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SCHEGGE PER UN NATALE HORROR 2014 di Autori Vari

SCHEGGE PER UN NATALE HORROR 2014 impreziosire l'antologia troverete la cover illustrata da Giuseppe Agnoletti e ... Gino Andrea Carosini L ... il supplente spronò le renne e si perse

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SCHEGGE PER UN NATALE HORROR 2014

di Autori Vari

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SCHEGGE PER UN NATALE HORROR 2014

A Natale siamo tutti più buoni!Sbagliato, possiamo essere anche molto (ma molto) cattivi. Basta leggere le schegge postate da lettori e amici (tanti, anzi tantissimi!) del portale LetteraturaHorror.it sulla pagina Facebook ufficiale (www.Facebook.com/LetteraturaHorror) per capire che ogni anno si parte da un assunto sbagliato quando si parla di questa festa.

Chi ha detto che la festività più paurosa e spaventosa dell'anno sia Halloween? Leggendo Schegge per un Natale Horror 2014, possiamo facilmente arrivare alla conclusione che anche Natale ha la sua buona dose di orrore, un orrore forse celato da luci, regali e abbuffate, ma che bene viene interpretato in queste pagine.

E allora pronti a leggere schegge natalizie di puro terrore? Schegge di angoscia e odio? Famiglie sterminate; Babbi Natale assassini o assassinati, vittime di bambini futuri psicopatici e serial killer; regali inaspettati e macabri; elfi demoniaci e... tanto altro?

A impreziosire l'antologia troverete la cover illustrata da Giuseppe Agnoletti e altri racconi. Partendo da “Merry Christmas Mr. Death” di Alexia Bianchini, “Re Porco” di Davide Tarò e alcuni tra i migliori racconti presentati per il contest letterario Un Natale da Horror 2012, stiamo parlando di:Cattive compagnie di Enrica AragonaL'undicesima strada di Walter PerelloA Casa per le feste di Michele ProtopapasIl regalo di Natale del piccolo Jimmy di Marco Orlando

Il perché dell'inserimento di questi racconti è dato dal fatto che a questo concorso siamo molto legati, in quanto è stato il primo della nostra storia e ha segnato la nascita del portale LetteraturaHorror.it, sono passati ormai 2 anni da quei giorni e siamo cresciuti tanto. Grazie soprattutto a tutti voi... Lo so stiamo diventando troppo buoni e, allora, bando alle ciance. Non ci rimane che augurarvi un Buon Natale...Horror si intende!

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Quando Jack si vestì da Santa ClausGino Andrea Carosini

L’Overlook Hotel era gigantesco. Ci si sarebbe potuti perdere. Danny utilizzava spesso le briciole come novello Pollicino, sua madre tendeva a non uscire spesso dalla sua camera se non per riavviare la caldaia. Jack continuava a scrivere, a scrivere a scrivere. Poi si accorse che era il 24 dicembre. Doveva preparare il dono per i suoi cari. Prese l’accetta. Si vestì con quello strambo vestito rosso e salì di sopra. “Questa volta non mi freghi Danny…”.Guardò la foto….il tempo scorreva scorreva senza fine..

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Dolce innocenzaRoberta Canu

I bambini iniziarono ad intonare i primi canti natalizi danzando allegramente attorno al fuoco. Il chiarore della luna illuminava i loro volti, rendendoli simili a dei piccoli fantasmi. Il più grande, Omar, sorrise maliziosamente, volgendo lo sguardo verso Elizabeth, la più piccola del gruppo.-E ora- disse, guardandosi i piedi e trascinando con sé una falce, -festeggeremo il Natale a modo nostro, come ogni anno-Si avvicinò alla piccina dai teneri occhi azzurri, le diede un bacio sulla guancia e le fece schizzar via la testa, senza farle nemmeno gli auguri.Si voltò, sorrise agli amici e divorò un'enorme fetta di pandoro, sporca di sangue innocente.

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NativitàSamuele Fabbrizzi

Sonia ciondola verso l'albero di natale. Marco e i bambini dormono ancora. C'è un fetore nauseabondo che inquina il salotto e il ronzio dei mosconi pare indicarne la provenienza. Un pacchettino. Carta dorata, coccarda rossa, sembra un dono come tanti. Sonia si avvicina all'oggetto, lo prende in mano. E' leggero e molliccio e... Cristo, quanto puzza!Ignora il biglietto e comincia a scartarlo, finché una coltellata d'angoscia non le trafigge lo stomaco. Dall'involucro scivola via il corpicino avvizzito d'un feto. I lineamenti abbozzati, il colorito grigiastro, i capillari in rilievo. Sonia soffoca un conato, trema, con gli occhi che si spostano sul biglietto. «Questo è il piccolo che tuo marito m'ha costretta ad abortire.»Marco... come ha potuto? Si china sul feto, lo raccoglie e comincia a leccarlo, nonostante il sangue secco. Lo addenta, deglutisce. Nessun bambino dovrebbe abbandonare la pancia della madre prima del tempo.Sembra pollo ma lo è. E a Sonia manca tanto la gravidanza...

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Il SupplenteSalvatore Di Sante

- E non mi stressare, goblin! - biascicò barcollando verso la slitta.- Non puoi rovinare il Natale! - lo rimproverò l’elfo.- Per una volta che il vecchio fa un giorno di ferie non finirà il mondo, no?! - rispose gettando nella neve la bottiglia di Jack Daniel’s. - Rupert qui ha il pilota automatico, vero? Volo alto, non mi vede nessuno... e butto i regali nei camini, non ho voglia di scendere.- Sei matto! - trasalì a un tratto l’elfo che intanto stava ricontrollando la lista - Hai visto il regalo n. 666? Non l’avrai caricato?!- Yeaaah! - il supplente spronò le renne e si perse in un baleno nella notte.

Luca scartò il pacco nella casa immersa nel silenzio. Raggiante disegnò sotto l’albero la strana stella a cinque punte e dispose le candele come aveva visto su internet. Si punse il dito e recitò l’incomprensibile formula. Poi col viso da rettile e gli occhi fiammeggianti salì le scale diretto alla camera dei genitori, digrignando una selva di zanne sottili e affilate.

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PaesaggioFederica DarkMoon

Aveva appena terminato la sua tela: foresta innevata, paese in lontananza illuminato per Natale, un omino sullo sfondo che andava a prelevare un abete. A sua moglie piacque, ma disse che l’omino la disturbava. A nessun altro faceva lo stesso effetto, per cui venne ignorata.Rientrando, un dì, la donna trovò la casa a soqquadro, devastata. Scie di sangue conducevano al laboratorio del marito. Tra pennelli spezzati e tele squarciate, lui era lì. A pezzi: carne e muscoli sparpagliati su un tappeto di sangue. Testa mozzata, occhi sbarrati, odore nauseante di macelleria. Ogni cosa era distrutta. Eccetto l’opera natalizia. Accostandosi, la donna perse un battito accorgendosi che l’omino mancava.Terrorizzata e inorridita, girò i tacchi per fuggire. Un’ombra nera le si parò dinanzi; lei non ebbe il tempo di rendersi conto di cosa stava accadendo. E un’ascia le si piantò proprio in mezzo al cranio. Non poté vedere l’omino ricomparire sulla tela, in attesa di una nuova casa che li ospitasse…

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Il gusto della dannazioneSamuele Fabbrizzi

Chi l'avrebbe mai detto che anche all'Inferno si festeggia il Natale? Satana si avvicina all'abete carbonizzato. Testicoli, dita e denti ne decorano i rami scheletrici a mo' di palline. Intestini gocciolanti fungono da nastri. In sottofondo il coro delle anime dannate. Ai piedi dell'albero c'è un regalo. “Tanti auguri dai Piani Alti” dice il biglietto. E' un panettone speciale, con crosta di carbone e gocce d'adipe a ricoprirne la superficie, e bulbi oculari al posto dei canditi. Satana scimmiotta un inquietante «Oh oh oh» strofinandosi i palmi. Sulla faccia gli compare una foresta di denti acuminati. Le orecchie sfarfallano sotto al cappellino da Babbo Natale con l'orlo in pelle umana. Il primo morso provoca strilli, sangue e lamenti, con gli occhi che si svuotano, schizzano liquido ceruleo e si trasformano in poltiglia. «Bontà divina» gorgoglia soddisfatto. Niente è più dolce del dolore dei reietti. Sì, sarà un Natale dannatamente gustoso. Come sempre, del resto... Grazie a Dio.

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Anime perduteGianandrea Parisi

Carezzai il volto sulla foto con due dita leggere, fermandomi solo per un attimo.Elèna...Questa notte, la notte di Natale del 2014, avrebbe compiuto 9 anni. E sarebbero stati 2 anni dalla sua morte. Spostai lo sguardo sullo specchio di fronte, il mio riflesso, vestito da Babbo Natale.“Questo è per te, amor mio. Finalmente l'ho trovato, il regalo del tuo papà...”.Con l'altra mano valutai il peso di alcuni degli strumenti: forbici, un seghetto, pinze, un piccolo trapano per i denti, un manganello elettrico, tutti poggiati su un tavolino di metallo. Lo spinsi lungo il pavimento dello squallido stanzone, fino al lettino, dove l'uomo, con lo sguardo terrorizzato, sembrava implorarmi, come volesse urlare: “Non c'entro, non è colpa mia! Sono solo malato, ho bisogno di farmi curare...”.Ma non un suono uscì dalle sue labbra. Gli avevo già tagliato la lingua. Afferrai delicatamente il bisturi e pensai: “Sarà lungo... e doloroso. Buon Natale, amor mio”. Poi iniziai, affondandolo nella coscia.

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E il Re arrivòFrank Gatti

“Tu scendi dalle stelle o Re del cielo”.Arrivò dalle stelle, nella notte del Sol Invictus e annunciò che la Vergine avrebbe partorito il Sole.“e vieni in una grotta al freddo e al gelo”.La luce balenò a raggelare la luna e la spezzò per porvi l'empio nido. “O bambino mio divino io ti vedo qui a tremar”.Scosse la terra, violandola, e frantumò roccia, asciugò mari, vetrificò deserti e uccise città.“o dio beato quanto ti costò l'avermi amato”!Denudò le anime, estirpò l'amore e rese sterili i sogni. E lacerò, mutilò, morse, alimentandosi del fremito della paura nella morte. “A te, che sei del mondo il creatore, mancano panni e fuoco, o mio signore”!Li riportò in vita, come Lazzaro quattro giorni dopo, e ne coprì la nudità mascherandoli da insani Babbo Natale.“Caro eletto pargoletto, quanto questa povertà più m'innamora, giacché ti fece amor, povero ancora”!Sono sopravvissuto, vero, ma come un balocco fuggo un Natale eterno, seguito da bocche che incessanti ripetono questa litania.

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Adesso è NatalePope Blinko

«Come ti pare?»«Mmm … sinceramente? Tra le tagliatelle qualche lombrico spunta qua e là ma il ragù è un tantino violaceo.»«Assaggia questo ora.»«La carne in crosta di larve è accettabile, la farcitura è appena appena muffa, ma cos’è tutto quest’altro verde? Spinaci, fagiolini? Puah!»«Passiamo al dolce … panettone.»«Ok per le cimici, ma i canditi conservano un retrogusto di agrumi abbastanza fastidioso.»«A me questo piace un sacco, provalo.»«Mandorle rancide al punto giusto, ma caramello troppo dolciastro … e quelli là?»«Hanno l’uvetta, tieni.»«I pochi vermi riesco ad apprezzarli … peccato per l’impasto, troppo burro.»«Mi spiace, mi pareva tutto pronto per il pranzo di Natale, invece …»«Avrei voglia di mangiare altro, qualcosa di diverso … non hai più niente da offrirmi?»«Ahimè, tutto quello che mi rimane è qui in tavola.»«Pazienza, sarà forse per il prossimo anno … Scusa, posso farti una domanda personale?»«Certo, dimmi pure, caro.»«Ma tu da quanti giorni sei morto?»

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Silent NightMiriam Palombi

La luce intermittente deformò la sua esile ombra. Il suo viso era pallido."Non voglio stare qui..." serrò i pugni nervosi.Il pensiero di cosa gli avrebbero fatto si trasformò in un buco in mezzo allo stomaco. Afferrò il tagliacarte, la lama brillò nel buio.Salì le scale e aprì la porta. Avvicinò la lama al collo scarno della donna, reggendola con entrambe le mani. Spinse in profondità. Un fremito, come una piccola scossa elettrica, un gorgoglio e poi un fiume scuro tinse le lenzuola.Poi lo vide, immobile, terrorizzato. Gli occhi roteavano nel buio, increduli."Mamma..." disse il bimbo nel letto, con un filo di voce, poco prima che la sua gola fosse tagliata. Era stanco, ma forzò finché non sentì i tessuti lacerarsi fino all' osso.Nessuno lo avrebbe toccato. Nessuno gli avrebbe fatto del male.Scese le scale, aprì la scatola, si rimise nella stessa identica posizione in cui la donna lo aveva visto nella vetrina del negozio, ore prima.Era la notte di Natale.Nessuno avrebbe giocato con lui.

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Spirito NatalizioSimona Capone

Le mani rugose del nonno dipingevano strane ombre sulle pareti,mentre raccontava quel che da giovane gli era accaduto. <<Ebbene, era una giornata come questa bambini e per di più, era Natale. Nella mia città, tutto era addobbato a festa. Vi erano luci,alberi natalizi e ghirlande e mentre noi piccini eravamo tutti contenti che arrivasse quella festività, un vecchio vicino che pareva odiare il Natale più d'ogni altra cosa, per quel giorno ci fece un'orribile sorpresa. Quel dì, tutti rimasero inorriditi dal macabro spettacolo che offriva la sua casa. Luci e colori si alternavano a bluastre e sanguinolenti carni morte. Pupazzi di neve dai ghigni vampireschi sin troppo realistici, sostenevano accette anziché bastoncini di zucchero, mentre teste mozzate di cadaveri, sostituivano le solite palline natalizie. Ma non scorderò mai, la grande paura che provai quando vidi il vicino uscire dalla casa, travestito da Babbo Natale e con una motosega cacciarci tutti fuori dalla sua proprietà.>>

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Lo Spaventa-ClausDanilo Castellano

Ronnie odiava il Natale, odiava Santa Claus e ancor di più odiava sua moglie Patty. La sera della Vigilia, rientrato a casa stremato dal lavoro nei campi, fu attirato verso il salotto da strane luci intermittenti. Un fottuto abete si stagliava in mezzo alla stanza addobbato di tutto punto. Furioso, chiamò sua moglie, e quella cagna si palesò con uno stupido sorriso stampato in faccia e un tacchino ripieno fumante tra le mani inguantate. «Allora, che ne pensi?» fece lei.«Chi ti ha autorizzato a piazzare questa merda in casa mia? È così che passi il tempo mentre io mi spezzo la schiena?»«Andiamo, non essere polemico. Era per passare un Natale diverso.»«Vuoi il Natale alternativo? Bene, te lo do io!»Ronnie pensò allo spaventapasseri che aveva nei campi ed ebbe un’idea niente male. Prese la sua carabina e impallinò la vecchia troia facendola volare contro l’abete. Poi la crocifisse su un palo ricoprendola di addobbi. «Ecco fatto. Così tu e Santa starete fuori dai coglioni per un bel po’.»

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Videocronaca del dramma di NataleFrancesca Eva De Santis

“Siamo in onda? Buonasera, anche quest’anno si sta consumando il Dramma di Natale. La slitta guidata da Babbo Natale continua a mietere centinaia di vittime. Migliaia in strada per spalare la neve, sperando di metter fine a queste infinite traversate diaboliche. Ma lo sforzo della comunità è inutile. La neve cade copiosamente da ore e non sembra volersi arrestare. Sessantadue i bambini morti fin’ora, dodici non avevano neanche sei anni. La nostra città sembra dimenticata dal mondo. Nessun aiuto neanche questo Dicembre. ThreeVille, ormai bersaglio prediletto, è la stanza dei giochi di Babbo Natale che dopo mille anni ancora non ha perdonato l’umanità per non avergli mai fatto neanche un regalo. Col ghigno che ormai abbiamo imparato a riconoscere, solca le strade falciando chiunque capiti, nascondendosi poi in cielo con le sue renne dannate. Un incubo che va avanti da tanto tempo e che sembra non trovare fine. Dalla 74°strada anche quest’anno è tutto, che Babbo Natale abbia pietà della vostr…”.

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La persistenza delle festeMichele Protopapas

Natale è sempre Natale, ma per me è sempre Natale. Nella mia testa tutto è fermo a quel giorno di dicembre: anche in piena estate le vetrine sono addobbate a festa e sulle spiagge vedo babbi Natale in bermuda che prendono il sole accanto a bambini che fanno il bagno indossando spessi maglioni di lana. So che tutto ciò non può essere reale e cerco di non farci caso. Poi però accade sempre: arrivano le feste e tutto si confonde. Quel mese di tangenza tra realtà e immaginazione è il materializzarsi dei miei incubi; rivedo il messaggio nel suo telefonino, lei che mi confessa il suo tradimento, il coltello che lacera le sue carni e il sangue che imbratta la casa da lei addobbata per le feste. E poi c’è sempre in giro qualcuna che le somiglia e io rivedo lei e il suo sorriso beffardo; ribolle in me l’ira e perdo il controllo. Infine le ritrovo a terra coperte di sangue. Mi spiace per loro, per i loro cari, ma almeno per essi il dolore si placherà, mentre per me le “feste” non passeranno mai.

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La sorpresaAndrea Berneskij

Mercatini, corse agli ultimi regali, traffico intasato... troppa gente, troppo chiasso. In questi giorni preferisco chiudermi nel mio appartamento.Alla Tv stasera danno “Una poltrona per due”. L’ho visto tante volte ma lo riguardo volentieri, mentre sorseggio un bicchiere di rosso della mia riserva. Un Dan Aykroyd vestito da Babbo Natale sta addentando del salmone crudo, quando sento suonare alla porta.Vado ad aprire in vestaglia. “Dobbiamo leggere il contatore” dice un giovane in divisa blu. Dietro di lui, il corridoio del condominio è silenzioso e deserto. Sono tutti fuori a festeggiare.Non faccio in tempo ad aprirgli che un suo complice entra di prepotenza e mi punta una pistola alla tempia. “Mani in alto, vecchio! Ti conviene fare il bravo e dirci subito dove tieni i soldi della pensione!”Questi due cretini non lo sanno, ma mi stanno facendo un bellissimo regalo. Non mi aspettavo un’occasione del genere. Sapete, noi vampiri non usciamo volentieri di casa la vigilia di Natale.

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Natale 3.0Michele Protopapas

24 Dic 3026Finalmente è giunto il giorno che tutti aspettavamo: è la vigilia di Natale e tutti siamo in fila per ricevere il nostro dono somministrato dallo stato. I governi hanno sempre evitato di affrontare il problema della sovrappopolazione, sinché il cibo non divenne un problema. Tentarono di riparare al danno imponendo il veganismo di stato, ma ciò peggiorò solo le cose: non solo gli animali non più allevati si estinsero presto, ma, con le generazioni, la mancanza delle proteine animali iniziò a corrodere il DNA umano e in poco tempo ci saremmo estinti.Fu quindi stabilito il Natale 2.0, giorno nel quale si doveva “rinascere” con la somministrazione endovenosa di proteine provenienti dagli animali domestici; furono scelti i gatti, estinti i quali si passò ai cani: Natale 2.1. Ora che pure essi sono estinti non restano che i nostri morti da riciclare, fu così che venne istituito il Natale 3.0. È quasi il mio turno, in fondo vedo già l’enorme ago risplendere come una stella cometa.

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Schegge di NataleVitò Pirrò

Ti lasci andare all'abbraccio della poltrona, coccolato dal fuoco. Avverti una presenza. Il fiato si addensa. Le luci degli addobbi si spengono, i colori dei festoni svaniscono. La stanza si riveste di una patina lucida come colla di pesce e le fiamme del camino si colorano d'azzurro. Il ghiaccio avanza, cristallizza il tappeto, i piedi, invade il corpo. Il cuore. I battiti deboli di un cane morente. Un mostro deforme ti appare davanti, borsa di cuoio a tracolla, rivestito di pelo sozzo come se si fosse tuffato in una latrina.Ti conficca le unghie lunghe e giallastre in un occhio, lo strappa, lo butta a terra e lo schiaccia sotto un piede. Le urla intrappolate nella mente. Le corde vocali congelate. Dal bulbo spappolato raccoglie un pezzo di vetro. «Bene, ultima scheggia recuperata», dice. Dalla sacca prende uno specchio rotto, posiziona il frammento e la lastra torna integra.«Adesso la mia cena di Natale», sibila, ti spezza un dito del piede e lo sgranocchia come un ghiacciolo.

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Le tradizioni sono dure a morireVittorio Sossi

Le luci si spensero. Se il cervello marcio del piccolo Mattia avesse funzionato, avrebbe capito di aspettare il momento con trepidazione. Con l'occhio azzurro lattiginoso guardò i genitori entrare nella sala. Portavano a fatica il bambinello, sorreggendolo ognuno con l'unico braccio putrefatto e avanzando a passi strascicati, fra grugniti e mugolii frustrati. Il bambinello cercava di sfuggire alla presa. Il nano di un circo che avevano catturato la sera prima insieme ad una coppia di acrobati; sfiniti per fame e sonno, altrimenti non sarebbero riusciti a sorprenderli. Come ogni Natale, non li avevano mangiati subito, ma portati a casa, legati alla meglio e vestiti con sai pulciosi, per sistemarli ai lati della mangiatoia. La famiglia si dispose ammirata ad osservare il misero presepe vivente, ricambiata da sguardi di puro orrore. Mamma sorrise con la mezza mascella. Iniziarono a mangiarli non capendo il perché di quella annuale pantomima. Ma, si sa, le tradizioni sono dure a morire.

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Fontana di sangueElisabetta Golzio

Suicidio, avevano detto.L’avevo spinta io giù da quel parapetto, io che non sopportavo più le sue lacrime a seguito dei miei tradimenti.Quel volo mi aveva reso la vita che volevo senza il peso della sua infelicità sulle mie spalle.Era meglio così mi dicevo. Meglio per tutti.E mentre in mezzo ai miei parenti terminavo la preparazione del presepe, notai del rosso sulle mie mani: dalla fontana della piccola piazza sgorgava un liquido vermiglio e vischioso.Sgomento, passai in rassegna la riproduzione della natività in cerca della statuina “colpevole”, trovandomi infine faccia a faccia con l’angelo in cima alla capanna.Piangeva.L’angelo, il viso stravolto dal dolore, stava piangendo.Trattenni un grido in gola a quella visione, con la mano mi scostai indietreggiando facendo così traballare il mio operato.L’angelo cadde dalla stalla, davanti alla Sacra Famiglia.Si schiantò come lei.Suicidio, dissero, quando trovarono il mio corpo sull’asfalto.Questa volta avevano ragione.

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Un regalo dall'InfernoGiulia Vettori

Le lucine intermittenti dell'albero di Natale si accendevano e si spegnevano ritmicamente, grossi tronchi di legna ardevano allegramente nel camino. "Oh, grazie mille mammina!", esclamò Rosie saltellando su e giù per la stanza. Finalmente la bambola che per mesi era stata la protagonista dei suoi sogni era sua. Com'era bella! E quegli occhi! Così vivi.. Le sembrava che, mentre la toccava con quel misto di incredulità e gioia con cui si tocca un oggetto raro, un calore quasi umano si sprigionasse dalla morbida gomma, e i capelli, soffici come la seta, le facevano il solletico non appena se li accostava al visino paffuto. "Mammina, questo è davvero il più bel regalo che potessi ricevere!", gridò Rosie abbracciando la madre con impeto. "Cosa c'è mammina, Isabella forse non ti piace?", le chiese Rosie con un tono di voce strano. "Perché, vedi, nemmeno a lei piaci molto..". Le forbici. Un lampo. Il sangue. "Ecco, ho fatto ciò che mi hai chiesto, bambolina. Adesso possiamo andare a giocare?"

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Marchio RegistratoFrank Gatti

Sono davanti al PC, sudato e teso perché non mi esce nessuna buona idea da questo cervello pieno di merda quotidiana tipo l'affitto, le bollette, la benza, il lavoro, il mangiare, la figa, i soldi. Stò cercando di scrivere una cazzo di scheggia di racconto horror di, solo, mille battute (con gli spazi) che ha come soggetto una festa che detesto, per la svolta commerciale che ha preso, che è il Natale, e penso: “questi di Letteratura Horror sono fuori! La fanno facile loro. Mille battute! Che cazzo racconti in mille battute? Che uno a Natale si sveglia male e che presa la berta fa una strage perché incazzato con il mondo? Già, e poi perché proprio sul Natale? Poteva mica essere, che ne so, Pasqua? Ma che merda di festa è il Na”... La porta del mio appartamentino salta in aria, improvvisamente. La stanza si satura di fumo e una marea di piccoli elfi in tuta antisommossa mi saltano addosso e mi menano di brutto e dicono:«Natale non si può toccare; il Marchio è Registrato».

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Aspettando Babbo NataleAmelia Baldaro

Ancora pochi minuti a mezzanotte. Il bimbo fremeva sotto le coperte, occhi sbarrati nel buio e orecchie attente a percepire il minimo suono. Aveva messo il piattino con i biscottini e il bicchiere di latte, sicuro che Babbo Natale sarebbe stato felice di prendersi una pausa nel suo frenetico vagare in quella notte . Lui avrebbe sentito il tonfo ovattato del sacco colmo di regali che veniva appoggiato a terra. Tirò fuori tutto il volto dalla coperta, temendo di essere ostacolato nell’udire i suoni che si aspettava. Nel silenzio magico di quella notte trepida, infine sentì. Un fruscio leggero quasi impercettibile, il tonfo ovattato che si aspettava., il tintinnio del bicchiere. Quasi gli sembrò di percepire anche il latte che veniva ingoiato. Si sedette sul letto tirando via con un calcio la calda coperta . Ora non gli restava che aspettare che il veleno facesse effetto e poi avrebbe avuto il sacco di regali tutto per sé.

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Babbo Natale in UmidoDario Arzilli

Cucinare bene un Babbo Natale è arte di pochi.Primo passo necessario è procurarsene uno. Ce ne sono di due tipi: gli originali, reperibili nelle fredde lande del nord, e quelli da allevamento, recuperabili nel periodo natalizio presso centri commerciali e vie cittadine. Se siete fortunati potrebbero pure suonarvi casa.Secondo passo è la laboriosa preparazione seguente.Il Babbo Natale va attentamente sbarbato e depilato in ogni parte del suo corpo. Non va scuoiato, ma va comunque eviscerato.Lavate bene la carne, tagliatela a tocchetti, mettetela in un tegame e fate in modo che tutto il siero fuoriesca dalla carne. Scolate il siero ed aggiungete aglio, ramerino, alloro, peperoncino e una mela sbucciata. Fate soffriggere il tutto in olio di oliva e aggiustate di sale. Quando la carne è rosolata, sfumate con del buon vino rosso e fatelo evaporare. Aggiungete il pomodoro e lasciate cuocere il tutto fino a che la carne risulti tenera (circa 3 ore). Salare q.b. a cottura ultimata.Bon appétit!

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LuciFrank Gatti

Luminose forme senza consistenza reale calano dalle nuvole nella mattina del 24 Dicembre. Occupando gli edifici più alti di ogni città nel mondo, si fermano lassù, immobili e baluginanti, brillanti e fastidiose agli occhi, come piccoli soli. Se ne vanno la sera del 26 Dicembre in uno spettacolare gioco pirotecnico, come se niente fosse.15 giorni dopo, in tutto il mondo, le vergini iniziano ad avere nausee mattutine.3 mesi dopo, in tutto il mondo, le vergini portano in grembo una vita.7 mesi dopo, in tutto il mondo, le vergini accusano i sintomi di seri malesseri in una strana luminescenza “interna”.9 mesi dopo, in tutto il mondo, i gonfi ventri delle madri vergini vengono lacerati in un empia genesi di luce e visceri e sangue. 9 mesi e 1 giorno dopo, la terra viene occupata da brillanti luci che bruciano e seviziano e distruggono.Gli angeli sono arrivati al canto della Gloria Divina, dall'alto dei cieli, dando pace in terra agli uomini, che malgrado lo ripudiarono, egli amò.

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Il biscotto di Pan di ZenzeroMorgane Le Faye

“We wish you a Merry Christmas…” canta l’omino di pan di zenzero mentre addobba il suo albero di natale.Lo addobba con cura, deve venire bene, lui adora il natale. Va di là in cerca della prossima pallina ed eccoli lì, gli invitati alla cena, immobilizzati, con lo sguardo terrorizzato e la bocca sigillata. Uno di loro ha già fornito una bella pallina, nera con le luci verdi smeraldo, perfetto per il suo albero color rosso sangue, ma ne servono altre, altri colori perfetti per il suo albero. Si avvicina alla Sig.ra Prescott, la studia, le si avvicina, le tocca la chioma troppo rossa. Con i suoi occhi neri e quel rosso non si intona al suo albero.Guarda ancora. Nella “mano” il coltello da pane della Sig.ra sporco di sangue. Gli piace, fa un bel suono mentre libera la pallina.Eccola la sua prossima pallina.E’ gialla, con due luci azzurre, col coltello la libera e lui va all’albero soddisfatto. Farà ancora tanti viaggi il biscotto, tante volte taglierà, ma alla fine l’albero sarà pronto.

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A Natale siamo tutti più buoni... da mangiareSalvatore Di Sante

Ogni volta che gli spicci tintinnavano nel berretto il vecchio biascicava un grazie, alzando il mento per esibire l’occhio gelatinoso e azzurrognolo. Con lui aveva un meticcio pulcioso acciambellato vicino a un cartone con scritto: HO FAME.Il pomeriggio divenne sera, le insegne una ad una si spensero e la magia delle feste scemò nella notte.D’un tratto il cane alzò il muso, fiutando l’aria con le orecchie dritte. Un bambino era sbucato dalla penombra, avanzando lentamente fino a fermarsi di fronte al mendicante. Il cane iniziò a ringhiare. Il bimbo aveva le labbra viola, screpolate. Sul viso pallidissimo i capillari affioravano come sinistre ragnatele. Gettò un’occhiata al cartello.- Anch’io ho fame. Ho sempre fame. - La voce cavernosa si perse nel vicolo deserto, mentre l’ombra del bimbo si deformava sul muro. Il bastardino zoppicò via gemendo. Il vecchio spalancò la bocca sdentata in un ultimo, agghiacciante urlo.

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Il pranzo di NataleDario Arzilli

Come ogni anno la tradizione voleva che anche lui dovesse passare il pranzo con la sua famiglia. C’erano tutti, proprio tutti. Zii, cugini, nonni. Tutti insieme appassionatamente. I soliti sorrisi imparati a memoria da esibire nelle grandi occasioni, le solite chiacchiere per riempire gli imbarazzanti vuoti che separano persone che si vedono una volta l’anno, l’aperitivo di rito, le classiche domande inquisitorie.«Ma la fidanzata ancora non ce l’hai?»«E il lavoro? Come ti va il lavoro?»«Hai già deciso cosa farai a capodanno?»Ma il vero incubo era il pranzo. E la tradizione voleva che a turno gli ospiti portassero il cibo. Quest’anno era toccato proprio a lui.Prese coraggio e parlò, indicando il ragazzino obeso, che stava ancora piangendo:«Spero vada bene, è la mia prima volta…»Sua bisnonna, la capostipite, lo guardo con occhi affettuosi, e rispose:«Andrà benissimo, pare proprio saporito. Ma vediamo di sgozzarlo alla svelta, se continuerà con quel pianto renderà amare le sue carni.»

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LegnoAlessio Posar

«Anche l’albero di Natale?» chiese il figlio.«Anche l’albero di Natale» rispose il padre.I due buttarono tutti gli addobbi in un angolo. Non servivano più a nulla.Staccarono l’abete dal supporto. Il figlio usava un coltellino svizzero, suo padre un’accetta. Tagliarono tutti i rametti, pulirono e lisciarono il tronco. Fuori iniziava a fare buio. La stanza profumava di resina. Con l’accetta, il padre divise il tronco in segmenti, tutti uguali e lunghi quanto il suo avambraccio.«Posso fare le punte?» chiese il figlio.«Puoi aiutarmi».Il figlio si mise al lavoro. Il padre lo guardò e sorrise e trattenne le lacrime.Si sentì l’antifurto di una macchina, in lontananza.Il figlio lavorava velocemente, mordendosi il labbro. «Mi dispiace per la mamma» disse.Il figlio distolse lo sguardo dal pezzo di legno, guardò il padre, la lama scivolò e il figlio si tagliò lungo la mano.«Scusa» disse il figlio.Fuori dalla casa, la madre sentì l’odore del sangue e si avvicinò alla porta della casa

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Lo scambioGiulia Vettori

Gerald era nel suo lettino, al calduccio, la soffice coperta imbottita tirata fin sotto gli occhi. Stava bene lì, tranquillo e sereno, ad aspettare. Aspettare.. Sì, l'attesa era forse la parte migliore, la più eccitante, persino meglio del momento sublime in cui scartava i regali. Non dormiva, Gerald, ma sognava: sognava a occhi aperti trenini sbuffanti, soldatini sull'attenti, aeroplani, e poi ancora macchine da corsa, elicotteri, camioncini dei pompieri. "Chissà quest'anno cosa mi porterà Babbo Natale", pensava. "Di certo c'è un bellissimo regalo che mi aspetta sotto l'albero. Magari, quella macchinina che mi piace tanto, quella rossa..". Un rumore. Cos'era stato? Che fosse davvero arrivato Babbo? Gerald abbassò la coperta, lentamente. "Sei.. Sei Babbo Natale?". Non vide niente. Una voce gutturale, dal buio, disse: "Non sono Babbo Natale, lui quest'anno non verrà". "Ma allora tu chi sei?", chiese Gerald, tremante. "Mi chiamano l'Uomo Nero e adesso ti mostrerò il tuo regalo..".

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La cena di NataleMarina Paolucci

«Rodrigo sono tornata. Quando arrivano Lia e Mario?»«Sono nella camera degli ospiti. Lascia che si scaldino a puntino, sono ghiacciati. Ci raggiungeranno.»Ada non vuole cominciare la cena di Natale senza gli amici. Brontola. Rodrigo si fa sordo al suo lagnare. Le strizza l’occhiolino, si avvicina. Le porge tramezzini di paté al fegato d’oca e voul au vent con mousse di cervelletto di pollo.Ne segue una zuppiera con cappelletti in brodo e occhiolini di selvaggina, novità di questo Natale.Infine, serve un piatto unico di frattaglie in umido, spiedini di carne arrostita, fegatini e wurstel grigliati, una salsiccia bollita, patate cotte sulla brace.«Rodrigo, quei due?»«Le persone non finisci mai di conoscerle.»Ada concorda. Gustata ogni pietanza, ora attende il dolce. Rodrigo va in cucina. Torna con indosso il grembiule della festa: rosso sangue con disegni natalizi. Tiene in mano un coltello. «E il dolce?»«Sss… Buon Natale dolcezza.» Abbracciandola, affonda il coltello nell’amata schiena

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Il ripienoVito Pirrò

I parenti sono tutti intorno al tavolo, sguardi fissi sui piatti vuoti. Tranne uno, bagnato dalle lacrime di Zia Emma. Ripete il nome di Nino, si morde le labbra. Papà le accarezza la testa, prova a tranquillizzarla.«Lo troveranno.»Nascondo le mani sotto al tavolo e pizzico le gambe così forte da farmi lacrimare gli occhi, per sembrare dispiaciuto, e per non scoppiare in una fragorosa risata. Un Natale speciale, la fine del cocco di tutti.Mamma arriva dalla cucina con il tacchino fumante e lo piazza sul tavolo. Da qui posso vederne il ripieno: verdure, formaggio, uova, spezie. Carne macinata. Me lo ricordo passaggio per passaggio.Buon appetito, Zia. Anzi, ti faccio compagnia e ti aiuto a finire quello stronzo dagli occhi celesti.Prendo il piatto e lo allungo per riceverne una porzione. Mi blocco. Qualcosa si muove nel ripieno, sembra farsi strada come un verme nel fango. Ritiro la mano tremante. Sbuca un occhio, l'iride azzurra circondata dai capillari esplosi. Mi fissa, trasuda odio.

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FrozenGianandrea Parisi

“C'era una volta un vecchio avaro, legato solo al suo denaro, insensibile alla miserie umane e alla sofferenze del mondo. La notte della Vigilia, ricevette la visita di tre spiriti, quello del Natale passato, del Natale presente e del Natale futuro, i quali gli mostrarono quale calore vi era stato nel suo cuore, durante la propria gioventù, i sentimenti d'amore che ispirava quella festa in chi lo circondava ed infine a cosa avrebbe portato il gelido inverno della sua anima, nel tempo a venire, al punto che il suo stesso ricordo sarebbe stato cancellato. Al risveglio, l'uomo era cambiato: per strada, un mendicante gli si avvicinò, tendendo la mano piagata, chiedendo un'elemosina per le feste. Egli sorrise, e senza indugio, gli conficcò una mano nel cuore, ghiacciandogli anima e corpo, solidificando persino il suo respiro. Poi, carezzandogli il viso, il vecchio malvagio disse: “Il freddo conserva per l'eternità. Ed un Natale senza freddo, non è un vero Natale...”

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Come da tradizionePope Blinko

Non si sono ancora accorti di me?Cosa sanno gli uomini sulla mia specie?Mi immaginano sempre cianotico ed imbacuccato in una cassa da morto tarlata al buio?O forse dovrei spuntare improvvisamente dalla cavità di un tronco?Ragionano a testa in giù?Io mi trovavo proprio bene nel bosco, al riparo dalla neve tra questi rami d’abete così carezzevoli.Ogni tanto un po’ d’aria fresca ci vuole.Si appollaiavano talvolta accanto a me gufi e civette, tranquillamente, senza alcuna paura.Questi montanari invece urlavano e ridevano come dei pazzi… tutta questa messinscena per segare un albero inerte?E poi, si è mai visto un addobbo natalizio nero, peloso, con artigli ed un muso da ratto?Devono essere proprio ubriachi… guarda quel beone… si è già quasi scolato una bottiglia… il vino rosso gli cola dall’angolo della bocca, scivola sulla camicia, sempre più su, sino all’altezza dei miei occhi…Anche a me ora è venuta sete.Ma aspetterò come da tradizione la mezzanotte.

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Dov'è papàMarina Den Lille Havfrue

«Ragazzi vostro padre non festeggerà con noi il Natale.»«E vai! Muori bastardo!» urla Ivo, adolescente ribelle. Se la ghigna. «Dov’è papà?» chiede Savio, sei anni. Scoppia in lacrime.«Ne ho perso le tracce dopo l’ennesima litigata. Se lo prenda il mare. Dai, facciamo l’albero.»Savio è una statua di sale, immobile, sul divano. La mamma e il fratello montano l’albero, applicano le palle. Trafficano con le luci intermittenti e il corposo festone rosso.«Tieni, un capo a testa, avvolgiamolo attorno all’albero. Io dall’alto, tu dal basso.»All’improvviso, il festone si anima. Una anaconda rossastra stritola gli affetti, mortalmente, attorno all’abete. Le bocche serrate da palle conficcate in bocca.Savio guarda atterrito. Non reagisce. Si appisola sul divano. Sogna il padre che lo abbraccia.Poco dopo apre gli occhi. Il festone rosso lo cinge. Non stringe, profuma di buono. Sorride al torchon, da cui proviene un guizzo del colore degli occhi amati, e aggiunge «Ciao papà, Buon Natale.»

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Un attimoAlessio Posar

Sotto l’albero, il bambino trovò un altro pacchetto. L’involto era fatto con carta di giornale tutta ingiallita e ruvida e il bambino si sentì le dita piene di polvere mentre lo scartava. Era una scatola di cartone.A tavola, i grandi mangiavano panettone, bevevano spumante e giocavano a tombola. Un carillon suonava “Jingle Bells”. La nonna aveva le guance tutte rosse e rideva e anche il papà sembrava felice e accarezzava la mano alla mamma e lei non era più arrabbiata. Sotto al tavolo, il gatto si strusciava contro le gambe del nonno.Il bambino prese la scatola e se ne andò in salotto. Il gatto lo seguì, saltò sul divano e si acciambellò. Iniziò a fare le fusa.Nella scatola c’era una piccola videocamera. Il bambino l’accese e filmò il gatto, poi tornò in sala da pranzo.«Fate ciao!» disse, muovendo la videocamera in un arco per riprendere tutti. E mamma e papà, nonna e nonno si fermarono un attimo, poi salutarono verso l’obiettivo, sempre ridendo.In salotto, il gatto era morto.

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È Nato! AllelujaDaiana Boller

Tradizioni.Assurdo.Le chiamavano tradizioni, eppure erano tutte cose recentissime, frutto del consumismo e della furbizia di qualche pubblicitario. Oltretutto, molte erano importate. Ditemi voi se addobbare di luci un sempreverde può essere una “tradizione” a certe latitudini.Che nervosismo.Tutta quella stupidità, quell'ignoranza.E la supponenza di chi vuole importi quel maledetto “clima natalizio”.Clima natalizio un cavolo.Non sanno nemmeno cosa voglia dire, “Natale”.L'etimologia del termine va rispettata.Certo, non è sempre facile.Inscenare un parto proprio in quella notte diventava sempre più difficile.Maledetto calo della natalità.Quell'anno non era proprio riuscito a trovare una donna prossima al termine.Nessuna possibilità di indurre le doglie con qualche farmaco, con questa qui.“Beh,” si disse adagiandola priva di sensi nel suo presepe “farò uno strappo alla regola anch'io. Sarà un parto cesareo.”“Ma almeno il termine è latino” soggiunse ridacchiando mentre affondava la lama.

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Calendario dell'AvventoMatteo Tonezzer

Gloria ritirò il pacco e salutò il postino. Sbuffò: sempre quello stramboide fissato, praticamente uno stalker. Lettere d’amore, email, messaggi, murales di fronte casa… uno strazio! Un perdente totale: sciatto, melenso, timido, pieno di frasi estreme come “farei tutto per te, ti darei tutto me stesso”, pareva un personaggio di Moccia. Gettò il pacco in un angolo e uscì a divertirsi.Una settimana dopo stava rientrando all’alba e vide il pacchetto per terra. Non aveva più pensato al molestatore: quello sfigato finalmente aveva capito e aveva smesso di rompere. Non che le mancasse, ma ora era incuriosita dal regalo. Lo portò sul tavolo in cucina e lo scartò. Era un bel calendario dell’avvento fatto a mano in legno e tessuto. Aprì una finestrella aspettandosi dei cioccolatini, ma vi trovò un dito mozzato. Aprì in successione le altre pensando ad uno scherzo, ma trovò altre dita, denti, un orecchio, una lingua, un occhio e dietro il 25 dicembre un cuore ormai secco.

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Non si vede bene che col cuoreDaiana Boller

Si sentiva così sola durante le feste. Film e post sui social con gruppi e famiglie felici le facevano venire le lacrime agli occhi.Li avrebbe voluti vedere intorno a sé, quegli sguardi pieni d'amore e serenità.Si metteva davanti allo specchio, fissando il proprio volto come fosse quello di un'altra. Una sorella, un'amica, una compagnia qualunque. Riempì la casa di fotografie. Comprava cornici, scegliendo quelle con le foto più belle, soprattutto bambini. Paffuti, sorridenti, passava giorni interi a fissarli, immaginando di averli attorno, di vederli scartare regali sotto l'albero.Ne aveva comprato uno vero, bellissimo. Profumato, con i rami fitti fitti. Un peccato decorarlo con la solita paccottiglia. Ci sarebbero voluti... girò lo sguardo per la stanza, cercando ispirazione.Le foto dei bambini...I loro occhi ridenti e luminosi.Non c'era un asilo, nell'isolato a fianco?

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Vuoi vedere il mio Albero di Natale?Apollonia Lupinacci

Astrid sorrise, quando Malcom scrisse sul vetro appannato: “Vuoi vedere il mio albero di Natale?”“E perché non la solita collezione di farfalle?”, rispose lei divertita.Il giovane sussurrò: “Ti sto parlando seriamente.”La ragazza allora gli prese la mano e si fece condurre fiduciosa, attenta solo a non scivolare sui lastroni di ghiaccio, nascosti dal buio della sera.Malcom aprì la porta e lei notò subito che non c'era traccia di addobbi natalizi in tutto l'appartamento. Lui comprese e le disse: “Si trova nel seminterrato”.Scesero le scale e, appena si accesero le luci, Astrid rimase di sasso: “E questo che cosa significa?”.Le palline dell'Albero brillavano di una luce umida e sinistra. Il ragazzo s'avvicinò a lei e le strinse una corda tenace intorno al collo. Gli occhi si spalancarono in una smorfia di terrore. Poi più nulla.“Bene. Ora il mio Albero di Natale è completo: mi mancavano giusto gli occhi grigi.”, disse Malcom e strappò alla donna inerte i bulbi oculari dalle orbite...

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Dopo NataleFrank Gatti

Lo fanno sedere a forza al tavolo del suo cucinino e gli sparano una luce violenta negli occhi.Sono in sette: 3 ragazzi e 3 ragazze, sexy, in piedi dietro un uomo, bello, snello e possente, seduto al tavolo. Tutti indossano delle tute in latex: Verde per i ragazzi; Rossa per l'uomo. «Signor Malcom, lei è stato molto cattivo»,la voce è profonda e fredda mentre con calma gli passa un dossier aperto con delle foto che lo ritraggono vestito da babbo natale mentre adesca dei minori.«Cosa»?«Su, lo sa cosa intendo».«Non capisco»!«Conosce la leggenda di San Nicola? Sul fatto che salvò tre ragazzini da un oste orco o che aiutò tre ragazzine a non prostituirsi dando loro dei soldi?«Sono vere entrambe! Ma quello che la leggenda non dice è che i tre ragazzini e le tre ragazzine sono diventati i miei assistenti».«Ma, Natale è passato da un pezzo»!«Oh Malcom, è vero, e è vero anche che il Natale è solo per i bambini buoni.«Il resto dell'anno, invece, con calma, lo dedichiamo ai bambini cattivi».

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Devil ClausSamuele Fabbrizzi

Santa Claus scende le scale per andare a controllare il lavoro dei folletti in fabbrica. Fra meno di quarantotto ore sarà Natale. Nessun rumore. Una luce pallida filtra dalla porta socchiusa. Cristo, i folletti lo sanno che la neve rischia di rovinare gli ingranaggi!Santa Claus entra furibondo e... «Oddio!»I carrelli sono rovesciati, i giocattoli ridotti in brandelli e i folletti, o ciò che ne rimane, coprono il pavimento come soldati caduti in guerra. Alcuni di loro hanno il volto squarciato, altri sono stati decapitati. Le loro testoline si susseguono in fila indiana lungo la catena di montaggio. Sulla parete di fronte una frase scritta col sangue. “Devil Claus is coming to town.”Santa Claus lancia un urlo. Credeva di essersene liberato, di averlo fatto imprigionare per sempre in quel dannato ghiacciaio. Merda, i folletti glielo avevano assicurato. «Il surriscaldamento globale» balbetta, «stavolta ha sciolto la lastra sbagliata.»Sì, quella di Devil Claus. Il suo Doppelgänger.

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GingHell BellsVittorio Sossi

«Blocca tutto, Tino, è orribile!» urlò Diego a Tino, nascosto dietro di lui. Durante la messa di Natale, i due erano saliti sul campanile per manomettere l'impianto di riproduzione del suono delle campane.Quando, a messa conclusa, la gente festosa e vociante si era radunata sul piazzale per i saluti di rito, auguri, baci, abbracci, conditi da sorrisi di gesso stampati in faccia, Tino aveva fatto partire, al posto delle campane a festa, lugubri campane a morto. Fu allora che accadde. Le persone di sotto, si bloccarono. Orientarono insieme le teste verso l'alto, come a fiutare il suono, e iniziarono a tremare. I sussulti convulsi, lacerarono le carni, scoprendo fauci, zanne e artigli, mentre i visi si allungavano in musi ghignanti. Ringhiando e sbavando, iniziarono a sbranarsi l'un l'altro, sotto l'incessante battere delle campane a morto.«Fermale, ti ho detto!»Nessuna risposta. Diego avrebbe voluto voltarsi ma non ne ebbe il coraggio. Un crescente ringhio famelico glielo impedì.

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Macabro NatalePatrizia Benetti

Testa che ciondola.Occhi sbarrati e vitrei, muto terrore. Un doloroso ghigno sul tuo volto innaturale. Ho stretto con forza disumana quei fili neri attorno al tuo esile collo. E ora una macabra collana di luci colorate ti avvinghia in un abbraccio mortale.

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L'abito non fa il monacoAneres Alchemica

Il tetto è tutto bianco, completamente innevato. Solo il comignolo spunta, scuro come una mosca su una torta di panna. Molla il sacco pesante e poggia i grossi palmi sui mattoni anneriti. Guarda giù, nella gola scura, profonda e odorosa di fuliggine. Il naso arrossato gli cola. Si passa la manica ad asciugare la goccia. Quanti ricordi affiorano dal buio gozzo nel quale deve calarsi. A volte ancora sente, sul dorso della lingua, il dolce sapore delle piccole dita di zucchero di tutti quei bambini; la bocca si riempie di acquolina. E' così difficile resistere. Un gelido refolo d'aria solleva polvere di neve e sembra schiaffeggiare il viso barbuto. Orsù Babbo Natale, è tempo di scendere. Mentre si cala nell'oscuro condotto, pare quasi un ragno, grande e grosso. Rumoreggia lo stomaco, lo sguardo si fa ratto, denti lunghi e appuntiti scintillano nel buio. Che fame ha di carne. Striscia fuori, allunga una mano, molla il pacchetto e risale sul tetto. Com'è difficile essere un orco redento.

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La letterinaSimone Ilconte

Una volta mia nonna mi ha detto:Non è che Babbo Natale non esiste, è che sceglie lui i desideri da esaudire. Continua a scrivergli. Prima o poi toccherà anche a te.Mia nonna. Morta, anche lei, come papà.Non avevo più un "papà" da tre anni. Incidente stradale, con la moto.Per due anni ho schiacciato le lacrime dentro gli occhi come insetti.Quest'anno non ce l'ho fatta e gli ho scritto. Come aveva detto nonna.Caro Babbo Natale. Non mi interessano giocattoli, playstation o altro.Quello che vorrei è riavere il mio papà.E lui è tornato.Ha bussato alla porta a mezzanotte in punto del 24 Dicembre.Il corpo putrefatto da tre anni di sepoltura.Ha tentato di abbracciare me e la mamma ma pezzi di corpo cadevano di continuo sul tappeto. Non parlava.Ora è di là. Sul letto.L'abbiamo avvolto in molte coperte e riempito la stanza di deodorante per non far sentire la puzza.Ha gli occhi aperti ma non sembra capire quando mamma gli parla.Io ho paura.Ho di nuovo il mio papà ma mi fa paura.

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Vorrei che fosse festa tutto l'annoSamuele Fabbrizzi

Babbo Natale striscia fuori dal camino come un soldato in trincea.Il salotto degli Hammer lampeggia delle lucine multicolore dell'albero agghindato.La letterina del piccolo George, il bambino di casa, era molto strana. “Vorrei che fosse festa tutto l'anno.”Non dev'essere un amante della scuola, riflette Babbo Natale. Prende un regalo dal sacco e lo adagia vicino agli altri. Quando rialza il capo però, s'accorge dell'ombra stagliata sulla parete di fronte. E' il piccolo George, nel suo pigiamino giallo, con gli occhi lucidi di gioia. «Perché non sei a letto, giovanotto?»Ma il bambino, anziché rispondergli, comincia ad agitare le mani, bisbigliando parole sconosciute in tono salmodiante, e gli stivali di Babbo Natale di colpo diventano gelidi e pesanti, e quel senso d'intorpidimento sale verso l'alto, congelandogli le gambe, il busto, le braccia... «Cosa mi stai facendo?» gorgoglia l'uomo. «Finirai nella cella frigorifera di papà» sogghigna George, «fra la Befana e il Coniglio Pasquale.»

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Un nuovo copione per Babbo NatalePatrizia Benetti

"Che occhi grandi che hai"."Per vedervi meglio bambini miei"."Che barba lunga che hai"."Già. E sotto una bocca grande grande e affamata", urlò sbracciando Babbo Natale. Correva dietro a quei monelli, li afferrava e ne faceva bocconi."Siete teneri e deliziosi", diceva ridendo mentre il sangue fresco gli schizzava a fiotti dalle labbra. Era così stanco di quella chiassosa marmaglia ed era entrato finalmente in una parte a lui più consona. Desiderava per una volta interpretare l'Orco delle favole e il Lupo cattivo. E la cosa gli piacque tanto tanto.

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Canale SuicidioVeronica Cani

In occasione delle feste natalizie, fu inaugurato un canale televisivo. Aveva un nome bizzarro: Canale Suicidio. Il 25 dicembre tutte le famiglie, incuriosite, sintonizzarono i televisori sull’emittente, ed ecco un mezzobusto annunciare il notiziario: «Innanzitutto, tanti auguri a tutti gli spettatori.» «Uffa, papà, voglio vedere i cartoni!» protestò un bambino. «Stai zitto e lasciami sentire.» Il giornalista continuò: «E ora diamo inizio allo spettacolo!» Così dicendo, prese una pistola e si sparò un colpo alla tempia. Gli schermi di tutte le case si tinsero di rosso. Poi gli spettatori, come in trance, imitarono il suicida nei modi più atroci: chi si impiccò al lampadario, chi si sbudellò con un coltello da cucina, chi si gettò dalle finestre, schiantandosi al suolo. Il vecchio Zack bevve un flacone di acido muriatico e vide i suoi intestini sciogliersi in una poltiglia orrenda. Le trasmissioni ripresero. «Bene, l’esperimento ipnotico ha funzionato» gracchiò una voce spaventosa.

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AffettiLeandro Tribulati

Ne erano passati di anni, da quel tremendo venticinque dicembre. Il piccolo Andrea era scoppiato in un lungo pianto quando, alle prime ore del mattino, era corso al piano inferiore per controllare sotto l’alberello adornato alla bell’e meglio. Aveva trovato nient’altro che il vuoto. Il padre, su tutte le furie perché svegliato dai gemiti, si era precipitato dal piccolo: “Adesso mi dici perché diavolo piangi!” aveva inveito il vedovo. L’indifeso Andrea aveva singhiozzato di aspettarsi in dono, da babbo natale, la macchinina della pubblicità che gli piaceva tanto. Il padre lo aveva schiaffeggiato. “Il tuo regalo è lo stipendio che porto a casa ogni mese. E babbo natale non esiste, viziato del cazzo.”“Guarda ‘pà,” sorrise soddisfatto Andrea, vent’anni dopo, “ieri ai mercatini natalizi dell’usato, ho comprato la macchinina che desideravo da una vita!”Il padre tacque, serio in volto.“Ah, ho usato i tuoi soldi. Ma a te non importa, vero?”Il vecchio vedovo, eviscerato con cura, non replicò.

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L’ottava meravigliaMarina Paolucci

Sono ossessionato che mia moglie mi tradisca. In sette anni ho tentato di ucciderla ripetutamente. Invano. Lei mi ha giurato vendetta. Bianca è l’ottava meraviglia.È Natale.«Gil, ti piace la boccia di vetro con le luci guizzanti? »«Quale?» domando. Bianca non risponde.Suonano alla porta. Entrano persone, bisbigliano, escono.«Chi sono? Cosa vogliono da te?»«Vicinato, per gli auguri.»«Hai una tresca con il vicinato?»«No. Chiudi gli occhi, è in arrivo il tuo regalo.» mi dice affabile. Mi calza un paio di occhiali, posizionando bene le stanghette dietro alle orecchie. Mi specchio. Inorridisco. «Bianca, dove sono i miei occhi? Ho due incavi vuoti.»I tuoi occhi belli sbrilluccicano nella boccia di vetro con filamenti di tendini e nervature. Te li ho strappati nel sonno. I vicini hanno portato le condoglianze. Sei morto Gil.«Dimmi che non è vero!»«La tua ossessione mi ha buttato tra le braccia di un bravo ragazzo. Mi aspetta ansioso di festeggiare. Grazie a te comincio a vivere.

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Festa al 13° pianoPatrizia Benetti

Si era sparsa la voce tra i giovani di una festa natalizia davvero particolare, una festa al tredicesimo piano di un quartiere in della fumosa Londra. Un vero sballo! Non si doveva assolutamente mancare. Così Mark, Jack ed Ellen si misero in ghingheri e si presentarono alle 22 in punto. Ad aprirli uno strano tipo in maschera vestito da vampiro. E poi streghe, zombie, Befane e Babbi Natali. Sacro e profano insieme con tanto di luci psichedeliche, alcol e rock arrabbiato a tutto volume. C'era pure gente in borghese come loro che allo scoccare della mezzanotte cercò invano di fuggire da quei demoni ghignanti e assetati di sangue."Ehi, dolce Ellen, dove credi di fuggire?", disse uno di loro con una falce tra le mani.

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Mamma, ho ucciso Joe PesciLorenzo Centeni Romani

«Tieni il resto, lurido bastardo!». Kevin rise a squarciagola mentre gustava il suo gelato alla fragola. Se la stava spassando da quando i genitori erano partiti per la vacanza natalizia senza di lui. Tuttavia si aspettava da un momento all'altro la visita dei banditi del rubinetto, Henry e Marv, famosi per assaltare le abitazioni vuote a Natale. Adesso che era lui l'ometto di casa, non avrebbe permesso a quei brutti ceffi di rovinare il suo divertimento. Intanto i ladri stavano già tentando di entrare dalla porta principale. Kevin sgusciò all'ingresso e attirò l'attenzione di Marv che spiò dal buco della serratura. «Questa è la mia casa!» urlò Kevin. Il pargolo infilzò la cornea del balordo con uno spillo e ritrasse la mano invischiata di schifosi liquidi oculari. Con rapido gesto aprì la porta e fece partire una fucilata alla testa di Henry. Piovve sangue. Non fece in tempo ad esultare che sbucò da un angolo del giardino lo zio Frank: «Guarda cos'hai fatto, piccolo delinquente!».

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Il Natale di AsdrubaleLorenzo Centeni Romani

Tump. È Lui. Tump. Dev'essere proprio Lui, Babbo Natale. È il rumore dei suoi stivali. Mi do un pizzicotto: sono sveglio. Rincoglionito, ma sveglio. Sono le 3 di mattina del 25 Dicembre, sono sveglio e giù in salotto c'è Babbo Natale! Stai calmo, Asdrubale. Cosa ha detto papà? «Se ti sente, scappa e al diavolo il regalo! Sarebbe una fregatura aver fatto il bravo bambino tutto l'anno per un pugno di mosche, vero?». La tentazione è troppo forte. Mi alzo, dopotutto a me piace il rischio. Scosto la coperta e balzo in piedi come il più plastico dei gatti. Sono intenzionato a vederlo. Via! Scivolo verso le scale e mi barrico dietro il vaso di fiori della mamma. Ce l'ho sotto tiro. Non è paffuto come lo immaginavo. È magro, nero, con due occhi pallidi. Mi sta fissando. Fanculo, ho rovinato tutto! Mi viene incontro rantolante con un pacco in mano. «È il carrarmato che ti ho chiesto, giusto?». Lo apro: un cervello umano. Ma che regalo è? La prossima volta la letterina la mando alla Befana.

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Un'idea genialeMarina Paolucci

«Sorpresa! Si va al circo!»«Che cosa? Ennio, nessuno trascorre lì la vigilia di Natale.»«Faremo l’eccezione.»Lisa è basita. Eolo ed Eureka battono le mani.Al botteghino non c’è un’anima. Ci intrufoliamo nel tendone, la luce è fioca. Ci sediamo su sedie di plastica, unici spettatori.Un clown apre lo spettacolo. Segue un funambolo. Eolo protesta, vuole i leoni.«Arriveranno.» dice il clown.Giunge il prestigiatore. Invita Lisa a entrare nella valigia, la farà a pezzi per finta. Lei ride, si presta al gioco. Lui l’affetta, poi riapre la valigia. Puff! Lisa è svanita.Siamo sgomenti. L’uomo spiega il trucco: Lisa è scivolata al piano di sotto da una botola nel pavimento. Per verificare ci caliamo tramite una scala arrugginita e traballante. Lo sportello si chiude. Tonf!«Aiuto!» grida Eureka terrorizzata. Ẻ buio. Con il cellulare faccio luce. In un angolo vedo un puzzle umano. Lisa.I bambini urlano. Magicamente il battente si solleva.Come promesso, per la gioia di Eolo, arrivano i leoni.

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Sapori e dissaporiMarina Paolucci

«Tesoro hai comprato tutto per domani? Non vorrai fare brutta figura con i miei genitori.» «Tranquilla. Ho preso anche i datteri naturali ramati, la frutta secca e un paio di melagrane.»«Bravo! Il melograno è di buon auspicio.»L’indomani andiamo a pranzo dai miei suoceri. Le melagrane le ho farcite a piacere, con una siringa da sala operatoria, sono un anestesista. Terminato il pranzo convinco i vecchi a mangiarli la sera, prima di dormire scacciano i guai. Torniamo a casa. Mi appisolo. Mia moglie cucina una ciambella con bottoni di cioccolato bianco e fondente, e scorzette d’arancia glassate al pistacchio e alla nocciola. Deliziosa.Ingordo, ne trangugio tre fette. Subito accuso dolori lancinanti e un senso di soffoco.«Muoio…»«Esagerato. Il dolce è genuino, nell’impasto ho messo il succo centrifugato delle melagrane. Ai miei genitori non piacciono. Me li hanno resi di nascosto per non offenderti.»Mia moglie non tocca la torta, è diabetica e intollerante agli acidi della frutta.

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DesideriLodovico Ferrari

- Voi non credete in me, allora!Il vecchio barbuto, vestito di rosso, del centro commerciale, faceva quasi pena.- Beh, siamo un po’ grandi per credere in Babbo Natale, e poi tu non sei qui per pubblicizzare il negozio?- Allora ve lo dimostrerò. Pensate a un regalo che vorreste trovare sotto l’albero e, il giorno di Natale, lo troverete lì.I due sposini pensarono che l’anziano avesse esagerato col vino.Le luci dell’albero illuminavano il salotto, i pacchi variopinti ne approfittavano per sembrare ancora più colorati. Due grossi involti mai visti si trovavano ai piedi dell’abete. La donna sgranò gli occhi ricordando le parole del Babbo Natale del supermercato. Stracciò la carta del più grande. Un cuore di peluche, di dimensioni immense fece capolino. E davanti, ricamati a mano, i loro nomi. Esattamente quello che aveva desiderato quel giorno.Si voltò verso il marito. L’ultima cosa che vide fu la grande ascia medievale, ancora in parte incartata, che lui impugnava con entrambe le mani.

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A Natale siamo tutti più buoniAlexia Bianchini

Gli avevo detto che non volevo più vederlo. Mi aveva rotto, lui e la sua gelosia. Lo avevo avvisato di lasciarmi in pace, che non ero una tipa tranquilla.Quando ho aperto la porta e me lo sono trovato davanti, con una bottiglia fra le mani e la faccia da ebete stampata in volto, avrei dovuto cacciarlo. Ma avevo un certo languorino.Quando ha detto che a Natale dobbiamo essere tutti più buoni non ho potuto dargli torto.Odio questa festa. Mi ricorda il primo omicidio, l’unico che non ho programmato, quello che ancora mi fa sentire in colpa. So che non avrei dovuto uccidere la mia migliore amica, ma mangiarla per occultare il cadavere ha scatenato in me una passione viscerale.Da allora ogni tanto mi lascio tentare.«Il sangue di Giuda ci sta una favola» dico sorseggiando il vino gentilmente offerto. Ho congelato in sacchetti monodose il caro Filippo. Tutto tranne il cervello, la parte che preferisco.Anche se festeggio da sola mi dovrò pure togliere qualche sfizio!

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Le palline di NataleRoberto Ricci

La neve scende leggera, rendendo ancora più suggestiva l'atmosfera Natalizia che si respira in città. Anna e Simone, hanno fretta di ritornare a casa. Si sono attardati troppo in giro per negozi. Caricano i pacchi nel bagagliaio e salgono in auto. Hanno voluto accontentare Francesco, il loro figlio tredicenne, lasciandolo ad allestire l'albero insieme al fratellino più piccolo e adesso sono in pensiero. Per fortuna c'è poco traffico. Varcata la soglia, restano incantati dal bellissimo albero che campeggia luminoso all'ingresso. Si avvicinano per ammirarlo meglio, mentre chiamano Francesco per complimentarsi con lui. Nel momento stesso in cui il ragazzino appare, notano in mezzo alle palline colorate, due piccoli testicoli penzolanti accanto a un babbo Natale sorridente. Sono ancora caldi e gocciolanti sangue. Lo stesso, che ha macchiato di rosso le vesti del giovane e la lama del coltello ancora stretto nel pugno. Immobile e inespressivo, osserva suo padre domandandogli se gli piaccia l'albero. Pochi attimi dopo, le grida disperate di sua madre, davanti al cadavere del piccolo Thomas disteso a terra con i pantaloncini calati e in un lago di sangue, lacerano l'aria.

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Babbo di PanpepatoSamuele Fabbrizzi

Babbo Natale raccolse l'omino di panpepato dalla seconda cabina. «Oh oh oh» rise, reggendosi la pancia. «Ho inventato la prima macchina per teletrasportarsi.»I folletti, ancora concentrati sulla prima cabina, si voltarono sbalorditi.Come aveva fatto? L'omino di panpepato era scomparso di lì per poi riapparire di là.«Dal prossimo anno niente più sfacchinate» esultò lui. Chissà se funzionava anche con gli esseri viventi... Babbo Natale entrò nella prima cabina e il portellone si richiuse da solo. Poco prima del flash però s'accorse d'aver dimenticato il dolciume in tasca. Gridò, batté sul vetro, implorò gli esserini d'aprirgli e poi... La luce.La cabina difronte si aprì e uscì del fumo, seguito da orrendi gorgoglii. Un essere metà uomo metà omino di panpepato. La carne color biscotto, i vestiti rossi e bianchi, la barba glassata. «Aiutatemi!» piagnucolò, con le braccia intente a sbriciolarsi. Ma i folletti avevano già scoperto le zanne. Dopo tanto lavoro avevano bisogno di zuccheri.

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Il trofeoAnna Rita Foschini

«Ho portato i soldi in Svizzera, dichiarato fallimento e licenziato gli operai» sghignazza Fabio.«Quisquilie…» lo schernisce Luca. «Io ho sedotto una suora, filmato gli amplessi e spedito il dvd al vescovo. La cretina si è tagliata le vene».«Sei un vero bastardo» sbotta Fabio, «ne sai una più del Diavolo!»Luca esulta e allunga la mano verso il teschio posato in mezzo alla tavola: il macabro trofeo che, ragazzini scellerati, hanno trafugato dall’ossario vent’anni fa, la notte di Natale. «Non cantare vittoria» lo blocca Ada, «io non ho ancora parlato».Gli uomini scoppiano a ridere. Ada non ha mai vinto: non è abbastanza malvagia, la puttanella. Cucina bene e scopa anche meglio: solo per quello si riuniscono a casa sua ogni 25 dicembre. «Sentiamo: cos’hai combinato nel 2014?» «Un po’ di pazienza. Prima assaggiate queste frolle alla pasta di mandorle».I due idioti afferrano i pasticcini e se li ficcano in bocca. Ada sorride: il cianuro agirà in pochi istanti. Finalmente il trofeo sarà suo.

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Le bacchetteAnna Rita Foschini

L’accozzaglia di lanterne rosse e draghi blu dipinti sulle pareti è un pugno nello stomaco. L’odore della soia mi dà la nausea e le bacchette non riesco proprio a tenerle tra le dita. Che idea del cazzo il pranzo di Natale al ristorante cinese! Riso scotto, tè al gelsomino amarissimo e certi intrugli che… non voglio nemmeno sapere cosa siano. Non capisco come abbia fatto, Franca, a trascinarmi in questo tugurio. Ride la stronza, lanciando occhiate lascive al cameriere, un butterato figlio del sol levante. Almeno mi lasciasse in pace, ma no!«Non fare la guastafeste, Lellina».Quanto la detesto quando mi chiama Lellina! Le infilzerei una forchetta nella mano grassoccia posata sulla mia… se solo ci fosse una forchetta! «Dai, Lellina, sorridi: è Natale…» La frase le muore in gola. L’occhio sinistro, sbarrato, mi fissa incredulo; dal destro, un siero gelatinoso e sanguinolento cola dentro la tazza del tè. Sogghigno soddisfatta: finalmente ho trovato il modo di utilizzare queste dannate bacchette.

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Natale in famigliaGiulia Vettori

«Un po’ più in là.. Ecco, bene così. Ottimo!»«Mamma, ma sei sicura che vada bene? A me sembra ancora un po’ storta questa punta», disse Micheal, cercando di allontanare il viso dalla punta dorata che aveva appena collocato in cima allo splendido abete verde brillante. «Ti dico che è perfetta! E adesso scendi da quella sedia per favore. Ci sono ancora un sacco di cose da preparare prima che arrivi e abbiamo così poco tempo!»«Okay mamma, scendo subito». «Grace, tu occupati dell’agrifoglio e delle candele: tutto deve essere perfetto. Capito ragazzi?».«Sì mamma, ci penso io!», obbedì prontamente Grace.«Frank, amore, anche tu, mi raccomando: tutto deve essere..»«.. Perfetto, sì, lo so, tesoro mio».Un tonfo. «Shhh, zitti! Forse è già qui», sussurrò Micheal. «E adesso..? », chiese Grace sottovoce, eccitata.«Adesso, ragazzi, andate giù a prendere la sega e gli altri attrezzi», disse la mamma. «Come previsto, quel maledetto ciccione non passa neppure dal camino. Che la festa abbia inizio..!»

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ContrastiRecenso

Luce Di Natale era scura in volto. Le bimbe del quartiere la evitavano, e quando le loro mamme la incrociavano scappavano tirandosi dietro le figlie, neanche avessero visto il demonio.Invece era una bambina, solo strana: riccioli corvini, occhi color pece e la pelle intinta nel buio. Sembrava l'ombra della gemella. Gemella per modo di dire: Lucia aveva boccoli d'oro e guance rosate. Tutti la amavano, Babbo Natale la riempiva di bambole, mentre a Luce portava il carbone, quello di zucchero che cariava i denti.Luce odiava il Natale. Ogni vigilia implorava suo padre di farle mettere la cometa sull'albero, ma lui sceglieva Lucia, che afferrava la stella ghignando: – Scansati, Calimero.Era perfida, sua sorella. Però quell'anno Babbo Natale lo capì.Luce si illuminò in viso quando ricevette la prima bambola della sua vita. L'abbracciò forte ignorando il puzzo di fumo, le urla del padre e perfino il sangue di Lucia: lei svettava sull'abete dove stava impalata, nera, come un angelo di carbone.

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Il Giorno di NataleAmbrous Stack

Quest’anno, Natale è speciale, la vigilia ha portato un pacco che ora si dimena legato nel soggiorno. L’osservo, mentre apro una bottiglia di buon rosso, rilassandomi al bagliore dei festoni che addobbano il mio albero di fianco al camino. Passo in cucina, prendo due piatti e due forchette, poi apro il frigo e porto la mia torta preferita sul tavolo imbandito. Mi avvicino, lei è ancora vestita come la trovai, in un succinto costume da Babbo Natale al femminile. La sollevo dolcemente e la metto a sedere a capo tavola. Oggi va di moda essere vegetariani, ma io amo la carne, lei non è dello stesso avviso. Le mostro le mie opere: denti, orecchie e bulbi oculari chiazzati di lustrini pendenti dall’albero, mentre i busti impagliati sono pratici come poggia piedi. Inorridisce e sviene nell’osservare i miei can-diti spuntare dalla torta natalizia preparata per lei. Ne sgranocchio uno, ottimo, non più di vent’anni d’invecchiamento, carne sublime. Tanti Auguri a tutti.

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Il quadroCorinne Ou l'Italie

Quel quadro natalizio aveva avuto fin da subito uno strano effetto su Matteo. Aveva l'impressione che lo sguardo di uno dei Re Magi lo fissasse, tenendolo avvinto con uno sguardo crudele, bramoso di sangue.La prima notte, nell'andare in bagno, si fermò a fissare il quadro: gli parve di notare uno strano luccichio negli occhi del Magio.Ogni volta che arrivava sul corridoio lo coglieva una sottile angoscia. Una notte cercò di guardarlo: gli occhi del Re Magio lo fissavano nell'oscurità pieni di odio. L'indomani scacciò dalla mente la faccenda e fece colazione.La notte successiva, Matteo sentì uno strido acuto. Con gli occhi assonnati andò a vedere e si stupì di non vedere più il Re Magio. Si precipitò in camera, si rannicchiò nell'oscurità delle coperte e si riaddormentò pensando che tra poche ore vi sarebbe stato il pranzo succulento di Natale.Di lì a poco fu svegliato da un forte odore di mirra. Aprì gli occhi. Sentì dei passi. Due mani incontrarono la sua gola, strappandolo dal letto.

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La richiestaDario Arzilli

Molti anni fa, ero bambino, scrissi una particolare letterina a Babbo Natale. Ero tristissimo. Brontolo, il mio migliore amico, un cane meticcio di 13 anni, era morto dopo una lunga e penosa malattia proprio la vigilia di Natale. Scrissi a Babbo Natale che non potevo sopportare tanto dolore. Volevo una speranza, una nuova vita. E feci la “richiesta”. Complice l’ingenuità tipica dei bambini non potevo immaginare che Babbo Natale la accogliesse letteralmente. Sì, quel vecchio esaudì la mia richiesta, ma da allora la mia vita non è più la stessa. Se è vero che la realtà è il peggior incubo che si possa vivere, anche esserne esclusi lo è. Da quel Natale, da quella richiesta, sono ormai bloccato qui. Invecchio come tutti, vivo senza bisogni, né fame, né sete, niente ormoni impazziti. Ma vivo qui, non so nemmeno da quanto. Qui, in questa pagina, in questo racconto. E non riesco a fuggire.

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La scelta inquietantedi Giuseppe Parisi

Schizzi di sangue sugli addobbi natalizi. L'albero spento sembra negare l'aria di festa, ma non è solo esso a farlo: ci sono entità che in vita hanno odiato il Natale e adesso da morti continuano imperterriti. Scelgono una casa ai primi giorni d'Avvento, iniziano con bisbigli incomprensibili e poi fiato sul collo, lividi e l'angoscia della loro presenza.All'avvicinarsi del 25 Dicembre scatenano la loro incompresa ira: iniziano a storcere ossa, senza curarsi dei vari crac. Mutilano e strozzano. Non hanno pietà per coloro che in tale loco risiedono. Le stanze dei bambini diventano orribili scene con bambole trovate impiccate e peluche decapitati.Il terrore copre ogni forma di gioia e i lamenti fanno lo stesso su quei canti che loro non vorrebbero mai ascoltare.Evita se puoi quelle note: al prossimo Natale potresti essere tu la loro scelta inquietante.

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I nuovi vicinidi Wild Gigio Lebowski

I nuovi vicini di casa avevano chiesto a Luisa se poteva badare allaloro piccola figlia per la notte di Santo Stefano. Quella sera Luisasistemò per bene il baby-phone e si mise a leggere. Ad un certo punto sentì una specie di sommesso grugnito.Avvicinò il baby-phone e si mise in ascolto. Dopo qualche secondo udì un ruggito fortissimo e lo stridere contro il muro di artigli affilati. Altri grugniti, ringhi e stridii agghiaccianti.Luisa terrorizzata salì in camera, ma trovò la bambina beata chedormiva nel suo lettino.Alla fine di una serata inquietante passata immobile ad ascoltare quei rumori disumani, quando i genitori rientrarono, Luisa sconvolta raccontò tutto.Incredibilmente loro reagirono con un pacato sorriso.Luisa rimase senza parole. Poi, ancora scossa, si girò per andarsene.I vicini, che nel frattempo si erano sbarazzati di sciarpe e berretti natalizi, gli sorridevano affabilmente, mostrando le orecchie appuntite e due paia di lunghi e famelici canini.

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La notte del Krampusdi Danilo Castellano

Il piccolo Günther trasalì quando sentì i pesanti zoccoli calpestare le assi di legno del portico, accompagnati dal rumore assordante del campanaccio. Il Krampus con tre colpi possenti abbatté la porta e proiettò la sua ombra caprina sul bambino che, immobilizzato dalla paura, non riuscì a trattenere la vescica. Il demone lo prelevò dalla sua abitazione e lo condusse al grosso abete nel piazzale centrale, intorno al quale lui e gli altri bambini vennero posizionati in cerchio e incatenati l’uno all’altro.Attesero Nikolas, che giunse di lì a breve a bordo della sua slitta per enunciare la sua sentenza.«Siete stati tutti dei bambini molto cattivi. Il vostro comportamento merita una punizione esemplare. Frustateli, fino al sopraggiungere dell’alba. Nel frattempo io mi occuperò di consegnare i regali ai bambini buoni.» Gli orridi demoni sollevarono le loro fruste e percossero a sangue i piccoli indisciplinati fino alle prime luci dell’alba. In pochi sopravvissero a una simile barbarie.

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Cocktail di gamberidi Amanda Pitto

Sono sette anni che aspetto questo momento. L'istante esatto in cui mia suocera finisce di servire l'ultimo antipasto e io stupisco finalmente tutti. Perché la tradizione di famiglia vuole che si serva sempre il solito bicchiere di cristallo, riempito di gamberetti in salsa rosa, con un gambo di sedano e una spruzzata di tabasco. Questa volta mi alzo da tavola e prendo un fottuto coltello da carne; quello che, so già, servirà per l'arrosto, e le taglio la lingua. Tra il terrore dei commensali ammutoliti, la affetto in dosi precise e ne utilizzo ciò che ottengo come guarnizione alla sua specialità natalizia, osservandola grondare sangue sulla tovaglia dorata ricamata a mano, finalmente muta. Invece, ancora una volta, la sento arrivare alle mie spalle, servizievole,con la fatidica domanda: "Cocktail di gamberi?" E faccio come sempre. "Muori", penso, annuendo con la testa.

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Natale Post-Atomicodi Anna Rita Foschini

Anche i sopravvissuti dell’ultimo conflitto nucleare festeggiano il Natale. Non ci sono abeti addobbati né tacchini farciti, perché le radiazioni hanno annientato ogni forma di vita, ma il rifugio anti atomico è gremito di folla in attesa. Come ogni vigilia, si giocherà al bingo e ci si abbufferà nella cena più luculliana dell’anno. Gli sguardi sono incollati allo schermo; le bocche si schiudono a scoprire i denti. Nel silenzio dei respiri trattenuti, uno scampanellio annuncia l’estrazione. Dieci numeri sorteggiati a random si accendono, e altrettanti led verdi lampeggiano sulla fronte dei giocatori abbinati a essi. Un ragazzo guarda la sorella: è verde! Quasi non crede di essere così fortunato. Si avventa su di lei e le affonda gli incisivi nel petto, strappando brandelli di gustosa carne irrorata di delizioso sangue. Tutti gli altri lo imitano. In breve, dei sorteggiati non rimangono che le ossa spolpate. Sulle note di Jingle bells, i commensali, sazi, si scambiano gli auguri.

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Banchetto nataliziodi Maria Rosaria Del Ciello

L’auto, colma di pacchetti accatastati sul sedile posteriore, sfreccia nella città vuota e silenziosa. Le decorazioni natalizie brillano a tratti.Leo guida, eccitato all’idea di passare il Natale con i suoi cari.All’incrocio vicino casa rallenta, il giallo lampeggia come impazzito.Un’utilitaria lo raggiunge e lo supera a sinistra per oltrepassare l’incrocio. "Allora c’è vita in questa fottuta città", pensa Leo.Poi, all'improvviso un tombino schizza in aria insieme all’utilitaria, spinto da una forza sotterranea e misteriosa.– … cazzo succede? – urla Leo. Lascia il pedale e il motore si spegne.Tre individui escono dal sottosuolo. I corpi feriti, slabbrati, gli occhi pesti e gli sguardi vacui. Osserva quei corpi muoversi con andatura scomposta. E quando uno di loro infila con violenza il braccio nel finestrino della sua auto, Leo comprende. Lo zombie lo azzanna al collo e i suoi compari lo seguono in un banchetto infernale e disgustoso. Il loro banchetto natalizio.

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Niente biscotti per santa Claus, Cervellidi Luca Pennati

Sono al centro commerciale combinato come un fottuto Santa Claus. Un sacco di bambini vogliono fare la foto sulle mie ginocchia quando mi coglie la pestilenza. Afferro il primo bimbo alla giugulare. Gli stacco la carne a morsi mentre mi chiede di portargli l'Xbox. Uno sbocco di sangue gli esce dalla gola. Lo sbatto di lato, mi giro verso il nano che mi fa d'aiutante e lo afferro per le orecchie. Gli strappo a morsi mezza faccia. Ora inizia la festa.Voglio la carne. Sono affamato fin dentro le viscere e non vedo l'ora di saziarmi.Una guardia mi urla di fermarmi. Lo fisso, dritto negli occhi e quello si pietrifica. Trema talmente che quando mi avvicino e gli afferro il polso non riesce a premere il grilletto della pistola. Forse perchè la mano gliel'ho staccata prima che riuscisse a farlo. Ora me la sgranocchio. Quello cade di sasso urlando.Il sangue mi cola dalle labbra e mi sporca la barba. Cerco bambini dai cervelli sognanti, pieni di sinapsi cariche di gioia da estirpare.

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L'albero di Nataledi Ivo Gazzarrini

Le sue parole mi rimbombano ancora in testa."Sei buono solo a lamentarti. Io sgobbo dalla mattina alla sera e tu? Stravaccato sul divano tutto il giorno a grugnire e a inveire contro la televisione. Sei diventato un vagabondo, non ti fai la barba da mesi e puzzi come un maiale. Ma che ti dice la testa, eh! Almeno se avevo ascoltato mia madre. Lei c'aveva visto bene. Ma non ti vergogni! Non sei più buono nemmeno a usare quell’aggeggio che hai fra le gambe che assomiglia lontanamente a un cazzo…"È stato faticoso ma ora sono soddisfatto e felice. Ho fatto l’albero di Natale, tutto da solo, con le mie mani e … con il corpo di quella scassapalle di Monica. La cosa più dura è stata costruire il piedistallo ma sono stato ripagato quando ho infilzato le palline nella carne della sgualdrina. Nel momento in cui ho inserito il puntale nel bulbo oculare ho avuto un orgasmo. “Tieh! Alla faccia tua!”E ora aspetto i miei suoceri. Non vedo l’ora di fargli vedere il mio albero di Natale.

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AnomalieIvo Gazzarrini

Sono in cima alla torre di Pisa. Mi chiamo Francesco e ho organizzato tutto alla lettera. Il tema natalizio c’è e vi garantisco che da quassù è uno spettacolo di addobbi e di alberi che colorano e illuminano la città. Ho partecipato a ogni tipo di concorso indetto da voi, senza mai essere selezionato per la pubblicazione. Maledetti! Siete la mia ossessione. Vi posso garantire che quando mi schianterò al suolo sarà uno spettacolo di sangue. Voglio vedere se non mi pubblicate questa scheggia… ah, dimenticavo, sono vestito da Babbo Natale e dentro la mia sacca ci sono tutti i nomi degli scrittori che hanno vinto i vostri concorsi, che sottolineo, sono sempre i soliti. Fatto: pubblicato sulla vostra pagina facebook. Mi raccomando, mettete “mi piace”.

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Babbo Natale bugiardodi Ivo Gazzarrini

Babbo Natale depone il regalo sotto l'albero addobbato e si dirige in cucina. Grugnendo apre il frigorifero. “Nemmeno un dolcetto mi hanno lasciato!”La porta alle sue spalle si spalanca. Entrano un uomo e un bimbo. “Ci deve essere un errore caro Babbo Natale.”“Come?”“Mio figlio dice che voleva l'aereo di Lego City. Questa è la stazione di polizia.”“Babbo Natale non si sbaglia mai”, infila una mano in tasca e tira fuori diverse lettere che comincia a spulciare.“Vai a prendere la mazza da baseball” ordina l'uomo al ragazzino.“Eccola!” Babbo Natale agita un foglio. È troppo tardi. Il bastone gli arriva in pieno volto. Si accascia al suolo annaspando. Il giovane padre continua a colpire fino a che della testa del barbuto non rimane che poltiglia spiaccicata sul pavimento.“Ma babbo e ora chi me lo porta l'aereo?”“Il carbone ti meriti” dice il padre sventolando la letterina, “Babbo Natale aveva ragione. Qui c'è scritto stazione di polizia!”

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Ogni Nataledi Davide Tarquini

Oh oh oh.Eccolo, è arrivato. Babbo Natale è in camera da pranzo. Sento il rumore dei suoi passi, del sacco che viene aperto. Mamma gli ha lasciato la porta accostata. Lo fa ogni Natale.Oh oh oh.Non sono più una bambina, lo so che non è il vero Babbo Natale, è solo mio zio travestito per l’occasione. Lascerà i regali sotto l’albero, per me e per i miei due fratellini. Lo fa ogni Natale.Oh oh oh.Non andrà via subito, no. Prima entrerà di soppiatto nella mia cameretta, si avvicinerà al mio letto, si toglierà gli stivali, la giacca e i pantaloni e si infilerà sotto le coperte, abbracciandomi, strusciandosi contro di me, baciandomi. Lo fa ogni Natale.Oh oh oh.Non piangere, mi dirà, questo è il tuo dono per Babbo Natale; lavoro tutto l’anno e anche io merito il mio regalo. Ieri sera, però, prima di andare a letto, ho preso dal cassetto della cucina il coltello che mamma usa per tagliare l’arrosto, nascondendolo sotto il cuscino.Oggi non permetterò che faccia come ogni Natale.

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Il dono della mortedi Andrea Spontoni

Il vento le graffiava le ossa mentre la neve cadeva, tanto fitta e violenta da finire nelle vuote orbite del suo teschio. Ma la Morte, abituata a un gelo ben più profondo, guidava la slitta nella notte di Natale. Babbo Natale forse si srebbe arrabbiato, ma in fono gliel’aveva "presa in prestito" per portare un dono ai suoi figli prediletti. «Che strane creature, gli uomini» pensò la Morte «Li conosco tutti per nome, veglio su di loro accompagnandoli fin da quando prendono forma nel ventre materno. Li amo tutti, indistintamente. Eppure mi temono».La Morte strinse le proprie mani ossute sul pacchetto che teneva in grembo. Si sentiva piena di speranze: quel dono avrebbe cambiato tutto.La slitta sorvolava ora Shangai, uno dei più grandi coacervi d’esistenze terrene al mondo. Nel grigiore di quella città era celato il brulichio senza tregua di migliaia di vite umane.Lasciando cadere il proprio dono sul mondo degli uomini, la Morte sorrise.«Missione compiuta. Ora il virus farà il resto».

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La Befana vien di notte...di Danilo Castellano

«È ora di fare la nanna, Fabio», raccomandò dolcemente la sua mamma mentre gli rimboccava le coperte. «La Befana non deve trovarti sveglio, o ti porterà via con lei.» Detto ciò, gli stampò un bacio sulla fronte e andò via dopo aver spento la luce. Quelle ultime parole furono un trauma per il piccolo Fabio, che non riuscì a chiudere occhio. Trascorsero forse due ore, quando un rumore alla finestra gli fece accapponare la pelle. Una vecchia con in mano una scopa di saggina si arrampicò sul davanzale come uno schifoso ragno. Aveva indosso un vestito logoro e i suoi capelli erano come fili di paglia bruciati. Si infilò una mano in una tasca rattoppata e ne tirò fuori una manciata di caramelle. Uno dei dolcetti cadde sul pavimento e Fabio non riuscì a trattenere un gemito. Continuò a fingere di dormire, ma la vecchia strega non si lasciò abbindolare. Si avvicinò al bimbo con passo felpato e calò la sua mano scheletrica su di lui…

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Il prezzo del Nataledi Frank Gatti

Saldi.Offerte speciali.Sconti.Cerchi la tua fonte, come un assetato in un deserto, in queste vane parole che inneggiano fallaci promozioni di materialità melliflua. Tu, preso dalle ultime concitate compere per la festa Natalizia in mezzo alla marea umana consumistica del nuovo millennio. E controlli il costo degli oggetti...e l'orrore ti pervade: tutti i prezzi terminano con quelle tre cifre:9,99.e ti rendi conto che questo è il prezzo del Natale!E vedi un laido ghigno nella tua mente e capisci che 9,99, se togli la virgola dei decimali e inverti sottosopra il disegno numerico diventa666...e la bestia festeggia.Il suo periodo è arrivato in una festa che è un inganno per tutta l'umanità.

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ALTRI RACCONTI...PER UN NATALE HORROR

LetteraturaHorror.it ringrazia gli autori per aver gentilmente concesso l'utilizzo dei racconti pubblicati

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MERRY CHRISTMAS MR. DEATHdi Alexia Bianchini

«Devi sempre esagerare?» gli domandò Lucifero non appena vide il vecchio amico varcare le porte del saloon. Dai grandi finestroni che davano sulla strada, la Cadillac bianca non era passata inosservata, nemmeno con il buio della sera e la pioggia fastidiosa di quel venerdì di dicembre inoltrato. Il Signore della Morte si era agghindato a festa, di un bianco accecante.«Parli proprio tu?» ribatté Mr. Death passando in mezzo ai tavoli. «Non sapevo nemmeno avessero aperto un locale come questo a Milano, e solo tu potevi chiamarlo El Diablo. Ti sei sprecato in quanto a fantasia».«Desidera un tavolo, signor…» disse un cameriere mentre si accomodava al tavolo, di fronte all’amico.«Signor Angelo De Morte» rispose dandogli in mano guanti bianchi e cappello. «E sono atteso dal tuo padrone». Proseguì sedendosi al tavolo con Lucifero. Satana lo guardò con aria lasciva. Gli occhi glaciali, i capelli biondi tagliati corti, la bocca schiusa a regola d’arte.«Lo sai che David Bowie è passato di moda» gli fece notare il Signore della Morte. «Potresti metterlo un po’ di fard».«E lo sai che potresti usare uno pseudonimo meno ridicolo?» continuò il Diavolo ammiccando.«Berny» chiamò Mr. Death voltandosi di scatto. Un uomo grassoccio, dalla pelle unta, si fece avanti. Erano secoli che gli faceva da lacchè, una sorta di pesce pulitore e cavalier servente, sebbene fosse tutto fuorché aitante. Del resto, Morte doveva necessariamente essere sempre al centro dell’attenzione, ergo doveva circondarsi da personaggi anonimi, se non orrendi.«Ai suoi ordini, Eminenza» rispose Berny avvicinandosi lesto e facendo un mezzo inchino. Lo sguardo puntato verso il padrone.«Ordina un’insalata» gli disse, mandandolo via con un gesto stizzito della mano.«Sempre gentile vedo» gli fece notare Lucifero.«Se non fossi così pieno di lavoro, non dovrei delegare i miei servi per ogni inezia».«Prenditi una vacanza» gli disse l’altro.«Sì guarda, stavo giusto pensando di andare alle Hawaii questo Natale, peccato ci sia qualcuno che mi spreme sempre per aver anime nuove da usare per tenere in ordine il suo regno».Lucifero ignorò la frecciatina e si versò del vino. Uno dei suoi uomini si avvicinò per origliarli qualcosa nell’orecchio. Il Diavolo si accigliò, ma non fece in tempo a dare direttive che ne arrivò un altro.«Sempre impegnato, vero?». Mr. Death ridacchiò di gusto. Sapeva che nell’ultimo periodo due fanatici si erano immedesimati in due cacciatori di demoni, attori bellocci di una serie televisiva, e andavano in giro armati di paletti e acqua santa, oltre a varie attrezzature fantascientifiche, per beccare orde di demoni che se ne andavano placidamente in giro.«Ho problemi con una setta, e Lilith mi sta stressando perché vuole costruire la copia della Casa Bianca all’Inferno. Un delirio, amico mio, un vero delirio».L’insalata arrivò al tavolo. Mr. Death la annusò, poi la diede a Berny da mangiare. «Non assaggi nemmeno il mio vino?» gli domandò Lucifero.«Mi prendi per il culo? Lo sai che non posso mangiare, né bere… Ti devo ricordare di come mi hai ingannato quando mi hai offerto questo lavoro?» gli domandò, gli occhi stretti in due fessure.«Adoro guardarti quando ti arrabbi, sei davvero sexy» rispose Lucifero, facendogli l’occhiolino.«Smettila Lucy, o manderò le tue anime designate ai piani superiori» lo minacciò tirando fuori le sigarette dal taschino. Come ovvio fu Berny a fumarne una, per lui era tutto vietato.«Io ero stato chiaro: eternità e più nessun dolore».

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«Certo, stavo morendo assiderato in una grotta… un’offerta del genere era irrifiutabile. Potevi aggiungere però che non avrei più sentito niente di niente» precisò Mr. Death.«Che ti devo dire, amico mio, mi piace vincere facile, lo sai. Ma voglio farti un bel regalo di Natale». Lasciò la frase a mezz’aria, per saggiare l’espressione dell’amico.«Non mi piacciono i regali di Natale» ribatté Morte, per non dargli soddisfazione.«Credimi, non potrai rinunciare» sottolineò Lucifero allungando il collo, sporgendosi verso l’amico. «Dieci morti la notte di Natale per dieci giorni in un corpo umano alle Hawaii» sussurrò a denti stretti.«Sembra troppo facile. Altro che dieci cadaveri, è una notte piena di lavoro quella» disse Morte stando sulla difensiva.«Ma non voglio dieci predestinati, me li dovrai ammazzare tu con le tue mani».«Da solo?»«Hai il tuo adorato servo… sfruttalo!»

***

«Io da elfo non mi travesto». L’espressione di Berny era tutta un programma.«Senti, non credere che agghindato da Babbo Natale io mi senta meno ridicolo, ma Lucifero è stato chiaro. Dobbiamo ucciderli questa notte e dobbiamo entrare nelle case travestiti, quindi non lamentarti e indossa la calzamaglia verde».Dieci minuti dopo erano davanti al portone di una villetta. Un sacco pieno di regali e l’ascia nascosta sotto la giacca.«Secondo me ci arrestano» disse Berny, poco convinto.Il tizio che aprì la porta li guardò di sbieco, poi scoppiò in una grassa risata.«Siamo della parrocchia di zona, raccogliamo regali per gli orfani» disse Mr. Death.La scusa gli concesse il benestare e furono invitati a entrare in casa. Si ritrovarono davanti a una tavolata di trenta persone, tutti seduti a brindare alle feste.«Mi sa che sono del sud, capo» sussurrò Berny. «Quelli festeggiano anche la vigilia».Dieci minuti dopo erano di nuovo all’addiaccio, ancora a quota zero, e con un pacco regalo in più nel sacco.«Capo, me lo fai aprire?». La curiosità innata di Berny lo innervosiva. Ignorò la domanda e proseguì in quella buia strada di città, fino a quando percepì lo stato d’animo inquieto di un umano.«Qua becchiamo il primo» disse bussando alla porta. Non si sbagliava. Il tipo era conciato male. Era alticcio e non obiettò quando chiesero di entrare.«Se non lo ammazziamo oggi, questo tizio non arriva alla Befana» commentò Berny.Il malcapitato li guardò di sbieco, poi vomitò sulla giacca rossa di Morte. La rabbia assalì il Mietitore, che senza indugio sfilò l’ascia nascosta sotto il finto pancione e sgozzò la prima vittima.«Cosa non si fa per un po’ di ferie, vero capo?» disse Berny.«Pulisci la mia giacca e andiamocene» disse Mr. Death sfilandosela. Lo sguardo schifato più per il vomito che per il sangue schizzato ovunque.«Merry Christmas!» disse Berny uscendo da quella casa.

***

Non solo erano riusciti a vincere la scommessa, ma avevano anche finito in largo anticipo. Dieci anime belle fresche per Lucifero!Dopo una doccia in un motel, dove a gran sorpresa avevano trovato la fila fuori di auto con coppiette persino la notte di Natale, ripresero la Cadillac. Profumati, in abiti di classe, rigorosamente neri, entrarono nel locale di Lucifero, lo sguardo trionfante.«Ecco i miei Blues Brothers!» gongolò Satana.«L’avevo detto io che gli occhiali scuri erano eccessivi» fece notare Berny, prendendosi una

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ringhiata dal padrone.«Il miglior vino della casa per i miei ospiti» ordinò Lucy. Morte sbuffò sonoramente, lo guardò di traverso. Possibile che il suo avversario fosse così euforico per aver perso la partita? Di sicuro lo aveva fatto pedinare da qualche demone, quindi doveva sapere che aveva fatto fuori dieci non predestinati.Appoggiò le armi sul tavolo, un po’ per fare lo spavaldo, ma anche perché le sue armi puzzano di sangue e sudore, e sapeva che avrebbero dato fastidio a Satana.«Un po’ di grazia mio signore» disse Lucifero.La mano di Morte si posò sulla lama della sua ascia, la preferita.«Non mi divido mai dalle mie fedeli compagne» proferì Mister Death. Si voltò verso Berny e gli sussurrò all’orecchio di allontanarsi.«Lo sai che è maleducazione» gli fece notare Satana.«Non vorrai che mi metta a gridare nel tuo locale?» lo apostrofò Morte, mettendosi seduto di fronte.«E compra anche un costume da bagno per te!» tornò a gridare al suo servo.«A quest’ora non li trovi i negozi aperti» gli fece notare Lucy.«Ma io compro su internet» rispose stizzito Morte.«E dimmi un po’, sei così sicuro di aver vinto?» gli domandò, un ghigno stampato in faccia.«Guarda, mancano tre minuti, e io e il mio amico Berny ci siamo dati un bel da fare» lo incalzò.«Addirittura amico? Non ti facevo così espansivo» lo prese in giro.«Io e Berny siamo una cosa sola, dovresti saperlo. Non credo faccia differenza per te chi ha ucciso materialmente le vittime, no?» continuò Morte.«No, in effetti non mi interessa, perché in ogni caso voi due non avete fatto un buon lavoro» lo ammonì il diavolo, lo sguardo trionfante.«Dieci cadaveri, era quello che volevi».«Ma uno non l’hai ammazzato, te ne sei andato troppo in fretta e il mio uomo ha pensato bene di rianimarlo».“La settima vittima” meditò Morte ricordando di averlo solo asfissiato… ma non abbastanza!Mr. Death sentì la porta del locale aprirsi, la folata di vento gelido gli accarezzò la nuca. Quando Berny fu al suo fianco notò la mano del suo servo ancora insanguinata.«Siamo una squadra» disse mostrando un sorriso vincitore. «E quindi adesso ce ne andiamo in vacanza, alla faccia tua che dovrai passare le vacanze di Natale a gestirti quei due simpaticoni laggiù» concluse Morte indicando il bancone del bar.Berny sorrise a sua volta. Non vedeva l’ora di prendersi il meritato riposo.«Non capisco…» disse Lucifero, frastornato.«Potevi almeno fare la faccia preoccupata, quando sono arrivato… Invece si vedeva lontano un miglio che mi avevi gabbato» gli fece notare Morte. «Per questo ho mandato subito Berny a finire il lavoro, e poi ho chiesto conferma da te che andasse bene lo stesso per vincere la nostra scommessa».«E quei due deficienti? Li hai chiamati tu?» disse Lucifero fissando i tipi, vestiti come Sam e Dean, che facevano gli idioti con le cameriere.«Sì, li ho chiamati io, così risolvi questa cosa una volta per tutte» disse Morte. «Quei due sono esaltati e pericolosi».«E chi la sente Lilith? Mica posso stare qui durante le vacanze».«Per quello c’ho pensato io» rispose Morte tirando fuori da un sacchetto una bandiera trucida e puzzolente.«E cosa dovrei farci con questa?». Lo sguardo di Lucifero era tutto un programma.«Ma come, non la riconosci? È la bandiera americana. Ho pensato anche per te a Boston. È il regalo di Natale per tua moglie… per la casa bianca all’Inferno». Il sorriso di Mr. Death illuminava l’intero locale.«Capo?»«Sì, Berny».«Mi sarei aspettato qualcosa di meglio».

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«Io no. Da Lucifero devi aspettarti questo e altro».Due vecchietti, ultracentenari, erano stati appena portati sulla spiaggia dalle due infermiere della casa di cura di Honolulu.«Me la sono fatta addosso, capo».«Forse l’unico piacere che ci verrà concesso in questa vacanza sarà proprio quando una di quelle due ragazze ci cambierà il pannolone, fidati».«Buon Natale, capo»«Buon Natale anche a te, socio».

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CATTIVE COMPAGNIEdi Enrica Aragona

«Dario?»Dario spinge il carrello pieno di salumi sottovuoto tra i reparti del drugstore. Si volta, ma non risponde. Non è più il momento di avanzare pretese, ha già fatto il suo dovere, e poi sono da poco passate le undici di sera. Tra poco sarà Natale, e lui ha diritto di tornarsene a casa e buttarsi a peso morto sul letto, anche se la rete cigola, anche se quell’impicciona della vicina di casa lo guarda sempre dallo spioncino. Forse dovrebbe andare a lamentarsi dall’amministratore, Dario. Forse lo farà, ma non oggi. Oggi è la Vigilia di Natale. Ora farà la spesa, se ne tornerà a casa e si butterà sul suo vecchio letto, sbocconcellando patatine e sorseggiando birra davanti all’ennesimo passaggio televisivo di Torna a casa Lassie. «Dario, non fare lo stronzo. Sai che tanto non puoi fare finta di niente. Rispondimi.»Ma Dario non ha intenzione di rispondere. Con un gesto brusco della mano lo scaccia e si ferma davanti allo scaffale delle birre. Ne prende due, poi altre due. Osserva la sottile striscia di plastica che tiene unite le lattine, gli ricorda gli occhiali che portava da piccolo, quelli enormi con la montatura grigia, quando tutti i suoi compagni lo sfottevano chiamandolo Quattrocchi. Allora decide che no, le lattine non ne vuole. Le rimette sullo scaffale e va verso le bottiglie.Paolo, il commesso che sta sistemando i superalcolici, lo osserva con circospezione, poi butta uno sguardo a Pamela, la cassiera bionda appena assunta che stasera ha il turno di notte. Paolo è convinto che Pamela sia troppo carina e troppo esile per fare la cassiera, specialmente la notte. Specialmente la notte di Natale. È da tanto che lui lavora in quel drugstore, e tutte le cassiere che ha visto erano grassocce e pallide. E tutte si lamentavano della luce al neon sopra la cassa, dicevano che evidenziava i foruncoli e le macchie. Pamela no, non si è mai lamentata. Non ancora, almeno, ma forse è solo troppo presto. O forse è solo troppo giovane e troppo carina e del neon non gliene frega proprio niente.«Dario, mi vuoi dare retta?»«Ma insomma, che vuoi ancora?» esclama Dario voltandosi di scatto «avevi detto che al ritorno dal parco mi avresti lasciato in pace. Cristo, me l’avevi promesso! Vattene via, via!»Dario riprende a spingere il carrello e si dirige verso la cassa. La sua testa si muove con movimenti rapidi a destra e sinistra, i suoi occhi guizzano tra gli scaffali cercando conforto, cercando qualcuno che lo aiuti ad allontanare quello stronzo. Possibile che in quel cazzo di supermercato non ci sia nessuno che voglia aiutarlo? Okay, è la notte di Natale, sono tutti a casa a giocare a tombola e a mangiare il pesce fritto, ma cazzo, c’è un commesso, c’è anche una cassiera... perché nessuno lo aiuta? Il suo monolocale. Il suo letto. La vicina pettegola. Il suo Natale con Lassie. Ecco quello che vuole, Dario. Non quello stronzo che lo segue e non gli dà tregua.«La cassiera, Dario. Guardala: è perfetta.»«Lasciami in pace o mi metto a urlare. Lo vedi quel commesso? Se non mi lasci in pace gli dico di chiamare la vigilanza.» «Smettila, non lo faresti mai. Ma non ti piace quella cassiera?»«No.»«A me invece sì. Devi farlo, Dario. Ti giuro che poi me ne andrò e non mi rivedrai mai più. Poi potrai dormire tutto il tempo che vuoi».«Non ti credo, me l’hai già detto tante volte. Non lo farò.»Dario inizia a sistemare i suoi acquisti sul nastro della cassa. Nonostante il freddo sta sudando: le mani tremano, la vista si appanna, il fiato si fa corto.«Stanno per chiudere, tra poco uscirà dal retro, non ti vedrà nessuno».

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«Zitto, basta» mormora Dario, per non farsi sentire.«L’ultima, Dario. Poi me ne andrò.»Dario si gira di scatto, ancora una volta.«Lasciami in pace, Cristo!» urla.Paolo il commesso e Pamela la cassiera si guardano. Forse stanno pensando che sia il caso di chiamare la vigilanza, o meglio ancora, la polizia, ma non lo fanno. Perché Dario paga ed esce, e di persone un po’ strane in quel drugstore se ne vedono tante. In fondo la notte gira sempre gente strana. La notte di Natale, poi, ancora di più. La gente normale la spesa a quell’ora l’ha fatta da un pezzo. La gente normale a quell’ora è a casa, con le gambe sotto una tavola imbandita. No, non vale la pena chiamare la polizia per una cosa simile, meglio non disturbare nessuno. In fondo anche i poliziotti hanno diritto al Natale; meglio lasciarli tranquilli con le loro famiglie, a spizzicare torrone e a giocare a sette e mezzo.Ma mezzora dopo Pamela è in un vicolo, dietro al drugstore, con la gola tagliata. E Paolo è sopra di lei, che piange. Che bestemmia. Doveva chiamarla, la polizia. Sì, avrebbe proprio dovuto. Dario ora è in questura, l’ispettore Mori lo osserva dai monitor, mentre sbuffa pensando alla partita di sette e mezzo lasciata a metà. Stava anche vincendo. Che mestiere di merda che si è scelto, l’ispettore Mori. Niente Natale, niente domeniche, niente di niente. Dario gesticola, si alza, parla, urla, si volta, suda, si guarda alle spalle. Proprio come ha fatto poco prima nel drugstore: a Mori gliel’ha appena detto Paolo. Sembrava impaurito, terrorizzato da qualcosa che vedeva solo lui. Gesticolava come un ossesso, si voltava in continuazione, parlava da solo, urlava anche. «Ispettore» gli chiede l’agente Carletti «com’è andata?»«Come vuoi che sia andata, Carletti? Continua a dire che è stato costretto a uccidere da quel tipo che lo segue sempre» risponde Mori «non ci eravamo sbagliati: il serial killer che cercavamo è lui. Brutta cosa la schizofrenia, Carletti. Portalo via, va’.»

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L'UNDICESIMA STRADAdi Walter Perello

Esiste una strada che può essere trovata ogni 11 anni, si trova sperduta tra le montagne delle Alpi e collega due valli selvagge attraverso il passo delle anime.Ma come vi dicevo, normalmente nessuno la vede perché semplicemente non esiste. Il 23 dicembre 2012 dopo la mezzanotte, la strada è rimasta visibile per un paio d'ore e qualcuno l'ha trovata.Questa è la storia delle anime che l'hanno percorsa e che si sono smarrite per sempre.

− Quella strada sulla destra dove porta?− Non saprei, non c'è nel navigatore.− Ma non l'avevi aggiornato prima di partire?− Si, però non c'è lo stesso.− Ci sarà poco segnale gps.− No, no prende benissimo e che qui la mappa non dà un bel niente.− Vabbè però la direzione mi sembra giusta, va verso nord e va in salita verso il rifugio, quindi

prendiamola che ho voglia di polenta. Che ne dite voi due dietro.. piantatela di limonare e date una mano.

− Ma di che ti preoccupi sei sempre il solito, con il suv che abbiamo che ci frega di un po' di fango, ce le hai le gomme invernali?

− Si, mio padre le ha fatte cambiare ieri ma se gli rovino la macchina non me la da più... non vedi quante buche.

− Ma sei scemo, hai un suv da settantamila euro e ti preoccupi di due buchi per terra, non rompere le palle e sali, metti le ridotte e partiamo che in rifugio mica ci aspettano tutta la notte.

− Tu che dici?− Aspetta che scendo a chiedere a qualche lupo dov'è il rifugio.− Siete tre stronzi, la prossima volta prendiamo la vostra di macchina e poi andiamo dove

cazzo vi pare.− Oh! finalmente, stavo facendo la muffa a sto bivio. Ciao ciao lupi noi andiamo.− Hai visto come va bene, tuo padre le sa scegliere le macchine.− Si, si ma guardate sul navigatore, guarda... adesso non c'è più niente di niente, siamo in

mezzo al nulla.− E tu continua a seguire la strada, da qualche parte ci va di sicuro.− E io ci voglio arrivare prima possibile.− Ma no...vai piano che è pieno di buche, attento!− Che c'è adesso?− Oh ma la volete finire lì davanti di litigare, è Natale, cercate di essere gentili.− Ma non l'hai visto attraversare la strada?− Visto cosa? È tutto buio.− Ma no davanti a noi, per un momento hai illuminato qualcosa− Non ho visto niente, adesso riparto e voi smettetela di rompere le palle.− No non partire.. si è fermato sotto la macchina, l'ho visto arrivare da quel cespuglio e si è

fermato sotto la macchina.− Suona il clacson così se ne va.− Fanculo io non ho visto niente.

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− E suona cosa ti costa.− EEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE− Contenti? l'avete visto andare via da qualche parte?− No.− Niente.− Neanche di qua.− Ma cos'era?− Ma non lo so, sembrava... che ne so! Sembrava qualcosa che si è infilato sotto la macchina,

ecco cosa sembrava.− Allora devi scendere e guardare di sotto… prendi la pila dal portaoggetti e vai a vedere, se è

un animale appena vede la luce scappa di sicuro... Che c'è adesso hai paura dei lupi?− Ma vaffanculo, te e i lupi.. come si accende sta pila?− schiacci una volta e si accende, due fa luce a intermittenza, tre si spegne, te lo devo scrivere?− E chiudi la portiera che fa un freddo cane.− Si, si, prima dammi i tuoi guanti, i miei li ho lasciati nel bagagliaio.− Tieni... e fai attenzione, se è un lupo vieni subito in macchina che lo metto sotto.− Poverino!!− Altro che poverino.. ci facciamo lo spezzatino!− Ragazzi non fate scherzi, Gil non mollarmi qui al freddo− Ma figurati proprio non è serata per fare certe cazzate.− …Ehi! qui sotto non c'è niente, o forse no.. però....ahia....− Che c'è Loris? Cosa hai visto?− Lorissss?− Barbara guarda dalla tua parte, era lì no?− Non c'è più, non c'è più.− L'ha morso?− Come non c'è più ma che stai dicendo?− C'è solo la pila a terra, punta verso il bosco e... ahhhhh− Parti, parti...− Dové Loris? Barbara cos'hai visto?− Era orribile, l'ho visto muoversi − Cosa hai visto muoversi?− Se restiamo qui ci prenderà tutti...vai via via!− Andiamo al rifugio e diamo l'allarme.− Prendi il telefono e chiama aiuto.− No, no... voglio andare via di qui, via via..− Enzo, prendi il cellulare e chiama qualcuno.− Prende?− Si, prende, prende, sto chiamando... Pronto?.Pronto? Abbiamo bisogno di... oh Gesù ma

cosa?− Chi hai chiamato?... ma chi cazzo stai chiamando?− Qui c'è una tipa che chiede aiuto, dice che stanno venendo a prenderla, che stanno

sfondando la porta, oh santissima..− chiedile dov'è− dove sei?− Dice che si trova in un rifugio ma non sa dove, fuori è buio e ci sono loro che vogliono

entrare..− Merda, riattacca, riattacca..− Ok fatto.. ma porca puttana che razza di scherzo era.

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− Rifai il numero, rifai il numero, chiama il fottuto 118..− Pronto? Parlo con il 118?.. oh no è di nuovo lei!! no! No!− Adesso basta!! basta!!− Zitti tutti e due....Lo sentite?− Ma che?..− ertzani tran sion dor sopren qert taled ….− opuz tran sion dum sopren fert taled ….− da dove viene sta merda di cantilena?− Da là, guardateli.... sono qui per noi, siamo fottuti.− Ma cosa sono?− Vuoi scendere a chiederglielo?− via di qua vai, parti.......accelera, accelera!− Si vado, vado... vaffanculo tutti, non ci prenderete mai, mai,....− Li vedi?...sono li davanti, accelera, mettili sotto quegli stronzi, li vedi quanto sono brutti

quegli stronzi? eh..− hanno la sciarpa fucsia di Loris oddio!!− mettili sotto, mettili sotto....− siiiiii crepate bastardi...− la curva, la curva, ma vuoi sterzare.... nooooo− CRASHHHHHHHH− …......................................− ertzani tran sion dor sopren qert taled …− opuz tran sion dum sopren fert taled ….− Ragazzi state bene?− Ho il naso rotto, cazzo ho il naso rotto!!− riparti... forza, forza− Barbara dove vai? Dove stai andando? Non scendere.. di li noooo!!− ARGHHHH!− Non parte, non parte, abbiamo spaccato tutto!!− ertzani tran sion dor sopren qert taled …− opuz tran sion dum sopren fert taled ….− c'è puzza di benzina, abbiamo rotto il serbatoio− non partirà più, siamo fottuti,− scendi!− non posso sono incastrato, la cintura non si sgancia..− stanno arrivando, muoviti!− No.. no, Enzo dammi l'accendino− fanculo tutti.− ertzani tran sion dor sopren qert taled …− opuz tran sion dum sopren fert taled ….− WHOSHHHHHHHHHHH

Le loro voci sono rimaste nell'aria e oggi, 11 anni dopo nel mio rifugio, sono riuscita a sentirle, le ho trascritte per voi che domani verrete e per me che sono ora, nella speranza di trovare una via d'uscita da questa strada e tornare nel mio mondo.Oddio se solo la smettessero..

− ertzani tran sion dor sopren qert taled …− opuz tran sion dum sopren fert taled ….

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A CASA PER LE FESTEdi Michele Protopapas

«E’ questo l’autobus per St. Louis?»“Ma certo! Faccia presto a prendere posto che mancano due minuti a mezzanotte, stiamo per partire!» rispose seccato il magrissimo conducente che già stava allacciando la cintura di sicurezza.Ted percorse velocemente il corridoio del bus dirigendosi verso la sedia 23A, come scritto sul biglietto comprato poco prima. Il bus era pieno e il suo posto spiccava perché era uno dei pochi rimasti liberi: posizionato dalla parte del finestrino e proprio al centro della vettura.«Mi scusi, mi permette di sedere?»Il corpulento uomo che sedeva al posto 23B si alzò, sorridendo cordialmente.«Va a St. Louis? Io, invece, proseguo per Chicago» chiese una volta che Ted aveva preso posto.«Già, torno a casa per le feste!»«Allora è stato fortunato a trovare questo biglietto! Non so se ha visto, ma tutti i voli erano pieni.»«Lo so, ma la società per cui lavoro sino a ieri non aveva ancora accettato la mia domanda di ferie e non ho potuto prenotare in tempo nessun volo.»«Anche io lavoro per una multinazionale, gli ho dedicato la mia vita, ma loro chiedono sempre di più, se potessero si prenderebbero pure l’anima! Quest’anno però torno anche io dalla mia famiglia per Natale!»«Anche la società per cui lavoro io mi ha fatto fare cose orribili, ma il lavoro è il lavoro!»«Lo vede questo? - esclamò poi l’uomo robusto estraendo un piccolo pacco infiocchettato - È per la piccola Kate, la mia nipotina!»«Ottimo!» si limitò a rispondere Ted, che evitò di commentare il fatto che quel pacchetto era tutto ammaccato e coperto di polvere e grasso.«Anche io avrei voluto comprare qualcosa per i miei figli - riprese dopo un po’ -, ma proprio stamattina mi hanno rapinato. Per fortuna mi sono ritrovato qualche banconota in tasca e un volantino di questa compagnia di bus!»«Si parte!» gridò l’autista che poi spense le luci, accese l’autoradio e partì. La luce accecante della stazione dei bus lasciò posto a quella soffusa dell’illuminazione cittadina e, poi, al buio dell’autostrada. Ted pensò di appisolarsi, ma la musica dell’autoradio lo disturbava.«Mi scusi, autista - gridò ad un certo punto - potrebbe abbassare un po’ il volume dell’autoradio!”«Mi aiuta a tenermi sveglio» gridò a sua volta l’autista per farsi sentire.«Ma prima gli Iron Maiden, adesso i Black Sabbath, almeno metta della musica più adatta, tra qualche giorno è Natale!»«Io non vengo a dirle come fare il suo lavoro - rispose l’autista - inoltre quando guido amo ascoltare Heavy Metal, mi piacciono le canzoni che trattano della mia quotidianità!»«Ma noi vorremmo dormire un po’!»«D’accordo!» poi borbottò qualcosa e abbassò il volume della radio che in quel momento trasmetteva gli AC/DC. Ted chiuse gli occhi nel tentativo di appisolarsi, nonostante il suono elettrico di Highway to Hell che continuava ad uscire dalle casse.Il suo tentativo durò pero poco, un certo tipo di angoscia sembrava togliergli il fiato e poco dopo anche una fastidiosa puzza di cadavere lo distolsero dal dormire.Anche l’uomo corpulento sedutogli accanto non dormiva.«Sente anche lei questo odore?» gli chiese immediatamente Ted.«Certo che la sento! Stavo proprio cercando di capire cosa fosse, forse c’è qualche ratto morto sotto le nostre sedie»«Aspetti che controllo!» riprese Ted, e accese la piccola lampada da lettura posta sopra le loro poltrone. Poi iniziò a chinarsi, ma mentre si abbassava vide che il maglione del suo vicino era

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strappato in più parti e mischiava all’originario rosso natalizio con cui era stata colorata la lana il rosso scuro, quasi marrone, del sangue coagulato.«Ma sta bene? - chiese immediatamente Ted - Sta sanguinando!»L’uomo si guardò e nel suo già pallido viso si dipinse una espressione di terrore, poi ancora sconvolto, con un filo di voce si rivolse a Ted.«Si guardi anche lei, ha un buco nella camicia proprio in pieno petto!»Ted si guardò e vide la sua bianca camicia colata di sangue. Subito la tolse e notò in pieno petto un foro. Controllò la gravità della situazione infilando un dito al suo interno; sentì la carne e le ossa, poi lentamente lo spinse sempre più dentro sino a riuscire ad inserirlo del tutto. Come un onda anche le luci di lettura degli altri viaggiatori si accesero e tutti iniziarono ad urlare.«Ci porti all’ospedale! - gridò qualcuno all’autista - Stiamo male!»«Tranquilli che non state male» rispose questo attraverso il microfono Qualcuno tentò di alzarsi.«Tutti Seduti! - gridò con voce sovraumana il conducente - Credete di stare male? Avete dolore? Controllate i vostri battiti e calmate la respirazione, poi ditemi come va!»«Non respiro!» urlò qualcuno, «Il mio cuore non batte!» esclamò qualcun altro.«Forse adesso iniziate a capire! Ormai l’ospedale non vi serve più! Se state calmi e in silenzio vi spiego!»Subito tutti tacquero.«Adoro le feste - riprese il conducente - siete tutti indaffarati a finire i vostri lavori per tempo e venite drogati dalle luci e dai dolci che neanche vi accorgete di essere morti. Di solito devo darvi la caccia, e non mi volete seguire neanche dopo che le proiezioni dei vostri corpi iniziano a marcire come i vostri cadaveri sottoterra, ma sotto le feste basta inventare un viaggio a basso costo, o un invito per una cena con cabaret o per la prima di un film al cinema e ci cascate subito. Se guardate fuori vedrete che siamo quasi arrivati!»Il deserto era illuminato dal rosso delle fiamme che si sprigionavano dalle crepe del terreno e, sempre più fitti, si vedevano ai bordi di quella strada rettilinea alberi secchi coi rami che sembravano fatti d’ossa sembravano chiudersi sulla strada.«Ma io avevo promesso di essere a casa per le feste!» riuscì a dire Ted nonostante fosse bloccato dal terrore.«Tranquillo amico mio - rispose l’autista - secondo me ce la farai!»Il funerale di Ted si svolse proprio la vigilia di Natale.«Avete visto bambini? - disse la moglie ai figli mentre calavano la bara nella fossa - vostro padre ha mantenuto la promessa, è riuscito a essere a casa per le feste!»

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IL REGALO DI NATALE DEL PICCOLO JIMMYdi Marco Orlando

Una gocciolina di bava cadeva, ripetitiva, sul nuovo maglione di lana rossa con gli alberelli di natale ricamati dalla mamma. Si era addormentato con la piccola bocca mezza spalancata e, costante, un filo di saliva, lanciandosi giù, sporcava la lana. Jimmy era lì dalle nove ad aspettare babbo natale; aveva preparato il latte e la mamma, nel pomeirggio, aveva sfornato i biscotti con le gocce di cioccolato che gli piacevano tanto. A intervalli irregolari ne rosicchiava uno, pensando bene di lasciarne anche al suo atteso ospite per il momento in cui si sarebbe fatto vedere. Tutto intorno era fermo. Il rosso ed il giallo del focolare riempivano la stanza della magica atmosfera del 24 di dicembre. Le fiamme leggere disegnavano le ombre e sfumavano i contorni, tutto era magia. L'albero di natale riposava silente accarezzato dal tepore del fuoco, e le calze di lana appese al nero marmo del camino, calde, attendevano d' esser riempite. Jimmy riposava, stanco, abbracciando il suo piccolo beagle che, d'un tratto, si destava per riprender subito il quieto riposo. Sul pesante tavolo di legno del salone, con crepitare leggero, una candela consegnava i suoi ultimi momenti di vita mentre lo stoppino moriva nel caldo della cera. Ma era giunto il momento che tutto accadesse.Suono di campanelli e di zoccoli delle renne si faceva strada dal tetto, e nella stanza risuonava. Cenere incrostata sui mattoni di cotto lungo i muri del camino veniva smossa, e cadeva leggera: una danza di cenere e fumo che si inchinava sulla legna fumante nel focolare. Jimmy si era destato, incapace di comprendere se il sonno lo ingannava o davvero stava per realizzarsi il suo sogno più grande. Lo sentiva, era ormai vicino. Negli occhi viveva la speranza di vedere il vecchio dalla bianca barba calarsi giù col suo enorme sacco, mentre ormai distinto si sentiva il rumore del grattare attraverso il camino. Qualcosa si stava calando, l'emozione raggiungeva il momento più alto. Eppure il suo piccolo cane non condivideva la gioia; tra le zampe nascondeva il muso e tremava, appiattito sulla stoffa rossa della poltrona. Jimmy non lo guardava; era impietrito, pietrificato, paralizzato. Conteneva l'emozione perchè incapace di fare altrimenti, non riusciva neanche a chiamare la mamma che, serena, riposava, lontana due stanze, inconsapevole della “guardia” notturna del bambino per l'incontro con Babbo Natale. Il fuoco, soffocato dalla cenere che ormai copiosa cadeva giù come inchiostro nero, moriva. Tutto nella stanza si spegneva e diveniva freddo. Ora sul bicchiere del latte c'era una strana condensa e dalla bocca del piccolo jimmy, a ogni respiro emozionato, avanzava un bianco vapore. Un gelo inusuale aveva conquistato la stanza, come se insieme al fuoco fosse morta anche la speranza. Non più ombre definite; non più crepitare leggero del fuoco che, rassicurante, illuminava i contorni dell'alto abete addobbato e delle ghirlande appese sullo stipite delle porte. Tutto era buio e morto, e opprimente, e pesante. Jimmy non aveva paura, non si era accorto di quello che intorno gli stava accadendo. I suoi occhi erano l'unico bianco che, ormai, nel nero del salone, si poteva distinguere. Dal camino avanzava una figura, regale. Il piccolo non distingueva né il rosso né il bianco del suo costume, né la barba o i grossi stivali; vedeva solo nero, e un largo cappuccio. Da un lungo mantello nero come la pece facevano capolino due nudi piedi, magri, viola, morti. Le mani, d'un bianco e d'un viola mai visto, stringevano una lunga falce che tagliava l'aria e sibilava nel silenzio. La figura portava una catena spezzata al piede destro; un anello arrugginito gli cingeva la caviglia seguito da pesanti congiunzioni di ferro nero che strisciavano sul legno del parquet; lo rigavano, emettendo un suono simile a un campanello di natale. Sul tetto si poteva sentire distinto il nitrito del suo nero destriero; non ha redini, non ha freno, conosce la strada per comando divino. La nera figura non scopriva il viso rimasto celato dentro il cappuccio; lontani e profondi si osservavano due occhi grigi, vitrei, senza pupille e senza amore. La nera mietitrice fa quello per cui è stato creta, quello per cui è nata. Non conosce la pietà, non può conoscere l' amore, fosse anche per un bambino nella notte di natale.

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Sulla gialla pergamena vede comparire i nomi di coloro per cui il tempo è giunto, e ne prende l'anima con la falce argentata come la luna. Jimmy non poteva piangere e muoversi dinanzi a quella regale signora vecchia di secoli e millenni. Non comprendeva cosa stava succedendo, non poteva provare emozioni; la sua anima ormai stava volando. Non l' aveva mai incontrata eppure la riconosceva, come un familiare. La nera mietitrice si inchinava alzando la falce. Jimmy cadeva, freddo e bianco, sul tappetto di porpora rossa. Cosi finiva l'attesa dell'incontro. L'anima nera si dissolveva e tornava il tepore; il fuoco,lento, si riaccendeva; la magia del natale era tornata. Il cane abbaiava forte, passata la paura, svegliando una famiglia che non sarebbe stata mai più felice.

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RE PORCOdi Davide Tarò

Arrivai a Essen di prima mattina, un lunedì di un freddo dicembre.Era quasi natale, sui tetti spioventi delle casette in uno stile che ricordava quello austriaco, vi erano appesi dei lugubri babbi natale.In realtà, ad una seconda occhiata più attenta, quelle lunghe e grasse figure dall'aspetto vagamente antropomorfo sembravano più maiali.Grassi ed eviscerati maiali vestiti come il vecchio Santa Claus.'King Schweine', era scritto su quello che doveva essere probabilmente, nelle ottimistiche intenzioni dei proprietari, un allegro e festoso cartoccio attaccato alla gola della figura umanoide impiccata in malo modo.Re Porco.Essen è un comune di 8500 abitanti della Bassa Sassonia, dove nei dintorni ci sono molte fattorie e un grande macello di maiali.Io ero lì per quest'ultimo, per controllare eventuali irregolarità segnalate nell'industria della carne suina tedesca, industria efficiente che produce prodotti a basso costo, con una produzione annuale che arriva almeno a 39 chili di carne suina per ogni tedesco.Guardandomi attorno, appena arrivato, restai stupito nel vedere che molte case avevano tendine e lenzuola di color rosso natalizio anche sbiadito alle finestre, anche quello che doveva essere uno studio medico era ora una specie di casa stregata.Figure si muovevano furtive dentro le stanze, ma non volevano farsi vedere, vi erano centinai di ombre, sui citofoni erano scritti più di una ventina di nomi, ma non si sentiva assolutamente nulla, l'aria era immobile e silente.Ero sicuro che in tutta la cittadina fantasma ci fossero ottocento, anche mille lavoratori fantasma, manodopera dell'Europa orientale per servire l'industria della carne, e soprattutto il grande macello che era poco fuori città.Imparai sin da piccolo, da mio padre che era un macellaio piemontese, che tutte la parti del suino, quelle nobili e meno, erano tutte utilizzate dall'industria: il sangue serviva per colorare il salmone che si vendeva al supermercato, ossa, grasso, zoccoli, il budello, uteri, trachea e cotenna per l'alimentazione in Asia, Thailandia, Vietnam, Indonesia ed Usa principalmente.L'industria del porco è una macchina potente, ben oliata che arriva dappertutto, è un'industria così avanzata e così nascosta agli occhi della gente che può permettersi di somministrare a scopo profilattico fino a 520 tonnellate di antibiotici per le “esigenze di sicurezza degli allevatori”.Fino a quando non si svilupperà un ceppo resistente e ucciderà tutti i porci e gli umani.Ormai i veterinari prescrivevano ai porci gli stessi antibiotici che davano alle persone.Non ebbi mai davvero capito nel profondo delle mie budella perché fossi finito a fare un lavoro così simile a quello di mio padre buon'anima, avevo studiato, ero migrato dall'Italia, ed ora ero lì.Fece uno strano quanto fastidioso rumore di merda schiacciata.Era la mia testa che veniva colpita da qualcosa di molto duro.Mi risvegliai in una stalla incredibilmente pulita e dall'odore ficcante di alcol.Era una porzione di stalla in realtà, su per le mura immacolate ancora figure di maiali vestite da Santa Claus appese in malo modo, io avevo una piccola sezione di pavimento di un metro circa tutto per me, pulito, con me almeno una trentina di scrofe, le pareti divisorie ne occultavano la presenza, ma io sapevo il rumore che fanno le scrofe.Ero completamente nudo e bloccato sotto un telaio metallico rotondo dall'aspetto marziale, i mie genitali si intorpidirono e si ritirarono per il freddo contatto del metallo.Buio.

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«Salutiamo compagni un altro giorno operoso donato dal nostro amato King Schweine, tutto il nostro popolo all'appello si svegli in questa luminosa giornata!» gracchiò l'altoparlante.E la sera lasciava il posto alla mattina, ora dopo ora.«Al nostro nuovo arrivato il nostro amatissimo King Schweine ordina di procreare!» intimò improvvisamente una notte qualunque l'altoparlante, molte ore dopo aver augurato la buona notte alla popolazione della fattoria.Urlai e urlai sopra i miei urli che si frangevano autistici su mura sorde.Non volevo, non potevo fare una cosa simile, vomitai; due persone con il camice e con indosso delle maschere da carnevale raffiguranti maiali, mi incatenarono e mi piantarono una siringa sul pene.Ci provarono due volte, lo avevo moscio, mi agitavo e le figure non riuscivano a centrarlo con il lungo e sottile ago.L'ago penetrò.Sentii le mie urla lontane, forse non le producevo neanche io, persi di interesse alla cosa ben presto, smisi di preoccuparmi nel giro di una ventina di minuti, in mezz'ora avevo il pene in piena erezione.Mi ritrovai a infilare il mio coso nel pertugio delle scrofe, e venire dentro di esse.Più e più volte.Non urlai più.Giorno dopo giorno.

L'ultima cosa che vidi, giorni dopo, fu un corridoio grigio leggermente in salita.Dopo una o due svolte, io insieme alle scrofe ed ai maiali entrammo in gruppo in un montacarichi.Mi sentii tranquillo, quasi curioso, ero spinto in avanti da una grata automatica, non potevo fare resistenza, arrivava il gas e tutto si tramutava in colore e felicità.Non vi era più angoscia.C'era sorprendentemente silenzio attorno a me, mi sentivo bene, non mi sentii mai meglio.Io amavo Re Porco, il mio unico sovrano con tutto il mio essere; essere che ora veniva dissezionato e fatto a piccoli pezzi.

25 dicembre

Arrivò il pacco davanti all'uscio della casa festante.I cugini e gli zii dovevano ancora arrivare, i nonni erano già seduti in soggiorno stancamente ancorati sul divano con cuscini rosso natalizio.Gabriele stava messaggiando con gli ultimi amici ai quali stava facendo gli auguri di rito, un messaggio lo dedicò al suo fratellone Davide, lui era in Germania però, aveva lavoro là e non gli avrebbe risposto sicuramente, come faceva di solito.Gli mancava, avrebbe davvero voluto che fosse stato lì con lui per il pranzo di natale.Il campanello suonò, la mamma aprì la porta e vide solo un pacco voluminoso, nessuna anima viva.Prese il pacco e lo portò a casa.Era pesante.Arrivava dalla Germania, doveva averlo mandato Davide.Vi era scritto: 'Frohe Weihnachten!' , l'indirizzo di provenienza recitava in ordinati e anonimi caratteri stampati: King Schweine Spa.

FINE