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N. 01239/2014 REG.PROV.COLL. N. 00459/2001 REG.RIC. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 459 del 2001, proposto da: C.A.A., A.M., L.E., M.R., T.G. E T.D., gli ultimi due in qualità di eredi, unitamente a M.R., di T.E., rappresentati e difesi dagli avv. …....., con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Torino, via …......; contro MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI e MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino; per la condanna al risarcimento del danno per equivalente da c.d. “occupazione acquisitiva” conseguente all’occupazione di terreni di proprietà dei ricorrenti non seguita da decreto di esproprio per la realizzazione della Caserma dei Carabinieri di Crevoladossola, con trasformazione irreversibile dei fondi medesimi; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dei Ministeri dei Lavori Pubblici e della Difesa; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa;

R E P U B B L I C A I T A L I A N A - Persona & Danno ... · R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO ... la perdita di proprietà del fondo illegittimamente

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N. 01239/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00459/2001 REG.RIC.

R E P U B B L I C A I T A L I A N AIN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presenteSENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 459 del 2001, proposto da:

C.A.A., A.M., L.E., M.R., T.G. E T.D., gli ultimi due in qualità di eredi, unitamente

a M.R., di T.E., rappresentati e difesi dagli avv. …....., con domicilio eletto presso lo

studio di quest’ultimo in Torino, via …......;

contro

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI e

MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del rispettivi Ministri pro tempore,

rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino;

per la condanna al risarcimento del danno per equivalente

da c.d. “occupazione acquisitiva” conseguente all’occupazione di terreni di

proprietà dei ricorrenti non seguita da decreto di esproprio per la realizzazione

della Caserma dei Carabinieri di Crevoladossola, con trasformazione irreversibile

dei fondi medesimi;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dei Ministeri dei Lavori Pubblici e della

Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 giugno 2014 il dott. Ariberto Sabino

Limongelli e uditi l’avv. …........ per la parte ricorrente e l'avvocato dello Stato

Carotenuto per i Ministeri resistenti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. I signori C.A.A., A.M., L.E., T.E. e M.R., proprietari di terreni ubicati in

Crevoladossola, località Preglia, distinti in catasto terreni al Fg. ….., mappali …....,

subivano un’occupazione temporanea d’urgenza dei terreni medesimi in forza di

decreto del prefetto di Novara del 2 luglio 1990, nel contesto di una procedura

espropriativa finalizzata all’edificazione della nuova Caserma dei Carabinieri di

Crevoladossola avviata con decreto prefettizio dell’8 giugno precedente, con il

quale era stata dichiarata la pubblica utilità dell’opera, nonché la sua urgenza ed

indifferibilità.

2. Con ricorso notificato il 23 febbraio 2001 e depositato il 16 marzo successivo, i

medesimi, sul presupposto che l’opera pubblica di cui sopra era stata ormai

realizzata, collaudata ed inaugurata senza che, tuttavia, fosse stato mai pronunciato

il decreto di esproprio, convenivano dinanzi a questo TAR il Ministero dei Lavori

Pubblici (quale soggetto agente nell’ambito della procedura espropriativa) e il

Ministero della Difesa (quale soggetto beneficiario dell’opera pubblica) per sentirli

condannare, in solido tra loro, previo accertamento della perdita in capo ai

ricorrenti del diritto di proprietà dei terreni per effetto dell’irreversibile

trasformazione degli stessi (cd. “accessione invertita”), a corrispondere ad essi

ricorrenti: a) il corrispettivo per il settennio di occupazione temporanea d’urgenza;

b) il valore dei terreni perduti; c) il minore valore delle porzioni reliquate; d) ogni

altro danno cagionato dalla perdita del diritto di proprietà.

3. I Ministeri dei Lavori Pubblici e della Difesa si costituivano con atto di stile,

resistendo al gravame.

4. Con decreto presidenziale n. 653/12 del 22 febbraio 2012 il ricorso era

dichiarato perento, ma a seguito di opposizione degli interessati, era nuovamente

iscritto a ruolo con decreto presidenziale n. 3373/12 del 21 settembre 2012.

Giova precisare che il predetto atto di opposizione era presentato dai soli ricorrenti

L.E., M.R., T.G. e T.D. (gli ultimi due in qualità di eredi, unitamente a M.R., di

T.E.), mentre C.A.A. e A.M. non manifestavano analogo interesse alla

prosecuzione del giudizio.

5. In prossimità dell’udienza di discussione, la difesa erariale depositava una

memoria nella quale esponeva che nelle more del giudizio, sull’analoga domanda

presentata dai ricorrenti dinanzi al giudice ordinario con citazione notificata il 20

novembre 1996, il Tribunale di Torino aveva reso in data 9 aprile 2009 la sentenza

n. 2750/09 – divenuta definitiva – con la quale aveva dichiarato il diritto degli

odierni ricorrenti al risarcimento dei danni per accessione invertita ed integrale

trasformazione dei terreni occupati, condannando il Ministero delle Infrastrutture

al pagamento di € 36.075,10.

La difesa erariale eccepiva pertanto l’improcedibilità del ricorso, in considerazione

del giudicato già intervenuto in sede civile sulla stessa domanda azionata dinanzi al

giudice amministrativo. In subordine, eccepiva comunque il difetto di giurisdizione

del giudice amministrativo sulla domanda di parte attrice.

La difesa erariale, peraltro, non produceva copia della sentenza del giudice civile.

6. In esito all’udienza del 12 dicembre 2013, nessuna delle parti dichiarandosi in

grado di depositare la citata sentenza, il collegio ne disponeva l’acquisizione con

ordinanza istruttoria n. 1349/2013, al fine di valutare la persistenza dell’interesse a

ricorrere e la procedibilità del ricorso.

7. Entrambe le parti producevano copia della sentenza.

8. In prossimità della nuova udienza di discussione, la difesa di parte ricorrente

depositava brevi note conclusive, richiamando i più recenti indirizzi

giurisprudenziali in materia di accessione invertita e chiedendo, alternativamente, o

l’ammissione dei mezzi istruttori formulati in ricorso, ove quest’ultimo fosse

ritenuto ancora procedibile, ovvero, in caso contrario, la declaratoria di

improcedibilità del ricorso a spese compensate.

9. All’udienza pubblica del 12 giugno 2014, il collegio rilevava d’ufficio la questione

di giurisdizione limitatamente al capo di domanda concernente l’indennità di

occupazione d’urgenza; quindi la causa, in assenza di discussione orale, era

trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente, va dichiarata la perenzione del ricorso nei confronti dei

ricorrenti C.A.A. e A.M., i quali non hanno presentato opposizione al decreto

presidenziale di perenzione n. 653/12 del 5 marzo 2012.

Del resto, dall’ultima produzione documentale di entrambe le parti contendenti si

evince che in corso di causa i predetti ricorrenti hanno proposto analoga domanda

risarcitoria dinanzi al Tribunale Civile di Torino, il quale, con sentenza della II

Sezione n. 2750/09 del 9 aprile 2009, l’ha accolta condannando il Ministero delle

Infrastrutture e dei Trasporti al pagamento in loro favore della somma di €

36.075,10 a titolo di risarcimento del danno per “accessione invertita”: e ciò in

considerazione dell’irreversibile trasformazione dei terreni di loro proprietà causata

dalla realizzazione dell’opera pubblica e del conseguente acquisto a titolo originario

della proprietà degli stessi in capo all’Amministrazione statale.

Si può quindi affermare che nei confronti dei predetti ricorrenti il ricorso sarebbe

comunque divenuto improcedibile - anche a prescindere dalla perenzione - per

sopravvenuta carenza di interesse.

Il ricorso va invece considerato tuttora procedibile nei confronti degli altri

ricorrenti L.E., M.R., T.G. e T.D., i quali, per un verso hanno chiesto e ottenuto la

revoca nei propri confronti dei decreto di perenzione, e per altro verso non sono

mai stati parti del giudizio definito dal Tribunale Civile di Torino.

L’eccezione della difesa erariale – frutto di un esame quanto meno disattento della

sentenza del giudice civile – va quindi respinta.

2. Ciò premesso, va osservato che i ricorrenti agiscono in giudizio per ottenere la

condanna delle Amministrazioni intimate al pagamento dell’indennità dovuta per i

sette anni di occupazione temporanea d’urgenza dei terreni di loro proprietà,

nonché al risarcimento del danno derivante dall’asserita “occupazione acquisitiva” dei

predetti terreni da parte delle Amministrazioni resistenti, finalizzata alla

realizzazione della Caserma dei Carabinieri di Crevoladossola

2.1. Sulla prima di tali domande, concernente l’indennità per l’occupazione

d’urgenza, va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo,

trattandosi di questione indennitaria (da fatto lecito) riservata alla cognizione del

giudice ordinario.

Tale conclusione, già condivisa dalla unanime giurisprudenza all’epoca di

proposizione della domanda qui in esame, argomentando dalla natura di diritto

soggettivo della posizione dedotta in giudizio, è oggi espressamente affermata

dall’art. 133 comma 1 lett. g) del codice del processo amministrativo, secondo cui

resta “ferma…la giurisdizione del giudice ordinario per quelle [controversie]

riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza

dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa”.

2.2. Sulla domanda risarcitoria, invece, va affermata la giurisdizione del giudice

amministrativo (e respinta, quindi, l’eccezione pregiudiziale formulata dalla difesa

erariale), tenuto conto che, come esposto in premessa, l’occupazione del terreno di

proprietà dei ricorrenti ha avuto luogo sulla base di un atto implicante

dichiarazione di pubblica utilità ed in forza di un formale provvedimento di

autorizzazione all'occupazione in via d'urgenza, quindi ricollegandosi, almeno nella

sua fase iniziale, ad un’attività di stampo tipicamente autoritativo della P.A.,

soggetta a sindacato di legittimità del giudice amministrativo anche per i profili

risarcitori, considerato altresì che la controversia è iniziata in data successiva al 10

agosto 2000, data di entrata in vigore dell'art. 34, d.lgs. n. 80/1998, come

riformulato dall'art. 7, l. n. 205/2000 (Cassazione civile, sez. un., 05 agosto 2009, n.

17944).

3. Nel merito della domanda risarcitoria, si osserva quanto segue.

3.1. La domanda risarcitoria muove dal presupposto che per effetto

dell’irreversibile trasformazione dei terreni di proprietà dei ricorrenti, prodotta

dalla realizzazione dell’opera pubblica, la P.A. avrebbe acquistato a titolo originario

la proprietà dei terreni medesimi per occupazione c.d. “appropriativa”.

3.2. Tale presupposto, tuttavia, non sussiste.

Questa Sezione ha già avuto modo di rilevare che è ormai consolidato in

giurisprudenza il principio secondo cui la realizzazione di un’opera pubblica su un

fondo illegittimamente occupato, ovvero legittimamente occupato ma non

espropriato nei termini di legge, non è di per sé in grado di determinare il

trasferimento della proprietà del bene a favore della Amministrazione.

Deve infatti ritenersi ormai superato l’orientamento che riconnetteva alla

costruzione dell’opera pubblica ed alla irreversibile trasformazione del fondo che

ad essa consegue effetti preclusivi o limitativi della tutela in forma specifica del

privato, dovendo invece affermarsi che la suddetta trasformazione su fondo

illegittimamente occupato integra un mero fatto non in grado di assurgere a titolo

d’acquisto (TAR Piemonte, sez. I, 10 maggio 2013, n. 607; TAR Piemonte, sez. I,

30 agosto 2012 n. 985).

Il diritto di proprietà, d’altro canto, non può essere fatto oggetto di atti abdicativi,

e quindi anche la richiesta di risarcimento formulata dal privato, finalizzata ad

ottenere il mero controvalore del fondo compromesso dalla realizzazione

dell’opera pubblica, ancorché interpretata quale manifestazione della volontà di

rinunciare alla proprietà del fondo, non può valere a determinare in capo al privato

la perdita di proprietà del fondo illegittimamente occupato dall’opera pubblica

(TAR Piemonte, sez. I, sentenze citate).

Discende da quanto sopra che in tali casi solo un formale atto di acquisizione del

fondo riconducibile ad un negozio giuridico, o ad un decreto espropriativo

adottato all’esito di un rinnovato procedimento di pubblica utilità, ovvero, se del

caso, ad un provvedimento ex art. 42 bis D.P.R. 327/01, può precludere la

restituzione del bene: di guisa che, in assenza di un tale atto, è obbligo primario

della Amministrazione quello di restituire il fondo illegittimamente appreso.

Correlativamente, mantenendo il privato la proprietà di quest’ultimo, egli non ha

alcun titolo per chiedere un risarcimento commisurato alla perdita della proprietà o

della disponibilità fondo, potendo invece agire per la restituzione di esso e per il

risarcimento del danno conseguente al mancato godimento del bene durante il

periodo di occupazione illegittima.

3.3. Nel caso sottoposto all’attenzione del collegio non risulta che gli enti resistenti

e la parte ricorrente siano addivenuti alla sottoscrizione di un accordo per la

cessione volontaria della proprietà dei terreni in questione, né risulta che la

procedura espropriativa sia stata rinnovata e conclusa con un decreto di esproprio,

né infine consta che i Ministeri intimati abbiano acquisito la proprietà dei fondi

con decreto ex art. 42 bis D.P.R. 327/01, introdotto con D.L. 98/2011.

Di conseguenza, fatta applicazione dei principi esposti nel precedente paragrafo, il

collegio ritiene infondata e respinge la domanda risarcitoria da “occupazione

appropriativa” formulata con il ricorso introduttivo, perdurando il diritto di

proprietà che la parte ricorrente vanta sui fondi occupati per la realizzazione

dell’opera pubblica.

3.4. Peraltro, l’occupazione dei terreni dei ricorrenti da parte della Pubblica

Amministrazione perdura attualmente per effetto della realizzazione dell’opera

pubblica e costituisce un fatto illecito permanente, a fronte del quale gli interessati

sono tuttora in condizione e nei termini per proporre le opportune azioni di

restituzione e di risarcimento del danno per il periodo di occupazione illegittima

(decorrente, quest’ultimo, dalla data di scadenza del periodo di occupazione

legittima stabilito nel decreto di occupazione d’urgenza).

Tali azioni non possono essere esaminate nel presente giudizio perché i ricorrenti

hanno omesso di proporle, sicchè ogni ipotetica decisione del giudice su tali

domande dovrebbe necessariamente fondarsi su un inammissibile stravolgimento

del thema decidendum, così come definito dal petitum e dalla causa petendi della

domanda effettivamente proposta in giudizio.

3.5. Va tuttavia ribadito che la persistente occupazione dei terreni di proprietà dei

ricorrenti in assenza di un valido titolo idoneo a trasferirne la proprietà alla P.A.

(decreto di esproprio, cessione volontaria, atto di acquisizione ex art. 42 bis)

configura un illecito permanente che obbliga la P.A. alla restituito in integrum, oltre

che al risarcimento del danno per il mancato godimento dei beni durante il periodo

di occupazione illegittima.

La restituito in integrum non può essere paralizzata dalla presenza dell’opera pubblica,

la quale non dà titolo per opporre l’eccessiva onerosità della rimozione delle opere

nel frattempo realizzate né per invocare il principio di cui al comma 2 dell’art. 2933

cod. civ.: infatti l’eccessiva onerosità di cui all’art. 2058 cod. civ. non è opponibile

nelle azioni intese a far valere un diritto reale, il cui carattere assoluto non lascia

margini a modalità di reintegrazione diverse da quella in forma specifica, salva

diversa volontà del titolare (TAR Piemonte, sez. I. 30 agosto 2012, n. 985; Cass.

Civ. sez. II n 2359/2012).

La Pubblica Amministrazione è tenuta a far cessare tale occupazione illecita in una

delle forme attualmente previste dall’ordinamento (restituzione e risarcimento del

danno; accordo col privato proprietario; decreto di acquisizione ex art. 42 bis

D.P.R. n. 327/2001), anche perché la persistente occupazione abusiva non fa che

aggravare l’entità del risarcimento del danno che l’Amministrazione sarà

necessariamente chiamata a pagare al privato proprietario, e quindi,

correlativamente, anche la consistenza del danno erariale causato da tale

comportamento illecito.

3.6. Per tali motivi, in relazione ai profili di danno erariale allo stato già insiti nella

vicenda esaminata, copia della presente sentenza sarà trasmessa dalla Segreteria del

TAR alla Procura regionale della Corte dei Conti, per quanto di competenza.

4. Conclusivamente, sulla scorta di tali considerazioni e con le predette

puntualizzazioni, il ricorso va respinto, salva la facoltà dei ricorrenti di introdurre

autonomo giudizio nei confronti degli aventi titolo per la restituzione dei beni e

per il risarcimento del danno per il periodo di occupazione illegittima.

5. Le spese di lite possono essere interamente compensate tra le parti, atteso l’esito

complessivo del giudizio e la peculiarità delle questioni esaminate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima),

definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe:

a) dichiara estinto il giudizio per perenzione nei confronti dei ricorrenti C.A.A. e

A.M., nei sensi precisati in motivazione;

b) quanto agli altri ricorrenti:

- dichiara il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda

concernente la condanna al pagamento dell’indennità di occupazione temporanea

d’urgenza, sussistendo la giurisdizione del giudice ordinario, dinanzi al quale la

domanda potrà essere riproposta nei termini di rito;

- respinge la domanda risarcitoria, nei sensi e per gli effetti indicati in motivazione;

c) compensa integralmente le spese di lite;

e) dispone che a cura della Segreteria si provveda a trasmettere copia della presente

sentenza alla Procura Regionale della Corte dei Conti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 12 giugno 2014 con

l'intervento dei magistrati:

Silvana Bini, Presidente

Paola Malanetto, Primo Referendario

Ariberto Sabino Limongelli, Primo Referendario, Estensore L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/07/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)