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PNE: Luci e Ombre Gentile Direttore, la recente pubblicazione dei dati del PNE può contribuire ad indirizzare le scelte in sanità ma suscettibile di riflessioni, se inserito nel dibattito che coinvolge le Regioni che non ritengono sostenibili ulteriori sacrifici con i nuovi tagli imposti e il governo che chiede di individuare sprechi in sanità. Il PNE offre un approccio analitico a esiti e volumi di attività, attraverso l’analisi delle SDO, tuttavia esistono dei bias: a partire dalla suddivisione dei pazienti in gruppi isorisorse e non iso-severità, i possibili errori di codifica, i comportamenti fraudolenti, la valutazione delle strutture e non delle singole Unità operative. Il PNE ci presenta esiti in miglioramento dal 2008 al 2013 in pressoché tutti gli indicatori considerati. Questa però non è l’opinione di chi in sanità ci lavora. Dalla recente indagine ANAAO-ASSOMED-SWG, il 49% dei medici intervistati ritiene che vi sia un peggioramento progressivo della qualità dei servizi offerti, il 35% ritiene che la sanità italiana sia peggiore di quella degli altri paesi europei. Anche i destinatari dei servizi, i pazienti, non concordano con la fotografia del PNE: l’indagine Censis recentemente pubblicata da Monitor Biomedico 2014, rivela che metà degli intervistati ritiene la sanità italiana inadeguata, e per il 38 % è peggiorata. Se il PNE ci offre il quadro di un’Italia che migliora, dobbiamo concludere, a discapito delle percezioni di operatori e utenti, che i tagli lineari degli ultimi anni non abbiano avuto conseguenze in termini di qualità dei servizi? E’ verosimile che gli effetti dei tagli in sanità saranno ancora più evidenti nei prossimi anni, e che quindi si registrerà un lento e progressivo peggioramento della qualità dei servizi adesso non ancora evidente dall’analisi dei dati. Consideriamo poi che il solo fatto di monitorare singoli indicatori comporta un miglioramento degli stessi. I tagli sul personale di questi anni hanno inciso ed incidono sui livelli di assistenza: al personale sanitario sono stati richiesti continui sacrifici, con blocchi d’assunzione e stipendiali, ed il peggioramento delle condizioni di lavoro si traduce inevitabilmente in una riduzione della quantità e della qualità dei servizi erogati. Gli esiti del PNE sono stati incrociati con i dati di assunzione del personale sanitario? Si è considerato che laddove per esempio i tempi d’attesa sono elevati, forse gli organici medici ed infermieristici sono all’osso? La legge di stabilità presentata dal governo prevede adesso un ulteriore riduzione di 4 miliardi per le regioni, che almeno in parte ricadrà sulla Sanità, anche voci continuano a smentirlo. E allora si taglieranno gli sprechi o si ridurranno i servizi compromettendo di fatto l’universalismo del nostro SSN? In realtà l’universalismo è già compromesso. Ricordiamoci che le classi sociali più disagiate hanno una salute peggiore, con più mortalità, incidenza di malattia, disabilità. Lo stesso PNE ci presenta ancora una volta un Italia a due velocità, con il Sud che per molti indicatori risulta avere esiti peggiori.

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PNE: Luci e Ombre Gentile Direttore, la recente pubblicazione dei dati del PNE può contribuire ad indirizzare le scelte in sanità ma suscettibile di riflessioni, se inserito nel dibattito che coinvolge le Regioni che non ritengono sostenibili ulteriori sacrifici con i nuovi tagli imposti e il governo che chiede di individuare sprechi in sanità. Il PNE offre un approccio analitico a esiti e volumi di attività, attraverso l’analisi delle SDO, tuttavia esistono dei bias: a partire dalla suddivisione dei pazienti in gruppi isorisorse e non iso-severità, i possibili errori di codifica, i comportamenti fraudolenti, la valutazione delle strutture e non delle singole Unità operative. Il PNE ci presenta esiti in miglioramento dal 2008 al 2013 in pressoché tutti gli indicatori considerati. Questa però non è l’opinione di chi in sanità ci lavora. Dalla recente indagine ANAAO-ASSOMED-SWG, il 49% dei medici intervistati ritiene che vi sia un peggioramento progressivo della qualità dei servizi offerti, il 35% ritiene che la sanità italiana sia peggiore di quella degli altri paesi europei. Anche i destinatari dei servizi, i pazienti, non concordano con la fotografia del PNE: l’indagine Censis recentemente pubblicata da Monitor Biomedico 2014, rivela che metà degli intervistati ritiene la sanità italiana inadeguata, e per il 38 % è peggiorata. Se il PNE ci offre il quadro di un’Italia che migliora, dobbiamo concludere, a discapito delle percezioni di operatori e utenti, che i tagli lineari degli ultimi anni non abbiano avuto conseguenze in termini di qualità dei servizi? E’ verosimile che gli effetti dei tagli in sanità saranno ancora più evidenti nei prossimi anni, e che quindi si registrerà un lento e progressivo peggioramento della qualità dei servizi adesso non ancora evidente dall’analisi dei dati. Consideriamo poi che il solo fatto di monitorare singoli indicatori comporta un miglioramento degli stessi. I tagli sul personale di questi anni hanno inciso ed incidono sui livelli di assistenza: al personale sanitario sono stati richiesti continui sacrifici, con blocchi d’assunzione e stipendiali, ed il peggioramento delle condizioni di lavoro si traduce inevitabilmente in una riduzione della quantità e della qualità dei servizi erogati. Gli esiti del PNE sono stati incrociati con i dati di assunzione del personale sanitario? Si è considerato che laddove per esempio i tempi d’attesa sono elevati, forse gli organici medici ed infermieristici sono all’osso? La legge di stabilità presentata dal governo prevede adesso un ulteriore riduzione di 4 miliardi per le regioni, che almeno in parte ricadrà sulla Sanità, anche voci continuano a smentirlo. E allora si taglieranno gli sprechi o si ridurranno i servizi compromettendo di fatto l’universalismo del nostro SSN? In realtà l’universalismo è già compromesso. Ricordiamoci che le classi sociali più disagiate hanno una salute peggiore, con più mortalità, incidenza di malattia, disabilità. Lo stesso PNE ci presenta ancora una volta un Italia a due velocità, con il Sud che per molti indicatori risulta avere esiti peggiori.

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Ma nelle regioni del Sud si registra anche una inferiore spettanza di vita: questa distribuzione geografica rispecchia quella del depauperamento sociale, nel Sud si conta una concentrazione di condizioni di svantaggio sociale individuale, con un aumento delle diseguaglianze di reddito e di istruzione. Anche la percezione dei pazienti riguardo alla qualità delle cure è differente, al Nord solo il 27,5 % del campione intervistato nell’indagine Censis si dichiara insoddisfatto, mentre la percentuale sale al 72% al Sud. La riduzione del divario tra Nord e Sud è uno dei principali problemi da affrontare, ma è verosimile che la lotta agli sprechi e la riorganizzazione dei servizi porterà ad un miglioramento della qualità, ma non ad una riduzione, almeno non immediata, della spesa. Il problema è che i risparmi chiesti dalla Legge di stabilità vanno ottenuti nel 2015 e non tutte le componenti della spesa sanitaria sono facilmente aggredibili nel breve periodo senza inevitabilmente ridimensionare i servizi e peggiorare la salute, soprattutto di chi ha già una salute compromessa perché indirettamente influenzata dagli altri effetti della crisi (disoccupazione, basso reddito, scarsa istruzione). Gli interventi possibili a nostro avviso devono prevedere politiche strutturali con progettualità di ampio respiro. I dati del PNE possono per esempio essere d‘aiuto per le scelte di programmazione sanitaria e di ristrutturazione della rete ospedaliera. Stante la dimostrata correlazione tra volumi di attività ed esito delle cure, l’analisi dei volumi di attività del PNE ci dimostra che in tutte le regioni esistono strutture con numeri di procedure al di sotto degli standard previsti dal ministero, con un conseguente aumento di rischio per la salute del paziente. Questi dati, noti dal 2008, hanno finora influenzato poco o nulla le decisioni politiche di riconvertire quelle strutture di piccole dimensioni con difetti organizzativi ed assistenziali. Una altra fonte di sprechi, che si può desumere ed individuare dai dati del PNE, è il sovra utilizzo di servizi e prestazioni sanitarie inefficaci. Non dimentichiamo poi che il PNE valuta solo l’assistenza ospedaliera non dà indicazioni sulla qualità dell’assistenza territoriale: ospedale e territorio sono interdipendenti, la loro efficienza ed efficacia sono reciprocamente influenzate. Ricordiamo infine che nel 2013 la corruzione ha inciso per 6,4 miliardi, sul totale della spesa sanitaria nazionale. Ben oltre i 4 miliardi richiesti dalla legge di stabilità. Ma le risorse recuperate, con la lotta alla corruzione e il recupero di efficienza, devono essere utilizzate per migliorare la qualità laddove è carente. Le risorse vanno riallocate, non tagliate. Se è vero che la spesa sanitaria italiana è già di oltre il 25% inferiore a quella europea, allora la nostra sanità non ha più bisogni di tagli. Anzi, va considerato che se i soldi sono sempre gli stessi, i servizi che la sanità deve offrire progressivamente aumentano: sugli ospedali ricadono per esempio le conseguenze del drastico taglio ai fondi statali per le politiche sociali, ridotti del 85% dal 2008 al 2012, poi lentamente rifinanziati, ma con un valore al 2014 pari a 57 % del 2008. In particolare nelle aree con maggiore disagio sociale, le ASL devono farsi carico dei non autosufficienti, degli indigenti, che non avendo altri supporti sociali chiedono aiuto in ospedale. E questo è un aspetto non fotografato dall’analisi del PNE.

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In questo momento di ristrettezze il PNE può essere uno strumento utile per guidare le scelte dei nostri amministratori, ma come tutti gli strumenti può essere manipolato, utilizzato bene o male, e questo dipenderà anche dal coinvolgimento nelle scelte degli operatori e delle persone destinatarie dei servizi. Chiara Rivetti componente segreteria regionale Anaao Piemonte Domenico Montemurro, responsabile settore Anaao giovani

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IL PROGRAMMA

NAZIONALE ESITI AI

TEMPI DELLA CRISI

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PNE

Agenas (Agenzia Nazionale per i Sevizi Sanitari

Regionali funzione di supporto tecnico e operativo alle

politiche di governo dei servizi sanitari di Stato e Regioni

)

per conto del Ministero della sanità.

58 indicatori di esito/processo, 50 volumi di attività e 23

indicatori di ospedalizzazione.

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Obiettivi

Monitoraggio, analisi e controllo dei SSR , in termini di qualità quantità, sicurezza, efficacia, efficienza, appropriatezza ed equità.

Audit regionali avviati proprio sulla base dei dati del PNE: molte di quelle situazioni registrano già oggi notevoli miglioramenti ma Il solo fatto di monitorare singoli indicatori comporta un miglioramento degli stessi

Scelte di programmazione sanitaria e di ristrutturazione della rete ospedaliera. Correlazione tra esito delle cure e volumi di attività : strutture con numeri di procedure al di sotto degli standard previsti dal ministero, possono essere riconvertite.

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Possibili bias :

errori di compilazione delle sdo

codifiche opportunistiche

valutazione delle strutture e non delle singole Unità Operative

suddivisione pazienti in gruppi isorisorse e non iso-severità

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Rischi

Classifiche dei ospedali : considero non l’intero panel di indicatori ( misura

caratteristiche diverse del processo assistenziale e ha peso diverso in termini di rilevanza del problema e impatto sulla salute )

elaborando talvolta in modo parziale parametri scientifico/statistici , con il rischio di tarare gli indicatori sulle migliori o peggiori performance a seconda delle dimostrazioni che si vogliono ottenere

Migrazione inter regionale

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Pne e crisi

Indagine ANAAO :

49% dei medici : peggioramento della qualità dei servizi :

35% dei medici : sanità italiana peggiore degli altri paesi europei .

Indagine Censis

50% dei pazienti : sanità italiana inadeguata.

38 % dei pazienti : sanità italiana è peggiorata.

riduzione dei divario tra Nord e Sud è uno dei principali problemi da affrontare

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PNE