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Report di filiera - latte – aprile 2011
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PRESENTAZIONE Le moderne politiche di sviluppo rurale sono piuttosto complesse e richiedono alle Regioni di
dotarsi di adeguati strumenti conoscitivi. La Regione Piemonte e l’IRES Piemonte, pertanto, hanno
sottoscritto una convenzione pluriennale sulla base della quale l’Istituto assicura un’ampia gamma
di attività volte a supportare le diverse fasi (programmazione, attuazione e valutazione) delle
politiche rurali.
Questo insieme di attività è stato denominato con l’acronimo PROSPERA (Progetto Supporto alle
Politiche Rurali e Agroalimentari). Rientrano nel progetto interventi di consulenza alle strutture
regionali responsabili delle politiche in oggetto, l’esecuzione di studi e l’implementazione
dell’Osservatorio Agroalimentare del Piemonte.
L’attività dell’Osservatorio è finalizzata, in primo luogo, a fornire elementi utili allo sviluppo delle
politiche di settore, senza trascurare tuttavia le possibili ricadute più generali in termini di
contributo conoscitivo rivolto a diverse tipologie di utenti (dalle organizzazioni di categoria agli
enti locali, dal settore della comunicazione a quello della formazione).
L’attività dell’Osservatorio Agroalimentare del Piemonte opera in modo continuativo ed è
strutturata per fornire i seguenti servizi:
realizzazione di analisi congiunturali annuali sull’andamento del settore agricolo e
agroalimentare, elaborate in diversi step di avanzamento in relazione alla disponibilità di dati
aggiornati;
realizzazione e aggiornamento periodico delle Relazioni di filiera, per ciascuna delle principali
filiere agro-industriali operanti in Piemonte;
elaborazione di studi monografici e analisi di scenario.
Le Relazioni di filiera nascono in occasione dell’istituzione dei Tavoli di Filiera, uno dei momenti
concertativi voluti dalla Regione Piemonte nell’ambito della definizione delle politiche rurali. In tale
occasione (2006) fu redatta dall’IRES una prima serie di report creati per supportare l’attività dei
Tavoli, utilizzando anche il prezioso contributo dei soggetti partecipanti. Le attuali Relazioni di
filiera attingono a questo patrimonio informativo e lo aggiornano periodicamente, in modo da
fornire un panorama articolato e completo sulle dinamiche in atto nel settore.
La presente versione della Relazione si riferisce all’annata 2011 ed è stata elaborata nei primi mesi
del 2012. Pertanto, a causa della nota lentezza del rilascio dei dati statistici ufficiali, potrebbe
presentare alcune informazioni incomplete o non aggiornate.
Report di filiera - latte – aprile 2011
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INDICE
1 - LE DIMENSIONI DELLA FILIERA E GLI ANDAMENTI RECENTI 4
1.1 - UNO SGUARDO AL MONDO E ALL’EUROPA 4
1.2 - LA PRODUZIONE IN ITALIA 6
1.3 - LA PRODUZIONE IN PIEMONTE 10
2 – POLITICHE E ASPETTI NORMATIVI 14
3 – CONCLUSIONI E ANALISI SWOT 19
BIBLIOGRAFIA 23
Report di filiera - latte – aprile 2011
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1. LE DIMENSIONI DELLA FILIERA E GLI ANDAMENTI RECENTI 1.1 UNO SGUARDO AL MONDO E ALL’EUROPA
Dopo un biennio contrastato in cui i prezzi erano crollati sotto i minimi storici e una crisi
economica generalizzata che non sembrava propiziare una ripresa a breve termine, dalla metà del
2009 e per tutto il 2010, la situazione del mercato mondiale del latte è tornata a dare segnali
positivi. I prezzi del latte alla stalla, partendo dai minimi del 2008, hanno ripreso a crescere e si
sono mantenuti su buoni livelli per tutto il biennio 2010-2011 (Fig. 1).
Figura 1 – Prezzo del latte alla stalla in Germania, USA e Nuova Zelanda (€/100 kg.)
Fonte: elaborazioni Ires su dati CLAL
Dopo un 2009 di sostanziale stabilità, dovuta probabilmente al crollo dei prezzi dell’anno
precedente, nel 2010 la produzione mondiale di latte è cresciuta di circa il 2% secondo i dati
diffusi annualmente dal servizio statistico della FAO. Considerando soltanto il latte bovino fresco
intero, per la prima volta si sono superati i 600 milioni di tonnellate, grazie soprattutto alla spinta
di Sud America, Africa e Asia che hanno visto crescere i propri volumi rispettivamente del 13,9%,
11,5% e 7,3% negli ultimi quattro anni (Figura 2). L’unica area in cui la produzione è calata nel
medio periodo è l’Europa (-0,5%) pur avendo fatto registrare nell’ultimo anno un leggero
incremento (+0,2%). In generale si osserva una sostanziale stabilità nelle aree più industrializzate
e una crescita costante dei Paesi emergenti, tra cui spiccano in particolar modo il Brasile (+21% in
quattro anni), l’India (+12,7%), il Pakistan (+11,7%) e la Turchia (+10,7%).
10
15
20
25
30
35
40
Nuova
Zelanda
USA
Germania
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Figura 2 – Produzione mondiale di latte 2007 - 2010
Fonte: elaborazioni Ires su dati FAO
All’interno del continente europeo emergono tendenze differenti. Da un lato vi sono paesi
tradizionalmente vocati alla produzione lattiera come i Paesi Bassi (+5,2% in quattro anni), la
Germania (+4,3%) e la Danimarca (+5,6%) che consolidano il proprio patrimonio produttivo
facendo segnare nel medio periodo una crescita, in linea con le aspettative del mercato. Dall’altro
si osserva una contrazione nell’area mediterranea, in particolare in Francia (-4,4%) e Spagna (-
3,4%) mentre è quasi stabile la produzione italiana (-1%). Da segnalare, infine, la crisi produttiva
dell’area est-europea con la Romania che perde più di un quinto della propria produzione (-
22,2%), seguita da Slovacchia (-14,3%), Lituania (-10,3%), Ungheria (-8,5%) e Ucraina (-8,5%). Nel
2011, secondo le prime stime diffuse da Eurostat, si osserverebbe una ripresa generale dei volumi
sulla scia dell’aumento della domanda internazionale, perlomeno fino al mese di ottobre, ultimo
dato disponibile. Le consegne di latte, infatti, hanno registrato volumi superiori al dato dell’anno
precedente con un incremento tra l’1% e il 4% in ogni mese dell’anno. Si segnala un buon recupero
dell’area mediterranea guidata soprattutto dalla Francia con un +7% dopo un biennio contrastato
in cui ha operato una vera e propria ristrutturazione del settore. E’ sostanzialmente stabile la
situazione in Olanda, Danimarca e Germania mentre proseguono le difficoltà nell’area balcanica
con ulteriori cali produttivi in Romania (-3%), Bulgaria (-8%) e Ungheria (-4%). Nell’area dell’Europa
Orientale sono in ripresa le nazioni più settentrionali come Repubblica Ceca (+2%), Polonia (+2%) e
Lituania (+3%). Tra le nazioni con volumi più ridotti segnaliamo il crollo produttivo della Grecia (-
10% in 3 anni).
Per i prodotti trasformati, nel 2011 si è assistito ad una leggera inversione di tendenza nei
quantitativi di burro. Negli ultimi anni la produzione di burro all’interno dell’UE-27 era
0
100.000
200.000
300.000
400.000
500.000
600.000
700.000
2007 2008 2009 2010
Oceania
Asia
Centro e Sud
America
Nord America
Africa
Europa
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costantemente calata con un tasso annuo del 2% circa, con un calo più vistoso da parte dei nuovi
Stati membri e più contenuto da parte dei 15 membri storici. Tra essi si segnala in controtendenza
l’Olanda che tra il 2005 e il 2010 ha aumentato di un quarto il proprio volume produttivo (con un
salto netto nel 2007 seguita da una stabilizzazione nel biennio successivo), mentre gli altri
principali produttori (Francia, Germania, Irlanda, Italia e Regno Unito) riducevano costantemente le
proprie produzioni. I uantitativi di formaggio prodotto, invece, hanno segnato un andamento
omogeneo e positivo da ormai diversi anni con un attenuazione nel biennio 2008-2009 ed una
ripresa nel 2010 proseguita anche nel 2011. Andando ad osservare il comportamento dei singoli
Stati, si nota che la ripresa dell’ultimo biennio è più consistente in Francia e Germania, i due
principali produttori europei mentre l’Italia, il terzo paese produttore, è ferma sui livelli del 2008.
1.2 LA PRODUZIONE IN ITALIA
Tabella 1 – Numero di vacche da latte in Italia dal 2002 al 2010
Anno n. capi (in migliaia)
2002 1.910
2003 1.913
2004 1.838
2005 1.842
2006 1.821
2007 1.838
2008 1.830
2009 1.878
2010 1.746
Fonte: Istat - consistenza del bestiame bovino, bufalino, suino e ovi-caprino.
Gli allevamenti da latte a partire dal 2000 in Italia hanno mantenuto una costante tendenza alla
concentrazione, con un calo sensibile del numero di aziende e una sostanziale stabilità nel numero
dei capi. Il numero di aziende tra il 1999 e il 2010 si è praticamente dimezzato (da circa 80.000 a
circa 40.000) e la produzione media commercializzata è passata da 130 tonnellate a più di 270
per allevamento1. Nel 2010 è emersa anche la tendenza alla riduzione del numero di lattifere, che
però avevano fatto registrare un lieve aumento nel 2009. Questa diminuzione, di circa il 7% in un
1 Dati forniti da Osservatorio Latte e Agea
1500
1600
1700
1800
1900
2000
2100
2200
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anno, si è concentrata particolarmente nell’area più produttiva, tra Lombardia (-8,9%), Veneto (-
10%) ed Emilia Romagna (-8,5%) in cui è in atto una vera e propria ristrutturazione del settore. Tra
le regioni principali produttrici di latte, solo il Piemonte si discosta da questa tendenza
diminuendo la propria consistenza di appena l’1,7% mentre in controtendenza vanno Puglia
(+1,4%) e Sicilia (+6%).
I dati forniti da AGEA (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura) sulle consegne di latte vaccino
nelle diverse regioni italiane mostrano un andamento diverso da quello sulle consistenze. La
produzione di latte nel 2010 era stata, infatti, superiore dello 0,9% rispetto a quella del 2009 con
incrementi anche maggiori nelle regioni settentrionali come in Piemonte (+3,2%) e Lombardia
(+1,7%). Unica eccezione era costituita dal Veneto che diminuiva dello 0,8%. Nel 2011 si registra
un’ulteriore espansione di circa il 2% a segnalare un buon momento per il mercato che, a distanza
di tre anni, sembra aver assorbito le turbolenze del 2007 – 2008. Quasi tutte le regioni aumentano
le proprie produzioni, sostenute da buoni prezzi sia per il latte fresco che per i prodotti
trasformati. In Lombardia la produzione aumenta del 2%, in Piemonte del 4,7%, in Emilia Romagna
del 5,2% e in Veneto dello 0,6%. Solo alcune regioni centro-meridionali non hanno seguito questa
tendenza, si tratta di Campania, Lazio, Calabria e Sardegna. Questi aumenti nell’ultimo biennio
avvengono, in realtà, in seguito ad un periodo di lunga e graduale stagnazione delle produzioni, in
parte dovute alle quote imposte dall’UE e in parte ad una situazione di mercato poco stimolante.
Figura 3 – Andamento del prezzo medio mensile del latte crudo in Lombardia e del latte spot nazionale quotato alla CCIAA di Lodi (€ cent./l.)
Fonte: elaborazioni Ires su dati CLAL
Tra le motivazioni di questa ripresa la più importante è sicuramente l’aumento dei prezzi alla
stalla che hanno ricominciato la loro risalita a metà circa del 2009 per poi proseguire fino a
25,00
30,00
35,00
40,00
45,00
50,00
55,00
Latte spot nazionale (CCIAA Lodi) Latte alla stalla crudo Lombardia
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tornare sopra quota 40 centesimi al litro negli ultimi mesi del 2011 (Figura 3). A inizio 2012,
anche grazie agli accordi firmati nei mesi precedenti tra le organizzazioni agricole e alcuni grandi
trasformatori, in particolare in Lombardia e Piemonte, i prezzi medi del latte crudo si sono
stabilizzati intorno a tale cifra che, con queste condizioni di mercato, garantisce una buona
redditività per le aziende del settore.
Sicuramente la situazione di fine 2008 e dei primi mesi del 2009 sarebbe stata insostenibile per
l’intero comparto, se si pensa che il prezzo era sceso addirittura sotto quota 0,30€/l e il costo
medio di produzione di un litro di latte, secondo le rappresentanze di categoria, è superiore a tale
cifra anche per le aziende più strutturate. Inoltre la contemporanea impennata delle principali
materie prime come il petrolio e i cereali, che sono tra le componenti principali dei fattori
produttivi del settore lattiero caseario, lasciava intravedere scenari drammatici per le aziende che
non erano in grado di autoprodursi il mangime.
Secondo uno studio dell’Osservatorio Latte sui dati della Banca dati RICA-Inea, nel 2009 il 35%
circa dei costi di produzione del latte in Italia era composto dall’alimentazione, seguita dal 29,5%
del costo del lavoro con differenze notevoli a seconda della dimensione aziendale e della
collocazione territoriale. Un’azienda medio-grande, infatti, riesce a contenere i propri costi unitari
di produzione grazie all’intensività dell’allevamento che le permette di dimezzare il costo del
lavoro. Allo stesso tempo, però, la produzione o l’acquisto di alimenti per il bestiame risulta più
oneroso per la minore disponibilità di foraggio e il ricorso più frequente ai mangimi di origine
industriale. Tuttavia, nel computo totale riesce a gestire meglio il bilancio tra costi e ricavi in virtù
di un’organizzazione più efficiente che le permette di minimizzare anche le altre voci di costo
(energia, strutture, ecc.) Un’azienda di minore dimensione, viceversa, può avere costi legati alla
manodopera addirittura tre o quattro volte maggiori, insufficientemente compensati da un
maggiore valore del prodotto unitario e dal ricorso ai premi di natura comunitaria. Nella Tabella 2
troviamo alcuni esempi tratti da questo studio.
Report di filiera - latte – aprile 2011
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Tabella 2 – Costi medi di produzione del latte per classe di carico di bestiame nel 2009 (€/100 kg.)
Classe di carico di bestiame (UBA/ha)
Voci di costo fino a
1 2-3 oltre
7
Alimentazione 7,14 8,21 8,52
Lavoro 32,51 13,59 7,97
Interessi 8,95 5,11 3,52
Altro 21,29 17,5 11,64
Totale Costi 69,89 44,41 31,65
Valore prodotto 45,30 36,94 34,57
Premi 9,85 4,54 3,58
Totale Ricavi 55,15 41,47 38,15
Fonte: Osservatorio Latte – Il Mercato del Latte 2010
Il settore lattiero-caseario è certamente uno dei più articolati tra quelli dell’agroalimentare
italiano, per la moltitudine di produzioni in cui si suddivide e la forte concorrenza presente tra gli
attori che la compongono. Da alcuni anni sui banchi della Grande Distribuzione Organizzata sono
comparsi prodotti nuovi, pensati per diverse tipologie di consumatori, che hanno reso più vivace e
aspra la competizione commerciale. Guardando sugli scaffali delle principali catene distributive
possiamo trovare numerose varianti dello stesso prodotto originale. In questo modo il latte si
differenzia in: fresco intero pastorizzato, parzialmente scremato, scremato, a lunga
conservazione, UHT, alta qualità, alta digeribilità, magro, omega3, ecc.. Se osserviamo il comparto
degli yogurt o dei formaggi freschi confezionati la scelta è ancora più ampia, ed è per larghissima
parte composta dalle offerte delle società multinazionali o dalle private label (i marchi della grande
distribuzione) che, sui prodotti più standard, sono in grado di tenere prezzi molto competitivi che,
indirettamente, condizionano negativamente la possibilità di margine degli allevamenti.
Il comparto dei prodotti trasformati in Italia è guidato dai formaggi che, al dettaglio, nel 2009
hanno fatturato circa 7 milioni di Euro2, quasi il 70% del valore della categoria merceologica (è
escluso il latte fresco). A far da traino in questo settore sono sicuramente i formaggi a pasta dura,
in particolare le due principali DOP: Grana Padano e Parmigiano Reggiano. Il volume congiunto di
queste due produzioni costituisce quasi il 60% di tutte le produzioni tutelate (più di 40
denominazioni in tutta Italia) con il Grana Padano, prodotto in tutta la Pianura Padana, intorno alle
160.000 tonnellate e il Parmigiano (prodotto una parte dell’Emilia-Romagna, quindi in un’area più
2 Indagine AC Nielsen per Osservatorio Latte.
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limitata rispetto al Grana) vicino alle 120.000 tonnellate. La terza produzione tutelata è il
Gorgonzola con poco meno di 50.000 tonnellate, anch’essa prodotta nel Nord, a cavallo tra
Piemonte e Lombardia.
Nel 2011, spinte da quotazioni superiori alle medie degli ultimi anni, le produzioni sono
ulteriormente cresciute. Il Grana Padano ha incrementato la produzione del 7,2% con una media di
+5,3% nel primo semestre e addirittura del +9,6% nel secondo. Il Parmigiano Reggiano nei primi
sei mesi dell’anno ha mantenuto produzioni superiori allo stesso periodo dell’anno precedente
nell’ordine del +4% incrementando ulteriormente negli ultimi sei mesi con una punta a luglio di
+13% e un ultimo trimestre sempre sopra al +8%. E’ cresciuto anche il Gorgonzola seppur su
medie inferiori con un incremento annuale del 3,5% con punte massime a febbraio e ottobre
intorno al 10-11%. Le quotazioni dagli ultimi mesi del 2009 hanno iniziato a salire per arrestarsi
solo verso la fine del 2011. Il punto massimo è stato raggiunto nei primi mesi del 2011, con il
Grana Padano intorno agli 8,80 €/kg e il Parmigiano vicino ai 12€. Negli ultimi mesi, nonostante
una leggera flessione estiva le quotazioni sono rimaste su livelli elevati anche per il Gorgonzola
che si è attestato per tutto il 2011 intorno ai 4,50€/kg (Figura 4).
Figura 4 – Prezzi alla produzione di Parmigiano Reggiano, Grana Padano e Gorgonzola (€/kg)
Fonte: elaborazioni Ires su dati ISMEA
2,00
4,00
6,00
8,00
10,00
12,00
Gorgonzola
Grana Padano
Parmigiano
Reggiano
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1.3 LA PRODUZIONE IN PIEMONTE
In Piemonte la produzione e la trasformazione del latte, per quanto diffusa in gran parte del
territorio, è concentrata soprattutto nella pianura situata tra Cuneo e Torino, oltre che nella cintura
del capoluogo regionale. In tali aree, è possibile ravvisare un buon collegamento tra l’attività
lattiero-casearia e le altre produzioni zootecniche, nonché la produzione di alimenti per il
bestiame. Oltre l’80% del latte regionale è destinato alla produzione di formaggio e di altri
trasformati, mentre la restante quota è utilizzata per il consumo (prevalentemente latte
pastorizzato). La maggior parte del latte piemontese (si stima anche in questo caso una quota
attorno all’80%) è assorbita dall’industria locale, mentre la restante parte è venduta senza
lavorazioni intermedie ad acquirenti fuori regione, ma comunque in aree limitrofe. Per soddisfare i
propri fabbisogni di materia prima, l’industria di trasformazione piemontese attiva inoltre un
flusso di latte pari ad alcuni punti percentuali del totale lavorato, proveniente dalla Lombardia o
dall’estero.
Possiamo suddividere la trasformazione lattiero-casearia regionale in due branche fondamentali::
produzione di latte alimentare fresco (esiste in regione anche la produzione di latte UHT, che
viene tuttavia considerata commodity di scarso interesse per i produttori locali) con una
concentrazione maggiore di stabilimenti di produzione nel Torinese e di allevamenti nella
pianura tra Torino e Cuneo;
produzione su scala industriale di formaggi, sia DOP che privi di denominazione ma comunque
ottenuti da latte locale, collocata nelle aree di maggiore concentrazione degli allevamenti; oltre
all’area già citata si segnala una buona diffusione di stabilimenti specializzati nella produzione
del Gorgonzola nel Novarese.
Nelle aree montane e collinari la presenza dell’allevamento bovino da latte, anche se
quantitativamente minore rispetto alle aree di pianura, ha importanti riflessi di natura sociale
(occupazione) e ambientale (pascoli, alpeggi), oltre che produttiva. In queste aree il comparto si
sostiene soprattutto attraverso la produzione di formaggi tipici, molti dei quali hanno ottenuto il
riconoscimento della DOP. Nel 1996 sono state assegnate le DOP a 6 formaggi prodotti
esclusivamente in Piemonte (Bra, nelle 2 varietà tenero e duro, Castelmagno, Raschera, Toma
Piemontese, Murazzano e Robiola di Roccaverano). Oltre a queste ne sono state assegnate altre 3
di carattere interregionale e prodotte parzialmente in Piemonte (Gorgonzola, Taleggio e Grana
Padano). Al fine di garantire l’autenticità e valorizzarne la produzione è stato, inoltre, istituito il
Consorzio di Tutela che raggruppa i Consorzi dei formaggi DOP del Piemonte mentre altri tre
Report di filiera - latte – aprile 2011
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formaggi sono ad oggi in attesa di un riconoscimento europeo (Ossolano, Robiola d’Alba, Tomino
di Melle.
Gli allevamenti piemontesi proseguono da alcuni anni una fase di concentrazione strutturale: forte
diminuzione delle aziende, incremento della dimensione di quelle rimanenti, a fronte di una
capacità produttiva complessiva tendenzialmente stabile, almeno sino agli anni più recenti, che
invece hanno mostrato una ripresa produttiva. Infatti tale percorso, comune a tutta la filiera
nazionale, in Piemonte ha subito una accelerazione maggiore nel 2010 e 2011 in cui è aumentata
la quota di produzione rispetto al totale nazionale dall’8,2% del 2007-2008 all’8,8% del 2011. Nel
corso dell’ultimo decennio, oltre al maggior numero di capi per azienda, si rileva un costante
incremento della produttività per capo, che si realizza soprattutto negli allevamenti di pianura. Per
effetto dei due fattori prima descritti la produzione media di latte per allevamento, in Piemonte, è
più che triplicata in dieci anni.
Nel 2011 la filiera regionale ha vissuto indubbiamente un’annata positiva per quanto riguarda il
mercato, sfruttando, da un lato, la congiuntura favorevole che ha contraddistinto l’intero settore
su scala nazionale e, dall’altro, un riequilibrio del mercato regionale fornito dall’entrata in
funzione, a fine 2010, dell’impianto di polverizzazione del latte di Moretta (CN). Questo impianto,
sviluppato dalla società Inalpi, assorbe la notevole quantità di circa 3.000 quintali di latte al
giorno, creando un robusto incremento della domanda di latte locale, riducendo il rischio di
eccedenza dell’offerta che si paventava nella stessa area quando negli anni scorsi fu chiuso un
importante stabilimento di trasformazione. Oltre che sul fronte produttivo, questo investimento si
è mostrato innovativo anche in termini organizzativi, introducendo un modello contrattuale
concertato, basato su un sistema di parametrazione del prezzo del latte messo a punto
dall’Osservatorio Latte di Cremona3. Il modello di calcolo tiene conto dei prezzi di un paniere di
fattori produttivi degli allevamenti e dei prezzi al consumo del latte sul mercato nazionale e
internazionale.
Sulla base di questo importante precedente, grazie anche alla mediazione della Regione Piemonte,
il modello contrattuale è stato esteso ad altri accordi siglati tra allevatori e alcuni grandi caseifici
regionali (al momento oltre a Inalpi hanno aderito Pugliese, Biraghi, Longo, Monviso e altri minori).
Grazie a questo accordo regionale, si stima che ormai circa il 50% del latte prodotto in Piemonte
sia soggetto a un sistema indicizzato. Nella figura 5 si può osservare l’andamento del prezzo
indicizzato messo a confronto con il prezzo del latte crudo alla stalla in Lombardia e con il prezzo
medio di consegna all’industria in Piemonte.
3 Centro di Ricerca dell’Università del Sacro Cuore di Piacenza
Report di filiera - latte – aprile 2011
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Figura 5 – Prezzo medio mensile del latte alla stalla in Piemonte e Lombardia (€/100 lt.) 4
Fonte: elaborazione Ires su dati CLAL, Associazione Regionale Produttori Latte Piemonte e Osservatorio Latte
Cremona
A prescindere dal meccanismo dell’accordo, I valori del latte alla stalla hanno mantenuto buone
quotazioni per tutta l’annata con valori medi in Piemonte tra i 37€ e i 40€ ogni 100 litri. Le
quotazioni, inoltre, sono in aumento anche all’estero, ciò ha reso la concorrenza straniera meno
competitiva e limitato le entrate. Come export non si registrano volumi significativi di latte ma
soprattutto di formaggi, in particolare è ottimo l’andamento del Grana in Germania, nonostante il
prezzo sostenuto ormai da mesi prosegue l’aumento dei consumi.
Nel comparto della trasformazione la DOP il prodotto più rilevante in Piemonte è il Gorgonzola,
che in provincia di Novara ha ormai la sua concentrazione maggiore: si stima più del 50%
dell’intera produzione nazionale dato che molti produttori novaresi raccolgono latte anche dalla
Lombardia. Il Grana Padano, la principale DOP nazionale, in Piemonte è diventata una produzione
marginale con una decina di produttori in provincia di Cuneo dopo che alcuni importanti caseifici
piemontesi sono usciti dalla DOP a favore della produzione di formaggi tipo grana “smarchiati”.
Le altre DOP, prodotte esclusivamente in Piemonte in aree molto limitate, hanno volumi minori e
più stabili, vi sarebbero buone potenzialità di mercato ma la ridotta dimensione media delle
aziende produttrici e la rigidità dei disciplinari non incentivano l’aumento della produzione. Nella
tabella 3 troviamo un riepilogo delle produzioni tutelate regionali. Come si può notare, i volumi
sono molto bassi e la produzione è legata in alcuni casi a poche unità produttive. Il Castelmagno,
4 Il prezzo Industria Piemonte è calcolato senza tenere conto del latte venduto con l’indicizzazione. Il prezzo indicizzato è
stato adottato da alcuni caseifici piemontesi (Inalpi, Biraghi, Pugliese) a partire da aprile 2011.
25
30
35
40
45
Crudo
Lombardia
Industria
Piemonte
Indicizzato
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ad esempio, è prodotto da 6 aziende iscritte al Consorzio mentre il Murazzano appena da 4
operatori.
Tra le novità interessanti degli scorsi anni avevamo segnalato la rapida diffusione di distributori di
latte crudo, in particolare vicino ai grandi centri abitati. Questa modalità di vendita, spesso
associata ad altre forme di filiera corta, sembra aver subito un arresto nell’ultimo periodo a causa
probabilmente di alcuni danni d’immagine causati dalla cattiva gestione di alcuni di essi. Il sito
www.milkmaps.com svolge un’interessante attività di monitoraggio e fornisce servizi per le
aziende interessate a tale modalità di vendita. Secondo tale sito i distributori in regione sarebbero
poco più di 160, all’incirca la stessa cifra dello scorso anno.
Tabella 3 – Produzione di Formaggi DOP aventi produzione esclusiva in Piemonte (tonnellate)
Anno Bra Castelmagno Murazzano Raschera Robiola di Roccaverano
Toma Piemontese
Totale
2002 863 110 29 609 74 1158 2843
2003 864 180 13 875 57 1232 3221
2004 837 156 18 860 98 1285 3254
2005 775 207 26 790 88 1148 3034
2006 816 200 28 607 94 1116 2861
2007 740 198 23 890 89 1216 3156
2008 762 197 21 780 84 1078 2922
2009 937 216 16 745 88 1048 3050
2010 783 227 16 836 109 1422 3393
Fonte: INOQ e Consorzi
Il comparto latte mostra una buona tendenza all’associazionismo. La quasi totalità dei produttori è
associata nelle due APL presenti in Piemonte: l’ALPILAT (Associazione Regionale Produttori Latte
Piemonte) e la COSPLAT, di recente costituzione, alla quale fanno riferimento i cosiddetti “Cobas”,
gli allevatori che contestano il sistema delle quote latte e i relativi superprelievi in caso di
sforamento. Altri organismi di supporto alla fase primaria sono le Associazioni Allevatori e le
Associazioni di Razza: queste già effettuano attualmente controlli sulle produzioni, al fine della
selezione genetica ed espletano inoltre servizi di formazione e di consulenza tecnica specifica ad
oltre 1.400 allevamenti bovini da latte.
Report di filiera - latte – aprile 2011
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Nella fase di trasformazione operano diverse tipologie di soggetti: i centri di raccolta del latte, le
piccole imprese private di natura artigianale, le cooperative di pianura, le cooperative “di valle” che
lavorano partite destinate, almeno in parte, a produzioni di alta qualità (es. piccole DOP), le
imprese regionali indipendenti di media dimensione, in genere piuttosto dinamiche, e alcuni
gruppi nazionali e multinazionali. In quest’ultima categoria è rilevante (e in crescita) il peso delle
aziende non piemontesi. Alcuni sono gruppi multinazionali, altri sono importanti centrali
cooperative nazionali; generalmente operano in regione acquisendo il controllo di stabilimenti un
tempo indipendenti.
Per quanto riguarda le diverse forme d’impresa presenti nella filiera lattiero-casearia regionale, va
segnalato l’importante ruolo della cooperazione. Rappresentata da una quarantina di imprese,
essa tratta circa un terzo del totale del latte regionale. In particolare, oltre ai gruppi principali, di
marcata importanza sono le cooperative minori che spesso sono collocate in aree montane
(caseifici di valle) e rappresentano il perno di alcune micro-filiere locali spesso orientate alla
produzione di formaggi legati alla tradizione dell’area. La base associativa è caratterizzata da
operatori professionali di età relativamente giovane, spesso dotati di aziende dalle interessanti
caratteristiche strutturali.
Completa la filiera il sistema distributivo, significativamente influenzato la GDO, anche se per le
produzioni tipiche si devono ricordare i circuiti di distribuzione di nicchia; sempre significativa per
il latte fresco la cosiddetta “rete del quotidiano” ovvero l’insieme di punti vendita a rifornimento
giornaliero, sempre di più basata sui supermercati medi e di prossimità oltre che sulle tradizionali
latterie, che comporta una particolare organizzazione logistica. Indubbiamente il rapporto con la
GDO è uno dei problemi di questa filiera. Il potere contrattuale della distribuzione spinge i
fornitori a una contrazione dei margini e, di conseguenza, i caseifici accentuano la pressione nei
confronti dei fornitori di latte, che costituiscono l’anello più frammentato e più debole della filiera.
Report di filiera - latte – aprile 2011
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2. Politiche e aspetti normativi Un fattore di rilievo nell’evoluzione del comparto è quello relativo alle norme legislative, in
particolare alcune di esse hanno avuto in passato e continueranno ad avere un notevole impatto
per la zootecnia da latte. In primis il regime delle quote latte. L’applicazione di tale meccanismo di
contingentamento delle produzioni, nato per favorire l’equilibrio tra domanda e offerta ed evitare
surplus, in Italia è stato caratterizzato, fin dagli esordi, da errori di valutazione e di tipo gestionale
che si sono ripercossi fino ai giorni nostri.
Il sistema delle quote è stato introdotto nel 1984, in quell’anno ogni Stato Membro doveva
dichiarare la propria produzione secondo quelli che erano i dati delle consegne di latte dell’anno
precedente. In Italia tale dato fu sottostimato e generò da subito un problema di eccedenza di
produzione rispetto alle quote fissate. Purtroppo una cattiva gestione di questo errore di
valutazione iniziale portò a una divergenza che, nel corso degli anni, assunse conseguenze
drammatiche per il settore. Da un lato vi furono coloro che, per mettersi in regola, acquistarono le
quote in eccesso indebitandosi e rinunciando ad altri investimenti, dall’altro coloro che non
volendo sottostare a questo regime, rifiutarono l’adesione e continuarono a produrre “fuori quota”.
Le multe comminate dalla Commissione Europea all’Italia per il mancato rispetto del regolamento
sono indirizzate, però, non direttamente agli allevatori, bensì allo Stato che a sua volta deve
rivalersi sui produttori inadempienti.
La produzione fuori quota nella nostra regione ha avuto negli ultimi anni ampie dimensioni in
rapporto alla produzione nazionale. Se, infatti, la produzione nazionale si aggirava intorno al 5%
oltre il limite consentito, in Piemonte si è arrivati a sfiorare il 20% nel 2002/03 e nel 2005/06,
rimanendo comunque abbondantemente al di sopra del 15% anche negli altri anni. Nel 2009/10,
per la prima volta l’esubero è rientrato nella quota prestabilita poiché l’UE, al momento della
decisione di innalzare le quote in vista dell’abolizione nel 2015, ha permesso all’Italia un
innalzamento della produzione disponibile, cui non è corrisposto un aumento di produzione reale
facilitando, così, il rispetto dei limiti previsti. Se dalla campagna 2009/2010 l’Italia non accumula
più multe per la produzione fuori quota, rimangono comunque da pagare le sanzioni pregresse.
Nella Legge Finanziaria di fine 2010, il governo italiano aveva permesso una proroga al 30 giugno
2011 per le aziende debitrici, molte delle quali hanno estinto immediatamente il proprio debito.
Secondo l’Agea, l’ente incaricato della riscossione, sui più di 11.000 produttori non in regola,
sarebbero poco più di mille quelli che hanno richiesto la rateizzazione senza, però, aderire al
contratto loro proposto.
Report di filiera - latte – aprile 2011
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La decisione dell’UE di adottare un percorso di “soft landing” ha permesso ad ogni Paese di
aumentare la propria quota dell’1% all’anno. Per l'Italia, invece, è stato approvato un aumento del
5% in un’unica soluzione già nel 2009. L’Italia ha però deciso di non assegnarlo subito ai
produttori, bensì di mantenerlo “congelato” nella riserva nazionale durante la campagna
2008/2009, per poi suddividerlo alle singole imprese d’allevamento a partire dall’aprile 2009. Il
passaggio temporaneo alla riserva nazionale ha consentito di aumentare il bacino delle quote
inutilizzate e dare così più possibilità di diminuire a fine campagna 2008/2009 gli esuberi
individuali.
Un’importante decisione comunitaria che si tradurrà in una serie di misure destinate ad avere un
impatto importante per il settore è il cosiddetto Pacchetto Latte. L’accordo tra Parlamento,
Consiglio e Commissione Europea, i tre massimi organismi dell’Unione, è stato siglato a dicembre
2011 ed entrerà in vigore già nel 2012. Questo insieme di norme darà alla filiera un nuovo sistema
di regole riorganizzato e coerente con l'attuale scenario economico, secondo gli obiettivi iniziali
dei firmatari. Di particolare importanza, sull’esempio del settore ortofrutticolo, sembrerebbe il
ricorso alle Organizzazioni dei Produttori che saranno autorizzate a negoziare, per conto dei
produttori che rappresentano, contratti collettivi con le aziende di trasformazione con l’obiettivo
di riequilibrare i rapporti di forza all’interno della filiera.
In particolare i punti toccati dal Pacchetto sono:
potere contrattuale: il quantitativo di latte crudo interessato da un negoziato non dovrà
superare il 3,5% del totale prodotto in UE o il 33% del totale nazionale;
contratti: i singoli Stati dovranno decidere se imporre contratti obbligatori o facoltativi per le
forniture del latte all’interno del territorio nazionale. I contratti obbligatori, se introdotti,
dovranno essere stipulati prima della fornitura e indicare il prezzo, ma anche le scadenze dei
pagamenti e gli accordi sulla raccolta e la fornitura del latte. I governi possono anche introdurre
una durata minima di almeno 6 mesi.
zone svantaggiate: per assicurarsi che anche i produttori delle zone svantaggiate beneficino
delle nuove regole, il Parlamento chiede alla Commissione due relazioni: entro luglio 2014 ed
entro la fine del 2018;
controllo offerta per DOP e IGP: i governi nazionali possono attivare un sistema di regolazione
dell’offerta di questi prodotti, a condizione che non provochi distorsioni di concorrenza o
colpisca negativamente i piccoli produttori. Qualsiasi proposta di regolazione dell’offerta dei
formaggi di qualità deve essere approvata da almeno due terzi dei produttori di latte che
forniscono almeno due terzi del latte crudo utilizzato per la produzione di quei formaggi.
Report di filiera - latte – aprile 2011
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Il settore lattiero caseario europeo sta vivendo un periodo di grandissima trasformazione. La
decisione di abolire le quote latte, presa durante la fase di revisione intermedia della PAC
denominata “Health Check”, ha avuto la sua prima applicazione all’indomani del crollo dei prezzi
alla stalla e in un periodo critico per i consumi generali. Queste misure di ristrutturazione per il
settore arrivano anche in previsione della riforma della PAC che entrerà in vigore nel 2014. Il
commissario Ue all’Agricoltura, il rumeno Dacian Ciolos, ha proposto l’abbandono dei riferimenti
storici per i pagamenti diretti da sostituire con criteri che sono attualmente in fase di
negoziazione. Il principio che sembra destinato a passare, per attuare il riequilibrio tra i Paesi della
UE nella distribuzione dei pagamenti diretti, è quello della superficie. Una parte importante, la
proposta parla del 30%, sarà invece destinata al cosiddetto greening, ovvero alla pratica di alcune
attività giudicate sostenibili dalla Commissione come, ad esempio, la diversificazione delle
produzioni, la messa a riposo dei terreni o la creazioni di corridoi ecologici. Oltre a queste due
grandi rivoluzioni agli Stati Membri sarà concessa l’applicazione di alcuni correttivi per bilanciare i
possibili squilibri derivati dalla riforma. Ci sarà un pagamento compensativo per le aree
svantaggiate, una formula semplificata per le piccole aziende mentre una parte sarà destinata al
mantenimento di particolari produzioni che attraversano momenti di crisi o che costituiscono
elementi di fondamentale importanza per una determinata area. La determinazione dei tetti
massimi da poter destinare a questi correttivi sarà fondamentale per il destino di un settore che
verrà sicuramente penalizzato da una suddivisione che segua esclusivamente criteri di superficie.
Attualmente il peso del primo pilastro è una quota rilevante della redditività delle aziende agricole
piemontesi e il suo ammontare negli ultimi anni si può stimare pari a quasi un quinto del valore
complessivo della produzione (PPB), anche se la Riforma Fischler ha mutato i meccanismi dei
pagamenti. Il meccanismo di erogazione dei premi risulta semplificato con l’introduzione del PUA
(Premio Unico Aziendale, calcolato in base ai diritti storici), tuttavia ha comportato una certa
perdita nell’ammontare complessivo dei premi potenzialmente ricevibili in Italia a causa
soprattutto dell’inefficienza organizzativa e amministrativa italiana. Uno studio dell’Ires Piemonte
all’indomani della pubblicazione delle bozze di regolamento del 12 ottobre 2011 ha stimato un
impatto per il settore della zootecnia bovina da latte di poco meno del 50% di fondi in meno. La
distribuzione ipotizzata è, naturalmente, da considerarsi puramente teorica in quanto la fase di
codecisione in cui il Parlamento Europeo può intervenire nel modificare i Regolamenti è tuttora in
atto e, inoltre, non siamo ancora a conoscenza di come i singoli Stati utilizzeranno i correttivi citati
in precedenza.
Riguardo al secondo pilastro della PAC, il PSR 2007 – 2013 della Regione Piemonte è stato
utilizzato dalle aziende del settore con buona frequenza, in particolare alcune misure (Tabella 4).
Report di filiera - latte – aprile 2011
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In particolare va ricordato che, all’indomani della decisione di smantellare il sistema delle quote,
l’UE decise di inserire la ristrutturazione del settore lattiero-caseario nelle cosiddette sfide della
Riforma Health Check. A tale obiettivo la Regione Piemonte decise di assegnare circa 11 milioni di
€, più di un quarto del totale Health Check. Questi contributi aggiuntivi furono indirizzati quasi
interamente su due misure, la 121 per l’ammodernamento delle aziende agricole (4,87 milioni) e
la 123 per l’agroindustria (5,64 milioni). Guardando all’adesione delle aziende alle misure nel
complesso emerge tra tutti il primo bando della 121, nel 2008, con ben 118 aziende partecipanti.
Va ricordato, inoltre, che nella tabella compaiono soltanto le aziende aventi Orientamento Tecnico
Economico “erbivori bovine-latte, allevamento e carne combinati”, ovvero le aziende bovine da
latte sommate a quelle miste latte/carne ma non quelle miste seminativi/allevamento. Da
segnalare infine la buona partecipazione alla misura 211, indennità alle aziende agricole in zone
montane, che premia il comparto della zootecnia estensiva montana, nonché quello alla 214,
l’agro-ambiente, nella quale sono presenti due azioni rivolte alla zootecnia, una sui sistemi
pascolivi estensivi ed una sulla conservazione delle razze locali minacciate da abbandono. Sempre
nella 214 sono poi presenti altre azioni non esclusivamente dedicate alla zootecnia come
l’applicazione di tecniche di produzione integrata, la produzione biologica e la conversione di
seminativi in foraggere permanenti a cui hanno aderito alcune aziende del settore.
Tabella 4 – Aziende partecipanti alle principali misure del PSR 2007 – 2013 della regione Piemonte
Cod. misura 121 211 214 215
2007 0 76 39
2008 118 54 41 0
2009 35 79 56 58
2010 78 79 112 63
2011 31 107 25
Fonte: Regione Piemonte Data warehouse monitoraggio
Nel 2009, infine, è stata attuata la misura 215, pagamenti per il benessere animale, che promuove
la diffusione di tecniche di allevamento che migliorano il benessere degli animali oltre quelle che
sono le condizioni minime previste dalla normativa vigente e dal regime di condizionalità. Il
miglioramento del benessere degli animali è al centro del “Programma d’azione” che è stato
approvato a Strasburgo nel 2006 e che evidenzia le proposte legislative che saranno sostenute dal
Parlamento europeo nei prossimi sette anni riguardo a tale tematica. L’obiettivo di tale programma
è quello di raggiungere, a livello europeo e da parte del WTO, il riconoscimento della necessità di
convalidare sistemi di allevamento e produzione zootecnica che facciano appello a norme di
Report di filiera - latte – aprile 2011
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benessere degli animali rigide e superiori alle esigenze minime. In tale ottica il Parlamento
europeo intende sviluppare il ”Sistema integrato di certificazione” che dia adeguata valorizzazione
agli alimenti prodotti nel rispetto del benessere.
Elemento cardine di tutte queste politiche rimane comunque la Condizionalità, entrata a regime
completo nel 2007. Sono 3 i nuovi atti entrati in vigore su “Igiene e benessere degli animali” da
rispettare e quindi i CGO (Criteri di Gestione Obbligatori) sono passati da 15 a 18. Il Regolamento
73/2009 ha, inoltre, introdotto alcune modifiche ai tali criteri e alle Buone Condizioni
Agronomiche e Ambientali (BCAA). In merito alle BCAA si inseriscono tre principali cambiamenti: la
necessità di preservare le caratteristiche del paesaggio è stata specificata più in dettaglio; sono
state aggiunte la creazione di fasce tampone lungo i corsi d’acqua (anche per far fronte
all’abolizione del set aside a partire dal 2009), una nuova norma in merito al rispetto delle
procedure di autorizzazione per l’utilizzo dell’acqua a fini di irrigazione e nuove esigenze riguardo
alla cura degli oliveti e delle viti. Tali misure sono applicate a partire dal 1/1/2010 tranne quella
sulle fasce tampone che deve essere attivata entro il 2012.
Rientra ancora nella condizionalità, in particolare nelle 7 norme delle BCCA (Buone Condizioni
Agronomiche e Ambientali), la direttiva 91/676/Cee, detta Direttiva Nitrati. Tale direttiva impone
agli Stati membri, tenendo conto della loro situazione idrologica, di individuare le zone vulnerabili
(quelle in cui le acque di falda possono contenere, dove non si intervenga, oltre 50mg/l di nitrati)
e di approntare alcuni programmi d’azione per ridurre l’inquinamento idrico provocato da
composti azotati. Nel corso del 2008 la Commissione Europea ha aperto una procedura
d’infrazione, chiusasi nel giugno scorso, nei confronti dell’Italia per l’insufficiente designazione
delle zone vulnerabili dai nitrati. La Ue avrebbe voluto, infatti, che l’intero bacino padano fosse
considerato zona vulnerabile. Proprio in recepimento di tale direttiva, e per uscire dalla procedura
d’infrazione sopra citata, è stato approvato dalla Regione Piemonte il regolamento 10/R in materia
di utilizzo agronomico degli effluenti zootecnici e di acque reflue agroalimentari. La nuova
normativa stabilisce, in particolare, quali condizioni devono essere rispettate per poter effettuare
una distribuzione sul terreno degli effluenti, stabilisce i divieti all'utilizzo in campo (distanze
minime da corsi d'acqua, strade, abitazioni, ecc.), le modalità di trattamento, stoccaggio e
distribuzione degli effluenti, definendo, in particolare, le dosi massime distribuibili per ettaro di
superficie. Vengono, poi, dettagliate le procedure amministrative obbligatorie per le aziende
agricole; queste ultime dovranno presentare comunicazioni relative all'utilizzo agronomico degli
effluenti in sostituzione delle precedenti richieste di autorizzazione.
I criteri generali per l’individuazione delle zone vulnerabili sono stati approvati dal Regolamento
12/R approvato dal Consiglio regionale lo scorso dicembre e dettagliati da un provvedimento della
Report di filiera - latte – aprile 2011
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Giunta. Il Regolamento individua nuove aree sensibili, in particolare per tutelare le acque destinate
a uso potabile e stabilisce le tappe che le aziende agricole dovranno eseguire per l’adeguamento
alla direttiva. Per effetto di tali provvedimenti, circa il 53% della pianura piemontese è designata
area vulnerabile, con una ricaduta pesante in termini di costi sulle aziende.
Ad ottobre 2011 il Comitato Nitrati della CE aveva il compito di pronunciarsi sulla richiesta
dell’Italia di ottenere una deroga al limite imposto di 170 kg di azoto per ettaro annuo in tutte le
aree dichiarate vulnerabili. Le istanze italiane sono state accolte e la deroga è quindi stata
concessa ma non si tratta di una deroga generale ma della concessione alle aziende interessate di
poter aderire alla deroga rispettando determinati parametri. Sono specificate alcune colture ad alto
fabbisogno di azoto sulle quali le aziende potranno spandere un massimo di 250 kg/ha annuo. Si
tratta di mais a ciclo lungo, mais seguito da erbaio invernale, cereali vernini seguiti da erbaio
estivo e prati permanenti o temporanei con un massimo del 50% di leguminose. Le aziende
avranno tempo fino al 15 febbraio 2012 per aderire alla deroga.
Report di filiera - latte – aprile 2011
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3. Conclusioni e analisi SWOT Le dinamiche alle quali si è assistito negli ultimi anni nel mercato lattiero-caseario mondiale sono
state molto particolari: dal 2006 all’autunno 2007 si sono verificati forti rialzi dei prezzi, i quali,
nel 2008, sono scesi rimanendo comunque su quotazioni superiori ai prezzi considerati normali
fino ai primi anni 2000; nel 2009, tuttavia, il ribasso è proseguito con un andamento
estremamente negativo nel primo semestre, per poi accennare ad una ripresa a partire da
settembre. Nel 2010 la ripresa è proseguita e ci si attendeva una stabilizzazione su livelli
leggermente superiori a quelli precedenti i ribassi del 2009 ma, al contrario, nel 2011 i prezzi
sono ulteriormente saliti fino alla significativa soglia dei 40 centesimi al litro (prezzi alla stalla,
Nord Italia).
Nel 2009 l’Europa è stata attraversata da uno stato di agitazione e protesta continua (soprattutto
in Francia, Belgio e Germania) da parte dei produttori di latte, apparsi più risoluti e uniti di quelli
italiani nel porre in essere decise manifestazioni di dissenso. La prossima riforma della PAC e
l’aumento della volatilità dei prezzi, sul mercato europeo, sono due variabili che si intersecano e
che creano una forte incertezza, in particolare per le filiere zootecniche che appaiono minacciate
da entrambe. Fortunatamente, nel 2011 l’andamento del mercato, perlomeno in regione, è stato
positivo e ha probabilmente favorito la ristrutturazione in atto nel settore.
A livello mondiale, la produzione ha ripreso a crescere insieme alla domanda internazionale e si
stima che fino al 2050 questa sarà la tendenza di fondo. Parallelamente, tuttavia, sembra che altre
aree mondiali stiano sfruttando meglio del “vecchio” continente europeo questa congiuntura
favorevole, in particolare Asia e America Latina, oltre all’ancora troppo fragile Africa. L’apertura di
nuovi sbocchi di mercato potrà, tuttavia, favorire una stabilizzazione del mercato interno europeo
alleggerendo la pressione della concorrenza straniera a prezzi altamente competitivi.
Nel 2010 vi è stato, inoltre, un deciso recupero dell’export, con stime del +5% per i formaggi, +6%
per il burro e +13% per il latte scremato in polvere. Le prospettive per il mercato dei formaggi e
dei prodotti lattiero-caseari ad alto valore aggiunto appaiono in miglioramento, considerando il
costante trend di crescita delle quotazioni e della domanda, sia a livello dell'UE che su scala
mondiale. L’attuale euforia per le quotazioni sta, tuttavia, portando ad un’eccessiva produzione di
formaggi Grana inducendo il Consorzio di Produzione ad avvertire i produttori dei rischi derivanti
da una sovrapproduzione. Al momento i prezzi sono ancora sostenuti e hanno spostato più in là
nel tempo questi rischi, grazie soprattutto a una buona collocazione del prodotto in paesi come la
Germania in cui tali prezzi sono ancora accessibili.
Report di filiera - latte – aprile 2011
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A livello europeo, l’intervento pubblico ha funzionato per la polvere di latte scremato e per il
burro, il sistema di ammasso privato per il burro è stato prorogato e le restituzioni
all’esportazione sono state attivate contribuendo ad alleggerire i mercati europei dei prodotti
trasformati. Dunque, il sistema dei pagamenti diretti ha dimostrato la sua rilevanza come
stabilizzatore dei redditi agricoli e quello degli interventi di mercato come ammortizzatore
economico. L’ottica della Commissione, per rafforzare il ruolo dei produttori, è quella di
aumentare il potere di contrattazione collettiva delle organizzazioni di produttori, in modo da
metterli in grado di trattare efficacemente con i partner industriali e commerciali. A riguardo, il
recente Pacchetto Latte sembra essere imperniato su questi obiettivi, la speranza è che i singoli
Stati siano in grado di adottare velocemente i regolamenti e di garantirne una corretta
applicazione.
La situazione delle quote latte va verso la sua conclusione. Dopo che, per la prima volta da oltre
20 anni, nel 2010 la produzione di latte in Italia non ha superato i limiti imposti dall’Unione
Europea, l’Italia non subirà altre multe oltre a quelle ancora in sospeso. Relativamente alla
gestione della situazione nazionale delle quote latte, in definitiva l’opinione prevalente tra gli
operatori del comparto è che gli allevatori in regola con i pagamenti siano stati penalizzati rispetto
ai cosiddetti splafonatori. La sostanziale tolleranza verso la situazione di illegalità protrattasi nel
tempo in Italia ha determinato importanti squilibri di mercato, dal momento che le aziende
agricole che hanno pagato le proprie quote sono risultate meno competitive rispetto agli
splafonatori. In altri Stati (Olanda e Germania), il problema della sovrapproduzione rispetto alle
quote acquistate è stato risolto attraverso l’adozione di un efficace sistema di vendita degli animali
da vita che determinano l’aumento della produzione aziendale (essi vengono esportati). Pertanto,
in ottica futura, appare essenziale il ritorno a una condizione di reale trasparenza del mercato.
Nei prossimi anni, la parte agricola della filiera dovrà affrontare alcuni fattori di cambiamento,
come l’innalzamento dei livelli di volatilità delle materie prime (in primis nel mercato dei cereali),
la fine definitiva del regime delle quote e la riforma della PAC di cui abbiamo parlato nel capitolo
dedicato alle normative. Lo scenario, all’indomani di questi avvenimenti non sarà facilmente
decifrabile. La graduale riduzione del valore delle quote avrà impatti differenti nei diversi contesti
produttivi: verrà meno la rendita legata al possesso della quota laddove il tessuto aziendale è
assestato, ma diminuirà anche il costo dell’aggiustamento nei casi in cui vi è una forte dinamica
aziendale. La distribuzione dei contributi modificherà ulteriormente lo scenario di mercato.
Cambiando una ripartizione di benefici ormai storicamente consolidata, sarà altresì importante
capire come i singoli Stati membri decideranno di utilizzare i pagamenti accoppiati.
Report di filiera - latte – aprile 2011
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Nonostante una realtà produttiva e di trasformazione particolarmente frammentate, la grande
risorsa italiana è rappresentata dai suoi numerosi formaggi DOP, pertanto una delle linee guida
sarà quella dello sviluppo e della valorizzazione di tale risorsa attraverso una programmazione
produttiva consapevole. I produttori devono avere la possibilità di gestire le loro produzioni e, se
interessati, di espanderle, senza tuttavia rischiare di dover chiudere l’attività per l’esiguità dei
margini. Il trend dell'export di formaggi DOP è estremamente positivo, pertanto il bacino dei
mercati esteri appare promettente e, per le piccole produzioni, parzialmente inesplorato.
In proporzione, meno dinamica è stata l’evoluzione della fase di trasformazione, nella quale i
processi di acquisizione e concentrazione sono rallentati negli ultimi anni, anche se ci si possono
attendere ancora movimenti rilevanti, come ad esempio la chiusura dello stabilimento Lactalis e
l’avvio dell’impianto di produzione di latte in polvere avvenuti a Moretta, bene mettono in
evidenza. In tale contesto, risulta delicata e strategica la posizione della cooperazione, che
rappresenta un elemento essenziale della filiera; l’Abit, una delle principali cooperative in regione,
sta uscendo da una pericolosa crisi, dopo l’acquisizione da parte di un consorzio nazionale,
mentre le cosiddette “cooperative di valle”, devono far fronte al decremento dell’allevamento da
latte nelle aree montane ed alle oggettive difficoltà logistiche in cui operano. Un ulteriore aspetto
critico è rappresentato dalla fuoriuscita di importanti aziende produttrici di formaggio grana
dall’ambito della DOP. Tale scelta ha certamente svincolato tali imprese da una serie di obblighi
ma, da un punto di vista generale, può anche essere vista come un fattore di indebolimento della
filiera in quanto riduce o annulla il legame con il territorio.
Il quadro appena delineato è caratterizzato, quindi, da diversi fattori che potrebbero avere
influenza sia sulla produzione sia sulla commercializzazione dei prodotti del settore lattiero-
caseario; un atteggiamento passivo e giocato sulle scelte individuali potrebbe portare la filiera
verso crescenti difficoltà, sia per la parte agricola che per quella industriale. E’ pertanto
auspicabile una strategia reattiva, che possibilmente leghi tra loro gli interessi delle diverse fasi
della filiera, orientandoli verso obiettivi comuni, soprattutto nella ricerca di un maggiore valore
aggiunto, più equamente ripartito tra gli operatori. Un’attenzione specifica dovrebbe essere
riservata alle aree montane, dove la filiera è debole sotto il profilo strutturale e organizzativo ma
essenziale per il mantenimento di un presidio attivo del territorio. A livello nazionale, sarà
indispensabile predisporre strategie adeguate per rafforzare il potenziale vantaggio competitivo
derivante dalla trasformazione in prodotti di qualità. In molti paesi UE, il ri-orientamento al
mercato che dovrebbe realizzarsi con la rimozione delle quote (drastica riduzione dei prodotti
destinati all’intervento e crescita della produzione di formaggi e derivati freschi, in linea con la
crescita della domanda) porterà enormi problemi di ristrutturazione della filiera, in particolare sul
Report di filiera - latte – aprile 2011
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versante della trasformazione. Da questo punto di vista, l’Italia si trova in una posizione di
indubbio vantaggio, grazie proprio alla netta predominanza della trasformazione in prodotti di
qualità. E’ dunque assolutamente necessario individuare politiche che migliorino l’efficienza delle
filiere del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano, le due produzioni principali tra i formaggi
DOP italiani, soprattutto sul versante delle strategie di marketing internazionale.
E’ sempre più importante, dunque, seguire la politica della qualità, della tracciabilità e della
differenziazione dei prodotti: sono necessarie una programmazione e una contrattazione basate
sui costi di produzione, quindi è indispensabile anche da parte dell’imprenditore una mentalità più
orientata al lungo periodo invece che al guadagno momentaneo. Sotto questo profilo, si deve
valutare in modo particolarmente positivo il nuovo sistema indicizzato del prezzo del latte
adottato dal recente accordo regionale.
Di seguito, l’analisi SWOT della filiera lattiero-casearia.
Minacce Opportunità Punti di Forza Punti di Debolezza
Abolizione regime
delle quote con
rischio di forte
incremento
dell’offerta estera;
Situazione
riscossione multe:
pericolo di
turbolenze interne
alla filiera;
Declino della
zootecnica
montana, rischio
piccole DOP;
Incremento dei
costi di
alimentazione legati
ai prezzi dei cereali;
Latte fresco con
marchio GDO:
rischio perdita
potere contrattuale
della filiera locale
Valorizzazione
dell’origine locale,
specie per prodotti
trasformati;
Forte segmentazione
del mercato, che
premia i prodotti
innovativi (es. latte
crudo);
Espansione
dell’accordo sul
prezzo del latte
indicizzato;
Sfruttamento delle
misure PSR di
sostegno al settore
lattiero caseario.
Miglioramento
dell’integrazione di
filiera grazie al nuovo
Pacchetto Latte
Allevamenti ben
strutturati a seguito del
forte processo di
concentrazione;
Presenza di giovani e
buon livello
professionale degli
allevatori;
Produzione orientata
alla qualità: DOP, latte
fresco e latte alta
qualità;
Associazionismo e
buona presenza della
cooperazione;
Organismi di assistenza
tecnica, servizi
veterinari di alto livello;
Crescente integrazione
come risultato
dall’accordo sul prezzo
Problema
smaltimento reflui
zootecnici;
Costi di produzione
legati a volatilità
materie prime;
Fragilità strutturale
della zootecnia
montana, difficoltà
espansione piccoli
DOP;
Molte aziende di
trasformazione sono
entrate sotto il
controllo di gruppi
extraregionali o
esteri.
Grande Distribuzione
ancora esterna agli
accordi di filiera.
Report di filiera - latte – aprile 2011
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Fonti consultate Testi
FAO. 2011. World Livestock 2011 – Livestock in food security. Rome, FAO.
EUROSTAT. 2011. Livestock statistics at regional level. Scaricabile all’indirizzo web:
http://epp.eurostat.ec.europa.eu/statistics_explained/index.php/Livestock_statistics_at_regional_l
evel.
Visitato il 09/01/2012
REGIONE PIEMONTE, Programma di Sviluppo Rurale PSR 2007-2013, Testo adottato con DGR n. 2-
9977 del 5 novembre 2008 (modifiche anno 2008) e integrato con modifiche Health Check al 10
dicembre 2009. Scaricabile al sito:
http://www.regione.piemonte.it/agri/psr2007_13/dwd/documentazione/2009/testointegrato.pdf
Renato Pieri (a cura di), 2010. Il Mercato del Latte, Rapporto 2010. Milano, Franco Angeli
USDA.2011. Dairy. World Markets and Trade. Scaricabile all’indirizzo web:
http://www.fas.usda.gov/psdonline/circulars/dairy.pdf. Visitato il 05/01/2012
USDA.2011. Livestock, Dairy and Poultry Outlook. Scaricabile all’indirizzo web:
http://usda01.library.cornell.edu/usda/ers/LDP-M//2010s/2011/LDP-M-12-15-2011.pdf.
Visitato il 05/01/2012
Rassegna stampa
AGRIREGIONIEUROPA
AGRISOLE
IL SOLE24ORE – NORDOVEST
LARGOCONSUMO
L’INFORMATORE AGRARIO
TERRA E VITA
Report di filiera - latte – aprile 2011
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Siti
ANAGRAFE AGRICOLA UNICA – www.sistemapiemonte.it/anau
AGEA (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura) – www.agea.gov.it
AGRICOLTURA24 – www.agricoltura24.com
AGRIREGIONIEUROPA – www.agriregionieuropa.it
AGRONOTIZIE – http://agronotizie.imagelinenetwork.com
BANCA DATI RICA-INEA - http://www1.inea.it/rica
CLAL (Società di consulenza nel settore lattiero caseario) - www.clal.it
COLDIRETTI PIEMONTE – www.piemonte.coldiretti.it
CONSORZIO GRANA PADANO – www.granapadano.it
CRPA (Centro Ricerche Produzioni Animali) – www.crpa.it
EUROPARLAMENTO24 - http://www.europarlamento24.eu
EUROSTAT - http://epp.eurostat.ec.europa.eu
FAO (Food and Agriculture Organization), servizio statistico - faostat.fao.org
INDEX MUNDI – www.indexmundi.com
INOQ (Istituto Nord Ovest Qualità) - www.inoq.it
ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) – www.ismea.it
ISTAT – www.istat.it
MILKMAPS – www.milkmaps.com
OSSERVATORIO LATTE – http://centridiricerca.unicatt.it/osservatorioprodottizootecnici
PIEMONTE LATTE - www.piemontelatte.it
REGIONE PIEMONTE (Direzione Agricoltura) www.regione.piemonte.it/agri
SISTEMA PIEMONTE – www.sistemapiemonte.it
USDA (United States Department of Agriculture) - http://www.usda.gov
USDA, Foreign Agricultural Service - http://www.fas.usda.gov
WIKIPEDIA – it.wikipedia.org