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DAVID N. BELL CAPIRE RANCÉ LA SPIRITUALITÀ DELL’ABATE DI LA TRAPPE SULLO SFONDO DEL SUO TEMPO Prefazione di Anna Maria Caneva Ocso già e non ancora

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CAPIRE RANCÉLa spiritualità dell’abate di La Trappe sullo sfondo del suo tempo

Sia durante la sua vita, sia dopo la morte, Armand Jean Le Bouthillier, abatede Rancé, fu una figura controversa. Da vivo, fu stranamente ammirato damolti, benché avesse, come ha osservato un recente biografo, «un genio in-felice per incorrere in ostilità non necessarie». Da morto, continuò a susci-tare reazioni estreme – fu amato così come detestato. Un biografo lo so-prannominò «l’abate tempesta»; altri lo dipinsero in panegirici agiografici.Il presente volume colloca Rancé sullo sfondo colorito e stravagante dellaFrancia del Seicento e corregge le caricature, sia quelle menzognere, siaquelle troppo elogiative, esplorando il mondo che circondava e che formòquesto monaco sempre affascinante: i circoli esclusivi dell’ancien régime incui il giovane Rancé si mosse; e l’austero ambiente monastico che egli creò aLa Trappe. «Questo non è tanto un libro su Rancé, ma intorno a Rancé»,scrive l’autore. «Non mi aspetto che convincerà la gente che non ama Rancéad amarlo; però può servire a spiegare perché disse e fece quel che disse efece nella maniera in cui lo disse e lo fece».

DAVID N. BELL è professore di scienze religiose alla Memorial University diNewfoundland. Ha scritto e pubblicato per le Cistercians Publications tradu-zioni di due opere di Baldovino di Ford; due opere agiografiche tradotte dalcopto; tre volumi di indici di biblioteche monastiche medievali; due volumi distoria della dottrina cristiana, e Image and Likeness. The Augustinian Spiri-tuality of William of Saint Thierry (1984).

€ 42,00

DAVID N. BELL

CAPIRE RANCÉLA SPIRITUALITÀ DELL’ABATE DI LA TRAPPE

SULLO SFONDO DEL SUO TEMPO

Prefazione di Anna Maria Caneva Ocso

già e non ancora

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GIÀ E NON ANCORA471

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Hyacinthe Rigaud (1659-1743),Ritratto dell’abate Armand-Jean Le Bouthillier de Rancé,

olio su tela, conservato a La Trappe.Cortesia The Bridgeman Art Library International.

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David N. Bell

CAPIRE RANCÉLA SPIRITUALITÀ DELL’ABATE DI LA TRAPPE

SULLO SFONDO DEL SUO TEMPO

Prefazione all’edizione italiana diAnna Maria Caneva OCSO

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Redazione e impaginazioneCentroImmagine – Lucca

ISBN 978-88-16-30471-0

Per informazioni sulle opere pubblicate e in programmaci si può rivolgere a Editoriale Jaca Book SpA, Servizio Lettori

via Frua 11, 20146 Milano, tel. 02/48561520-29, fax 02/48193361e-mail: [email protected]; internet: www.jacabook.it

Titolo originaleUnderstanding Rancé. The Spirituality of the Abbot of La Trappe in Context

Traduzione dall’inglese diCarlo Dezzuto

© 2005Cistercian Publications, Kalamazoo, MI

© 2010Editoriale Jaca Book SpA, Milano

per l’edizione italiana

Prima edizione italianagennaio 2011

In copertinaHyacinthe Rigaud (1659-1743), Ritratto dell’abate

Armand-Jean Le Bouthillier de Rancé, olio su tela, particolare.Cortesia The Bridgeman Art Library International

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Alla memoria di Alban John Krailsheimer – 1921-2001

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Prefazione all’edizione italiana, di Anna Maria Caneva OCSO 5

Ringraziamenti 9

Abbreviazioni 11

Introduzione 13

Parte prima

Capitolo primo I BIOGRAFI DI RANCÉ 27

Capitolo secondo LA FRANCIA DI RANCÉ 51

Capitolo terzo LA CONGREGAZIONE DI RANCÉ 73

Capitolo quarto I PECCATI DI RANCÉ 93

Capitolo quinto LA GIOIA DI RANCÉ 113

Capitolo sesto LE LETTURE DI RANCÉ 133

INDICE

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Indice

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Capitolo settimo I NEMICI DI RANCÉ 155

Capitolo ottavo LA CONVERSIONE DI RANCÉ 177

Capitolo nono IL MONACHESIMO DI RANCÉ 201

Capitolo decimo CAPIRE RANCÉ 233

Parte seconda BIBLIOGRAFIA ANNOTATA DELLE OPERE DI ARMAND-JEAN DE RANCÉ E SU DI LUI

I OPERE DI RANCÉ 249

I.A.i Opere a stampa (escluse lettere, opere dubbie e spurie) 249I.A.ii Opere non stampate o non rintracciate 274I.B Lettere 276I.B.i Raccolte di lettere 277I.B.ii Lettere singole 284I.C Opere dubbie e spurie 289I.D. Selezioni dalle opere di Rancé 294

II BIOGRAFIE, MATERIALE BIOGRAFICO E LETTERATURA CONTROVERTISTICA 297

II.A Seicento e Settecento 297II.B Ottocento e Novecento 316II.C Brevi biografie in enciclopedie, dizionari e compendi

analoghi 328

Indice dei nomi di persona e di luogo 333

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PREFAZIONE ALL’EDIZIONE ITALIANA

Sono lieta di presentare ai lettori italiani quest’ultimo lavoro attorno all’aba-te de Rancé, condotto a termine dal professor David N. Bell. In quest’opera, alle sue note competenze di storico abituato a sottoporre le fonti documen-tarie a una critica severa, egli ha congiunto una grande sensibilità e una pon-derata e sapiente valutazione del personaggio nel contesto del suo tempo e di quanto si muoveva attorno a lui.

In realtà, come si potrà facilmente constatare, Rancé è un personaggio complesso. Come spesso succede alle grandi personalità, la valutazione del loro operato è dipesa dalle convinzioni e dalle tendenze degli autori che ne hanno parlato. Così, fino a qualche anno fa pochi erano riusciti a decifrare oggettivamente, per quanto possibile, questo personaggio; per i più Rancé è rimasto avvolto in una misteriosa ed enigmatica oscurità di fondo. Di qui le valutazioni non sempre benevole della sua opera, considerata santa e volta al bene delle anime oppure tortuosa e svolta a fini di potenza e di prestigio. Tut-to sommato è rimasta a lungo incompresa nella sua realtà più vera.

L’eccezionale opera di riforma del grande abate si è inserita nell’albero della vita religiosa della Chiesa, particolarmente della parte francese di essa, con caratteri tanto precisi e stupefacenti da suscitare le più diverse reazioni, tali da creare il mito della Trappa. In tal modo sulla Trappa e la vita trappista sono nati pregiudizi, leggende e opinioni falsi e inesatti, che poi si sono dif-fusi fino a diventare luoghi comuni ripetuti acriticamente anche in opere sto-riche e letterarie di elevato grado culturale. Addirittura su Rancé sono state scritte pièces teatrali e cinematografiche di dubbio valore.

Siamo perciò debitori a studiosi del peso di padre Chrysogonus Waddell, iniziatore di studi seri e approfonditi e riferimento insostituibile degli studio-si che si sono valsi del suo consiglio, della sua esperienza e dei contributi in-

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Capire Rancé

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dispensabili della sua ricerca appassionata. Così l’indimenticabile professor Alban John Krailsheimer ha scritto quel capolavoro, fondamentale per la co-noscenza di Rancé, che è il suo Armand-Jean de Rancé, Abbot of La Trappe. His influence in the Cloister and in the World, Oxford 1974, e il professor Bell ci ha dato questo volume magistrale per entrare nel personaggio e nell’atmo-sfera culturale del suo tempo.

Quest’opera è di grande efficacia e una delle sue forze è senz’altro la par-ticolare impostazione e l’impianto su cui sono costruiti i vari capitoli nel loro susseguirsi. Questa struttura sarà certamente di notevole aiuto a chi vorrà in futuro affrontare l’approfondimento dei molti temi che si muovono attorno alla figura di Rancé.

Il volume si articola in due parti. La prima parte comprende dieci capi-toli, ciascuno completato dalla sezione «Per approfondire». Questa focaliz-zazione strategica permette al lettore comune e allo studioso di trarre im-mediatamente profitto, ciascuno al suo livello, dalle numerose notizie e dai riferimenti bibliografici per la ricerca. Certo, è necessaria la conoscenza al-meno della lingua francese e dell’inglese. Alla difficoltà che forse può creare questo aspetto sopperisce ampiamente, per la sicurezza nella ricerca, la vasti-tà d’informazione, e la chiarezza di giudizio che ci offre il professor Bell.

In questi ultimi quarant’anni la ricerca storica su Rancé e il suo mondo si è meritoriamente sviluppata e certamente si è venuti a conoscenza di docu-menti dimenticati, perduti in vecchi archivi disordinati e maleodoranti, do-cumenti che lo riguardano direttamente e ci permettono di conoscerne me-glio la vita e i perché di molti suoi atteggiamenti spesso criticati.

Tutto questo lavoro ha messo sempre più in evidenza la statura morale e la grandezza fedele e coerente, sino alla fine della vita, del nostro personag-gio. Rancé non ha bisogno di colpi giornalistici sensazionali, egli brilla di luce autonoma e supera i limiti del suo secolo. Oscar Wilde ha scritto che la dif-ferenza che c’è fra un santo e un peccatore è che il primo ha un passato e il secondo un futuro. Per Rancé c’è stato sicuramente un passato, lo vediamo descritto così bene in questo volume, e proprio a motivo del passato c’è un futuro, anche se i suoi figli attualmente non lo apprezzano molto.

Spesso si ripete: «Rancé era uomo del suo secolo», ed era il XVII, il grand siècle, secolo che, come ben sappiamo, ha vissuto, soprattutto nella sua se-conda parte, una metamorfosi radicale. Di fatto man mano che la figura di Luigi XIV ingrandiva e si affermava, ingrandiva e si affermava l’assolutismo puro. Quest’ultimo, che era nato per motivi storici contingenti, cercò in se-guito solidità e popolarità in fondamenti teologici.

Vari scrittori, da Giacomo I d’Inghilterra a William Barclay, a Bodin e al grande amico di Rancé e suo collega di dottorato, Bossuet, circondarono il potere reale di un’aureola sacra. La monarchia celebrerà la sua vittoria ren-dendo schiava la maggior parte dell’antica nobiltà allontanandola dalle sue

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Prefazione all’edizione italiana

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terre, unica fonte di reddito, e asservendola completamente alla corte con privilegi vani e fuorvianti anche se estremamente desiderati e ricercati, che ne stroncheranno il nerbo e la moralità. Si metterà sempre più in pratica un perfetto parallelismo fra l’ordine politico-civile-temporale e quello spiritua-le-religioso-soprannaturale e si realizzerà una strettissima collaborazione del-le due società perché entrambe tenderanno ad agire «per il bene dell’uomo». In realtà si attenuerà sensibilmente la differenza specifica che caratterizza l’essenza, i fini e i mezzi della società politica ed ecclesiastica. La società civi-le tenderà ad assumere sempre più caratteristiche sacre, (per esempio il re ri-ceverà l’investitura direttamente da Dio, Luigi XIV si concederà anche il lus-so di fare miracoli a comando...). La sociètà religiosa adotterà «i mezzi legali propri del governo temporale...». Rosmini sarà molto chiaro nella sua critica in Delle cinque piaghe della Chiesa (nn. 33, 57, 67, 139).

Come sappiamo, la famiglia de Rancé, per l’abilità dei suoi capi, era cre-sciuta all’ombra di Richelieu in ricchezza e importanza politica. Politicamen-te coinvolta nelle vicende di governo, alla morte di Richelieu cadde in disgra-zia di Mazzarino e Rancé ne pagò le conseguenze soprattutto a causa della sua lealtà d’amico e della sua inflessibilità morale. Non è superfluo ricorda-re tutto questo, perché Rancé crebbe e fu formato in questa atmosfera di in-trighi, di orgoglio, di desiderio di ricchezza e potere ed è da questa tara pe-santissima che uscì per seguire l’impulso che lo chiamava alla conversione, al cambiamento totale. Lunghi anni passeranno prima della sua decisione defi-nitiva per La Trappe e questo ci manifesta una volta di più la serietà del passo compiuto. Lo stile di governo del suo monastero, le risposte a quanti gli era-no contrari manifestano in modo chiaro la coerenza della sua vita con le sue convinzioni. Nel mondo era stato un gran signore altezzoso e ricchissimo, un cavaliere fedele e leale, in monastero sarà un uomo di Dio fedele e leale sino all’eroismo. Fu amato e capito fino in fondo dai suoi figli, che ne testimonia-rono il valore formando attorno a lui una comunità straordinariamente co-esa e convinta della bontà delle scelte fatte. Ci testimoniano questo stato di cose non solo gli amici e i visitatori di varie convinzioni che conobbero Ran-cé e La Trappe, ma le Visite Regolari effettuate da visitatori che si vedevano costretti a cambiare le loro convinzioni scettiche dopo aver conosciuto la re-altà della vita di La Trappe.

Attraverso innumerevoli contrarietà e difficoltà d’ogni genere, Rancé sep-pe guidare i suoi monaci e difenderli da errori, insinuazioni e calunnie insi-diose.

Nella seconda parte dell’opera, David Bell offre ai lettori una lunga bi-bliografia commentata, suddivisa per secoli e annotata in modo univoco e chiarissimo. Particolarmente valida per la guida dei ricercatori è la costante attenzione a trovare le opinioni dei contemporanei, le domande e le risposte a queste domande in opere parallele, di autori vari che hanno affrontato l’ar-

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Capire Rancé

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gomento in questione. Tutto questo ci testimonia uno straordinario lavoro di gruppo che il professor Bell ha saputo dirigere con grande maestria.

La varietà e la vastità degli argomenti studiati e valutati apre certamente l’orizzonte a una ricerca sempre più approfondita e valida. Auguriamo a que-sto volume la diffusione che si merita e il frutto che tanto impegno si è am-piamente guadagnato.

Anna Maria Caneva OCSO

Monastero TrappisteVitorchiano (Vt)

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RINGRAZIAMENTI

Con piacere esprimo la mia gratitudine agli abati di Cîteaux, Gethse-mani, Mount Melleray, Roscrea, Septfons, Tamié, Vina, e specialmen-te di La Trappe, per avermi dato libero accesso alle loro biblioteche, e ai bibliotecari di quelle comunità per il loro aiuto. Ho anche un de-bito, come sempre, con gli operatori di miracoli del prestito interbi-bliotecario della mia università, la cui abilità nell’ottenere i materiali più oscuri in un tempo mirabilmente breve non è seconda a nessuno. Ci sono anche altri il cui aiuto è stato indispensabile, ma che preferi-scono rimanere anonimi. Senza la loro assistenza, questo libro non sa-rebbe stato possibile.

La bibliografia che forma la seconda parte di questo studio è una versione rivista, corretta e molto espansa delle prime due parti del mio Armand-Jean Le Bouthillier de Rancé: A Bibliography of Printed Sources, «Cîteaux: Commentarii cistercienses», 51 (2000), pp. 219-284. Ci sono molte cose nuove, e sono grato alla redattrice-capo e al comitato editoriale della rivista per avermi permesso di riprodurre quelle parti che non lo sono.

Infine, debbo molto più di quanto non possa dire a padre Chryso-gonus Waddell OCSO, che per primo mi introdusse al vero Rancé (che una volta non mi piaceva, ma perché non lo conoscevo) e il cui aiu-to, i cui consigli e suggerimenti lungo gli anni sono stati tanto genero-si quanto inestimabili.

DNB

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ABBREVIAZIONI

Bell, Conference D.N. Bell (a cura di), Armand-Jean de Rancé: A Con-ference on Spiritual Joy, «Cistercian Studies Quarter-ly», 37 (2002), pp. 33-46.

Bell, Rancé D.N. Bell, Armand-Jean Le Bouthillier de Rancé: a Bi-bliography of Printed Sources, «Cîteaux: Commentarii cistercienses», 51 (2000), pp. 219-284.

Bourgeois-André E. Bourgeois, L. André, Les sources de l’histoire de France: XVIIe siècle (1610-1715), 8 voll., Picard, Paris 1913-1932; Kraus reprint, Nendeln 1976 (nuova ed.).

Canivez J.M. Canivez, Statuta Capitulorum Generalium Or-dinis Cisterciensis ab Anno 1116 ad Annum 1786, 8 voll., Bureaux de la revue, Louvain 1933-1941.

CCCM Corpus Christianorum, Continuatio Mediaevalis, Bre-pols, Turnhout 1952.

Cioranescu A. Cioranescu, Bibliographie de la littérature françai-se du dix-septième siècle, 3 voll., Centre national de la recherche scientifique, Paris 1966; Slatkine reprints, Genêve 1994 (nuova ed.).

Dubois, Histoire L. Dubois, Histoire de l’abbé de Rancé et de sa réforme, composée avec ses écrits, ses lettres, ses règlements et un grand nombre de documents contemporains inédits ou peu connus, 2 voll., Bray, Paris 1866; Poussielgue, Paris 1869 (nuova ed.).

Krailsheimer, Legacy A.J. Krailsheimer, Rancé and the Trappist Legacy, Ci-stercian Publications, Kalamazoo 1985.

Krailsheimer, Rancé A.J. Krailsheimer, Armand-Jean de Rancé, Abbot of la

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Abbreviazioni

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Trappe. His Influence in the Cloister and in the World, Clarendon Press, Oxford 1974; Cerf, Paris 2000 (nuo-va ed.).

Lekai, Cistercians L.J. Lekai, The Cistercians. Ideals and Reality, Kent State University Press, Kent, 1977; tr. it. I Cistercensi: ideali e realtà, Certosa di Pavia, s.l. 1989.

Lekai, Observance L.J. Lekai, The Rise of Cistercian Strict Observance in Seventeenth Century France, Catholic University of America Press, Washington 1968.

PG Patrologiae Cursus Completus, Series Graeca, 161 voll., Migne, Paris 1856-1866.

PL Patrologiae Cursus Completus, Series Latina, 221 voll., Migne, Paris 1841-1865.

Tournoüer H. Tournoüer, Bibliographie et iconographie de la Maison-Dieu Notre Dame de la Trappe au diocèse de Sées, de Dom A.-I. Le Bouthillier de Rancé, Abbé et Ré-formateur de cette abbaye, et en général de tous les re-ligieux du même monastère, Meaux, Mortagne 1894-1896.

NOTA: Le lettere di Rancé a cui si farà riferimento lungo il testo sono citate secondo la numerazione proposta in A.J. Krailsheimer (a cura di), The Let-ters of Armand-Jean de Rancé, Abbot and Reformer of La Trappe, 2 voll., Ci-stercian Publications, Kalamazoo 1984, indicandole cioè per lo più con sei cifre (aa/mm/gg): per esempio, la lettera 910104 è stata scritta il 4 (04) gen-naio (01) 1691 (91). Se le cifre dei giorni sono 00, significa che non c’è indi-cazione del giorno esatto, ma solo del mese e dell’anno.

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INTRODUZIONE

Questo libro non è una biografia di Rancé. Ce ne sono già molte altre, e dopo la pubblicazione, nel 1974, di quella del professor A.J. Krails-heimer, rivista nel 20001, non c’è molto bisogno di ulteriori studi sul-la sua vita. C’è però bisogno di altri studi sul suo pensiero e sulla sua spiritualità monastica, e nessuno di essi può essere intrapreso senza te-nere conto dei suoi tempi, del suo paese, del suo ordine, del suo retro-terra, della sua formazione, della sua conversione, del suo carattere. Il presente volume si prefigge alcuni di questi obiettivi e non è tanto un libro su Rancé, ma intorno a Rancé. Non mi aspetto che convince-rà chi non ama Rancé ad amarlo; può però servire a spiegare perché egli ha detto e fatto ciò che ha detto e fatto nel modo in cui l’ha detto e fatto. Aggiungerei anche che i suggerimenti per ulteriori letture ap-posti ad ogni capitolo sono, quando possibile, limitati al materiale in inglese. Se non esistono fonti in inglese, ovviamente non c’è scelta: si citano quelle francesi. Per principio, però, questo libro non richiede al lettore di essere bilingue.

Dato che entreremo subito in medias res, può essere utile presen-tare qui un racconto puro e semplice della vita di Rancé, con alcuni luoghi e date, per ricordare a quanti sanno – e informarne quanti non sanno – ciò che accadde nei settantaquattro anni fra la sua nascita, il 9 gennaio 1626, e la sua morte, il 27 ottobre 1700. Voglio sottolineare

1 Krailsheimer, Rancé.

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Capire Rancé

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che non è altro che un racconto puro e semplice, deliberatamente pri-vo di spiegazioni e interpretazioni, che costituiranno la materia dei ca-pitoli seguenti. Qui, perciò, non c’è nulla di nuovo e non si intende es-serlo; le mie fonti essenziali sono state i resoconti del professor Alban Krailsheimer. Chi volesse più dettagli, non può fare di meglio che con-sultare i rilevanti capitoli della sua opera sull’eredità trappista2.

La vita di Rancé si può convenientemente dividere in due parti. La prima va dalla sua nascita nel 1626 alla sua entrata a La Trappe come abate regolare nel 1664; la seconda va dal 1664 fino alla sua morte, nel medesimo monastero, nel 1700. La prima parte si può suddividere in tre sezioni minori, una più breve dell’altra. Prima di tutto, abbiamo gli anni della fanciullezza e adolescenza fino al 1643, quando, a diciasset-te anni, prese il titolo magistrale all’università di Parigi. Poi abbiamo il periodo dal 1643 al 1657, quando si godette la bella vita della gran-de città. Infine, ci sono gli anni dell’indecisione, il periodo dal 1657 al 1663, quando decise di abbandonare il mondo ma non era del tutto si-curo di che cosa mettere al suo posto.

Armand-Jean Bouthillier de Rancé3 nacque a Parigi da Denis Bou-thillier e Charlotte Joly, che si erano sposati a Digione nel 1619, e fu uno di una schiera di figli. Un fratello e quattro sorelle lo precedeva-no; una sorella e un fratello lo seguirono. Sembra che vi sia stato al-meno un bambino che morì alla nascita o da piccolo. La famiglia era ricca e godeva di stretta relazione con il cardinale Richelieu, che fu il padrino di Rancé. Il padre di Rancé, Denis, occupava importanti po-sizioni a corte, e fra gli zii e le zie di Rancé si annoverano segretari di stato, vescovi e arcivescovi, monache e badesse.

Il fratello più vecchio di Rancé, Denis-François, nacque nel 1620, ma non godette mai di buona salute e morì inaspettatamente nel 1637, a diciassette anni. Se fosse sopravvissuto, avrebbe seguito due degli zii nella carriera ecclesiastica e Armand-Jean sarebbe diventato cavaliere di Malta. Ma la morte del primogenito Bouthillier cambiò i piani del-la famiglia, e Armand-Jean, che aveva undici anni, si trovò trasferito dalla carriera militare a quella ecclesiastica. Che questo fosse non del

2 Krailsheimer, Legacy.3 Dopo l’ingresso a La Trappe, Rancé smise di usare il nome di famiglia Bouthillier e firmò le sue lettere «fr. Armand-Jean, abbé de la Trappe». Per altri particolari, cfr. A.J. Krailsheimer (a cura di), The Letters of Armand-Jean de Rancé, Abbot and Refor-mer of La Trappe, 2 voll., Cistercian Publications, Kalamazoo 1984, vol. I, p. XXVI.

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Introduzione

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tutto imprevisto, è confermato dal fatto che Armand-Jean ebbe già la tonsura nel 1635, a nove anni.

La continuità era qui essenziale. Prima di morire, Denis-François possedeva un certo numero di benefici di valore ed era economica-mente essenziale che essi rimanessero in famiglia. Così, dopo la morte del fratello, Armand-Jean si trovò abate commendatario o priore – di fatto, proprietario in assenza – di cinque case religiose, compresa l’ab-bazia cisterciense di La Trappe.

Il giovane Rancé fu educato in casa da tutori, una pratica comu-ne a quel tempo, e uno di loro, l’ammirevole Jean Favier, rimase un suo amico e corrispondente per lunga data4. Il giovane era ovviamen-te uno studente intelligente, forse anche precoce, e la sua educazione fu davvero tale, se nel 1639, a tredici anni, Armand-Jean pubblicò un commentario sul poeta greco Anacreonte5 e lo dedicò, con una lette-ra in greco, al suo padrino, Richelieu. Ma resta indeterminato quanto dell’opera è dovuto a Rancé e quanto ai tutori6.

I cinque anni dal 1637 al 1642 furono abbastanza movimentati. Nel 1637, come abbiamo visto, morì Denis-François, e in quello stes-so anno il padre di Rancé comprò una residenza di campagna a Vé-retz, vicino a Tours. Rancé l’avrebbe conosciuta bene. Poi, nell’otto-bre 1638, morì la madre. Il 1639 vide la pubblicazione del suo primo libro, quello in greco, e verso il 1642 fu ammesso al Collège d’Har-court dell’università di Parigi. Ma il 1642 fu anche un anno di trage-die: il marito di una delle sorelle fu brutalmente assassinato da suo cognato; pochi giorni dopo morì il cardinale Richelieu, lasciando i Bouthillier privi di un potente protettore. Il peggio doveva venire, con l’ascesa del cardinale Mazarino, che gettò un’ombra di tristezza sulla famiglia Bouthillier, come diremo nel secondo capitolo.

Dopo aver preso il titolo magistrale nel 1646, Rancé cominciò la sua strada in società. Un certo numero dei suoi più stretti amici occu-pavano alti uffici nella Chiesa, e più avanti ne incontreremo qualcuno

4 Su Jean Favier (1609-1703), cfr. É. Jaloustre, Un précepteur auvergnat de l’abbé de Rancé, Mont-Louis, Clermont-Ferrand 1887, che, nonostante la sua antichità, rimane indispensabile.5 A.-J. de Rancé, ‘Anakrevonto~ Thii÷ou ta; meÈlh, Dugast, Paris 1639.6 Per una breve discussione, cfr. le note alla presentazione del libro, nella seconda parte di questo studio. La lettera greca è la 410110, che dà una traduzione francese ma non l’originale greco.

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(specialmente i vescovi di Luçon e Grenoble, Henri Barillon e Étien-ne Le Camus). Altri frequentavano i salons alla moda. Alcuni aveva-no contatti influenti a corte. Ma di tutte le nobili famiglie con cui era in contatto, nessuna era più importante del casato dei Montbazon, e la relazione di Rancé con la bella e sensuale Madame de Montbazon sarà oggetto di un futuro capitolo.

Nel 1648 Rancé ricevette il diaconato da Paul de Gondi (il futu-ro cardinale di Retz) e nel 1651 il presbiterato dallo zio, l’arcivescovo di Tours. A quell’epoca egli era il capofamiglia – suo padre era morto nel 1650 – e il proprietario della tenuta di Véretz. Nel 1654 conseguì il dottorato in teologia alla Sorbona e nello stesso anno lo zio gli attri-buì uno dei due arcidiaconati della diocesi di Tours. Ma la speranza dello zio che il nipote potesse succedergli come arcivescovo fu vanifi-cata da Mazarino, e l’amicizia di Rancé con il nemico di Mazarino, il cardinale di Retz – un’amicizia coraggiosamente mantenuta in un cli-ma politico tremendamente avverso – poteva avere solo effetti delete-ri sulla sua carriera ecclesiastica.

Nel 1655 il giovane abbé fu mandato dallo zio a Parigi come de-legato all’assemblea generale del clero di Francia. Era la grande as-semblée decennale, a cui ogni provincia ecclesiastica mandava quattro deputati e che veniva spesso usata come canale per la promozione ec-clesiastica di aristocratici giovani e ambiziosi. Rancé, sembra, si com-portò in modo efficiente ed efficace, ma trovò anche le procedure intollerabilmente noiose, e prima che la lunga e protratta assemblea giungesse alla fine, si ritirò discretamente nella sua tenuta di Véretz. Chiaramente si godette la vita di signorotto di campagna, e documenti dell’epoca lo ricordano come un buon conversatore, cavaliere super-bo (cavalcare era la sua passione), un po’ vezzoso nei modi e nell’ab-bigliamento, un uomo che sapeva come percorrere un delicato cam-mino fra le paludi della politica francese a metà del Seicento. Il che, in sé, non era cosa da poco.

La sua vita di abbé di campagna, popolare e alla moda, terminò nel 1657 con la morte inattesa della donna che amava: Marie d’Avaugour de Bretagne, duchessa di Montbazon. Come vedremo, era solo l’ulti-mo e il più terribile evento in un seguito di circostanze, ma fu senza dubbio un punto di svolta nella sua vita. Dopo la morte della duches-sa, egli si ritirò a Véretz e compì il primo, definitivo passo che l’avreb-be condotto, a tempo debito, alle buie foreste e ai fetidi laghi di quel-lo che sarebbe presto diventato il noto luogo dove

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Introduzione

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fra una cupa di boschi distesa,cinta d’acque in caduta scoscesa,il cui triste, interiore lamentopare il gemito duro e mai spentodi color che, abbattuti da un’onda,un famelico gorgo sprofonda –narra storie, La Trappa mitrata,con la fronte dal tempo imbiancata7.

Questo portò Rancé, circa sei anni dopo, alla decisione finale su che cosa doveva fare esattamente e su dove farlo. In questo periodo, egli consultò un sacco di persone, uomini e donne, ognuno dei quali ebbe una profonda influenza su di lui; ne incontreremo alcuni nei prossimi capitoli. Rancé era un uomo che aveva continuo bisogno di incorag-giamento e di supporto morale. Così, nella primavera del 1658, orga-nizzò un giro delle case di cui era superiore commendatario e in luglio arrivò a La Trappe. Almeno tre di quelle case, compresa La Trappe, erano in condizioni povere, economicamente e moralmente (delle al-tre due non si sa nulla), ma a quell’epoca Rancé fece poco per risolver-ne i problemi. Data la sua incertezza sulla direzione da prendere, ciò è comprensibile. Seguì un secondo giro nel 1659, ma Rancé era anco-ra insicuro sul cammino da seguire. Ebbero luogo altre consultazioni, esaminò altri consigli, e sembra che sia stato Gilbert de Choiseul, al-lora vescovo di Comminges e poi vescovo di Tournai, a suggerire per primo a Rancé di diventare monaco e farsi carico di uno dei suoi be-nefici come superiore regolare. Rancé – come dirà Choiseul più di trent’anni dopo – fu atterrito dall’idea, ma non è facile dire in che mi-sura. Trent’anni sono un lungo periodo di tempo, e la memoria, che può essere talora più creativa che ritentiva, è assai volubile.

Sia quel che sia, col 1660 Rancé cominciò a vederci chiaro. Dio lo stava chiamando alla vita monastica, che gli piacesse o no, e nei due anni successivi egli gradualmente si liberò di tenute e possedimen-ti. Véretz fu venduta, altri benefici trasferiti – uno di essi andò a Jean

7 «Where, ‘midst her gloomy waste of wood / And girt by many a rushing flood, / Whose deep and melancholy moan / Seems but the never-ceasing groan / Of those who, felled by secret blow, / Sink in the hungry gulph below / La Trappe her mitred forehead reyars, / Grey with the storms of thousand years», J.W. Cunningham, De Rancé. A poem, Cadell and Davies, London 1815; Hatchard, London 1815, p. 109.

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Favier, il suo vecchio amico e primo tutore – e nell’agosto 1662 egli contattò le autorità della Stretta Osservanza cisterciense8 e chiese che mandassero un po’ di religiosi dall’abbazia di Perseigne alla cadente casa di Comune Osservanza di La Trappe, per assumere il controllo dell’«inedificante assortimento di una mezza dozzina di monaci che vivono in uno squallore indisciplinato»9. Questo avvenne il 17 agosto (non senza la resistenza della mezza dozzina di monaci) e Rancé stes-so andò all’abbazia per sorvegliare i lavori di ricostruzione e restauro. Rimase lì dal settembre 1662 al gennaio 1663, e quei pochi mesi sem-bra che gli abbiano dato la conferma finale, di cui aveva bisogno, che la vita cisterciense era davvero quella a cui era destinato. Prese l’abito a Perseigne il 13 giugno 1663.

Il suo anno di noviziato – un anno era la norma, all’epoca – può solo essere stato un’esperienza sconvolgente, fisicamente, psicologica-mente e spiritualmente. In ottobre la sua salute peggiorò e fu obbliga-to a tornare a La Trappe per recuperarla. Poi, dopo il suo ricovero e il ritorno a Perseigne, fu inviato ad un’altra abbazia dei dintorni per ri-organizzarvi l’ordine. Difficilmente questa era un’esperienza normale per un novizio cisterciense, ma né Rancé né il suo noviziato possono dirsi normali. Nel giugno 1664, comunque, l’anno di prova terminò e il 14 luglio egli entrò a La Trappe come abate regolare. Non c’è dub-bio che vi andò con la riforma in mente, e il progetto per tale rifor-ma fu disegnato probabilmente a Perseigne, quando Rancé lesse un libro – di cui parleremo in seguito – di Julien Paris, abate di Foucar-mont, intitolato Du premier esprit de l’ordre de Cisteaux, pubblicato per la prima volta nel 165310.

Rancé era a La Trappe da poche settimane quando fu convocato a Parigi per incontrare i superiori della Stretta Osservanza. Era il set-tembre 1664, e durante l’incontro Rancé ebbe l’ordine di accompa-gnare a Roma dom Dominique Georges, il santo abate di Val-Richer,

8 I termini Stretta Osservanza e Comune Osservanza sono usati qui per semplicità, benché anacronisticamente. La storia dell’origine delle due Osservanze sarà oggetto del terzo capitolo. 9 Krailsheimer, Legacy, p. 24.10 Julien Paris, Du premier esprit de l’Ordre de Cisteaux, où sont traitées plusieurs choses nécessaires pour la connaissance du gouvernement et des moeurs de cet ordre et pour l’intelligence de la règle de S. Benoist, Alliot, Paris 1653; Alliot & Alliot, Paris 1664 (nuova ed.); Mabre-Cramoisy, Paris 1670 (nuova ed.).

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Introduzione

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per sostenere la causa della Stretta Osservanza in quella che fu chia-mata la «guerra delle osservanze». Ci rimase per oltre diciotto mesi, e quel che fece e fu fatto in quel periodo lo discuteremo nel terzo ca-pitolo. Si dà il caso che la missione romana fu un fallimento (benché Rancé non ne avesse colpa) ed egli non si godette il soggiorno nell’ur-be. Né si godette le infinite politicherie. Ritornò con contentezza a La Trappe nel maggio 1666, e non la lasciò più, tolte alcune brevi assen-ze per motivi d’ufficio.

Il suo abbaziato non fu facile. Questo valeva e vale per molti aba-ti, ma Rancé, come ha notato il professor Krailsheimer, ebbe «un ge-nio infelice per trovare ostilità non necessarie»11: ma talvolta, con buo-na pace di Krailsheimer, anche necessarie. Il periodo tra la sua entrata nell’abbazia fino a circa il 1675 fu dominato da questioni con gli aba-ti della Comune Osservanza, che, per definizione, si opponevano fer-mamente alle sue riforme; e anche da relazioni tese con i suoi superiori della Stretta Osservanza, che, al parere di Rancé, non era abbastan-za stretta. Nello stesso periodo, fu implicato in un’amara controver-sia con Guillaume Le Roy, abate commendatario di Hautefontaine e antico amico, sul problema delle fictions12 – cioè la questione di qua-li metodi un abate poteva legittimamente usare per inculcare l’umil-tà nei suoi monaci. Il conflitto iniziò nel 1671 circa e durò almeno un decennio. Poi, dal 1683 al 1692 (ufficialmente), venne a battaglia con dom Innocent Le Masson, generale dei certosini, sul fatto che i certo-sini fossero accusati giustamente, o no, di lassismo. Infine, dal 1684 al 1693, vi fu una controversia con il dotto maurino Jean Mabillon a pro-posito degli studi monastici. Ulteriori considerazioni su queste con-troversie saranno svolte nelle pagine seguenti.

Ci fu anche una quantità di altre dispute di minore importanza. Una di esse riguardò la questione se i monaci professi potessero la-sciare il chiostro per prendersi cura dei genitori indigenti. Un’altra ri-guardò il problema della mortalità a La Trappe – innegabilmente alta, soprattutto fra il 1674 e il 1676 – e la questione se le strette regole di Rancé non fossero davvero troppo strette, se non per superuomini. E ciascuna di queste dispute e controversie si svolse nell’onnipresen-

11 Krailsheimer, Rancé, p. 42.12 Si preferisce tenere il termine originario francese per indicare queste umiliazioni volontariamente inflitte dal superiore e senza motivazione diversa che l’accrescere l’umiltà del monaco (nota del traduttore).

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te atmosfera del conflitto gesuiti/giansenisti, che tormentò la Chie-sa francese per la maggior parte del Seicento e del Settecento. Era, in sostanza, un conflitto fra un atteggiamento più morbido (i gesuiti) e uno più rigoroso (i giansenisti) verso la peccaminosità umana (dire-mo qualcosa di più nel secondo capitolo), ma Rancé ebbe continue difficoltà con entrambi i partiti. C’erano giansenisti che pensavano che non fosse abbastanza giansenista, o almeno non sufficientemente giansenista in modo esplicito; e c’erano gesuiti che pensavano che fos-se troppo giansenista. La situazione non era aiutata dal fatto che Ran-cé stesso non era un pacificatore irenico, ma un uomo fiero, a volte al-tezzoso, più che pronto a difendere i suoi punti di vista anche a lungo termine e in termini non incerti.

Le sue continue fatiche e l’austerità della sua vita gli fecero paga-re il fio, e dal 1694 non poté più camminare senza aiuto e fu obbliga-to a entrare nell’infermeria di La Trappe. Soffriva certamente di for-me reumatiche, forse artrite reumatoide, e aveva anche difficoltà di respirazione e di digestione. Nel maggio 1695 rassegnò le dimissioni e gli succedette dom Zosime Foisil, che ritroveremo nel primo capitolo. Zosime, comunque, ebbe poche opportunità di esercitare i suoi talen-ti, perché fu abate solo tre mesi prima di morire improvvisamente nel marzo 1696. Gli succedette Armand-François Gervaise, personaggio la cui vita è un romanzo a se stante, e sotto il governo di Gervaise, be-nintenzionato ma eccentrico e senza tatto, la vita regolare all’abbazia si avvicinò al collasso. Gervaise fu costretto a rassegnare le dimissioni nel 1698 e gli succedette dom Jacques de La Cour, che entrò nella sua abbazia nell’aprile 1699.

La vita di Rancé si stava avvicinando alla fine. Il poeta e saggista inglese Joseph Addison lo visitò nel settembre 1700, a un mese dal-la morte, e riferì al dottor John Hough, vescovo di Lichfield, che egli «ha ancora i suoi sensi integri, benché siano costretti a portarlo a mes-sa sul suo pagliericcio; egli ci va ancora, alle ore più impensate»13. Egli ebbe ancora «i sensi integri», di fatto, fino ai suoi ultimi istanti, ed era perfettamente lucido quando morì, il 27 ottobre 1700, fra l’una e le due del pomeriggio. Aveva settantaquattro anni. Ricevette i sacramen-

13 J. Addison, Letter 20, in W. Graham (a cura di), The Letters of Joseph Addison, Clarendon Press, Oxford 1941, p. 24; Scholarly Press, St. Clair Shores 1976 (nuova ed.), p. 24.

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ti da monsignor Louis d’Aquin, vescovo di Séez, che ci ha lasciato un racconto un po’ troppo edificante ma certo commovente delle sue ul-time ore14.

Sia durante la sua vita, sia dopo, Rancé fu una figura controversa. Egli provocava reazioni estreme – d’amore o di odio – e questo è ri-scontrabile nelle due dozzine di biografie scritte nel corso degli ulti-mi tre secoli. Le più antiche tendono ad essere panegirici agiografici, ma è comprensibile. Dopo la sua morte vi fu un movimento concer-tato per la sua canonizzazione e alcune delle prime biografie rifletto-no chiaramente questo obiettivo. Se no, perché dom Pierre Le Nain avrebbe dovuto dedicare così tanto tempo a riferire i suoi supposti mi-racoli? Si dà il caso che il tentativo non approdò a nulla, ma non per una vittoria dell’avvocato del diavolo, bensì principalmente a causa della morte e della politica. I suoi più fedeli sostenitori non gli soprav-vissero di molto e il Settecento era un mondo molto diverso da quello che formò il carattere di Rancé.

Egli rimane una figura controversa. Ho parlato con molti cister-ciensi della Stretta Osservanza odierna e annovero fra di loro molti dei miei più cari amici, ma è raro trovare fra di loro un vero ammira-tore di Rancé o uno che abbia davvero letto molto dei suoi scritti. E molti di loro non si curano della designazione di «trappista». Ci sono, certo, eccezioni, fra cui è notevole quella di padre Chrysogonus Wad-dell dell’abbazia di Gethsemani, i cui studi perspicaci sul pensiero e le idee di Rancé sono letture essenziali15. Una parte del problema sta nell’ostinata leggenda di Rancé come un autocrate disumano e ipera-scetico che guardava ai suoi monaci come a non più che una banda di criminali confinati nella prigione del chiostro. Parte di questo deriva da un difetto di conoscenza della cultura, della religione e della spiri-tualità della Francia del Seicento. Un’altra parte del problema risul-ta dal fatto che, fra i lettori inglesi, Rancé è raramente letto. Oltre alle sue lettere, l’unica sua opera disponibile in traduzione inglese com-pleta è la sua opera principale, De la sainteté et des devoirs de la vie

14 L. d’Aquin, Récit abrégé des principales circonstances de la vie et de la mort de M. de Rancé, abbé de la Trappe, en forme d’épitaphe, pour être mis en trois tables autour d’un oratoire qui est sur sa tombe, Vaultier, Rouen 1704.15 L’elenco dei suoi articoli si può trovare in Bell, Rancé, pp. 276-277.

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Capire Rancé

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monastique. Ma il libro fu pubblicato nel 183016 ed è piuttosto raro17. Inoltre, la traduzione è difettosa, a volte piuttosto seriamente. Questo studio è puramente un tentativo di collocare Rancé nel suo contesto; se lo facciamo, possiamo vedere non solo perché ha detto quel che ha detto, ma anche che a fatica potrebbe aver detto anche altro. La sua spiritualità senza dubbio riflette il suo temperamento – non potrebbe essere altrimenti – ma anche il mondo politico, sociale, culturale, ec-clesiastico e spirituale in cui visse.

Abbiamo già detto che la reazione a Rancé lascia raramente indif-ferenti. Egli fu, ed è, sia amato sia odiato, e questo si nota nelle oscilla-zioni delle sue biografie. La primitiva adulazione lascia il posto a una critica stizzita; la critica stizzita è seguita da altra adulazione, benché più moderata; e fu solo con la biografia del professor Krailsheimer del 197418 che ci fu offerta una sistemazione corretta e bilanciata della vita e delle opere dell’abate di La Trappe. Ma anche il professor Krailshei-mer talvolta oscilla sul filo dell’omaggio a un eroe, e neppure io posso dire di esserne totalmente esente. Rancé può fare questo alle persone.

Iniziamo, dunque, relazionando sulla storia di queste differenti biografie e vedendo come il ritratto di Rancé è cambiato e si è svi-luppato nell’arco dei tre secoli dalla sua morte, nel 1700, all’inizio del nuovo millennio.

PER APPROFONDIRE

Per ogni studio su La Trappe o sul suo famoso abate, Tournoüer, la biblio-grafia compilata alla fine dell’Ottocento, rimane indispensabile. La parte fi-nale dell’opera – Iconographie de l’abbaye de la Trappe et de l’abbé de Ran-cé – fu pubblicata nel 1973 da Lucien Aubry, Eric de Jessé, Jean Lebrun e Philippe Siguret19.

16 A Treatise on the Sanctity and on the Duties of the Monastic State. Written Ori-ginally in French by the Rev. Father Don [sic] Armand John Le Boutillier de Rancé, Abbot and Reformer of La Trappe, translated by a Religious of the Abbey of Melleray, la Trappe, 2 voll., Grace, Dublin 1830.17 Anche in italiano non risultano opere di Rancé tradotte e pubblicate dopo il Set-tecento (nota del traduttore).18 Krailsheimer, Rancé.19 Lucien Aubry, Eric de Jessé, Jean Lebrun, Philippe Siguret, Iconographie de

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Introduzione

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Su Rancé, cfr. Bell, Rancé, con un indice degli argomenti. La seconda par-te di questo volume contiene una versione rivista e considerevolmente am-pliata delle prime due parti di quella bibliografia: gli scritti di Rancé e la let-teratura biografica o controvertistica. Esso non contiene la terza parte della bibliografia, che elenca studi sul pensiero e le idee di Rancé. Debbo molto alla redattrice-capo e al comitato editoriale della rivista «Cîteaux: Commentarii cistercienses» per il permesso di riprodurre rilevanti sezioni di quell’articolo.

Per il famoso ritratto di Rancé di Hyacinthe Rigaud, riprodotto in co-pertina (particolare) e nelle pagine iniziali di questo libro (l’originale è a La Trappe), cfr. Lucien Aubry, À la recherche du vrai portrait de Rancé. Essai sur l’iconographie du Réformateur de la Trappe, «Cîteaux: Commentarii cister-cienses», 23 (1972), pp. 171-208; Roger Judrin, Le portrait de Rancé, «Ca-hiers Saint-Simon», 1 (1973), pp. 3-4; e Michèle Ménard, Le portrait de l’ab-bé de Rancé par Hyacinthe Rigaud, in Réformes et continuité dans l’ordre de Cîteaux: De l’Étroite Observance à la Stricte Observance. Actes du Collo-que. Journées d’Histoire Monastique, Saint-Mihiel, 2-3 octobre 1992, Cîteaux: Commentarii cistercienses, Brecht 1995, pp. 53-57 (con riassunto in inglese alla p. 206).

Un resoconto completo delle varie biografie di Rancé sarà dato nel primo capitolo e/o nella bibliografia che forma la seconda parte del libro. La mia presentazione dei fatti della vita di Rancé svolta in questa introduzione di-pende primariamente da Krailsheimer, Rancé, capitoli 1-3, e da Krailsheimer, Legacy, capitoli 2-4. Sono entrambi eccellenti, ma il primo richiede una co-noscenza letta del francese, perché le abbondanti citazioni francesi non sono tradotte. Alcune date del primo di questi studi non sono giuste e sono state corrette nella traduzione francese rivista nel 2000. Ma in entrambe le versio-ni, la data di morte è sbagliata. Rancé morì il 27 ottobre 1700, non il 26: cfr. Dubois, Histoire, p. 685 nota 3.

l’abbaye de la Trappe et de l’abbé de Rancé, Imp. De Montligeon, La Chapelle-Montligeon 1973.

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Parte prima

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Capitolo primoI BIOGRAFI DI RANCÉ

Rancé, in generale, non ha avuto un bel servizio dai suoi biografi. Come detto nell’Introduzione, non è che ci siano state poche biogra-fie; al contrario, ce ne sono fin troppe, e variano ampiamente – anche follemente – in qualità e affidabilità. Alcune di quelle meglio scritte sono le più infedeli; alcune delle più ampollose contengono informa-zioni e intuizioni di valore. Ma in troppi casi gli autori sono impegna-ti a lavorare solo sui propri punti di vista.

La storia delle biografie di Rancé inizia intorno al 1674, con l’arri-vo a La Trappe di un avvocato chierico di Châtillon-sur-Seine. Charles Maisne era giunto all’abbazia per provare la sua vocazione, ma la sa-lute debole gli vietò di abbracciare il regime monastico in tutta la sua austerità. Poiché però non desiderava lasciare interamente la vita mo-nastica, rimase al monastero come secolare – non era l’unico – e per i successivi cinque o sei anni gradualmente divenne indispensabile a Rancé in qualità di segretario. Sfortunatamente, egli abusò gravemen-te della sua posizione, tradì la fiducia di Rancé e, sul lungo corso, fece più danno che profitto. In sé, egli pensava certamente di fare la cosa giusta nel «proteggere» Rancé, ma non v’era dubbio che egli spinse troppo in là la sua protezione. Verso il 1680, l’unico modo di raggiun-gere Rancé era attraverso l’éminence grise del suo segretario.

All’inizio degli anni Ottanta del Seicento, è chiaro che Maisne con-cepì l’idea di compilare un dossier su Rancé in vista della sua eventua-le canonizzazione. Scrisse perciò a una quantità di amici dell’abate, chiedendo loro di mandargli qualunque lettera o documento fosse in

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CAPIRE RANCÉLa spiritualità dell’abate di La Trappe sullo sfondo del suo tempo

Sia durante la sua vita, sia dopo la morte, Armand Jean Le Bouthillier, abatede Rancé, fu una figura controversa. Da vivo, fu stranamente ammirato damolti, benché avesse, come ha osservato un recente biografo, «un genio in-felice per incorrere in ostilità non necessarie». Da morto, continuò a susci-tare reazioni estreme – fu amato così come detestato. Un biografo lo so-prannominò «l’abate tempesta»; altri lo dipinsero in panegirici agiografici.Il presente volume colloca Rancé sullo sfondo colorito e stravagante dellaFrancia del Seicento e corregge le caricature, sia quelle menzognere, siaquelle troppo elogiative, esplorando il mondo che circondava e che formòquesto monaco sempre affascinante: i circoli esclusivi dell’ancien régime incui il giovane Rancé si mosse; e l’austero ambiente monastico che egli creò aLa Trappe. «Questo non è tanto un libro su Rancé, ma intorno a Rancé»,scrive l’autore. «Non mi aspetto che convincerà la gente che non ama Rancéad amarlo; però può servire a spiegare perché disse e fece quel che disse efece nella maniera in cui lo disse e lo fece».

DAVID N. BELL è professore di scienze religiose alla Memorial University diNewfoundland. Ha scritto e pubblicato per le Cistercians Publications tradu-zioni di due opere di Baldovino di Ford; due opere agiografiche tradotte dalcopto; tre volumi di indici di biblioteche monastiche medievali; due volumi distoria della dottrina cristiana, e Image and Likeness. The Augustinian Spiri-tuality of William of Saint Thierry (1984).

€ 42,00

DAVID N. BELL

CAPIRE RANCÉLA SPIRITUALITÀ DELL’ABATE DI LA TRAPPE

SULLO SFONDO DEL SUO TEMPO

Prefazione di Anna Maria Caneva Ocso

già e non ancora