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PERIODICO DI INFORMAZIONE E CULTURA DELLA PRO LOCO TIGGIANO Anno XI, Numero 6 - Tiggiano, Dicembre 2011 - Distribuzione Gratuita di Piera Miglietta Continua a pag. 2 Continua a pag. 2 di Alfredo De Giuseppe di Bianca Paris T anto tuonò che piovve. È il caso di dire. Dai brontolii del ’94 al botto fi- nale, arrivò diluvio e urgenza di ripara- zioni. Alla faccia del promesso e pronto a scal- darci Sol dell’Avvenire. E brava la Storia: sempre drammatica, di tanto in tanto sa essere anche beffarda. E qui mi fermo. L’accaduto è stato cuci- nato in tante di quelle salse e da chef di tale levatura che davvero basta così. Sa- ranno gli storici di mestiere, con lo stacco necessario, a fargli il terzo grado. Qui, basta ed avanza una notarella a mar- gine: Tutti sappiamo come dovrebbe essere la Politica: una cosa alta alta, un’Etica supe- riore, come la definì Platone, il padre della filosofia greca. Tutti sappiamo cosa, invece, è la Politica: una attività umanissima. E dunque, limi- tata difettosa. A tratti traballante. Sempre perfettibile. Per tale ragione le attese sui risultati de- vono essere a misura d’uomo; e non a mi- sura di dei. L’Olimpo lasciamolo verdeggiare nei sogni. C’è però una dotazione che alla Politica non può né deve mancare. Pena la sua stessa ragione di esserci, di esistere. Quella dote è la Visione del mondo in cui si vive. È l’interpretazione del presente come Storia. Senza il possesso sicuro e chiaro di quella Visione, l’attività politica è fallimentare in partenza. Scontata l’obiezione: è una parola! con una società tanto complessa, e sempre più lacerata da contraddizioni, il compito è difficilissimo. Infatti, quel compito non è da tutti. Ma chi se lo carica sul groppone, ha da sa- pere: primo, che la sfida della politica è questa, sta nel conoscere a fondo la realtà da governare; secondo, che la cifra della sua stessa nobiltà consiste nell’avvalersi di tale conoscenza, per essere poi in grado di mediare, comporre, conciliare le ra- gioni contrapposte dei conflitti radicati in quella stessa realtà. La Mediazione: questo è il compito spe- cifico della Politica. Le leggi vengono dopo. Promanano dalla Politica e della Politica recano l’importanza e la respon- sabilità. Quattro secoli prima dell’Era Cristiana, toccò a Sofocle, poeta e drammaturgo greco, immortalare tale prerogativa. Lo fece dando vita poetica, e quindi univer- sale, ad una vicenda particolare, che una Politica gretta e rigida aveva volto in tra- gedia. Sofocle creò “Antigone”, una vetta eccelsa dell’arte classica, ancora oggi molto citata nell’insegnamento del Diritto. Non c’è studente di Giurisprudenza che Passata è la tempesta? A desso dobbiamo essere realisti. Noi avremmo voluto il lavoro per tutti, la pensione sempre dignitosa, i servizi sociali efficienti, la struttura fiscale snella e quella del credito vicina ai bisogni dei cittadini. Avremmo voluto, forse ci siamo andati vi- cini, ma adesso dobbiamo cominciare ad immaginare altre cose perché quel modello di intendere la nostra socialità è finito. Non c’è più crescita, ma quel che è più grave è che non ci può essere più crescita, dico cre- scita reale e non quella statistica basata a volte su cose incomprensibili. Il mondo si sta organizzando per affrontare le sue mi- serie, le sue difficoltà in modo globale e non c’è più spazio per il piccolo boom eco- nomico, il successo di un singolo Stato, per- ché si ragionerà sempre più per macro-aree e per una nuova suddivisione delle risorse e delle ricchezze. Questa è l’amara verità che i nostri politici e forse neanche i nostri tec- nici ci possono dire: la festa è finita, adesso dobbiamo iniziare a pensare in modo di- verso. Invece di perdere tempo e denaro sa- rebbe il caso di investire nel vero cambiamento, dove il PIL conta meno e l’uso condiviso dei beni e delle risorse di- venta una continua ricerca. Dopo la crisi del 2008 pensavo che davvero qualche leader mondiale trovasse il modo di dire queste cose con la dovuta grazia e saggezza e invece si è testardamente conti- nuato a percorrere le vecchie strade creando i presupposti per una nuova bolla finanzia- ria, fino alla prossima e alla prossima an- cora andando verso il collasso sia economico che ecologico. Possiamo ancora immaginare di planare questa nostra vita ADESSO DOBBIAMO ESSERE REALISTI terrena su un modello più sobrio, meno sprecone e più equanime, che tenga conto delle primarie necessità di tutti. Dobbiamo cominciare a parlarne, questo è un pream- bolo che deve entrare prepotentemente nella discussione politica. Ma adesso, in questo dicembre 2011 noi ita- liani dobbiamo essere realisti e accettare la ricetta del prof. Monti e dei suoi ministri tecnici; stavamo sul baratro e stanno ten- tando di tirarci fuori e quando sei sul ciglio di una montagna non chiedi che tipo di corda stanno usando per salvarti ma chiedi solo di essere tirato su e in fretta. Del resto F FR RA AN NC CO O S SI IM MO ON NE E I IN N C CO ON NC CE ER RT TO O P PE ER R I IL L R RW WA AN ND DA A R RI IC CO OR RD DA AN ND DO O D DO ON N T TI IT TO O, , V VI II II I E ED DI IZ ZI IO ON NE E F ranco Simone, quasi quarant’anni di carriera alle spalle, continua a incantare il pubblico con la sua musica e la forza poe- tica delle sue canzoni. Il 9 dicembre scorso, nel teatro dell’oratorio di Acquarica del Capo, il cantautore salen- tino si è esibito per ricordare Don Tito Og- gioni Macagnino, il sacerdote-missionario morto in Africa alcuni anni fa. All’evento hanno preso parte il vescovo, Monsignor Vito Angiuli, il parroco di Ac- quarica, Don Beniamino Nuzzo,il consi- gliere regionale Rocco Palese, il sindaco Francesco Ferraro. E’ stata una serata piena di emozioni e di autentica partecipazione. Un affetto straripante ha accompagnato l’artista che è stato più volte osannato dal pubblico nel corso del concerto. Premiato recentemente con il globo d’oro per la canzone “Accanto”, inserita nella co- lonna sonora del film “Native” di John Real, Franco Simone ha dato,come sempre, il meglio di sé interpretando alcuni brani del suo ricco repertorio, grandi classici della musica italiana e le canzoni tratte dal- l’ultimo lavoro “Nato tra due mari”, che sta riscuotendo grande successo in tutto il mondo. Questo nuovo album si caratterizza per il sound e le melodie coinvolgenti, e na- turalmente, per l’intensità e la raffinatezza dei testi che sono dei veri e propri racconti di vita in musica, come l’evocativo “Mani d’amore” e lo struggente “Se una notte”. Molto intensi anche i momenti della serata in cui Franco Simone ha duettato con la so- rella Giuseppina (voce da soprano)nel “Ma- gnificat”, e con il giovane Antonio Maggio (ex Aram Quartet) in “Se bruciasse la città”, vecchio successo di Massimo Ranieri. Non finisce mai di stupire per il suo talento spontaneo la piccola Giada Indino che ha cantato “Lo scriverò nel vento”, un inno alla fratellanza universale tra gli uomini. La generosità umana e artistica di Franco Si- mone si riversa così sui colleghi di ogni ge- nerazione. Il cantautore ha voluto rendere omaggio al compianto Umberto Bindi con una toccante interpretazione de “Il nostro concerto”, e al conterraneo Guido Maria Ferilli autore di “Un amore così grande”, proposto in ita- liano e nella versione spagnola. Il premio intitolato a Don Tito quest’anno è stato conferito allo scrittore e poeta, origi- nario di Acquarica del Capo, Carlo Stasi che ha di recente pubblicato il libro “Leu- càsia e le due sorelle”.

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PERIODICO DI INFORMAZIONE E CULTURADELLAPRO LOCO TIGGIANO Anno XI, Numero 6 - Tiggiano, Dicembre 2011 - Distribuzione Gratuita

di Piera Miglietta

Continua a pag. 2 Continua a pag. 2

di Alfredo De Giuseppedi Bianca Paris

Tanto tuonò che piovve. È il caso didire. Dai brontolii del ’94 al botto fi-

nale, arrivò diluvio e urgenza di ripara-zioni.Alla faccia del promesso e pronto a scal-darci Sol dell’Avvenire.E brava la Storia: sempre drammatica, ditanto in tanto sa essere anche beffarda.E qui mi fermo. L’accaduto è stato cuci-nato in tante di quelle salse e da chef ditale levatura che davvero basta così. Sa-ranno gli storici di mestiere, con lo stacconecessario, a fargli il terzo grado.Qui, basta ed avanza una notarella a mar-gine:Tutti sappiamo come dovrebbe essere laPolitica: una cosa alta alta, un’Etica supe-riore, come la definì Platone, il padre dellafilosofia greca.Tutti sappiamo cosa, invece, è la Politica:una attività umanissima. E dunque, limi-tata difettosa. A tratti traballante. Sempreperfettibile.Per tale ragione le attese sui risultati de-vono essere a misura d’uomo; e non a mi-sura di dei. L’Olimpo lasciamoloverdeggiare nei sogni.C’è però una dotazione che alla Politicanon può né deve mancare. Pena la suastessa ragione di esserci, di esistere.Quella dote è la Visione del mondo in cuisi vive. È l’interpretazione del presentecome Storia.

Senza il possesso sicuro e chiaro di quellaVisione, l’attività politica è fallimentare inpartenza.Scontata l’obiezione: è una parola! conuna società tanto complessa, e sempre piùlacerata da contraddizioni, il compito èdifficilissimo.Infatti, quel compito non è da tutti.Ma chi se lo carica sul groppone, ha da sa-pere: primo, che la sfida della politica èquesta, sta nel conoscere a fondo la realtàda governare; secondo, che la cifra dellasua stessa nobiltà consiste nell’avvalersidi tale conoscenza, per essere poi in gradodi mediare, comporre, conciliare le ra-gioni contrapposte dei conflitti radicati inquella stessa realtà.La Mediazione: questo è il compito spe-cifico della Politica. Le leggi vengonodopo. Promanano dalla Politica e dellaPolitica recano l’importanza e la respon-sabilità.Quattro secoli prima dell’Era Cristiana,toccò a Sofocle, poeta e drammaturgogreco, immortalare tale prerogativa. Lofece dando vita poetica, e quindi univer-sale, ad una vicenda particolare, che unaPolitica gretta e rigida aveva volto in tra-gedia. Sofocle creò “Antigone”, una vettaeccelsa dell’arte classica, ancora oggimolto citata nell’insegnamento del Diritto.Non c’è studente di Giurisprudenza che

Passata è la tempesta?Adesso dobbiamo essere realisti. Noi

avremmo voluto il lavoro per tutti, lapensione sempre dignitosa, i servizi socialiefficienti, la struttura fiscale snella e quelladel credito vicina ai bisogni dei cittadini.Avremmo voluto, forse ci siamo andati vi-cini, ma adesso dobbiamo cominciare adimmaginare altre cose perché quel modellodi intendere la nostra socialità è finito. Nonc’è più crescita, ma quel che è più grave èche non ci può essere più crescita, dico cre-scita reale e non quella statistica basata avolte su cose incomprensibili. Il mondo sista organizzando per affrontare le sue mi-serie, le sue difficoltà in modo globale enon c’è più spazio per il piccolo boom eco-nomico, il successo di un singolo Stato, per-ché si ragionerà sempre più per macro-areee per una nuova suddivisione delle risorse edelle ricchezze. Questa è l’amara verità chei nostri politici e forse neanche i nostri tec-nici ci possono dire: la festa è finita, adessodobbiamo iniziare a pensare in modo di-verso. Invece di perdere tempo e denaro sa-rebbe il caso di investire nel verocambiamento, dove il PIL conta meno el’uso condiviso dei beni e delle risorse di-venta una continua ricerca.Dopo la crisi del 2008 pensavo che davveroqualche leader mondiale trovasse il mododi dire queste cose con la dovuta grazia esaggezza e invece si è testardamente conti-nuato a percorrere le vecchie strade creandoi presupposti per una nuova bolla finanzia-ria, fino alla prossima e alla prossima an-cora andando verso il collasso siaeconomico che ecologico. Possiamo ancoraimmaginare di planare questa nostra vita

ADESSO DOBBIAMO ESSERE REALISTI

terrena su un modello più sobrio, menosprecone e più equanime, che tenga contodelle primarie necessità di tutti. Dobbiamocominciare a parlarne, questo è un pream-bolo che deve entrare prepotentementenella discussione politica.Ma adesso, in questo dicembre 2011 noi ita-liani dobbiamo essere realisti e accettare laricetta del prof. Monti e dei suoi ministritecnici; stavamo sul baratro e stanno ten-tando di tirarci fuori e quando sei sul cigliodi una montagna non chiedi che tipo dicorda stanno usando per salvarti ma chiedisolo di essere tirato su e in fretta. Del resto

FFRRAANNCCOO SSIIMMOONNEE IINN CCOONNCCEERRTTOO PPEERR IILL RRWWAANNDDAA RRIICCOORRDDAANNDDOO DDOONN TTIITTOO,, VVIIIIII EEDDIIZZIIOONNEE

Franco Simone, quasi quarant’anni dicarriera alle spalle, continua a incantare

il pubblico con la sua musica e la forza poe-tica delle sue canzoni.Il 9 dicembre scorso, nel teatro dell’oratoriodi Acquarica del Capo, il cantautore salen-tino si è esibito per ricordare Don Tito Og-gioni Macagnino, il sacerdote-missionariomorto in Africa alcuni anni fa.All’evento hanno preso parte il vescovo,Monsignor Vito Angiuli, il parroco di Ac-quarica, Don Beniamino Nuzzo,il consi-gliere regionale Rocco Palese, il sindacoFrancesco Ferraro.E’ stata una serata piena di emozioni e diautentica partecipazione.Un affetto straripante ha accompagnatol’artista che è stato più volte osannato dalpubblico nel corso del concerto.

Premiato recentemente con il globo d’oroper la canzone “Accanto”, inserita nella co-lonna sonora del film “Native” di JohnReal, Franco Simone ha dato,come sempre,il meglio di sé interpretando alcuni branidel suo ricco repertorio, grandi classicidella musica italiana e le canzoni tratte dal-l’ultimo lavoro “Nato tra due mari”, che stariscuotendo grande successo in tutto ilmondo. Questo nuovo album si caratterizzaper il sound e le melodie coinvolgenti, e na-turalmente, per l’intensità e la raffinatezzadei testi che sono dei veri e propri raccontidi vita in musica, come l’evocativo “Manid’amore” e lo struggente “Se una notte”.Molto intensi anche i momenti della seratain cui Franco Simone ha duettato con la so-rella Giuseppina (voce da soprano)nel “Ma-gnificat”, e con il giovane Antonio Maggio

(ex Aram Quartet) in “Se bruciasse la città”,vecchio successo di Massimo Ranieri.Non finisce mai di stupire per il suo talentospontaneo la piccola Giada Indino che hacantato “Lo scriverò nel vento”, un innoalla fratellanza universale tra gli uomini. Lagenerosità umana e artistica di Franco Si-mone si riversa così sui colleghi di ogni ge-nerazione. Il cantautore ha voluto rendere omaggio alcompianto Umberto Bindi con una toccanteinterpretazione de “Il nostro concerto”, e alconterraneo Guido Maria Ferilli autore di“Un amore così grande”, proposto in ita-liano e nella versione spagnola.Il premio intitolato a Don Tito quest’anno èstato conferito allo scrittore e poeta, origi-nario di Acquarica del Capo, Carlo Stasiche ha di recente pubblicato il libro “Leu-càsia e le due sorelle”.

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39° Parallelo • Dicembre 2011 pag. 2

Continua dalla primaPASSATA E’ LA TEMPESTA?

Continua dalla primaADESSO DOBBIAMO ESSERE...

non la conosca.Qui la sintetizzo per gli altri.Antigone è una ragazza di Tebe, nipote diCreonte, governatore-tiranno della città, epromessa sposa ad Emone, figlio dellostesso Creonte. Ma Antigone è anche so-rella di Polinice, un giovane ardente diamore per la libertà, al punto che, nellalotta per la conquista di Tebe, si schieradalla parte degli assalitori. Combatte cioècontro i suoi concittadini e perde la vita.Una legge, voluta da Creonte per casi delgenere, prevede due sanzioni: chi muore,combattendo contro la propria patria, non

ha diritto alla sepoltura; chiunque, controtale divieto, dà sepoltura al traditore, vamurato vivo.Polinice, tebano, ha combattuto controTebe. Dunque Polinice è un traditore. Eccoil dramma di Antigone. Creatura dolce eforte, piena di gioia di vivere, Antigone èdilaniata da due imperativi:la prescritta legge dello Stato che al tradi-tore vieta sepoltura. La “non scritta leggedegli dei” (la legge della coscienza) che lasepoltura la esige per tutti, anche per i tra-ditori.Che fa Antigone?Obbedisce alla legge non scritta. Ricopredi terra la salma del fratello e, consapevoledelle conseguenze, si toglie la vita.

Accorre Emone, guarda quel che restadella sua Antigone e, disperato, a sua voltasi uccide. E il dramma si chiude sulla di-struzione di tre giovani esistenze.A chi imputare lo sconquasso? Non ad An-tigone, non a Creonte, singolarmentepresi.Entrambi sono nel torto e in più irrigiditinei rispettivi ruoli. È vero.Ma non sono loro i responsabili direttidella tragedia; né lo è la crudele legge vi-gente. La vera responsabile è la Politicache quella legge produsse per il rifiuto e/ol’incapacità di leggere la complessità dellavita associata in modo elastico, compren-sivo delle ragioni profonde della naturaumana (che appunto nel profondo, ci ac-comuna).Quella Politica si rivelò incapace di me-diazione. Venne cioè meno alla sua stessaragione di esistere. “Antigone” questomeccanismo ce lo rammenta da più di duemillenni. E ci suggerisce l’unica possibileprevenzione contro gli sfracelli delle pas-sioni, in scontro frontale fra di loro: la me-diazione. Necessario in ogni tempo, quel valore è divitale importanza nell’attuale realtà, spac-cata da una voragine senza fondo fra iprimi e gli ultimi della scala sociale e dal-l’incontro-scontro tra culture differenti. L’attrito è terribile. Non esiste ricetta si-cura per ridurlo.Un aiuto può venire dal considerare chenon esiste soltanto la pur necessaria leggedel due più due, tanto concentrata su af-fari ed interessi da non vedere altro.Esiste anche la legge del cuore, che sem-bra fatta apposta per controbilanciare lostrapotere della prima. Essa conosce laforza della verità, della giustizia, della fra-tellanza, dell’accoglienza, dell’amore, e ditale forza conosce la Bellezza autentica,sinonimo di Armonia.Niente a che vedere con la bellezza taroc-cata di cui son piene le strade, dove la per-sona non è più tale.E’ un individuo isolato e dolente, perchécapisce di essere considerato unicamentein rapporto a quanto produce. Rabbrividisce al pensiero di cosa sarà dilui, quando non potrà più essere utile anessuno.Lo squallore di tale prospettiva dovrebbedi per sé bastare a scuotere la sensibilitàdei responsabili al vertice; bastare a farglirimboccare le maniche non solo in sensofigurato. Perché la fatica scelta (non im-posta) è di quelle toste, con appello a tutte,ma proprio a tutte le facoltà psicofisichedella persona. E con un denominatore co-mune: il senso dell’equità.Proprio ciò che mancò alla politica del mi-tico (e lazzarone) Creonte di sofoclea me-moria.

cosa potevamo aspettarci dopo anni di le-ghismo becero e di berlusconismo bu-giardo? Non possiamo dimenticare che ilnostro governo precedente ha negato benoltre l’evidenza l’esistenza della crisi, ha difatto abolito la lotta all’evasione lascian-done il compito al solo controllo dellaGuardia di Finanza e non innescando nes-sun meccanismo virtuoso. E come potevaessere virtuoso un Parlamento pieno di av-vocati del premier, che erano lì per impe-dire l’uso corretto della Giustizia, prima sulloro capo e di conseguenza su tutti i parla-mentari con uno scivolamento etico da farpaura. Come poteva essere virtuoso un Par-lamento corrotto pieno di tangentisti, dicondannati e indagati ai quali veniva conti-nuamente offerta la garanzia d’impunitàsotto la maschera della politica.Adesso dobbiamo essere realisti: il governoMonti è l’unica strada possibile, nella con-tingenza e nell’esasperazione generale pro-vocata dal fallimento precedente.L’alternativa sarebbe stata l’immediata rot-tura di tutti i patti sociali, la rovina del-l’Euro e la conseguente immediata povertàper tutti. Queste persone, questi professoristanno tentando di dare un’immagine di-versa della nostra classe dirigente, un’im-magine più seria e confacente al ruolo al

quale sono chiamati, stanno tentando diraddrizzare una barca già mezza affondata.Lasciamoli lavorare per qualche mese e ve-dremo cosa riusciranno a recuperare.Adesso i pericoli sono due, collegati fraloro. Uno, che l’italiano medio dimentichitutto in fretta e torni quanto prima a farsiimbonire da qualche piazzista corrotto (ègià successo nel 1994, quando dopo tan-gentopoli che doveva dare la scossa moralee politica, fu eletto il peggior prodotto diquella vecchia politica e cioè Silvio Berlu-sconi). Secondo, che la politica non riescaad elaborare una visione diversa da quellaattuale, che non riesca ad ipotizzare scelteper una sempre maggiore divisione eguali-taria delle ricchezze, unica scelta possibileal nostro interno dal momento che per iprossimi 40-50 anni sarà difficile trovare lastrada giusta per una nuova crescita. Frapoco la vera divisione politica sarà fra chiimmagina un mondo più corretto, la cui cre-scita può essere solo morale/etica/ecolo-gica/egualitaria e chi ipotizza unosfruttamento infinito delle risorse mondialiperpetrando diseguaglianze e guerre, pen-sando sempre ad una crescita economicabasata sulla ricchezza di pochi. Si chiame-ranno ancora sinistra e destra? Non so, macerto dovranno declinare verbi diversi, tiposognare nel realismo.

Siamo ormai prossimi alla DECIMAEDIZIONE di Frantoi Aperti, evento

dedicato all’extravergine d’oliva, organiz-zato dalla Strada dell’Olio ExtravergineCastel del Monte.La festa dell’olio si svolgerà domenica 11dicembre nei frantoi del Nord e del Sud ba-rese, con la possibilità di assistere alle fasidi lavorazione delle olive e assaggiarel’olio appena franto in abbina-mento ai prodotti tipici diciascuna azienda cheospita l’evento.La Puglia, conben 60 milionidi alberi di ulivoe il 40% dellaproduzione na-zionale, è sen-z’altro la piùimportante regioneolivicola italiana, van-tando una lunga tradizionefatta di frantoi, masserie, aziendeagricole ed un olio extravergine protagoni-sta dell’agricoltura pugliese ed alimentocardine della dieta mediterranea, procla-mata dall’Unesco patrimonio immaterialedell’umanità.“Questa decima edizione - dichiara Nun-zio Liso, presidente della Strada dell’OlioExtravergine Castel del Monte – non èaltro che la conferma della validità di unevento che mette in risalto l’eccellenzaqualitativa dell’extravergine pugliese. Ungrazie va ai frantoiani che dedicano un

giorno di lavoro a questa manifestazione,accogliendo numerosi visitatori che assi-stono alle fasi di produzione di un alimentoche non deve mai mancare sulle tavoledegli italiani”.“Il nostro obiettivo – conclude NunzioLiso – è quello di valorizzare e difenderel’extravergine pugliese attraverso inizia-tive di sensibilizzazione e promozione.

Qui, in Puglia, esistono im-prese che lavorano benee che con il propriolavoro innalzanogiorno dopogiorno l’imma-gine dell’ oliopugliese nelmondo.L’extravergineè protagonista

nei menu dei risto-ranti pugliesi.

Di rilevante interesse èl’iniziativa “Adotta un olivo”,

che anche quest’anno La Strada dell’OlioExtravergine Castel del Monte intende so-stenere. Coloro, quindi, che vogliono adot-tare e prendersi cura di uno o più ulivi,possono rivolgersi all’associazione, cheprovvederà a mettere gli stessi interessatiin contatto con le aziende aderenti all’ini-ziativa.

Azienda AlimentareOleificio Abbracciavento

STRADA DELL’OLIO EXTRAVERGINE CASTEL DEL MONTE - FRANTOI APERTI

PERIODICO DELLA PRO LOCO - TIGGIANO

Sede: Piazza Roma, 1 - 73030 Tiggiano (Le)Reg. Tribunale di Lecce n. 775/2001 reg. stampa

Direttore editoriale:Bianca Paris

Coordinatore redazionale:Ippazio Martella

Redazione:Massimo Alessio, Concettina Chiarello,

Maria Antonietta Martella, Enzo Ferramosca, Manuela Zuccalà, Luca Musio

Direttore responsabile:Antonio Silvestri

Collaboratori: Luigi Maria Guicciardi, Alfredo De Giuseppe,

Simona Biasco, Giorgio Serafino, Marianna Massa, Carlos Simao, Paolo Rausa,

Mario Serafini

Foto Archivio Pro Loco (salvo diverse indicazioni)La collaborazione sotto qualsiasi forma è gratuita

Gli articoli ricevuti e pubblicati possono non seguire la linea editoriale del giornale

Per informazioni: tel. 0833.531651

Grafica e Stampa:Imago Pubblicità - Tricase 0833.784262

Chiuso in tipografia il 13 dicembre 2011

Toma AntonioOrologeriaOreficeria

P.zza Don Tonino Bello, 28 Alessano (Le)

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39° Parallelo • Dicembre 2011 pag. 8

di Piera Miglietta

di Concettina Chiarello

Da tempo ho preso gusto a ricostruire lestorie altrui, senza per questo avere la

presunzione di gareggiare con gli scrittoridi grido, ma solo per sottrarle al rischiodell’oblio.Qualcuno potrebbe obiettare, a ragione,che sarebbe meglio cominciare dalla pro-pria storia ed è per questo che ho volutocondividere con i lettori una pagina del miodiario.…quanto tempo è passato dal giorno in cuiho indossato, per la prima volta, il grem-biulino da scolara!Ricordo che mia madre aveva messo daparte un cospicuo gruzzolo per l’acquistodella stoffa e che mio padre aveva gioito nelguardare la sua secondogenita, finalmente,in ordine sulla soglia di casa con in manola cartella di cartone rossastro...il fioccorosa al colletto e la chioma corvina fissatacon acqua e sapone.Ma non era pronto a scommettere un soldobucato sul mio futuro adattamento all’am-biente scolastico. Sapeva, perchè papà erauna persona speciale che scrutava negliocchi, che le bambine come me non avreb-bero sopportato le strette regole impostedall’ambiente educativo di un tempo, manon disse nulla. Si limitò a guardarmi, an-cora una volta, profondamente negli occhi,nella speranza che il loro fluido magneticopotesse raggiungere il mio cuore, anzi, po-tesse modificare le mie strutture di pen-siero. Me lo sento ancora dentro quellosguardo profondo colorato di verde sotto-bosco. Mia madre mi accompagnò al can-cello della scuola elementare e mi affidòalle cure di una maestra anziana. Sullastrada del ritorno a casa, anche lei, avrà spe-rato che nella maestra prevalesse il buon-senso e che l’amore per i bambini prendessein lei il sopravvento. Sicuramente avrà pre-gato qualche santo, la sua fede è ancora in-crollabile, che mi facesse desistere dalcombinare guai o che toccasse il cuore dellamaestra la cui fama “di severissima” si erasparsa in paese. Avevo sentito dire, anch’io,nelle assemblee serali o pomeridiane sullasoglia di casa, che la maestra Tizia avessel’abitudine di “far cantare la bacchetta”,di far inginocchiare le bimbe dietro la lava-gna su di un letto di sassi...ma speravo nondovesse toccare a me, rimuovendo le im-magini che turbavano i miei dormiveglia.Avevo sperato nel dolce viso di qualchemaestra con i lineamenti distesi, le labbraatteggiate al sorriso, le braccia inclini al-l’accoglienza, i pensieri rivolti ai bambinie le parole incoraggianti. Con tutte questeimmagini ed emozioni negli occhi e nelcuore ho varcato il cancello della scuolaelementare. La cattedra issata sull’alta pe-dana, i banchi segnati dalle generazioni,l’odore dell’inchiostro e del gesso, fuso conquello del latte condensato servito nel re-fettorio, mi davano un senso di smarri-mento. E, pur nel gruppo di coetanee, misentivo sola, irrimediabilmente sperduta inquella penombra appena trafitta da un fa-scio di luce brulicante di pulviscolo. Lemattonelle del pavimento, posizionate adarte, per creare disegni simmetrici colpi-vano i miei occhi disorientandomi ancora

di più. Distoglievo lo sguardo per non su-bire l’insulto visivo, ma soprattutto per ri-portarlo alle fattezze di mio padre, allatreccia di mia madre passata, a doppio giro,sulla nuca e tenuta insieme dai ferrettid’osso. Vedevo papà con la tuta da lavoroblu, intento a collegare fili elettrici, perce-pivo il suo odore di tabacco, lo vedevo ar-meggiare con il cerca fase, sentivo losfrigolio della corrente intercettata dal-l’elettrodo. Ma fu la stridula voce dellamaestra, seguita dal tonfo sordo della bac-chetta sulla cattedra, a farmi trasalire. Fuiaccusata di fantasticare invece che pensarealle cose serie! Mi fu intimato di andaredietro la lavagna “in castigo”. Al mio ri-fiuto seguirono numerose minacce, poi, ras-segnata, eseguii l’ordine. Posizionai le manisulla testa e...“flevi amare” come Cristo nelGetsemani. I rigagnoli salati solcavano ilmio viso e poi li vedevo scendere sottoforma di grosse gocce su quel nero grem-biule tanto caro. Intravedevo lo sguardo in-credulo delle mie compagne, ci leggevo unvelo di compassione, ma non potevano es-sermi d’aiuto. Avrò sicuramente imprecato,ma una cosa ricordo: giurai di battermi perdifendere le malcapitate scolare sottraen-dole alle punizioni di una maestra severis-sima, voluta così dallo stile educativo deltempo. Mancavano solo le sbarre alle fine-stre e le divise a righe, poi si poteva dire diessere in prigione! Non ne potevo propriopiù! E non ero la sola a piangere, né l’unicaad essere punita soprattutto di fronte allascena muta nella prova lettura. Nessuna dinoi si azzardava ad articolare suono. E seavesse sbagliato, chi avrebbe sopportato le20 bacchettate sul dorso della mano? Chisarebbe stato capace di piegare le ginocchiasul pavimento? Chi disponibile ad incro-ciare le mani sul capo fino al prossimo attodi clemenza della maestra? Ecco arriva il direttore! Penso sia la voltabuona. Senza esitare mi reco alla cattedra, mi ar-rampico sulla pedana, sporgo la testa al disopra del bordo di legno e dico d’un fiato:“Mi tremano le braccia e le gambe, madevo dire che la maestra è cattiva, perchè cipicchia!” Incredulo il direttore mi guardacon gli occhiali sul setto nasale e mi invitaa ripetere la frase. La ripeto, senza farmipregare, e ci aggiungo pure che ci fa andarein castigo dietro la lavagna. Povera la miamaestra severa, non avrebbe mai pensato ditrovarsi di fronte un’alunna sfacciata comeme! Sento la voce del direttore che intimadi chiamare il bidello. Ernesto entra, gliviene chiesto di convocare i miei genitori.Di fronte a tale richiesta, in modo sgarbatoe sicuramente in dialetto, dico che miamadre lavora e mio padre è a casa malato.Non so come, ma dopo un lasso di tempoindefinito, vedo arrivare mia madre con lemani sporche di tabacco, lei è stata una ta-bacchina del Sud, con il grembiule arroto-

lato e con lo sguardo basso. Troppo scot-tante la vergogna di avere una figlia ri-belle... Ma poi con la fierezza di una madre,quando vede incombere il pericolo sullaprole, mi offre la sua mano e mi trascina viadalla stanza dei miei incubi. Sento ancoraquelle parole taglienti come lame... “Se laporti a casa, non può frequentare a motivodell’incompatibilità del suo carattere conquello della maestra !”. A casa c’era mio

padre febbricitante che mi accolse nel let-tone. Su quel luogo di salvezza, mi furonoprospettate le soluzioni per il futuro: recu-perare, in un solo anno, prima e secondaelementare o rimandare la scolarizzazione.Scelsi la seconda in piena autonomia, masentivo la solidarietà di mio padre. Tra-scorsi un altro anno a casa, “a lezione dalnonno, dalle vicine di casa, nel giardinoameno e profumato di albicocchi, al caldodel camino odoroso di legno d’ ulivo”.Nonprovavo nessun rimorso per ciò che avevofatto, ma avevo nostalgia delle mie compa-gne che, contrariamente alle mie previsioni,riuscirono a terminare l’anno scolastico,rassegnandosi… Le vedevo all’uscita dascuola, quando insieme al nonno andavo ariempire il mio secchio di smalto biancoalla fontanella del paese. Sussurravanoqualcosa all’orecchio. Sinceramente, maera solo la mia speranza, mi sarei aspettatase non la lode per ciò che avevo fatto, al-meno una parola di incoraggiamento. Maproprio per quella strana caratteristica co-mune al genere umano che porta a criticarele scelte altrui, mi additavano esclamando:“Povera ciuccia!” “Bene mio, la scuola è una cosa seria, ed èbello poterci andare!”- disse il caro nonnoGiovanni - poi continuò: “Io non ci sonoandato mai e non so neanche scrivere il mionome!” Incoraggiata dalle parole dell’an-ziano nonno, ci ritornai a scuola il primogiorno di ottobre di moltissimi anni fa e daallora non ho smesso di frequentarla. Sono ancora a scuola ed annoto per non di-menticare. La voce dei miei alunni giunge piacevole aicondotti uditivi. Credo nelle specificità in-dividuali e cerco di promuovere le poten-

zialità di ciascuno. Anche a me capita diperdere la pazienza, non sono esente da talerischio, ma governo i miei stati d’animo e,soprattutto, faccio tesoro delle esperienzenegative vissute per trasformarle in positiveopportunità formative. Caro diario, la mia gratitudine va alle figureeducative della mia famiglia che hanno cre-duto in me ed hanno pazientemente attesola trasformazione di Pinocchio in una bam-bina. Ricordo ancora la nera e smilza figuradella maestra, la sua sprezzante ironia e gliocchi cerulei e freddi del direttore. Arrive-derci, caro diario, ti affiderò le confidenzedi pensionata quando sentirò forte la no-stalgia dei miei bambini, delle loro mara-chelle e… della scuola.

Caro diario...

Dopo il successo dello scorso anno,

che ha registrato la presenza di oltre

3500 visitatori, la Mostra del presepe arti-

stico poliscenico di Acquarica del Capo si

ingrandisce e si rinnova nel segno della

cultura. La mostra, organizzata dall’asso-

ciazione “Terra franca devoti di San Do-

nato” con la partecipazione della

Parrocchia, è allestita nella chiesa di San

Donato su una superficie di 70 metri qua-

drati e si compone di un ampio ventaglio

di personaggi, immagini ed elementi sce-

nografici che ricostruiscono il passato tra

realtà e mito, mescolando racconti biblici,

atmosfere popolari e mestieri tipici.

Uno spettacolo artistico, originale e mae-

stoso, che offre anche una nuova prospet-

tiva da cui ammirare il patrimonio

storico-paesaggistico di Acquarica, attra-

verso le riproduzioni fedeli dei monu-

menti antichi e delle bellezze

architettoniche del paese, finemente rea-

lizzate dal presidente dell’Associazione

“Terra franca”, Antonio Occhilupo.

Le rappresentazioni del complesso storico

di Celsorizzo, dei frantoi ipogei, del ca-

stello sforzesco e delle serre sono senza

dubbio la punta di diamante della mostra

che resterà aperta fino all’otto gennaio.

MOSTRA DEL PRESEPE ARTISTICO POLISCENICO DI ACQUARICA DEL CAPO

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39° Parallelo • Dicembre 2011 pag. 3

Con un occhio già operato di cataratta el’altro in attesa dello stesso destino, la

Leonessa è sempre seduta all’ombra dellafinestra, non sopporta la luce forte. Il borbottio ininterrotto della bombola diossigeno sembra fare eco alle preghiereche recita per noi, non credo che preghiper lei, quella è l’età in cui capisci che ilsolo bene che puoi desiderare è quellodegli altri perché tu ne hai già avuto abba-stanza, è l’età dell’altruismo, l’età in cuinon si può essere davvero attaccati aniente, forse a qualche foto, alle cose cheancora ti piace fare, che ammazzano iltempo. Quella è l’età in cui sai che prestoperderai tutto ciò che possiedi in una solavolta. È stato già scritto. E poi un tavolino con libri, giornali, sulquale da poco è comparso anche il sudoku.Non si arrende mai la Leonessa, anche seormai ha indovinato tutte le definizionidelle parole crociate, continua a riempirequadratini di lettere.Riempie la sua infinita solitudine, distri-buisce ordini facendo rimbombare il suoruggito per la casa, dà fastidio, perchèforse quello è l’unico modo che le restaper sentirsi presa in considerazione.Chiusa stretta nell’età che suo ha mal-grado, come una lettera in un quadratino.Scendo dalle scale la mattina e vado a farecolazione. Do sempre un bacio alla Leo-nessa quando mi sveglio. Sotto i tubi chele ostruiscono la faccia, sorride.Inizia la giornata.A volte decido di provare a stare nellostesso posto dove c’è la Leonessa. Inizia aparlarmi, distraendomi da qualsiasi cosa

Ecco a via la 1^ puntata della memoria storica che la nostra collaboratrice Marianna Massa conserva della nonna sua, Anna Brescia Niceforo, scomparsa nell’aprile scorso.Non trascuratene la lettura: è scritta in modo accattivante. E prima ancora costituisce lo spaccato fresco e palpitante di cosa era il Mezzogiorno d’Italia durante il 2° conflitto mondiale.

II RRAACCCCOONNTTII DDEELLLLAA LLEEOONNEESSSSAAdi Marianna Massa

cerchi di fare. E così tra righe di un libro che scorrono da-vanti ai miei occhi senza che mi rimanga inmente una sola parola, tra sorrisi fugaci, itentativi del gatto Lillo di riprendere la suapoltrona, e quelli del cane Benny di strap-pare carezze, la Leonessa inizia a raccon-tare…

Sono andata a studiare a Napoli perché eral’università più vicina a Taranto. Per en-trare ho partecipato a un concorso e mihanno ammessa alla Facoltà di Lettere in-sieme ad altri ventuno.Abitavo in una casa vicino alla stazione diNapoli, un grande appartamento con tante

porte e vetrate, perché il marito di ziaEmma, il padrone di casa, era un medicofamoso e ricco.Sua cugina grande si era fidanzata con ungenerale di corpo d’armata molto piu vec-chio e che lei non voleva affatto. Stavo inmezzo a tante autorità e io ero la più pic-cola: la caiotola. Avevo diciannve anni, eroal primo anno di università e in quella casami iniziarono al rito delle sigarette:- Fuma caiotola fuma!Mi ricordo come se fosse adesso, in un sa-lottino piccolo piccolo di zia Emma con unaradio, quando sentii la dichiarazione diguerra. Il giorno dopo avrei dovuto dare ilprimo esame, storia medievale, con il Pro-fessor Pontieri.Quando, durante la notte dopo la dichiara-zione di guerra, suonarono l’allarme per laprima volta, ci alzammo tutti dal letto escendemmo di casa con le vesti da nottesotto i cappotti. Corri caiotola corri! Scappammo al ricovero per salvarci dal-l’attacco.Così passò il primo giorno della SecondaGuerra Mondiale.L’indomani andai a fare l’esame col temutoPontieri. La prima domanda fu: Lei dov’è stata stanotte?Al ricovero.Pure io….Parlammo più del ricovero che di storia

medievale e me ne andai a casa con un beltrenta.Studiavo al Suor Orsola Benincasa, in ViaVittorio Emanuele.Era un antico convento. Si saliva con unascensore che ti lasciava in uno spazio im-menso. Poi bisognava attraversare un cu-nicolo tortuoso, dove ogni tanto si aprivauna grande feritoia che lasciava entrareun po’ di luce. Giravi a destra e a sinistra,poi altre scale. Roba da togliere il fiato,però avevano professori magnifici.Mi trasferii a Mater Dei, a casa di GuidoPepe, un amico di famiglia. Erano tutti na-poletani e stetti con loro per tre anni. Dacasa di zia Emma portai con me il vizio delfumo che continuai a coltivare di nascostocon Ada, sorella di Guido.L’allarme lì suonava in maniera diversa,non era una sirena, ma voci umane che ini-ziavano a urlare:Svegliatevi guagliò! È arrivato u pom-piere... Il pompiere era un omino dalla voce pos-sente appostato a Castel dell’Ovo in rivaal mare, da là riusciva ad accorgersi degliattacchi prima che suonasse la sirena e lipreannunciava a squarcia gola per tutto illungo mare. Poi di voce in voce la notiziasi espandeva per tutta Napoli nel giro dipochi minuti.Dovevamo sempre affrettarci al ricovero.Sì mamma aspetta un momento... che quac’è il Vesuvio, diceva Ada dalla stanza, al-ludendo implicitamente alla cappa di fumodelle nostre sigarette...

(continua...)

Come di consueto, anche quest’anno si ètenuto il prestigioso appuntamento con

la Borsa Mediterranea del Turismo Archeo-logico, la cui XIV edizione si è svolta dal17 al 20 novembre 2011, nella città di Pae-stum (Salerno). Si è trattato dell’unico sa-lone espositivo al mondo che riguarda ilpatrimonio archeologico e della prima mo-stra internazionale di tecnologie virtuali. Lamanifestazione ha consentito l’incontro traesperti e studiosi del settore, addetti ai la-vori, viaggiatori e appassionati, favorendola commercializzazione di prodotti turisticispecifici e l’approfondimento di temi ine-renti la tutela, la fruizione, la valorizzazione deibeni culturali e la cooperazione tra i popoli.La manifestazione fieristica - grazie allacollaborazione della Provincia di Lecce edell’Assessore al Turismo e al MarketingTerritoriale, Francesco Pacella – ha vistola partecipazione dei Comuni leccesi assi-stiti dallo Studio di Consulenza Archeolo-gica di Ugento che, attraverso lapredisposizione di materiale informativo,quali brochure e pannelli, nonché attraversole attività di front-office (presso lo standdella Regione Puglia), ha curato, con com-petenza e professionalità, ogni aspetto le-gato alla promozione del territorio. LoStudio, infatti, si compone di uno staff alta-mente qualificato in grado di soddisfare leesigenze di enti e istituzioni, sia pubblicheche private, non solo nel tradizionalecampo della consulenza archeologica, ma

Anche quest’anno presenti a Paestum i Comuni e la Provincia di Lecce

anche in quello del marketing territoriale fi-nalizzato alla valorizzazione dell’offerta tu-ristica e culturale. Ogni realtà comunale della Provincia diLecce, sebbene si distingua per particolaribeni archeologici, architettonici e culturali,risale alle medesime antiche origini: in unlontano e mitico passato, la stirpe dei Mes-

sapi si insediò nella penisola salentina fon-dando quelle stesse città che si sono pre-sentate al prestigioso evento internazionale.Archeologia e Turismo, Tutela e Profes-sione, sono state le parole chiave del-l’evento fieristico più originale d’Europa,dislocato su un’area espositiva di circa16.000 mq. Per promuovere il patrimonioculturale, le destinazioni turistico archeolo-giche e i servizi connessi, con la partecipa-zione delle Istituzioni, Regioni, Province eComuni, Camere di Commercio, Aziendedi Promozione Turistica, Soprintendenze,Parchi Archeologici, Organizzazioni di ca-tegoria, Associazioni Professionali e Cultu-rali, Consorzi Turistici, Società di Servizi,Case Editrici, oltre alla presenza di circa 30Paesi esteri. La Turchia, Paese Ospite ufficiale ha gui-dato e coordinato l’immagine della manife-

stazione: sono state scelte le gigantescheteste di pietra che adornano il Tempio delre Antioco in cima al Monte Nemrut. Il pa-trimonio archeologico della Turchia è statoillustrato venerdì 18 novembre, alla pre-senza del Ministro della Cultura e del Turi-smo Ertug! rul Günay, dai Direttori delleMissioni Archeologiche Italiane. Tra glialtri citiamo l’autorevole presenza di Fran-cesco D’Andria, Docente dell’Universitàdel Salento, direttore dell’Istituto Cnr-Ibamdi Lecce e Direttore della Missione Ar-cheologica Italiana a Hierapolis di Frigia,in Turchia, che relazionerà sul recente ritrova-mento della tomba dell’apostolo Filippo.L’iniziativa è stata realizzata dalla Provin-cia di Salerno in collaborazione con la Re-gione Campania, sotto l’Alto Patronato delPresidente della Repubblica, con il soste-gno del Ministero per i Beni e le AttivitàCulturali, del Ministero degli Affari Esteri,dell’ICCROM, Centro Internazionale diStudi per la Conservazione ed il Restaurodei Beni Culturali, dell’OMT, Organizza-zione Mondiale del Turismo e dell’UNE-SCO.

La redazione ricorda ai lettori che ricevonocopia di 39° Parallelo a domicilio che ad aprileè scaduto l’abbonamento. Sicché l’invio è as-sicurato, e lo diciamo con rammarico, solo acoloro che effettuano il versamento. La Reda-zione ringrazia comunque tutti i lettori perl’interesse con cui seguono la vita del gior-nale.c/c n. 37428828 intestato a Pro Loco Tig-giano, p.zza Roma, 1

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39° Parallelo • Dicembre 2011 pag. 12

La gatta QuicklyMrs. Quickly, la gatta

in così dolci atti addormentatanon è certo di sasso

si volta, fa le fusa, russa puremi scalda e si allontana dal cuscino

con molta grazianel buio e nel silenzio della casadove arrivò in un giorno di vento

autunnaledi freddo e di colori violenti

con la sua morbida pelliccia grigiaa ridarmi la vita.

Per adesso è tranquilla.A giorno pieno

Sarà di nuovo Mrs. Quicklycon tutta la nativa attività

loquace da passero repubblicano.Che ne combina una,

altre ne pensi non importa.In ogni sua avventura,che diventa poi nostrac’è un fermento d’amore

e quando soffre ben poco si vedeforse domani il cielo provvede.

Così viviamo insiemeormai da tanti anni

e se proprio ho bisogno di saperedi credere in qualche cosa rara

c’è Mrs. Quickly-Mara.

Luigi Maria Guicciardi

Le ombre avanzano? Si infittiscono? Pazienza. Prima o poi, magari a sorpresa, il solesbucherà.E sarà frizzante giocherellone portatore di vitalità. Com’è la gatta Quickly di shake-speariana memoria, cui l’autore, paragona la sua donna, in questo inno d’amore.

Ancora un premio per l’artista salentina

Eleonora De Giuseppe, in arte “La Pu-

pazza”. Dopo aver partecipato nel mese di

ottobre alla prestigiosa “Fiera immagi-

narte” di Reggio Emilia, giunta 13a edi-

zione, Eleonora ha vinto il primo premio

della giuria popolare del concorso “Eno-

genius” a Barile (Pz), una manifestazione

con tema “Il colore del vino” che si è te-

nuta il 1 novembre con oltre 120 parteci-

panti.

La Pupazza ha presentato il suo “Vino nel

cosmo”.

www.elelapupazza.com

Buon Natale e Felice 2012

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39° Parallelo • Dicembre 2011 pag. 4

di Mario Serafini

Dileggiata e disprezzata negli anni ‘90del secolo scorso, dopo vent’anni tra-

scorsi invano, ecco che improvvisamente efoss’anche con stupore ritorna; invocata, ri-chiesta, cercata, evocata come l’essenzadello stato democratico: il ruolo e le prero-gative della politica sono diventate que-stioni attualissime dopo la recente fiduciaparlamentare al governo “tecnico” di MarioMonti e la invadenza del mondo finanziarioe dei mercati (sempre più senza regole, senon l’utilitarismo sfrenato) nel “governo”degli Stati, fortemente limitati nella loro so-vranità, anzi esautorati dalle scelte sullaloro sorte. La politica (quella vera e partecipata), dif-fusa sul territorio e organizzata in partiti(quelli veri, che svolgono congressi perio-dici, hanno organi elettivi e non nominati),che costituisce l’essenza della democrazia,oggi è svilita e ridotta alla mera consulta-zione elettorale, al recarsi alle urne e votare,o meglio confermare la elezione di candi-dati “nominati”; i programmi elettoralihanno contenuti di esclusivo impatto me-diatico, propinati all’elettore, soggetto resoforzatamente passivo; si è ritornati ad unaforma primitiva e primordiale, involutadella democrazia. Una “democrazia eletto-rale e mediatica”, il cui fulcro ed apice è co-stituito dai talk show televisivi.Svanite oramai e ben presto le speranzedegli anni Novanta di una “buona politica”,di una “nuova politica per un nuovo paese”,si è assistito all’emergere inesorabile di una“partitocrazia senza partiti”, che rinnegaogni rispetto di regole e norme collettive,portanti di ogni democrazia; priva di sensodello Stato e motivata solo da interessi per-sonali, con il conseguente declino dell’eticapubblica ed il disfacimento delle istituzioni.Ovvero. Si è consumato il fallimento dellapolitica o la fine della stessa.A questo punto, diviene la nostra Carta co-stituzionale il faro di orientamento per uncambio di rotta, nel segno del risorgimentodella politica.I nostri padri costituenti hanno dato, a ra-gione, autonoma rilevanza costituzionalealla politica, nel garantire la libertà asso-ciativa dei cittadini (art. 18 Cost.) e la cor-relata libertà di manifestare liberamente ilproprio pensiero (art. 21 Cost.), ma ancorpiù e specificatamente hanno garantito l’as-sociazionismo in partiti (art. 49 Cost.), qualiforme di (auto) organizzazione del corpoelettorale, costituenti l’anello di congiun-zione, quasi un ponte, tra le istituzioni rap-presentative (a vari livelli) e la volontàpopolare. La “democrazia”, ovvero l’attivapartecipazione del popolo alla vita politicadi un Paese, non può essere continua (nonci può sempre essere una “democrazia di-retta”), così i sistemi democratici implicanoe richiedono la mediazione di particolari or-ganismi, i partiti appunto, espressione erappresentativi dei cittadini: è un passaggioineludibile per una democrazia compiuta ematura, pena, come è avvenuto nei due de-cenni post-tangentopoli, appena trascorsi,le degenerazioni, devastanti nel tessuto so-ciale, del populismo e della demagogia, ag-gravate da forme tendenzialmente

LA COSTITUZIONE E I PARTITI

POLITICA... PERCHÉ SÌ!

autoritarie ed arroganti di governo, che lainvestitura e la legittimazione popolare, at-traverso le elezioni, non escludono di persé.La Costituzione, dunque, riconosce l’esi-stenza dei partiti politici e il loro perché nel-l’art. 49, che forma un sistema assiemeall’art. 1, nel momento dell’enunciazionedel principio della sovranità popolare. Lafunzione strumentale dei partiti rispetto al-l’attuazione del principio democratico edella sovranità popolare non potrebbe es-sere più incisivamente delineata e chiarita,quando si afferma che i cittadini hanno ildiritto “di associarsi liberamente in partitiper concorrere a determinare con metododemocratico la politica nazionale”.Ma la sovranità del popolo, come colletti-vità, si esprime non soltanto nella titolaritàdi essa, ma soprattutto nell’esercizio dellastessa. Più concretamente ciò vuol dire cheil “concorso” di tutti i cittadini, tramite ipartiti, alla determinazione della politicanazionale deve essere concepito come con-corso permanente. Il diritto affermato nel-

l’art. 49 acquista così un senso proprio, au-tonomo, distinto ed ulteriore rispetto al di-ritto elettorale, che è anch’esso un diritto dipartecipazione, limitato però a singole epuntuali, sebbene periodicamente ricor-renti, manifestazioni.L’essenzialità dei partiti, in una democraziasostanziale, sta nel fatto di essere portatoridi altrettante diverse concezioni dell’inte-resse generale; infatti, il loro ruolo consi-ste nel convogliare e commisurare gliinteressi particolari all’interesse generale;ma, ancora e non ultimo, nella formazionedella classe dirigente di un Paese, oggi con-trassegnata da burocrazia, provvisorietà,pressapochismo, fortemente personalizzataed autoreferenziale.Bisogna, allora, ripartire dalle presenti ro-vine del corpo politico per rianimare e rin-novare un impegno attivo (una cittadinanzapoliticamente attiva), oggi volutamente in-fiacchito o spento; ripristinare il primatodella politica, quale discussione, confronto,dialettica di idee, che precedono e corrobo-rano ogni decisione: quanti guasti il fami-

gerato “decisionismo“ di “uomini soli” algoverno dei vari livelli istituzionali, con or-ganismi elettivi assembleari mortificati,perché esautorati di ogni ragion d’essere. E,paradossalmente, grazie a scellerati sistemielettorali che dovevano garantire stabilitàed alternanza, oggi le istituzioni sono de-bolissime, alla mercédi fazioni ed interessipersonali. E tutto ciò non è lontano dalla re-altà locale, basti pensare alla rovinosa ca-duta di importanti amministrazionicomunali della nostra provincia, oggi retteda commissari straordinari.Affinché possa avvenire, questo riscattodella politica, bisogna però che ai cittadinisia restituito il diritto di eleggere i proprirappresentanti. Senza questo diritto fonda-mentale, inutile cercare di ripartire. Tuttoresterà come prima, come adesso. Per que-sto motivo, non possiamo smettere un soloistante di pretendere che insieme ai sacri-fici che tutti saremo chiamati a fare (e spe-riamo in maniera equa) ci sia ridato il votocon una nuova legge elettorale, che resti-tuisca la voglia di andare a votare, la facoltàdi scegliere chi mandare nel prossimo Par-lamento e la possibilità di interloquire econtrollare i nostri eletti.Ripartire dal più elementare dei diritti: noncosta nulla allo Stato. Ma è il bene più pre-zioso che abbiamo avuto dalla lotta al fa-scismo e dai padri costituenti. Diamo rettaai mercati, non possiamo farne a meno. Maintanto che sia democrazia vera e piena.

COMUNICATOSTAMPA

Il Sindaco di Ugento avv. Massimo Leccied il Capogruppo Consiliare geom. Ales-sio Meli esprimono all’Assessore Anto-nio Ponzetta vivo compiacimento per ilsopravvenuto provvedimento di archivia-zione, emesso dall’Autorità Giudiziaria,a testimonianza dell’assoluta estraneità aifatti ascrittigli in prima fase e di cui sindall’inizio non si aveva alcun dubbio.Nel contempo condannano con forza legravi strumentalizzazioni politiche espli-citate nei giorni scorsi, dai segretari deipartiti di centro-sinistra (Fernando Fra-casso per il PRC; Enzo Primiceri per ilPD; Gianfranco Coppola per l’IDV eMarco Colitti per il PDCI) i quali, in spre-gio delle più elementari norme sulla pre-sunzione di innocenza sino a condannadefinitiva, non hanno esitato a chiedere ledimissioni dell’Assessore Ponzetta, anchesolo in presenza di un avviso di conclu-sione delle indagini preliminari.A tal fine invitano i menzionati segretaridi partito a trarre le dovute conseguenze,atteso che la temerarietà delle dichiara-zioni formalizzate in un documento sot-toposto addirittura all’attenzione di SuaEccellenza il Prefetto, non può passareinosservata. Per quanto sin qui esposto, invitano l’As-sessore Ponzetta a continuare ad eserci-tare con serenità, la delicata funzioneassegnatagli, nella consapevolezza che laCittadinanza saprà valutare con obietti-vità, gli ambiziosi risultati che si an-dranno a conseguire, conformemente alprogramma amministrativo.

Frontespizio del fascicolo contenente il progetto della Costituzione della Repubblica Italiana, appartenuto all’on. Giuseppe Codacci Pisanelli, membro della “Comissione dei 75”,in seno all’Assemblea Costituente, che elaborò nel 1947 il testo della legge fondamentaledello Stato. Per gentile concessione della figlia Biancaneve.

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di Manuela Zuccalà

39° Parallelo • Dicembre 2011 pag. 6

Acirca unanno dal

mio arrivo nellaPro Loco di Tig-giano, posso ti-rare le sommedella mia pre-senza all’internodi questa Asso-ciazione. Sonoarrivata il 1° feb-braio 2011; ma il

lavoro effettivo è iniziato il 26 marzo 2011.La ragione? Ero appena diventata mamma,per questo, il giorno stesso della pubblica-zione della graduatoria, nella quale risul-tavo essere la prima, sono iniziati icommenti positivi ed anche negativi. Nelgruppo degli interessati a vario titolo,ognuno ha detto la sua. Ma sono andataavanti, senza pensare a ciò che si diceva,interessata solo a ciò che dovevo fare, infunzione della mia presenza in Pro Loco.Non escludo che avrei potuto dare di più.Ma sono anche consapevole di avercelamessa tutta. Ho di sicuro raggiunto risul-tati apprezzabili grazie anche ad alcunepersone che mi hanno capita e soprattutto

hanno capito la mia situazione. A tal pro-posito vorrei ringraziare in primis il caris-simo presidente Massimo che (a volteanche a distanza) mi ha permesso di svol-gere i miei compiti serenamente, anche insua assenza. Un grande grazie lo devoanche alla mia OLP Maria Antonietta Mar-tella. Ha saputo darmi una mano nei mo-menti di incertezza, molto preparata edisponibile su qualsiasi argomento e situa-zione. Grazie anche al Direttivo e ai socidella Pro Loco che, pur non conoscendomiprima, mi hanno accolta come si suol dire“come una di casa”, grazie alla Redazionedi 39° Parallelo che mi ha permesso di farepubblicamente questi ringraziamenti. Gra-zie alla Sig. ra Annita D’Alessio semprepronta con il suo: “Nu piamu nu cafè fri-scu?” oppure “U cafè nu lu voi?”. Un gra-zie anche a tutti coloro che (nonconoscendomi), vedendomi per la primavolta hanno detto: “Ma…de Tiscianusii?”, grazie ai dipendenti comunali sem-pre disponibili e gentili. Grazie, infine, atutti coloro che avendomi conosciutahanno condiviso la mia presenza e apprez-zato il mio impegno all’interno della ProLoco, pur essendo tiggianese d’adozione.

Puntuali come ogni anno, anche que-st’anno i Soci della Pro Loco si sono ri-

proposti di trascorre una domenica tuttiinsieme in allegria. L’appuntamento era perle 13 circa del 20 Novembre presso il Ri-storante “Grotta Matrona” in Marina Serra.Anche quest’anno, la partecipazione è stataassai numerosa, intere famiglie, soci, pa-renti ed amici.

L’obiettivo principale sempre lo stesso: di-vertirsi in buona compagnia e soprattutto inallegria. Eh.. si, l’allegria non è propriomancata grazie al buon vino proposto, cheha accompagnato il delizioso pranzo a basedi pesce, conclusosi con il taglio dell’ormaiimmancabile torta Pro Loco/ Chantilly.Per tutta la durata del pranzo non ci sonostati momenti di calma/noia perché, pun-tuali come orologi svizzeri, alcuni presenti,

sempre pronti per un brindisi hanno coin-volto tutti i tavoli a assaggiare un sorso dibuon vino.Prima del taglio della torta, il PresidenteMassimo Alessio ha colto l’occasione perringraziare innanzitutto i presenti, poi il pro-prietario del ristorante e tutto il suo staff einfine tutti coloro che collaborano con laPro Loco di Tiggiano. Il Presidente ha poi

insistito ad averevicino a sè i com-ponenti del diret-tivo, mentre allaprof.ssa BiancaParis e al Sig.Otello Nuccio èstato chiesto unbreve intervento econcesso l’onoredel taglio dellatorta.La giornata si èconclusa con laconsegna, da parte

del Presidente, di un piccolo pensiero aisoci della Pro Loco con il sottofondo musi-cale e soprattutto vocale di alcuni soci, tracui l’insostituibile Otello.Con l’augurio che l’anno prossimo ci sipossa ritrovare ancora una volta tutti in-sieme e magari ancora più numerosi, il di-rettivo della Pro Loco e Manuela colgonol’occasione per augurare Buone Feste a tuttii lettori di 39° Parallelo.

Tiggiano è un piccolo centro a metàstrada tra la più nota cittadina di Tri-

case ed il tratto del mar Adriatico prossimoa Santa Maria di Leuca.La storia del paese è legata a quella delSanto Patrono, Sant’Ippazio, vissuto nel IIIsec. Le notizie storiche, miste a leggenda,ci informano che la santità di Ippazio ègiunta nel Sud Italia quindi a Tiggiano dalMediooriente nel XIII sec. e non andò piùvia, perché trattenuto dalla straordinaria de-vozione popolare.Con i tempi, Sant’Ippazio acquisì la famadi miracoloso guaritore dei malanni del-l’apparato genitale maschile e dell’ernia in-quinale, probabilmente perché ne fu eglistesso a lungo sofferente per un tremendocalcio ricevuto nel basso ventre.Numerosissimi erano i fedeli che accorre-vano a Tiggiano per chiedere al Santo laguarigione, tanto che si decise di fissare ilgiorno del suo onomastico al 19 gennaio,appuntamento annuale dell’unica fiera pae-

sana. Molto nota nel Sud Salento per esserela prima dell’anno; e per la presenza sullebancarelle, oltre a merci di ogni genere, delpopolare ortaggio di nicchia che è la pesta-naca.Proprio in quel periodo dell’anno la pesta-naca raggiunge il suo punto ottimale di ma-turazione, ortaggio sottoposto a cure edattenzioni particolari, in quanto è tantobuono da gustare, quanto difficile da colti-vare. Pur appartenendo alla famiglia dellecarote, essa si distingue per la sua colora-zione, giallo viola assai diverso da quelloarancione o bianco delle altre più comuni.Ma il vero pregio della pestanaca è nelgusto, difficile da descrivere ma capace difar subito sentire l’alta qualità del prodotto,la ricchezza del beneficio nutrizionale perla forza delle sue sostanze antiossidanti edantinfiammatorie. Se la storia del paese è strettamente legataa quella di Sant’Ippazio, innegabile è il le-

XIV Edizione Sagra della “Pestanaca Sant’Ippazio”

game con la pestanaca, l’ortaggio che sim-bolicamente allude all’apparato protettodalle sue facoltà taumaturgiche. Fra le co-munità del basso Salento, sensibili al valore

delle antiche tradizioni radicate nel legameUomo-Natura, c’è anche Tiggiano. La ProLoco si muove oramai da anni in tale dire-zione. I risultati affiorano già con la rivalu-tazione della vigilia del Santo Patrono (18gennaio), giorno in cui dalla notte deitempi si viveva con gioiosa attesa l’appros-simarsi della festa, si assisteva all’arrivo deinumerosi venditori che il giorno dopoavrebbero tappezzato tutto il paese con iloro prodotti: utensili, piante, cibarie di ognigenere ed animali. A vivacizzare la vigiliadel Santo Patrono, ora c’è anche la “Sagradella Pestanaca Sant’Ippazio”, giuntaormai alla XIV edizione.La sagra garantisce la vendita delle pesta-nache e di un altro prodotto di nicchia cheè quello delle “sciscele” (giuggiole). Mapromuove anche la presenza di altri prodottie soprattutto offre la possibilità di degustarenumerosi piatti preparati a base di pestana-che: ravioli, salsiccia, pittole, risotto, dolciecc... La serata, di solito allietata dalla pre-senza di artisti salentini dà corso alla pre-miazione delle pestanache più belle e diquelle più strane, scelte tra i cesti presentatida produttori ed appassionati coltivatori.La sagra fa da traino a quella che è la verafesta del Santo Patrono, il 19 gennaio, gior-nata arricchita da un vastissimo programmareligioso e dalla presenza di numerosissimipellegrini che giungono da tutti gli angolidel Salento.Invitiamo tutti a farci visita: il 18 gennaioper la Sagra durante la quale si possono ac-quistare le pestanache e con l’occasionepartecipare in qualità di degustatori al con-corso “La Pestanaca”, e il 19 per la ricor-renza della festività di Sant’ Ippazio.

Massimo Alessio

Pranzo Sociale 2011

QQUUAASSII UUNN AANNNNOO DDII SSEERRVVIIZZIIOO CCIIVVIILLEE

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pedito di compiere esperienze per evitareogni possibile frustrazione, ma non lo è ne-anche quello che ostenta atteggiamenti daadulto precocemente cresciuto.Non può considerarsi libero l’adulto chevive ripiegato su se stesso ignorando, o fa-cendo finta di ignorare, l’esistenza dell’al-tro, come non lo è chi vede gli altri infunzione di sé e pretende di dettare legge.Come è facile comprendere, la libertà vaeducata a tutte le età e, soprattutto, orien-tata verso forme di socialità/condivi-sione/partecipazione nei contesti di abitualefrequentazione. Quello più naturale è la famiglia ed è quiche ogni individuo trova le coordinate allapropria libertà: le figure educative che in-carnano la regola, i fratelli che limitanol’egocentrismo ed avviano quella salutarecapacità di condividere ambienti, spazi og-getti e perfino gli stessi genitori.Alla famiglia segue la scuola che, di fatto,non limita in maniera impersonale la libertàindividuale, ma la “canalizza orientandola”verso comportamenti socialmente accetta-bili. La scuola, quale ambiente preposto al-l’educazione ed alla formazione indivi-duale, attraverso tutti i saperi disciplinarisempre più complessi, apre gli orizzontiverso una libertà che diventa partecipazioneimpegnata e responsabile. Essa si rea-lizza… quando ciascuno è capace di espri-mere e rispettare punti di vista, organizzareil proprio pensiero e comunicarlo, assu-mersi le responsabilità delle proprie azioni,esprimere pareri oggettivi sulle proprie e suquelle degli altri, decidere in piena autono-mia, cogliere i valori del bene del bello edel giusto… Ciascuno è libero quando è ingrado di partecipare sia al processo di edu-cazione, sia anche a quello di costruzionedel sapere.Da circa dieci anni nell’Istituto Compren-sivo di Tiggiano, proprio per educare la li-bertà individuale ed aprire la strada dellapartecipazione attiva e responsabile, è statoistituito il Consiglio Comunale dei Ragazziil cui progetto recupera gli obiettivi dellaConvivenza Civile trasversali alle disci-pline del curricolo.

39° Parallelo • Dicembre 2011 pag. 5

di Bianca Paris

“La libertà non è star sopra un albero,non è neanche il volo di un moscone, lalibertà non è uno spazio libero, libertà èpartecipazione.” (Caberscik Giorgio1939-2003).Avrei potuto sicuramente attingere adaltre fonti, magari della cultura classica,per andare alla ricerca di una citazione sulconcetto di libertà, ma quella del cantau-tore milanese, Giorgio Gaber, mi è parti-colarmente cara per una serie di motivi.Le sue canzoni le canticchiavo nei pome-riggi domenicali, dopo i compiti, lascian-domi stordire dal suono del nostromangiadischi a pile che improvvisamente“dava forfait” storpiando letteralmentesia le voci che i suoni. Si era negli Anni ’60 e chi se lo potevaconcedere comprava, o si faceva prestare,i neri dischi di vinile rigorosamente 45giri per ascoltare quelle canzoni che, inseguito, avrebbero segnato un’epoca.Non voglio vantarmi di aver ascoltatobuona musica sin da ragazza, né per ilfatto di appartenere alla categoria di chi“poteva” acquistare i dischi, ma uno deisettimanali che papà ci concedeva di leg-gere regalava un disco a numero…cosìho conosciuto Giorgio Gaber, poi ho con-tinuato ad ascoltarlo.I suoi testi, almeno all’inizio della car-riera, non si discostavano tanto da quellidei suoi colleghi: il tema dominante del-l’amore, la ragazza da conquistare, unacerta ironia nei confronti della vita flui-vano sotto forma di versi che avrebberopoi trovato una melodia orecchiabile finoa diventare canzoni da Hit Parade. Solo in un Gaber molto più maturo sonostati toccati i grandi temi sociali, dalla so-litudine della grande città da colmare inuna serata al bar, alla routine quotidianache ammazza, alla ricerca di una demo-crazia nella quale tutti siamo ugualmenteliberi di partecipare.Il testo dal quale è stata stralciata la cita-zione fa riflettere sul concetto di libertàche, dal punto di vista dell’autore e nonsolo, non si realizza nel raggiungere ilramo più alto di un albero: una volta ar-rivati in cima ci si rende conto di esseremeno liberi di prima e ci si arrovella ilcervello alla ricerca delle strategie piùidonee per una discesa senza incidenti. Ilvolo, gesto che incarna la libertà per ec-cellenza, non appaga il bisogno di essere,

Non è esperienza quotidiana, ma così, ditanto in tanto, accadono fatti che da

soli, e senza averne l’aria, riportano la bi-lancia del nostro sentire in equilibrio.Di norma, povero sentire povera sensibilità,presi a calci in faccia senza scuse (e senzaattesa di scuse). Perché quei calci sono me-tafora, non rompono le ossa. Ma intristi-scono l’anima. Piano piano, con la polveredell’abitudine, appannano le cose autenti-che, quelle di valore, e fanno brillare i ta-roccamenti.Forse la vera volgarità consiste in questatruffa.Ben vengano allora tutte, ma proprio tutte,le occasioni capaci di soffiare su quella pol-vere, e dare un po’ di ossigeno tutt’intorno.

LIBERTÀ È PARTECIPAZIONEdi Concettina Chiarello

o sentirsi, liberi dal momento che mille po-trebbero essere gli imprevisti tesi a trasfor-marlo in una trappola. Icaro, il leggendariopersonaggio dell’antichità, pagò con la vital’ebbrezza del volo!Un grande spazio, sia esso geograficamenteinteso o anche come un foglio da riempire,disorienta e limita allo stesso modo di unospazio angusto.

Ed allora che cos’è la vera libertà?La libertà, come sostiene il cantautore mi-lanese, è insita nella PARTECIPAZIONE.Ma al di fuori di tale ambito nobile checos’è la libertà?Tutti, chi più chi meno, ci siamo posti la do-manda giungendo a conclusioni non sem-pre “comode”: la propria libertà infattitermina là dove inizia quella altrui. Ed èproprio questa consapevolezza che cispinge ad accampare mille scuse pur di giu-stificare le nostre azioni non proprio da per-sone libere.L’uomo nasce libero, è vero, ma se non sieduca in lui il modo di gestire e utilizzare lapropria libertà essa stessa finisce, parados-salmente, per imbrigliarlo nelle trame di unegoismo esasperato.Non è libero l’infante, o il bambino, cheviene continuamente limitato nella difficileconquista dell’autonomia, magari per ec-cessiva prudenza, o paura, da parte degliadulti, al contrario non si può considerarelibertà l’onnipotenza volitiva ed esecutiva(voglio e posso) che lo porta a fare ed otte-nere tutto ciò che vuole.Non è libero il ragazzo al quale viene im-

Anche quest’anno, come per i precedenti,dovendo procedere alla nomina del nuovosindaco dei ragazzi è stata organizzata labellissima cerimonia del passaggio diconsegne. Sabato 12 novembre alla pre-senza della dirigente scolastica, prof.ssaAnna Grazia Galante, dei compagni dellaScuola Primaria e Secondaria di PrimoGrado, dei docenti dei due ordini di scuolae dei genitori delle due “ragazze sindaco”c’è stata la famosa consegna della fasciaazzurra: il testimone della partecipazione.Giulia Lazzari, che ha ricoperto l’incaricodi sindaco per ben due anni consecutivi eper tre quello di vicesindaco, ha ceduto ilposto a Letizia De Francesco classe IIIsez. A. Bella e significativa l’immagine di duegiovani ragazze il cui abbraccio è scatu-rito dalla stima reciproca e dalla libertà in-teriore.Sicuramente coreografico l’Auditoriumrisuonante delle note dell’inno di Mameli,ma sicuramente beneaugurate la volontàdei nostri alunni ad iniziare un percorso diintenso impegno non politico, ma parteci-pativo.Il Consiglio Comunale dei Ragazzi, in-fatti, è un organo di partecipazione attivae responsabile alla vita della scuola, oggi,e nel futuro a quella della Comunità di ap-partenenza. Sono sempre più profonda-mente convinta del fatto che l’eserciziodella partecipazione lasci traccia profondain chi ne ha fatto esperienza e che la stessaispirerà le azioni future dei nostri alunni.Visibilmente soddisfatta, la dirigente sco-lastica ha formulato un augurio partico-lare al sindaco uscente, le ha dettostringendole la mano: “Spero che tu possadiventare un giorno sindaco della tua Co-munità!”Al nuovo sindaco dei ragazzi ha augurato,invece, di continuare sull’esempio dellacompagna additando ai propri coetanei lastrada della partecipazione perché parte-cipando si diventa uomini liberi.L’impegno a partecipare è stato subitoraccolto dal Sindaco dei Ragazzi che harealizzato la sua prima uscita pubblica do-menica 13 novembre in occasione dellaCommemorazione dei Caduti di tutte leguerre. Degna di nota è stata anche la pre-senza dei compagni che la affiancherannonel corso dell’anno. Buon lavoro e buonapartecipazione a tutti e a ciascuno!

Un incontro un po’ speciale

Non occorrono grandi eventi, anzi a farquesto tipo di miracoli, insuperabili sono ifatterelli, quelli minimi senza fanfare.Proprio come l’incontro che la sottoscrittaqualche giorno fa ebbe in quel di Specchia.Chi non conosce il luogo, immagini unpaese accoccolato in cima ad una collinetta,un paese che sembra intento a diffondereintorno a sé una luce morbida appena do-rata: il colore della pietra leccese, cheun’Amministrazione comunale, intelligente

lungimirante e carica di buon gusto, ha sa-puto valorizzare alla grande.In quell’incrocio di stradine piazzole vicoli,ecco materializzarsi una coppia straordina-ria. Perché, fuor dall’ordinario, è la sua ca-pacità di essere antitetica.La incontri e subito avverti che si tratta dipersone vere. Niente fronzoli, tutta so-stanza, ricchezza umana.Lui il marito, fa il pittore. Lei, la moglie,l’insegnante. Abitano nel centro storico diSpecchia, in una casetta che è tutto un innoall’essenzialità, ossia a quanto basta per vi-vere con grande dignità nel colore reci-proco.Sul tavolo tondo del cucinino-soggiorno, simaterializzano bicchierini a calice di fiore;e un profumo antico di terra aspra irta dirocce rovi frutti selvatici. È il profumo del-l’infuso liquoroso di mirto che il pittore ric-cioluto nella barba e nella chioma, mesceper noi.

E noi ad annusare l’aria di tutta la Sardegnanel fruscio delle sue “Canne al vento”.Tornerò a parlare di questi personaggi belliperché veri, dopo che avrò visionato la mo-stra del nostro pittore; ospite di una seratatutta da ricordare.

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essere privato di un servizio essenziale perla vita quotidiana, soprattutto per i ceti piùsvantaggiati.Alla salvaguardia almeno degli attuali stan-dard nell’offerta ferroviaria statale deve ag-giungersi la sempre auspicata e mairealizzata ristrutturazione del servizio su ro-taia delle Ferrovie Sud Est e la loro trasfor-mazione in rete metropolitana con unincremento cadenzato delle corse, idoneo aconsentire un più efficiente collegamentointerno nel territorio salentino, che possacostituire una valida alternativa al mezzo sugomma, con ricadute positive anche sulpiano ambientale.

39° Parallelo • Dicembre 2011 pag. 10

di Luca Musio

di Giorgio Serafino

La ventilata soppressione da parte diTrenitalia di numerosi convogli sulle

linee colleganti Lecce con il centro-nordd’Italia ha riportato drammaticamente d’at-tualità il mai risolto problema della realiz-zazione di un adeguato sistema di trasportosu rotaia, idoneo a fungere da volano peruno stabile decollo economico delle nostreterre. La riduzione delle corse riguardanti ilSalento dimostra inequivocabilmente la vo-lontà politica ed economica della nostraclasse dirigente non solo di rinunciare ad unulteriore ampliamento del ruolo della ferro-via per lo sviluppo del Mezzogiorno, maaddirittura di ridurre le opportunità di tra-sporto su rotaia per le nostre terre, condan-nandole inevitabilmente ad un ancora piùaccentuato isolamento ed all’emarginazionedal resto della comunità nazionale ed inter-nazionale, a dispetto della trita retorica me-ridionalistica sempre presente nei vuoti edinsolenti proclami dei governanti di turno.Tale pericolosa involuzione della politicadei trasporti pubblici nel Sud (cui fa daumiliante contrappeso una da sempre privi-legiata attenzione verso le altre aree più fa-vorite del nostro paese) è ancor piùinaccettabile e iniqua se si considera il

IL BINARIO E’ SEMPRE PIU’ MORTO

Ulisse, fosse vissuto ai giorni nostri,forse avrebbe preferito affrontare la

sua di Odissea, piuttosto che quella che af-frontano gli italiani, ogni giorno, con imezzi di trasporto. L’uso della parola “ita-liani” non è casuale: quello del trasportopubblico è, infatti, un problema che ri-guarda tutta l’Italia. Noi salentini o, meglio, tiggianesi, ci la-mentiamo delle nostre Ferrovie del SudEst e del loro essere tremendamente pocoefficienti. Basti pensare che la tratta Tig-giano-Lecce, lunga 60 km circa, si per-corre in media in 75 minuti, fino adarrivare ad un massimo di 95 minuti. Que-sto è naturalmente il tempo di percorrenzaprevisto. Sì, perché con i treni del1958/1959 (a quei tempi risalgono le fa-migerate automotrici Breda, al secolo lit-turine) un passeggero parte senza saperequando arriverà, se arriverà. L’”anzianità”dei treni, tuttavia, è solo l’ultimo dei pro-blemi di una tratta che vede Tiggiano svol-gere solo il ruolo di fermata, tra l’altro,non sempre effettuata. Infatti, da Magliein su, sono attivi già dall’anno scorso inuovi treni ATR, per intenderci, i “FrecciaRossa” del Salento. Da Maglie in giù in-vece, quindi ahimè anche per Tiggiano, la

struttura della ferrovia è ancora quella deitempi del Fascismo, non toccata, dunque,da quei lavori di manutenzione e ammo-dernamento, necessari per consentire ilpassaggio, anche fino al Capo di Leuca,dei treni “veloci”. I problemi che però de-terminano un tale tempo di percorrenza

lungo e travagliato cammino che il nostrosistema ferroviario ha dovuto affrontare perraggiungere standard di qualità di servizioalmeno dignitosi, specie se raffrontati con ideprimenti livelli di arretratezza in cui fumantenuto per numerosi decenni, anche nelsecondo dopoguerra. In proposito è suffi-ciente ricordare che sulla linea Bari-Lecce(andati negli anni fortunosamente a vuoto iripetuti tentativi di declassarla a mera trattaregionale, escludendola dai convogli alunga percorrenza) l’elettrificazione è stataresa operativa solo nel giugno 1996, mentreil doppio binario (e la conseguente elimi-nazione delle estenuanti soste straordinarieper gli incroci tra i convogli, con gli inevi-tabili rituali ritardi) è stata completata soloalcuni anni orsono, a distanza oramai di unquarantennio dal varo del piano decennaledel 1962 che aveva previsto e parzialmentefinanziato tale opera. Pur con le perduranticarenze ed inefficienze, dovute soprattuttoalla non sempre dignitosa condizione e qua-

lità tecnica del materiale rotabile assegnatoai nostri compartimenti, il servizio ferro-viario statale nel Salento poteva ritenersitutto sommato soddisfacente e idoneo a col-legare adeguatamente almeno la città diLecce con il resto d’Italia e anche con ipaesi europei posti sui confini settentrio-nali.Il profilato peggioramento dell’offerta fer-roviaria per il Salento rischia di compro-mettere in brevissimo tempo ogniprospettiva di adeguato sviluppo di un si-stema di trasporti integrato tra rotaia, stradae aria, ossia la modalità indispensabile perpromuovere i flussi commerciali e turisticiassolutamente necessari per il progressoeconomico e sociale delle nostre comunità.Le nostre classi dirigenti locali, quindi, nonpossono esimersi da un deciso e coordinatointervento di sensibilizzazione dei compe-tenti enti di gestione per impedire questescelte sciagurate e pesantemente penaliz-zanti per il territorio salentino, che non deve

Il difficile mestiere del pendolare…

sono altri. Quello più importante è sicura-mente la presenza del binario unico su tuttala tratta. Inoltre sono poche le stazioni incui, nonostante la presenza del secondo bi-nario, vengono effettuati gli incroci tra treni(ad esempio tra Maglie e Tricase, vi è lasola Poggiardo). Senza poi tralasciare lagrave arretratezza del “sistema logistico”:in una società che vive di tecnologia, è tuttoancora troppo “manuale”, a partire dall’ab-bassamento dei passaggi a livello. Emble-matico, e forse di preavviso per i futuriviaggiatori, è lo slogan delle Ferrovie delSud Est: “Il biglietto si paga, ma l’avven-tura è gratis”. Sicuramente la società chegestisce il trasporto ferroviario e, in parte,automobilistico nel Salento e non solo, conquesto slogan voleva fare riferimento alpaesaggio fatto di muretti a secco e campa-gne sterminate che si attraversano con iltreno durante il viaggio; ma chi affrontaogni giorno la tratta Gagliano-Lecce, facil-mente può prenderla come una presa ingiro.Ma se può “consolarci”, non siamo soli.Forse c’è, addirittura, chi se la passa peg-gio. Salendo un po’ per la nostra penisola,troviamo un gruppo molto nutrito di “Ulissedei nostri giorni” a Roma. Naturalmente ci

sono notevoli differenze di utenza tra il no-stro caso e quello della città eterna: bastipensare che Termini è la più trafficata sta-zione ferroviaria d’Italia e tra le prime tred’Europa, con circa 850 treni al giorno, traarrivi e partenze, e 480.000 passeggeri algiorno, per un totale di circa 150 milioni diviaggiatori all’anno. Cifre così, nel nostroSalento, è facile pensare che non si rag-giungano in mezzo secolo. Roma, tuttavia,dovrebbe essere pronta o, comunque, mi-gliorarsi per garantire un servizio efficienteper un’utenza tanto ingente. Ma qui il con-dizionale è d’obbligo.Termini, inoltre, è anche un importantesnodo della metropolitana. Mezzo di tra-sporto fondamentale per Roma, i “treni sot-terranei” risultano essere sovraffollati ingran parte delle ore del giorno. Si stima chela metro A trasporti quotidianamente più di450.000 passeggeri; considerando che ognigiorno vengono effettuate 486 corse, i pas-seggeri in media per ognuna di esse risul-tano essere più di 925. Un po’ meglio vasulla metro B: qui i passeggeri giornalierisono 300.000, che distribuiti in 428 corse,danno una media di 700 per ogni corsa. Aproposito delle metropolitane, imbaraz-zante è il confronto tra Roma e le altre prin-

cipali capitali europee: la “città eterna”può infatti contare solo su due linee (conuna terza in costruzione), mentre Parigi su16, Londra e Madrid 12 e Berlino 10. La situazione non è migliore sulle ferro-vie regionali. Prendiamo come caso-sim-bolo la tratta Roma-Velletri. È attraversataogni giorno dalle migliaia di lavoratori estudenti che devono raggiungere posto dilavoro o Università nella Capitale, moltidi più di quanti ogni giorno percorrono latratta Gagliano-Lecce con le nostre Ferro-vie del Sud Est. Ma la situazione sembraessere peggiore rispetto alla nostra. “Iltreno 7226, proveniente da Velletri e di-retto a Roma Termini, arriverà con 10 mi-nuti di ritardo. Ci scusiamo per ildisagio.”: questa è la frase che puntual-mente ogni giorno (nei casi migliori), ipendolari sentono dall’altoparlante dellapropria stazione lungo la tratta Roma-Vel-letri. Ormai ci si ride anche su e, nell’ariafredda della mattina, si sentono una seriedi “lo sapevo” o “ti pareva”. Anche qui iproblemi sono legati alle arretrate condi-zioni infrastrutturali che caratterizzano iltratto tra Ciampino e Velletri. Per percor-rere i 41 km, di cui consta la tratta (conben 13 passaggi a livello), si impiegaspesso anche molto più di un’ora. Il pro-blema maggiore è il binario unico: infatti,solo i primi 14 km, corrispondenti allatratta fra Roma Termini e Ciampino, pre-sentano una circolazione a doppio binario.Poi solo un binario e l’incrocio tra convo-gli è possibile solo in tre stazioni su otto.I treni sono molto più moderni dei nostri(dei primi anni del 2000) e raggiungonovelocità notevolmente superiori, ma nonsono più confortevoli delle nostre littu-rine: i guasti tutt’altro che rari e le car-rozze sovraffollate all’inverosimile, specienelle ore di punta, ne sono prova.Insomma, come si dice in questi casi,“tutto il mondo è paese” e il pendolare stadiventando sempre più un mestiere. Unmestiere molto difficile: basti pensare altempo impiegato, alle energie fisiche, masoprattutto nervose, sprecate. Intanto,Ulisse ringrazia ancora di non dover fare ilpendolare degli anni 2000.

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di Bianca Paris di Carlos Simao

39° Parallelo • Dicembre 2011 pag. 9

Mi arriva un libro, forse nel momentoacuto della quotidiana confusione

cartacea. Un’occhiata, un passaggio dimano; e del libro si perdono le tracce. Allalettera.Poi, ma molto poi, eccololì che , birbante, salta fuorida dove non te l’aspetti, esembra si diverta da mattia farti cucù. E forse si di-verte davvero, con quell’il-lustrazione di PaolaChartroux in copertina: unbel ciuco giovane, orecchietese, sguardo arguto,zampe accavallate, sedutoaccanto ad un drink, conun fare da gagà imperti-nente.Complimenti all’Editoreper l’assonanza creata tra il frontespizio eil contenuto di queste 129 pagine.E complimenti all’autore di questi 19 boz-zetti tutti, ma proprio tutti, da godere.Ma andiamo con ordine, l’autore èOsvaldo Casto, un signore che risiede a Fi-renze, ma che, salentino d’origine, dal Sa-lento non si è mai staccato né con la mentené col cuore né soprattutto con la memoriadei colori, odori, sapori, usi, costumi e tra-dizioni di questa terra. Con tutta evidenzail ceppo di origine è ancora radicatissimonella sua anima, fiorisce da decenni e sem-bra rinverdire con il tempo.Non si tratta di nostalgia. Osvaldo Castone è lontano le mille miglia; la nostalgia,sentimento lene, un po’ decadente, este-nuante non gli appartiene. Queste pagine risultano vive e robuste per-ché sprizzano brio ironia umorismo. È sibadi, senza mai incappare nei luoghi co-muni della salentinità.L’autore ha l’abilità di farne affiorare il di-

stillato, l’essenza dalla patina del tempo,in modo fresco vivo, alla faccia del rullocompressore della omologazione che tuttotende ad appiattire.

No, signor piallatore, con illavoro di Osvaldo Castonon ce la fai. La capacità diquesto autore di far rivi-vere il passato è più fortedel tuo marchingegno.Si è scritto molto sulla let-teratura della memoria. Èstato detto (e a livelli pre-gevoli): il passato è belloperché non duole più. Edanche: la nostra sete dellapromessa felicità è taleche, giunti alla maturità, enon avendola trovata, ci ri-volgiamo al passato per il-

luderci di averla vissuta allora.Osservazioni raffinate, con tutta evidenzaconoscitrici dei meandri della signora Psi-che; ma non calzanti nel caso in oggetto.L’autore di queste piacevolissime pagine èpersona che non ha alcun bisogno di andara ripescare gioia nel passato; perché quellagioia, quella freschezza ce l’ha dentro, l’haportata con sè attraverso gli anni, e nonl’ha fatta mai appassire.Ed ora ha il buongusto di offrirla ai lettori,per regalare loro momenti di tenerezza,umorismo, ilarità, a livello genuino. Inu-tile forse sottolineare che in tempi di arti-fici e mistificazioni, come gli attuali, undono del genere è una boccata d’ossigeno.Si, è inutile, superfluo.Ma chi scrive, presa dall’entusiasmo di ciòche ha appena letto, non esita. E ne sotto-linea la freschezza appunto l’ossigeno. Epoi rimane in attesa per vedere chi e conquali argomentazioni riesce a confutaretale giudizio.

Questa raccoltadi poesie di

Maria Pia Romano,beneventana di na-scita ma salentinad’adozione e ora ba-rese per ragioni dicuore, all’insegnadella liquidità,dell’umore acqueo,più che al “Pantaréi” (Tutto scorre)

del filosofo greco Eraclito e alla “invidaaetas” e al “carpe diem” oraziani (il tempoche tras/corre e la necessità di cogliere leoccasioni che ci offre la vita), concetti rap-presentati dal pittore Salvator Dalì negliorologi liquefatti, attinge la sua ispirazionedall’idea di amore liquido, un sentimentobasato sulla fluidità, la fragilità e la transi-torietà dei legami moderni. Maria Pia ci affascina con un linguaggio fi-gurato, dilatato fino alle estreme conse-guenze per fissare sulla pagina amorivissuti, presi e lasciati, sentimenti profondi,stati d’animo, condizioni esistenziali che sistemperano nei silenzi della notte, nelle so-litudini dei rapporti e nelle atmosfere medi-terranee insolenti di un sud ricco di umori,in cui innamorarsi e perdersi è un tutt’uno. A fronte delle vicissitudini della vita e delle

sue disillusioni si afferma la funzione salvi-fica della scrittura, più volte ripresa semprecon un uso del linguaggio spericolato, mache affascina e fa penetrare nei mille rivolidella esistenza. In “Testamento liquido”,poesia introduttiva della raccolta, che defi-nisce in poche pennellate seducenti la con-dizione dell’autrice come estranea, folle efunambola – tre caratteristiche costitutivedella sua cifra artistica – dichiara che sistruggeva in lacrime d’inchiostro, mentre in“La carne delle mandorle” le ore “sfari-nose” trascorrono “scrivendo voli nel rossodell’anguria”, in “Un altro mare” c’è sem-pre un Sud “a raccontare storie di mare/con le dita fra le reti/ e i pensieri impigliati/tra scogli e carezze… In “La donna che ap-parteneva alle cento pietre”, ritratto potentedi una donna fuori dal tempo eppure imma-nente, scrive “preghiere che sono lettered’amore”. Mentre in “Giostra” restano delnostro vorticoso vagabondare “sputi d’in-chiostro in transito”. Un’altra “Donna chenon aveva mai avuto vent’anni”, perché nonè mai, anzi sempre, esistita, incarnata inquelle figure di matronei femminili pos-senti, rappresentate in posa statica come chidà e prende la vita, dichiara dopo aver pas-sato in rassegna i suoi doni o desideri che“La Scrittura è pietra che ti salverà”, rivoltaalla nostra interlocutrice che si appresta a

farci dono di questo “libro spaginato”,senza ordine ma intenso per le emozioni chesa suscitare nel lettore. In una confessioneintima, da innamorata, non può fare a menodi dedicare al suo amante “fogli per-versi” earriva a rivelargli “che per i tuoi occhi scri-verei libri di-versi”, per poi in un gioco diaffermazioni/negazioni, che troveremo dis-seminate lungo le frementi confessionid’amore e di adesione alla vita, dichiarareche solo “Chi appartiene alla non-apparte-nenza s’innamora del silenzio e delle di-stanze. E scrive storie di pelle e di mare”. L’impulso alla scrittura rappresenta per l’au-trice un punto fermo nel vorticare senzaposa dei sentimenti, trovando comprensionenei lunghi e adorati silenzi che si caricano disignificati profondi. Perciò trova milleespressioni per rappresentarne la caricaemotiva: sono liquidi, spalmati sul tempoche si può ora arrestare, parlano alla storiacome “silenzi del ventre”, urlano come presida insania e follia come “silenzi delle mac-chie di sangue” e cantano “notti di luna incui s’addensano le favole”. “L’uomo senzalibri” non può capire il figlio che lo invitaad orecchiare “nel silenzio delle conchigliela voce del mare”, ossi di seppia scarnificatima che hanno saputo mantenere nel segretodella loro corazza il sapore e l’odore delmare, il suo andirivieni sugli scogli, la linea

dell’orizzonte “che spaura”. Le immaginici consegnano anche “silenzi incurvati”come rami di un mandorlo, che ri/assumonoqui in “La casa delle mandorle” un mondodi affetti altrimenti disperso e, per contra-sto, ci sgomenta quella sensazione di “ru-more assordante della solitudine”. Accanto ai silenzi e al buio delle notti “mac-chiate di luce” sul mare “spalmato di luna”,si affermano i meriggi desolati e irrorati dalbiancore impenetrabile del sole, di un solemediterraneo che qui, ora, provoca arsurama dispensa anche tregua e refrigerio. Su tutto, l’acqua attraversa con la sua mor-bidezza e fluidità le storie degli esseri umanie degli elementi nella sua valenza di vitalitàed elemento lustrale, liquido amniotico chepre/serva la vita. Le poesie di Maria Pia Ro-mano sono espressione diretta delle sensa-zioni che fluiscono come un mareininterrotto di immagini e ci trascinanolungo le inquietudini di una giovane donna,che è fatta di acqua, elemento informale eincontenibile come i suoi affascinanti pen-sieri, una donna che scrive storie di pelle edi mare e che non si cura del principio edella fine delle sue storie, ma fa della circo-larità una condizione da cui sempre ripartiresenza frapporre termini o confini.

Paolo Rausa

Giuseppe Alessio, fin da giovanissimo ri-mane affascinato dal mondo dell’arte,

come dimostrano i suoi percorsi di studio.Nel 1994 si diploma presso l’Istituto Stataled’Arte “G. Pellegrino” di Lecce, sotto laguida dei maestri O. Castelluccio e C. Sal-vaneschi e, successivamente, frequenta l’Ac-cademia di Belle Arti a Lecce, doveconsegue il titolo in “Arti visive e disciplinedelle spettacolo”, sotto la guida del Prof.Luigi Spanò. Giuseppe è la dimostrazionedel legame strettissimo che c’è tra la vita nelsuo scorrere giornaliero e l’arte e, più speci-ficatamente, tra la pittura e i vari capitoli del-l’esistenza.Afferma Carlo Franza, Storico dell’Arte:“tutto il suo mondo parte da una sorta di ca-lata agli inferi e successive resurrezioni.Vita, natura, lo stesso fil rouge di intellettualicome Leopardi, Montale, Girolamo Comi, ealtri, danno idea dell’emozione, anzi del-l’emozione drammatica recuperata dalle sueopere…”. Una pittura di simbologie, fanta-smi e paesaggi in ebollizione, profondissimae fatale, che lega la sua vita e, quindi, la suapittura e la sua arte al pensiero e alla filoso-fia degli autori sopra menzionati.Le opere di Giuseppe Alessio ci portano sulfilo del binomio tra reale e ideale, bellezza etenebre, ragione e sentimento, una sorta didicotomia che scopre e umanizza la materiae la fisionomia del mondo, di un mondo chevive tra ideale e reale, tra emozione e me-moria, tra i sensi e la materialità della vitaquotidiana sospesa tra fisico e psichico.E’ proprio questa dissonanza/assonanza ar-monica tra la propria immagine interiore equella esteriore che non sempre permette direalizzare un’idea perfetta della realtà; ed èancora per questo che, a volte, ci si guardaallo specchio senza ritrovare se stessi. Le opere di Giuseppe Alessio possono essereammirate sino al 13 aprile 2012 nell’ambitodel progetto “Scenari”, presso PLUS Flo-rence, a cura dell’illustre storico dell’arteProf. Carlo Franza; in questo contesto, il no-

stro Giuseppe è candidato al Premio delleArti - Premio della Cultura, al Circolo SellaStampa di Milano, XXIV edizione del 2012.Ma, Giuseppe Alessio, in questi anni, haesposto i suoi lavori anche in diverse mostrea carattere nazionale; solo per citare quellepiù recenti: “Trentatré…” presso la GalleriaMaccagnani di Lecce e presso il Palazzo V.Ciardo – Gagliano del Capo; “ Pesca mira-colosa” presso Castello Carlo V – Lecce;“Duellum bellum” presso Galleria Passepar-tout – Lecce; “Meditazioni” presso Palazzocomunale – Crotone; “Macine” presso Offi-cine Cantelmo – Lecce (vincitore del premio“L’oro del Salento”; “Contemplazioni natu-rali”, presso Bastioni San Giacomo – Brin-disi; “Portobello!... dove sei?”, presso laReggia di Caserta.Dal 23 dicembre al 6 gennaio prossimo, po-tremo ammirare i suoi lavori presso il Pa-lazzo Legari, sito in Alessano.Faccio, dunque, i miei più cari in bocca allupo al nostro concittadino, nella speranzache, sulla sua scia, molti altri giovani del no-stro paese possano coltivare l’arte comeespressione di un gusto di vivere che, oggi,purtroppo, sempre più, si sta trasformandoin un male di vivere, giacchè, come diceva ilfamoso Bertolt Brecht “Tutte le arti contri-buiscono all’arte più grande di tutte: quelladi vivere”. E, oggi, ancor più di ieri, in unasocietà orientata al culto della “morte”, noitutti e, soprattutto i giovani, ne abbiamo ve-ramente bisogno!

www.giuseppealessio.it

UN INVITO ALLA LETTURA

“L’umorismo del ciuco” di Osvaldo CastoGGIIUUSSEEPPPPEE AALLEESSSSIIOO un artista in viaggio...

...nel mondo dell’arte

LLAA SSEETTTTIIMMAA SSTTEELLLLAA ((MMIISSCCUUGGLLIIOO DDII SSEEMMII DDII SSEESSAAMMOO EE RRIISSOO)),, PPOOEESSIIEE DDII MMAARRIIAA PPIIAA RROOMMAANNOO

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39° Parallelo • Dicembre 2011 pag. 7

Concittadini tuttiProprio ieri sabato, 12 novembre, ho avutol’incarico di sindaco dei ragazzi prendendoil posto della mia amica Giulia Lazzari cheegregiamente lo ha ricoperto per ben dueanni consecutivi. Voglio confidarvi che sono emozionata, maonorata di rappresentare l’Istituto Com-prensivo di Tiggiano.Farò del mio meglio per non deludere leaspettative dei miei compagni cercando,soprattutto, di indicare, nel rispetto delle re-gole condivise, la strada maestra per di-ventare cittadini di oggi e del domani.La mia prima uscita pubblica è coincisaproprio con l’odierna cerimonia comme-morativa dei caduti di tutte le guerre. Ogni anno noi tiggianesi ci ritroviamo in-torno a questo monumento simbolo di ri-cordo e gratitudine per quanti esso stessorappresenta.Senza dubbio è emozionante sentir risuo-nare il nome dei tanti nostri concittadiniche sono caduti nel corso di tutte le guerreo in missione di pace in terra straniera. E’ bello sentire il coro delle nostre voci chead unisono affermano che ciascuno di loroE’ PRESENTE, presente nel ricordo dei fa-miliari, nella memoria collettiva, nella sto-ria di questa nostra piccola, ma gloriosa,Comunità.E’ significativo che un popolo si riuniscaper ricordare e onorare la memoria diquanti hanno sacrificato la vita per conse-

gnarci un suolo libero dagli oppressori eduna società migliore.In questo anno nel quale abbiamo tutti ri-cordato il centenario del processo di unifi-cazione dello Stato, le nostre energiedevono essere orientate a mantenere saldal’unità del popolo italiano e della nazione,nonostante le spinte separazioniste che vor-rebbero dividere il Nord dal Sud.Ciò si può, e si deve, realizzare partendodalle azioni semplici e quotidiane, in tuttii luoghi frequentati: in famiglia, a scuola,in parrocchia, in oratorio, sulla strada, inpiazza, nel gruppo di coetanei, nei luoghipubblici… Ovunque ci si può educare a vi-vere l’unità e non la separazione. Viviamo in un periodo difficile, sicura-mente per la crisi economica, ma soprat-tutto per la caduta dei valori che sono allabase del vivere civile: il bene comune, labellezza del creato, la tutela dell’ambiente,la collaborazione, la difesa dei diritti di cia-scuno, la dignità della persona, le diffe-renze politiche, religiose, il rispetto deipunti di vista altrui, non possono essere ba-rattati con niente e per nessuna ragione almondo.Occorre sicuramente tanto impegno, manon dobbiamo arrenderci: spetta a noi piùgiovani, con il sostegno e l’aiuto degliadulti, il compito di difendere la democra-zia, la Costituzione e tutto ciò che è costatosacrificio ed impegno agli eroi della nostraPatria.

Voglio concludere questo mio interventocon due belle frasi che il Presidente dellaRepubblica, Giorgio Napolitano, ha pro-nunciato in una lettera pubblicata su Fami-glia Cristiana “Non lasciarsi travolgeredalla rassegnazione” aiuta a “progettare ecostruire il futuro”.Volgiamo lo sguardo, dunque, al futuro vi-vendo intensamente il presente, senza di-menticare il passato.Viva l’Italia Unita e libera!Viva i nostri eroi! Il loro esempio sia la no-stra guida ed il nostro punto di riferimentoper gli anni a venire.La nostra presenza qui ha un significatoparticolare: tutti crediamo nei valori chesono a fondamento della nostra Costitu-zione: la libertà, la democrazia, l’ugua-glianza, il rispetto della dignità umana, lapace, la collaborazione internazionale.Ciascuno, a seconda delle proprie possibi-lità, è chiamato a contribuire al progressomorale e materiale della società e tanti no-stri concittadini lo hanno fatto immolandola propria vita.Questa sera sentiremo risuonare i nomi dicoloro che si sono battuti per difendere lapatria e consegnarci un paese più civile, piùgiusto e soprattutto libero dall’ incubo dellaguerra.Tutti abbiamo il dovere di “ fare memoria”di coloro che, rispondendo ad una chia-mata, hanno lasciato le proprie famiglie, ilproprio paese per ubbidire al dovere di di-fendere e proteggere il suolo italiano.Tutti, questa sera, siamo chiamati a ricor-dare i due grandi conflitti mondiali chehanno sconvolto il nostro Paese seminandoorrore e morte. Il ricordo, per quanto dolo-roso, ci indica nella soluzione pacifica deiconflitti la strada maestra verso la costru-zione di una società fondata sulla pace.Ed allora vale la pena di riflettere insiemesulla pace che è un valore assoluto: gli uo-mini di tutti i tempi si sono battuti, e conti-nuano a battersi, per costruire e mantenerela pace... eppure nonostante lo sforzo con-tinuo di tutti e di ciascuno, la guerra è sem-pre in agguato. La pace si fonda sul rispettodelle regole in tutti i contesti di vita, ma

tutti sappiamo quanto tale compito sia dif-ficile e, mentre siamo pronti a riconoscerei nostri diritti, non siamo altrettanto solle-citi di fronte ai doveri.E’ proprio il mancato rispetto delle regoleche genera il conflitto ed esso porta alloscontro anche armato.E’ questa la guerra!Essa, a volte, per essere dominata necessitadi persone coraggiose che portino a terminele cosiddette missioni di pace.Tutti abbiamo una missione da compiere, èvero, come figli, come alunni, come citta-dini, come membri di un gruppo... ma chilascia la propria terra per portare la pace inun’altra, diversa e più lontana dalla propria,è una persona speciale, è un eroe. E noi neabbiamo tanti di cui fare memoria.Mai avremmo pensato, però, che l’elencodei caduti di tutte le guerre dovesse acco-gliere anche il nome di un altro nostro con-cittadino... Davide Ricchiuto morto inmissione di pace in Afganistan.E mentre proviamo profonda tristezza peraverlo, prematuramente e tragicamente,perduto, siamo orgogliosi di gridare a tuttiche Davide E’ un Tiggianese. Il suo sacri-ficio ci sia d’esempio e ci guidi a non la-

mentarci inutilmente delle nostresofferenze, piccole o grandi che siano.Viva il suo coraggio e quello dei nostri con-cittadini che lo hanno preceduto, Viva l’Ita-lia, Viva l’esempio di quanti l’hanno saputadifendere ed onorare.

IINNTTEERRVVEENNTTOO DDEELL SSIINNDDAACCOO DDEEII RRAAGGAAZZZZII:: LLEETTIIZZIIAA DDEE FFRRAANNCCEESSCCOODiscorso tenuto in occasione della commemorazione dei Caduti di tutte le guerre e nelle missioni di pace

Natale sta per arrivare. Per noi tigginesi,l’anteprima si celebra la sera del 7 di-

cembre, vigilia della Madonna Immacolata,con la tradizionale “Pittulata”, piatto tipiconatalizio.Al giorno d’oggi in tutto il Salento un piattodi “pittele” si trova in tutti i periodi del-l’anno. In passato bisognava aspettare lafesta dell’Immacolata e/o soprattutto quelladel Natale.Ma tanta disponibilità per tutto l’anno nonsminuisce affatto il fascino della celebra-zione della pittulata come rito. La cornicesuggestiva dell’atrio del palazzo baronale,attuale sede comunale, ne accentua signifi-cato e bellezza. E’ sapore che è intenso eadatto a tutti i gusti. Le signore addette allapreparazione, non si risparmiano certo infantasia. Pittele in tutte le varianti: baccalà,cavolfiore, zucca gialla, al peperoncino equest’anno per i più golosi anche quelle conlo zucchero, per i delicati di stomaco senzanessun ingrediente e per finire le eccellenti

Un’affettuosa e saporita ricorrenza

LA PITTULATA

e particolarissime pittele del tutto prive diglutine. Il tutto calato nella piacevole occa-sione di ascoltare le travolgenti note dellapizzica di Otello e dell’allegra compagnia,

che noi abitualmente chiamiamo “Amicidelle pittele”, e che quest’anno erano vera-mente in tanti, accompagnati anche da fi-sarmonica e violino.

Ogni anno si cerca di dare qualcosa in più edi meglio rispetto all’anno precedente. Avolte si riesce a volte no, in ogni casoanche dietro questa che può sembrare la piùbanale delle tradizioni paesane vi è vera-mente molto lavoro, lodevolissimo perchégli organizzatori sono tutti lavoratori atempo pieno.È grazie a loro se anche quest’anno la tra-dizionale manifestazione è riuscita allagrande, è dunque doveroso ringraziare tuttii partecipanti con particolare riguardo a co-loro che sono l’anima della pittulata: ilProf. Vincenzo Piscopiello e tutte le si-gnore del gruppo che hanno ingentilito conla loro presenza ed il loro lavoro la nostrasana frittura.A questo punto, non resta altro che augu-rarci un arrivederci alla prossima edizionecon un supplemento augurale a tutti di unFelice Natale ed un sereno e prospero 2012.

Massimo Alessio

Passaggio di consegne

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39° Parallelo • Dicembre 2011 pag. 11

Nell’immaginario degli stranieri l’Italia èsempre stata un mito. Probabilmente ali-mentato dalla favorevole posizione geogra-fica, al centro del Mediterraneo, che la fagodere di un clima mite per la maggiorparte dell’anno e che permette una varietàdi prodotti agricoli talmente vasta da di-ventare la base di una dieta alimentare ri-conosciuta salutare in tutto il mondo.Viaggiatori d’ogni tempo hanno ammirato isuoi molteplici paesaggi e scrittori e lette-rati di ogni dove l’hanno sognata nelle loroopere. Poi, aggiungiamo l’atavico estro ita-

lico, grazie al quale sono nati movimenticulturali unici e inimitabili (vedi il Rinasci-mento) che sono sfociati in nuovi modelliartistici, architettonici, letterari, talmentenuovi da dettare la moda in tutta Europa,fino ad arrivare al moderno design Made inItaly, la cui raffinata ed originale artigiana-lità è imitata a tutte le latitudini del globo.Ricordo in un viaggio all’estero che appenapronunciavo la parola ‘ITALIA’ seguivano

LL’’IITTAALLIIAA EE’’ AANNCCOORRAA UUNN MMIITTOO??di Maria Antonietta Martella

una sfilza di richiami da parte degli interlo-cutori: la cucina, la moda, la Ferrari, ilcampionato di calcio, e poi Leonardo,Giotto, Michelangelo, Giuseppe Verdi, Ladolce vita, e così via. Qualcuno ricordavala mafia, ma di solito le considerazioni po-sitive sugli Italiani erano preponderanti ri-spetto a quelle negative. Ma oggi, in questoultimo scorcio di 2011 come ci vedono glistranieri? E il nostro Paese è ancora unmito? Quale quadro hanno gli stranieri dinoi Italiani? Personalmente non ne avreiuna gran considerazione sapendo che la no-stra classe dirigente, faziosa più che mai, èmorbosamente attaccata alle varie poltroneche occupa e che per la maggior parte ècoinvolta in inchieste di corruzione e maz-zette, mentre per la soluzione plausibiledella crisi globale che ci sta mangiando vivisi appella alla solidarietà del popolo italianoe all’unità nazionale! E non sarei dellostesso parere sapendo che, in nome dellaglobalizzazione dei mercati e della deloca-lizzazione delle imprese, che ci aiuta a di-fenderci da una tassazione troppo elevata,propiniamo il Made in Italy sulle etichettedei prodotti italiani fabbricati in India o inBangladesh… Non parliamo, poi, di comebistrattiamo il territorio. Se c’è qualcheforma di memoria storica, quasi non c’ètraccia di memoria collettiva altrimentiqualcuno ‘ricorderebbe’ dove un tempo cor-revano i fiumi e non permetterebbe di co-struirvi quartieri e città! Altro che BelPaese, qui frana tutto, a Nord come a Sud.Colpa dei cambiamenti climatici, dicono inmolti, imprevedibili e incontrollabili. Ah!Non è colpa di chi ha speculato cementifi-cando le colline di boschi? O dei condonivari, ritenuti inopportuni solo dopo avveni-menti catastrofici con vittime innocenti. I

colpevoli? bravo chi riesce a trovarli! Mala cosa curiosa è che tutti sanno comestanno le cose, ma, abboniti dai lustrinidelle soap opera e dei talk show che cihanno propinato per decenni, nessuno faniente per cambiarle e quelli che lo fannosono talmente in pochi… come una gocciad’acqua pulita in un pantano… Siamo ca-paci di orgoglio descrivendo le bellezze delnostro territorio quando vogliamo attrarre ituristi stranieri a visitarlo, ma poi non ce neprendiamo cura e lo affidiamo al degrado ealla criminalità. Così, succede che mentreall’estero intorno a una pietra ‘vecchia’ cifanno le aiuole con i fiori, la rendono ‘an-tica’ anche quando non lo è, e se la vendonoai turisti come una rarità facendola diven-tare un’attrattiva unica nel suo genere, noici facciamo crescere i rovi e la lasciamo im-brattare dai vandali. Tutti sapete cosa è suc-cesso a Pompei: un sito archeologico unicoal mondo, e che il mondo ci invidia, lo la-sciamo sgretolare dalla pioggia che un po’alla volta lo rende cumuli di pietre vecchiee ammuffite. Non oso immaginare cosa neavrebbero fatto gli Americani o i Neoze-landesi! Il nostro patrimonio artistico e sto-rico è immenso, il più ricco del mondo,sembra, e la sua cura, custodia e valorizza-zione risolverebbe in parte il problema oc-cupazionale. Invece no, quando si parla diterritorio e beni culturali non ci sono fondi.Per salvare le televisioni, invece, lì si tro-vano! E questo la dice lunga sul senso delfuturo di un Paese che investe solo per ri-solvere le continue emergenze che da de-cenni si susseguono. D’altronde, quandouno Stato garantisce i privilegi per pochitrasformandoli in diritti acquisiti e non sipreoccupa di garantire i diritti per tutti,quando non premia il merito ma la racco-

mandazione, e, non essendoci il ricambiogenerazionale, permette che i suoi giovanimigliori vadano a realizzarsi altrove, par-tendo non più accompagnati della valigia dicartone dei loro padri e dei loro nonni, macon una laurea e specializzazioni varie intasca, mentre tanti non lo cercano neancheun lavoro perché sanno che non lo trovanoe se ci riescono, più che un lavoro diventaun eterno precariato, vuol dire che ha toc-cato il fondo e il senso del futuro, quello

non ce l’ha più. Così, va bene appellarsi al-l’unità nazionale e al senso di responsabilitàdi ciascuno quando c’è da stringere ulte-riormente la cinghia, ma poi ci aspettiamoin cambio un minimo di solidarietà tra legenerazioni! Forse solo contribuendo allanostra autostima come Italiani potremocontinuare ad alimentare il mito del nostroBel Paese nell’immaginario di molti stra-nieri, che negli ultimi tempi sembra vera-mente vacillare.

“notturni” com-prende sette rac-conti erotici diSebastiano Vilella,già pubblicati neglianni ‘90 a puntatesulla rivista“Blue”. Le am-bientazioni noir elo stile dai neri

densi e dalle luci intense di rimando, ivolti che tendono al grottesco, trasfiguratinella tensione erotica, sono i tratti carat-teristici delle strisce del celebre autore ba-rese. L’erotismo, che si insinuapre/potentemente nei personaggi e che aduna prima lettura sembra travolgerli, inrealtà rappresenta un appiglio di vitalità,l’estrema affermazione di una umanitàderelitta e socialmente perduta. Sottoli-neare questo aspetto è importante perchéessi sembrano vivere al limite della deso-lazione e popolare i bassifondi dell’ul-timo scalino sociale e, invece, sonoumanissimi ed esprimono, pur attraversopratiche estreme di rapporti sessualispesso violenti, proprio in questo modo iloro desideri, le passioni e in fondo il di-ritto alla felicità, quando tutto sembracongiurare contro. Così in “andantespiantato” il filo del racconto è affidato a

NOTTURNI DI SEBASTIANO VILELLA Nazim, un giovane immigrato, o meglio alcaso nella vita di Cecilia che è alla conti-nua e deludente ricerca di un amore e di af-fetto. Trova appagamento nel sesso, maquesto non soddisfa la sua ansia di vitali-smo. L’irrequieta Cecilia assume così lafunzione di metafora della nostra societàche cerca perenne e disperato soddisfaci-mento nell’esotico e nello straniero. Gli am-bienti cupi sottolineano lo stato d’animodella giovane donna e il tratto marcato dellefigure evidenzia lo scarto fra il desiderio el’aspirazione all’appagamento, dolorosa-mente concluso. Mentre in “autunnale”una giovane coppia ricerca il piacere al difuori del rapporto coniugale e sembra tro-varlo in nuovi partner, ma il desiderio e lapenetrazione dei corpi svelano poi il vuotodei sentimenti, salvo la loro riconsidera-zione dopo una cocente sconfitta. “hiver”è l’amore di coppia. E’ Luisa – il ruolo delledonne qui è sempre cruciale - a cercarefuori dal loro rapporto amori fugaci e prez-zolati. A nulla valgono i tentativi di riappa-cificazione dell’ex-compagno, che nonottengono i risultati desiderati. Solo attra-verso una prova squallida capiranno che èpossibile riavviare su nuove basi il loro rap-porto. In “mia madre non mi capisce”anche i rapporti generazionali subiscono ildegrado morale, oltre il quale non resta che

la fine violenta. Il sesso fa degenerarel’umanità in questo rapporto filiale, cor-rompe le anime e prelude inevitabilmentealla tragedia. Nell’“l’imbecille” al giovanepadre non è consentito neppure gioire nel-

l’attesa della nascitura, coccolata nella pan-cia dalla madre che alla fine lo abbandona,perché lo ritiene incapace di adattarsi allanuova situazione. Mentre egli riflette sulladesolazione del loro rapporto, è reso ancorpiù estraniato perché si confessa ancora in-

namorato di lei. Nello strip “passaggi”l’uomo è alla mercé di due giovani donneche si amano sfacciatamente e che locoinvolgono in un gioco di provocazionierotiche, mentre l’oggetto del desiderio sidefila in un’attesa senza tempo. “l’appa-renza”: con “Buonanotte, amore.” sichiude il breve racconto. Il desiderio deicorpi trova sfogo nei rapporti fra amici.La migliore amica della moglie dopo unbreve corteggiamento non si sottrae al-l’amplesso appagando il desiderio di lui –ma non c’è pace! - e al rientro fa appenain tempo a notare la moglie che scendedall’auto di uno sconosciuto. Gli sov-viene allora il ricordo a cui segue il ram-marico di una vita una volta felice.Sebastiano Vilella oltre all’attività tren-tennale di fumettista è famoso anche perquella di illustratore e pittore. La pubbli-cazione nel 2009 della graphic novel “In-terno metafisico con biscotti”, ispirataalla vita del pittore Giorgio De Chirico,lo ha consacrato come uno dei maestri delfumetto d’autore italiano. “notturni” diSebastiano Vilella, b/n euro 12,90 Edi-zioni Voilier di Maglie (Le), CollanaIdolo, settembre 2011. Info: www.edi-z i o n i v o i l i e r . c o m ,i n f o @ e d i z i o n i v o i l i e r . c o m .

Paolo Rausa