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Piazza Loreto, 3 1 Maggio 2016 Numero 4 Il maggio odoroso. Ed al risuonare dell'incipit mol hanno spinto la loro mente al Grande Giacomo Leopardi quando, ritornando col pensiero alla propria, infelice giovinezza, cantava il suo platonico amore per la giovane, ed altreanto sfortunata, figlia del cocchiere di famiglia, defunta 10 anni prima. Sfortunata vita anche quella del sommo poeta marchigiano (che io amo parcolarmente). Altra poesia dedicata al maggio solo nel tolo è quella del Manzoni, che canta le lodi di Napoleone, figlio della Rivoluzione passato dall'altra parte della barricata. La storia degli umili lo ricorda perché i suoi eserci, araversando e devastando (come fanno tu gli eserci) in un ventennio più volte l'intera Europa, portarono i semi della Rivoluzione che nella patria naa era appassita, facendoli rifiorire qualche decennio più tardi a maturazione avvenuta. Il primo sole di maggio festeggia anche il lavoro, ulmamente divenuto merce assai rara anche se sempre malpagata. La religiosità crisana dedica questo mese alla Madre di tue le madri, la Madonna. Ed alla donna viene altresì abbinato lo sbocciar dei fiori, le prime avvisaglie dei fru dell'estate e quelli, già bell'e pron e succosi, del mese: ciliege,fragole, kiwi, pere, nespole oltre alla prima verdura fresca (non me ne vogliano le genli signore e signorine, d'averle paragonate a frua ed ortaggi). Per la montagna, almeno alle nostre latudini, si comincia a salire per seneri fino ad arrivare alle pendici delle vee più alte, magari ancora coperte di neve. Ormai, comunque, la neve anche alle alte quote non fa più paura giacché la moda (per una volta, almeno per mia parte, compresa e condivisa) delle ciaspole ha portato molte persone che l'inverno appendevano gli scarponi al chiodo, a prolungare ad libitum la stagione camminatoria molto spesso però a scapito della sicurezza. L'inverno da poco trascorso è stato sicuramente anomalo sia dal punto di vista precipitavo che dal punto di vista infortunisco. Soprauo la prima parte della stagione ha visto pochissima neve (fino alla metà di gennaio sul Bondone c'era solo la striscia delle piste maggiori, quasi integralmente fae grazie alla neve arficiale-ed in molte altre località era così se non peggio) ma non sono manca gli infortuni, dovu sulle piste alla differenza di consistenza della neve arficiale rispeo alla naturale e lungo i seneri (resi fruibili fino alla metà di gennaio fino a quote molto maggiori del solito) dal ghiaccio che si celava molto spesso a fior di terra soo fin tappe di foglie o su sassi resi lucidi e gela dall'umidità nourna. E' il maggio odoroso! 1

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Piazza Loreto, 3

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Maggio 2016 Numero 4

Il maggio odoroso. Ed al risuonare dell'incipit molti hanno spinto la loro mente al Grande Giacomo Leopardi quando, ritornando col pensiero alla propria, infelice giovinezza, cantava il suo platonico amore per la giovane, ed altrettanto sfortunata, figlia del cocchiere di famiglia, defunta 10 anni prima. Sfortunata vita anche quella del sommo poeta marchigiano (che io amo particolarmente). Altra poesia dedicata al maggio solo nel titolo è quella del Manzoni, che canta le lodi di Napoleone, figlio della Rivoluzione passato dall'altra parte della barricata. La storia degli umili lo ricorda perché i suoi eserciti, attraversando e devastando (come fanno tutti gli eserciti) in un ventennio più volte l'intera Europa, portarono i semi della Rivoluzione che nella patria natia era appassita, facendoli rifiorire qualche decennio più tardi a maturazione avvenuta. Il primo sole di maggio festeggia anche il lavoro, ultimamente divenuto merce assai rara anche se sempre malpagata. La religiosità cristiana dedica questo mese alla Madre di tutte le madri, la Madonna. Ed alla donna viene altresì abbinato lo sbocciar dei fiori, le prime avvisaglie dei frutti dell'estate e quelli, già bell'e pronti e succosi, del mese: ciliege,fragole, kiwi, pere, nespole oltre alla prima verdura fresca (non me ne vogliano le gentili signore e signorine, d'averle paragonate a frutta ed ortaggi).Per la montagna, almeno alle nostre latitudini, si comincia a salire per sentieri fino ad arrivare alle pendici delle vette più alte, magari ancora coperte di neve. Ormai, comunque, la neve anche alle alte quote non fa più paura giacché la moda (per una volta, almeno per mia parte, compresa e condivisa) delle ciaspole ha portato molte persone che l'inverno appendevano gli scarponi al chiodo, a prolungare ad libitum la stagione camminatoria molto spesso però a scapito della sicurezza. L'inverno da poco trascorso è stato sicuramente anomalo sia dal punto di vista precipitativo che dal punto di vista infortunistico. Soprattutto la prima parte della stagione ha visto pochissima neve (fino alla metà di gennaio sul Bondone c'era solo la striscia delle piste maggiori, quasi integralmente fatte grazie alla neve artificiale-ed in molte altre località era così se non peggio) ma non sono mancati gli infortuni, dovuti sulle piste alla differenza di consistenza della neve artificiale rispetto alla naturale e lungo i sentieri (resi fruibili fino alla metà di gennaio fino a quote molto maggiori del solito) dal ghiaccio che si celava molto spesso a fior di terra sotto finti tappeti di foglie o su sassi resi lucidi e gelati dall'umidità notturna.

E' il maggio odoroso!

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Dall’Enciclopedia delle Dolomiti –Protagonisti

Cesare Battisti, simbolo dell'irredentismo trentino(Trento 1875-1916)Geografo e uomo politico. Dal 1893 studiò a Firenze e si laureò in geografia sotto la guida di Giovanni Marinelli con una tesi su Il Trentino. Saggio di Geografia fisica e di antropogeografia. Socialista, si impegnò nelle campagne irredentiste per l'istituzione di un'università italiana e per l'autonomia amministrativa del Trentino, anche attraverso il giornale Il Popolo, da lui fondato nel 1900. Allo scopo di educare la gente trentina fondò con Gian Battista Trener la rivista di studi scientifici Tridentum (1898) e il settimanale Vita Trentina (1903). Pubblicò anche guide locali: Guida di Pergine, Val dei Mocheni e Pinè(1904); Guida di Mezzolombardo e dintorni (1905), che tratta anche del Gruppo di Brenta;Guida di Levico (1907); Guida delle Giudicarie (1909);Guida di Primiero(1912). Nelle pubblicazioni scientifiche e nelle guide turistiche, Battisti fu sempre attento a combattere le tendenze pangermaniste e a valorizzare la toponomastica italiana e dialettale. Fu eletto deputato alla Dieta di Innsbruck e al Parlamento di Vienna nel 1911. Nell'agosto 1914, dopo lo scoppio della guerra, si trasferì a Milano dove iniziò un'accesa propaganda interventista e pubblicò un saggio sul Trentino (con appendice sull'Alto Adige) per far conoscere la geografia e la storia della sua terra.Dopo l'entrata in guerra dell'Italia si arruolò negli Alpini e combattè nella zona dell'adamello, poi di Monte Baldo e infine, nel 1916, in Vallarsa.

Continua a pag. 3

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RICARICHIAMOCI CAMMINANDO

Che la tecnologia vada avanti, è un dato di fatto.Qualche giorno fa ho scoperto questa notizia: il connubio tra le nostre camminate, un marchio di cui l'Italia dovrebbe essere orgogliosa (la Vibram, le suole in gomma inventate da Vitale Bramani negli anni '30, vedi “Wikipedia“) e la ricarica dei nostri mille aggeggi elettronici, quasi sempre inseparabili (dal cellulare, al GPS). Ecco la notizia apparsa sul sito di “La Repubblica“La suola delle scarpe ricarica lo smartphone: ecco Vibram HeroL'energia viene ricavata dal movimento, incamerandola e rendendola disponibile per usi vari di ALESSANDRO CREA Si chiama Hero, l'idea è di Vibram e InStep NanoPower. E' una suola per scarpe al cui interno, sigillato per resistere alle infiltrazioni di polvere e liquidi, si trova un sistema integrato di accumulo e trasformazione dell'energia prodotta dal movimento umano. Il risultato è stato raggiunto grazie alla collaborazione tra lo storico marchio delle suole ad alte prestazioni e l'azienda statunitense specializzata nello sviluppo di soluzioni basate sulle nanotecnologie nei settori delle energie rinnovabili. InStep è proprietaria del brevetto.InStep lavora a questo progetto da molti anni ma solo di recente, grazie proprio alla collaborazione con Vibram, è riuscita ad approntarne una versione commercializzabile. Come spiegato nel comunicato stampa ufficiale: "Questo sistema, inserito perfettamente nell'intersuola della calzatura, permette di generare fino ad un massimo di 3 Watt di potenza, con il solo effetto della normale camminata. Il dispositivo, in grado di generare 1 Watt di potenza continua, consente quindi un accumulo di 8 Wh per una camminata di circa 8 ore. Energia sufficiente a evitare l'esaurimento di carica dello smartphone, ad esempio".

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"En dei campi se sfacchina da la matina a la sera” (da “Antica saggezza dei nostri nonni” di Umberto Raffaelli-2015 Ed.

Programma)

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Tempo di controllare i sentieriSoprasasso, aprile 2016

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Ricarichiamoci camminando– 2° parte

La scarpa inoltre è anche dotata di una porta micro USB per ricaricare qualsiasi dispositivo esterno e di un chip Bluetooth che consente di comunicare all'app sullo smartphone il numero di passi e il livello di carica raggiunto, ma anche la posizione GPS. Ovviamente Hero si presta a tantissimi usi, non solo per il mercato consumer. In ambito militare ad esempio questa speciale suola potrebbe tornare utile per alimentare radio, unità GPS, visori notturni e in generale tutti gli apparati elettronici indossati normalmente in missione dai nostri soldati, ma potrebbe anche essere impiegata per fornire una fonte di energia a persone che si trovano in aree remote e in via di sviluppo del mondo, dove non si dispone di adeguate reti elettriche.

Infine, vista la presenza del GPS e del conta passi, se ne potrebbe ipotizzare anche un impiego sportivo, per generare statistiche sull'attività fisica svolta, anche perché i sensori integrati nelle scarpe sono più efficienti in termini di precisione rispetto a quelli utilizzati nelle attuali fitness band..

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Veduta del Lago di Garda dal Senter dei Bech (10/04/2016)

Continua da pag. 2Fatto prigioniero insieme a Fabio Filzi sul Monte Corno, fu condannato a morte per alto tradimento e impiccato nel Castello del Buonconsiglio a Trento il 12 luglio 1916. L'edizione Nazionale degli Scritti Geografici fu pubblicata nel 1923

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Quattro parole, una storiaCaporetto, anatomia di un disastro evitabileDa “Sette” del 15/04/ 2016

Pattuglie di soldati tedeschi ben allenati che si muovono veloci in modo autosufficiente. Non aspettano controllare l'intero territorio, specie se montagnoso. Tutt'altro, procedono lasciandosi alle spalle interi battaglioni di nemici ancora attestati sulle loro posizioni, praticamente intatte. Gli italiani, al contrario, stanno arroccati sulle cime, convinti, secondo i dettami dei manuali di guerra tradizionali, che dalle terre alte dominano le vallate e dunque qualsiasi avanzata necessita prima di tutto la loro conquista. La differenza tra i due approcci strategici è evidente. Fu alle origini di uno degli episodi chiave della Grande guerra, tanto tragico e radicale da costituire tutt'ora uno degli elementi chiave dell'identità nazionale italiana. Per gli italiani in primo luogo occorreva prendere le vette, assicurarsi il dominio dall'alto della regione, e solo in un secondo momento, le fanterie muovendosi in massa avrebbero potuto occupare le terre basse. Ogni offensiva era dunque per forza di cose lenta, progressiva, graduale. I tedeschi, che erano stati chiamati a dare manforte all'esercito austroungarico e potevano farlo visto che la Rivoluzione Russa permetteva loro di sguarnire il fronte orientale, non ne erano affatto convinti: al tradizionalismo strategico italiano contrapponevano l'impeto irruente e agile dei loro corpi scelti addestrati alle nuove teorie del mordi e fuggi sul fronte Occidentale contro francesi e inglesi. Non si preoccupavano troppo delle salmerie, dei contatti con le retrovie per mantenere il rifornimento continuo di armi e soprattutto munizioni. Avanzando avrebbero fatto incetta degli arsenali nemici, non avrebbero avuto problema a sostituire le loro armi con quelle catturate, visto che poi avrebbero potuto utilizzare le munizioni raccolte sui campi di battaglia e nelle retrovie avversarie prese di sorpresa. Il saccheggio di cibo nei villaggi e nelle abitazioni civili incontrati sul loro cammino fu il modo per sopravvivere. Soldati, ma anche per molti aspetti briganti non disdegnosi di rubare la frutta nei campi, servirsi del vino trovato nelle cantine delle fattorie, uomini pronti a tutto pur di adattarsi al territorio e proseguire l'avanzata.

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Questa in ultima analisi fu Caporetto: l'agilità delle truppe scelte tedesche, la loro determinazione ad avanzare ad ogni prezzo lasciando grande libertà ai comandanti anche di grado basso di prendere l'iniziativa sul campo, contro il verticismo obsoleto dell'esercito italiano, le incolmabili distanze tra ufficiali e soldati semplici che demotivavano la truppa, la burocrazia immobile, pesante voluta dal generale Luigi Cadorna, l'incapacità strutturale, che era anche culturale, da parte dei quadri medi e dei comandanti di grado inferiore in trincea di impartire ordini altrettanto elastici per far fronte al rapido mutare della situazione nelle zone di battaglia.

Caporetto, la Kobarid slovena, è oggi una ridente cittadina che vive di agricoltura e turismo. I vecchi sentieri della guerra sono diventati ben tenuti percorsi di trekking. I negozi di sport locali affittano biciclette e canoe per discendere l'Isonzo. Dai suoi alberghi si parte per salite impegnative sul Monte Nero e soprattutto il gruppo del Triglav. Eppure tutto attorno dominano le testimonianze delle battaglie di cento anni fa. Nel fondovalle sono ancora visibili le trincee dove migliaia di soldati italiani furono soffocati dai gas nelle prime ore dell'offensiva. E camminando tra i boschi del Kolovrat verso i 1641 m. del Matajur viene spontaneo chiedersi come mai da qui, dove erano attestate le artiglierie pesanti italiane a controllo della vallata tra Caporetto e Tolmino e dove avvenne lo sfondamento principale, le artiglierie non spararono o cessarono presto di farlo. L'osservazione ovvia è che c'era qualche cosa che non funzionava nella catena di comando. E' allora che nacque la “leggenda nera di Caporetto”, condita dal tristemente celebre proclama di Cadorna, che nel bollettino di guerra del 28 ottobre 1917, ancora nel pieno della battaglia, imputava alla “mancata resistenza di reparti della Seconda Armata vilmente ritiratisi senza combattere, o ignominiosamente arresisi al nemico”, le responsabilità della disfatta. Un messaggio sconcertante e clamoroso, vien da aggiungere vigliacco, per il modo in cui il massimo comandante delle truppe italiane, che in tre anni di conflitto ne aveva determinato addestramento, strategie e posizionamento, rifiutò di assumersi qualsiasi responsabilità della catastrofe in corso. Talmente grave fu il suo passo che il governo a Roma cercò subito di censurarlo, ma con poco successo visto che la prima versione del documento era già stata resa pubblica.

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Così fu la madre di tutte le sconfitte. Un esercito che contava 1.850.000 soldati, due settimane dopo ne aveva persi oltre 350.000 tra morti, feriti e prigionieri. Altri 400.000 si sbandarono verso l'interno. Perduti o catturati dal nemico decine di migliaia tra cannoni, mortai, mitragliatrici, senza contare i depositi di munizioni, gli automezzi, l'intero apparato logistico che non si riuscì a trasportare a occidente del Piave. A ciò si aggiunseil dramma delle popolazioni, con quasi un milione di profughi, l'abbandono delle case, delle proprietà, degli animali. Una rotta catastroficaper oltre 100 chilometri, tanto grave che si pensò addirittura di abbandonare Venezia. Per qualche giorno parve che l'Italia potesse essere totalmente sconfitta. Certamente si possono addurre anche altre motivazioni a quella débacle catastrofica, come del resto cercarono e cercano di fare allora e sino ad oggi, le commissioni interne dell'esercito italiano, le miriadi di storici e cultori della materia, giornalisti e commentatori. Per esempio, si può dire che gli italiani furono “sfortunati”: inizialmente prima e appena dopo il 24 ottobre 1917 i tedeschi ebbero dalla loro le condizioni meteorologiche. Piovve con nubi basse e nebbia fitta quando le loro colonne avevano necessità di nascondersi agli italiani per non dar loro il tempo di cogliere i preparativi dell'offensiva in tutta la loro potenza di uomini e di mezzi. Quindi, dopo i primi due giorni di attacco, quando i tedeschi avevano necessità di tempo limpido per distinguere il nemico in riposizionamento, inseguire le colonne in fuga e discendere le valli verso la pianura italiana, verso Udine, Gorizia e le strade dirette al Piave, arrivò il sole che infuse loro coraggio ed ottimismo. Si può anche aggiungere la concomitanza, fortuita per loro, della malattia del generale Luigi Capello. Il numero due di Cadorna, l'ufficiale che più di ogni altro al quartier generale italiano aveva il controllo della situazione e le chiavi per rimettere in moto i meccanismi inceppati di un esercito enorme che stava sbandando, era all'ospedale con la febbre. Ma tutto questo non cancella le cause più profonde. Come ha scritto Mario Isnenghi, a Caporetto esplose la “paura che stesse crollando tutto, l'Esercito e il Paese”. Un'inquietudine della classe dirigente, un senso di debolezza strutturale, che venne poi a riproporsi con immanenza molto simile l'8 settembre di 26 anni dopo. Lorenzo Cremonesi

A pag 4. In alto-Il Sacrario di Caporetto (attuale Kobarid-Slo)In basso-Il fronte italiano prima e dopo CaporettoA pag 5.In alto: Prigionieri italianiIn basso: La battaglia nel dettaglioA pag. 6.Immagini da una disfatta

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Proposte di cammino...

In collaborazione con “Itinerari e

Luoghi” una proposta per la visita (a

piedi o in bici, in certi casi) di un

luogo particolare. Questo mese…...

Torino-Venaria Reale

Se non si apre cliccandoci sopra

copiate ed incollate il link qui sotto

nel vostro browser.

http://satlavis.weebly.com/venaria-

reale.html

Nel Web, navigando

Un sito completo sulle opportunita di svago montano offerte dalle Piccole Dolomiti, meta che mi e molto cara. Davide Deganello, anima di esso, ha anche un suo profilo Facebook

http://www.piccoledolomitisport.com/

Alpinismo Giovanile 15 maggio-Base Tuono, (Altipiani di Folgaria-Lavarone)Interessante itinerario, sempre sulle Tracce della Storia con la S maiuscola, in compagnia dei ragazzi dell'Alpinismo Giovanile, ci porterà da Passo Coe sugli Altipiani di Folgaria-Lavarone, in un giro ad anello per ripercorrere i luoghi segnati dagli eventi della prima e della seconda Guerra Mondiale. Meta finale la Base Nato denominata in codice Base Tuono che ospitava alcuni missili pronti al lancio (di cui vedete un breve video sul sito alla pagina dell'Alpinismo Giovanile) in caso di attacco da parte delle forze del Patto di Varsavia. Per fortuna questo non avvenne mai e Base Tuono rimane l'unica testimonianza del periodo della guerra fredda.

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Festa di Apertura Bait dei Manzi (858 m.) 22 maggio (Monte di Mezzocorona)

Tradizionale appuntamento di inizio stagione con pranzo presso la località Bait dei Manzi, sul Monte di Mezzocorona. Località conosciuta da tutti e raggiungibile da più parti, si presta anche per escursioni di vario genere. Ideale anche per varie tipologie di “piede”: per chi vuole camminare poco è possibile salire in funivia al Monte e raggiungere la località in circa 40'; per chi invece ha voglia di scarpinare un po' di più è possibile salire attraverso il ripido ma comodo sentiero dal paese di Mezzocorona o dal Burrone Giovanelli (solo con attrezzatura). Pranzo preparato sul posto, portatevi piatto, posate e bicchiere e Buon Appetito!

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"Quando la luna la va a calar se pol somenar” (da “Antica saggezza dei nostri nonni” di Umberto Raffaelli-2015 Ed. Programma) Sotto-Sera al Rif. Città di Mantova (3498 m.-M.Rosa f.Corazza)

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Angolo della Poesia - Distacco dalle montagne

Questa è la provache voi mi benedite –montagne –se nell’ora del distaccola vostra chiesa m’accogliecon la sua bianchezza di solee abbraccia forte la miamalinconiacol cantodelle campane di mezzogiorno –Nella piccola piazzauna donna ridentevende le prugne rosse e gialleper la mia ardentesete –sul gradino di pietradella fontanaluccica la lamadi una piccozza –l’acqua diaccia gelail riso in boccaa un fanciullo –stampa lo stesso risosulla mia bocca –Questa è la vostrabenedizione –montagne(Valtournanche, 30 luglio 1933 e Pasturo, 23 agosto 1933) ANTONIA POZZI

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Bolzano-Soprabolzano

Da Bolzano raggiungiamo il Ponte Talvera e percorriamo la passeggiata Lungo Talvera in dir. N. fino alla via S.Antonio dove imbocchiamo

la passeggiata S.Osvaldo(0,30). Questa è stata creata a fine '800 che ci porta dolcemente sopra i quartieri N. della città. Raggiunta q. 410

la targa commemorativa di Karl Ritter v. Müller, precursore delle fortune turistiche di Bolzano (1.00) lasciamo la passeggiata e

prendiamo sulla sinistra il sentiero che sale più ripido verso il vecchio Maso Ploner. Stiamo seguendo il segnavia 2 e su questo ci

manteniamo fino a q. 730, dove lo abbandoniamo per prendere il 2A per maso Ebnicher(1,55). Il sentiero è completamente percorribile

senza difficoltà. Raggiunta una balconata su cui è stata eretta in tempi recenti una croce del tempo e da cui si domina Bolzano,

proseguiamo ancora fino a q. 880 dove intersechiamo una strada asfaltata(2,20). Seguendola verso est, in pochi minuti di discesa

raggiungiamo il Maso-Ristorante Ebnicher e poi continuando con sentierino caliamo fino a q. 790 (2,45). Ora siamo sulla carrareccia che

segue il vecchio tracciato della cremagliera del Renon e su questa riprendiamo a salire. Giunti al bivio tra il sentiero che sale ripido con

segnavia 6 e la carrareccia con segnavia 23, dato che piove forte e procediamo con l'ombrello aperto, optiamo per la più comoda strada

che in breve ci porta al Maso Spornberg (3,05). siamo circondati da meleti (in fiore se siamo ad aprile) e sull'altro versante della

Katzenbachtal (Valle di Rio Rivellone) è ben visibile il paesino di Signato. Con comoda strada raggiungiamo il Moarhof (3,30). Poco dopo

il Maso prendiamo un sentierino, a tratti lastricato, che ci porta fino alle prime case di Soprabolzano e quindi alla stazione a monte della

Funivia e al ristorante Post Victoria (4,00). Dopo una sosta per rifocillarsi si può ridiscendere a piedi (nel caso 3.20-3,30 ) oppure

prendere la funivia che in poco meno di 10 minuti ci riporterà nel centro di Bolzano, a pochi passi dalla stazione dei treni (se avessimo

deciso di arrivare con questo mezzo). Tempo 4.00’ ore totale Dislivello 1040 m. Diff. E

Proposte di Stagione

Da “Ogni stagione ha il suo fascino-52 escursioni sui monti dell'Alto Adige Occidentale” (Fernando Gardini)

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