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COMUNE DI RIVERGARO Provincia di PIACENZA PSC (L.R. 24 marzo 2000, n. 20 art. 28) DOCUMENTO PRELIMINARE QUADRO CONOSCITIVO PRELIMINARE B. SISTEMA AMBIENTALE ALLEGATO B6 - MISURE GESTIONALI MAGGIO 2013 PIANO STRUTTURALE COMUNALE

Provincia di PIACENZA PSC PIANO STRUTTURALE COMUNALE · 2013-06-24 · comune di rivergaro provincia di piacenza psc (l.r. 24 marzo 2000, n. 20 art. 28) documento preliminare quadro

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COMUNE DI RIVERGARO

Provincia di PIACENZA

PSC (L.R. 24 marzo 2000, n. 20 art. 28)

DOCUMENTO PRELIMINARE

QUADRO CONOSCITIVO PRELIMINARE

B. SISTEMA AMBIENTALE

ALLEGATO B6 - MISURE GESTIONALI

MAGGIO 2013

PIANO STRUTTURALE COMUNALE

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Comune di Rivergaro (PC) Quadro Conoscitivo – Sistema naturale e ambientale

AMBITER s.r.l.

I

INDICE

B.6.1 MISURE GESTIONALI PER GLI HABITAT DI INTERESSE COMU NITARIO III

B.6.2 3230 “Vegetazione arbustiva pioniera degli alvei fl uviali

(Salicetalia purpureae)” .........................................................................III

B.6.3 3240 “Fiumi alpini con vegetazione riparia legnosa di

Salix eleagnos” ..................................................................................... IV

B.6.4 92A0 “Foresta a galleria di Salix alba e Populus alba” ....................... V

B.6.5 91E0 “Foreste alluvionali di Alnus glutinosa e Fraxinus

excelsior” .............................................................................................. VI

B.6.6 6110 “Formazioni erbose calcicole rupicole o basofi le

dell’ Alysso-Sedion albi” ...................................................................... VII

B.6.7 6210* “Formazioni erbose secche seminaturali e faci es

coperte da cespugli su substrato calcareo ( Festuco

Brometalia) (*stupenda fioritura di orchidee)” .................................. VIII

B.6.8 3140 “Acque oligomesotrofe calcaree con vegetazione

bentica di Chara spp.” .......................................................................... IX

B.6.9 3250 “Fiumi mediterranei a flusso permanente con

Glaucium flavum” .................................................................................. X

B.6.10 3270 “Fiumi con argini melmosi con vegetazione del

Chenopodietion rubri p.p. e Bideton p.p.” .......................................... XI B.6.11 MISURE DI CONSERVAZIONE PER LE ZPS (DGR N.1124/2008) ...... XII

B.6.11.1 MISURE generali di conservazione valide per tutte le zps............XII

B.6.11.2 misure di conservazione specifiche per le diverse tipologie ambientali............................................................................................. XVI

11.2.1 Ambienti aperti......................................................................................XVI

11.2.2 Ambienti forestali .................................................................................XVII

11.2.3 Acque lentiche ....................................................................................XVIII

11.2.4 Acque lotiche .........................................................................................XX

11.2.5 Ambienti agricoli .................................................................................XXIII B.6.12 MISURE GESTIONALI PER LE SPECIE FAUNISTICHE DI PREG IO XXV

B.6.13 Vespertilio di Daubenton ( Myotis daubentonii) .............................. XXV

B.6.14 Pipistrello albolimbato ( Pipistrellus kuhlii) .................................... XXVI

B.6.15 Pipistrello nano ( Pipistrellus pipistrellus)......................................XXVII

B.6.16 Pipistrello di Savi ( Hypsugo savii).......................................................29

B.6.17 Serotino comune ( Eptesicus serotinus)..............................................30

B.6.18 Calandrella ( Calandrella brachydactyla) .............................................31

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II

B.6.19 Calandro ( Anthus campestris) .............................................................32

B.6.20 Fraticello ( Sterna albifrons) .................................................................33

B.6.21 Martin pescatore ( Alcedo atthis)..........................................................34

B.6.22 Occhione ( Burhinus oedicnemus) .......................................................35

B.6.23 Sterna comune ( Sterna hirundo) .........................................................36

B.6.24 Succiacapre ( Caprimulgus europaeus)...............................................37

B.6.25 Biacco ( Hierophis viridiflavus).............................................................38

B.6.26 Colubro liscio ( Coronella austriaca)....................................................39

B.6.27 Lucertola campestre ( Podarcis sicula)................................................40

B.6.28 Lucertola muraiola ( Podarcis muralis) ................................................41

B.6.29 Natrice tassellata ( Natrix tassellata) ....................................................42

B.6.30 Saettone comune ( Zamenis longissimus)...........................................43

B.6.31 Ramarro occidentale ( Lacerta bilineata) .............................................44

B.6.32 Rana agile o Rana dalmatina ( Rana dalmatica) ..................................45

B.6.33 Rana di Lessona ( Rana lessonae) .......................................................46

B.6.34 Rospo smeraldino ( Bufo viridis)..........................................................47

B.6.35 Barbo canino ( Barbus meridionalis)....................................................48

B.6.36 Barbo comune ( Barbus plebejus) ........................................................49

B.6.37 Cobite comune ( Cobitis taenia) ...........................................................50

B.6.38 Lasca ( Chondrostoma genei)...............................................................51

B.6.39 Vairone ( Leuciscus souffia) .................................................................52

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AMBITER s.r.l.

III

B.6.1 MISURE GESTIONALI PER GLI HABITAT DI INTERESS E COMUNITARIO

HABITAT FORESTALI

B.6.2 3230 “Vegetazione arbustiva pioniera degli alvei fl uviali (Salicetalia purpureae)”

Formazioni arbustive dominate da alberelli di Populus nigra con varie specie di Salix (S. eleagnos, S. purpurea e S. triandra soprattutto) e distribuite lungo i depositi ghiaiosi del greto vero e proprio del Trebbia. La vegetazione erbacea più frequente è Saponaria officinalis. Soprattutto lungo i margini del greto tali formazioni tendono a compenetrarsi con ‘Praterie semiaride calcicole’ (6210) oltre che con ‘Vegetazione pioniera a Sedum (6110) e ‘Vegetazione legnosa degli alvei fluviali (3240). Per quanto quarda le entità floristiche di rilievo si segnala la presenza di Kengia serotina, Hyssopusofficinalis subsp. aristatus, Rostraria cristata, Sedum pseudorupestre.

MISURE GESTIONALI

Trattandosi di comunità arbustive pioniere delle superfici rese disponibili dal corso d’acqua è necessario garantire la permanenza del regime idrologico e dell’azione morfogenetica dello stesso, garantendo il mantenimento di ampie estensioni di greto attivo comprendente anche i sistemi di piccoli rilievi laterali (terrazzi, barre, argini deposizionali) esistenti naturalmente in fregio all’alveo. È quindi fondamentale evitare le operazioni di rimodellamento dell’alveo che producono la canalizzazione del corso d’acqua e la restrizione del suo ambito di divagazione. Con le limitazioni già accennate, le azioni di asporto dei sedimenti dell’alveo al fine di garantire condizioni di sicurezza idraulica possono comunque avvenire vista la forte capacità colonizzatrice della vegetazione considerata.

Inoltre, in termini generali una corretta gestione dell’habitat include: - il controllo delle attività di escavazione in alveo; - il controllo dell’invasione di specie vegetali alloctone; - le attività di ripristino di pozzi, stagni e lanche (si consiglia priorità per le raccolte d’acqua di minori dimensioni e per le formazioni meglio conservate) (LAPINI et al., 2005).

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IV

HABITAT FORESTALI

B.6.3 3240 “Fiumi alpini con vegetazione riparia legnosa di Salix eleagnos”

Si tratta della vegetazione arbustiva pioniera, erratica, degli alvei fluviali costituita da boscaglie a salici arbustivi ed olivello spinoso, con copertura di salici e pioppi arborei in genere inferiore all 20%. L’habitat comprende formazioni arboreo-arbustive formate da Salix. e Hippophae rhamnoides su greti ciottolosi di fiumi con adeguata alimentazione idrica diretta o di falda superficiale, frequentemente perturbati e ringiovaniti da piene ricorrenti che ne impediscono lo sviluppo verso forme più evolute.

MISURE GESTIONALI

Trattandosi di comunità arbustive stabilizzate dal condizionamento operato dal corso d’acqua è necessario garantire la permanenza del regime idrologico e dell’azione morfogenetica dello stesso, garantendo il mantenimento di ampie estensioni di greto attivo comprendente anche i sistemi di piccoli rilievi laterali (terrazzi, barre, argini deposizionali) esistenti naturalmente in fregio all’alveo. È quindi fondamentale evitare le operazioni di rimodellamento dell’alveo che producono la canalizzazione del corso d’acqua e la restrizione del suo ambito di divagazione. Con le limitazioni già accennate, le azioni di asporto dei sedimenti dell’alveo al fine di garantire condizioni di sicurezza idraulica possono comunque avvenire vista la forte capacità colonizzatrice della vegetazione considerata.

Inoltre, in termini generali una corretta gestione dell’habitat include: - il controllo delle attività di escavazione in alveo; - il controllo dell’inquinamento delle acque; - il controllo dell’invasione di specie vegetali alloctone; - le attività di ripristino di pozzi, stagni e lanche (si consiglia priorità per le raccolte d’acqua di minori dimensioni e per le formazioni meglio conservate) (LAPINI et al., 2005).

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AMBITER s.r.l.

V

HABITAT FORESTALI

B.6.4 92A0 “Foresta a galleria di Salix alba e Populus alba”

Questo tipo di habitat comprende boschi riparali di salice bianco e pioppo bianco dell’ordine Populetalia albae, che include i pioppeti di pioppo bianco e nero e le foreste riparie a frassino meridionale (con o senza olmo campestre).

Svolge un ruolo ecologico importante e variegato: entra nella regimazione delle acque, protegge la riva dall'erosione fluviale, crea una fascia tampone fra coltivi e ambiti fluviali per i prodotti ammendanti e anticrittogamici usati in agricoltura e pioppicoltura. La funzione naturalistica si esplica, oltre che nel costituire luoghi di rifugio ed alimentazione per la fauna selvatica, anche come collegamento fra i diversi siti o nuclei boscati ancora presenti nella fascia planiziale; spesso, anche in veste di piccolo boschetto o nucleo frammentario di poche piante, costituisce l’unico ambito forestale naturale in un contesto interamente agricolo e intensamente antropizzato.

MISURE GESTIONALI

La gestione dell’habitat può essere condotta intervenendo attivamente sull’habitat (gestione attiva o rigenerazione) oppure lasciando evolvere l’habitat naturalmente (gestione passiva): la gestione passiva è preferibile per i saliceti vicini al corso d’acqua e localizzati sulle lenti sabbiose più o meno isolate all’interno dell’alveo fluviale; la gestione attiva, invece, risulta più idonea per i popolamenti invecchiati, talora con morie, e nel caso in cui siano presenti nidificanti (garzaie).

Il taglio di rigenerazione mira alla ricerca di una disetaneità per gruppi necessaria sia per mantenere il soprassuolo giovane ed in grado di rinnovarsi, sia per favorire strutture verticali e orizzontali idonee alle esigenze di ciascuna delle specie di aldeidi potenzialmente presenti. Per le garzaie infatti è opportuno valutare l’adozione di una gestione attiva per ovviare ad un processo naturale di spostamento delle aree di nidificazione che non può più avvenire per mancanza di adeguate coperture forestali. A ciascuna garzaia esistente si adatteranno specifiche modalità di intervento. Gli interventi comunque dovranno essere realizzati a gruppi, mantenendo sempre fasce di rispetto indisturbate verso i centro abitati, le zone agricole o le grandi infrastrutture (linee ferroviarie, autostrade ed altro tipo di viabilità). In tutti i casi occorre arrivare alla progressiva sostituzione di eventuali pioppi ibridi e altre avventizie. Per quanto possibile, i soggetti morti in piedi o schiantati a terra non devono essere asportati in quanto costituiscono microhabitat per la fauna saproxilica. Per i popolamenti a salice bianco adulti o senescenti, non più soggetti alla dinamica fluviale per il mutato andamento del corso del fiume, nei quali vi sia l’impossibilità di una naturale evoluzione verso cenosi più stabili per l’avvento di specie invadenti esotiche (Solidago gigantea, Sicyos e robinia), potranno opportunamente attuarsi interventi di rinaturalizzazione mediante rinfoltimenti o piantagioni intercalari; a tale scopo devono essere utilizzate le specie autoctone più idonee alla stazione. In generale, per interventi di ripristino ambientale, possono essere impiegate la seguenti specie: farnia (Quercus robur), frassino ossifillo (Fraxinus oxycarpa), acero campestre (Acer campestre), ontano nero (Alnus glutinosa), carpino bianco (Carpinus betulus), pioppo bianco (Populus alba), pioppo nero (Populus nigra), salice bianco (Salix alba), olmo campestre (Ulmus minor), sanguinello (Cornus sanguinea), nocciolo (Corylus avellana), biancospino (Crataegus monogyna), fusaggine (Euonymus europaeus), ligustro (Ligustrum vulgare), prugnolo (Prunus spinosa), rosa di macchia (Rosa canina), salice ripaiolo (Salix eleagnos), salice rosso (Salix purpurea), sambuco nero (Sambucus nigra), pallon di maggio (Viburnum opulus) e altre specie già citate in precedenza come tipiche dell’habitat. Eventuali impianti con pioppi clonali devono essere evitati in prossimità di nuclei autoctoni di pioppo nero per evitare inquinamenti genetici. E’ fondamentale conservare eventuali portaseme di farnia o di altre specie sporadiche.

Inoltre, in termini generali per il mantenimento degli habitat forestali risultano fondamentali: - il mantenimento e salvaguardia delle fasce ecotonali e delle radure; - il contenimento delle specie esotiche quali la robinia, l’ailanto e il Sicyo angolata (specie non legnosa); - la conservazione dei grandi alberi deperienti e morti in piedi e della necromassa; - il mantenimento delle specie arbustive e suffruticose.

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VI

HABITAT FORESTALI

B.6.5 91E0 “Foreste alluvionali di Alnus glutinosa e Fraxinus excelsior”

Popolamenti generalmente lineari e discontinui a predominanza di ontano bianco e/o ontano nero, sovente con intercalati salici e pioppi, presenti lungo i corsi d'acqua più o meno incassati, la cui presenza e il cui sviluppo sono in relazione con la falda acquifera e la dinamica alluvionale. Il suolo è solitamente sassoso (ghiaioso o roccioso), non idromorfico.

MISURE GESTIONALI

In presenza di popolamenti senescenti con scarse possibilità di diffusione sono possibili ceduazioni per gruppi, su piccole superfici, con l'obiettivo del ringiovanimento, riproducendo la dinamica naturale che prevede una ricostituzione dell'habitat in seguito al passaggio delle piene. La Pianura Padana, intensamente coltivata e soggetta a forti pressioni antropiche anche riguardo alla regimazione dei fiumi, ha visto la quasi totale perdita di tali ambienti, pertanto non è facile compensare tale perdita o impostarne il ripristino soprattutto se è riscontrata la nidificazione di colonie di Ardeidi. Occorre in ogni caso favorire la mescolanza fra le specie presenti, la diversificazione strutturale ed il mosaico fra diverse cenosi limitrofe, forestali e non. Per quanto riguarda i popolamenti di ontano bianco, viste le condizioni stazionali in cui essi si sviluppano, la necessità di ovviare a fasi di senescenza è pressoché da escludere, non quella di movimentare la struttura là dove questa appaia eccessivamente uniforme e compatta, a scopo di ringiovanimento. In generale i due interventi da evitare rispetto al passato sono il taglio degli alberi grandi e l’impiego dell’ontano napoletano, estraneo alla flora locale. Al contempo, l’elemento fondamentale per la conservazione e la rinnovazione dell’habitat è la naturalità dei deflussi dei corsi d'acqua, attraverso la quale trovano condizioni adatte anche gli altri habitat igrofili associati, in particolare quelli arbustivi (3240) ed erbacei (6430). Inoltre, in termini generali, per il mantenimento degli habitat forestali risultano fondamentali:

- il mantenimento e salvaguardia delle fasce ecotonali e delle radure; - il contenimento delle specie esotiche quali la robinia, l’ailanto e il Sicyo angolata (specie non legnosa); - la conservazione dei grandi alberi deperienti e morti in piedi e della necromassa; - il mantenimento delle specie arbustive e suffruticose.

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AMBITER s.r.l.

VII

FORMAZIONI ERBOSE NATURALI E SEMINATURALI

B.6.6 6110 “Formazioni erbose calcicole rupicole o basofile dell’ Alysso-Sedion albi”

Comunità monostratificate, con buona capacità di consolidamento del suolo. Crescono su detriti calcareo-dolomitici di piccola pezzatura, in corso iniziale di stabilizzazione, ma ancora in parte mobili. Sono cenosi tipiche delle esposizioni calde e dei litosuoli molto aridi. La biodiversità vegetale è modesta, data la forte severità dell’ambiente. Tra le specie vegetali caratteristiche si segnalano Sedum album e Alyssum alyssoides.

MISURE GESTIONALI

Queste formazioni si trovano in genere intatte, ma possono essere minacciate da cave e strade. Si tratta in ogni caso di ambienti pionieri, destinati a essere sostituiti naturalmente da formazioni arbustive e arboree.

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VIII

FORMAZIONI ERBOSE NATURALI E SEMINATURALI

B.6.7 6210* “Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su

substrato calcareo ( Festuco Brometalia) (*stupenda fioritura di orchidee)”

Questo habitat comprende prati e pascoli secchi a prevalente strato erbaceo dove è riscontrabile anche uno strato arbustivo, generalmente basso (non superiore a 1,75 m), che presenta coperture non superiori al 30-40%. Si tratta comunque tipicamente di praterie, con lo strato erbaceo dominato da emicriptofite, con geofite e con piccole camefite. La presenza di uno strato legnoso, alto e/o basso arbustivo, è determinato solitamente dalla sospensione dell’uso pastorale da molto tempo. La variabilità floristica è elevata: si possono, quindi, avere prati con prevalenza di Bromus erectus, prati con prevalenza di Brachypodium pinnatum, prati con prevalenza di Artemisia alba, prati con prevalenza di specie del genere Festuca, prati con prevalenza di specie del genere Sesleria, prati con prevalenza di Genista radiata, prati con prevalenza di Stipa pennata, ecc. A queste si accompagnano le specie caratteristiche o differenziali della classe Festuco-Brometea, quali ad esempio, Allium sphaerocephalon, Asperula cynanchica, Briza media, Carex caryophyllea e Carex humilis.

MISURE GESTIONALI

Data la naturale propensione dei brometi a evolvere verso formazioni arbustive e, quindi, arboree, la loro gestione dovrebbe tendere a mantenere la libertà di evoluzione. Costituiscono, tuttavia, un’eccezione i brometi che ospitano elementi floristici pregiati, quali appunto le orchidee, la cui evoluzione naturale porterebbe alla scomparsa di tali elementi; in questi casi la gestione dovrebbe tendere a conservare il brometo, impedendone l’evoluzione, attraverso tagli ed, eventualmente, un leggero pascolamento. La pratica dello sfalcio (Mesobromion) o del pascolo ha mantenuto a lungo le condizioni favorevoli per la conservazione di specie steppiche o eurimediterranee e nel complesso anche una elevata biodiversità. Dove queste pratiche sono state sospese sono in atto successioni dinamiche che porteranno alla formazione del bosco, con evidente perdita della componente floristica eliofila e dei suoli basici. Questa constatazione deve orientare le scelte locali per la conservazione dell’habitat. Si escludono comunque movimenti di terra o rimboschimenti in assenza di attente valutazioni di caso in caso.

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IX

HABITAT D’ACQUA DOLCE - ACQUE LOTICHE

B.6.8 3140 “Acque oligomesotrofe calcaree con veget azione bentica di Chara spp.”

Vegetazioni acquatiche paucispecifiche sommerse formate da macroalghe del genere Chara. Queste costituiscono coperture tappezzati il fondale in acque ferme, da oligotrofe a mesotrofe, con chimismo da neutro a basico (pH anche superiore a 7,5 ed elevato tenore di basi disciolte) e collocate nelle zone periferiche o nelle parti profonde di laghi, stagni, depressioni inondate di paludi o specchi d’acqua artificiali a profondità molto variabili (da poche diecine di cm a molti m). Si tratta di vegetazione eliofila presente, quindi, in acque pulite caratterizzate da buona trasparenza.

MISURE GESTIONALI

Al fine della salvaguardia dell’habitat è opportuno : - monitorare e salvaguardare la qualità delle acque, con particolare riferimento a un basso tenore di nutrienti e

garantire la conservazione del regime annuale esistente; - controllare i fenomeni di interramento e l’immissione di acque superficiali; - controllare l’eventuale copertura delle acque da parte della vegetazione confinante e monitorare gli effetti dei

processi di sedimentazione delle relative spoglie vegetali.

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X

HABITAT D’ACQUA DOLCE – ACQUE LENTICHE

B.6.9 3250 “Fiumi mediterranei a flusso permanente con Glaucium flavum”

Fiumi mediterranei a flusso permanente con Glaucium flavum posti su alvei ghiaiosi o ciottolosi poco consolidati di impronta submediterranea con formazioni del Glaucion flavi. Queste aree si caratterizzano per l’alternanza di fasi di inondazione e di aridità estiva marcata e la vegetazione è caratterizzata principalmente da specie del genere Helichrysum (H. italicum, H. stoechas), Santolina (S. insularis, S. etrusca), Artemisia (A. campestris, A. variabilis).

Glaucum flavum

MISURE GESTIONALI

Trattandosi di cenosi erbacee annuali che si sviluppano su alvei ghiaiosi e ciottolosi frequentemente inondati è necessario garantire la permanenza del regime idrologico e dell’azione morfogenetica del fiume cui consegue il mantenimento di estensioni di greto attivo in fregio all’alveo. La conservazione frammenti mono o paucispecifici di questa vegetazione può avvenire su anche superfici ridotte a zolle o a strette fasce di vegetazione.

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AMBITER s.r.l.

XI

HABITAT D’ACQUA DOLCE – ACQUE LENTICHE

B.6.10 3270 “Fiumi con argini melmosi con vegetazio ne del Chenopodietion rubri p.p. e

Bideton p.p.”

Coltri vegetali costituite da specie erbacee annuali a rapido accrescimento che si insediano sui suoli alluviali, periodicamente inondati e ricchi di nitrati situati ai lati dei corsi d’acqua, grandi fiumi e rivi minori. Il substrato è costituito da sabbie, limi o argille anche frammisti a uno scheletro ghiaioso. Lo sviluppo della vegetazione è legato alle fasi in cui il substrato dispone di una sufficiente disponibilità idrica, legata soprattutto al livello delle acque del fiume e in subordine alle precipitazioni, che quindi non deve venir meno fino al completamento del breve ciclo riproduttivo delle specie presenti. Le specie presenti sono generalmente entità marcatamente nitrofile che ben si avvantaggiano dell’elevato tenore di nutrienti delle acque di scorrimento superficiale. Le formazioni vegetali secondarie dominate dalle stesse specie, ma slegate dal contesto fluviale e formatesi in seguito a forme di degradazione atropogena non vengono considerate appartenenti a questo habitat.

MISURE GESTIONALI

Trattandosi di cenosi erbacee annuali che si sviluppano sui greti di sedimenti fini regolarmente rimaneggiati dal corso d’acqua è necessario garantire la permanenza del regime idrologico e dell’azione morfogenetica del fiume cui consegue il mantenimento di estensioni di greto attivo in fregio all’alveo. La conservazione frammenti mono o paucispecifici di questa vegetazione può avvenire su anche superfici ridotte a zolle o a strette fasce di vegetazione, ma la sua espressione tipica richiede l’esistenza di superfici più ampie. Inoltre sarebbero auspicabili interventi mirati al controllo della diffusione di entità floristiche alloctone.

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XII

B.6.11 MISURE DI CONSERVAZIONE PER LE ZPS (DGR N.11 24/2008)

B.6.11.1 MISURE GENERALI DI CONSERVAZIONE VALIDE PER TUTTE LE ZPS

La Delibera n.1124/2008 definisce all’All.3 le attività, le opere e gli interventi vietati che

possono compromettere la salvaguardia degli ambienti naturali tutelati, con particolare

riguardo alla flora, alla fauna ed ai rispettivi habitat protetti ai sensi della Direttiva

n.79/409/CEE. Inoltre, l’All.4 della stessa, delinea le azioni da promuovere e/o incentivare.

Attività, opere e interventi vietati:

- la realizzazione di nuovi impianti eolici, fatti salvi gli interventi di sostituzione e

ammodernamento, anche tecnologico, che non comportino un aumento dell’impatto sul sito

in relazione agli obiettivi di conservazione della ZPS, nonché gli impianti eolici per

autoproduzione con potenza complessiva non superiore a 20 kW;

- la realizzazione di nuovi elettrodotti e linee elettriche aeree di alta e media tensione e

la manutenzione straordinaria o la ristrutturazione di quelle esistenti, […] dove siano presenti

specie sensibili, nonché nei siti di passaggio dei migratori, qualora non si prevedano le opere

di prevenzione del rischio di elettrocuzione e impatto degli uccelli mediante le modalità

tecniche e gli accorgimenti più idonei individuati dall’ente competente alla valutazione di

incidenza;

- l’apertura di nuove cave o l’ampliamento di quelle esistenti, ad eccezione di quelle

previste negli strumenti di pianificazione generali e di settore, comunali, provinciali e dei

parchi nazionali e regionali, vigenti alla data del 7 novembre 2006 (DGR n. 1435/06), […];

- la realizzazione di nuove discariche o di nuovi impianti di trattamento e smaltimento di

fanghi e rifiuti, nonché l’ampliamento di quelli esistenti in termini di superficie, fatte salve le

discariche per inerti;

- l’eliminazione degli elementi naturali e seminaturali caratteristici del paesaggio

agrario con alta valenza ecologica, quali stagni, maceri, pozze di abbeverata, fossi, muretti a

secco, siepi, filari alberati, canneti, risorgive, fontanili e piantate; la Regione potrà individuare

ulteriori elementi naturali ad alta valenza ecologica con un successivo provvedimento;

- l’eliminazione dei terrazzamenti esistenti, delimitati a valle da muretto a secco oppure

da una scarpata inerbita; sono fatti salvi i casi regolarmente autorizzati di rimodellamento dei

terrazzamenti eseguiti allo scopo di assicurare una gestione economicamente sostenibile;

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AMBITER s.r.l.

XIII

- l’esecuzione di livellamenti non autorizzati dall’ente competente alla valutazione di

incidenza; sono fatti salvi i livellamenti ordinari per la preparazione del letto di semina e per

la sistemazione dei terreni a risaia;

- la conversione della superficie a pascolo permanente, ai sensi dell’art. 2, punto 2 del

Regolamento (CE) n. 796/04 ad altri usi;

- la bruciatura delle stoppie e delle paglie, nonché della vegetazione presente al

termine dei cicli produttivi di prati naturali o seminati, sulle superfici specificate ai punti

seguenti:

1) superfici a seminativo ai sensi dell'art. 2, punto 1 del Regolamento (CE) n. 796/04,

comprese quelle investite a colture consentite dai paragrafi a) e b) dell'art. 55 del

Regolamento (CE) n. 1782/03 ed escluse le superfici di cui al successivo punto 2);

2) superfici a seminativo soggette all'obbligo del ritiro dalla produzione (set-aside) e non

coltivate durante tutto l'anno e altre superfici ritirate dalla produzione ammissibili all'aiuto

diretto, mantenute in buone condizioni agronomiche e ambientali a norma dell'art. 5 del

Regolamento (CE) n. 1782/03.

Sono fatti salvi, in ogni caso, gli interventi di bruciatura connessi ad emergenze di carattere

fitosanitario prescritti all'autorità competente o a superfici investite a riso e salvo diversa

prescrizione della competente autorità di gestione;

- la circolazione motorizzata al di fuori delle strade, fatta eccezione per i mezzi agricoli

e forestali, per i mezzi di soccorso, controllo e sorveglianza, nonché ai fini dell’accesso al

fondo e all’azienda da parte degli aventi diritto, in qualità di proprietari, lavoratori e gestori;

sono esclusi da tale divieto le imbarcazioni;

- lo svolgimento di attività organizzate di giochi di guerra simulata dal 20 febbraio al 10

agosto;

- l’esercizio dell’attività venatoria in deroga ai sensi dell’art. 9, paragrafo 1, lettera c),

della Direttiva n. 79/409/CEE;

- l’abbattimento di esemplari appartenenti alle specie Pernice bianca (Lagopus mutus),

Moretta (Aythya fuligula) e Combattente (Philomacus pugnax);

- l’attuazione della pratica dello sparo al nido nello svolgimento dell’attività di controllo

demografico delle popolazioni di corvidi; il controllo demografico delle popolazioni di corvidi

[…];

- l’introduzione di specie animali alloctone in ambienti naturali;

- l’effettuazione di ripopolamenti faunistici a scopo venatorio, ad eccezione di quelli

realizzati con soggetti appartenenti a specie e popolazioni autoctone mantenute in purezza e

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XIV

provenienti da allevamenti nazionali, e di quelli effettuati con fauna selvatica proveniente

dalle zone di ripopolamento e cattura o dai centri pubblici e privati di riproduzione della fauna

selvatica allo stato naturale insistenti sul medesimo territorio;

- l’effettuazione dell’apertura e della pre-apertura della stagione venatoria prima della

3° domenica di settembre, […];

- l'esercizio dell’attività venatoria nel mese di gennaio, con l’eccezione della caccia da

appostamento fisso e temporaneo e in forma vagante per due giornate alla settimana

prefissate dal calendario venatorio regionale, […];

- l’utilizzo di munizionamento a pallini di piombo per l’attività venatoria all’interno delle

zone umide naturali ed artificiali, quali laghi, stagni, paludi, acquitrini, lanche e lagune

d’acqua dolce, salata e salmastra, compresi i prati allagati, nonché nel raggio di 150 metri

dalle rive più esterne, a partire dalla stagione venatoria 2008/09;

- l’attività di addestramento e di allenamento di cani da caccia, con o senza sparo, dal

1 febbraio al 1 settembre; sono fatte salve le zone di cui all'art. 10, comma 8, lettera e), della

L. n. 157/92, purché sottoposte a procedura di valutazione di incidenza positiva ai sensi

dell'art. 5 del DPR 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni, entro due mesi

dalla data di entrata in vigore del presente atto; le gare cinofile possono essere autorizzate

previa valutazione di incidenza positiva da parte dell’Ente gestore del sito;

- la costituzione di nuove zone per l’allenamento e l’addestramento dei cani e per le

gare cinofile, nonché l’ampliamento di quelle esistenti;

- la distruzione o il danneggiamento intenzionale di nidi e ricoveri per uccelli;

- la riduzione quantitativa complessiva delle aree precluse all’attività venatoria,

all’interno di ogni singola ZPS, presenti alla data del 7 novembre 2006 o, qualora successiva,

alla data di istituzione della ZPS.

Inoltre, in tutte le ZPS è fatto obbligo di:

- garantire, sulle superfici a seminativo soggette all'obbligo del ritiro dalla produzione

(set-aside) e non coltivate durante tutto l'anno e altre superfici ritirate dalla produzione

ammissibili all'aiuto diretto, mantenute in buone condizioni agronomiche e ambientali a

norma dell'art. 5 del Regolamento (CE) n. 1782/03, la presenza di una copertura vegetale,

naturale o artificiale, durante tutto l'anno, e di attuare pratiche agronomiche consistenti

esclusivamente in operazioni di sfalcio, della vegetazione erbacea, o altra operazione

equivalente, sui terreni ritirati dalla produzione sui quali non vengono fatti valere titoli di ritiro,

ai sensi del Regolamento (CE) n. 1782/03. Dette operazioni devono essere effettuate

almeno una volta all'anno, fatto salvo il periodo di divieto annuale di intervento compreso fra

il 1 marzo e il 31 luglio di ogni anno, ove non diversamente disposto dalla Regione.

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XV

Il periodo di divieto annuale di sfalcio o trinciatura non può comunque essere inferiore a 150

giorni consecutivi compresi fra il 15 febbraio e il 30 settembre di ogni anno.

E' fatto, comunque, obbligo di sfalci e/o lavorazioni del terreno per la realizzazione di fasce

antincendio, conformemente a quanto previsto dalle normative in vigore.

In deroga all'obbligo della presenza di una copertura vegetale, naturale o artificiale, durante

tutto l'anno sono ammesse lavorazioni meccaniche sui terreni ritirati dalla produzione nei

seguenti casi:

1) pratica del sovescio, in presenza di specie da sovescio o piante biocide;

2) terreni interessati da interventi di ripristino di habitat e biotopi;

3) colture a perdere per la fauna, ai sensi dell'art. 1, lett. c), del decreto del Ministero

delle politiche agricole e forestali del 7 marzo 2002;

4) nel caso in cui le lavorazioni siano funzionali all'esecuzione di interventi di

miglioramento fondiario;

5) sui terreni a seminativo ritirati dalla produzione per un solo anno o, limitatamente

all'annata agraria precedente all'entrata in produzione, nel caso di terreni a seminativo ritirati

per due o più anni, lavorazioni del terreno allo scopo di ottenere una produzione agricola

nella successiva annata agraria, comunque da effettuarsi non prima del 15 luglio dell'annata

agraria precedente all'entrata in produzione. Sono fatte salve diverse prescrizioni della

competente autorità di gestione;

- monitorare, nell’ambito delle azioni di monitoraggio di competenza della Regione ed

in collaborazione con gli Enti gestori dei siti Natura 2000, le popolazioni delle specie ornitiche

protette dalla Direttiva n. 79/409/CEE e, in particolare, quelle dell'Allegato I della medesima

Direttiva o, comunque, a priorità di conservazione.

Azioni da promuovere e/o incentivare:

- la repressione del bracconaggio;

- la rimozione dei cavi […] di elettrodotti dismessi;

- le misure di prevenzione del rischio di elettrocuzione/collisione causato dalle linee

elettriche già esistenti attraverso l’applicazione di piattaforme di sosta, la posa di spirali di

segnalazione, di eliche o sfere luminescenti, di cavi elicord o l’interramento dei cavi,

specialmente nelle vicinanze di pareti rocciose, di siti di nidificazione di rapaci, ardeidi ed

altre specie sensibili e di siti di passaggio dei migratori;

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XVI

- l'agricoltura biologica e integrata, con particolare riferimento ai Programmi di Sviluppo

Rurale;

- le attività agro-silvo-pastorali tradizionali, che sono direttamente o indirettamente

connesse al mantenimento o al miglioramento ambientale e delle specie oggetto della

Direttiva 79/409/CEE e dei loro habitat;

- il mantenimento delle stoppie e delle paglie, nonché della vegetazione presente al

termine dei cicli produttivi dei terreni seminati, nel periodo invernale almeno fino alla fine di

febbraio;

- il ripristino di habitat naturali, quali, ad esempio, zone umide, temporanee e

permanenti, e prati tramite la messa a riposo dei seminativi;

- l'informazione e la sensibilizzazione della popolazione locale e dei maggiori fruitori del

territorio sulla Rete Natura 2000.

B.6.11.2 MISURE DI CONSERVAZIONE SPECIFICHE PER LE DIVERSE TIPOLOGIE AMBIENTALI

La ZPS “Basso Trebbia”, cosi come specificato all’All.2 della DGR n.1124/2008, rientra in

cinque tipologie ambientali: ambienti aperti, ambienti forestali, ambienti di acque lentiche,

acque lotiche e ambienti agricoli. Per ciascun ambiente la DGR n.1124/2008 definisce le

misure di conservazione, distinguendo tra le attività vietate (All.3) e le azioni da incentivare

(All.4).

Di seguito vengono riportate le indicazioni espresse dalla citata delibera.

11.2.1 Ambienti aperti

Azioni da promuovere e/o incentivare:

- il mantenimento delle attività agro-silvo-pastorali estensive e, in particolare, il

recupero e la gestione delle aree a prato permanente e a pascolo;

- le pratiche pastorali tradizionali, evitando comunque l’instaurarsi di situazioni di

sovrapascolo;

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XVII

- il mantenimento e il recupero del mosaico di aree a vegetazione erbacea e arbustiva;

- il ripristino o la creazione degli elementi naturali e seminaturali tradizionali degli

agroecosistemi, quali stagni, maceri, pozze di abbeverata, fossi, muretti a secco, siepi, filari

alberati, canneti, risorgive, fontanili, piantate e boschetti;

- il ripristino di prati e pascoli mediante la messa a riposo di aree coltivate;

- lo sfalcio dei prati praticato attraverso modalità compatibili con la riproduzione

dell’avifauna, utilizzando dispositivi di involo davanti alle barre falcianti e con andamento

centrifugo dello falcio.

11.2.2 Ambienti forestali

Sono vietati:

- il taglio di piante annose e marcescenti che sono utilizzate per la nidificazione e/o

l’alimentazione dell’avifauna, ad eccezione dei casi connessi alla sicurezza pubblica, alla

viabilità, alla sicurezza idraulica e per motivi fitosanitari;

- l’uso di specie alloctone negli interventi di forestazione.

Azioni da promuovere e/o incentivare:

- le attività agro-silvo-pastorali in grado di mantenere una struttura distanza dei

soprassuoli e la presenza di radure e chiarie all'interno delle compagini forestali;

- la conservazione di prati e di aree aperte all'interno del bosco anche di media e

piccola estensione e di pascoli ed aree agricole, anche a struttura complessa, nei pressi

delle aree forestali, preferibilmente nei pressi di quelle frequentate dal Falco pecchiaiolo e

dal Nibbio bruno, evitando, comunque, l’instaurarsi di situazioni di sovrapascolo ed il pascolo

brado all’interno delle aree boschive;

- il mantenimento degli elementi forestali di bosco non ceduato, anche di parcelle di

ridotta estensione, nei pressi di bacini idrici naturali e artificiali e nei pressi dei corsi d’acqua

e dei canali, in aree che non comportino comunque un elevato rischio idraulico;

- il mantenimento, ovvero la promozione, di una struttura delle compagini forestali

caratterizzata dall'alternanza di diversi tipi di governo del bosco (ceduo, ceduo sotto fustaia,

fustaia disetanea);

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XVIII

- la gestione forestale in grado di favorire l'evoluzione all'alto fusto, la disetaneità e

l'aumento della biomassa vegetale morta;

- gli interventi di diversificazione specifica dei popolamenti forestali;

- la conservazione di aree boscate non soggette a tagli e non soggette alla rimozione

degli alberi morti o marcescenti;

- la mantenimento di una presenza adeguata di piante morte, annose o deperienti, utili

alla nidificazione ovvero all'alimentazione dell'avifauna;

- la conservazione del sottobosco;

- il ripristino di stagni, maceri, pozze di abbeverata, fossi e muretti a secco.

11.2.3 Acque lentiche

Sono vietati:

- le captazioni idriche e le attività che comportano il totale prosciugamento degli

specchi d’acqua nel periodo estivo, fatte salve le esigenze di sicurezza ed emergenza

idraulica, ad eccezione delle operazioni di prosciugamento delle vasche salanti delle saline

in produzione e per interventi di manutenzione delle valli, previa valutazione di incidenza;

- la bonifica idraulica delle zone umide naturali;

- l’eliminazione di isole, barene e dossi esistenti;

- l’abbattimento, in data antecedente al 1 ottobre, di esemplari appartenenti alle specie

codone (Anas acuta), marzaiola (Anas querquedula), mestolone (Anas clypeata), alzavola

(Anas crecca), canapiglia (Anas strepera), fischione (Anas penelope), moriglione (Aythya

ferina), folaga (Fulica atra), gallinella d'acqua (Gallinula chloropus), porciglione (Rallus

aquaticus), beccaccino (Gallinago gallinago), beccaccia (Scolopax rusticola), frullino

(Lymnocryptes minimus), pavoncella (Vanellus vanellus);

- l’avvicinamento alle zone umide con mezzi aerei ed elicotteri, deltaplano e

parapendio, non preventivamente autorizzato, salvo che per motivi di soccorso, protezione

civile ed antincendio;

- la pulizia meccanica delle spiagge naturali non occupate da stabilimenti balneari già

autorizzati, ad eccezione dei primi quattro metri dal limite della battigia;

- l’accesso alle dune e agli scanni naturali al di fuori degli appositi percorsi.

Inoltre, nell’ambito delle azioni di monitoraggio di competenza della Regione, in

collaborazione con gli Enti gestori dei siti Natura 2000 e con i proprietari delle aree

interessate, si dovrà monitorare il livello idrico delle zone umide, in particolar modo durante

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XIX

la stagione riproduttiva delle specie ornitiche presenti, al fine di evitare eccessivi sbalzi del

medesimo.

Azioni da promuovere e/o incentivare:

- la messa a riposo a lungo termine dei seminativi, nonché la conversione dei terreni

da pioppeto in boschi di latifoglie autoctone o in praterie sfalciabili, per creare zone umide o

per ampliare biotopi relitti e gestiti per scopi ambientali, soprattutto nelle aree contigue a

lagune costiere, valli, torbiere, laghi ed aree litoranee retrodunali;

- la trasformazione ad agricoltura biologica nelle aree agricole esistenti contigue alle

zone umide;

- la creazione e il mantenimento di fasce tampone a vegetazione erbacea o arboreo-

arbustiva di una certa ampiezza tra le zone coltivate e le zone umide;

- la creazione di zone a diversa profondità d'acqua con argini e rive a ridotta pendenza;

- il mantenimento ovvero il ripristino del profilo irregolare (con insenature e anfratti) dei

contorni della zona umida;

- il mantenimento ovvero il ripristino della vegetazione sommersa, natante ed emersa e

dei terreni circostanti l'area umida;

- il mantenimento di un adeguato livello di acqua nelle zone umide, soprattutto nel

periodo febbraio-settembre;

- gli interventi volti alla diversificazione dei livelli idrici su vasta scala, per favorire il

mantenimento di aree umide a differenti profondità e di aree asciutte nel periodo riproduttivo

dell’avifauna ed agevolare la nidificazione della Pernice di mare;

- gli interventi di taglio delle vegetazione, nei corsi d'acqua con alveo di larghezza

superiore ai 5 m, effettuati solo su una delle due sponde in modo alternato nel tempo e nello

spazio, al fine di garantire la permanenza di habitat idonei a specie vegetali e animali;

- la creazione di isole e zone affioranti idonee alla nidificazione in aree dove questi

elementi scarseggiano a causa di processi di erosione, di subsidenza, del mantenimento di

alti livelli dell'acqua in primavera allo scopo di favorire la conservazione delle caratteristiche

vegetazionali idonee all’insediamento riproduttivo di Anatidi (vegetazione elofitica) o

Caradriformi (vegetazione alofila o aree prive di vegetazione);

- gli interventi volti al mantenimento ed all’ampliamento delle zone umide d’acqua

dolce;

- il mantenimento della vegetazione di ripa e dei canneti di margine;

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XX

- il mantenimento delle aree di esondazione a pendenza ridotta e ristagno idrico

temporaneo;

- la realizzazione di sistemi per la fitodepurazione;

- la gestione periodica degli ambiti di canneto, da realizzarsi esclusivamente al di fuori

del periodo di riproduzione dell'avifauna, con sfalci finalizzati alla diversificazione strutturale,

al ringiovanimento, al mantenimento di specchi d'acqua liberi, favorendo i tagli a rotazione

per parcelle ed evitando il taglio raso;

- il ripristino di prati stabili, zone umide temporanee o permanenti, ampliamento di

biotopi relitti gestiti per scopi esclusivamente ambientali, in particolare nelle aree contigue a

lagune costiere, valli, torbiere, laghi tramite la messa a riposo dei seminativi;

- la conversione dei terreni adibiti a pioppeto in boschi di latifoglie autoctone;

- le colture a basso consumo idrico e l’individuazione di fonti di approvvigionamento

idrico, tra cui reflui depurati per tamponare le situazioni di stress idrico estivo;

- l’adozione, attraverso il meccanismo della certificazione ambientale, di pratiche

ecocompatibili nella pioppicoltura, tra cui il mantenimento della vegetazione erbacea durante

gli stadi avanzati di crescita del pioppeto, il mantenimento di strisce non fresate anche

durante le lavorazioni nei primi anni di impianto, il mantenimento di piccoli nuclei di alberi

morti, annosi o deperienti;

- il controllo regolare della Nutria (da effettuare attraverso l’uso di trappole) in zone in

cui la vegetazione elofitica presente può favorire la riproduzione, l’alimentazione e la sosta di

specie ornitiche e nei siti adatti alla nidificazione del Mignattino piombato;

- gli interventi per ridurre la densità di pesci fitofagi nelle zone in cui un’elevata

presenza di idrofite è utile per fornire habitat di nidificazione e risorsa trofica per Moretta

tabaccata e Mignattino piombato;

- il controllo e la riduzione degli agenti inquinanti, ed in particolare dei nitrati immessi

nelle acque superficiali nell’ambito di attività agricole, anche attraverso la realizzazione di

depuratori e di ecosistemi per la fitodepurazione, nonché il trattamento/depurazione delle

acque reflue dei bacini di itticoltura intensiva e semintensiva esistenti.

11.2.4 Acque lotiche

Sono vietati:

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XXI

- le captazioni idriche che non rispettano il rilascio del deflusso minimo vitale nei corsi

d’acqua naturali;

- l’avvicinamento alle garzaie con mezzi aerei ed elicotteri, deltaplano e parapendio,

durante il periodo riproduttivo dell’avifauna (20 febbraio – 10 agosto), non preventivamente

autorizzato dall’Ente gestore del sito, salvo che per motivi di soccorso, protezione civile ed

antincendio;

- il taglio dei pioppeti dal 20 febbraio al 31 agosto, ad eccezione di quelli autorizzati

dall’Ente gestore del sito;

- gli interventi di manutenzione ordinaria consistenti nel taglio, nello sfalcio e nella

trinciatura della vegetazione presente sulle sponde dei corsi d’acqua e dei canali, durante il

periodo riproduttivo dell’avifauna (20 febbraio – 10 agosto), in modo tale da garantire la

permanenza di habitat idonei alla presenza di specie vegetali ed animali e l’uso dei corsi

d’acqua e delle loro fasce di pertinenza come corridoi ecologici. Al di fuori del periodo

riproduttivo, sono, altresì, vietati gli interventi di taglio, sfalcio e trinciatura della vegetazione

spontanea su entrambe le sponde dei corsi d’acqua e dei canali nell’arco dello stesso anno.

Per quanto concerne i corpi arginali, costituiti dalle sommità arginali, dalle scarpate interne

ed esterne e dalle banche, nei quali il taglio, lo sfalcio e la trinciatura della vegetazione si

rende necessario per garantire l’attività di sorveglianza e di vigilanza idraulica e per le

eventuali esigenze di pronto intervento, è possibile intervenire con le seguenti modalità:

- durante il periodo riproduttivo dell’avifauna (20 febbraio – 10 agosto), è possibile

intervenire sulle sommità arginali, sulle scarpate interne ed esterne e sulle banche, purché

via sia la presenza di vegetazione erbacea; qualora, invece, vi sia la presenza di

vegetazione arbustiva, arborea o canneto, è possibile intervenire solo sulle sommità arginali;

- al di fuori del periodo riproduttivo non vi sono limitazioni nei corpi arginali in quanto è

possibile intervenire sulle sommità arginali, nelle scarpate interne ed esterne e nelle banche

su entrambe le sponde nell’arco dello stesso anno.

Le norme contenute nel presente paragrafo possono essere derogate previa autorizzazione

dell’Ente gestore del sito Natura 2000;

- l’uso di diserbanti e del pirodiserbo per il controllo della vegetazione presente nei

corsi d’acqua e nella rete dei canali demaniali irrigui, di scolo e promiscui.

Azioni da promuovere e/o incentivare:

- la messa a riposo a lungo termine dei seminativi, nonché la conversione dei terreni

da pioppeto, all'interno delle golene, in boschi di latifoglie autoctone o in praterie sfalciabili o

praticando la rotazione medica-grano/orzo, senza l’uso di biocidi, per ampliare biotopi relitti e

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XXII

per creare zone umide prati umidi, complessi macchia-radura e prati, gestiti per scopi

ambientali;

- la creazione e il mantenimento di fasce tampone a vegetazione erbacea o arboreo-

arbustiva di una certa ampiezza tra le zone coltivate e le zone umide;

- gli interventi di taglio della vegetazione, nei corsi d'acqua con alveo di larghezza

superiore ai 5 m, effettuati solo su una delle due sponde in modo alternato nel tempo e nello

spazio, al fine di garantire la permanenza di habitat idonei a specie vegetali e animali;

- la riduzione del carico e dei periodi di pascolo nelle aree golenali;

- la gestione periodica degli ambiti di canneto, da realizzarsi solamente al di fuori del

periodo riproduttivo dell'avifauna, con sfalci finalizzati alla diversificazione strutturale, al

ringiovanimento, al mantenimento di specchi d'acqua liberi, favorendo i tagli a rotazione per

parcelle ed evitando il taglio raso;

- il ripristino di prati stabili, zone umide temporanee o permanenti, ampliamento di

biotopi relitti gestiti per scopi esclusivamente ambientali, in particolare nelle aree contigue a

lagune costiere, valli, torbiere, laghi tramite la messa a riposo dei seminativi;

- la conversione dei terreni adibiti a pioppeto in boschi di latifoglie autoctone;

- l’adozione, attraverso il meccanismo della certificazione ambientale, di pratiche

ecocompatibili nella pioppicoltura, tra cui il mantenimento della vegetazione erbacea durante

gli stadi avanzati di crescita del pioppeto, il mantenimento di strisce non fresate anche

durante le lavorazioni nei primi anni di impianto, il mantenimento di piccoli nuclei di alberi

morti, annosi o deperienti;

- la conservazione di alberi ed arbusti autoctoni, di fossati, di canalette di scolo, di

irrigazione nonché di depressioni, stagni e prati all’interno delle golene, qualora non

costituiscano pregiudizio alla buona conservazione dei corpi arginali;

- gli interventi di rinaturalizzazione dei corsi d’acqua;

- gli interventi di tutela e ripristino di ripe scoscese con terreni sciolti e prive di

vegetazione in ambiente fluviale;

- il controllo regolare della Nutria (da effettuare attraverso l’uso di trappole) in zone in

cui la vegetazione elofitica è utile per la riproduzione, l’alimentazione e la sosta di specie

ornitiche;

- il controllo e la riduzione degli agenti inquinanti, ed in particolare dei nitrati immessi

nelle acque superficiali nell’ambito delle attività agricole, anche attraverso la realizzazione di

depuratori e di ecosistemi per la fitodepurazione.

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XXIII

11.2.5 Ambienti agricoli

Sono vietati:

- il taglio dei pioppeti dal 20 febbraio al 31 agosto, ad eccezione di quelli autorizzati

dall’Ente gestore del sito;

- l’uso di diserbanti e del pirodiserbo per il controllo della vegetazione presente lungo

le sponde dei fossati, nelle aree marginali tra i coltivi, ad eccezione delle scoline.

Azioni da promuovere e/o incentivare:

- la messa a riposo a lungo termine dei seminativi per creare zone umide (temporanee

e permanenti), complessi macchia-radura e prati arbustati gestiti per scopi ambientali, in

particolare nelle aree contigue alle zone umide e il mantenimento dei terreni

precedentemente ritirati dalla produzione dopo la scadenza del periodo di impegno;

- il mantenimento ovvero il ripristino di elementi di interesse ecologico e paesaggistico,

naturali e seminaturali tradizionali degli agroecosistemi, tra cui residui di sistemazioni

agricole, vecchi frutteti e vigneti, laghetti, stagni, maceri, pozze di abbeverata, fossi, muretti a

secco, siepi, frangivento, filari alberati, piantate, arbusteti, canneti e boschetti;

- il mantenimento ovvero la creazione di margini o bordi dei campi lasciati incolti,

mantenuti a prato, o con specie arboree e arbustive, non trattati con principi chimici e

sfalciati fuori dal periodo compreso tra l'1 marzo e il 31 agosto;

- l’adozione dei sistemi di coltivazione dell'agricoltura biologica;

- l’adozione di altri sistemi di riduzione o controllo nell'uso dei prodotti chimici in

relazione: alle tipologie di prodotti a minore impatto e tossicità, alle epoche meno dannose

per le specie selvatiche (autunno e inverno), alla protezione delle aree di maggiore interesse

per i selvatici (ecotoni, bordi dei campi, zone di vegetazione semi-naturale, ecc.);

- il mantenimento quanto più a lungo possibile delle stoppie o dei residui colturali prima

delle lavorazioni del terreno;

- l’adozione delle misure più efficaci per ridurre gli impatti sulla fauna selvatica delle

operazioni di sfalcio dei foraggi (come sfalci, andanature, ranghinature), di raccolta dei

cereali e delle altre colture di pieno campo (mietitrebbiature), praticato attraverso modalità

compatibili con la riproduzione dell’avifauna, utilizzando dispositivi di involo davanti alle barre

falcianti e con andamento centrifugo dello sfalcio;

- gli interventi di taglio delle vegetazione, nei corsi d'acqua con alveo di larghezza

superiore ai 5 m, effettuati solo su una delle due sponde in modo alternato nel tempo e nello

spazio, al fine di garantire la permanenza di habitat idonei a specie vegetali e animali;

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XXIV

- le misure di controllo e di diminuzione dei nitrati immessi nelle acque superficiali

nell’ambito di attività agricole, favorendo la creazione di sistemi e bacini di fitodepurazione

delle acque.

- il mantenimento di bordi di campi gestiti a prato per almeno 50 cm di larghezza;

- l’agricoltura biologica e integrata;

l’adozione, attraverso il meccanismo della certificazione ambientale, di pratiche

ecocompatibili nella pioppicoltura, tra cui il mantenimento della vegetazione erbacea durante

gli stadi avanzati di crescita del pioppeto, il mantenimento di strisce non fresate anche

durante le lavorazioni nei primi anni di impianto, il mantenimento di piccoli nuclei di alberi

morti, annosi o deperienti.

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AMBITER s.r.l.

XXV

B.6.12 MISURE GESTIONALI PER LE SPECIE FAUNISTICHE DI PREGIO

MAMMIFERI

B.6.13 Vespertilio di Daubenton ( Myotis daubentonii)

Il Vespertilio di Daubenton frequenta formazioni forestali, in associazione con zone umide, quali laghi, stagni, corsi d’acqua e canali. Questa specie caccia sopra gli specchi d’acqua aperti, raccogliendo gli insetti direttamente sopra o vicino alla superficie dell’acqua. Le colonie riproduttive utilizzano soprattutto alberi cavi e cassette nido, ma anche ponti e, più raramente, edifici. La quasi totalità dei rifugi si trova entro una distanza di 1,5 km da uno specchio d’acqua. Gli individui raggiungono i territori di caccia seguendo collegamenti ecologici quali siepi, filari e alberi isolati vicini tra loro. I rifugi invernali di questa specie sono soprattutto in cavità sotterranee.

MISURE GESTIONALI

Il mantenimento delle popolazioni di Vespertilio di Daubenton implica la messa in opera di misure di protezione concomitanti a livello di rifugi, di terreni di caccia e dei corridori ecologici per lo spostamento. Per favorire la specie, è essenziale la conservare dei vecchi alberi cavi in prossimità degli specchi d’acqua, in quanto potenziali rifugi. Misure di protezione degli ambienti umidi sono necessarie per il mantenimento dei biotopi di caccia.

Sono quindi auspicabili le seguenti misure di tutela:

- mantenimento del minimo flusso vitale, al fine di garantire una disponibilità di biotopi di caccia; - i corsi d’acqua dovrebbero scorrere liberamente, in modo da favorire una sedimentazione naturale; - la protezione contro le piene dovrebbe essere garantita attraverso misure il più possibili naturali (casse di espansione); - le acque più calme dovrebbero poter erodere liberamente le loro rive naturali, in modo da diversificarne struttura e profondità; - in caso di interventi ingegneristici occorre utilizzare metodi e materiali naturali (ingegneria naturalistica), così da

ricreare rive diversificate; - la maggior parte delle rive dei corsi d’acqua dovrebbe essere ricoperta da vegetazione; - la vegetazione ripariale dovrebbe essere rigogliosa, diversificata e strutturata;

- i collegamenti ecologici quali siepi, filari e alberi isolati vicini tra loro devono essere mantenuti o creati in una fascia di almeno 1.5 km dal corso d’acqua (limite in cui si suppone possano essere presenti rifugi).

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XXVI

MAMMIFERI

B.6.14 Pipistrello albolimbato ( Pipistrellus kuhlii)

Specie antropofila e ben adattabile ad ogni tipologia ambientale è strettamente associata a centri abitati ed aree antropizzate. Mostra una grande flessibilità nella scelta degli habitat di caccia: margini forestali, agroecosistemi con presenza di siepi, zone umide e corsi d’acqua, parchi e giardini urbani. Nei centri abitati caccia frequentemente lungo le strade illuminate dai lampioni. La dieta è basata su vari tipi di insetti di piccola taglia: Lepidotteri, Ditteri, Tricotteri, Emitteri e piccoli Coleotteri. I siti di riposo diurno e di riproduzione sono rappresentati da fessure e altri ripari degli edifici (ad esempio grondaie, cassonetti delle tapparelle, sotto le tegole). Lo svernamento avviene in interstizi di edifici. E’ la specie più comune della provincia di Piacenza ed è diffusa abbondantemente su tutto il territorio provinciale.

MISURE GESTIONALI

Il mantenimento delle popolazioni di Pipistrello albolimbato implica la messa in opera di misure di protezione concomitanti a livello di rifugi, di terreni di caccia e dei corridori ecologici per lo spostamento. Nella ristrutturazione di edifici in cui sia stata accertata la presenza di tale specie dovranno essere prese le necessarie precauzioni per non disturbare i chirotteri nei periodi più sensibili (inverno durante il letargo ed estate durante la riproduzione). Dovrà quindi essere stilato un calendario dei lavori compatibili con le esigenze dei chirotteri. Nel limite del possibile, sarà necessario mantenere integro il rifugio, soprattutto se si tratta di un edificio pubblico. Per il Pipistrello albolimbato risulta molto importante un paesaggio a tessere di mosaico dove si alternano formazioni forestali a quelle prative, poiché i margini di bosco e gli habitat ecotonali rappresentano i migliori terreni di caccia.

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AMBITER s.r.l.

XXVII

MAMMIFERI

B.6.15 Pipistrello nano ( Pipistrellus pipistrellus)

La specie antropofila mostra una grande flessibilità nella scelta degli habitat di caccia: margini forestali, agroecosistemi con presenza di siepi, zone umide e corsi d’acqua, parchi e giardini urbani. Nei centri abitati caccia frequentemente lungo le strade illuminate dai lampioni. La dieta è basata su vari tipi di insetti di piccola taglia: Lepidotteri, Ditteri, Tricotteri, Emitteri e piccoli Coleotteri. I siti di riposo diurno e di riproduzione sono rappresentati da spazi interstiziali di edifici, rocce e alberi. Lo svernamento avviene in ambienti sotterranei (grotte, tunnel, miniere, cantine) o in interstizi di edifici.

MISURE GESTIONALI

Il mantenimento delle popolazioni di Pipistrello nano implica la messa in opera di misure di protezione concomitanti a livello dei rifugi, dei terreni di caccia e di corridori ecologici per lo spostamento. Nella ristrutturazione di edifici in cui sia stata accertata la presenza di tale specie dovranno essere prese le necessarie precauzioni per non disturbare i chirotteri nei periodi più sensibili (inverno durante il letargo ed estate durante la riproduzione). Dovrà quindi essere stilato un calendario dei lavori compatibili con le esigenze dei chirotteri. Nel limite del possibile, sarà necessario mantenere integro il rifugio, soprattutto se si tratta di un edificio pubblico. Per quanto riguarda i terreni di caccia, si dovrà mettere in opera una gestione del paesaggio favorevole alla specie in un raggio di 2 km attorno alle colonie riproduttive. Per il Pipistrello nano risulta molto importante un paesaggio a tessere di mosaico dove si alternano formazioni forestali a quelle prative, poiché i margini di bosco e gli habitat ecotonali rappresentano i migliori terreni di caccia.

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pag. 29

MAMMIFERI

B.6.16 Pipistrello di Savi ( Hypsugo savii)

La specie mostra una grande flessibilità nella scelta degli habitat di caccia: aree rocciose, margini forestali, agroecosistemi con presenza di siepi, zone umide e corsi d’acqua, parchi e giardini urbani, aree urbane illuminate. La dieta è basata su vari tipi di piccoli insetti: Lepidotteri, Ditteri, Imenotteri, Neurotteri e, occasionalmente, Coleotteri. I siti di riposo diurno sono localizzati in preferenza negli interstizi delle pareti rocciose; la specie, tuttavia, negli ambienti antropici ha saputo sfruttare gli edifici, dove si insedia dietro le imposte, tra le tegole, tra le travi del tetto e in fessure dei rivestimenti esterni.

Lo svernamento avviene all’interno di fessure ed intercapedini presenti nelle cavità sotterranee (naturali e artificiali), in fessure di pareti rocciose e in interstizi di edifici.

MISURE GESTIONALI

Il mantenimento delle popolazioni del Pipistrello di Savi implica la messa in opera di misure di protezione concomitanti a livello dei rifugi, di terreni di caccia e di corridori ecologici per lo spostamento. Nella ristrutturazione di edifici, in cui sia stata accertata la presenza di tale specie, dovranno essere prese le necessarie precauzioni per non disturbare i chirotteri nei periodi più sensibili (inverno durante il letargo ed estate durante la riproduzione). Dovrà quindi essere stilato un calendario dei lavori compatibili con le esigenze dei chirotteri. Nel limite del possibile, sarà necessario mantenere integro il rifugio, soprattutto se si tratta di un edificio pubblico. Per il Pipistrello di Savi risulta molto importante un paesaggio a tessere di mosaico, dove si alternano formazioni forestali a, poiché i margini di bosco e gli habitat ecotonali rappresentano i migliori terreni di caccia.

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pag. 30

MAMMIFERI

B.6.17 Serotino comune ( Eptesicus serotinus)

La specie antropofila mostra una grande flessibilità nella scelta degli habitat di caccia: margini forestali, agroecosistemi con presenza di siepi, zone umide e corsi d’acqua, parchi e giardini urbani. Nei centri abitati caccia frequentemente lungo le strade illuminate dai lampioni. La dieta è basata su un ampio spettro alimentare: Coleotteri, Lepidotteri, Odonati, Ortotteri, Ditteri, Emitteri, Imenotteri e ragni. I siti di riposo diurno e di riproduzione si trovano soprattutto negli edifici, dove gli animali si riparano sotto i coppi e le travi del tetto, nelle fessure dei muri e dietro i rivestimenti; più di rado in cavità di alberi. Lo svernamento avviene in ambienti sotterranei (grotte, tunnel, miniere, cantine) o in interstizi di edifici

MISURE GESTIONALI

Il mantenimento delle popolazioni di Serotino comune implica la messa in opera di misure di protezione concomitanti a livello dei rifugi, di terreni di caccia e di corridori ecologici per lo spostamento. Nella ristrutturazione di edifici in cui sia stata accertata la presenza di tale specie dovranno essere prese le necessarie precauzioni per non disturbare i chirotteri nei periodi più sensibili (inverno durante il letargo ed estate durante la riproduzione). Dovrà quindi essere stilato un calendario dei lavori compatibili con le esigenze dei chirotteri. Nel limite del possibile, sarà necessario mantenere integro il rifugio, soprattutto se si tratta di un edificio pubblico. Per quanto riguarda i terreni di caccia, si dovrà mettere in opera una gestione del paesaggio favorevole alla specie in un raggio di 2-3 km attorno alle colonie riproduttive. Per il Serotino comune risulta molto importante un paesaggio a tessere di mosaico dove si alternano formazioni forestali a prative, poiché i margini di bosco e gli habitat ecotonali rappresentano i migliori terreni di caccia.

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pag. 31

UCCELLI

B.6.18 Calandrella ( Calandrella brachydactyla)

Specie migratrice che giunge nel territorio piacentino nel periodo di aprile-maggio e riparte tra settembre e ottobre. Specie che mostra una chiara predilezione per gli ambienti xerici e, nel nord Italia, l’ambiente tradizionalmente frequentato durante il periodo riproduttivo è costituito dagli alvei fluviali di fondo valle (conoidi) dei corsi d’acqua. Nelle aree fluviali frequenta ambienti di greto asciutto e assolato con vegetazione rada e arida. In periodo riproduttivo frequenta anche coltivi radi ben drenati o tardivi (Gellini S. & Ceccarelli P.P., 2000). La stagione riproduttiva inizia dalla fine di aprile e il nido è costruito sul terreno, solitamente ben camuffato.

MISURE GESTIONALI

Sono da considerare nocive per la conservazione: - le azioni che portano alla banalizzazione e distruzione delle sponde fluviali e degli ambienti di

margine; - l’alterazione degli ambienti di greto e in particolare delle aree “steppiche”; - l’eccessivo disturbo antropico causato da bagnanti, pescatori ed escursionisti; - le attività ricreative quali motocross e autocross; - la presenza di greggi pascolanti nei greti.

Le misure di gestione devono essere principalmente volte alla conservazione delle fasce marginali a greto consolidato con ambienti aridi erbosi.

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pag. 32

UCCELLI

B.6.19 Calandro ( Anthus campestris)

Specie migratrice che giunge nel territorio piacentino nel periodo di aprile-maggio e riparate tra agosto e ottobre. In provincia abita per lo più la fascia collinare e basso montana ove frequenta ambienti luminosi e aridi, spesso caratterizzati dalla presenza di ampi affioramenti rocciosi. E’ presente, localizzato, anche in pianura nella zona delle conoidi alluvionali (Ambrogio, Figoli e Ziotti, 2001). Tende ad evitare ambienti alberati e/o cespugliati, mostrando una spiccata predilezione per aree prative e pascolate (Brambilla & Rubolini, 2005). Inizia la stagione riproduttiva in maggio con la deposizione a terra, in un nido ben celato tra l’erba.

MISURE GESTIONALI

E’ una specie inserita nella categoria SPEC 3 (specie le cui popolazioni complessive non sono concentrate in Europa e complessivamente hanno uno Status di Conservazione non favorevole) con status “in declino” (Species of European Conservation Concern) (BirdLife International, 2004).

All’interno del SIC la conservazione delle fasce marginali a greto consolidato con ambienti erbosi e presenza di boscaglie è da ritenersi l’intervento più importante ai fini della sua conservazione. La conservazione di singoli elementi in rilievo come arbusti o rocce, spesso utilizzati come posatoi di canto, può certamente svolgere un ruolo positivo per la specie (Brambilla & Rubolini, 2005).

Sono da considerare nocive per la conservazione:

- le azioni che portano ad una banalizzazione e distruzione delle sponde fluviali e degli ambienti di margine;

- le pratiche connesse alle attività estrattive nelle aree fluviali e perifluviali; - un eccessivo disturbo antropico causato da bagnanti, pescatori ed escursionisti; - Le attività ricreative quali motocross e autocross; - la presenza di greggi pascolanti nei greti. Pertanto le misure di gestione dovrebbero essere mirate al contenimento di questi elementi di disturbo.

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pag. 33

UCCELLI

B.6.20 Fraticello ( Sterna albifrons)

Specie estiva migratrice che giunge in provincia di Piacenza solitamente verso la fine del mese di aprile e riparte dalla fine di luglio. E’ una specie legata alle zone umide, in particolare salmastre costiere, ma frequenta anche gli ambienti umidi interni costituiti dalle conoidi dei fiumi, dalle isole fluviali e dai sabbioni golenali. Può essere trovata anche in zone umide ricostruite durante la nidificazione. Per la nidificazione predilige siti aperti e liberi da vegetazione o con vegetazione pioniera rada e spesso in posizioni poco elevate rispetto al fiume. Il nido è solitamente collocato su un substrato sciolto ciottoloso o sabbioso ed è costituito da una leggera concavità spoglia o rivestita di materiale vegetale o inerte. Caccia in acque basse e tranquille, preferibilmente a meno di 4 km dalla colonia.

MISURE GESTIONALI

Nella Lista Rossa degli Uccelli italiani (1999) è ritenuta specie “vulnerabile”. Importanti intervento di gestione sono rappresentati dal censimento annuale delle colonie e dalla predisposizione di azioni temporanei di tutela volte soprattutto alla regolamentazione dell’accesso di escursionisti, bagnanti e pescatori. Le attività umane spesso costituiscono un forte elemento di disturbo per questa specie, in particolare risultano molto incidenti: - la presenza di bagnanti e di escursionisti; - il transito di autocross e motocross nelle colonie e sulle isole e/o sabbioni; - le attività di escavazione.

Pertanto, le misure di gestione dovrebbero includere azioni che controllino o limitino, per quanto, possibile, il disturbo arrecato dalle attività umane.

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pag. 34

UCCELLI

B.6.21 Martin pescatore ( Alcedo atthis)

Specie sedentaria legata alle zone umide, anche di limitata estensione. S’incontra infatti anche lungo aste di risorgive, canali, oltre a lanche e paludi. Lungo i fiumi trova spesso l’ambiente ideale ove nidificare. Per la nidificazione necessita di pareti terrose di limo e sabbia, anche distanti dall’acqua. E’ specie territoriale e le coppie appaiono ben spaziate, fino a 15 coppie in 18 km. Il nido è scavato lungo pareti più o meno verticali e non necessariamente sull’acqua. Le nidificazioni hanno inizio generalmente verso la fine di marzo-inizi di aprile. Mostra una dieta principalmente ittiofaga.

MISURE GESTIONALI

Nella Lista Rossa degli Uccelli italiani (1999) è ritenuta specie “a più basso rischio”. La specie è certamente favorita dalla conservazione degli ambienti umidi marginali del fiume e dalla presenza di sponde ripide, anche di altezze contenute (1 m circa). Le principali minacce sono rappresentate dalla distruzione e cementificazione delle sponde fluviali, oltre che dalla distruzione delle zone umide golenali. Inoltre, la specie può accusare pesanti perdite a causa di eventi meteo-climatici particolarmente sfavorevoli, come inverni rigidi e gelate. Inquinamento delle acque e contaminazione delle prede sono altre minacce che colpiscono la specie. Pertanto, le misure di gestione dovrebbero includere: - mantenimento delle scarpate sabbiose lungo fiumi e torrenti; - creazione di scarpate artificiali per la nidificazione; - riduzione dell'inquinamento delle acque.

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pag. 35

UCCELLI

B.6.22 Occhione ( Burhinus oedicnemus)

E’ specie migratrice e sedentaria. Giunge in provincia verso la metà di marzo e riparte in ottobre-novembre. Sembra essere abbastanza regolare lo svernamento di alcuni individui sia nella conoide del Fiume Trebbia che del torrente Nure. Frequenta ambienti aperti con vegetazione erbacea pioniera solitamente in prossimità di corsi d’acqua e generalmente pianeggianti. All’interno del greto fluviale s’insedia principalmente nei settori del fiume ove è presente una struttura a canali intrecciati. Il nido è costituito da una semplice depressione di piccole dimensioni spoglia o scarsamente guarnita di frammenti vegetali, sassolini e sterco di Leporini. Il nido è solitamente posto in vicinanza di un riparo che può essere un basso cespuglio, un cumulo di detrito, rami e tronchi morti sul greto, pietre evidenti, ecc.. La distanza tra i nidi può essere anche di poche decine di metri.

MISURE GESTIONALI E’ ritenuta specie “altamente vulnerabile” nella Lista Rossa degli Uccelli dell’Emilia-Romagna con priorità alta di conservazione. La conservazione di questa elusiva specie non può prescindere da una attenta conservazione e gestione delle aree golenali, suo ambiente elettivo in provincia.

In particolare, la preservazione della struttura a canali anastomizzati dei corsi d’acqua e la conservazione di ampi settori del greto liberi o interessati dalla sola vegetazione pioniera sono da ritenersi tra gli interventi più importanti per la sua tutela. La dinamica fluviale è quindi l’elemento essenziale per la creazione e il mantenimento di situazioni idonee per l’insediamento della specie. La non stabilizzazione delle barre fluviali e la tutela di ampi settori del greto liberi da vegetazione sono condizioni fondamentali per la conservazione. A tale riguardo anche i processi di colonizzazione della vegetazione di greto (costituita principalmente da vegetazione sinantropica) devono essere monitorati al fine di intervenire per evitare il raggiungimento di stadi di successione eccessivamente maturi (chiusi) e stabili, poco utilizzati dalla specie durante i periodo della riproduzione. Radicali interventi di “pulizia” del greto che tendono a rimuovere la maggior parte dei tronchi fluitati sono da ritenersi contrari alla corretta gestione della specie; infatti, tronchi e rami svolgono un importante ruolo di rifugio sia per gli adulti che per i pulcini. Gli interventi di rinaturazione (es. ex cave) nelle aree vocate alla specie andrebbero, almeno in parte, indirizzati alla sua conservazione.

Trattandosi di una specie che mostra una elevata fedeltà al sito riproduttivo, l’individuazione dei settori del fiume maggiormente utilizzati durante la nidificazione potrebbe fornire un importante strumento di gestione che tuttavia andrebbe periodicamente aggiornato a causa della elevata dinamicità fluviale che può portare a cambiamenti anche radicali delle aree di greto e delle isole. Anche l’accesso alle aree di greto maggiormente utilizzate dalla specie durante la nidificazione, andrebbe regolamentato. Infatti, il disturbo antropico eccessivo è spesso una delle cause di allontanamento da settori apparentemente idonei. Importante è anche la conservazione di una campagna agricola a basso impatto nelle immediate vicinanze delle aree naturali, in ragione dell’importante ruolo trofico che può svolgere per la specie.

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UCCELLI

B.6.23 Sterna comune ( Sterna hirundo)

Specie estiva migratrice che giunge in provincia solitamente nel mese di aprile e riparte alla metà-fine agosto. E’ una specie legata alle zone umide, in particolare salmastre costiere. Frequenta anche gli ambienti umidi interni (meno del 15% della popolazione complessiva) costituiti dalle conoidi dei fiumi, dalle isole fluviali e dai sabbioni golenali e dalla zone umide ricreate. Mostra una spiccata predilezione per i siti spogli o interessati dalla sola vegetazione pioniera ove depone le uova. Può utilizzare anche substrati artificiali come piattaforme galleggianti di piccole dimensioni. Spesso nidifica in colonie miste con Sterna albifrons. I nidi vengono costruiti in spazi aperti liberi da vegetazione (arborea ed arbustiva). Talvolta il nido può essere collocato tra la rada vegetazione pioniera. In genere si insedia nei settori più elevati delle isole e dei sabbioni. Il nido è solitamente molto semplice, costituito da una semplice cavità nella sabbia e nella ghiaia, rivestita talvolta da materiale vegetale e sassolini.

MISURE GESTIONALI

Nella Lista Rossa degli uccelli nidificanti in Emilia-Romagna è ritenuta specie “mediamente vulnerabile” con priorità media di conservazione. Importanti intervento di gestione sono rappresentati dal censimento annuale delle colonie e dalla predisposizione di interventi temporanei di tutela, volti soprattutto alla regolamentazione dell’accesso di escursionisti, bagnanti e pescatori. Al fine di incrementare la presenza di siti idonei per la specie sarebbe importante comprendere, negli interventi di ripristino delle cave attualmente presenti lungo il Po, la creazione di condizioni adatte all’insediamento delle colonie o di coppie nidificanti. A tale riguardo anche la realizzazione di piattaforme galleggianti potrebbe essere un intervento importante (Gianaroli & Rabacchi, 1999; Carini & Adorni, 2004). Le attività umane spesso costituiscono un forte elemento di disturbo per questa specie, in particolare risultano molto incidenti: - la presenza di bagnanti e di escursionisti; - il transito di autocross e motocross nelle colonie e sulle isole e/o sabbioni; - attività di escavazione. Pertanto, le misure di gestione dovrebbero includere azioni che controllino o limitino, per quanto possibile, il disturbo arrecato dalle attività umane.

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UCCELLI

B.6.24 Succiacapre ( Caprimulgus europaeus)

Specie migratrice che giunge in provincia verso la fine di aprile inizi di maggio e riparte in agosto-settembre. Tipica specie crepuscolare-notturna diffusa nel territorio provinciale soprattutto nel settore collinare e montano. Frequenta gli ambienti aperti soleggiati e asciutti, incolti o con vegetazione rada. In pianura la specie è presente sia nei sabbioni del Po sia nelle aree di conoide del fiume Trebbia e del torrente Nure. Lo si osserva anche ai margini di aree boscate e in radure all’interno di boschi, cosi come nei boschi ceduati di recente, che non mostrano una densa presenza di Rubus. Si alimenta principalmente di falene e i territori di caccia possono essere distanti fino 6 km dal sito riproduttivo (Alexander & Cresswell,1990). La stagione riproduttiva ha inzio a maggio e le uova, generalmente due, sono deposte sul terreno.

MISURE GESTIONALI

E’ inserita nella lista delle specie nell’Allegato I della Direttiva Uccelli della CEE. Nella lista Rossa degli Uccelli italiani (1999) è ritenuta specie “a più basso rischio”. Specie inserita nella categoria SPEC 2 con status “in declino” (Species of European Conservation Concern) (BirdLife International, 2004). La presenza di posatoi (alberi sparsi di media altezza e punti sopraelevati) nei territori riproduttivi utilizzati come riposo diurno, per le attività di canto e per la cattura delle prede sembra favorirne il suo insediamento (Cogliati & Menozzi, 1991). Il mantenimento di estese aree caratterizzate da un buon mosaico ambientale, caratterizzato da diverse situazioni di transizione tra ambienti aperti e aree boscate sono certamente importanti interventi di conservazione della specie. In ambiente fluviale la conservazione di incolti e ambienti aridi è certamente l’intervento più importante per la sua tutela. A tale riguardo, nelle aree già idonee alla presenza della specie, il mantenimento di singoli elementi (es. singoli alberi) è da ritenersi un importante azione volta a favorire la conservazione. In ambiente fluviale la conservazione di incolti e ambienti aridi è certamente l’intervento più importante per la sua tutela. Trattandosi di una specie nidificante sul terreno la presenza, negli ambienti adatti alla nidificazione, di un turismo diffuso e non controllato potrebbe causare la distruzione delle nidiate. Tra i principali fattori di disturbo vi è la riduzione e/o la perdita di habitat idonei, l’eccessiva frammentazione degli habitat di nidificazione e di caccia, il disturbo antropico nei siti riproduttivi, l’eccessivo rimboschimento degli ambienti aperti, la presenza di bestiame pascolante, l’asfaltatura delle strade poderali e il traffico veicolare.

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RETTILI

B.6.25 Biacco ( Hierophis viridiflavus)

Specie presente in una grande varietà di ambienti compresi quelli urbani. Necessita comunque di porzioni del territorio assolate e ben esposte. Si adatta sia ad ambienti aperti a vegetazione erbacea-arbustiva, sia a boschi più maturi dove frequenta soprattutto le fascie cotonali. Si trova frequentemente anche nei pressi di costruzioni rurali o centri abitati dove può utilizzare i fabbricati per attività trofica o latenza invernale. È attivo da marzo a ottobre. Si nutre in prevalenza di rettili compresi altri serpenti, micromammiferi e piccoli uccelli. La sua dieta tende, con l’età, alle prede più voluminose: dalle piccole lucertole, ramarri, topi, ratti e uccelli fino alle dimensioni di un merlo. Può ingoiare altri ofidi, inclusi giovani della propria specie. E’ predato da alcuni uccelli rapaci come la Poiana Buteo buteo. Oviparo.

MISURE GESTIONALI

La specie non corre nessun pericolo immediato ed è inserita in un contesto legislativo di tutela:

- D.l. n 25/2006-Disposizioni per la tutela della fauna minore in Emilia-Romagna;

- All. II (fauna strettamente protetta) della Convenzione di Berna sulla conservazione della fauna selvatica e degli habitat naturali;

- All. IV (D) del D.P.R. n.357 dell’8 settembre 1997 (Anfibi e Rettili italiani di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa).

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RETTILI

B.6.26 Colubro liscio ( Coronella austriaca)

Specie presente in vari ambienti sempre ben esposti e ricchi di sauri, sue prede abituali. Può comunque essere presente anche in aree boschive (fasce ecotonali) o in ambienti più umidi e freschi.

Si nutre in prevalenza di sauri (lucertole e orbettini) e di giovani ofidi. Occasionalmente di piccoli mammiferi nidicoli. L’ecologia della specie è ancora poco conosciuta. Ovovivipara, da due a otto piccoli tra agosto e settembre.

MISURE GESTIONALI

La specie non corre nessun pericolo immediato ed è inserita in un contesto legislativo di tutela: - D.l. n 25/2006-Disposizioni per la tutela della fauna minore in Emilia-Romagna);

- II (fauna strettamente protetta) della Convenzione di Berna sulla conservazione della fauna selvatica e degli habitat naturali;

- l. IV (D) del D:P:R: n.357 dell’8 settembre 1997 (Anfibi e Rettili italiani di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa).

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RETTILI

B.6.27 Lucertola campestre ( Podarcis sicula)

Nel nord-Italia la specie si trova quasi esclusivamente in aree ben drenate e quindi xeriche lungo i fiumi di pianura e nelle aree costiere adriatiche; nel piacentino è presente quasi esclusivamente nelle aree golenali delle conoidi di vari torrenti tributari del Po e di alcune aree golenali dello stesso fiume. E’ un lacertide che vive in prevalenza al suolo di incolti erbosi e aperti, zone aride a cespugli radi, saliceti arbustivi di greto sassoso, incolti urbani nei pressi di aree fluviali, sabbioni stabilizzati e colonizzati da erbe e cespugli. Nel resto d’Italia si trova in diverse situazioni ambientali a volte simili alla più rupicola P. muralis. Viene ritenuta una specie termofila.

MISURE GESTIONALI

Si raccomanda una salvaguardia rigorosa delle aree interessate ancora alla presenza della specie.

In queste zone le dinamiche ambientali legate a questa specie sono ancora allo studio. Disposizioni legislative riguardanti P. sicula:

-.All. III (faunastrettamente protetta) della Convenzione di Berna sulla conservazione della fauna selvatica e deglihabitat naturali;

- Allegato IV (D) della direttiva Habitat 92/43/CEE; LR n 15/2006-Disposizioni per la tutela della fauna minore in Emilia-Romagna.

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RETTILI

B.6.28 Lucertola muraiola ( Podarcis muralis)

Nel nord-Italia la specie si trova quasi esclusivamente in aree ben drenate e quindi xeriche lungo i fiumi di pianura e nelle aree costiere adriatiche. Nel piacentino, quasi esclusivamente alle aree golenali dei conoidi di vari torrenti tributari del Po e di alcune aree golenali dello stesso fiume. E’ un lacertide che vive in prevalenza al suolo di incolti erbosi e aperti, zone aride a cespugli radi, saliceti arbustivi di greto sassoso, incolti urbani nei pressi di aree fluviali, sabbioni del Po stabilizzati e colonizzati da erbe e cespugli. Viene ritenuta una specie termofila.

MISURE GESTIONALI

Si raccomanda una salvaguardia rigorosa delle aree interessate ancora dalla presenza della specie. In queste zone le dinamiche ambientali legate a questa specie sono ancora allo studio. Disposizioni legislative:

-.All. III (faunastrettamente protetta) della Convenzione di Berna sulla conservazione della fauna selvatica e deglihabitat naturali;

- Allegato IV (D) della direttiva Habitat 92/43/CEE; LR n 15/2006-Disposizioni per la tutela della fauna minore in Emilia-Romagna.

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RETTILI

B.6.29 Natrice tassellata ( Natrix tassellata)

E’ la più acquatica delle natrici italiane. Si trova in diversi ambienti acquatici come laghi, stagni, lanche, bacini di cava, pozze d’alveo, fiumi, torrenti e canali. Il periodo di attività va da marzo ai primi di ottobre. Si nutre principalmente di piccoli pesci, anfibi e loro larve. Può essere predata da vari mammiferi e uccelli come alcuni rapaci diurni, aironi e gabbiani. La deposizione delle uova avviene dalla fine di giugno, in cumuli di vegetazione marcescente, la schiusa i primi di settembre

MISURE GESTIONALI

Una corretta gestione ambientale della zone che ancora la ospita, su modello di altre zone protette, sarebbe una buona strategia per la conservazione di questa specie. Disposizioni legislative che interessano N. tessellata: -.All. III (fauna strettamente protetta) della Convenzione di Berna sulla conservazione della fauna selvaticae degli habitat naturali; - Allegato IV (D) della direttiva Habitat 92/43/CEE; LR n 15/2006-Disposizioni per la tutela della fauna minore in Emilia-Romagna.

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RETTILI

B.6.30 Saettone comune ( Zamenis longissimus)

Specie legata a settori del territorio costituiti da siepi, arbusteti o boschi radi, che comunque presentino delle zone aperte e assolate come sentieri o radure erbose. Si trova anche nei pressi di torrenti o zone umide, sempre con una buona presenza di cespugli o boschetti. Può trovarsi nei pressi di centri abitati, ma difficilmente vi penetra, come fa il Biacco Hierophis viridiflavus. E’ una specie notevolmente arboricola. E’ attivo da marzo a ottobre e in certi casi fino ai primi di novembre. Preda vari micromammiferi, meno frequentemente uccelli e, occasionalmente, loro uova. Può essere predato da alcuni rapaci come la Poiana Buteo buteo. Oviparo.

MISURE GESTIONALI

La situazione di questa specie in pianura desta preoccupazioni. E’ necessario conservare una buona variabilità ambientale, anche nelle zone coltivate, necessaria alla sua presenza. Allo status legale di protezione di questa specie si aggiunge una recentissima disposizione legislativa regionale (D.l. n 25/2006-Disposizioni per la tutela della fauna minore in Emilia-Romagna).

Altre disposizioni legislative: All. II (fauna strettamente protetta) della Convenzione di Berna sulla conservazione della fauna selvatica e degli habitat naturali, All. IV (D) del D:P:R: n.357 dell’8 settembre 1997 (Anfibi e Rettili italiani di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa).

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RETTILI

B.6.31 Ramarro occidentale ( Lacerta bilineata)

Specie ubiquitaria e termofila, legata a fasce ecotonali, diffusa in prevalenza in zone a vegetazione naturale sia arbustiva che erbacea ma anche; all’interno dei coltivi che presentino siepi o canali bordati da vegetazione spondale. L’attività è svolta da marzo a fine settembre, da metà agosto è possibile trovare i neonati. Dal punto di vista trofico, oltre a predare numerosi invertebrati, può rivolgersi con una certa frequenza a piccoli vertebrati come sauri e micromammiferi. Oviparo.

MISURE GESTIONALI

La specie è sensibile alle modificazioni ambientali e risente negativamente degli interventi di rimozione delle siepi o di eliminazione della vegetazione alto-erbacea, oltre che del progressivo rimboschimento e chiusura delle aree aperte erbacee-arbustive. Le misure di salvaguardia da attuare sono essenzialmente rivolte alla conservazione delle aree favorevoli a questo grosso lacertide. In particolare, in certe zone, è opportuno contrastare la chiusura delle zone aperte, erbaceo-arbustive, da parte della vegetazione boschiva ed evitare drastiche modifiche ambientali come la distruzione delle siepi in zone coltivate. Altre disposizioni di tutela: All. III (fauna strettamente protetta) della Convenzione di Berna sulla conservazione della fauna selvatica e degli habitat naturali; All. IV (D) del DPR n.357 dell’8 settembre 1997 (Anfibi e Rettili italiani di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa); LR n 15/2006 - Disposizioni per la tutela della fauna minore in Emilia- Romagna.

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ANFIBI

B.6.32 Rana agile o Rana dalmatina ( Rana dalmatica)

Specie prevalentemente terrestre, al di fuori del periodo riproduttivo. Si rinviene in boschi di latifoglie, praterie e pascoli, incolti erbosi e cespugliosi, torbiere. Si riproduce in stagni, pozze (anche temporanee), torbiere, pozze laterali di torrenti, lanche e anche canali artificiali a lento deflusso. In certi casi si riproduce anche in vasche di decantazione delle cave di ghiaia o in piscine abbandonate. Nelle zone riproduttive adatte si osservano un buon numero di ovature, anche se non hanno mai una concentrazione paragonabile ad esempio a R. temporaria. Ha una buona capacità di colonizzare ambienti di recente formazione, strategia molto utile in un ambiente mutevole come l’alveo di un torrente

MISURE GESTIONALI

La creazione o il ripristino di zone umide è spesso l'intervento più efficace per favorire le comunità degli Anfibi. In alcuni casi in Italia sono stati effettuati, con successo, interventi di reintroduzione utilizzando girini prossimi alla metamorfosi. Vanno evitate nel modo più assoluto immissioni di pesci nelle zone interessate. All. III (fauna strettamente protetta) della Convenzione di Berna sulla conservazione della fauna selvatica e degli habitat naturali. All. D del DPR n.357 dell’8 settembre 1997 (Anfibi e Rettili italiani di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa).

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ANFIBI

B.6.33 Rana di Lessona ( Rana lessonae)

Questa specie molto diffusa colonizza tutti i possibili ambienti acquatici come rive di fiumi, torrenti, ruscelli, laghi, sia naturali che artificiali, paludi, stagni, vasche, pozze e in alcuni casi torbiere. I giovani sono meno esigenti degli adulti e frequentano anche ambienti temporanei o di recente formazione. Gli ambienti provvisti di vegetazione acquatica e palustre sono quelli massivamente colonizzati. Prevalentemente acquatica di notte o nelle giornate piovose può allontanarsi parecchio dall’acqua, specie i grossi adulti o i giovani in fase dispersiva. In questi casi può trovarsi in prati, campi, orti o boschetti. La riproduzione ha luogo da aprile a giugno E’ ricercata da un gran numero di predatori di tutte le classi così come le sue uova e girini. Costituisce, in moltissimi casi, un insostituibile anello della catena trofica degli ambienti acquatici.

MISURE GESTIONALI

Al momento questa specie a grande diffusione e adattabilità non corre pericoli particolari. Potrebbe essere interessante individuare con opportune indagini le popolazioni pure di R. lessonae che senz’altro hanno un notevole valore naturalistico e sembrano essere ottimi indicatori ecologici di ambienti a più elevata naturalità. La specie è inserita in un contesto legislativo di tutela: (disposizioni legislative regionali: D.l. n 25/2006-Disposizioni per la tutela della fauna minore in Emilia-Romagna). - All. II (fauna strettamente protetta) della Convenzione di Berna sulla conservazione della fauna selvatica e degli habitat naturali. - All. IV (D) del D:P:R: n.357 dell’8 settembre 1997 (Anfibi e Rettili italiani di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa).

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ANFIBI

B.6.34 Rospo smeraldino ( Bufo viridis)

Essendo considerato un elemento steppico-continentale si capisce che, nelle conoidi dei torrenti padani, questa specie termofila trova condizioni ideali di vita. E’ più resistente alle condizioni calde e aride di questi ambienti di altre specie come Bufo bufo. Si adatta anche ad ambienti pesantemente antropizzati ed è possibile trovarlo anche nei centri abitati. Per la riproduzione predilige ambienti di recente formazione, con ecosistemi acquatici in fase iniziale di successione, ben esposti e con vaste estensioni di acqua bassa che si riscaldi rapidamente e favorisca una ricca crescita algale. La riproduzione ha inizio a marzo e può protrarsi fino a giugno. Si tratta di una tipica specie di pianura che nell’ambiente padano è ancora molto diffusa.

MISURE GESTIONALI

Una buona gestione degli ambienti frequentati dalla specie sembra essere la misura decisiva per una sua salvaguardia. Piccoli interventi mirati e poco costosi potrebbero essere la creazione di piccole pozze anche temporanee, la messa in opera di sottopassi stradali per gli adulti in migrazione riproduttiva. Va anche prestata molta attenzione all’attività nelle cave di ghiaia e sabbia presenti, evitando di prosciugare i bacini di decantazione durante il periodio riproduttivo della specie. Disposizioni legislative che riguardano Bufo viridis: All. III (fauna strettamente protetta) della Convenzione di Berna sulla conservazione della fauna selvatica e degli habitat naturali, Allegato IV (D) della direttiva Habitat 92/43/CEE, D.l. n 25/2006-Disposizioni per la tutela della fauna minore in Emilia-Romagna).

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PESCI

B.6.35 Barbo canino ( Barbus meridionalis)

Tipica specie reofila che frequenta corsi d’acqua di portata ridotta, caratterizzati da corrente vivace, acque limpide e ben ossigenate. Il fondale deve essere ciottoloso e ghiaioso associato a pietre e grossi sassi dove ama rifugiarsi. Costituisce piccoli gruppi che si distribuiscono in modo abbastanza frammentato lungo il corso d’acqua. Frequenta il fondo alla ricerca di cibo rappresentato essenzialmente da macroinvertebrati bentonici. La maturità sessuale è raggiunta a 3 anni. La stagione riproduttiva è compresa tra la seconda metà di maggio e la prima metà di luglio, periodo nel quale risalgono i corsi d’acqua alla ricerca di fondali ghiaiosi di media profondità.

MISURE GESTIONALI

La specie è inserita nella Lista Rossa dei Vertebrati italiani e considerata “vulnerabile”. Si tratta di una specie molto sensibile alle alterazioni delle qualità ambientali dei corsi d’acqua e in gran parte dell’areale le popolazioni sono in forte contrazione. In provincia di Piacenza è presente nei tratti pedemontani e montani dei fiumi principali. Mostra un diminuzione dell’abbondanza dei popolamenti a causa del disturbo indotto dalla pressione antropica sui fiumi tramite la modificazione degli alvei e l’innalzamento delle temperature medie delle acque a causa dei prelievi idrici. La modificazione delle temperature medie ha favorito un aumento della presenza del Barbus plebejus nei settori occupati dal Barbus meridionalis causando competizione e ibridazione tra le due specie (Maino et al., 2003). Tra i principali interventi di conservazione vi è certamente la tutela di quei tratti di corsi d’acqua caratterizzati da habitat idonei con particolare attenzione a quei settori che mostrano elementi morfologici e fisico-chimici idonei alla riproduzione. In particolare devono essere controllati i principali fattori di pertubazione che riguardano l’inquinamento delle acque, l’artificializzazione degli alvei fluviali, i prelievi di ghiaia, che possono danneggiare i substrati riproduttivi e l’eccessiva captazione di acqua.

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PESCI

B.6.36 Barbo comune ( Barbus plebejus)

Tipica specie reofila con un discreto grado di adattabilità, che vive nel tratto medio-superiore dei fiumi planiziali. Si può incontrare anche nei tratti montani dei principali corsi d’acqua. Abita corsi d’acqua con acque limpide, ossigenate, con vivace corrente e fondali ghiaiosi e sabbiosi, situazioni tipiche della zona a Ciprinidi a deposizione litofila. Può frequentare anche acque con un certo grado di torpidità, ma che presentano sempre un buon grado di ossigenazione. E’ specie gregaria che frequenta il fondo e i settori più profondi del corso d’acqua alla ricerca di cibo rappresentato essenzialmente da macroinvertebrati bentonici. La maturità sessuale è raggiunta a 2-3 anni dai maschi e a 3-4 anni dalle femmine. La stagione riproduttiva è compresa tra metà maggio e a metà luglio, periodo nel quale risalgono i corsi d’acqua alla ricerca di fondali ciottolosi e ghiaiosi di media profondità.

MISURE GESTIONALI

La specie è inserita nella Lista Rossa dei Vertebrati italiani e considerata “a più basso rischio”. I principali interventi di conservazione devono essere rivolti alla tutela dei tratti medi dei corsi d’acqua, preservandone la struttura e le qualità naturali. In particolare la presenza di sbarramenti lungo il corso del Fiume Trebbia anche nell’area SIC (S.Antonio e Cà Buschi) privi di scale di monta, hanno una pesante influenza sulla diffusione della specie. L’attività di pesca sportiva andrebbe regolamentata in riferimento al periodo di risalita e frega (temporanea chiusura), con il fine di diminuire la pressione su una specie che già mostra preoccupanti segni di contrazione. La presenza di innaturali periodi di secca indotti dall’eccessivo prelievo di acqua è certamente un altro fattore che grava negativamente sulla consistenza delle popolazioni che vivono nel Fiume Trebbia. La specie è oggetto di ripopolamento che spesso sono effettuati con materiale alloctono (addirittura con specie differenti ma appartenenti allo stesso genere) causando, un preoccupante inquinamento genetico. In alcune parti del bacino del Po la specie sembra essere in diminuzione per la competizione con specie alloctone (es. Barbus barbus).

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PESCI

B.6.37 Cobite comune ( Cobitis taenia)

Specie ad ampia valenza ecologica che gli permette di frequentare sia i corsi d’acqua pedemontani con fondale ghiaioso-sabbioso, sia i fiumi planiziali dal fondale fangoso. Lo si può rinvenire anche in corpi d’acqua ferma. Tuttavia il suo ambiente di elezione è rappresentato dai corsi d’acqua dell’alta pianura caratterizzati da corrente moderata, acqua limpida e fondale sabbioso. E’ in grado di tollerare anche basse concentrazioni di ossigeno. Non occupa mai in modo uniforme il tratto di fiume frequentato ma s’insedia nei settori ove sono presenti substrati soffici di sabbia e detrito vegetale, nei quali si rifugia durante le ore diurne. E’ specie bentonica che ricerca il cibo, rappresentato prevalentemente da microrganismi e frammenti di origine vegetale, durante le ore crepuscolari e notturne. La maturità sessuale è raggiunta da entrambi i sessi al 2° anno di età. La stagione riproduttiva è compresa tra la seconda metà di maggio e la prima metà di luglio. Le uova vengono deposte e attaccate tra le alghe e la sabbia del fondo.

MISURE GESTIONALI

La specie è inserita nella Lista Rossa dei Vertebrati italiani e considerata “a più basso rischio”. I principali interventi di conservazione devono essere rivolti alla tutela dei tratti collinari-planiziali dei corsi d’acqua, preservandone la struttura e le qualità naturali. L’inquinamento delle acque, l’artificializzazione degli alvei fluviali, i prelievi di ghiaia che possono danneggiare i substrati riproduttivi, l’eccessiva captazione di acqua, l’inquinamento chimico (es. pesticidi) sono tra le principali minacce alla specie in particolare se interessano i corsi d’acqua di minori dimensioni. Pertanto gli interventi di gestione dovrebbero essere volti a limitare tali perturbazioni.

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PESCI

B.6.38 Lasca ( Chondrostoma genei)

Specie che vive nei tratti medio-alti dei corsi d’acqua con acque limpide, correnti rapide e fondali ghiaiosi. S’incontra nella zona dei Ciprinidi a deposizione litofila. E’ una specie fortemente gregaria. Frequenta il fondo e tende a localizzarsi nei tratti più profondi. La sua dieta è onnivora e costituita da invertebrati bentonici e alghe epilitiche. Si riproduce in primavera, tra maggio e giugno, deponendo le uova, in acque basse e con corrente vivace, sui fondali ghiaiosi. Durante il periodo riproduttivo i gruppi che vivono nei corsi d’acqua maggiori (es. Po) risalgono più a monte gli affluenti per raggiungere le situazioni ottimali per la deposizione delle uova.

MISURE GESTIONALI

La specie è inserita nella Lista Rossa dei Vertebrati italiani e considerata “vulnerabile”. Le popolazioni di questa specie sono quasi ovunque in contrazione. Trattandosi di una specie stenoecia risponde negativamente al degrado ambientale. In provincia la specie è presente nelle aste dei corsi d’acqua principali. In Trebbia la s’incontra in tutto il tratto piacentino. Mostra una diminuzione cronica su tutto il territorio provinciale (Maino et al. 2003). I principali interventi di conservazione devono essere rivolti alla tutela dei tratti medio-alti dei corsi d’acqua, preservandone la struttura e le qualità naturali. In particolare la presenza di sbarramenti lungo il corso del Fiume Trebbia privi di scale di monta hanno una pesante influenza sulla diffusione della specie. L’attività di pesca sportiva andrebbe regolamentata (temporanea chiusura) in riferimento al periodo di risalita e frega, con il fine di diminuire la pressione su una specie che già mostra preoccupanti segni di contrazione. La presenza di innaturali periodi di secca indotti dall’eccessivo prelievo di acqua è certamente un altro fattore che grava negativamente sulla consistenza delle popolazioni che vivono nel Fiume Trebbia. Le azioni di conservazione di base devono, pertanto, andare ad agire sui principali fattori di perturbazione: - l’inquinamento delle acque; - l’artificializzazione degli alvei fluviali; - i prelievi di ghiaia; - gli sbarramenti; - l’eccessiva captazione di d’acqua.

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PESCI

B.6.39 Vairone ( Leuciscus souffia)

Frequenta il tratto medio alto dei corsi d’acqua ove trova acque correnti, limpide, ben ossigenate e fondali ghiaiosi. Sostanzialmente occupa la zona dei Ciprinidi a deposizione litofila. E’ una specie gregaria che frequenta prevalentemente gli strati d’acqua prossimi al fondo. Si nutre principalmente di organismi bentonici e alghe epilitiche. In estate la dieta può essere integrata con insetti catturati sulla superficie. La maturità sessuale viene raggiunta in due-tre anni. Si riproduce fra aprile e luglio in base alla temperatura dell’acqua, deponendo le uova in acque basse e correnti sui fondali ghiaiosi e ciottolosi. Mostra una buona fecondità relativa che gli consente la formazione di popolazioni numericamente consistenti.

MISURE GESTIONALI

La specie è inserita nella Lista Rossa dei Vertebrati italiani e considerata “a più basso rischio”. In provincia Piacenza s’incontra in tutti i bacini idrografici raggiungendo le concentrazioni più elevate nei settori centrali del Torrente Nure e del Fiume Trebbia. Nel Trebbia raggiunge il confine provinciale incontrandosi anche nella zona montana (Maio et al., 2003). Si tratta di una specie stenoecia che raggiunge buone densità in corsi d’acqua idonei e non inquinati. Le azioni di conservazione di devono, pertanto, devono andare ad agire sui principali fattori di perturbazione: - l’inquinamento delle acque; - l’artificializzazione degli alvei fluviali; - i prelievi di ghiaia; - gli sbarramenti; - l’eccessiva captazione di d’acqua.