalla sensazione perch non un oggetto di immediata coscienza, quanto piuttosto un effetto che si trasmette sulla memoria e sui pensieri successivi. E qui che, a mio modo di vedere, la nozione di abito incontra quella di tempo,(esattamente come a suo tempo si era detto parlando della natura del pensiero-segno). Lattenzione una quantit continua che si incrementa gradualmente e che si raccoglie, nel contempo, nella memoria. Entrano dunque qui in gioco i due aspetti della temporalit

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che avevamo riscontrato nel corso dellanalisi della semiosi illimitata. Ma seguiamo le parole dello stesso Peirce: lattenzione la facolt per cui il pensiero in atto in un dato tempo viene connesso e ricollegato al pensiero in atto in un altro tempo, [] Lattenzione sorge quando lo stesso fenomeno si presenta ripetutamente in occasioni differenti, [] Lattenzione produce effetti sul sistema nervoso. Questi effetti sono abiti, o associazioni nervose. Un abito si costituisce quando, avendo avuto consapevolezza di compiere un certo atto, m, in varie occasione a, b, c, arriviamo a compierlo in ogni occorrenza dellevento generale l,di cui a, b, c sono casi speciali. [C.P. 5.297.] Lattenzione un potere di astrazione in quanto opera induttivamente e mette capo alla formazione di conoscenze generali o abiti. Gli abiti si formano, allinterno di ogni pensiero, tramite la facolt dellastrazione e questo avviene per via di un riconoscimento che avviene nel tempo, tempo in cui avviene lincontro tra un pensiero passato ed uno futuro o, per meglio dire, trascorrente. La sensazione e lattenzione possono essere considerati come i soli costituenti di ogni pensiero ; non solo, possedendo per natura la veste dellinferenza, ipotetica ed induttiva, sono gi in nuce dipendenti dal principio guida dellinferenza che altro non se non un certo abito mentale, costituzionale o acquisito. Detto questo, occorre operare un ultimo passaggio al fine di stabilire come la semiotica porti il seme della teoria pragmatica: necessario condurre la potenzialit dei segni intesi sotto laspetto della qualit materiale e della pura applicazione dimostrativa allattualit della funzione rappresentativa. Scrive Peirce in Some Consequences of Four Incapacities: La funzione rappresentativa di un segno non sta n nella sua qualit materiale n nella sua pura applicazione dimostrativa, poich la funzione rappresentativa riguarda qualcosa che il segno , non in s stesso n in una sua reale relazione col suo oggetto, ma in relazione a (per) un pensiero, mentre entrambi i caratteri ora definiti appartengono al segno indipendentemente dal suo indirizzarsi a un pensiero. [C.P. 5.287.] Dunque, sotto laspetto delle due qualit suddette, i segni non sono ancora segni reali, ma lo diventano solo quando acquisiscono la terza propriet del segno, vale a dire il significato: il significato che rende rappresentativo un segno, cio che lo rende concretamente e realmente un segno. E per questo motivo che, come pi volte stato ripetuto, i primi due caratteri dei segni sono gli unici costituenti del pensiero, proprio perch il significato non una propriet reale o fisica del segno, ma una sua capacit simbolicorelazionale. Il significato non si trova nelle cose, ma tra le cose; il suo un essere-fra (betweeness). Il significato si colloca, potremmo dire, come Sini suggerisce, fra le qualit e i fatti, in quanto ne inferisce le connessioni possibili o di fatto e le solleva a Segno generale o Simbolo di quelle connessioni medesime. Ma di fatto, viene naturale chiedersi, come pu emergere un significato in un universo di qualit e di fatti che in ultima analisi altro non sono se non segni essi stessi, perlomeno potenziali? Rispondere a questinterrogativo significa aprire la strada alla teoria pragmatica del significato, anticipando come la massima pragmatica stabilisce lemergere del significato in concomitanza con la traduzione della relazione tra qualit e fatti in una risposta definitiva, cio in un abito di risposta, in un comportamento che, in quanto tale, incarna una definita forma di inferenza: Cos, ad esempio, la vista del biberon per il bambino segno dellimminente somministrazione della pappa, non appena egli mostri, con il suo comportamento impaziente, di aver colto la connessione reale della qualit materiale del biberon con loggetto cibo; solo da quel momento quella qualit materiale e quella pura applicazione dimostrativa divengono per il bambino, da potenziali propriet segniche, effettive realt segniche.

Dallessenza alla legge: Frasers Berkeley Si gi ricordato come i saggi del 68 mettano in luce la comune radice segnica del pensiero e del reale, chiarendo come il processo conoscitivo e la realt stessa sono implicati in un continuo rimando significativo, che in the long run determiner e distinguer ci che reale da ci che non lo . Questo il risultato pi interessante e fruttifero per la futura teoria pragmatista, dal momento che costringe ad abbandonare definitivamente la nozione di sostanza concepita come tuttuno con la sua fenomenica apparizione: la sostanza non si esaurisce totalmente nel suo fenomenico apparire, ovverosia nella rappresentazione di un pensiero-segno come suo interpretante, perch ci da un lato equivale ad arrestarsi all essenza qualitativa della tradizione scolastica, dallaltro a reintrodurre una concezione di fatto che non si ancora liberata da ogni residuo di nominalismo . La sostanza non risiede unicamente nel suo apparire fenomenico, essa altres la regola delle sue apparizioni, legge dellapparire. Ed proprio tale legge ad incarnare lessenza di ogni cosa prendendo corpo

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nelle pratiche, negli abiti. Sini dice che esattamente questo slittamento a consentire a Peirce il passaggio dal fenomenismo alla fenomenologia, dai fenomeni alla dialettica, alleidos. Essenziale , in ogni caso, il risultato a cui conduce questa rielaborazione della teoria del significato: in essa trova origine la teoria del pragmatismo. Questo passaggio dallessenza come qualit o propriet allessenza come legge compare per la prima volta in tutta chiarezza nella lunga recensione, composta da Peirce nel 1871, alla edizione Fraser delle opere di Berkeley , recensione che fu oggetto di una risposta e di successive discussioni da parte di Chauncey Wright per quanto riguarda la questione del nominalismo e realismo della conoscenza. Gi nei saggi del 68 Peirce espone chiaramente il proprio rifiuto al nominalismo, sia sul piano gnoseologico che su quello logico-ontologico. Il motivo evidente: leliminazione del concetto di intuizione, la riduzione di tutta la realt a segno e la particolare concezione di reale che ne deriva, come processo, long run, dipendente dal pensiero in generale appartenente alla fine alla somma totale delle inferenze, fanno s che la realt stia negli universali (generals). Solo luniversale mediazione conoscibile, luniversale che si determina come segno, come significato, mentre lindividuale in quanto tale risulta un punto limite, ideale e irreale. Naturalmente il nominalista si ribeller a questo realismo scolastico e lo taccer di pura finzione metafisica; ma, di fatto, il realista non conosce realt di tipo pi nascosto e misterioso di ci che rappresentato in una vera rappresentazione (C.P.5.312). Al contrario, il nominalista necessita di porre, sotto ogni possibile determinazione, lindividuale puro e semplice, lhic et nunc, che altro non se non la cosa in s al di l di ogni possibile pensabile. E il nominalismo, dunque, a risultare in ultima analisi niente pi che una mera finzione metafisica. []il realismo moderato del quale Peirce si fa assertore deve necessariamente abbandonare il concetto dogmatico di realitas che permane al fondo del pensiero scolastico, residuo dogmatico che peraltro infirma anche il concetto kantiano di cosa in s. E questo residuo di mentalit dogmatica che ha consentito il riaffiorare, di tempo in tempo, della tesi nominalistica che considera gli universali mere astrazioni mentali e veramente reale solo lindividuo sic et impliciter. La sostanza, si detto, oltre al suo apparire la legge delle sue apparizioni e tale legge si incarna negli abiti e nei comportamenti. Lessenza di ogni cosa il concetto, il segno finale della ricerca, il significato che, come si detto, vive tra i fatti e non nei fatti; va dunque ricercata negli abiti, nelle inferenze e nelle interpretazioni che si fanno leggi nel continuo rimando segnico. Occorre volgersi dal concetto di qualit o propriet a quello di legge, poich la qualit di un fatto solo potenzialmente un segno, ed un significato esclusivamente per un interpretante futuro. Ma seguiamo questo passaggio della suddetta recensione di Peirce del 1871: In altre parole, non forse vero che lesistenza presente di un potere qualsiasi al mondo non nientaltro se non una regolarit riscontrabile negli eventi futuri in relazione a una certa cosa, regolarit considerata come un elemento che deve essere preso in considerazione anticipatamente nel concetto di quella cosa? Se cos, asserire che vi sono cose eterne che possono essere conosciute soltanto in quanto esercitano un potere sulla nostra sensibilit, non diverso dallasserire che vi un generale impulso nella storia del pensiero umano che lo condurr a un generale accordo, a un consenso universale. E qualsiasi verit pi perfetta di questa predestinata conclusione, qualsiasi realt pi assoluta di ci che si pensa in essa, una finzione della metafisica. [C.P. 8.12] Il terreno per la formulazione della teoria pragmatica del significato gi stato ampliamente preparato: un oggetto reale altro non se non la regolarit della sua esperienza fenomenica, la legge delle sue manifestazioni incarnate negli abiti, che alla lunga, nellopinione finale, si liberer di ogni unilateralit derivante dalle molteplici idiosincrasie (i fatti) conducendo lopinione umana a quella forma definita alla quale universalmente inclina, alla verit. Il realismo e il metodo scientifico Con la pubblicazione di sei articoli sul Popular Science Monthly tra il 1877 ed il 1878 incomincia la storia edita del pragmatismo. Gi tra il 1871 e il 1873, nelle riunioni del Metaphysical Club, la massima pragmatica giunge ad una prima elaborazione non pubblicata. Il Club Metafisico contava, oltre allo stesso Peirce, artefice delle riunioni e delle principali riflessioni teoriche, lamico William James, che dopo alcuni anni offr al mondo la sua particolare visione del pragmatismo , levoluzionista Chauncey Wright, F.C.S. Schiller, Gorge H. Head, John Dewey e C.I.Lewis. I sei saggi pragmatisti sono nellordine: The Fixation of Belief, How to Make Our Ideas Clear, The Doctrine of Chances, The Probability of Induction, The Order of Nature e Deduction, Induction and Hypothesis.

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La massima pragmatica viene lucidamente esposta nel secondo saggio della serie e afferma: considerare quali effetti che possono concepibilmente avere portate pratiche, noi pensiamo che loggetto della nostra concezione abbia. Allora la concezione di questi effetti lintera nostra concezione delloggetto. La massima esprime nel complesso la modalit del ragionamento, il quale si stabilisce tra due fatti, due stati quasi fisiologici, che sono il dubbio e la credenza. E utile anticipare che luso che Peirce fa di questi termini del tutto generale, esso designa il porsi di qualsivoglia problema o questione. Il dubbio non quello fittizio di Cartesio, una finzione puramente intellettuale, ma ci che ognuno di noi prova come fastidio, come irrequietezza ed insoddisfazione, nei confronti di una credenza acquisita che inizia a vacillare. Lirritazione del dubbio d il via ad una lotta per passare da un tale stato di agitazione ad uno di calma e soddisfazione incarnato appunto dalla credenza. La lotta che occorre intraprendere per raggiungere il fine preposto si chiama in senso lato ricerca. La lotta incomincia con il dubbio e termina con la sua cessazione, di modo che lunico obbiettivo della ricerca si risolve nello stabilirsi di unopinione. E facile supporre, aggiunge Peirce, che non solo si alla ricerca di unopinione, ma che tale opinione dovrebbe essere anzitutto vera. Basta per mettere alla prova una tale supposizione per concludere immediatamente che una volta raggiunta una salda credenza essa risulter ai nostri occhi implicitamente vera, poich di essa noi siamo pienamente soddisfatti (sia essa vera o falsa). Dopo tutto, arrivare ad una credenza salda pensare che sia vera. Possiamo al massimo sostenere che andiamo in cerca di una credenza che crederemo vera. Ma sostenerlo una mera tautologia: infatti, di ognuna delle nostre credenze crediamo che sia vera. Assodato che lo stabilirsi di unopinione il solo oggetto e scopo della ricerca, Peirce esamina i principali modi in cui una credenza pu venir stabilita, per giungere a definire quello che ai suoi occhi risulta lunico valido, in grado di accrescere la conoscenza umana. Luomo da sempre contraddistinto da una tale sete di sicurezza da essere spesso incline ad accettare e far propria una credenza in base al conforto normativo che essa gli fornisce, piuttosto che al valore di verit in essa racchiuso. E cos spiegato il successo che nei secoli hanno incontrato tre metodi per fissare le credenze: il metodo della tenacia, il metodo dellautorit ed il metodo a priori. Lirritazione del dubbio riveste nel primo metodo una sorta di terrore, di modo che luomo si aggrappa allopinione ritenuta vera con una tale tenacia da indurlo a distogliersi con odio e disprezzo da quanto potrebbe disturbarla. Contro un tale metodo urta per limpulso sociale insito in ogni uomo, il non aver compreso che la verit pubblica e che gli uomini non possono fare a meno di influenzarsi reciprocamente nelle loro opinioni. Sicch il problema diventa come stabilire credenze, non nellindividuo soltanto, ma nella comunit. Tale problema pu venire risolto sostituendo alla volont privata dellindividuo quella dellautorit dello Stato. Sicuramente un tale cambiamento testimonia una crescita mentale e morale , ma comunque destinato al fallimento dal momento che nessuna istituzione in grado di regolare le opinioni di ogni individuo e su ogni argomento. In risposta a questa lacuna ci si avvalsi di un nuovo metodo che vuole essere in accordo con la ragione. Questa lespressione adatta, poich non significa ci che in accordo con lesperienza, ma con ci che siamo portati a credere. Cos che: Questo metodo assai pi intellettuale e rispettabile, dal punto di vista della ragione, degli altri che abbiamo considerato. Ma il suo fallimento anche pi manifesto. Esso fa della ricerca qualcosa di simile allo sviluppo del gusto; ma il gusto, sfortunatamente, sempre pi o meno questione di moda, e di conseguenza i metafisici non sono mai giunti ad un accordo stabile, ma il pendolo ha oscillato avanti e indietro tra una filosofia pi materialista e una pi spiritualistica, dai primi tempi fino a quelli pi recenti. [C.P. 5.383.] Se davvero il pendolo della filosofia ha da sempre oscillato tra materialismo e idealismo Peirce dove si pone in una tale alternarsi? Lasciamo la risposta alle parole dello stesso Peirce: Ci sono cose Reali, le cui caratteristiche sono interamente indipendenti dalle nostre opinioni; queste cose Reali agiscono sui nostri sensi secondo leggi regolari, e, sebbene le nost