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POLITECNICO DI MILANO
Scuola di Ingegneria Industriale e dell’InformazioneCorso di Laurea Magistrale in Ingegneria Elettronica
Sistema interferometrico per la misura della velocità e del verso di spostamento di un bersaglio
Relatore: prof. Michele Norgia
Tesi di laurea di:Marco Bongini, matricola 804417
Anno accademico 2014-2015
Indice
Introduzione 1
1 Interferometria 3
1.1 Principi di interferometria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4
1.2 Prestazioni limite dell'interferometria . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
1.2.1 Speckle pattern . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
1.3 Richiami dei principi dei laser . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
1.3.1 Emissione stimolata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
1.3.2 Cavità ottica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
1.3.3 Laser a semiconduttore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
2 Interferometria a retroiniezione 24
2.1 Teoria del selfmixing . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
2.1.1 Applicazioni dell'interferometria a selfmixing . . . . . . . . 34
2.2 Classi di sicurezza dei laser . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34
3 Struttura hardware del sistema 37
3.1 Componenti principali della scheda analogica . . . . . . . . . . . . . 38
3.1.1 Alimentatore laser . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40
3.1.2 Ramo di lettura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41
3.1.3 Stadio di preamplificazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43
3.1.4 Stadio fully-differential . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46
3.2 Sezione digitale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47
3.3 Modulo ottico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50
4 Analisi del segnale e algoritmi di misura 52
4.1 Elaborazione del segnale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53
4.1.1 Fast Fourier Transform (FFT) . . . . . . . . . . . . . . . . . 54
4.1.2 Algoritmi della velocità e del verso di spostamento . . . . . 61
4.2 Prove sperimentali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64
4.2.1 Limiti di velocità e banda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67
Conclusione 72
Appendice 74
Bibliografia 79
Elenco delle figure
1.1 Schema base dell'interferometro di Michelson . . . 4
1.2 Andamento del segnale fotogenerato in funzione di V . . . 6
1.3 Configurazione di Twymann-Green . . . 7
1.4 Ambiguità del verso di spostamento . . . 7
1.5 Diagramma di Wegel . . . 8
1.6 Struttura granulare . . . 11
1.7 Schema semplificato dello spckle-pattern . . . 12
1.8 Dimensione degli speckle . . . 13
1.9 Sistema a due livelli energetici colpito da un fotone . . . 14
1.10 Possibili interazioni tra livelli energetici e luce . . . 15
1.11 Sistema a 3 livelli energetici . . . 16
1.12 Sistema a 4 livelli energetici . . . 17
1.13 Cavità di Fabry-Perot . . . 18
1.14 Round-trip ottico all'interno della cavità di Fabry-Perot . . . 19
1.15 Schema illustrativo di un laser Fabry-Perot . . . 20
1.16 In a) sono mostrati i possibili modi oscillanti in una cavità e in b) lo spettro
della luce con effetto filtrante da parte del materiale attivo . . . 21
1.17 Schema illustrativo di un laser DFB . . . 22
1.18 Schema di un laser VCSEL . . . 23
2.1 Configurazione a self-mixing . . . 25
2.2 Modulazione AM e FM del campo elettrico sorgente . . . 26
2.3 Round-trip ottico del fascio luminoso . . . 27
2.4 Perturbazione della frequenza reale rispetto a quella ideale . . . 29
2.5 F(Φ) per diversi valori di C . . . 32
2.6 Segnale a frange per differenti valori di C . . . 33
2.7 Classi di sicurezza dei laser . . . 35
3.1 Circuito analogico completo . . . 39
3.2 Schema dell'alimentatore laser . . . 40
3.3 Schema del ramo di lettura . . . 41
3.4 Modello del fotodiodo di monitor . . . 42
3.5 Schema della transimpedenza . . . 43
3.6 Modello della transimpedenza . . . 44
3.7 Diagramma di Bode del modulo di A(s) e β(s) . . . 45
3.8 Schema dello stadio fully-differential . . . 46
3.9 Scheda analogica . . . 47
3.10 Microcontrollore e parte analogica di controllo . . . 48
3.11 Schematico del microcontrollore . . . 49
3.12 Dispositivo FTDI . . . 49
3.13 Struttura del modulo laser/fotodiodo WLSD-1550-020m-1-PD . . . 50
3.14 Sistema ottico senza il supporto . . . 50
3.15 Lente C230TMD-C della Thorlabs . . . 51
4.1 Segnale a frange generato da uno spostamento sinusoidale del bersaglio . . . 53
4.2 Sinusoide campionata e troncata in modo da contenere un numero intero di
periodi . . . 57
4.3 Spettro del segnale in figura 4.2 . . . 58
4.4 Sinusoide campionata e troncata in modo da contenere un numero non intero di
periodi . . . 58
4.5 Spettro del segnale in figura 4.4 . . . 59
4.6 Funzione peso della finestra di Hanning . . . 60
4.7 Coefficienti Am per le finestre RVCI . . . 60
4.8 Segnale a dente di sega nei due versi di distorsione . . . 62
4.9 Parte di codice che calcola il verso di spostamento . . . 64
4.10 Schede elettroniche e lente posizionate per le misure . . . 65
4.11 Chopper controller adoperato . . . 65
4.12 Grafico di Labview della velocità relativo al chopper . . . 65
4.13 Grafico di Labview del verso relativo al chopper . . . 66
4.14 Grafico di Labview della velocità relativo al bersaglio oscillante . . . 66
4.15 Grafico di Labview del verso relativo al bersaglio oscillante . . . 67
4.16 Segnale a dente di sega tipico all'uscita dello stadio fully-differential . . . 67
4.17 Frangia ingrandita . . . 69
4.18 Grafico di Labview della velocità relativo al chopper oltre 1 m/s . . . 69
4.19 Grafico di Labview del verso relativo al chopper oltre 1 m/s . . . 70
Introduzione
Questo elaborato è il frutto di un lavoro di circa sei mesi svolto presso il
“Laboratorio di misure ottiche ed elettroniche – MOLES” del dipartimento di
elettronica, informazione e bioingegneria del Politecnico di Milano.
A partire da ricerche e tesi precedenti, ho sviluppato uno strumento in grado di
misurare la velocità e la direzione di spostamento di un bersaglio mobile. La fisica su
cui si basa lo strumento è l'interferometria con tecnica a retroiniezione o self-mixing;
questa tecnica prevede un laser puntato sul bersaglio d'interesse, il quale riflette il fascio
luminoso. Quest'ultimo, tornando verso la sorgente, crea un'interferenza ottica con sé
stesso. Il segnale luminoso viene allora tradotto in corrente da un fotodiodo e quindi
amplificato da una transimpedenza progettata e costruita nell'ambito di questo progetto.
In seguito il segnale viene elaborato digitalmente da un microcontrollore, programmato
in modo opportuno, e trasmesso infine a PC per una visualizzazione grafica.
Esistono già sul mercato strumenti in grado di misurare la distanza assoluta e la
velocità di un bersaglio mobile senza perturbazioni, ma la tecnica a retroiniezione
presenta prestazioni differenti. E' una tecnica recente e consente di effettuare una misura
di velocità assoluta utilizzando solamente un laser, un fotodiodo (solitamente integrati
nello stesso modulo) e una lente, la dinamica di misura è 50 mm-3000 mm con
risoluzioni dell'ordine della decina di µm. Un adeguato apparato digitale completa il
progetto e, dato il costo esiguo dei componenti analogici e digitali moderni, risulta
economico oltreché preciso e robusto. Il progetto finale apporta miglioramenti hardware
e software ai lavori predenti del MOLES.
Il Capitolo 1 è dedicato alle basi dell'interferometria e della fisica su cui si fonda.
Vengono inoltre esposti i sistemi classici di interferometria ottica, evidenziati pregi e
limiti e, infine, sono richiamati i principi fisici dei laser.
Nel Capitolo 2 è esposta matematicamente la tecnica utilizzata in questo elaborato, la
retroiniezione. Alla fine del capitolo sarà chiaro come il fascio luminoso viene modulato
1
in potenza e quali sono le migliori condizioni di funzionamento.
Il Capitolo 3 spiega minuziosamente il procedimento tecnico adottato per la
costruzione della scheda analogica e, quindi, della transimpedenza. Viene poi analizzata
la scelta del microcontrollore e dell'ottica.
Il Capitolo 4 tratta degli algoritmi utilizzati per l'ottenimento della velocità e del
verso di spostamento del bersaglio. Infine sono fornite delle prove sperimentali di
misura.
Milano, Aprile 2016
Marco Bongini
2
Capitolo 1
Interferometria
Questo capitolo iniziale è dedicato alle basi delle tecniche interferometriche e dei laser.
Nella prima parte sarà esposta una panoramica generale di configurazioni ottiche note
evidenziandone i principali aspetti e criticità. Saranno quindi analizzati i fattori che
determinano la degradazione delle qualità interferometriche della luce (con particolare
attenzione al fenomeno degli speckle) e dei limiti intrinseci di misura. Infine,
nell’ultima parte, saranno discusse varie sorgenti di luce coerente a
semiconduttore quali i laser DFB, VCSEL e a Fabry-Perot.
3
1.1 Principi di interferometria
L'interferometria è una parte dell’ottica fisica che si occupa dello studio dei fenomeni
interferenziali della luce e delle loro applicazioni a scopo sia scientifico sia tecnico-
industriale. In particolare l'interferometro ottico, oggetto di questo elaborato, è un
dispositivo atto a dar luogo a un sistema osservabile di frange per interferenza di onde
luminose provenienti da una medesima sorgente di luce e percorrenti cammini ottici
diversi, in accordo con la teoria ondulatoria della luce. La tecnica sfrutta la coerenza
della luce sorgente al fine di creare un battimento ottico su di un dispositivo
fotosensibile e ottenere dunque informazioni sul bersaglio in esame, quali distanza,
velocità, vibrazioni e direzione di moto. Oggi l’interferometria rappresenta uno dei più
importanti metodi per effettuare misure di precisione in molti ambiti industriali e di
ricerca. Le sue caratteristiche di non invasività e di contenuta divergenza del fascio
permettono di realizzare accurati strumenti di misura laddove vi sono ambienti critici
di lavoro e irraggiungibilità del bersaglio.
Figura 1.1: schema base dell'interferometro di Michelson
4
Nel 1887 i fisici statunitensi Albert Abraham Michelson e Edward Morley idearono
una dei primi sistemi interferometrici, l'interferometro di Michelson. In Figura 1.1 è
riportato il funzionamento dello strumento; la sorgente (tipicamente laser) emette un
fascio luminoso che viene opportunamente duplicato da uno specchio semiriflettente, o
beam splitter, in due diversi cammini ottici, quello di riferimento e quello di misura.
Entrambi i fasci luminosi in tal modo generati vengono riflessi da due specchi posti
all'estremità di ciascun cammino, congiungendosi successivamente attraverso il beam
splitter nello stesso punto. Lo specchio posto nel braccio di misura è mobile mentre lo
specchio posto nel ramo di riferimento è fisso. In ultimo i due fasci vengono deviati dal
punto di congiunzione verso un fotorivelatore. L'onda generata è il risultato della
sovrapposizione di due onde isofrequenziali, provenienti dalla medesima onda
inizialmente duplicata, ma con una variazione di fase, dettata dalla differenza di
cammino ottico percorso. Il fotorivelatore genera una corrente proporzionale
all'intensità del fascio luminoso rispettando la seguente relazione:
(1.1)
dove Em
e Er indicano rispettivamente il campo elettrico relativo al cammino ottico di
misura e il campo elettrico relativo al cammino ottico di riferimento. Essi sono stati
rappresentati come vettori rotanti di ampiezza |Em,r
| e fase φm,r
. Dall'espressione 1.1
deriva una corrente fotogenerata pari a :
(1.2)
(1.3)
dove V è la visibilità delle frange, mentre Pmax
e Pmin
sono rispettivamente la massima
intensità ottica e minima intensità ottica che giungono al fotorivelatore. Come si può
notare, la fotocorrente dipende dalla differenza di fase delle due onde riflesse dagli
5
I ph=I m+ I r+2 ⋅√ I m⋅I r cos(ϕm−ϕr )
=( I m+I r )⋅[1+V ⋅cos (ϕm−ϕr )]
I ph=σ ∣Em+Er∣2=σ ∣E m e
iϕm+Er ei ϕr∣
2
V=Pmax−Pmin
Pmax+Pmin
Figura 1.2: Andamento del segnale fotogenerato in funzione di V
specchi. Ovviamente la fase φm corrispondente al ramo di misura è fissa, mentre φ
r
risulta variabile.
E' possibile ricavare l'informazione dello spostamento del bersaglio in base
all'andamento del segnale di battimento normalizzato mostrato in Figura 1.2, al variare
di V.
Esplicitando ora l'espressione della differenza di fase evidenziata nella relazione 1.2,
si ottiene:
(1.4)
dove sm
e sr sono rispettivamente la lunghezza dei cammini ottici di misura e di
riferimento, mentre λ è la lunghezza d'onda del fascio ottico. La fase φ risulta quindi
periodica, con periodo 2π, per spostamenti sm pari a λ/2, per ciascuno dei quali
corrisponde una frangia interferometrica. Siccome la misura è data dal semplice
conteggio delle frange, la risoluzione dello strumento risulta essere proprio λ/2.
Tuttavia l'utilizzo di tale tecnica presenta notevoli svantaggi; innanzitutto la retro
6
ϕ=ϕm−ϕr=2πλ
⋅(sm−sr)
iniezione della luce nella cavità ottica del laser e quindi la modulazione della potenza
ottica trasmessa (problema peraltro eliminabile mediante l’uso di corner cube e cube
beam splitter al posto degli specchi, prendendo il nome di configurazione di Twyman-
Green mostrata in Figura 1.3). Inoltre, a causa della forte sensibilità al disallineamento
angolare, è molto complesso il posizionamento del beam splitter e l'allineamento dei
due specchi per far incidere nello stesso punto i due fasci; anche tale problema è tuttavia
eliminabile con l'uso della configurazione Twyman-Green. Un'ulteriore criticità riguarda
l’ambiguità del verso di spostamento in corrispondenza del massimo o minimo del
segnale cosinusoidale generato (Figura 1.4); il problema è risolvibile mediante l'utilizzo
di un laser a doppio fascio. Infine il dispositivo presenta un costo elevato, in quanto la
sorgente non è costituita laser a semiconduttore ma da un laser HeNe.
Figura 1.3: Configurazione di Twymann Green
Figura 1.4: ambiguità del verso di spostamento
7
1.2 Prestazioni limite dell'interferometria
Indipendentemente dal tipo di configurazione ottica impiegata, ogni interferometro
usato come vibrometro ha dai limiti intrinseci di spostamento misurabile del bersaglio e
della frequenza di oscillazione. I limiti suddetti sono ben rappresentati dal diagramma di
Wegel in Figura 1.5 : il segmento inferiore definisce la sensibilità dello strumento sul
minimo spostamento misurabile a causa del rumore elettronico e della quantizzazione, il
segmento superiore evidenzia invece il massimo spostamento misurabile per cui il
bersaglio lavora correttamente. I segmenti verticali definiscono la banda di frequenze di
oscillazione ammissibili in accordo con la banda di frequenze dell'elettronica di
elaborazione e, infine, la linea obliqua rappresenta la velocità massima rilevabile,
poiché in tale segmento il prodotto fra la frequenza di oscillazione fosc
e lo spostamento s
rimane costante. Il limite di spostamento minimo, ipotizzando trascurabile il contributo
dovuto alla limitata risoluzione, è dominato principalmente dal rumore quantico che si
sovrappone alla corrente foto generata.
Figura 1.5: diagramma di Wegel
8
E' interessante ora trovare il minimo sfasamento rilevabile, affinché la corrente e il
rumore shot a essa associato forniscano un rapporto unitario. Assumo di lavorare a metà
frangia, ove la sensibilità risulta massima, e suppongo di sottoporre il bersaglio a un
piccolo spostamento minore di λ/2. La corrispettiva variazione di fotocorrente è
approssimativamente:
(1.5)
Il rumore shot legato a questa corrente è invece:
(1.6)
e ponendo uguali le equazioni 1.5 e 1.6, trovo quindi che
(1.7)
dove φmin
è la fase equivalente minima di sfasamento per generare un segnale in corrente
pari a in.
Definendo il Noise Equivalent Displacement (NED) come lo spostamento
equivalente minimo per avere rapporto segnale rumore unitario a valle del fotodiodo e
k=2πλ
, ne deriva che:
(1.8)
Con una banda B pari a 1Hz e un laser di tipo HeNe da 1 mW, si ottiene un minimo
spostamento rilevabile pari a 1 fm! Dunque si può ritenere che il rumore quantico sia
trascurabile.
Il limite di massimo spostamento rilevabile è dettato dalla lunghezza media di
coerenza del fascio laser. Un laser presenta sempre un intervallo spaziale di coerenza
9
ϕmin=i n
VI 0
=1V √2
qBI 0
Δ I ph= I 0 V ϕ
in=√2qI0 B
NED shot=ϕmin
k= λ
2πV √2qBI 0
limitata, dopodiché potrebbe incorrere un salto di fase per cui la fase successiva è
casuale ed indipendente da quella precedente.
Si definisce tempo di coerenza τc
il valore medio dell'intervallo temporale tra due
salti consecutivi e quindi la lunghezza di coerenza Lc= c τ
c, dove c è la velocità della
luce. E' utile confrontare Lc con la differenza tra i cammini ottici di riferimento e di
misura dell'interferometro, Δs=|sr-s
m|; se Δs>>L
c non si ha segnale interferometrico, ma
solo rumore. Non è dunque possibile effettuare misure valide, non potendo contare
correttamente le frange. Per questo motivo deve essere verificato che Lc< Δs. I salti di
fase causano inoltre l'allargamento dello spettro ottico di una quantità Δν=1/τc,
provocando un peggioramento del segnale utile rilevato. Allo stesso modo in cui si è
calcolato il parametro NEDshot
, anche il rumore di fase Δν contribuisce alla limitazione
della sensibilità dello strumento.
Considerando che la frequenza del laser varia nel tempo, si può attribuire una
variazione di fase equivalente:
(1.9)
Il rumore di fase ed il corrispettivo errore di spostamento equivalente risultano essere
pari a:
(1.10)
(1.11)
Tipicamente il contributo del rumore di fase della sorgente è dominante rispetto a quello
del rumore quantico. Con riferimento all’esempio precedente, assumendo Δs = 10 cm,
lo spostamento equivalente minimo dovuto a tale contributo risulta essere infatti pari a
10
ϕ=2πλ
(sm−sr)=2πc
(sm−sr)(ν0+Δν)
Δ ϕ=2π(sm−sr)Δ ν
c
NEDΔν=Δϕ
k= Δν
ν0(sr−sm)=
λ0
Lc
(sr−sm)
66 pm.
1.2.1 Speckle Pattern
Infine viene presentato un fenomeno dovuto alla luce diffusa che degrada le
prestazioni dell'interferometro, esso prende il nome di speckle-pattern. Poiché la
maggior parte delle superfici dei bersagli di carattere industriale sono di natura
diffusiva, occorre verificare che l’interferometro funzioni correttamente; tuttavia ogni
qualvolta che un fascio di luce coerente incide su di una superficie diffusiva, la luce
retro-diffusa non avrà una distribuzione spaziale di potenza omogenea ma sarà costituito
da una serie di “granuli” ottici, come mostrato in Figura 1.6.
Figura 1.6: struttura granulare
Da un’analisi di coerenza ottica inoltre risulta che non vi è correlazione tra le fasi
dei granuli. Il fenomeno di base dello speckle-pattern è rappresentato in Figura 1.7,
dove è mostrata che una superficie diffondente presenta variazioni di quota casuali di
ampiezza Δz>>λ.
Quando la superficie viene illuminata con una luce ad alta coerenza, ogni settore di
area circa pari a quella di un avvallamento si comporta da sorgente di luce debolmente
correlata ad un'area adiacente. Il campo risultante in un punto vicino alla superficie è
11
costituito dalla sovrapposizione delle singole onde emesse da ciascuna sorgente.
Essendo la relazione di fase delle onde caotica, le onde si sommano con interferenze
costruttive e distruttive. Il singolo granulo ottico è detto speckle e il loro insieme forma
il tipico aspetto in Figura 1.8. Si definisce un singolo speckle l'ellissoide avente
variazioni di fase contenute nel 50% e con assi di dimensioni:
(1.12)
(1.13)
dove z è la distanza dal punto di osservazione e il bersaglio e D è la dimensione di
macchia su di esso. A causa dello speckle pattern si può soffrire di fading del segnale
interferometrico, ovvero una diminuzione dell'intensità del segnale di misura, che
potrebbe corrispondere ad uno speckle poco intenso. Per risentirne meno si deve
migliorare la focalizzazione del bersaglio, in modo da aumentare la dimensione dello
speckle.
Figura 1.7: schema semplificato dello speckle-pattern
12
sl=λ(2zD
)2
st=λ(zD)
2
Figura 1.8: dimensione degli speckle
1.3 Richiami dei principi dei laser
LASER, sigla di light amplifiction by stimulated emission of radiation, indica un
dispositivo per ottenere fasci intensi ed estremamente concentrati di radiazioni
elettromagnetiche coerenti nei campi infrarosso, visibile ed ultravioletto. Il processo
usuale di emissione delle radiazioni luminose (il cosiddetto irraggiamento per
eccitazione o per luminescenza) consiste nello spontaneo ritorno di un elettrone legato
di un atomo al suo livello energetico stazionario da un livello più alto in cui esso sia
venuto a trovarsi; in tale transizione viene emesso un fotone la cui energia è pari alla
differenza ΔE tra i livelli in questione e la cui frequenza ν è pari ΔE/h, essendo h la
costante di Planck. I fotoni emessi in questi atti spontanei d'irraggiamento non sono
correlati fra loro: la radiazione così emessa è intrinsecamente coerente. Per quanto
riguarda la coerenza, ci si riferisce a due particolari aspetti: la coerenza spaziale e la
coerenza temporale. Entrambi esprimono una misura riferita al campo elettromagnetico;
la prima riguarda la correlazione tra i valori che esso assume in punti diversi nello
spazio, mentre la seconda è relativa alla correlazione tra i valori assunti in istanti
temporali diversi. Nell'emissione stimolata, a differenza dell'emissione spontanea, la
13
fase del fotone che induce l'emissione viene mantenuta uguale nel fotone emesso,
garantendo dunque coerenza sia spaziale che temporale al fascio di luce. In questo caso
difatti l'elettrone, in conseguenza dell'interazione, si diseccita ed emette un fotone
coerente con quello che ha stimolato l'emissione.
Altre due proprietà che un laser possiede sono la monocromaticità e la direzionalità.
La prima si riferisce al fatto che i fotoni emessi sono isofrequenziali, mentre per
direzionalità si intende che l'angolo solido sotteso dal fascio laser è piccolo.
1.3.1 Emissione stimolata
Il fenomeno che permette il corretto funzionamento dei laser è proprio l'emissione
stimolata. Conviene richiamare alcuni concetti riguardo ad essa per semplicità di
trattazione. La radiazione elettromagnetica è costituita da fotoni, ciascuno con energia
pari a E=hν dove ν è la frequenza della radiazione ed è inversamente proporzionale alla
lunghezza d'onda:
(1.14)
Figura 1.9: sistema a due livelli energetici colpito da un fotone
Quando la luce colpisce un materiale, parte della sua energia viene ceduta.
Supponiamo, per semplicità di trattazione, che il materiale in questione investito dalla
radiazione abbia due soli livelli energetici, come in Figura 1.9. Definendo lo stato ad
14
ν=cλ
energia inferiore E1 come stato fondamentale e lo stato ad energia superiore E2 come
stato eccitato, possiamo ricavare il rapporto tra il numero di atomi nello stato
fondamentale e quello nello stato eccitato, all'equilibrio termodinamico alla temperatura
T, tramite la seguente equazione:
(1.15)
dove k è la costante di Boltzmann.
Figura 1.10: possibili interazioni tra livelli energetici e luce
La luce e il sistema atomico possono interagire in tre possibili maniere, mostrate in
Figura 1.10:
• Assorbimento: l'energia ceduta dal fotone ad un atomo che si trova nello stato
E1 può causare la transizione allo stato E
2 con probabilità P
12.
• Emissione spontanea: un atomo dallo stato eccitato può decadere
spontaneamente nello stato fondamentale rilasciando energia sotto forma di
quanto con probabilità P21
.
• Emissione stimolata: un fotone alla frequenza ν21
corrispondente al gap
energetico colpisce il sistema atomico facendo collassare un atomo dallo stato
eccitato allo stato fondamentale, causando la generazione di un fotone alla
medesima frequenza del fotone incidente, il quale non viene assorbito. Si
15
N 2
N 1
=e−E 2−E1
kT
ottengono cosi due fotoni isofrequenziali.
Figura 1.11: sistema a tre livelli energetici
Si nota allora, come nel caso di emissione stimolata, si ottiene una moltiplicazione di
fotoni emessi a seguito dell'interazione iniziale. Nel caso in cui la popolazione al livello
energetico più basso è abbondante, vi sarà un assorbimento; al contrario, se la
popolazione al livello energetico superiore è dominante, vi sarà un'emissione spontanea.
All'equilibrio termodinamico vi sarà verosimilmente una maggioranza di popolazione al
livello E1, in accordo con l'equazione 1.15. Per sfruttare il fenomeno dell'emissione
stimolata si ha dunque bisogno di un inversione di popolazione, impossibile per un
sistema atomico a due livelli. Si può dunque ottenere l'inversione di popolazione
utilizzando un sistema atomico con almeno tre livelli energetici come quello in Figura
1.11.
Per fare in modo che il livello energetico E2 sia maggiormente popolato rispetto al
livello E1, si sfrutta la diversità dei tempi di vita medi dei vari livelli d'energia.
Sottoponendo il sistema atomico ad una radiazione luminosa di frequenza ν31, gli atomi
dello stato E1 si eccitano raggiungendo lo stato instabile E3. Questa prima parte del
processo è chiamata pompaggio.
Dopodiché l'atomo eccitato decadrà nello stato energetico inferiore E2 con una
costante di tempo molto rapida. Solitamente l'energia rilasciata viene trasferita sotto
16
forma di moto vibrazionale al materiale circostante e non come fotone emesso. Facendo
in modo che τ32<<τ21 , si riesce ad ottenere un'inversione di popolazione, cioè N2 > N1,
così da poter innescare l'amplificazione ottica e, quindi, l'effetto laser alla frequenza ν21.
Questo metodo richiede un pompaggio molto elevato, risultando quindi inefficiente. Un
sistema migliore prevede quattro livelli energetici, con funzionamento simile al
precedente. In questo caso avviene un pompaggio di elettroni dal primo al quarto livello
energetico, a cui segue una transizione molto rapida al terzo livello permettendo così di
innalzarne il tasso di popolazione (N3 > N2). Se il decadimento energetico fosse lento a
partire da E3 e veloce a partire da E2, si otterrebbe un buon livello di inversione di
popolazione.
Figura 1.12: sistema a quattro livelli energetici
17
Figura 1.13: cavità di Fabry-Perot
1.3.2 Cavità ottica
Avendo visto come realizzare un materiale amplificatore, che sfrutta l'inversione di
popolazione nei livelli energetici, si può generare il fascio laser inserendo il materiale
all'interno di una cavità ottica, causando una reazione positiva e, quindi, un'oscillazione.
Una semplice cavità ottica è rappresentata dalla cavità a specchi piani e paralleli, o
altrimenti conosciuta come cavità di Fabry-Perot, mostrata in Figura 1.13. Il fascio
viaggia avanti e indietro riflettendosi negli specchi e amplificandosi nel passaggio
all'interno del materiale attivo. Indicando con I l'intensità luminosa, l'amplificazione per
unità di lunghezza nel materiale attivo è definita come:
(1.16)
dove σ è la cross section di emissione. Per un materiale di lunghezza l si ottiene un
guadagno ottico pari a:
(1.17)
Il fascio laser in uscita si ottiene rendendo uno dei due specchi parzialmente
trasparente, in modo che parte della radiazione esca dalla cavità. L'oscillazione si
18
dIdz
=σ(N 2−N 1) I
G=I (l )I (0)
=eσ(N 2−N 1)l
innesca quando il guadagno del materiale attivo supera le perdite della cavità in un giro
completo, o round trip :
(1.18)
valida considerando come uniche perdite la riflettività parziale degli specchi R1 e R2.
Figura 1.14: round trip ottico all'interno della cavità di Fabry-Perot
1.3.3 Laser a semiconduttore
In commercio esistono diversi tipologie di laser a semiconduttore; da un punto di
vista fisico, queste differiscono sia dal processo di realizzazione sia dalla struttura finale
del dispositivo stesso. I parametri su cui si può agire per modificare le caratteristiche di
un diodo laser sono il tipo di cavità ottica impiegata e la forma degli specchi
semiriflettenti necessari a realizzare la retroazione ottica. In base a queste due
caratteristiche peculiari, la maggior parte dei laser a semiconduttore in commercio
rientrano in tre categorie principali:
1) laser Fabry-Perot
2) laser DFB
3) laser VCSEL
La prima categoria di laser, quella a Fabry-Perot, è costituita dalla classica
configurazione con cavità orizzontale con specchi piani, come mostrato in figura 1.15:
19
G2=
1R1 R2
Figura 1.15: schema illustrativo di un laser Fabry-Perot
Il principio di funzionamento è analogo a quello di un oscillatore elettronico. La luce
presente in cavità stimola alcuni atomi, preventivamente eccitati dalla corrente di
pompa, ad emettere un fotone con la stessa fase e frequenza de quello incidente; si crea
così un fenomeno simile ad una valanga ottica caratterizzato da un certo guadagno per
unità di lunghezza e solo le perdite nel materiale e quelle utili (luce uscente) limitano la
potenza emessa. I due specchi ai lati estremi della cavità permettono l’instaurarsi di uno
o più modi di oscillazione stabili (onde stazionarie) realizzando una sorta di retroazione
positiva.
Il guadagno d’anello del laser, che in condizioni stazionarie è unitario, è espresso
nella relazione 1-19 dove R1 e R2 sono le riflettività degli specchi, g è il guadagno per
unità di lunghezza, αi sono le perdite per unità di lunghezza, n è l'indice di rifrazione del
mezzo e L è la lunghezza della cavità.
(1.19)
In condizioni ideali, ovvero con guadagno g costante in frequenza, s’instaurerebbero
20
Gloop=egL eα i L √R1 R2 e− j4π nL
λ
infiniti modi longitudinali spaziati in frequenza della quantità ΔνFSR
, pari a:
(1.20)
Figura 1.16: in a) sono mostrati i possibili modi oscillanti in una cavità ideale e in b) lo spettro
della luce con effetto filtrante da parte del materiale attivo
Tuttavia, a causa della ristretta banda di g, solo alcuni modi “vedono” un guadagno
d'anello maggiore di uno mentre tutti gli altri sono filtrati; il risultato è che il fascio di
luce in uscita presenta solo alcuni modi, o addirittura uno solo (Figura 1.16b). La
condizione di monomodalità è scritta nella relazione 1-20:
(1.21)
La seconda categoria di laser è chiamata DFB (Distribuited Feeb-Back). Il principio
di funzionamento è simile a quello del Fabry-Perot ma con la differenza che non sono
presenti due specchi separati e definiti bensì è inserito uno strato corrugato adiacente
allo strato attivo che crea una perturbazione periodica dell’indice di rifrazione, come
illustrato nello schema in Figura 1.17. Questo meccanismo, detto riflessione di Bragg,
dà origine ad una retroazione distribuita lungo la cavità stessa. La realizzazione di questi
dispositivi è molto raffinata e questo incide sul costo finale.
21
ΔνFSR=c
2nL
BW g⩽c
2L
1.17: schema illustrativo di un laser DFB
L'ultima categoria principale di laser prende il nome di VCSEL (Vertical Cavity
Surface Emitting Laser). Questi dispositivi, a differenza dei precedenti, hanno l'asse
ottico posto lungo la stessa direzione di propagazione di corrente e in Figura 1.18 ne è
schematizzata la struttura.
Le dimensioni della cavità dei laser VCSEL sono molto inferiori alle dimensioni
laterali del dispositivo e la luce è emessa dalla superficie anziché dai bordi laterali. Data
la ridotta cavità, a pari guadagno g occorre aumentare la riflettività degli specchi al fine
di poter avere un guadagno d’anello maggiore di uno; per questo motivo sono realizzati
specchi composti da parecchi strati dielettrici (circa una trentina) con indice di
rifrazione alternato di spessore pari a λ/4. Sostanzialmente sono due riflettori di Bragg,
posti però verticalmente.
La principale limitazione di questo dispositivo è la bassa potenza di emissione per
via degli specchi fortemente riflettenti ma date le sue ridotte dimensioni è possibile
affiancare più diodi laser per aumentare la potenza totale del fascio ottico creando un
sistema di elementi attivi. La caratteristica che premia i VCSEL è la ristretta larghezza
di riga dell’unico modo oscillante; proprio grazie alle sue ridotte dimensioni di cavità, la
distanza spettrale tra i modi ΔνFSR
risulta essere tipicamente maggiore della banda del
22
guadagno BWg. Questi dispositivi sono tuttora in fase di grande sviluppo e possono
certamente trovare impiego in possibili sviluppi futuri per i vibrometri laser.
Figura 1.18: schema di un laser VCSEL
23
Capitolo 2
Interferometria a retroiniezione
In questo capitolo viene trattata la tecnica interferometrica a self-mixing o
retroiniezione, oggetto di questa tesi. Si parte dai fondamenti fisici per arrivare a
comprendere con che tipo di segnale ottico si interfaccia il fotodiodo posto a valle. Sarà
quindi chiaro quali sono le zone ottimali di funzionamento per questo tipo di
applicazione. Infine, visto il largo uso di dispositivi laser nel presente elaborato, sono
presentante le classi di sicurezza che li contraddistinguono.
24
2.1 Teoria del self-mixing
Nel Capitolo 1 sono stati evidenziati gli svantaggi presentati da una configurazione
interferometrica classica. La complessità delle ottiche impiegate con il conseguente
aumento di prezzo e ingombro, sono fattori che ne limitano gli impieghi a
strumentazioni di nicchia. Si pensi ad esempio ai rilevatori di onde gravitazionali,
terrestri e non, che seppur basandosi sulla classica configurazione di Michelson, hanno
raggiunto complessità impensabili da implementare in un dispositivo commerciale. Nel
1978 è stata presentata per la prima volta una nuova tecnica interferometrica chiamata a
retroiniezione o self-mixing, la quale si presta bene alla realizzazione di un sistema
pratico ed economico. Infatti è costituito da un diodo laser, un'ottica di collimazione e
un fotodiodo che spesso è quello di monitor, già presente nello stesso chip del laser
(vedi figura 2.1). A differenza di ciò che accade in un interferometro convenzionale,
l'interferenza avviene all'interno della cavità laser tra il campo ottico interno e il fascio
ottico retroiniettato dal bersaglio esterno. Infatti il fascio laser viene focalizzato o
collimato dalla lente sul bersaglio, una parte della luce riflessa rientra nella cavità del
laser percorrendo lo stesso cammino ottico, dando origine a un battimento con l'onda
già presente.
Figura 2.1: configurazione a self-mixing
Il campo elettrico Er dovuto alla luce retroiniettata si combina con il campo elettrico
25
E0
presente a causa della radiazione emessa. Il campo Er risulta avere uno sfasamento
pari a:
(2.1)
Come si vede in Figura 2.2, è possibile identificare il campo elettrico E0 oscillante nella
cavità come un vettore rotante nel piano delle fasi e scomporre Er nelle sue componenti
in fase e quadratura, le quali causano la modulazione sia in frequenza (FM) che in
ampiezza (AM) del campo elettrico emesso dalla sorgente E0. L'attenuazione dovuta al
cammino ottico è identificata da α.
Una descrizione accurata del sistema ottico richiederebbe di risolvere le tre
equazioni differenziali sviluppate da Lang e Kobayashi nel 1980. Queste equazioni
valutano le variazioni temporali del campo elettrico, del numero di atomi eccitati e della
fase dell’onda in funzione dei parametri fisici del diodo come il tempo di decadimento,
il tempo di round trip esterno, ecc. Questo però è molto complesso e, per semplicità
di trattazione, mi limiterò ad un'analisi quantitativa del primo ordine del sistema che,
comunque, restituisce un'idea chiara del funzionamento della tecnica a self-mixing.
Figura 2.2: modulazione AM e FM del campo elettrico sorgente
26
ϕ=2ks
Figura 2.3: round trip ottico del fascio luminoso
Si faccia riferimento al round trip ottico schematizzato in Figura 2.3. Il campo
elettrico di ritorno che si somma a quello iniziale è dato dalla somma di due contributi:
quello classico dato dalla riflessione dello specchio al lato opposto della cavità e quello
dato dalla riflessione (o diffusione) dovuta al target, mostrato dall’equazione:
(2.2)
dove s’indica con r1 la riflettività dello specchio di uscita, con γ il guadagno netto per
unità di lunghezza (già privato dalle perdite), con L la lunghezza della cavità e con a il
fattore di riflessione (o diffusione) della superficie del target. Di conseguenza il
guadagno d’anello risulta essere:
(2.3)
Come ogni oscillatore, per far si che si instauri un’oscillazione permanente nel tempo
è necessario che sia rispettato il criterio di Barkhausen. Dunque è necessario imporre
delle condizioni sul modulo e sulla fase che assume il guadagno d'anello:
27
E '=Er1 r2 e2γ L e j2kL+α e j2ks
Gloop=r1 r 2 e2 γL e j2kL+αe j2ks
(2.4)
In assenza di retro iniezione, ovvero con coefficiente α nullo, si ritrovano le stesse
equazioni di un normale laser in cui il guadagno uguaglia le perdite:
(2.5)
k=2πnl
ν0
cè il numero d'onda e ν0=N
c2n l
L sono i modi di risonanza.
Se invece la frequenza reale devia da quella di risonanza propria, la frazione di 2kL
in eccesso rispetto ad un multiplo di 2π può essere espressa come:
(2.6)
e in un interferometro di Fabry-Perot all’aumentare della lunghezza di cavità L, la
frequenza di risonanza diminuisce. Pertanto, attorno ad un punto di lavoro vale la
relazione differenziale:
(2.7)
In presenza di retro iniezione invece (quindi con coefficiente α non nullo), l’espressione
2.3 diventa:
(2.8)
Ipotizzando che il termine di deviazione di frequenza (ν-ν0) sia abbastanza piccolo da
28
{∣G loop∣=1ϕloop=0
{∣G loop∣=r1 r 2 e2γ L=1
ϕloop=2kL=N2π
2kL=4π nl Lν−ν0
c
Δ LL
=Δλλ
=−Δνν
r1 r 2 e2 γL sin (4π nl Lν−ν0
c)+α sin (2ks)
considerare sin(x) ≈ x e mettendo l'equazione 2.8 a sistema con le equazioni presenti in
2.5, si riscrive la condizione di risonanza sostituendo i parametri:
(2.9)
(2.10)
Indicando con ν' = ν – ν0 la perturbazione della frequenza reale rispetto a quella
ideale, la modulazione della frequenza vale:
(2.11)
Figura 2.4: perturbazione della frequenza reale rispetto a quella ideale
29
(ν−ν0)+[c
4πn l Lα sin(
4π s ν0
c)]=0
ν '=c
4π nl Lα sin(
4π s ν0
c)
2ks=4π s νc≈4π s
ν0
c
Rappresentando su un grafico Figura 2.4 la frequenza reale υ0 rispetto a quella
imperturbata e allo spostamento s del target, si ottiene una sinusoide sovrapposta alla
bisettrice del primo quadrante; si noti come la funzione sia periodica di 2π, equivalenti a
spostamenti s pari a λ\2.
In base alle equazioni di Barkhausen (2-5) si può esprimere la distanza del target
come un multiplo intero di λ\2 sommato allo scarto Δs:
(2.12)
Dal grafico in Figura 2.4 si vede che spostando il target della quantità Δs la
frequenza reale varia ed assume il valore dato dall'intersezione tra il segmento
tratteggiato e la curva. Nel caso in cui l'ampiezza della sinusoide sovrapposta sia
sufficientemente piccola, il punto di intersezione sarà univoco e si dice essere in regime
di bassa iniezione; nel caso invece di ampiezze maggiori di una certa soglia vi possono
essere tre o più punti di intersezione rappresentanti la frequenza reale ν ed è possibile
determinare quello effettivo soltanto mediante la conoscenza delle condizioni del laser
precedenti allo spostamento Δs. In questo caso si dice essere in regime di alta iniezione
e applicando al bersaglio uno spostamento crescente, si noteranno dei bruschi salti di
frequenza in concomitanza dei punti di intersezione multipli. Se, invece, la pendenza
relativa al punto centrale di intersezione del grafico fosse nulla, avrei un caso
intermedio che demarca gli altri due casi; matematicamente bisogna imporre:
(2.13)
da cui risulta AB = 1. Sostituendo i parametri fisici nell’equazione precedente, risulta:
(2.14)
30
{d ( y= x+A sin(Bx ))
dx=0
Bx=π
s=N λ2+Δ s
c4πn l L
α4π s
c=
α snl L
=1
A questo punto si definisce il fattore C (2.15) come indice della retro iniezione del
sistema interferometrico a self-mixing, pari a:
(2.15)
Nel caso particolare di utilizzo di sorgenti a semiconduttore l’espressione diventa:
(2.16)
dove il termine aggiuntivo αen rappresenta il fattore di allargamento di riga che
tipicamente assume un valore variabile tra 2 e 6.
A seguito di uno spostamento del bersaglio, oltre ad una modulazione della frequenza
di oscillazione, si ottiene anche una modulazione della potenza ottica emessa; più
precisamente, apportando al bersaglio uno spostamento a velocità costante nel tempo, si
nota che l'intensità del fascio assume un andamento periodico a “frange” descritto
dall'espressione 2.17
(2.17)
dove P0 è la potenza del laser senza retro iniezione, m viene detto indice di modulazione
e rappresenta l'ampiezza del segnale a frange sovrapposto al termine costante, φ=2ks è
lo sfasamento tra l'onda emessa e quella retro-iniettata ed infine F( φ) è una funzione
periodica con periodo 2π e ampiezza normalizzata fra -1 e 1.
La forma d'onda della funzione F(φ) e il valore di m dipendono fortemente dal fattore
C, quindi dalle caratteristiche fisiche del sistema ottico. Verranno esposti quattro casi
principali:
• C>>1
Questa condizione di funzionamento presenta una retro-iniezione ottica molto
debole, proprio perché la quantità di potenza ottica rientrante in cavità è molto
31
C=α sn l L
P (ϕ)=P0[1+mF (ϕ)]
C=α s√1+αen
2
n l L
Figura 2.5: F(Φ) per diversi valori di C
ridotta a causa, ad esempio, di un'alta riflettività degli specchi in cavità o di bassi
coefficienti di riflessione/diffusione della superficie del bersaglio. La forma
d'onda F(φ) sarà una sinusoide con ampiezza ridotta.
• 0.1<C<1
Si dice che il laser opera in regime di debole retro iniezione. La forma d'onda
F(φ) inizia a distorcersi come mostrato in Figura 2.5 in alto a destra. La maggior
parte dei casi pratici di funzionamento si trova in questa condizione.
• 1<C<4.6
Il laser funziona con una moderata retro-iniezione. Per questi valori di C vi sono
3 punti d'intersezione nel grafico 2.4 e quindi sono presenti bruschi salti di
potenza ottica. Come si nota dalla Figura 2.5 in basso a destra, il sistema è di
natura bistabile con due stati stabili ed uno instabile (che non si raggiunge se
non nell’istante iniziale). Sperimentalmente si nota che anche questa zona di
funzionamento è frequente.
• C>4.6
Infine, se la luce retro-iniettata è al limite pari a quella incidente, lavorando a
grandi distanze e in un punto in cui lo speckle ha potenza massima, si dice essere
32
in zona di forte retro iniezione e vi sono cinque o più punti di equilibrio.
Tuttavia non tutte le sorgenti a diodo laser riescono a lavorare in questa zona
poiché si manifestano forti non linearità; ad esempio l’onda emessa dal laser
subisce salti casuali di fase rendendo di fatto quasi impossibile effettuare misure
interferometriche.
Figura 2.6: segnale a frange per differenti valori di C
Nella figura 2.6 è mostrato il segnale di comando del bersaglio e i rispettivi segnali
interferometrici a frange al variare del parametro di regime di retroiniezione C .
Ciascuna frangia corrisponde ad uno spostamento del bersaglio Δs=λ/2. La distorsione
della funzione F(Φ) consente di risolvere il problema dell’ambiguità del verso di
spostamento del bersaglio, grazie alla forma a dente di sega del segnale che ne include
l’informazione, non rendendo così necessario l’utilizzo di un secondo canale di misura
interferometrico.
Altri vantaggi del self-mixing oltre quello appena visto, sono la semplicità strutturale
in quanto non necessita di un canale ottico di riferimento, ma l’informazione dello
33
spostamento è contenuta nella potenza ottica emessa dalla sorgente. Per effettuarne la
lettura , si può quindi utilizzare un fotodiodo di monitor spesso già presente nel package
del laser. In alternativa è possibile leggere il segnale in qualunque parte del fascio,
anche dalla parte del bersaglio. Infine, la superficie del bersaglio e l’allineamento ottico
non sono particolarmente critici al fine di ottenere una misura valida e la banda di
misura risulta essere di qualche MHz.
2.1.1 Applicazioni dell'interferometria a retroiniezione
Utilizzando l'interferometria a retroiniezione è possibile effettuare misure per diverse
applicazioni:
▪ Misure di distanza assoluta e spostamenti: è un argomento trattato
nelle tesi precedenti a questa, vedere la bibliografia per riferimenti.
▪ Vibrometria: Si basa sul principio di aggancio a metà frangia
interferometrica tramite un apposito circuito elettronico retroazionato che
agisce sulla lunghezza d’onda del laser, consentendo di misurare
vibrazioni con risoluzioni minori di λ/2.
▪ Velocimetria: se il bersaglio si muove ad una velocità costante v con un
angolo θ rispetto al fascio laser, il segnale di modulazione diventa:
(2.18)
dove 2πωD è la frequenza Doppler. La velocità del bersaglio si può
ricavare dallo spettro in frequenza della fotocorrente sul fotodiodo Iph=σP
2.2 Classi di sicurezza dei laser
Avendo a che fare con sorgenti laser, è importante conoscere i danni che le sorgenti
laser possono provocare, in particolar modo quelli che coinvolgono gli occhi, per
34
P=P0 cos[ω f
c2v t cos(θ)]=P0 cos(ωD t)
garantire lo svolgimento del lavoro in sicurezza. Per questo motivo esiste una normativa
che classifica la pericolosità di una sorgente laser, dividendole tra sette classi.
Figura 2.7: Classi di sicurezza dei laser
• Classe 1: il laser è sicuro nelle condizioni di funzionamento previste, incluso
l’utilizzo di strumenti ottici per la visione del fascio.
• Classe 1M: il laser che emette nell’intervallo di lunghezza d’onda tra 5nm e
4000nm sono sicuri nelle condizioni di funzionamento previste, ma possono
rivelarsi pericolosi se si utilizzano ottiche di osservazione all’interno del fascio.
• Classe 2: comprende i laser che emettono nell’intervallo di lunghezza d’onda
compreso tra 400nm e 700nm. Le reazioni di difesa naturali, come il riflesso
palpebrale, sono sufficienti, incluso l’utilizzo di strumenti ottici per la visione
del fascio, ma l’osservazione prolungata è da evitare.
• Classe 2M: comprende la stessa tipologia di laser della classe 2, con la
differenza che è potenzialmente pericoloso quando si utilizzano ottiche di
osservazione all’interno del fascio.
• Classe 3R: ne fanno parte i laser che emettono nell’intervallo di lunghezza
d’onda compreso tra 302.5nm e 106 nm. La visione diretta del fascio è
35
pericolosa. Da questa classe in poi deve essere affissa una targhetta in prossimità
di ogni apertura attraverso la quale viene emessa una radiazione laser, inoltre il
personale addetto deve essere formato in modo specifico.
• Classe 3B: simile alla classe 3R. Si sconsiglia l’esposizione al fascio, inoltre
bisogna adottare i necessari provvedimenti per l’accesso alla zona laser.
• Classe 4: ne fanno parte i laser pericolosi in caso di visione diretta e che sono in
grado di produrre riflessioni diffuse pericolose. Possono causare lesioni alla
pelle e costituiscono pericolo d’incendio. Sono da utilizzare in zone confinate.
36
Capitolo 3
Struttura hardware del sistema
In questo capitolo sono analizzate le componenti fisiche del sistema. Dapprima è presa
in considerazione la scheda analogica, viene spiegata la scelta dei componenti dello
stadio di polarizzazione e della transimpedenza. E' affrontato poi uno studio di stabilità
in frequenza della scheda, che viene così caratterizzata in banda. Dopo l'analisi del
circuito analogico, si considera la parte digitale del sistema e, infine, è trattato il
modulo ottico utilizzato.
37
3.1 Componenti principali della scheda analogica
La struttura fisica del sistema è divisa in tre parti principali: la scheda analogica, il
microcontrollore e il modulo ottico. La prima ha il compito di polarizzare il laser in una
zona corretta di funzionamento e di amplificare il segnale interferometrico in corrente
emesso dal fotodiodo; il microcontrollore elabora il segnale digitalmente, secondo
alcuni algoritmi implementati, per poi passare ad una successiva elaborazione e
visualizzazione grafica del risultato su personal computer. In questa sezione sarà
analizzata la scheda analogica che, per semplicità di trattazione, è stata divisa in più
parti. La sua versione completa è visibile in figura 3.1. Essa è stata sviluppata tenendo
in considerazione le specifiche che accomunano le sorgenti DFB, ovvero sostenute
correnti di pompaggio.
• Alimentatore laser:
lo stadio che polarizza il laser fornendogli la corrente di pompaggio. Non
avendo una sorgente fissata, è importante che si possa cambiare tale corrente
facilmente in un range che varia da 30 mA a 100 mA.
• Ramo di lettura:
serve a polarizzare correttamente il fotodiodo.
• Stadio di preamplificazione:
esegue un’amplificazione del segnale a frange.
• Stadio fully differential:
esegue un'ulteriore amplificazione del segnale e presenta un'uscita differenziale.
38
Figura 3.1: circuito analogico completo
39
3.1.1 Alimentatore laser
Figura 3.2: schema dell'alimentatore laser
Si è scelto di alimentare il circuito con una tensione Vdd= 5V per avere sufficiente
dinamica, considerato che la maggior parte dei laser presenta una caduta di tensione
diretta intorno ai 2V . Il regolatore di tensione scelto è il LM 7805C, alimentato a 8V ,
che garantisce fino a 1A di corrente in uscita. I condensatori di livellamento, elettrolitici
e ceramici, servono a garantire una tensione di alimentazione più stabile, riducendo i
fenomeni di ripple, in particolare C53 è richiesta se il regolatore si trova ad una distanza
notevole dal filtro d’alimentazione.
È stato utilizzato l’amplificatore operazionale MCP6021 realizzato dalla Microchip,
che garantisce una banda pari a 10MHz. Si sono seguiti i valori consigliati dal datasheet
per quanto riguarda le capacità di alimentazione C8 e C9. Il morsetto positivo
dell’amplificatore operazionale è polarizzato ad una tensione data dalla partizione
resistiva:
(3.1)
40
V plus=R9+R10
R8+R9+R10
V dd
Essendo l’operazionale retroazionato negativamente, la tensione si riporta con lo
stesso valore su Vminus
e quindi ai capi di R12. In questo modo si fissa la corrente di
polarizzazione pari a:
(3.2)
La corrente che scorre su R11
è la stessa che scorre sul laser polarizzandolo. Si utilizza
il BJT npn BC850, per fornire la corrente necessaria per la polarizzazione, che potrebbe
altrimenti essere limitata dalla massima corrente erogabile dall’amplificatore. La
resistenza R12
ha funzione di protezione del laser.
Il ruolo del trimmer in questa applicazione risulta essere di fondamentale importanza
non solo per quanto appena visto in polarizzazione, ma anche perché consente la scelta
del punto di lavoro ottimo del laser.
3.1.2 Ramo di lettura
Figura 3.3: schema del ramo di lettura
41
I pol=V minus
R11
Questa sezione del circuito è utilizzata per effettuare la lettura della corrente sul
fotodiodo. In Figura 3.4 è mostrato il modello equivalente del fotodiodo di monitor,
costituito da un diodo, da una capacità Cd che rappresenta la capacità parassita della
zona di svuotamento, da Rs che rappresenta la resistenza del materiale semiconduttore e
dei contatti e da Rd rappresentante la resistenza di buio del fotodiodo. Nel caso di
tensione inversa applicata ai capi della giunzione il valore assunto dalla capacità
parassita Cd dipende da essa come:
(3.3)
dove Vr è la tensione inversa applicata alla giunzione, mentre φb è la tensione di built
in. Dai valori dichiarati sui datasheet, la capacità parassita risulta essere dell’ordine
delle decine di pF , per cui è preferibile disaccoppiarla dallo stadio a transimpedenza
successivo, in quanto ne avrebbe limitato le prestazioni in banda. Per questo motivo è
stato inserito un BJT npn BC850 che presenta una capacità collettore base Ccb
< 1pF. La
base del transistor è alimentata a metà dinamica, attraverso un partitore resistivo
costituito da R22
e R23
. Le resistenze R20 e R21 polarizzano il BJT, facendogli portare IBJT
= 0.85 mA, fissando:
(3.4)
in modo che il segnale proveniente dal fotodiodo entri tutto nel transistor.
Figura 3.4: Modello del fotodiodo di monitor
42
Cd=C d0
√1+V r
ϕb
1gm
=V th
I BJT
≈30Ω≪R20
3.1.3 Stadio di preamplificazione
Figura 3.5: schema della transimpedenza
Questa parte ha il compito di preamplificare il segnale a frange proveniente dal
fotodiodo, stando attenti ad avere una banda sufficiente affinché il segnale non venga
deteriorato. E' stato scelto l’OPA356 della Texas Instruments, che garantisce una banda
sufficiente per l’applicazione. Esso è polarizzato circa a metà dinamica in modo da
consentire la massima escursione del segnale. z
E' necessario studiare il comportamento in frequenza dello stadio poiché, in presenza
di un guadagno sostenuto, la banda passante potrebbe soffrirne, tenuto conto del trade-
off banda/guadagno di un circuito amplificante come questo. Si procede dunque con il
suo studio accurato, al fine di ottenere le prestazioni desiderate.
Un modello dello stadio utilizzato è mostrato in Figura 3.6. La capacità Cs è la
somma della capacità del fotodiodo ( Cd ), la capacità dell'amplificatore ( C
cm ) e la
43
Figura 3.6: modello della transimpedenza
capacità ( Cdiff
). Si procede quindi con il calcolo del guadagno d'anello (Gloop) del
circuito:
(3.5)
dove
(3.6)
è il guadagno ad anello aperto dell'amplificatore operazionale, mentre β(s) è il guadagno
del ramo di retroazione. Per il calcolo di quest'ultimo basta tagliare l'anello, porre un
generatore di tensione di test e trovare che tensione si sviluppa nel nodo di terra virtuale.
Troviamo:
(3.7)
44
GLOOP (s)=−A(s)β(s)
A(s)=A0
1+s τ0
β−1(s )=(1+R f
Rd
)(1+s τz1
1+s τ p1
)
(3.8)
Con Cs (somma delle capacità parassite) circa pari a 3 pF, RF = 20 kΩ, RD = 1kΩ, CF
= 2,7 pF ottengo il polo della funzione β(s) a circa 3 MHz e il suo zero ad una
frequenza fZ = 28 MHz. Nel diagramma di Bode, visibile in figura 3.7, sono
rappresentate le funzioni β(s) e A(s) (vedi equazione 3.6). La distanza tra le due
rappresenta il guadagno d'anello del sistema GLOOP(s) e il polo fP = 3 MHz di β(s) è
anche quello del guadagno reale. L'angolo di incontro tra β(s) e A(s) è -20 dB/dec sia a
sinistra che a destra, si può dire allora che il sistema è stabile. Il valore di guadagno
della transimpedenza che si ottiene è pari a RF = 20 kΩ.
A0≈100
A(s)
80
60
40 β(s) 1+RF/Rs =21 20 fP≈3 Mhz ≈2.8 0 fZ≈28 MHz
-20 1 kHz 10 kHz 100kHz 1 MHz 10 MHz 100 MHz 1 GHz
Figura 3.7: diagramma di Bode del modulo di A(s) e β(s)
45
τ z1=R f Rd (C s+C f )
R f+Rd
τ p1=R f C f
3.1.4 Stadio fully-differential
Figura 3.8: schema dello stadio fully-differential
Lo stadio successivo consiste in un amplificatore fully differential, che ha due
principali funzioni: amplificare leggermente il segnale interferometrico e trasformare il
segnale single ended in differenziale. È stato scelto un OPA2356 della Texas
Instruments perchè è caratterizzato da GBWP sufficiente, nonché da un’alta linearità e
reiezione dei disturbi alle frequenze di interesse. La topologia differenziale è utile in
quanto consente di risentire meno dei fenomeni di ground bounce e dei disturbi
sull’alimentazione. Avendo cammini differenziali vicini e simmetrici, gli accoppiamenti
induttivo-capacitivi sono di modo comune e non vengono trasmessi verso lo stadio
successivo. Inoltre, seguendo il datasheet, sono state inserite delle capacità di
decoupling in modo da assicurare che la tensione Vo,cm risultasse stabile e senza
rumore.
I valori delle resistenze e delle capacità sui due rami sono stati scelti simmetrici,
ottenendo così un guadagno pari a:
46
(3.9)
In particolare le resistenze sono state dimensionate in modo da ottenere un guadagno
Gfully = 20.
In figura 3.9 è visibile la scheda analogica finale implementata in laboratorio.
Figura 3.9: scheda analogica
3.2 Sezione digitale
Per l’acquisizione e l’analisi del segnale interferometrico si è utilizzato il
microcontrollore STM32F405RG prodotto da STMicroelectronics, in quanto ritenuto il
più adatto per l’elaborazione mixed signal. Esso è basato su un microprocessore ARM
Cortex-M4 a 32 bit con frequenza di clock che raggiunge i 168MHz e set di istruzioni
DSP. È stato preferito l’utilizzo di un microcontrollore piuttosto che una FPGA in
quanto è stato ritenuto vantaggioso a livello di costo, ingombro e per la sua integrabilità
direttamente nella PCB.
47
G fully=R27
R26
=R29
R28
La sezione digitale occupa una scheda separata rispetto alle sezioni viste finora, con
lo scopo di tenere separata l’area digitale dall’area analogica più critica. In figura 3.10 è
visibile la scheda realizzata. Sono presenti due regolatori di tensione TPS73233DBVT
che stabilizzano la tensione di alimentazione a Vdd = 3.3V , uno per l’area analogica,
l’altro per la digitale. Nell’area analogica si trova l’amplificatore alle differenze
OPA365 che completa l’amplificazione e il filtraggio del segnale, riportandolo single
ended in ingresso all’ADC. Il guadagno dell’amplificatore alle differenze è stato deciso
dopo uno studio sulle ampiezze delle frange, in maniera tale che all’ingresso dell’ADC
il segnale fosse massima dinamica disponibile. L’acquisizione del segnale
interferometrico avviene facendo campionare a 8 bit in parallelo i tre ADC presenti nel
microcontrollore, sfruttando la massima frequenza di campionamento disponibile fc =
8.4 Msps.
Il segnale così campionato ed elaborato viene trasmesso dal dispositivo FTDI
FT232R (figura 3.12) al PC tramite interfaccia USB, dove poi verrà processato con il
software LabView. In figura 3.11 è visibile lo schematico completo dei pin del
microcontrollore.
Figura 3.10: microcontrollore e parte analogica di controllo
48
Figura 3.11: schematico del microcontrollore
Figura 3.12: dispositivo FTDI
49
3.3 Modulo ottico
In lavori precedenti sono state provate diverse sorgenti. Tra queste è stato scelto il
modulo laser WLSD-1550-020m-1-PD per il suo buon rapporto segnale rumore e per la
facilità di modularne la lunghezza d'onda. Si tratta di un laser DFB con fotodiodo di
monitor integrato, prodotto dalla Wavespectrum, la cui struttura è visibile in Figura
3.13.
Figura 3.13: struttura del modulo laser/fotodiodo WLSD-1550-020m-1-PD
La sorgente è allineata alla lente per la collimazione, questi due componenti
alloggiano in un supporto di alluminio precostituito, i conduttori del modulo laser
rimangono facilmente accessibili dall'esterno per il collegamento con il sistema
elettronico, Figura 3.14.
Figura 3.14: sistema ottico senza il supporto
50
Il bersaglio è schematizzato con un pallino nero e d è la distanza misurata. Il fascio
ottico è riflesso dal bersaglio e ciò comporta l'effetto di retroiniezione. La lente
utilizzata è prodotta da Thorlabs, il codice del prodotto è C230TMD-C, Figura 2.4.
Figura 3.15: lente C230TMD-C della Thorlabs
Essa ha la funzione di raccogliere tutto il fascio laser della sorgente focalizzandolo a
piacere. E' possibile infatti regolare la posizione del fuoco avvitando o svitando la lente.
51
Capitolo 4
Analisi di segnale e algoritmi di misura
Quest'ultimo capitolo presenta gli algoritmi utilizzati per l'elaborazione del segnale. Si
farà vasto uso della Trasformata Discreta di Fourier e, dunque, ne viene fatto un
richiamo teorico. Dopodiché sarà chiaro il modo in cui sono ottenute le informazioni di
velocità e direzione di spostamento del bersaglio. Infine sono mostrate delle prove
sperimentali di misura eseguite in laboratorio.
52
4.1 Elaborazione del segnale
Alla fine del secondo capitolo si è giunti alla conclusione che l'interferometria a self-
mixing presenta notevoli vantaggi rispetto a varie configurazioni classiche. Dalla teoria
che sta alla base di questa recente tecnologia, risulta che gli spostamenti effettuati da un
bersaglio in movimento vengano mappati in un segnale a frange asimmetriche generato
dal fotodiodo di monitor integrato nel package. Infatti si è visto che viene modulata la
potenza ottica in ingresso al fotodiodo (vedi equazione 2.17). Quest'ultimo genera una
fotocorrente direttamente proporzionale alla potenza ottica:
(4.1)
dove R è detta responsività del fotodiodo ed è un parametro tipico del componente. La
corrente oltrepassa quindi lo stadio di transimpedenza cosicché si ottenga un segnale in
tensione modulato a frange.
Nel capitolo 2 si è evidenziato come ogni frangia rappresenti uno spostamento pari a
λ/2 del bersaglio e all'inversione del verso di spostamento se ne inverte anche
l'orientamento. Con un fattore di retroiniezione C buono per l'applicazione (si considera
ottimale avere C ≈ 1) si riesce facilmente a calcolare la velocità del bersaglio, uno dei
fini di questo elaborato, ed anche il verso di spostamento. In figura 4.1 è rappresentato
un segnale in tensione a frange tipico.
Vediamo ora come esso viene elaborato dal microcontrollore per l'estrazione delle
informazioni che interessano.
Figura 4.1: segnale a frange generato da uno spostamento sinusoidale del bersaglio
53
I ph=RP 0
4.1.1 Fast Fourier Transform (FFT)
Si è visto nel capitolo precedente che il segnale viene campionato dall'ADC in
ingresso ad una frequenza fc= 8.4 Msps, dopodiché avviene l'elaborazione vera e
propria. Sia per il calcolo della velocità che per il calcolo del verso di spostamento del
bersaglio, si è interessati all'estrazione delle armoniche del segnale. Risultando allora
comodo lavorare nel dominio delle frequenze, si procede con il computo della FFT dei
dati in ingresso.
La Fast Fourier Transform rappresenta un algoritmo velocizzato di calcolo della
trasformata discreta di Fourier (DFT). In generale, dato un segnale infinito campionato
nel tempo,
(4.2)
la sua trasformata di Fourier è definita come:
(4.3)
dove ω è la pulsazione continua, misurata in radianti. Lo spettro continuo X (e jω) è
periodico di periodo 2π. Per segnali discreti nel tempo di lunghezza finita, la DFT è
definita come:
(4.4)
dove N è il numero dei campioni. Si può vedere che lo spettro è calcolato unicamente
per le frequenze
54
V k=∑n=0
N−1
v ne− j 2π
Nk n
xn(t )=∑n=−∞
+∞
x (n τ)δ(t−τ)
X (e jω)= ∑
n=−∞
+∞
x (n)e− jωn
(4.5)
L'esistenza di algoritmi veloci per il calcolo della DFT, come detto prima, riduce
notevolmente il numero di calcoli necessari al suo computo. Tra i più famosi si
ricordano gli algoritmi di Runge e Konig e quello di Cooley e Tukey. Questi algoritmi
richiedono O (N log N) operazioni anziché O (N2). Vediamo il funzionamento della FFT
quando il numero di campioni N della DFT è una potenza di due; la DFT richiede di
moltiplicare un vettore a N componenti per la matrice N × N la cui componente alla riga
n e colonna k è:
(4.6)
Secondo la notazione introdotta precedentemente si può dunque scrivere:
(4.7)
Separando la sommatoria in due con i termini di indice pari e quelli di indice
dispari si ottiene:
(4.8)
Poiché vale W N2=W N
2
, si ottiene:
(4.9)
55
X (k )=∑n pari
x (n)W Nkn+ ∑
ndispari
x (n)W Nkn=∑
n=0
N2−1
x (2n)W Nk2n+∑
n=0
N2−1
x (2n+1)W Nk(2n+1)
X (k )=∑n=0
N2−1
x (2n )W N2
kn+W N
k ∑n=0
N2−1
x(2n+1)W N2
kn=X 1(k )+W N
k X 2(k )
ωk=2πN
k
W Nkn=e
− j 2πN
k n
X (k )=∑n=0
N−1
x (n)W Nkn
Dato che X1(k) e X2(k) sono periodiche di periodo N/2 e siccome vale che
W N
k+ N2 =−W N
k , possiamo riscrivere:
(4.10)
Si può osservare che il calcolo di X1(k) e X2(k) richiede (N/2)2 moltiplicazioni di due
numeri complessi, mentre W Nk X 2(k ) richiede N/2 moltiplicazioni. In totale, per il
calcolo di X(k) servono 2(N/2)2 + N/2 moltiplicazioni, ovvero una riduzione di circa un
fattore due, rispetto alle N2 moltiplicazioni richieste dalla DFT. Si può procedere
ricorsivamente applicando la stessa strategia, dimezzando la complessità ad ogni
iterazione. In tale maniera se N = 2p, applicando questo algoritmo, una volta ridotta la
sequenza di ingresso ad un solo campione, la procedura è stata invocata p = log2 N
volte. Il calcolo della trasformata di un vettore con N componenti richiama in maniera
ricorsiva il calcolo della trasformata a due vettori con N/2 componenti con O(N)
operazioni di prodotto e somma aggiuntive. Definendo T(N) come il numero totale delle
operazioni necessarie per il calcolo della trasformata di un vettore con N componenti,
vale che:
(4.11)
la cui soluzione è T (N ) = O(N log N ). È chiaro che con l’algoritmo FFT si è ridotta
notevolmente la complessità, in termini di tempo di calcolo, della trasformata. In
particolare, l’analisi appena esposta, mostra che il calcolo della FFT richiede (N/2)log2N
moltiplicazioni di numeri complessi.
Non è possibile ovviamente prendere un numero infinito di campioni di un segnale
56
X (k )=X 1(k )+W Nk X 2(k )
X (k+N2)=X 1(k )−W N
k X 2(k )
T (N )={0 per N=1
2T(N2) per N>1
nel tempo, perché la DFT richiederebbe un numero infinito di calcoli per la sua
implementazione. È necessario quindi troncare il segnale e prendere un numero finito di
campioni. Supponendo che il segnale sia troncato tramite una finestra temporale
rettangolare, ovvero con ogni campione pesato allo stesso modo, è possibile definire la
durata di tale finestra:
(4.12)
A causa del troncamento del segnale nel tempo e a causa delle repliche dello spettro
ripetute ogni kfs dovute al campionamento del segnale, oltre a dover rispettare il teorema
del campionamento di Nyquist, bisogna far attenzione ad una distorsione in banda base
dovuta a leakage, che causa aliasing. La sequenza finita di N campioni si può
considerare appartenente ad una successione di sequenze di periodo Tw = NTs che si
ripetono indefinitamente dando luogo ad un segnale periodico di frequenza:
(4.13)
Lo spettro della sequenza di campioni risulta costituito da delta spaziate di fw, il cui
valore costituisce quindi la risoluzione in frequenza della DFT.
Figura 4.2: sinusoide campionata e troncata in modo da contenere un numero intero di periodi (in
questo caso 6)
57
T w=NT S
f w=1
T w
Figura 4.3: spettro del segnale in figura 4.2
In caso di segnali periodici la scelta della finestra di troncamento e quella della
frequenza di campionamento sono di particolare importanza. Si consideri una sinusoide
di frequenza f0, campionata ad una frequenza fs che rispetta il teorema del
campionamento. In figura 4.2 è mostrata una finestra temporale Tw , contenente un
numero di periodi T0 del segnale. Quindi, ripetere indefinitamente nel tempo la finestra
di osservazione equivale a riprodurre la forma esatta del segnale originario. In questo
esempio il calcolo della DFT fornisce una rappresentazione corretta dello spettro, con
tutte le componenti nulle, ad esclusione di quella ad f0.
Figura 4.4: sinusoide campionata in modo da contenere un numero non intero di periodi (in
questo caso 6,5)
58
Figura 4.5: spettro del segnale in figura 4.4
Nella figura 4.4 è invece mostrata una sinusoide campionata e troncata in maniera
tale che il numero di periodi del segnale contenuti all’interno della finestra non
corrisponda ad un numero intero. In questo caso la replica del segnale non corrisponde
al segnale originario e, per questo motivo, la DFT presenterà componenti armoniche
non nulle a frequenze diverse da f0. Per limitare questo fenomeno, chiamato spectral
leakage, ci sono diverse possibilità, tra cui quella appena vista di effettuare un
campionamento coerente.
Non essendo però sempre possibile scegliere una finestra di troncamento contenente
un numero intero di periodi, si utilizza un’altra soluzione che consiste nel sostituire la
finestra rettangolare con finestre che presentano una transizione graduale alle estremità,
dette smoothing windows. Le proprietà di una finestra sono determinate dal suo spettro e
derivano dalle caratteristiche del lobo principale, che è il punto più alto nello spettro, e
dalle caratteristiche dei lobi laterali. Un lobo principale stretto aumenta la risoluzione
della frequenza in un’analisi DFT, mentre bassi lobi laterali, garantiscono una riduzione
dello spectral leakage. La finestra con il lobo principale più stretto è quella rettangolare,
che però di contro presenta i lobi laterali più alti. Le altre finestre hanno lobi laterali
inferiori a discapito dell’allargamento del lobo principale. È risaputo che la finestra
rettangolare presenta la miglior immunità al rumore anche se il contributo causato dallo
spectral leakage può talvolta risultare dominante. Le finestre sono divise tra
cosinusoidali e non cosinusoidali. Una delle finestre più semplici ed utilizzate tra le
59
Figura 4.6: Funzione peso della finestra di Hanning
cosinusoidali è quella di Hanning che presenta una funzione peso wn(t) massima al
centro e nulla alle estremità, come si può vedere dalla figura 4.6. Questa peculiarità
consente di eliminare la discontinuità del segnale in caso di campionamento non
coerente. Le finestre cosinusoidali possono essere scritte nella forma:
(4.14)
Figura 4.7: Coefficienti Am per le finestre RVCI
Nella Figura 4.7 sono mostrati i coefficienti delle finestre appartenenti alla
RifeVincent Class-I, di cui fanno parte la finestra rettangolare, per M = 0, e la finestra di
Hanning, per M = 1. Le finestre cosinusoidali sono composte dalla somma di finestre
60
wn={∑m=0
M
(−1)m Am cos(2πN
mn) per 0≤ n≤ N
0 per 0>n ≥ N
rettangolari modulate in frequenza, perciò il loro spettro può essere descritto come:
(4.15)
dove ωn = (2π/N) e WR è lo spettro della finestra rettangolare:
(4.16)
Come mostrato nell’equazione 4.13, lo spettro del segnale campionato e troncato è
costituito da un pettine di toni spaziati in frequenza di fw, definendo la risoluzione del
sistema.
4.1.2 Algoritmo della velocità e del verso di spostamento
Si è deciso di impostare N=256. Il microcontrollore calcola la FFT di questi N
campioni, che vengono mappati in un vettore di 128 elementi, cioè esattamente la metà.
Questo avviene sfruttando un'importante proprietà della DFT al fine di risparmiare
memoria. Dato un segnale reale, gli elementi che compongono la sua DFT soddisfano la
simmetria:
(4.17)
quindi vengono eliminate le parti di calcolo ridondanti. A questo punto viene estratta la
prima armonica del segnale a partire dalla DFT: il bin contenente la massima ampiezza
corrisponde alla frequenza di Doppler shift. L'equazione 4.18 esprime il rapporto fra il
numero di bin e la prima armonica:
61
W M (e jω)=∑m=0
M
[(−1)m Am
2W R e j(ω−ωm)+(−1)m Am
2W R e j (ω+ωm)]
W R(e jω)=∑n=0
N−1
e− j ωn=e− jω N−1
2
sin (ω N
2)
sin ( ω2)
f − j= f j∗
(4.18)
dove fc è la frequenza di campionamento dell'ADC.
Come già accennato, ogni frangia del segnale corrisponde uno spostamento pari a λ/2
del bersaglio, con λ uguale alla lunghezza d'onda del laser. Quindi si può calcolare la
velocità del bersaglio con la semplice relazione:
(4.19)
dove f1 è la frequenza di prima armonica menzionata precedentemente.
Figura 4.8: Segnale a dente di sega nei due versi di distorsione
Vediamo ora come ottenere anche l'informazione del verso di spostamento del
bersaglio a partire dalla DFT. Nelle condizioni di moderata retro iniezione (C≈1),
ottenute tipicamente quando il fascio laser è focalizzato sul bersaglio, la forma d'onda
del segnale interferometrico assomiglia a un dente di sega. In prima approssimazione si
può dire che quando il bersaglio si avvicina al laser, il segnale a frange è distorto in un
62
f 1=binmax∗f c
256
v= f 1∗λ2
determinato verso, mentre quando il bersaglio si allontana, la distorsione avviene nel
senso opposto. A titolo di esempio si guardi la figura 4.8. Lo spettro di un segnale a
dente di sega periodico di frequenza f ha oltre l'armonica fondamentale, anche tutte le
multiple pari e dispari. Il segnale di figura 4.8 è dispari, e la sua trasformata di Fourier
corrisponde ad una funzione puramente immaginaria. Dato che la parte reale è nulla, lo
sfasamento di tutte le armoniche sarà di +π/2 o – π/2. Sempre in riferimento alla figura
4.8, la differenza tra la direzione del movimento, e quindi della distorsione delle frange,
è data solo dal segno, infatti il segnale in basso è uguale al segnale superiore
moltiplicato per -1. Per poter discriminare la direzione del bersaglio basterebbe valutare
la fase della prima armonica, che compie uno sfasamento di π all'inversione della
distorsione. Nel caso reale non è possibile misurare la fase assoluta della componente
fondamentale, siccome viene acquisita in un momento qualsiasi. Quello che si effettua,
è una misura differenziale degli sfasamenti. Si consideri un tempo di ritardo ΔT, il quale
cambia la fase delle armoniche di una quantità che è proporzionale alla loro frequenza f.
Per spiegare meglio si prendano ad esempio le prime due armoniche del segnale, che
avranno una differenza di fase pari a:
(4.20)
(4.21)
dove Δφ1 è la differenza di fase tra due misure della prima armonica e, analogamente,
Δφ2 è la differenza di fase tra due misure della seconda armonica. Di conseguenza è
possibile ricavare il ritardo di tempo ΔT:
(4.22)
dove Δφ21 è la differenza tra la fase delle prima armonica e la fase della seconda.
Ora si vuole stimare la direzione del movimento del bersaglio valutando la fase della
prima armonica Δφ10, dopo il ritardo di tempo ΔT:
63
Δϕ1=−2π f ΔT
Δϕ2=−2π2 f ΔT
ΔT =−(ϕ1−ϕ2)
2π f=−
Δϕ21
2π f
(4.23)
dove φ1 e φ2 possono essere misurate in ogni istante di tempo. Dunque la fase della
prima armonica φ10 assumerà valori pari a +π/2 nel caso il bersaglio si allontani dalla
sorgente laser, o -π/2 nel caso di allontanamento del bersaglio. Questa teoria può essere
applicata a segnali triangolari con differenti duty-cicle, e a segnali sinusoidali distorti. In
figura 4.9 si può vedere il segmento di codice che implementa il calcolo di φ10 e del
conseguente verso di spostamento. I dati così ottenuti dal microcontrollore sono
trasmessi dal dispositivo FTDI FT232R al PC tramite interfaccia USB, dove poi verrà
processato dal software LabView per la visualizzazione grafica.
Figura 4.9: parte di codice che calcola il verso di spostamento
4.2 Prove sperimentali
In questo paragrafo sono presentati alcuni risultati ottenuti. Dopo aver montato la
scheda analogica e digitale una sopra l'altra, la lente viene posta accanto al laser (vedi
figura 4.10). Per delle semplici prove sperimentali ho utilizzato un chopper controller
(figura 4.11) con apparato rotante e, alternativamente, della carta riflettente in
movimento oscillante. Come primo esperimento, punto il laser sulla ruota del chopper
che costituisce un movimento a velocità costante, regolabile con una manopola, sempre
64
ϕ10=ϕ1−Δϕ1=ϕ1+2π f ΔT=ϕ1−(ϕ2−ϕ1)=2ϕ1−ϕ2
Figura 4.10: schede elettroniche e lente posizionate per le misure
Figura 4.11: chopper controller adoperato
nella stessa direzione. Il risultato grafico ottenuto in LabView conferma la pratica (vedi
figura 4.12).
Figura 4.12: grafico di LabView della velocità relativo al chopper
65
Anche la direzione fissata (in questo caso il bersaglio si sta avvicinando) è confermata
dal software in figura 4.13.
Figura 4.13: grafico di LabView del verso relativo al chopper
Il movimento all'incirca sinusoidale, con ampiezza casuale, di un bersaglio
nell'intorno del fuoco del laser è anch'esso ben visibile nel grafico generato da LabView
(figura 4.14 e 4.15).
Figura 4.14: grafico di LabView della velocità relativo al bersaglio oscillante
66
Figura 4.15: grafico di LabView del verso relativo al bersaglio oscillante
4.2.1 Limiti di velocità e banda
In quest'ultimo paragrafo vengono evidenziati i limti intrinseci di misura del sistema.
Nel Capitolo 3 si è calcolato che lo stadio analogico ha una banda di 3 MHz, quindi si
suppone di avere segnali a frange che rientrino in questo intervallo di frequenze. Per
averne una conferma sperimentale si può effettuare una misura con un oscilloscopio
all'uscita dello stadio fully-differential.
Figura 4.16: segnale a dente di sega tipico all'uscita dello stadio fully-differential
67
In figura 4.16 è ben visibile il segnale a frange che approssima un tipico dente di sega,
misurato con un oscilloscopio, all'uscita dello stadio analogico.
Per calcolare la banda del segnale è sufficiente sapere quale sia il tempo di salita (o
rise-time) della singola frangia sul fronte ripido. Ovviamente il discorso è valido anche
se il segnale fosse distorto in senso opposto (figura 4.8) ma si dovrebbe calcolare il
tempo di discesa. Assumo che il fronte sia riconducibile ad una risposta al gradino di un
circuito RC del primo ordine; per convenzione si definisce il rise time come il tempo
necessario al sistema per variare dal 10% al 90% del valore di regime dello stesso . La
risposta al gradino di tale sistema è:
(4.24)
ed esplicitando il tempo si trova
(4.25)
Ponendo ora V(t1)/V0 = 0.1 e V(t2)/V0 = 0.9 si trova facilmente che il tempo di salita è:
(4.26)
Sapendo che τ è la costante di tempo del sistema e τ = 1/2πfH, trovo che:
(4.27)
Ovviamente il discorso sarebbe valido anche se il segnale fosse distorto in senso
opposto (figura 4.8), ma si dovrebbe calcolare il tempo di discesa.
Ora ricavo il rise time del segnale dall'oscilloscopio stesso. In figura 4.17 è visibile la
singola frangia ingrandita: per ogni velocità del bersaglio, ottengo tr ≈ 130 ns.
Dall'equazione 4.27 segue che BW ≈ 2.7 Mhz, ciò conferma le ipotesi di partenza.
68
V (t )=V 0(1−e−tτ )
t=−τ ln (1−V (t)V 0
)
t r=τ ln9≈2.197 τ
t r≈2.1972π f H
≈0.35BW
Figura 4.17: frangia ingrandita
Sperimentalmente si possono trovare i limiti fisici del sistema per cui lavora
correttamente. Utilizzando ancora un chopper controller, si nota che il rilevamento del
verso inizia ad oscillare per velocità tangenziali del bersaglio rotante oltre 1 m/s. In
figura 4.18 e 4.19 è chiaramente visibile questo fenomeno. Si può ipotizzare infatti che
la seconda armonica, utilizzata per il calcolo del verso, sia “immersa” nel rumore oltre
una certa velocità e quindi il sistema ne risente.
Figura 4.18: grafico della velocità relativo al chopper oltre 1 m/s
69
Figura 4.19: grafico del verso relativo al chopper con velocità oltre 1 m/s
Ancora in questo esempio, per velocità tangenziali superiori a circa 1.5 m/s il sistema
non è più in grado di rilevare alcunché poiché il periodo delle frange è troppo ridotto
(paragonabile al tempo di salita). In questo caso limite diventano quindi paragonabili
anche la banda BW dell'equazione 4.27 e la frequenza di prima armonica fD della
relazione 4.18.
70
71
Conclusione
Il lavoro di questo elaborato ha compreso la progettazione e l'ottimizzazione di un
misuratore di velocità e verso di spostamento di un bersaglio con tecnica
interferometrica a retroiniezione. Il laser impiegato è un DFB con una lunghezza d'onda
di 1500 nm e il fuoco del fascio è regolabile svitando e avvitando una lente posizionata
accanto alla sorgente. Il package del laser contiene anche un fotodiodo sensibile alla
luce retroieniettata, ciò è fondamentale per un maggior risparmio di spazio. I
componenti della scheda analogica, che funge da transimpedenza, sono stati saldati uno
per uno su un layout prestampato, le cui uscite comunicano con la scheda contenente il
microcontrollore STM32F405RG di STMicroelectronics. La frequenza di
campionamento è pari a fc = 8.4 Mhz. Il microcontrollore è stato programmato ad hoc
perchè si ottengano le informazioni necessarie del segnale per il calcolo del verso di
spostamento del bersaglio e della velocità. Queste informazioni sono passate dal
dispositivo FTDI FT232R al PC tramite interfaccia USB. Su PC avviene un'ultima
elaborazione affinché vi sia una visualizzazione grafica dei dati cercati. La banda
calcolata della transimpedenza è pari 3 MHz e il segnale a frange in uscita arriva fino ad
una frequenza misurata pari a 2.7 MHz.
A partire da lavori passati su questo argomento, si è progettato e migliorato il sistema
a livello hardware e software. L'utilizzo di un microcontrollore, al posto di un
dispositivo FPGA, è traducibile in maggiore integrabilità e minor costo finale. Gli
algoritmi di calcolo del microcontrollore sono relativamente semplici ma molto
funzionali per l'applicazione considerata. Spesso, le misure dinamiche spaziali devono
essere effettuate senza perturbare l'oggetto bersaglio. La caratteristica di questo progetto
è di proporre misure contact-less e ciò rappresenta un vantaggio. Il costo relativamente
basso del dispositivo, unito alla praticità tipica della tecnica di self-mixing, fanno sì
che lo strumento studiato possa, una volta ottimizzato ed ingegnerizzato, essere
competitivo rispetto ai vibrometri attualmente presenti sul mercato.
72
Lavori e studi futuri su questo progetto potranno concentrarsi su miglioramenti
dell'apparato ottico che, nell'ambito di questa tesi, raggiunge distanze fino a 3 m. Inoltre
il sistema potrà essere migliorato nella banda passante, in modo tale da ottenere misure
di velocità sempre maggiori, studiando e progettando un'elettronica sempre più accurata
e dedicata. Con questi accorgimenti, lo strumento potrebbe risultare utile in svariati
ambiti industriali.
73
Appendice
74
75
76
77
78
Bibliografia
[1] R. Lang and K. Kobayashi. External optical feedback effects on semiconductor
injection laser properties. Quantum Electronics, IEEE Journal of, 16(3):347–355,
Mar 1980.
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