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1 Luigi Gratton RICHIAMI DI TERMODINAMICA E STRUTTURA DELLA MATERIA Revisione Ottobre-2014 (Trento)

RICHIAMI DI TERMODINAMICA E STRUTTURA DELLA MATERIA · Atomi che hanno uguale numero di protoni ma differente numero di neutroni prendono il nome di isotopi; due isotopi dello stesso

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Luigi Gratton

RICHIAMI DI TERMODINAMICA E STRUTTURA DELLA

MATERIA

Revisione Ottobre-2014 (Trento)

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Materia

Tutte le sostanze che esistono sono costituite da atomi. Esistono solo un numero limitato di

specie atomiche (circa un centinaio), tuttavia la maggior parte della sostanze esistenti sono

costituite da poche di queste specie (ossigeno, silicio, alluminio, ferro, calcio, sodio, potassio,

magnesio, idrogeno e titanio costituiscono il 99,3 % della materia terrestre, compresi gli oceani e

l'atmosfera).

Generalmente gli atomi non si trovano allo stato puro, piuttosto si trovano aggregate tra loro

specie diverse a formare quelle che si chiamano molecole. La diversità della sostanze è dovuta al

numero estremamente grande di molecole che esistono in natura.

Sappiamo per esperienza diretta che la materia si presenta in tre forme: solida, liquida e gassosa.

La differenza tra questi STATI della materia è dovuta a come gli atomi o le molecole interagiscono

tra di loro.

Atomi, Molecole e Sostanze.

Se prendiamo un pezzetto di ferro di un centimetro cubo di dimensione e lo spezziamo a metà

sappiamo tutti che abbiamo a che fare ancora con ferro. Possiamo continuare a spezzarlo ancora ed

avremo ancora dei pezzettini di ferro ma questo procedimento non può continuare all'infinito.

Quando le dimensioni lineari dei pezzettini sono di circa un decimilionesimo di millimetro il

procedimento non può continuare oltre. Il pezzettino finale che si è ottenuto è un atomo di ferro ( Fe è

il simbolo che si adopera per indicarlo). Se lo si spezza ulteriormente non si ha più ferro ma qualcosa

di diverso. Gli atomi di ferro sono tutti uguali tra di loro.

Conviene ricordare che la dimensione caratteristica di un atomo, un decimilionesimo di

millimetro o un Å (1 angstrom=0,1 nanometro ), è cosi piccola che l'atomo non può essere visto

neppure con i più potenti microscopi ottici. Solo i “microscopi a forza atomica” ne permettono una

”osservazione” diretta. Il suo volume è quindi un Å3 circa ( un millimetro cubo diviso per mille miliardi

di miliardi). In un centimetro cubo di ferro ci sono quindi circa un milione di miliardi di miliardi di

atomi. La massa di un atomo di ferro espressa in grammi è circa otto diviso per un milione di

miliardi di miliardi. (Un conto preciso fornisce 9 diviso centomila miliardi di miliardi; la differenza

di un fattore dieci nella stima è dovuta alla non precisa valutazione del volume dell'atomo di ferro che

è leggermente più grande di 1 Å3).

Quando il costituente ultimo di un sostanza è un atomo si dice che quella sostanza è un

elemento puro; gli elementi puri come il ferro (Fe), il rame (Cu), il calcio (Ca) e il carbonio (C) sono

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quindi tanti quante sono le specie di atomi. Gli elementi puri possono trovarsi in natura anche allo

stato liquido, come il mercurio (Hg), o gassoso, come l'elio (He).

Se prendiamo in esame un'altra sostanza, come per esempio il gesso, e procediamo come nei

caso del ferro arriviamo ad un situazione diversa. Quando si raggiunge una dimensione di qualche

angstrom cubo e si tenta di procedere oltre, pur avendo ancora atomi, non si ha più gesso: come ultimo

risultato si ottengono un atomo di calcio (Ca), un atomo di zolfo (S) e quattro atomi di ossigeno (O. La

sostanza gesso puro, quindi, è costituita da sei atomi; questi sei atomi sono la MOLECOLA del

gesso che i chimici indicano con CaSO4. ). Le molecole di gesso sono tutte uguali tra di loro. In realtà il

materiale utilizzato per scrivere sulla lavagna non è gesso “puro” ma la molecola di gesso è "idrata", è

unita cioè a due molecole di acqua ; ma in ogni caso anche e i piccolissimi granelli della sostanza

gesso lasciati sulla lavagna sono costituiti di tantissime di queste,molecole (idrate) unite tra di loro.

Anche le sostanze costituite da molecole possono presentarsi sotto forma di solidi, come il

gesso (CaSO4) e il sale da cucina (NaCl o cloruro di sodio: un atomo di sodio e un atomo di cloro),

liquidi, come l'acqua (H2O due atomi di idrogeno e un atomo di ossigeno) e l'alcool metilico

(CH3OH quattro atomi di idrogeno, un atomo di carbonio e un atomo di ossigeno) e gassoso, come

l'ossigeno che respiriamo (O2 due atomi di ossigeno) o l'anidride carbonica (CO2 un atomo di carbonio

e due atomi di ossigeno).

Come si vede da questi esempi le molecole possono essere composte nei modi più svariati; al

limite possono essere composte anche da un solo tipo di atomo.

Bisogna comunque tener presente che gli atomi non possono LEGARSI tra di loro in modo

qualunque o casuale ma solo seguendo ben determinate regole, tuttavia si può intuire che le possibilità

di formare molecole sono pressoché infinite. Esistono molecole formate da due soli atomi ma ne

esistono anche di quelle formate da migliaia e migliaia di atomi come le proteine o gli acidi nucleici (il

DNA per esempio).

Un'ulteriore cosa da ricordare è l'importanza che ha il modo con cui gli atomi sono legati e la

posizione che occupano all'interno della molecola. Ci sono molecole che sono uguali tra di loro per gli

atomi componenti ma che danno luogo a sostanze che hanno proprietà diverse proprio per questa ragione:

per esempio la formula chimica "bruta" C2H6O corrisponde a due sostanze con differenti proprietà che

sono l'alcool etilico, liquido a temperatura ambiente, e l'etere dimetilico che è gassoso a

temperatura ambiente.

Cenni sulla struttura degli atomi.

Gli atomi di ogni elemento sono fatti da un numero limitato di componenti dette

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PARTICELLE ELEMENTARI (sono dette elementari perché quando furono scoperte si riteneva

che fossero le componenti ultime della materia, che non avessero cioè una struttura complessa); le tre

che contano nella struttura dell'atomo sono il protone, il neutrone e l'elettrone.

Il protone e il neutrone hanno circa la stessa massa che espressa in grammi vale 1,6 diviso un

milione di miliardi di miliardi; la massa dell'elettrone è circa 1800 volte più piccola. L'elettrone

e il protone hanno carica elettrica uguale in valore ma di segno opposto, il neutrone non ha carica

elettrica.

La carica dell'elettrone, ha per convenzione, segno negativo. Le particelle con cariche di segno

opposto si attirano, quelle di segno uguale si respingono. La legge fisica che descrive la forza tra le

cariche è formalmente uguale a quella della forza di gravità, ma (oltre al fatto che la forza di gravità è

sempre attrattiva) l'intensità delle forze elettriche è incomparabilmente più grande: se prendiamo un

elettrone e un protone alla distanza di 1 Ǻ e calcoliamo la forza elettrica che agisce tra di loro troviamo

che vale circa due milionesimi di grammo-peso: un valore piccolissimo. Se però calcoliamo la forza

gravitazionale che agisce tra le due particelle nelle stesse condizioni troviamo che essa è 5x1040

volte più piccola (cioè dobbiamo prendere il valore di prima moltiplicarlo per 5 dividerlo per

centomila miliardi di miliardi di miliardi di miliardi!!). I valori delle forze gravitazionali quali noi li

sperimentiamo quotidianamente sono di gran lunga maggiori perché il numero di particelle e di atomi

che compongono anche un solo centimetro cubo di materia è, come abbiamo visto, grandissimo.

Sulla terra gli atomi generalmente sono neutri ciò vuoi dire che hanno tante cariche di

segno positivo quante di segno negativo. Questo è il motivo per cui a noi sembra che le forze

elettriche abbiano un'intensità inferiore alle forze gravitazionali. Quando carichiamo elettricamente

un corpo, per esempio passando un pettine tra i capelli, in percentuale solo pochissime cariche

elettriche vengono asportate, eppure già in queste condizioni si può sollevare un pezzettino dì

carta vincendo perciò la forza gravitazionale!.

Le particelle elementari, di cui abbiamo parlato fin qui, hanno anche altre importanti proprietà

che qui non prendiamo in esame.

Per comprendere a fondo la struttura di un atomo, non bastano i concetti elementari della fisica

classica, ma bisogna fare uso della moderna teoria quantistica. Tuttavia si può dire ancora qualcosa

utilizzando un modello molto semplificato. Il modello stabilisce che gli atomi hanno un nucleo di

protoni e neutroni circondato da una “nuvola di elettroni” con ciò si vuole indicare che gli elettroni non

si trovano in una posizione ben definita (come ad esempio i pianeti attorno al sole) ma che comunque

sono confinati e la “nuvola” determina la zona dove gli elettroni hanno più probabilità di trovarsi.

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I protoni (e i neutroni) sono legati tra di loro da un nuovo tipo di forza, che deve essere

molto più intensa della forza di attrazione elettrica, per spiegare come mai protoni del nucleo non

si allontanino nonostante la repulsione elettrostatica tra di essi. Queste forza, che agisce solo a

distanze estremamente piccole, è detta forza nucleare. Già a distanze dell'ordine delle dimensioni

atomiche questa forza diventa completamente trascurabile rispetto alla forza elettrica. Non tutte

le particelle risentono di questa forza ad, esempio gli elettroni, così come non tutte risentono

della forza elettrica. Per inciso si può dire che solo la forza gravitazionale agisce indistintamente

su tutto.

Gli atomi dei vari elementi differiscono essenzialmente tra loro per il numero di protoni

contenuti nel nucleo; questo numero prende il nome di NUMERO ATOMICO. In natura

esistono come abbiamo visto un centinaio di elementi al quali ne sono stati aggiunti alcuni

"costruiti" artificialmente. L'atomo più semplice è quello di idrogeno che ha un protone e un

elettrone; il secondo è l'atomo di elio che ha due protoni, due elettroni e in più ha anche due

neutroni. La funzione dei neutroni è quella di stabilizzare il legame fra i componenti del nucleo

e in media sono tanti quanti i protoni, un po' di più man mano che cresce il numero atomico.

Le proprietà chimiche di un atomo cambiano al cambiare del numero di protoni e non dei

numero di neutroni. Quando "carichiamo" elettricamente un corpo, noi non facciamo altro che

strappare e cedere elettroni ma il corpo (la sostanza) rimane quello di prima, Ben diverso sarebbe se

si potesse altrettanto facilmente cambiare il numero di protoni. Il mercurio (Hg) ha 80 di numero

atomico; se si potesse, senza particolari difficoltà, strappare uno dei suoi protoni si otterrebbe

l'elemento di numero atomico 79: l'oro (Au)!.

Isotopi.

Atomi che hanno uguale numero di protoni ma differente numero di neutroni prendono il

nome di isotopi; due isotopi dello stesso elemento, per quanto riguarda le proprietà chimiche,

sono tra loro indistinguibili. Un protone, un neutrone e un elettrone formano un atomo

speciale di idrogeno: il deuterio (si suole indicarlo con la lettera D invece che 2H perché è un

caso molto speciale), che si può legare all'ossigeno dando luogo all'acqua "pesante" (si

chiama pesante proprio perché la massa del deuterio e circa doppia della massa

dell’idrogeno). La presenza del deuterio (possono essere sostituiti uno o entrambe gli atomo

di idrogeno) fa si che le proprietà fisiche e chimiche dell'acqua pesante siano un po’

differenti da quelle dell’acqua "normale" (quest'ultima contiene sempre una certa quantità di

acqua pesante).

Abbiamo detto che la stabilità di un nucleo atomico dipende dal numero di neutroni in

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rapporto a quello dei protoni. Isotopi di alcune sostanze possono avere un numero di neutroni

eccessivo o troppo scarso, ne consegue che questi isotopi non sono stabili: ciò vuol dire che in un

tempo più o meno lungo "decadono", si trasformano cioè in un altro elemento. L'isotopo T

(trizio o 3H) dell'idrogeno, il cui nucleo è costituito da un protone e da due neutroni ha un

eccesso di neutroni e, decade in un isotopo dell'elio (3He), il cui nucleo è costituito da due

protoni e un neutrone (avviene che uno dei neutroni del nucleo emette un elettrone, più un

antineutrino, trasformandosi in un protone). Questi isotopi instabili sono detti genericamente

radioattivi.

L'ulteriore cosa da notare è che lo spazio in un atomo è essenzialmente vuoto. Tutta la

materia lo è tanto che, se si potesse comprimere tutta la massa della terra in modo da non lasciare

spazi vuoti, essa si ridurrebbe ad una sfera di circa 800 m di diametro.

Stati della materia

Come abbiamo visto la materia può presentarsi in tre stati distinti: solido, liquido e gassoso. In

realtà bisognerebbe aggiungerne un quarto: lo stato di PLASMA, che è lo stato della materia

nelle stelle; quest'ultimo però non rientra nell'esperienza quotidiana e pertanto non lo

consideriamo.

Premettiamo intanto che tutte le sostanze possono presentarsi nei tre stati secondo le

condizioni fisiche in cui si trovano (con ciò intendo volume occupato, pressione e temperatura,

questi ultimi due concetti diverranno più chiari in seguito).

Una volta che siano fissate la temperatura e la pressione, lo stato in cui la materia si trova

dipende essenzialmente da come gli atomi o le molecole della sostanza in esame sono legati tra loro e

dalle posizioni che occupano nello spazio.

Quando gli atomi occupano siti ben determinati nello spazio, potendo solo vibrare attorno ad

essi, e questi siti danno luogo a strutture che si ripetono regolarmente nello spazio, si ha a che fare

con solidi cristallini. Ad esempio, per potersi creare un'immagine di quanto detto, si può pensare ad un

alveare ed alla struttura esagonale dei favi che si ripete con grande regolarità sul piano. Gli atomi

occupano i vertici degli esagoni e sono legati tra di loro lungo i lati, il favo costituisce la CELLA

ELEMENTARE del RETICOLO CRISTALLINO, in questo caso esagonale sul piano. Per i

cristalli reali la struttura è in tre dimensioni e immaginarsi il reticolo cristallino e la cella elementare

non è sempre facile. Un reticolo molto semplice è quello cubico costituito da celle elementari

cubiche in cui gli atomi occupano i vertici di un cubo.

Se si spezza un cristallo questo si rompe solo lungo determinati piani (PIANI

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CRISTALLINI) dando luogo a superfici perfettamente piane. La quasi totalità delle sostanze solide

naturali si trova allo stato cristallino, i cristalli tuttavia sono in genere estremamente piccoli

(microcristalli) e i solidi sono costituiti da un agglomerato di tanti microcristalli. Se si rompe un

sasso si può osservare che la parte rotta, se esposta alla luce, "luccica"; il luccichio è dovuto alla

riflessione della luce da parte delle facce regolari e piatte dei più grandi tra i microcristalli.

Una stessa sostanza può cristallizzare in modo diverso: il carbonio, ad esempio, può dar luogo

al comune carbone, alla più ricercata grafite o al preziosissimo diamante!.

I solidi reali microcristallini possono essere più o meno plastici (cioè se sottoposti ad una

deformazione questa permane indefinitamente nel tempo, ne sono esempi il piombo e lo stagno) o

elastici (per esempio l'acciaio). Tuttavia è bene aggiungere che il termine elastico va chiarito: si parla

di elasticità di compressione (dilatazione e trazione) e di scorrimento (flessione e torsione). Sarebbe

quindi opportuno chiarire in che senso i solidi microcristallini sono elastici. Inoltre esiste sempre un

limite di "rottura" oltre il quale o un solido si rompe o la deformazione diventa permanente (il solido

diventa in un certo senso plastico).

Ai fini pratici i solidi cristallini sono praticamente incompressibili, hanno un volume e una

forma propria ed inoltre bisogna fare del lavoro se si vuole asportare un atomo (una molecola) dalla sua

superficie.

Quando il legame che c'è tra gli atomi o le molecole non è cosi forte, come nei cristalli, e le

molecole possono pertanto muoversi "quasi liberamente scorrendo le une sulle altre", si ha a che fare

con sostanze liquide. Nei liquidi non c'è alcun ordine particolare, del tipo di quello che si ha nel

reticolo cristallino. Le forze di coesione che ci sono tra le molecole sono comunque abbastanza forti da

tenerle unite in un dato volume: per esempio una goccia di acqua ha un suo volume (non una forma

propria). Bisogna fare del lavoro per togliere una molecola dalla superficie della goccia: cioè la

forza dovuta alle altre molecole del liquido tende a riportare nella sua posizione una molecola della

superficie se in qualche modo si cerca di asportarla. Queste forze sono responsabili della

TENSIONE SUPERFICIALE e del fatto che la superficie dei liquidi è orizzontale nel campo di

gravità terrestre.

I liquidi non sono plastici. Se si perturba la sua superficie il liquido si deforma per poi tornare

esattamente come prima non appena cessa la perturbazione. Se immergiamo un dito nell'acqua di un

bicchiere ne deformiamo la superficie ma quando la togliamo tutto torna come prima. In questo senso i

liquidi sono elastici, ma, diversamente che nei solidi cristallini, c'è un cambiamento nella posizione

delle molecole.

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Anche i liquidi come i solidi sono praticamente incompressibili.

Una proprietà importante dei liquidi è la VISCOSITA’ (da non confondere con DENSITA')

che è legata a quanto le molecole del liquido possono scorrere le une sulle altre. Un liquido più

viscoso impiega più tempo a tornare in equilibrio quando viene perturbato; in un liquido più viscoso

un sasso cade più lentamente. Ad esempio l'olio d'oliva è più viscoso dell'acqua; il miele lo è più

dell'olio etc.

Esistono delle sostanze, che all'apparenza sono solide e tali si mostrano all'esperienza

comune, che però hanno in comune con i liquidi molte cose, in particolare la mancanza di ordine nella

posizione delle molecole. Queste sostanze prendono il nome di solidi AMORFI o VETRI (perché il

vetro è il più classico tra i solidi amorfi). Queste solidi possono essere considerati come dei liquidi

ad altissima viscosità, le loro molecole possono scorrere le une sulle altre solo lentissimamente. Nel

seguito vedremo alcune delle proprietà che distinguono i solidi cristallini dai solidi amorfi.

Possiamo qui ricordare, oltre al vetro, altri solidi amorfi quali la cera e l'ossidiana e i cosiddetti

"cristalli di Boemia"e i "cristalli di murano", che si usano per fare bicchieri e vasi ma che in realtà

sono vetri particolari e non certo cristalli nel significato fisico della parola.

Quando le molecole (o gli atomi) sono completamente liberi di muoversi, non c'è cioè alcun

legame (o legami trascurabili) tra di esse, e gli urti tra le molecole sono completamente elastici, si ha

lo stato gassoso. Non essendoci nulla che obblighi le molecole a stare le une vicino alle altre è

evidente che un gas non ha un volume proprio e che le molecole tenderanno ad occupare tutto lo

spazio disponibile finché non urteranno contro le pareti del contenitore o, nel caso delle molecole

dell'aria nell'atmosfera terrestre, non saranno trattenute dalla forza di gravità.

I gas sono elastici, per quanto riguarda la compressione, e viscosi come i liquidi, ma a

differenza di questi non hanno volume proprio e sono compressibili perché le distanze medie tra le

molecole sono molto maggiori che nei solidi e nei liquidi; da ciò segue che la densità dei gas è molto

minore che quella dei solidi e dei liquidi: mentre la densità di questi si misura nell'ordine dei mille

chilogrammi, o più, per metro cubo (1000 kg/m3 per l'acqua, 19000 kg/m

3 per l’oro), i gas hanno valori

dell'ordine del chilogrammo per metro cubo alla pressione di una atmosfera e alla temperatura

ambiente o come si suole dire in condizioni standard (nel caso dei gas, come vedremo, è indispensabile

specificare queste condizioni); per esempio la densità dell'aria in condizioni standard è circa 1 kg/m3.

La differenza è circa un fattore mille il che significa, che in un volume pari il numero di atomi è

mille volte minore.

Un gas molto particolare, in quanto è un'idealizzazione, è il GAS PERFETTO o

IDEALE. La sua importanza, da un punto di vista concettuale, è grandissima perché permette di

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schematizzare in maniera semplice il comportamento dei gas reali in moltissime situazioni. Il

modello considera gli atomi del gas come dei punti materiali (aventi massa ma di volume nullo),

non interagenti tra di loro, il cui moto è governato dalle leggi della dinamica, e che abbiano urti

perfettamente elastici con le pareti del recipiente che lo contiene. I gas reali seguono bene le leggi che si

deducono da questo modello particolarmente a bassa pressione (quando cioè la dimensione del volume

degli atomi è piccola rispetto al volume del recipiente che lo contiene e le distanze interatomiche sono

grandi in modo che le attrazioni reciproche siano trascurabili) e ad alta temperatura.

Cambiamenti di stato. Calore1 e Temperatura.

Tutti sappiamo che un pezzo di ferro può fondere (diventare liquido) e risolidificare (queste due

operazioni sono comuni nelle fonderie); può persino bollire ed evaporare (per farlo evaporare non occorre

necessariamente farlo prima bollire ma, in ogni caso, occorre della strumentazione adeguata), infine

può di nuovo condensare.

Si dice allora che si fa CAMBIARE DI STATO (fisico) il ferro. I cambiamenti di stato sono

comuni a tutte le sostanze anche se in certi casi è difficile ottenerli in laboratorio.

Per comprendere correttamente come avvengono i cambiamenti di stato bisogna aver presenti

alcuni concetti quali temperatura, energia (termica), calore, e pressione che si chiariranno con il procedere

della esposizione. Per iniziare è sufficiente l'idea che comunemente si ha di questi concetti e che la

temperatura la si misura con termometri. Inoltre bisogna avere presente quanto detto finora sugli "stati

della materia".

Per semplicità farò la supposizione che la pressione sia di un atmosfera per tutto quanto detto in

questo contesto (tranne quando lo dirò esplicitamente).

Alla temperatura ambiente (per convenzione nei testi di fisica la TEMPERATURA

AMBIENTE è stabilita in 23 gradi centigradi) ci sono sostanze che si trovano allo stato solido, come

il ferro e lo stagno, allo stato liquido, come l'acqua e l'alcool etilico, e allo stato gassoso, come

l'ossigeno o il metano. Sappiamo anche che se cambiamo la temperatura l'acqua può solidificare

(ghiacciare) ed evaporare, il ferro può fondere etc.

La temperatura, evidentemente, gioca un ruolo essenziale. Prima di tutto bisogna capire come si

fa a far variare la temperatura di una sostanza. Facile!. Prendiamo il ferro, che è il nostro esempio

preferito: basta scaldarlo o raffreddarlo. Si dice che gli si fornisce del calore o glielo si sottrae ma

1 Il termine calore viene spesso utilizzato al posto di energia termica; per chiarire la differenza rimando

all’appendice “Lavoro, calore , energia interna” Qui utilizzerò il termine calore e tra parentesi energia termica

quando nel parlare quotidiano viene utilizzato tale termine. Potrà sembrare noioso alla lettura ma lo scopo è

mettere in evidenza l’improprietà di linguaggio.

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sarebbe più corretto dire che gli si fornisce energia o gliela si sottrae. Per far ciò la cosa più semplice

sembra essere quella di usare un fornello; ma come fa la fiamma del fornello a trasferire calore (energia

termica) e a scaldare il pezzo di ferro?. Che cos'è in realtà questa energia che viene trasferita e come? E

che cos'è che cambia nella sostanza, che noi chiamiamo temperatura?

La risposta a queste domande non è banale ma è relativamente semplice alla luce delle

conoscenze sulla struttura della materia (bastano i concetti esposti in precedenza); inoltre fornisce la

chiave per capire come avvengono i cambiamenti di stato, cosa si intende per calore (energia

termica), cosa per temperatura e perché è importante tener conto della pressione in tutti questi

processi.

Per lungo tempo gli scienziati hanno pensato che il calore fosse una specie di fluido (il fluido

calorico), che passava da un corpo ad un altro riscaldandolo o lo abbandonava raffreddandolo. Questo

fluido non è stato mai trovato sperimentalmente e, dopo che Joule ha dimostrato che il calore (inteso

come energia termica e non, come modalità di scambio di energia) è una forma di energia, il

modello è stato abbandonato perché inutile. Noi diamo per scontato che il calore è un modo di

scambiare energia. Non analizzo qui la esperienza di Joule, che tuttavia sarebbe di interesse estremo

anche in questo contesto. Ma in fondo quello che dirò è una versione semplificata e non quantitativa

dell'esperimento di Joule: mi preme però aggiungere che Joule, quando fece la sua misura, non aveva

quasi nessuno dei concetti di struttura della materia esposti da me prima; pertanto per noi trarre delle

conclusioni può essere più facile.

Per tornare al nostro problema, rimandiamo al seguito la discussione del funzionamento del

fornello, e soffermiamoci momentaneamente su un altro fenomeno in cui sperimentiamo variazioni di

temperatura: se ci strofiniamo con forza le mani le "sentiamo" più calde, anche se strofiniamo con forza

una mano su un oggetto sentiamo la mano più calda e sappiamo che anche l'oggetto si è riscaldato.

Sappiamo perché si riscalda: c'è attrito!. Intanto sappiamo anche che il riscaldamento, cioè la

variazione di temperatura delle mani e dell'oggetto, è reale perché un termometro può misurarla e,

ovviamente, non ci accontentiamo della spiegazione macroscopica "c'è attrito" in quanto fin qui non

sappiamo esattamente cosa sia e non ci da nuove informazioni. Un'altra cosa che conosciamo è

come sono fatte microscopicamente le sostanze solide.

Poiché la mano ha una struttura complessa che non rientra tra quelle trattate, consideriamo un'altra

situazione in cui due superfici di ferro a forma di disco (ad esempio i freni a disco delle automobili

vanno bene perché è noto a tutti come funzionano e che si possono riscaldare moltissimo) di cui una è

in rotazione e l'altra è vincolata (sta ferma) e che strofinano; si sa che in questa situazione si

riscaldano. Se consideriamo la struttura microcristallina dei due dischi, risulta evidente che, a livello

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atomico o molecolare, lo strofinio (l'attrito) va interpretato in termini di urti tra gli atomi (o

molecole) di uno dei dischi, che ruotano tutti nello stesso verso, con quelli dell'altro. Questi urti

aumentano il movimento degli atomi del disco "fermo" (che già vibravano attorno alla loro posizione

di equilibrio nel reticolo, come detto prima riguardo alla struttura dei solidi cristallini). Anche gli

atomi del disco in rotazione, a causa del rinculo, aumentano il loro moto di vibrazione.

Quando un atomo in un sito reticolare viene perturbato, per esempio per l'urto aumenta la sua

energia cinetica, anche tutti gli atomi che gli stanno intorno ne risentono a causa dei legami reticolari:

anch'essi si mettono a vibrare più ampiamente distribuendosi l'energia acquistata dal primo. Poiché il

numero degli atomi delle superfici che si urtano è estremamente grande e le direzioni reciproche tra

questi sono del tutto casuali, le quantità di energia associate a ciascun atomo sono diverse; inoltre in

un tempo più o meno lungo tutti gli atomi dei dischi avranno risentito della perturbazione. Le

vibrazioni sono completamente disordinate.

Microscopicamente osserviamo una TRASFORMAZIONE di energia: l'energia cinetica

ORDINATA (energia meccanica) associata alla rotazione del disco si trasforma in energia termica

DISORDINATA. Macroscopicamente la velocità di rotazione del disco diminuisce (il disco frena);

l'energia totale si conserva poiché aumenta l'energia termica dei dischi; la temperatura dei dischi

aumenta.

La temperatura in qualche modo dà una misura dell'energia associata alla vibrazione delle

molecole: in particolare la TEORIA CINETICA DEI GAS dimostra che la temperatura è

proporzionale alla ENERGIA CINETICA MEDIA delle molecole di un gas, ma un discorso

analogo si può fare per i solidi e i liquidi.

Esaminiamo ora un altro esperimento. Se mettiamo in un thermos 100 g di acqua a 0°C e poi vi

immergiamo 10 g di ferro a 100°C dopo qualche tempo acqua e ferro vanno all'Equilibrio Termico

ad una temperatura di circa 1°C. Se invece dei 10 g ferro ne mettiamo 100 g, sempre a 100°C, la

temperatura di equilibrio diventa circa 10°C (dieci volte maggiore). Si vede che la temperatura finale

cambia nonostante le temperature iniziali dell’acqua e del ferro siano le stesse. Si intuisce chiaramente

che qualcosa viene scambiato tra ferro ed acqua. In questo tipo di esperimento si nota che la le

temperatura finale viene a dipendere dalla massa del ferro. Che il fenomeno dipenda anche dalla

temperatura dell'acqua e del ferro è evidente: basta ripetere l'esperimento mantenendo costanti le masse

e variando alternativamente la temperatura dell'acqua e del ferro. Procedendo in questa maniera si può

determinare la legge che governa questo fenomeno e si vede che le temperature iniziali dell'acqua e

del ferro non sono che alcuni dei parametri dai quali dipende la temperatura di equilibrio finale. Ciò che

viene scambiata è energia termica e non certo temperatura.

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Un corpo caldo cede calore (energia termica) ad un corpo più freddo e non viceversa l’energia

termica passa dal corpo a temperatura maggiore a quello a temperatura minore; il calore misura la

quantità di energia termica scambiata. L'equilibrio termico si raggiunge ad una temperatura intermedia

tra le due.

Ciò avviene perché l'energia cinetica media degli atomi del ferro è maggiore di quella delle

molecole di acqua. Ricordiamo quanto detto prima circa la proporzionalità tra temperatura ed energia

cinetica media delle molecole.

In altre parole, attraverso il meccanismo microscopico degli urti, gli atomi più "energetici” ("più

caldi") trasferiscono parte della loro energia cinetica a quelli meno energetici ("più freddi"). In questo

modo si ha una ridistribuzione dell'energia finché si raggiunge una situazione di equilibrio.

Prima di tornare al nostro problema iniziale voglio ricordare qualche punto di notevole interesse.

In primo luogo il numero delle molecole che entrano in gioco in processi quali quelli descritti

è grandissimo (ricordare quanti atomi ci sono in un centimetro cubo di ferro!). Per la descrizione di

"fenomeni termici" è allora opportuno fare uso della STATISTICA (come accennato prima). Si

parla, per esempio, di valori medi ma ciò non vuoi dire che tutti gli atomi hanno proprio l'energia

cinetica media; alcuni avranno un energia maggiore altri minore con una certa "distribuzione" attorno

al valore medio; alcuni, pertanto, si muoveranno più velocemente di altri.

L'energia termica è "disordinata" nel senso che è associata ad un insieme di corpi che si muovono

in modo disordinato; nell'esempio visto, affinché gli atomi dei dischi possano restituire l'energia sotto

forma di energia cinetica di rotazione, bisognerebbe che urtassero tutti esattamente nello stesso verso

l'altro disco; ciò è impossibile da un punto di vista delle probabilità. Per chiarire: è

probabilisticamente impossibile mettere d'accordo tutti gli atomi dei dischi per farli urtare tra di loro

esattamente nella maniera opposta a quella che ha prodotto il riscaldamento dei dischi stessi. Mentre

l'energia meccanica può essere sempre trasformata completamente in calore (energia termica) non è

vero il contrario.

Tutta una branca della fisica detta TERMODINAMICA si occupa dei processi che

coinvolgono scambi di calore (energia termica). La termodinamica prende in considerazione solo

grandezze macroscopiche.

Da un punto di vista storico è interessante notare che la termodinamica fu sviluppata in maniera

indipendente dalla conoscenza della struttura della materia.

Il modello proposto considera gli atomi (e le molecole) come delle palle da biliardo legate tra loro

da molle; in questo caso l'energia termica totale (di un corpo) dipende dalla massa delle palle e dalle

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costanti elastiche (dalla rigidità) delle molle. Questo modello, cosi come esposto, è troppo

semplicistico, nonostante ciò riesce a spiegare, almeno qualitativamente, un grande numero di

fenomeni fisici. In particolare il modello non è in grado di spiegare correttamente il CALORE

SPECIFICO, che definirò tra breve, delle sostanze ed è, per esempio, proprio per i valori diversi

che hanno i calori specifici dell'acqua e del ferro che, a parità di massa, di temperatura iniziale e di

energia impiegata, il ferro si scalda più dell'acqua. Non è il caso qui di andare oltre su questo

argomento perché il discorso diventerebbe complicato e ci porterebbe lontano.

Un'osservazione da fare è che gli atomi (le molecole) dei solidi sono sempre in vibrazione; si può

comunque pensare che, se abbassiamo la loro temperatura, l'energia associata alle vibrazioni andrà

diminuendo e al limite sarà ridotta a zero; in queste condizioni l'energia cinetica media degli atomi,

secondo il modello proposto, sarebbe nulla e la temperatura non potrebbe più scendere perché si

sarebbe raggiunto un limite: lo ZERO ASSOLUTO. La cose non sono semplici, ma lo zero

assoluto esiste ed è a -273,15°C.

Mi pare utile, ancora, ricordare quale sia la definizione di: calore specifico, caloria e capacità

termica.

Il calore specifico è la quantità di calore (energia termica) necessario per alzare di un grado

centigrado lo temperatura di un grammo di una data sostanza.

La caloria (piccola caloria) è la quantità di calore (energia termica) necessario per portare un grammo di

acqua distillata dalla temperatura di 14,5°C a 15,5°C alla pressione di una atmosfera, la si indica con

cal. Una unità spesso usata è la chilocaloria o grande caloria che equivale a mille piccole calorie e la

si indica con kcal o Cal.

L’unità di misura del calore specifico è pertanto la caloria per grammo per grado centigrado per l'acqua

vale 1 cal/g°C (alla pressione di una atmosfera ed alla temperatura di 15°C) è mentre per il ferro vale

0,11 cal/g°C).

La capacità termica è il prodotto del calore specifico per la massa.

Per inciso: il calore specifico di tutte le sostanze dipende dalla temperatura (tende a zero quando la

temperatura si approssima allo zero assoluto). Infine ricordiamo che Joule misurò sperimentalmente

l’equivalente meccanico della caloria: 1 cal corrisponde a 4,18 Joule. In ultima analisi osservò che per

far variare di temperatura una grammo di acqua di un grado centigrado ( tra 14,5°C e 15,5°C alla

pressione di una atmosfera) è necessario “spendere” 4.18 J di lavoro meccanico (per esempio

sfruttando l’attrito).

Per quanto riguarda il calore specifico c'è ancora da dire che esso può essere misurato

mantenendo costanti il volume o la pressione. Nel caso dei solidi e dei liquidi si suole mantenere

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costante la pressione (come nella definizione precedente); si parla più correttamente allora di calore

specifico a pressione costante. Ma mentre per i solidi e i liquidi la distinzione tra calore specifico a

pressione costante e a volume costante (dato che i coefficienti di espansione termica di questi sono

piccoli in valore assoluto) non è importante, se non da un punto di vista concettuale, nel caso dei gas la

differenza diventa essenziale.

Torniamo infine al problema dal quale siamo partiti: il riscaldamento del ferro con un fornello.

Adesso siamo in grado di capire come mai il ferro si riscalda.

In realtà c'è un ultimo piccolo ostacolo: come si trasmette il calore (l’energia termica)?

Macroscopicamente diciamo che si trasmette per CONDUZIONE, CONVEZIONE e

IRRAGGIAMENTO. Lascio in disparte l'ultimo, sebbene è per irraggiamento che il sole riscalda la

terra.

Innanzi tutto in una sostanza il calore (l’energia termica) si propaga dalle zone più calde a quelle

più fredde finché non si raggiunge una situazione di equilibrio (ad una temperatura intermedia). La

conduzione è tipica dei solidi mentre la convezione lo è dei liquidi e dei gas.

L'interpretazione microscopica ci fa capire il perché.

Con trasmissione, ovviamente, intendiamo la maniera in cui il l’energia termica si propaga e

quindi raggiunge tutti i punti di una sostanza ed inoltre come passa da una sostanza ad un'altra. Per i solidi

la spiegazione l'ho già data parlando dei dischi di ferro. Le vibrazioni si propagano da una parte

all'altra del reticolo cristallino per gli urti che ci sono tra gli atomi vicini. Queste urti fanno sì che le

perturbazioni non rimangano localizzate ma si trasmettano passando da un sito reticolare all'altro.

Questo tipo di trasmissione è la conduzione. Un parametro importante della conduzione è la velocità

di propagazione del calore (dell’energia termica), che determina per esempio se una sostanza è isolante

termicamente o meno. Questo parametro, assieme alla capacità termica, ci fa sembrare "più caldo" un

pezzo di legno rispetto a un pezzo di ferro che, in realtà, abbiano la stessa temperatura.

La conduzione avviene anche nei fluidi. Nei fluidi (liquidi e gas) il procedimento è analogo salvo

che, in questo caso, gli atomi (o le molecole) non sono vincolate a un sito reticolare. Il

procedimento è casuale ma macroscopicamente si osserva che le zone fredde si riscaldano mentre quelle

calde si raffreddano, c'è quindi un flusso di energia da una parte all'altra del fluido.

Perché si abbia conduzione tra due sostanze è necessario che esse siano in contatto diretto, cosi

sono gli urti tra gli atomi della superficie della sostanza più calda (che possiedono quindi un energia

cinetica media maggiore) con quelli della superficie della sostanza più fredda i responsabili della

trasmissione. L’energia all'interno delle due sostanze si propaga come detto prima. Il processo

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continua finché le due sostanze raggiungono l'equilibrio termico.

Per spiegare la convezione è necessario tener presente la forza di gravità, ed il fatto che

usualmente le sostanze si dilatano al crescere della temperatura. Se scaldiamo dal basso una sostanza

gli strati inferiori si dilatano prima degli altri; la loro densità diventa inferiore a quella degli strati

soprastanti; se gli strati sono liberi di muoversi, come nei fluidi, per la spinta di Archimede

cominciano a salire mentre quelli superiori più freddi e meno densi ne prendono il posto instaurando

un ricambio continuo. Nei liquidi questi movimenti sono facilmente osservabili. Da notare che la

convezione è la principale responsabile degli scambi termici nell'atmosfera terrestre.

La convezione è più efficace della conduzione come mezzo di propagazione dell’energia,

pertanto molti sistemi di riscaldamento pratici la sfruttano. Per far questo si utilizzano delle ventole

che aiutano gli scambi termici rimescolando i fluidi. Un esempio comune sono i termoventilatori o i

forni a convezione.

Torniamo di nuovo al nostro fornello! Grazie ad una qualche reazione chimica di

combustione, dal fornello a gas viene prodotto del calore (energia termica), che, per mezzo

principalmente della convezione dell'aria, viene trasmesso al ferro il quale per conduzione

(finalmente!) può scaldarsi in modo più o meno omogeneo.

Adesso osserviamo ciò che succede microscopicamente nel ferro: vediamo che, man mano che

forniamo energia, gli atomi oscillano sempre di più (le oscillazioni diventano più ampie ed il corpo

si dilata), finché l'energia associata alle oscillazioni non diventa uguale a quella che li tiene vincolati

nella loro posizione all'interno del reticolo cristallino. A quel punto ogni ulteriore apporto di energia

serve a rompere i legami reticolari. Gli atomi hanno allora abbastanza energia cinetica da diventare

"liberi" di muoversi nello spazio, pur mantenendo quasi invariate le distanze reciproche.

I vincoli del reticolo cristallino non esistono più: il solido passa alla fase liquida (da notare che il

volume rimane praticamente invariato).

Macroscopicamente si osserva un aumento graduale della temperatura finché permane la fase

solida, poi, improvvisamente la temperatura cessa di crescere ed il solido comincia a liquefare. Da

quel punto in poi tutto il calore (l’energia termica) fornito serve a "rompere" i legami reticolari: non si

osserva più un aumento della temperatura (quindi l'energia cinetica media degli atomi rimane invariata),

finché tutto il corpo non diventa liquido (questa è una situazione ideale, perché c'è sempre una

differenza di temperatura tra una parte e 1’altra di un solido, dovuta alla conducibilità termica finita di tutte

le sostanze).

Ogni sostanza cristallina è caratterizzata da una ben determinata TEMPERATURA DI

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FUSIONE (fissata la pressione) e da quanto calore (energia) sia necessario apportare per far

liquefare l'unità di massa di quella data sostanza; quest'ultima grandezza prende il nome di

CALORE LATENTE DI FUSIONE (l'aggettivo "latente" sta proprio ad indicare che quel calore

non fa aumentare la temperatura). Il calore latente lo si misura in cal/g (calorie per grammo).

Per l'acqua la temperatura di fusione è di 0°C, mentre per il ferro è di 1535°C; il calore latente di

fusione dell'acqua è di circa 80 cal/g (alla pressione ambiente bisogna fornire ottanta calorie per

fondere un grammo di ghiaccio), per il ferro il calore latente di fusione vale invece 65 cal/g (sempre

a pressione atmosferica).

Il processo inverso, la SOLIDIFICAZIONE, avviene quando il liquido si raffredda.

Microscopicamente gli atomi (o le molecole) perdono energia cinetica finché la loro

energia eguaglia quella del legame cristallino. A quel punto gli atomi cominciano a sistemarsi

nelle loro posizioni di equilibrio reticolare e non hanno più la possibilità di muoversi liberamente:

rimangono vincolati a "vibrare" attorno ai siti reticolari. Durante questo processo viene ceduto

calore (energia) all'ambiente.

Macroscopicamente si osserva una diminuzione della temperatura finché il liquido

comincia a solidificare. A quel punto la temperatura cessa di diminuire per poi riprendere la

discesa quando tutto il liquido è completamente solidificato.

La TEMPERATURA DI SOLIDIFICAZIONE è uguale a quella di fusione (fissata

la pressione); esistono, ovviamente, anche i calori latenti rispettivi che hanno gli stessi valori di

quelli di fusione.

I solidi amorfi si comportano in maniera sostanzialmente diversa. Si osserva, all'aumentare

della temperatura, un graduale rammollimento della sostanza.

Microscopicamente si osserva che l'aumento di energia cinetica media delle molecole si

traduce in una maggiore "libertà" che hanno queste di muoversi. Si osserva cioè che la

temperatura cresce gradualmente mentre il "solido" diviene man mano più "fluido" (meno

viscoso) fino a raggiungere uno stato di completa "liquefazione". Non esistono calori latenti di

fusione ben individuabili. Il processo inverso (la risolidificazione come amorfo) non è talvolta

facile da ottenere (non per il vetro da finestra); in genere si cerca di raffreddare in modo

estremamente rapido la sostanza allo stato liquido, in modo da non dare tempo alle molecole

di risistemarsi nel reticolo cristallino (si cerca di "congelare" la "struttura" dello stato liquido).

Un'ulteriore osservazione relativa alle transizioni di fase allo stato solido riguarda

la. possibilità, per altro assai frequente, che al crescere della temperatura un solido possa

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passare da una fase cristallina ad un'altra, ancora cristallina e quindi solida. Anche queste

prendono il nome di transizioni di fase.

In questo caso si osserva, macroscopicamente, che, pur continuando a fornire calore

(energia termica), la temperatura smette di aumentare mentre la sostanza permane allo stato

solido. Microscopicamente si osserva che all’energia fornita non è associato un aumento della

temperatura, ma l’energia serve per riarrangiare gli atomi (o le molecole) in una struttura

cristallina diversa ma più "stabile" a quella temperatura e a quella pressione. Il ferro per

esempio transisce dalla fase beta (reticolo cubico a facce centrate) alla fase gamma (reticolo

cubico a corpo centrato) alla temperatura di 912°C e alla pressione di una atmosfera. Anche in

questo caso si parla di calori latenti associati alle transizioni.

Se continuiamo a fornire calore (energia termica) ad un liquido, questo aumenta di temperatura

finché questa raggiunge un valore, particolare per ogni sostanza e per ogni pressione, oltre il quale non

può esistere più lo stato liquido. Nel liquido si formano delle bolle che contengono la stessa sostanza

ma allo stato “gassoso” e che salgono alla superficie liberando la sostanza allo stato di vapore. Si dice

che il liquido entra in ebollizione; la temperatura alla quale avviene questo fenomeno prende il nome di

TEMPERATURA DI EBOLLIZIONE. A questa temperatura tutto il liquido passa allo stato di

vapore.

La transizione dallo stato liquido allo stato gassoso si chiama EBOLLIZIONE e il suo

opposto CONDENSAZIONE.

Macroscopicamente, come nel caso della fusione, anche all'ebollizione osserviamo che la

temperatura della sostanza rimane costante finché tutto il liquido non è passato allo stato di vapore.

Esiste quindi un CALORE LATENTE DI VAPORIZZAZIONE.

Da un punto di vista macroscopico osserviamo che, all'aumentare della temperatura, aumenta

l'energia cinetica media degli atomi (delle molecole), finché questa eguaglia il valore dell'energia che

tiene uniti gli atomi nel liquido, da quel punto in poi il calore (energia termica) fornito serve a vincere

la coesione che c'è tra gli atomi allo stato liquido. La temperatura della sostanza non aumenta più

finché non c'è più alcuna coesione tra gli atomi. Da quel momento il liquido non può più esistere, a

quella data pressione, ed il vapore può aumentare di temperatura.

Gli atomi del vapore, essendo liberi di muoversi nello spazio, possono occupare tutto lo spazio

disponibile.

La spiegazione della condensazione è simile a quella della solidificazione. L'unica cosa che

bisogna tener presente è che non si parlerà di legami reticolari ma di quella che abbiamo chiamata

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coesione degli atomi in fase liquida.

A pressione di una atmosferica la temperatura di ebollizione dell'acqua è di 100°C mentre quella

del ferro è di 2750°C. Il calore latente di evaporazione, alla temperatura di ebollizione, ed alla

pressione atmosferica, vale per l'acqua 540 cal/g e per il ferro 1504 cal/g.

Come si vede ho specificato anche la temperatura alla quale dare il valore del calore latente di

evaporazione, ciò perché, com'è noto, i liquidi "evaporano" anche a temperatura inferiore a quella di

ebollizione: per esempio l'acqua delle pozzanghere. Questo fatto è facilmente interpretabile in

termini microscopici. La temperatura è legata alla energia cinetica media delle molecole: tra le

molecole, come ho specificato prima introducendo il concetto statistico di energia cinetica media, ci

saranno allora anche di quelle che hanno energia cinetica elevata; può perciò darsi che giunga alla

superficie di un liquido, diciamo dell'acqua, una molecola con velocità sufficiente a rompere la

coesione che c'è tra le molecole del liquido. Questa molecola abbandonerà il liquido. Quello che

succede in realtà è che si raggiunge uno stato di equilibrio tra le molecole che lasciano la superficie e

quelle allo stato di vapore dell'aria soprastante che ritornano sulla superficie (purché l'ambiente sia

chiuso e isolato). La quantità di vapore che esiste all'equilibrio sopra la superficie del liquido,

trattandosi di un gas (vapore) la si misura dandone la pressione e prende il nome di PRESSIONE (o

TENSIONE) DI VAPORE SATURO. Se la situazione non è in equilibrio (il sistema non è

chiuso e isolato) può prevalere la condensazione (un esempio sono i vetri delle finestre quando fa

freddo) o l'evaporazione (esempio sono le pozzanghere in un giorno ventoso e assolato che si

asciugano velocemente). La pressione di vapore saturo dipende fortemente dalla temperatura .

Un liquido bolle quando la tensione di vapore raggiunge il valore della pressione

dell'ambiente soprastante. Quando si raggiunge questa condizione tutta la massa del liquido

partecipa all'evaporazione: si formano infatti bolle di vapore all'interno del liquido, come si osserva

nell'acqua bollente. Tra evaporazione ed ebollizione non c'è differenza sostanziale, se non perché la

temperatura di ebollizione è il limite al di sopra del quale non può esistere lo stato liquido a quella

pressione.

Per inciso si osserva che il liquido si raffredda se prevale l'evaporazione perché sono le

molecole più veloci (a più alta energia) quelle che abbandonano il liquido Nel caso contrario si

riscalda: è pericoloso aprire il coperchio di una pentola con l’acqua in ebollizione perché il vapore si

può condensare sulle mani o peggio sul viso provocando ustioni!.

Una speciale evaporazione, il termine esatto è SUBLIMAZIONE (il passaggio diretto dallo

stato solido allo stato di vapore), avviene anche alla superficie dei solidi solo che i valori delle

tensioni di vapore a temperatura ambiente sono talmente bassi che noi non vedremo mai sublimare un

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pezzo di ferro; tuttavia certe sostanze, ad esempio la "naftalina", sublimano facilmente; anche il

ghiaccio in giornate particolarmente ventose può sublimare.

Un'altra cosa da dire sulla temperatura di ebollizione è che essa dipende molto fortemente dalla

pressione. Per quanto detto prima sulla tensione di vapore, si ha ebollizione quando la tensione di

vapore raggiunge la pressione dell'ambiente soprastante; se la pressione è inferiore ad una atmosfera,

ovviamente sarà sufficiente una temperatura più bassa per raggiungere tale pressione. Per il ferro la

temperatura di ebollizione scende a 1297°C alla pressione di un miliardesimo di quella atmosferica

(che è facilmente ottenibile in laboratorio). Nel caso dell'acqua, se si abbassa la pressione a due

centesimi di atmosfera essa bolle a circa 20°C!!. In montagna, le pressione è più bassa, per esempio a

2000 metri è circa 0,78 atmosfere e l'acqua bolle a circa 93°C: questo è il motivo per cui i cibi

cuociono male in alta montagna.

A pressione maggiore di una atmosfera ovviamente la temperatura di ebollizione sale: le

pentole a pressione sfruttano questo fatto.

Un cenno merita anche il concetto di UMIDITA’, che è relativo al vapore acqueo. L'umidità è la

quantità di vapore acqueo presente nell'ambiente. Si distingue tra UMIDITÀ ASSOLUTA e

UMIDITA’ RELATIVA. L'umidità assoluta è la massa totale di vapore acqueo presente

nell'unità di volume. Per la legge dei gas ideali, fissata la temperatura e il volume, la massa, totale

contenuta in quel volume è proporzionale alla pressione. Pertanto l’umidità assoluta risulta

proporzionale alla pressione del vapore acqueo nell'ambiente. Molto più usato è il concetto di

umidità relativa che rappresenta il rapporto tra la massa di vapore acqueo realmente presente

nell'ambiente e la massa di vapore acqueo che ci sarebbe nell'ambiente in condizioni di

saturazione; anche per l'umidità relativa si suole preferire la definizione in termini di

pressione: essa rappresenta il rapporto tra la pressione del vapore e la tensione (pressione) di

vapore saturo ad una data temperatura e si esprime in percentuale.

Il concetto di umidità relativa permette di spiegare alcuni fenomeni comuni nella vita

quotidiana. Dire che si ha una umidità relativa (nel parlare comune l'aggettivo "relativo " viene

normalmente omesso) del 100% significa che a quella temperatura acqua e vapore hanno

raggiunto l'equilibrio. Ogni quantità in più di vapore che si forma, per esempio da una pentola

che bolle e che è ad una temperatura maggiore di quella dell'ambiente, non può rimanere allo

stato di vapore (invisibile); infatti condensa e forma quella nuvoletta bianca che si osserva

sopra la pentola e che è costituita da goccioline microscopiche di acqua.

Se l'umidità relativa è alta, come nelle giornate afose (cioè ad alta umidità relativa), si

sente molto caldo e "si suda". Avviene che l'acqua emessa per traspirazione dalla pelle, che

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serve a mantenere bassa la temperatura del corpo attraverso l'evaporazione (come abbiamo visto

un liquido che evapora si raffredda), non può più evaporare facilmente e rimane allora sulla

pelle formando goccioline di sudore. Una folata di vento ci fa sentire refrigerio, non perché

l'aria in moto sia più fresca (è alla stessa temperatura dell'aria ferma!!), ma perché facilita

l'evaporazione del sudore favorendo la diffusione delle molecole di acqua nell’ambienta (da

qui l'utilità dei ventilatori).

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Appendice

Lavoro, calore energia interna.

Lo scopo di questa appendice è quello di chiarire il significato di alcuni termini che

vengono utilizzati in modo ambiguo.

Nel parlare quotidiano si fa spesso confusione tra calore e temperatura, due concetti

ben distinti di cui abbiamo parlato nel testo. Purtroppo non è l’unico fraintendimento sul

concetto di calore; spesso il termine calore viene utilizzato in maniera non corretta, anche in

testi di fisica, al posto di quello di energia interna (termica) di un sistema fisico.

In questa appendice vorrei chiarire la differenza che c’è tra i due termini.

Per arrivare allo scopo devo essere un po’ più “tecnico” nel linguaggio, ma spero di

riuscire a far comprendere le differenze concettuali tra le varie grandezze considerate.

Cominciamo col dire che calore e lavoro hanno le stesse dimensioni fisiche

dell’energia: vengono espresse in Joule (J) o eventualmente nel caso di energia termica in

calorie.

La seconda cosa da prendere in considerazione è il modo con cui un sistema fisico può

scambiare energia con un secondo sistema fisico o con l’ambiente circostante. Sottolineo che

per sistema fisico si può intendere qualunque cosa per la quale possano essere definiti alcuni

parametri e grandezze caratteristiche. Un sistema fisico può essere, per esempio, una pentola

piena di acqua. Parametri e grandezze che lo definiscono possono essere la massa e il

materiale della pentola, la sua forma, il suo volume, lo stato della superficie, la massa

dell’acqua contenuta, la temperatura ecc. L’ambiente circostante è un secondo sistema fisico

costituito da tutto ciò che sta intorno alla pentola per esempio possiamo considerare l’aria

che circonda la pentola, il tavolo o il fornello su cui la pentola sta appoggiata, la temperatura

e la composizione dell’aria, la temperatura del fornello ecc. ecc.

Come si vede il concetto di sistema fisico è un concetto vago che va definito volta per

volta a seconda del problema che si sta affrontando.

Per semplificare il problema si può considerare come esempio un sistema fisico

semplice: una massa di gas ideale (vedi testo) contenuta in un certo volume che abbia una

data pressione e temperatura. Si tratta ovviamente di un sistema che non esiste ma che

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possiamo utilizzare in un primo momento come “modello”. Per ambiente intendiamo ciò che

sta fuori dal sistema.

Quando questo sistema scambia energia con il mondo circostante le sua energia interna

può aumentare, se l’ambiente cede energia al sistema, o diminuire se il sistema cede energia

all’ambiente. Nel caso di un gas ideale lo stato del sistema è completamente definito dai

parametri pressione volume e temperatura una volta fissata la quantità di gas (tecnicamente:

il numero di moli). Supponiamo che il sistema passi a causa dello scambio di energia da uno

stato A caratterizzato dai valori VA, PA, TA (volume, pressione e temperatura) ad uno stato B

caratterizzato da VB, PB e TB. La sua energia interna passerà dal valore EA al valore EB .

formalizziamo quanto detto:

( 1

Dove U è l’energia che il sistema scambia con l’ambiente.

Esistono due soli modi con cui un sistema fisico chiuso può scambiare energia con il

mondo circostante. Un sistema fisico può fare o subire del lavoro oppure scambiare “calore”.

Notare che l’espressione ( 1 ha validità generale.

Facciamo un esempio: una massa di un chilogrammo posta a un metro dal suolo

possiede una certa energia EA (in questo caso energia potenziale gravitazionale in A) ma se

applicando una forza esterna la portiamo a due metri di altezza la sua energia diventerà EB

(energia potenziale in B). L’energia del sistema è variata a causa del lavoro fatto dalla forza.

L’espressione ( 1 diviene:

( 2

Dove con W si è indicato il lavoro fatto dalla forza per sollevare la massa da A a B. Il

lavoro è stato fatto sul sistema pertanto la sua energia è aumentata. Un’osservazione

importante è che mentre c’è una variazione di energia del sistema, non si parla di variazione

di lavoro: questo significa che il lavoro fornisce una misura della variazione dell’energia.

Usando una terminologia tecnica: l’energia (potenziale) è una variabile di stato (in questo

caso dipendente soltanto dall’altezza a cui si trova la massa). In parole povere, ma un po’

imprecise, ha senso parlare di differenza di energia ma non di differenza di lavoro!

Facciamo un esempio del tutto analogo per un'altra situazione: Prendiamo un litro di

acqua alla temperatura ambiente (23oC) contenuto in una pentola e la scaldiamo fino ad

un‘altra temperatura (50oC). Anche in questo caso il sistema fisico passa da uno stato A ad

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uno stato B e la su energia interna (chiamiamola termica) passa da EA a EB. L’energia

termica scambiata dal sistema (assorbita dato che la temperatura è cresciuta) la scriveremo:

Q ( 3

Dove con Q si è indicato il calore. Il calore è pertanto una misura dell’energia

termica scambiata!. Ciò significa che non ha senso parlare di differenza di calore così come

prima non aveva senso parlare di differenza di lavoro.

Tutto quanto detto viene dai fisici riassunto in una espressione molto semplice:

( 4

Questa espressione è fondamentale e costituisce quello che i fisici chiamano primo

principio della termodinamica o principio della conservazione dell’energia.

Nell’espressione si intende che il calore è assorbito dal sistema (la sua energia interna

aumenta e pertanto il segno è positivo) mentre il lavoro è fatto dal sistema (la sua energia

interna diminuisce pertanto il segno è negativo).

Per riassumere il senso dell’appendice: attenzione a quando si utilizza il termine

calore!. Il termine esprime una modalità di scambio di energia e non va confuso con

l’energia (termica) che un sistema fisico possiede. Un sistema possiede energia non calore o

lavoro!

Per essere più precisi i fisici scrivono l’espressione ( 4 nel modo seguente:

( 5

La differenza tra la (6 e la (7 non è una sottigliezza formale: dU indica che l’energia

interna è un differenziale esatto (U indicava una differenza finita!). Il simbolo indica che

calore e lavoro non sono differenziali esatti.