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1 re R ECOLOGICHE: Lo scorso 2010 è stato l’anno della biodiversità e possiamo sperare che nessuno più metta (almeno ufficialmente) in discussione la necessità di considerare la sua conservazione una priorità. Ciò che si sta facendo lentamente strada è un nuovo approccio alla tutela della natura, che orienti le strategie a mantenere e rafforzare i processi naturali dai quali dipende la sopravvivenza degli ecosistemi, che della biodiversità sono i serbatoi. Si è dunque spostato l’asse del discorso ambientale e delle conseguenti politiche dalla tutela della specie alla tutela degli habitat, dalla tutela dei singoli siti a quella degli ecosistemi. In questo nuovo ridisegnato contesto ecco che si delinea come fondamentale l’idea di RETE ECOLOGICA, concetto che indica una strategia di tutela della diversità biologica e del paesaggio fondata sul collegamento continuo di settori di rilevante interesse ambientale-paesaggistico, ad integrare il modello di tutela focalizzato sulla preservazione delle aree protette che tendeva a “ghettizzare” aree verdi accerchiate da territori estremamente antropizzati. Delle meravigliose isole in un mare di cemento…separate le une dalle altre! La rete ecologica nasce dunque dalla necessità di armonizzare e rendere coerente una serie di elementi: se si parla di tutela degli habitat, per fare un esempio semplice, la rete ecologica costituisce un essenziale sistema per la conservazione. Corrispondendo con il “dominio geografico delle specie animali e vegetali autoctone”, cioè l’insieme dei luoghi dove gli animali vivono, si riproducono ed attraverso i quali si spostano, la rete ecologica crea un importante sistema di collegamento che impedisce l’isolamento ed il rischio di estinzione perché favorisce gli spostamenti e le ridistribuzioni geografiche. Il Parco del Rio Vallone rientra nel progetto di Rete Ecologica Regionale nel settore della Brianza Orientale svolgendo per propria configurazione un’importante funzione di connessione ecologica. È dunque di grande interesse per il Parco che sia chiaro e venga valorizzato il rilievo delle reti ecologiche stesse, intese come pratiche che permettono di progettare il territorio in maniera integrata e priva di incoerenze, avendo esse a che fare con problemi trasversali quali il consumo di suolo, la frammentazione territoriale e la sostenibilità dello sviluppo insediativo. Le reti ecologiche si tratteggiano inoltre come strumento fondamentale di rafforzamento delle tipicità locali: esse costituiscono una possibilità di processo qualificativo importante, che progressivamente si espanda ad “inglobare” altre aree vicine. La riduzione della frammentazione dunque è da vedersi come chiave di riduzione del degrado ecologico, perdita di biodiversità… e quindi d’identità. “DALLA TUTELA DELLA SPECIE ALLA TUTELA DEGLI HABITAT” ( ( ) P rimavera2011 n. 02 / anno 2011 Direttore responsabile: Pietro Anello - Editore: Bergamo Grafiche Editoriali srl - ROC 18921 (Suplemento della testata l’EDITORIALE) - Tipografia: MIOLAGRAFICHE srl (MI) Tiratura: 5.000 copie - Carta utilizzata con marchio FSC (forest stewardship council) ti SALTAMARTINO 06-2011.indd 1 14/07/11 16:48

re R ti ECOLOGICHE - Parco del Rio Vallone · Direttore responsabile: Pietro Anello ... e senza spaventarla osservarla al lavoro. ... (Macrolepiota procera)

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re R ECOLOGICHE:

Lo scorso 2010 è stato l’anno della biodiversità e possiamo sperare che nessuno più metta (almeno ufficialmente) in discussione la necessità di considerare la sua conservazione una priorità. Ciò che si sta facendo lentamente strada è un nuovo approccio alla tutela della natura, che orienti le strategie a mantenere e rafforzare i processi naturali dai quali dipende la sopravvivenza degli ecosistemi, che della biodiversità sono i serbatoi.Si è dunque spostato l’asse del discorso ambientale e delle conseguenti politiche dalla tutela della specie alla tutela degli habitat, dalla tutela dei singoli siti a quella degli ecosistemi. In questo nuovo ridisegnato contesto ecco che si delinea come fondamentale l’idea di RETE ECOLOGICA, concetto che indica una strategia di

tutela della diversità biologica e del paesaggio fondata sul collegamento continuo di settori di rilevante interesse ambientale-paesaggistico, ad integrare il modello di tutela focalizzato sulla preservazione delle aree protette che tendeva a “ghettizzare” aree verdi accerchiate da territori estremamente antropizzati. Delle meravigliose isole in un mare di cemento…separate le une dalle altre! La rete ecologica nasce dunque dalla necessità di armonizzare e rendere coerente una serie di elementi: se si parla di tutela degli habitat, per fare un esempio semplice, la rete ecologica costituisce un essenziale sistema per la conservazione. Corrispondendo con il “dominio geografico delle specie animali e vegetali autoctone”, cioè l’insieme dei luoghi dove gli animali vivono, si riproducono ed attraverso i quali si spostano, la rete ecologica crea un importante sistema di collegamento che impedisce l’isolamento ed il rischio di estinzione perché favorisce gli spostamenti e le ridistribuzioni geografiche.

Il Parco del Rio Vallone rientra nel progetto di Rete Ecologica Regionale nel settore della Brianza Orientale svolgendo per propria configurazione un’importante funzione di connessione ecologica. È dunque di grande interesse per il Parco che sia chiaro e venga valorizzato il rilievo delle reti ecologiche stesse, intese come pratiche che permettono di progettare il territorio in maniera integrata e priva di incoerenze, avendo esse a che fare con problemi trasversali quali il consumo di suolo, la frammentazione territoriale e la sostenibilità dello sviluppo insediativo. Le reti ecologiche si tratteggiano inoltre come strumento fondamentale di rafforzamento delle tipicità locali: esse costituiscono una possibilità di processo qualificativo importante, che progressivamente si espanda ad “inglobare” altre aree vicine. La riduzione della frammentazione dunque è da vedersi come chiave di riduzione del degrado ecologico, perdita di biodiversità… e quindi d’identità.

“DALLA TUTELADELLA SPECIEALLA TUTELA

DEGLI HABITAT” (

( )

Primavera2011n. 02 / anno 2011

Direttore responsabile: Pietro Anello - Editore: Bergamo Grafiche Editoriali srl - ROC 18921 (Suplemento della testata l’EDITORIALE) - Tipografia: MIOLAGRAFICHE srl (MI)Tiratura: 5.000 copie - Carta utilizzata con marchio FSC (forest stewardship council)

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Va premesso che il territorio del Parco costituisce un ganglio della rete ecologica provinciale; allo stesso tempo è attraversato da diversi corridoi ecologici (sia della rete

regionale che di quella provinciale, come ad esempio quello denominato “Dorsale Verde Nord”, che dovrebbe collega il Ticino all’Adda).Un ganglio è il posto dove “si produce e si mantiene” la biodiversità (è il posto, meglio dire l’ecosistema, dove

c’è il maggior numero di animali e piante, soprattutto quelle di pregio): in particolare nel Parco è costituito dall’insieme degli ecosistemi boschivi di cui il nucleo principale è il “Boscone di Ornago”, che per la sua estensione rimane di assoluta rilevanza nel circondario. Un corridoio è invece il percorso lungo cui facilitare gli spostamenti degli animali da ganglio a ganglio;

una popolazione localizzata se non ha di che scappare, in caso di qualche elemento di disturbo rischia di scomparire; inoltre è un fattore altamente positivo per la conservazione delle specie che le popolazioni localizzate nei vari

gangli possano venire a contatto e riprodursi, realizzando così un continuo rimescolamento del corredo genetico (per capire l’utilità della cosa basti pensare alla maggiore frequenza di malattie che si verificano laddove si hanno unioni tra consanguinei).Gangli e corridoi disegnati nelle reti ecologiche esistono già, e la cosa più importante è dunque mantenerli. Il Parco oltre a ciò può però rinforzarne la funzione, in particolare quella dei corridoi, con alcune azioni mirate di riqualificazione.Gli interventi di forestazione del Parco, già effettuati e in cantiere per un totale di 6,5 ettari, hanno nel contesto delle reti ecologiche una duplice funzione: ampliare il ganglio presente, basato sugli ecosistemi boschivi, e al contempo “rafforzare”, aumentandone la larghezza, i corridoi presenti lungo i corsi d’acqua (che in alcuni punti sono costituiti solo da strettissime fasce boscate di 1-2 metri). È evidente che, vista la locale vocazione del ganglio, è stata fatta una scelta di interventi utili in primis a specie animali legate a boschi e boscaglie. Altro fronte di azione locale riguarda la creazione di zone umide. I terreni argillosi presenti in larga parte del territorio del Parco, si prestano per ricreare con relativa facilità piccoli stagni destinati ad ospitare piante e animali legati a questo ambiente, ma anche semplicemente utili per l’abbeveraggio di animali di altri ambienti; per questo gli interventi passati e futuri su questo fronte (in particolare con un progetto specifico del Parco finanziato dalla Fondazione Cariplo volto a ricreare una decina di nuovi stagni) sono correlati all’ubicazione degli interventi forestali e delle zone umide già presenti lungo i corridoi ecologici.E’ infine importante ricordare che le diverse azioni del Parco sopra citate si affiancano allo studio e al monitoraggio scientifico di ambienti e specie, fattore indispensabile per tarare ogni azione relativa al consolidamento delle reti ecologiche e che qualifica ogni serio intervento in campo naturalistico-ambientale.

LA TELA DEL PARCO:STRATEGIE E AZIONI DEL PARCO”...

...PER MIGLIORAREIL PROPRIO

PATRIMONIONATURALISTICO.

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È difficile trovare qualcuno che non ami le farfalle. È la farfalla, almeno in quanto immagine, che ci avvisa delicatamente dell’arrivo della primavera con la sua aggraziata comparsa che colora e anima i prati ed allieta le nostre passeggiate.Eppure quanto poco sappiamo di lei!Intanto, ad esempio, forse non conosciamo nulla dell’ordine a cui appartiene (Lepidotteri), che è numerosissimo: si contano circa 165000 specie nel mondo, di diversa dimensione. Le nostre zone sono popolate dalla vanessa dell’ortica, dalla vanessa c-bianco, dall’edusa, il macaone, dall’ icaro o dalla bianca cavolaia maggiore. Nei boschi vive l’egeria e un’altra specie, dal volo e dalla sagoma che ricorda un po’ quella di alcune libellule: è l’amata . La farfalla è un lepidottero come la sua “cugina” falena, dalla quale però di solito si differenzia chiaramente non solo per le abitudini di vita (diurna una notturna l’altra) ma anche per le antenne, che nelle farfalle sono clavate mentre nelle falene sono filiformi; inoltre quando le farfalle sono a riposo hanno le ali chiuse a libro sul dorso. Il ciclo vitale di questi insetti è breve, ma decisamente poco noioso: durante la loro vita (la cui

lunghezza varia di solito da pochi giorni a poche settimane secondo la specie), si alternano quattro differenti stadi.L’UOVO accoglie lo sviluppo del bruco, che a momento debito fuoriesce rompendolo e se ne nutre, per recuperare energie; il neonato BRUCO, dopo una serie di mute, ovvero di cambi di “pelle”, si fissa per mezzo di fili di seta ad un supporto oppure cerca un rifugio oppure tesse

un bozzolo di seta: in ogni caso si trasforma in PUPA (o crisalide), che, con la “pelle” indurita rimane completamente immobile per un certo tempo mentre al suo interno avviene la trasformazione più eclatante.A questo punto, poco prima dello sfarfallamento (momento magico ma decisamente impegnativo), il colore della FARFALLA ADULTA all’interno della crisalide appare sempre più evidente, finché ormai sottilissimo l’involucro si fende e la farfalla, nell’aspetto a noi più familiare, comincia faticosamente ad uscire.Da quel momento e per tutta la sua esistenza la nostra amica passerà le giornate svolazzando leggera di fiore in fiore succhiando nettare (sostanza della quale in questo stadio si ciba) ed rallegrando, inconsapevolmente, lo sguardo di chi la sorprende.Una vita breve ma decisamente ricca di trasformazioni…e di poesia.Il Parco del Rio Vallone è intenzionato a lanciare un monitoraggio scientifico all’interno del suo territorio per conoscere e censire le specie che effettivamente hanno scelto il nostro Parco come dimora.Vi terremo aggiornati!

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Al genere ortica appartengono diverse specie presenti in tutta Italia; la più comune, presente anche nel Parco, è appunto l’ortica comune (Urtica dioica), e, come le altre ortiche, è ricoperta da peli urticanti. Questo aspetto, che noi vediamo come inconveniente, costituisce in realtà la difesa naturale della pianta, ed è dovuto all’acido formico contenuto nei peli. Ciò nonostante, questo ingegnoso

ma per noi fastidioso stratagemma non le ha impedito di essere raccolta da sempre per i più svariati fini: anzi, a dire il vero è stata proprio l’attributo urticante a renderla tanto preziosa. Nei secoli lontani si usava fustigare l’articolazione dolorante con mazzi di ortiche fresche per stimolare la circolazione del sangue ed il cuoio capelluto per arrestare la caduta dei capelli, e lo stesso si usava fare anche nella cura di gotte e reumatismi. Ma non si estinguono in obsolete pratiche antiche le qualità di questa pianta speciale: oltre al già citato acido formico essa contiene infatti clorofilla, carotene,

L’ORTICA: NON FIDARSIDELLE APPARENZE

UNA PIANTADISPETTOSA,

MA DALLE NASCOSTEQUALITà AMICHE

CHI CONOSCE LA FARFALLA

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La popolazione delle api è organizzata in una vera e propria società fondata su tre caste: api regine api operaie e fuchi. La regina è la madre di tutto il suo popolo, vive in una cella speciale dell’alveare, è più grossa delle altre perché fin da quando è neonata viene alimentata solo con pappa reale, un alimento speciale molto nutriente: la regina infatti ha una gran lavoro da svolgere, visto che lei da sola depone migliaia di uova al giorno! E governa

sulle operaie, numerosissime, che poi sono tutte figlie sue e tutte femmine; i n s t a n c a b i l i lavoratrici si

occupano dell’immenso lavoro che un alveare richiede; le api operaie sono molto ben organizzate ed i compiti sono esattamente distribuiti: ci sono le guardiane, le predatrici, le nutrici (le “ancelle” della regina) e diverse altre classi oltre chiaramente le incaricate della raccolta del miele. E i maschi? Il maschio dell’ape si chiama FUCO, è privo di pungiglione, non ha cestelli per trasportare il polline come le operaie e non secerne cera (il cemento dell’alveare): la sua unica funzione è quella di “compagno” della regina che a dire il vero non è una moglie molto affettuosa. Non appena si avvicina l’autunno i maschi, essendo concluso il momento di riproduzione e fecondazione delle uova, vengono

cacciati dall’alveare. Non che la regina sia cattiva, semplicemente tra le api va così. E poi c’è davvero un gran da fare per mandare avanti oltre cinquanta mila figlie: è talmente indaffarata a fare uova che esce dall’alveare solo una volta l’anno per il volo nuziale. La prossima volta che vedi un’ape pensa alla complessa e meravigliosa società in cui vive, e senza spaventarla osservarla al lavoro. Attenzione però a non disturbare, potrebbe pungerti… e se tu ne hai paura (anche se non è pericolosa una puntura isolata, a meno che tu non sia allergico) immagina quanta deve averne lei: il pungiglione resta ancorato alla pelle per questa ragione si dice che un’ape punge una sola volta e poi muore.

RISPOSTA AL PRECEDENTE: SA L’È CUSÉE???La mazza di tamburoEbbene sì, avete indovinato: quello riportato nell’ultimo numero del Saltamartino è un particolare del cappello di una “Mazza di tamburo” (Macrolepiota procera). Cresce nei boschi meglio conservati del Parco ed è un eccellente fungo commestibile (il cappello). Va però consumato ben cotto; si presta per la preparazione di cotolette, quando il cappello è totalmente aperto e con le lamelle ancora bianche, mentre con gli esemplari più giovani (non ancora aperti, che assomigliano appunto a “mazze di tamburo”) si preparano gustose frittate. Meglio evitare di consumarlo crudo (anche di prepararlo alla griglia o alla piastra) perché leggermente tossico. E mi raccomando: la “vera” Mazza di tamburo ha il gambo zebrato; se è privo di decorazioni può essere una specie strettamente imparentata con qualche problema di tossicità in più.

NUOVO QUESITO DI QUESTO NUMERO: SA L’È CUSÉE???A chi appartiene il particolare ingrandito riportato nella foto a sinistra? A tutti coloro che invieranno tramite mail la risposta esatta entro il 15 luglio 2011 e che sono iscritti alla newsletter del Parco, sarà inviato in omaggio una cartina del Parco o un gadget a scelta. Può essere data una sola risposta e inviata un’unica mail per ogni quiz. Nel prossimo numero la risposta esatta con un breve approfondimento sull’”oggetto misterioso”!!!

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a ORTICHE IN CUCINAOrtiche in cucina: le ortiche si lessano come fossero spinaci o erbette.Si lavano in acqua fresca corrente e si sbollentano per 2 minuti, infine si strizzano e sono pronte all’uso! Si possono aggiungere alla minestra o cuocerle con il riso, oppure impastarle con patate e farina per ottenere gnocchi verdi, o con uova fresche sbattute per farne frittate delicate e saporite.

SONO LORO CHE PRODUCONO IL MIELE CHE CI PIACE TANTO, TEMIAMO LE PUNTURE DEL LORO PUNGIGLIONE….MA CHI CONOSCE DAvvERO I SEGRETI DELLE API? (IL MERAvIGLIOSOMONDO DELLE API

vitamina c, tannino, ferro, potassio, ha particolari proprietà diuretiche e depurative, doti emostatiche e ricostituenti. E non è finita qui! Un tempo dal suo stelo si usava ricavare delle fibre tessili che fornivano uno speciale filamento verde estremamente resistente. Dell’ortica,

in modi diversi, si utilizzano le radici, i germogli teneri, le foglie, gli steli ed i semi; anche a livello alimentare se ne possono fare svariati usi, è tuttavia opportuno cuocere le parti almeno 12 ore dopo la raccolta, affinchè abbiano nel frattempo perso l’effetto irritante. Questa timida piantina costituisce

inoltre un fondamentale anello dell’agricoltura biologica poiché arricchisce il terreno dove cresce, fa prosperare le piante vicine e rende più profumate le erbe aromatiche dell’orto.Con tutte queste qualità allettanti l’ortica ha ragione a difendersi!

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