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Premessa La comparsa della malattia produce nell’individuo un’importante modificazione dell’immagine di sé e dello schema corporeo, una ferita generalmente associata ad un vissuto di angoscia e di dolore che, sul piano affettivo, equivale ad una vera e propria esperienza di lutto. Il sentimento di lutto, accompagnato al vissuto di non essere uguale agli altri perché manchevoli di qualcosa, se non elaborato, può precipitare la persona in uno stato di dolore e di depressione che può sopravvivere all’”evento malattia” stesso. Il progetto da noi proposto si inserisce tra le diverse attività terapeutiche volte al recupero della qualità di vita globale del paziente oncologico nel periodo immediatamente successivo alla malattia ed ai relativi trattamenti ad essa connessi. Il paziente si ritrova a vivere la sensazione, rinforzata anche dall’esterno, di essere miracolato; vissuto che, come una sorta di “luna di miele emotiva”, fornisce un senso di pienezza e forza che riesce a compensare soltanto inizialmente l’emozione di una frammentazione del sé corporeo e di un’angoscia di morte latente. Tuttavia, col tempo, il vissuto di un sé corporeo malato, spesso mutilato, trasformato dalle conseguenze delle terapie effettuate, produce frequentemente un non riconoscimento della propria immagine, un rifiuto di quello che non viene più esperito come tramite di relazione intima ed affettiva con l’altro. Un corpo che all’improvviso è diventato protagonista in negativo della vicenda esistenziale, che porta in sé la memoria della malattia e che potrebbe ancora riprodurla e che emerge ora come figura disturbante sullo sfondo di una quotidianità da recuperare. Tutto ciò genera un vissuto di alienazione da quello che diventa esclusivamente un tempio votato ai controlli medici. La mancanza del canale corporeo come contatto affettivo genera isolamento e penuria di stimoli emotivi. Questo blocco del contatto cerca, e spesso trova, conferma nella relazione con l’altro dell’idea pregiudiziale di non avere più un corpo che può vibrare, esprimere, emozionarsi, amare. La mancanza di contatto e di ascolto profondo che si genera con il partner e nelle relazioni significative, si pone come peggiorativo nel recupero della qualità di vita e come fattore negativo che facilita la comparsa di un’eventuale recidiva. Il periodo successivo alla malattia, quindi, è da considerare pregno di contenuti significativi e parte integrante del processo di presa in carico globale del paziente oncologico. L’alienazione e l’angoscia che accompagnano il paziente trasformano spesso l’attesa dei 5 anni successivi all’esordio della malattia, in una sorta di limbo denso di non vita in cui la consapevolezza di non essere morti non si traduce in una vera e propria scelta di vita. Tale “malattia” talvolta più insidiosa della neoplasia stessa, mina le fondamenta delle relazioni affettive familiari e sociali. Lo strumento della danza permette di raccontare senza parlare, di ascoltare e di comunicare ciò che non si sa di sapere. Ogni narrazione verbale porta in sé il contenuto specifico ed anche la modalità cognitiva che tende ad esprimere i propri vissuti e disagi in una maniera che concordi con la personale visione della realtà nella sua esplicitazione esistenziale e sociale. In tale comunicazione i vissuti profondi ed emozionali si confondono con l’’automanipolazione’ del pensiero che conferma se stesso e la sua immagine nel mondo. Raccontare attraverso il corpo, invece, re-imparando la leggerezza perduta, permette di risperimentare se stessi nel mondo, ricostruendo la propria storia nell’immediata esperienza della relazione. Il proprio corpo può essere di nuovo sperimentato come scrigno di ricchezze dimenticate e come mondo dalle mille cose, ma senza dire una parola. Scoprire la possibilità di recuperare il vissuto della malattia, non più come mostro da uccidere, ma come parte della propria vicenda esistenziale e come dote nella riscoperta di senso della vita. “Io crederei solo ad un dio che sapesse danzare. E quando vidi il mio diavolo, lo trovai serio, esatto, profondo e solenne. Era lo spirito della gravità, per lui precipitano tutte le cose: non si uccide con l'ira, ma con il sorriso. Su, uccidiamo lo spirito di gravità! Ora sono leggero, ora volo, ora mi vedo sotto di me, ora è un dio che si serve di me per danzare.” (“Così parlò Zarathustra.”Nietzsche) Perché il tango? “La coreografia di un tango è il prodotto della comunicazione che s’instaura tra uomo e donna attraverso un dialogo che ha i suoi codici, i suoi canali ed anche uno spazio ed un tempo”. Una comunicazione “immediata” (cioè, non mediata da alcun elemento esterno), diretta, tra due corpi che parlano senza parole, e in questa immediatezza offrono un punto di osservazione privilegiato su ciò che attraverso il corpo si sente, si accetta o si rifiuta La scelta del tango come strumento operativo all’interno di questo discorso si basa dunque sulla considerazione che, al di là degli stereotipi, la coppia/tango sia un’efficace metafora delle principali tematiche relazionali: l’impatto emotivo della vicinanza e della fusione con un altro corpo - con lo scambio energetico ed emozionale che ne deriva, l’alternanza di azione e ricettività, di equilibrio e squilibrio, di silenzio e parola, sono tutte rappresentazioni del modo in cui ognuno gestisce la relazione con sé e con l’altro. Rivivere il corpo dopo il dolore: danzare un’emozione. Per Info: Prof. Francesco De Falco: +39 081 5903620 / +39 081 5903653 [email protected] Dott. Daniela Moriniello : +39 333 3859572 Dott. Ida Bolognini : +39 333 2728946

Rivivere il corpo dopo il dolore: danzare una emozione

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Premessa La comparsa della malattia produce nell’individuo un’importante modificazione dell’immagine di sé e dello schema corporeo, una ferita generalmente associata ad un vissuto di angoscia e di dolore che, sul piano affettivo, equivale ad una vera e propria esperienza di lutto. Il sentimento di lutto, accompagnato al vissuto di non essere uguale agli altri perché manchevoli di qualcosa, se non elaborato, può precipitare la persona in uno stato di dolore e di depressione che può sopravvivere all’”evento malattia” stesso. Il progetto da noi proposto si inserisce tra le diverse attività terapeutiche volte al recupero della qualità di vita globale del paziente oncologico nel periodo immediatamente successivo alla malattia ed ai relativi trattamenti ad essa connessi. Il paziente si ritrova a vivere la sensazione, rinforzata anche dall’esterno, di essere miracolato; vissuto che, come una sorta di “luna di miele emotiva”, fornisce un senso di pienezza e forza che riesce a compensare soltanto inizialmente l’emozione di una frammentazione del sé corporeo e di un’angoscia di morte latente. Tuttavia, col tempo, il vissuto di un sé corporeo malato, spesso mutilato, trasformato dalle conseguenze delle terapie effettuate, produce frequentemente un non riconoscimento della propria immagine, un rifiuto di quello che non viene più esperito come tramite di relazione intima ed affettiva con l’altro. Un corpo che all’improvviso è diventato protagonista in negativo della vicenda esistenziale, che porta in sé la memoria della malattia e che potrebbe ancora riprodurla e che emerge ora come figura disturbante sullo sfondo di una quotidianità da recuperare. Tutto ciò genera un vissuto di alienazione da quello che diventa esclusivamente un tempio votato ai controlli medici. La mancanza del canale corporeo come contatto affettivo genera isolamento e penuria di stimoli emotivi. Questo blocco del contatto cerca, e spesso trova, conferma nella relazione con l’altro dell’idea pregiudiziale di non avere più un corpo che può vibrare, esprimere, emozionarsi, amare. La mancanza di contatto e di ascolto profondo che si genera con il partner e nelle relazioni significative, si pone come peggiorativo nel recupero della qualità di vita e come fattore negativo che facilita la comparsa di un’eventuale recidiva. Il periodo successivo alla malattia, quindi, è da considerare pregno di contenuti significativi e parte integrante del processo di presa in carico globale del paziente oncologico. L’alienazione e l’angoscia che accompagnano il paziente trasformano spesso l’attesa dei 5 anni successivi all’esordio della malattia, in una sorta di limbo denso di non vita in cui la consapevolezza di non essere morti non si traduce in una vera e propria scelta di vita. Tale “malattia” talvolta più insidiosa della neoplasia stessa, mina le fondamenta delle relazioni affettive familiari e sociali. Lo strumento della danza permette di raccontare senza parlare, di ascoltare e di comunicare ciò che non si sa di sapere. Ogni narrazione verbale porta in sé il contenuto specifico ed anche la modalità cognitiva che tende ad esprimere i propri vissuti e disagi in una maniera che concordi con la personale visione della realtà nella sua esplicitazione esistenziale e sociale. In tale comunicazione i vissuti profondi ed emozionali si confondono con l’’automanipolazione’ del pensiero che conferma se stesso e la sua immagine nel mondo. Raccontare attraverso il corpo, invece, re-imparando la leggerezza perduta, permette di risperimentare se stessi nel mondo, ricostruendo la propria storia nell’immediata esperienza della relazione. Il proprio corpo può essere di nuovo sperimentato come scrigno di ricchezze dimenticate e come mondo dalle mille cose, ma senza dire una parola. Scoprire la possibilità di recuperare il vissuto della malattia, non più come mostro da uccidere, ma come parte della propria vicenda esistenziale e come dote nella riscoperta di senso della vita.

“Io crederei solo ad un dio che sapesse danzare. E quando vidi il mio diavolo, lo trovai serio, esatto, profondo e solenne. Era lo spirito della gravità, per lui precipitano tutte le cose: non si uccide con l'ira, ma con il sorriso. Su, uccidiamo lo spirito di gravità! Ora sono leggero, ora volo, ora mi vedo sotto di me, ora è un dio che si serve di me per danzare.” (“Così parlò Zarathustra.”Nietzsche)

Perché il tango? “La coreografia di un tango è il prodotto della comunicazione che s’instaura tra uomo e donna attraverso un dialogo che ha i suoi codici, i suoi canali ed anche uno spazio ed un tempo”. Una comunicazione “immediata” (cioè, non mediata da alcun elemento esterno), diretta, tra due corpi che parlano senza parole, e in questa immediatezza offrono un punto di osservazione privilegiato su ciò che attraverso il corpo si sente, si accetta o si rifiuta La scelta del tango come strumento operativo all’interno di questo discorso si basa dunque sulla considerazione che, al di là degli stereotipi, la coppia/tango sia un’efficace metafora delle principali tematiche relazionali: l’impatto emotivo della vicinanza e della fusione con un altro corpo - con lo scambio energetico ed emozionale che ne deriva, l’alternanza di azione e ricettività, di equilibrio e squilibrio, di silenzio e parola, sono tutte rappresentazioni del modo in cui ognuno gestisce la relazione con sé e con l’altro.

Rivivere il corpo dopo il dolore: danzare un’emozione.

Per Info:

Prof. Francesco De Falco: +39 081 5903620 / +39 081 5903653 [email protected] Dott. Daniela Moriniello : +39 333 3859572 Dott. Ida Bolognini : +39 333 2728946

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Il progetto si terrà presso l’SSD di Psiconcologia dell’ I.N.T. Pacale Di Napoli e si articolerà in 4 incontri di gruppo, ciascuno della durata di 3 ore.

Il gruppo sarà composto di 12 pazienti donne seguite dall’ospedale per i controlli di follow-up.

Il gruppo sarà condotto da una psicoterapeuta della Gestalt ed una psicologa clinica e si avvarrà della collaborazione di un’insegnante di tango argentino.

Gli incontri si terranno nelle seguenti date ed avranno i seguenti temi:

1. 29 ottobre 2012: Riabitare il proprio corpo.

2. 12 novembre 2012: Il contatto e la fiducia.

3. 26 novembre 2012: La riscoperta del corpo nella comunicazione.Danzare un’emozione.

4. 10 dicembre 2012: Dal corpo violato al corpo rinato: la scelta di vita.

Referenti: Prof. Francesco De Falco (Responsabile SSD Psiconcologia Istituto Nazionale Tumori G. Pascale Di Napoli) Dott. Daniela Moriniello (Psicologa clinica, Psicoterapeuta della Gestalt, Presidente Ass. culturale Virgilio) Dott. Ida Bolognini (Psicologa clinica presso L’SSD Psiconcologia I.N.T. G. Pascale Di Napoli, consigliere Ass. culturale Virgilio)

Gruppo di lavoro: Dott. Daniela Moriniello

Modalità di intervento

Il progetto si terrà presso l’SSD di Psiconcologia dell’

I.N.T. Pacale Di Napoli e si articolerà in 4 incontri di gruppo, ciascuno della durata di 3 ore.

Il gruppo sarà composto di 12 pazienti donne seguite dall’ospedale per i controlli di follow-up.

Il gruppo sarà condotto da una psicoterapeuta della Gestalt ed una psicologa clinica e si avvarrà della collaborazione di un’insegnante di tango argentino.

Gli incontri si terranno nelle seguenti date ed avranno i seguenti temi:

1. 29 ottobre 2012: Riabitare il proprio corpo.

2. 12 novembre 2012: Il contatto e la fiducia.

3. 26 novembre 2012: La riscoperta del corpo nella comunicazione. Danzare un’emozione.

4. 10 dicembre 2012: Dal corpo violato al corpo rinato: la scelta di vita.

Referenti:

Prof. Francesco De Falco (Responsabile SSD Psiconcologia Istituto Nazionale Tumori G. Pascale Di Napoli) Dott. Daniela Moriniello (Psicologa clinica, Psicoterapeuta della Gestalt, Presidente Ass. culturale Virgilio) Dott. Ida Bolognini (Psicologa clinica presso L’SSD Psiconcologia I.N.T. G. Pascale Di Napoli , consigliere Ass. culturale Virgilio)

Gruppo di lavoro:

Dott. Daniela Moriniello Dott. Ida Bolognini In collaborazione con Claudia Pane (Insegnante Tango Argentino)

Rivivere il corpo dopo il dolore: danzare un’emozione.

Per Info:

Prof. Francesco De Falco: +39 081 5903620 / +39 081 5903653 [email protected] Dott. Daniela Moriniello : +39 333 3859572 Dott. Ida Bolognini : +39 333 2728946