30
PROVA DI RESILIENZA Normativa di riferimento: UNI EN ISO 148-1:2016 “Materiali metallici - Prova di resilienza Charpy - Parte 1: Metodo di prova” Altre Normative collegate: UNI EN ISO 148-2:2016 “Materiali metallici - Prova di resilienza Charpy - Parte 2: Verifica delle macchine di prova” UNI EN ISO 148-3:2016 “Materiali metallici - Prova di resilienza Charpy - Parte 3: Preparazione e caratterizzazione delle provette Charpy con intaglio a V per la verifica indiretta delle macchine di prova di resilienza” Penultima normativa: UNI EN ISO 148-1:2011

PROVA DI RESILIENZA

  • Upload
    others

  • View
    10

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: PROVA DI RESILIENZA

PROVA DI RESILIENZA

Normativa di riferimento:

UNI EN ISO 148-1:2016

“Materiali metallici - Prova di resilienza Charpy - Parte 1: Metodo di prova”

Altre Normative collegate:

UNI EN ISO 148-2:2016 “Materiali metallici - Prova di resilienza Charpy - Parte 2: Verifica delle macchine di prova” UNI EN ISO 148-3:2016 “Materiali metallici - Prova di resilienza Charpy - Parte 3: Preparazione e caratterizzazione delle provette Charpy con intaglio a V per la verifica indiretta delle macchine di prova di resilienza”

Penultima normativa: UNI EN ISO 148-1:2011

Page 2: PROVA DI RESILIENZA

PREMESSA

Questa prova distruttiva convenzionale indica la resistenza che un materiale oppone ad una sollecitazione impulsiva, cioè un’azione meccanica che tenda a romperlo improvvisamente.

Si esegue sui materiali, prevalentemente metallici, in quanto completano il quadro delle caratteristiche delineato dalle prove statiche. Infatti si è osservato che due campioni di acciaio, nelle medesime condizioni di trattamento termico, possono presentare comportamenti molto diversi tra loro (tenacità o fragilità).

Page 3: PROVA DI RESILIENZA

PREMESSA Sono state delineate, nel corso del tempo, diverse tipologie di prove, di cui ne verrà analizzata una in particolare, normata. Questa è entrata nella pratica operativa di analisi dei materiali, uscendo dai laboratori con scopi prettamente scientifici, perché risulta essere molto sensibile alla presenta agli INTAGLI. Questi possono essere di vario tipo: •Intagli legati al progetto (filettature, scanalature, ecc.) •Intagli legati, involontariamente, alle lavorazioni meccaniche (solchi di tornitura); •Intagli accidentali (fiocchi, inclusioni, cricche di tempra, ecc.)

Page 4: PROVA DI RESILIENZA

PRINCIPIO

Le prove, in generale, consistono nel rompere con un sol colpo una barretta (provino) intagliata, adoperando come maglio un pendolo (o mazza) a caduta libera, la cui velocità, al momento dell’urto, risulti di 5-7 m/s per gli acciai e di 4-7 m/s per le leghe leggere.

Le prove che si sono maggiormente diffuse sono la Izod, in ambito anglosassone, e la Charpy in ambito latino. Attualmente la normativa di riferimento prende in considerazione la Charpy.

Page 5: PROVA DI RESILIENZA

PRINCIPIO

Nel caso di prove a temperature diverse da quella ambiente, la provetta deve essere immersa nel mezzo di riscaldamento o raffreddamento per un tempo sufficiente a far raggiungere la stessa temperatura all’intera provetta (esempio: 10 minuti in un mezzo liquido e 30 minuti in un mezzo gassoso). La prova deve essere effettuata entro cinque secondi dopo l’estrazione della provetta dalla camera o dal bagno di condizionamento. L’utensile utilizzato per l’estrazione deve essere progettato per garantire la tolleranza prevista sulla temperatura di prova.

Page 6: PROVA DI RESILIENZA

ATTREZZATURE DI PROVA

Camera adiabatica sonda di temperatura per il condizionamento a temperature inferiori a quella ambiente.

Page 7: PROVA DI RESILIENZA

Bombola di anidride carbonica e attrezzatura per la formatura della pastiglia di ghiaccio secco.

ATTREZZATURE DI PROVA

Page 8: PROVA DI RESILIENZA

Utensile per il posizionamento della provetta a temperatura diversa da quella ambiente

ATTREZZATURE DI PROVA

Page 9: PROVA DI RESILIENZA

PROVETTA

Nella prova Charpy la provetta deve avere una forma prismatica a sezione quadrata di 10 mm di lato e di lunghezza pari a 55 mm.

Nel mezzo della sua lunghezza, perpendicolare all’asse longitudinale, deve essere realizzato un intaglio che può avere due forme:

V a 45°, di profondità pari a 2 mm, con raggio del fondo dell’intaglio pari a 0,25 mm;

U o a buco di chiave di profondità pari a 5 mm, con raggio del fondo d’intaglio pari a 1 mm.

Page 10: PROVA DI RESILIENZA

PROVETTA

Si osservi come siano definite, anche con il grado di rugosità, le quote eseguite.

1. Lunghezza della provetta

2. Spessore della provetta

3. Larghezza della provetta

4. Spessore residuo al fondo dell’intaglio

5. Angolo dell’intaglio

6. Raggio del fondo cilindrico dell’intaglio.

Page 11: PROVA DI RESILIENZA

PROVETTA

E’ possibile effettuare le prove su provette di dimensioni diverse da quelle indicate nella norma. L’importante è che il confronto tra i risultati avvenga comunque su provette di forma e dimensioni analoghe.

Page 12: PROVA DI RESILIENZA

PROVETTA

Il prelievo, il numero di provette e l’orientamento sono definite nella norma di prodotto.

Ad esempio il minimo numero di provini deve essere tre, e nel caso il materiale sia ottenuto per laminazione il prelievo, salvo diverse indicazioni, deve essere effettuato in direzione perpendicolare alla stratificazione che i cristalli hanno assunto durante la laminazione. Infatti in tali condizioni la resilienza risulta minima.

Page 13: PROVA DI RESILIENZA

PROVETTA La lavorazione deve essere eseguita in modo da ridurre al minimo qualsiasi alterazione della provetta, ad esempio da incrudimento o riscaldamento. L’esecuzione dell’intaglio deve essere accurata in modo che non appaiano, sul fondo dell’intaglio, striature parallele alla generatrice dell’intaglio stesso visibili ad occhio nudo. Una eventuale marcatura, per il riconoscimento della provetta, deve essere eseguita su qualsiasi faccia non a contatto con i sostegni e ad almeno 5 mm dall’intaglio per non influire con l’incrudimento della marcatura stessa.

Page 14: PROVA DI RESILIENZA

PROVETTA

La lavorazione dell’intaglio viene eseguita a freddo, in un’unica passata, mediante l’utilizzo di una brocciatrice con una broccia dedicata.

Broccia

Page 15: PROVA DI RESILIENZA

PROVETTA La lavorazione dell’intaglio viene eseguita a freddo, in un’unica passata, mediante l’utilizzo di una brocciatrice con una broccia dedicata.

Brocciatrice

Page 16: PROVA DI RESILIENZA

CONDIZIONI DI PROVA La macchina per effettuare la prova di resilienza Charpy è il Pendolo di Charpy, messo a punto da Georges Augustin Albert Charpy.

Page 17: PROVA DI RESILIENZA

CONDIZIONI DI PROVA La macchina mette a disposizione una certa energia potenziale (300 J) utile per rompere, o meno, la provetta. Il calcolo dell’indice di resilienza, energia assorbita dalla provetta Ea,avviene valutando l’energia necessaria per rompere o meno la provetta attraverso la differenza di quota che assume la mazza tra prima e dopo l’impatto con la provetta stessa.

Ea = mg(h’-h)= mgl(cosβ-cosα)

Ea = energia assorbita dalla

provetta

l = lunghezza del braccio del

pendolo

α = angolo di partenza della

mazza rispetto la verticale

β = angolo di risalita della mazza

rispetto la verticale

Page 18: PROVA DI RESILIENZA

CONDIZIONI DI PROVA

La predisposizione della provetta nella zona di impatto è fondamentale per la ripetibilità e confrontabilità dei risultati.

Page 19: PROVA DI RESILIENZA

Zona di impatto del pendolo di Charpy.

CONDIZIONI DI PROVA

Page 20: PROVA DI RESILIENZA

La predisposizione della provetta nella zona di impatto è fondamentale per la ripetibilità e confrontabilità dei risultati.

CONDIZIONI DI PROVA

Page 21: PROVA DI RESILIENZA

Dima di posizionamento della provetta nella zona di impatto con il coltello della mazza.

CONDIZIONI DI PROVA

Page 22: PROVA DI RESILIENZA

La predisposizione della provetta nella zona di impatto è fondamentale per la ripetibilità e confrontabilità dei risultati.

1. Lunghezza della provetta

7. Distanza tra gli appoggi

8. Raggio di arrotondamento degli appoggi

9. Angolo delle parti interne degli appoggi

10. Angolo al vertice del coltello della mazza

11. Raggio dello spigolo del coltello della mazza

12. Spessore massimo del coltello della mazza

CONDIZIONI DI PROVA

Page 23: PROVA DI RESILIENZA

Pendolo di Charpy

CONDIZIONI DI PROVA

Page 24: PROVA DI RESILIENZA

Pendolo di Charpy

CONDIZIONI DI PROVA

Page 25: PROVA DI RESILIENZA

Particolare del pendolo: Mazza

CONDIZIONI DI PROVA

Page 26: PROVA DI RESILIENZA

Particolare della mazza: coltello

CONDIZIONI DI PROVA

Page 27: PROVA DI RESILIENZA

CONDIZIONI DI PROVA Immagini di provette di acciaio ricomposte o non spezzate dopo la prova

Spezzate

Non spezzata

Page 28: PROVA DI RESILIENZA

RISULTATI Presentazione dei risultati

Simbologia La tenacità all'intaglio viene generalmente indicata nelle schede tecniche dei materiali con diciture riconducibili ai seguenti modelli: KV300=121J: tenacità stabilita con prova del pendolo di Charpy su provino normalizzato con intaglio a V. Energia massima disponibile per la prova: 300 joule, energia assorbita: 121 joule; KV=121J: come sopra (se l'energia massima disponibile è 300 joule, essa può essere omessa dalla sigla, a meno che il provino sia non normalizzato, vedi ultimo esempio); KV100=65J: come sopra, ma con energia massima disponibile per la prova pari a 100 joule, energia assorbita 65 joule; KV300/7,5=85J: tenacità stabilita con pendolo di Charpy su provino non unificato, di dimensioni 8×7,5×55 mm, dove 7,5 è la larghezza della sezione resistente all'impatto. Energia massima disponibile 300 joule, energia assorbita pari a 85 joule. Per indicare che il provino utilizzato ha un intaglio ad U si utilizzano sigle simili alle precedenti ma al posto di "KV" si utilizza la sigla "KU".

Page 29: PROVA DI RESILIENZA

ESEMPI DI DESIGNAZIONE DI ACCIAI CONSIDERANDO LA RESILIENZA

Page 30: PROVA DI RESILIENZA

ESEMPI DI DESIGNAZIONE DI ACCIAI CONSIDERANDO LA RESILIENZA