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Periodico di idee, informazioni e cultura del Collegio IPASVI di Roma ISSN 2037-4364 Anno XXV - N. 3-4 - luglio/dicembre 2016 - Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro. Poste italiane SpA - Spedizione in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in. L. 27/02/2004 n°46) art.1. comma2. DCB Roma E D I T O R I A L E A s s i s t e n z a 2 . 0 I p r o t a g o n i s t i s i a m o n o i ! F O C U S S a n i t e i n u o v i p r o g e t t i d e l C e c r i C O N T R I B U T I I l t e l e n u r s i n g n e l l a g e s t i o n e d e l l ' A l z h e i m e r L ' A V V O C A T O D I C E L a s e n t e n z a d e l T a r s u l m o d e l l o S e e & T r e a t A s s i s t e n z a 2 . 0 I p r o t a g o n i s t i s i a m o n o i ! F O C U S S a n i t e i n u o v i p r o g e t t i d e l C e c r i C O N T R I B U T I I l t e l e n u r s i n g n e l l a g e s t i o n e d e l l ' A l z h e i m e r L ' A V V O C A T O D I C E L a s e n t e n z a d e l T a r s u l m o d e l l o S e e & T r e a t EDITORIALE Assistenza 2.0 I protagonisti siamo noi! FOCUS Sanit e i nuovi progetti del Cecri CONTRIBUTI Il telenursing nella gestione dell'Alzheimer L'AVVOCATO DICE La sentenza del Tar sul modello See&Treat Assistenza 2.0 I protagonisti siamo noi! FOCUS Sanit e i nuovi progetti del Cecri CONTRIBUTI Il telenursing nella gestione dell'Alzheimer L'AVVOCATO DICE La sentenza del Tar sul modello See&Treat N ° 3 - 4 N°3-4

Periodico di idee , inf ormazioni e c ultura del C ollegio ... 3-2016 x... · 43 l’efficacia degli interventi di telenursing nella gestione del paziente con morbo di Alzheimer

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Periodico di idee, informazioni e cultura del Collegio IPASVI di Roma

ISSN 2037-4364Anno XXV - N. 3-4 - luglio/dicembre 2016 - Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro. Poste italiane SpA - Spedizione in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in. L. 27/02/2004 n°46) art.1. comma2. DCB Roma

EDITORIALEAssistenza 2.0I protagonisti siamo noi!

FOCUSSanit e i nuoviprogetti del Cecri

CONTRIBUTIIl telenursing nella gestione dell'Alzheimer

L'AVVOCATO DICELa sentenza del Tarsul modello See&Treat

Assistenza 2.0I protagonisti siamo noi!

FOCUSSanit e i nuoviprogetti del Cecri

CONTRIBUTIIl telenursing nella gestione dell'Alzheimer

L'AVVOCATO DICELa sentenza del Tarsul modello See&Treat

EDITORIALEAssistenza 2.0I protagonisti siamo noi!

FOCUSSanit e i nuoviprogetti del Cecri

CONTRIBUTIIl telenursing nella gestione dell'Alzheimer

L'AVVOCATO DICELa sentenza del Tarsul modello See&Treat

Assistenza 2.0I protagonisti siamo noi!

FOCUSSanit e i nuoviprogetti del Cecri

CONTRIBUTIIl telenursing nella gestione dell'Alzheimer

L'AVVOCATO DICELa sentenza del Tarsul modello See&Treat

N°3-4N°3-4

Organo Ufficiale di Stampadel Collegio IPASVI di RomaAnno XXV - N. 3-4 - LUGLIO-DICEMBRE 2016Rivista Trimestrale registrata al Tribunale di Roman. 90 del 09/02/1990

direzione - redazione - AmministrazioneViale Giulio Cesare, 78 - 00192 ROMATel. 06.37511597 - Fax 06.45437034

direttore responsabileAusilia Pulimeno

Segreteria di redazioneStefano Casciato, Claudia Lorenzetti, Matilde Napolano,Alessandro Stievano, Carlo Turci

Comitato di redazioneSimonetta Bartolucci, Marinella Carnevale, Girolamo De Andreis,Maurizio Fiorda, Emanuele Lisanti, Roberta Marchini, Natascia Mazzitelli,Ilma Molinaro, Mariagrazia Montalbano, Maria Grazia Proietti, Cinzia Puleio,Francesco Scerbo, Marco Tosini, Maurizio Zega

Coordinamento giornalisticoTiziana Mercurio

StampaArtigrafiche Boccia SpAVia Tiberio Claudio Felice, 7 - 84131 Salernoe-mail: [email protected] grafico: EDS RomaImpaginazione: Madì Studio di D. Cirillo - SalernoCopertina: Ennio De Santis su foto di Mariagrazia Maioli

Finito di stampare: dicembre 2016

Tiratura: 34.242 copie

Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro: Poste Italiane S.p.A.Spedizione in abb. post. - D.L. 353/2003(conv. in. L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB Roma

“Infermiere Oggi” pubblica articoli inediti di interesse infermieristico, previa ap-provazione del Comitato di Redazione. L’articolo è sotto la responsabilità dell’Au-tore o degli Autori, che devono dichiarare: nome, cognome, qualifica professionale,ente di appartenenza, recapito postale e telefonico. Il contenuto non riflette ne-cessariamente le opinioni del Comitato di Redazione e dei Consigli Direttivi.Quando il contenuto esprime o può coinvolgere la responsabilità di un Ente, oquando gli Autori parlano a suo nome, dovrà essere fornita anche l’autorizzazionedei rispettivi responsabili.Il testo deve essere il più conciso possibile, compatibilmente con la chiarezza diesposizione. Le bozze verranno corrette in redazione. I lavori non richiesti e nonpubblicati non verranno restituiti.Le citazioni bibliografiche devono essere strettamente pertinenti e riferirsi a tuttigli Autori citati nel testo.Le citazioni da periodici devono comprendere: il cognome e l’iniziale del nomedell’Autore o dei primi due Autori, nel caso di più di due Autori, verrà indicato ilnome del primo, seguito da “et al”; il titolo originale dell’articolo, il titolo del perio-dico; l’anno di pubblicazione, il numero del volume, il numero della pagina iniziale.Le citazioni di libri comprendono: il cognome e l’iniziale del nome degli Autori, il ti-tolo del libro (eventualmente il numero del volume e della pagina, se la citazionesi riferisce ad un passo particolare), l’editore, il luogo e l’anno di pubblicazione. GliAutori che desiderano la riserva di un certo numero di copie del numero contenenteil loro articolo, devono farne richiesta esplicita al momento dell’invio del testo.Tutto il materiale deve essere spedito o recapitato al Collegio IPASVI di Roma,Viale Giulio Cesare, 78 - 00192 Roma.

SOMMARIOEDITORIALE

1 Assistenza 2.0. I protagonisti siamo noidi Ausilia M.L. Pulimeno

FOCUS3 SAnIt 2016 e I nuovI progettI del Centro dI eCCellenzA

per lA CulturA e lA rICerCA InfermIerIStICA

DICONO DI NOI15 Infermieri angeli del terremoto in attesa dello sblocco dei contratti

NOTIZIE DALLA REGIONE18 Sì agli ambulatori See&Treat20 tutti i numeri del dossier statistico Migrantes

NOTIZIE DAL COLLEGIO24 All'ospedale Sant'Andrea il IX Congresso nazionale Ait25 Al pertini premiati i migliori professionisti: due sono infermieri26 la ricerca italiana sul Self-care

Successo per il convegno Cecri al policlinico gemelli di roma28 gli infermieri laziali a milano per il Congresso nazionale Cid

CONTRIBUTI29 l’implementazione delle buone pratiche per la prevenzione

delle infezioni correlate a catetere venoso centrale.risultati dell’audit clinico condotto dal Cecri in tre Aziende sanitarie di romadi Marina Palombi, Claudia Lorenzetti, Giuseppe Marchesani,Angela Peghetti, Stefano Casciato, Maria Matarese

35 valutazione del refill capillare nella prevenzione del deterioramento clinicouna revisione narrativa della letteraturadi Elena Cristofori, Pietro Marratzu

38 l'utilizzo della Identification of Seniors at Risk (Isar) o del Triage Risk Screening Tool (trst) può rappresentare uno screening per identificare ipazienti anziani al pronto Soccorso?di Silvia Fiorillo, Valentina Papacci

43 l’efficacia degli interventi di telenursing nella gestione del paziente con morbo di Alzheimer. ridurre il declino cognitivo attraverso videochiamate, telemonitoraggio e realtà virtuale di Giovanni Gioiello, Emanuela Libro, Carmelo Migliore

48 Studio osservazionale sulle motivazioni della scelta del corso di laurea in Infermieristica di Roberta De Luca

55 “le arti terapie” in salute mentale: camminare insieme per costruire relazionidi Giuliana Covelli, Raffaella Musillo, Marco Soricetti, Josè Mannu

LETTO PER VOI59 l'infermiere moderno e la web society60 Caring: quando l'assistenza è anche filosofia

NOTIZIE DALL’ESTERO61 Importante riconoscimento alla professoressa Sasso

L’AVVOCATO DICE62 la recente sentenza del tar lazio:

il modello See&Treat negli ambulatori infermieristici

64 LA VIGNETTA DEL MESE

Associato all’UnioneStampa Periodica Italiana

L1

e d I t o r I A l e

Assistenza 2.0.I protagonisti siamo noidi Ausilia M.L. Pulimeno

La salute non può prescindere dagli infermieri. Se al centro delsistema deve starci il cittadino, centrale è anche il ruolo di chise ne occupa, lo assiste, lo segue, lo guida nel suo percorso te-rapeutico. Lo ha stabilito da tempo l’Unione Europea, lo recepi-sce finalmente anche l’Italia con il Decreto Legislativo 15/2016.

Anni di battaglie e rivendicazioni della nostra professione si ma-terializzano in una norma che riconosce la straordinaria evolu-zione della figura infermieristica alla quale viene delegata laresponsabilità dell’assistenza generale. È il primo mattone percostruire un nuovo modello sanitario proiettato sul territorio, ca-pace di curare, assistere, prevenire ed educare. Un modello piùefficiente ed efficace, più vicino alle esigenze del cittadino, pre-sente e operativo proprio dove questo vive, lavora, studia. Il ter-ritorio è la nuova sfida e l’infermiere è il professionista piùattrezzato per vincerla. Forse per questo rifioriscono gelosie epaure che si oppongono al cambiamento.

Il Tavolo tecnico per la professione infermieristica insediato alMinistero della Salute ha prodotto il documento di sintesi chepresto sarà all’esame delle Regioni. Il paziente e l’infermieresono al centro del percorso di cura progettato attraverso l’inte-grazione professionale e la personalizzazione dell’assistenza,secondo un modello che la nostra professione propone ormaida anni e che oggi trova la sua rampa normativa per il decollo.L’assistenza di prossimità e la continuità assistenziale rappre-sentano i cardini della riorganizzazione delle cure primarie, conla definizione di percorsi integrati tra ospedale e territorio perpoter rispondere ai crescenti bisogni di una popolazione semprepiù anziana e portatrice di multipatologie croniche.

La previsione nel documento di sintesi dei quattro nuovi ambitidi competenza infermieristica proposti dall’Ipasvi (infermieri difamiglia-comunità, assistenza infermieristica domiciliare, assi-stenza infermieristica ambulatoriale, ospedali di comunità) ci

conferma che la strada è quella giusta. Del resto lo stesso PianoNazionale per le Cronicità affida alla nostra professione il ruolodi care management per la gestione della continuità assisten-ziale e l’interazione con le altre professioni sanitarie. Un pianoche è operativo e che dunque va applicato con urgenza anchea Roma e nel Lazio, dove i problemi non mancano.

Si tratta anche di superare gli anacronistici steccati che ancoraresistono tra le professioni sanitarie coinvolte nella riorganizza-zione del sistema. Ciascun operatore ha le sue competenze spe-cifiche da offrire per completare in ogni sua componente la“rete della salute”, così come suggerito dall’OrganizzazioneMondiale della Sanità, con l’infermiere di famiglia o di comunitànel ruolo di coprotagonista insieme al malato e al medico. Leesperienze di questo tipo maturate sul campo dimostrano i van-taggi di un modello capace di prendere in carico il paziente, ac-compagnarlo in tutto il percorso di cura, ma anche informarlosulla gestione della malattia ed educarlo a un corretto stile divita. Esperienze che segnano con il rigore della ricerca scienti-fica validata l’efficacia sulla riduzione delle cronicità e sulla pre-venzione.

Un anno fa il Centro di Eccellenza del Collegio Ipasvi di Romaha presentato al Ministero della Salute un progetto di ricercasull’infermiere di famiglia-comunità che sta facendo scuola.L’unico ad essere finanziato, adottato in via sperimentale inaltre regioni con ottimi risultati, conferma l’antica e desolantemassima secondo cui “nemo propheta in patria”. Con grandecaparbietà e non senza ostacoli insistiamo affinché anche la Re-gione Lazio sperimenti il modello dell’infermiere di famiglia aRoma e nel resto del territorio, un modello che mette in luce lecompetenze specifiche di questa figura e dimostra la sua effi-cacia nei dati clinici raccolti dalle esperienze maturate da ultimoin Piemonte e nel Friuli Venezia Giulia.

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Scontiamo ancora, purtroppo, l’opposizione di chi tira il freno amano al cospetto del cambiamento. Aleggia il timore che gli in-fermieri, forti delle loro competenze e della predisposizione alnuovo, possano “debordare” in ambiti altrui. Così l’istinto diconservazione dei confini del proprio orticello finisce col preva-lere sui bisogni reali delle persone. È una vecchia storia che siripropone ogni qual volta si tenta di introdurre una innovazionein un sistema che non funziona. E che produce una crescenteinsoddisfazione tra i cittadini.

Lo conferma la vicenda del See& Treat alla Asl Roma C. Il Tardel Lazio ha respinto il ricorso dell’Ordine dei Medici di Romacontro l’attivazione del servizio dichiarando la legittimità degliambulatori infermieristici organizzati secondo il modello See&Treat. Si tratta d’altronde di una pratica ampiamente sperimen-tata in Italia, adottata in Toscana sin dal 2010 e in uso da de-cenni in altri Paesi a sanità avanzata come il Regno Unito e gliStati Uniti d’America. Non sta in piedi perciò l’obiezione solle-vata dall’Ordine dei Medici secondo cui sarebbe a repentagliola sicurezza dei pazienti. Come potrebbe esserlo se proprio lasicurezza dell’assistito è il nostro obiettivo primario, se per que-sto ci prepariamo a lungo acquisendo competenze e abilità spe-cialistiche?

Gli infermieri non intendono affatto invadere l’ambito del-l’azione medica, sono già abbastanza impegnati a svolgere lapropria, spesso sobbarcandosi per spirito di servizio anche ciònon competerebbe loro. Non è questo il punto. Perciò l’Ordinedei Medici di Roma può tranquillizzarsi e magari desistere dalprocedere con l’annunciato ricorso contro la pronuncia del Tar

sul caso del See&Treat. Rivendichiamo solo il ruolo che l’Europariconosce alle nostre competenze avanzate e al ruolo strategicoche gli infermieri possono svolgere in un sistema sanitario piùorientato alla centralità del cittadino e dei suoi bisogni.

Siamo portatori di un approccio nuovo, capace di accompagnarela persona malata lungo tutto il percorso di cura, gestire le cro-nicità e prevenirne le riacutizzazioni. Un sistema che funzionameglio e costa meno, più efficiente e rispondente alle attesedei cittadini. Il modello di sviluppo dell’assistenza territorialeche sosteniamo continua a ricevere consensi e la stessa Re-gione Lazio pare essersi convinta che la scommessa può es-sere vinta. Lo testimoniano le prese di posizione espressepubblicamente a più riprese dai suoi rappresentanti politici e dalpresidente Zingaretti in persona. Non si spiega allora l’esaspe-rante lentezza con cui ci si muove, le lungaggini che frenanol’esordio effettivo di innovazioni importanti come i DipartimentiInfermieristici o le Case della Salute, i concorsi per l’assunzionedi infermieri che vanno a passo di lumaca, la riorganizzazionedei servizi territoriali che stenta a partire, la stabilizzazione deicontratti precari che procede col contagocce. È come se lamacchina rispondesse al rallentatore ai comandi del guidatore.

Tempo prezioso sprecato e salute che se ne va. Il sistema è incrisi profonda e non c’è alternativa al cambiamento. Gli stru-menti esistono e funzionano, ci sono anche i professionisti for-mati per adoperarli al meglio. E allora servono un colpo all’ac-celeratore e uno al freno: il primo sulla volontà politica di cam-biare passo, il secondo sulle battaglie professionali di retroguar-dia che la scienza e la storia hanno già seppellito.

EDITORIALE

Le regole della professione degli infermieri si aggiornano: dopo sette anni da quello del 2009 è stata presentata aipresidenti dei 103 Collegi provinciali la prima stesura del nuovo Codice deontologico che farà da guida alla professionenei prossimi anni. Le sue caratteristiche sono massima trasparenza e condivisione, anche perché, come specificano ledisposizioni finali, le norme contenute nel Codice sono vincolanti e negli ultimi anni sono state utilizzate anche come strumento giuridicodalla Magistratura. La loro inosservanza è sanzionata dal Collegio professionale: avvertimento, censura, sospensione fino a sei mesi eradiazione sono i rischi per chi non rispetta le regole deontologiche della professione.L’iter prevede, dopo la prima lettura da parte dei presidenti dei Collegi del testo predisposto dalla Commissione ad hoc della Federazioneanche con il supporto di esperti esterni (avvocato, magistrato eticista), una consultazione pubblica con i 440mila iscritti nei primi mesidel 2017, secondo le regole (linee guida) e le raccomandazioni dettate dalla Funzione pubblica. I Collegi provinciali trasmetteranno poialla Federazione la rielaborazione del materiale e dei suggerimenti pervenuti, per giungere all’approvazione definitiva e all’entrata invigore delle nuove regole che governeranno i prossimi anni della professione infermieristica.La prima stesura del nuovo Codice è disponibile sui siti istituzionali della Federazione e del Collegio di Roma. In questa prima fase diconfronto, eventuali osservazioni possono essere già inviate via email o via PEC ai consueti indirizzi: [email protected] e [email protected]

AvvISo ImportAnteAl via la consultazione sul nuovo Codice deontologico

Sanit 2016 e i nuovi progetti delCentro di eccellenza per la Cultura

e la ricerca Infermieristica

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Una giornata di approfondimentoe confronto con uno sguardo in-ternazionale sulla professione,

sui suoi problemi e sulle sue straordina-rie opportunità.Si è conclusa il 20 novembre la XIII edi-zione di “Sanit”, il forum internazionaledi salute e benessere che quest’anno,per la prima volta, si è tenuto pressol’Archivio di Stato all’Eur. Sanit rappresenta un importante mo-mento di confronto politico sulle esi-genze e le novità che coinvolgono ilsettore sanitario, un contenitore chemette insieme imprese pubbliche e pri-vate, ma anche un luogo dove presen-tare le proprie iniziative.Durante le tre giornate sono stati propo-sti corsi di aggiornamento per operatorisanitari, ma anche eventi, sport, check up,convegni dedicati alla salute e alla pre-venzione delle malattie cardiovascolari. Presenti un’area espositiva con prodottie servizi per il benessere, controllo car-diovascolare con elettrocardiogramma,incontri con esperti e convegni Ecm,corsi di primo soccorso e di rianimazionecardiopolmonare, show cooking saluti-stici con chef noti e nutrizionisti. La manifestazione si è conclusa dome-nica con la “Cardio Race”, la corsa de-dicata alla prevenzione cardiovascolaree alla lotta alla morte improvvisa tra i gio-vani.Il Collegio Ipasvi di Roma, presente conun proprio stand, assieme a Cives, è sta-to protagonista come sempre della tre-giorni.

In particolare, nella giornata di sabato 19novembre, è stato organizzato un even-to formativo gratuito dal titolo „Malattiecroniche ed impatto sociale: il contributodellÊinfermiere‰. La transizione demografica che caratte-rizza tutti i Paesi avanzati è legata ad unatransizione epidemiologica che ha por-tato sempre più persone ad avere mol-teplici patologie croniche. La gestione di questa assistenza, dellasua complessità, richiede un ripensa-mento dei modelli organizzativi di offertadelle cure in un’ottica di maggior valoriz-zazione della centralità del cittadino. È in questo quadro di cambiamento so-ciale che si è inserito questo evento for-mativo che ha mirato a far risaltare le op-portunità che si possono cogliere attra-verso la valorizzazione dei modelli di pre-sa in carico per la cronicità assistenzialecome l’infermieristica di famiglia e di co-munità e la valorizzazione del self-caredel paziente, guidata da professionisti in-fermieri specialisti, gestori del caso. Obiettivi dell’incontro sono stati, perciò:illustrare le transizioni epidemiologichedella società della globalizzazione; illu-strare la presa in carico secondo modelliattenti alla centralità del cittadino; illu-strare l’importanza del self-care nel ge-stire condizioni cliniche multiple.A moderare i lavori della sessione mat-tutina, presidente e vicepresidente delCollegio Ipasvi di Roma, Ausilia Pulime-no e Stefano Casciato. Nella sua introduzione, Pulimeno è torna-ta a lanciare un forte appello per la rior-

ganizzazione della rete di assistenza coninvestimenti mirati per il potenziamentodei servizi territoriali. Un invito esplicitorivolto alla politica affinché adotti in con-creto un modello più evoluto di assisten-za come quello che responsabilizza l'in-fermiere di famiglia o di comunità, affi-dando a questa figura specialistica lapresa in carico dei pazienti affetti da pa-tologie croniche oltre agli ambiti dellaprevenzione e dell'educazione sanitaria.“Il progetto di ricerca sull'infermiere difamiglia elaborato dal nostro Centro dieccellenza - ha ribadito a gran voce la pre-sidente - è stato l'unico finanziato dal mi-nistero della Salute ed è stato fatto pro-prio da altre Regioni, come il Piemonte,che lo sta sperimentando con successo.È paradossale che, nonostante le evi-denze scientifiche positive sull'efficaciadi questo modello e l'orientamento fa-vorevole più volte espresso dalla nostraRegione, non si riesca ad adottarlo an-che a Roma e nel Lazio”. Si è entrati dunque nel vivo del tema, ov-vero sull’impatto sociale delle malattiecroniche. Un attento e aggiornato sguar-do sui cambiamenti dei cosiddetti “de-terminanti” della salute è stato offertodal ricercatore Alessandro Stievano, cheha riassunto gli obiettivi di sviluppo so-stenibile (SDGs) creati e promossi dalleNazioni Unite, validi per il periodo 2015-2030. Nell'agosto 2015, 193 Paesi hanno con-cordato i 17 obiettivi seguenti:Sconfiggere la povertà... Porre fine allapovertà in tutte le sue forme, ovunque.

A Sanit un approfondimento sul ruolo dell'infermiere nelle malattie croniche

IL FORUM INTERNAZIONALE DI SALUTE E BENESSERE HA VISTO PROTAGONISTAANCORA UNA VOLTA IL COLLEGIO IPASVI DI ROMA

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Sconfiggere la fame... Porre fine allafame, garantire la sicurezza alimentare,migliorare la nutrizione e promuovereun'agricoltura sostenibile.Buona salute... Garantire una vita sana epromuovere il benessere di tutti a tuttele età.Istruzione di qualità... Garantire a tuttiun'istruzione inclusiva e promuovere op-portunità di apprendimento permanenteeque e di qualità.Parità di genere... Raggiungere la paritàdi genere attraverso l'emancipazionedelle donne e delle ragazze.Acqua pulita e servizi igienico-sanitari...Garantire a tutti la disponibilità e la ge-stione sostenibile di acqua e servizi igie-nico-sanitari.Energia rinnovabile e accessibile... Assi-curare la disponibilità di servizi energeticiaccessibili, affidabili, sostenibili e mo-derni per tutti.Buona occupazione e crescita econo-mica... Promuovere una crescita econo-mica inclusiva, sostenuta e sostenibile,

un'occupazione piena e produttiva e unlavoro dignitoso per tutti.Innovazione e infrastrutture... Costruireinfrastrutture solide, promuovere l'indu-strializzazione inclusiva e sostenibile efavorire l'innovazione.Ridurre le diseguaglianze... Ridurre le di-suguaglianze all'interno e tra i Paesi.Città e comunità sostenibili... Crearecittà sostenibili e insediamenti umaniche siano inclusivi, sicuri e solidi.Utilizzo responsabile delle risorse... Ga-rantire modelli di consumo e produzionesostenibili.Lotta contro il cambiamento climatico...Adottare misure urgenti per combattereil cambiamento climatico e le sue con-seguenze.Utilizzo sostenibile del mare... Conser-vare e utilizzare in modo sostenibile glioceani, i mari e le risorse marine per unosviluppo sostenibile.Utilizzo sostenibile della terra... Proteg-gere, ristabilire e promuovere l'utilizzosostenibile degli ecosistemi terrestri, ge-

stire le foreste in modo sostenibile, com-battere la desertificazione, bloccare e in-vertire il degrado del suolo e arrestare laperdita di biodiversità.Pace e giustizia... Promuovere societàpacifiche e inclusive per uno svilupposostenibile, garantire a tutti l'accessoalla giustizia e creare istituzioni efficaci,responsabili e inclusive a tutti i livelli.Partnership per lo sviluppo sostenibile...Rafforzare gli strumenti di attuazione erivitalizzare la partnership globale per losviluppo sostenibile.Quale futuro per l’Infermieristica e leprofessioni sanitarie nel villaggio glo-bale, alla luce di questi obiettivi? Per Stievano, sarà fondamentale avereuna voce globale sui “determinanti” del-la salute e gli obiettivi di sviluppo soste-nibile; avere una leadership strategica elungimirante così da creare un impattosulle politiche che determinano i cam-biamenti verso una maggiore equità so-ciale; sviluppare, infine, politiche e ricer-ca sul ruolo assistenziale nel promuo-

La presentazione del progetto sull'infermiere di famiglia

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vere e favorire il raggiungimento degliobiettivi.A seguire, il professor Giuseppe Liotta(associato di Igiene all'università Tor Ver-gata) ha calato nel contesto italiano e re-gionale il ragionamento sulle fragilità esulla domanda assistenziale correlata.Oggi si vive di più, è un dato innegabile,ma come è la vita per gli over 65, speciese vittime di una qualche disabilità? Il ri-schio è l’isolamento sociale che, unito auna situazione economica non ottimale,determina un costante ricorso al siste-ma sociosanitario, in una misura anchecinque volte superiore a quella tipicadegli anziani definiti “robusti”. Si deter-mina così un terzo di ricoveri oltre sogliacon relativi alti costi di ospedalizzazione. Il progetto per l’infermieristica di fami-glia e di comunità nel Lazio è stato quin-di sviscerato dalla segretaria del Collegiocapitolino, Maria Grazia Proietti. Si è par-titi da un'indagine qualitativa dei modelli

regionali di infermieristica di famiglia edi comunità mediante interviste per cia-scuna tipologia di soggetto coinvolto: in-fermieri di famiglia e di comunità chelavorano sul territorio e/o che hannoparte- cipato a sperimentazioni, dirigentiinfermieristici e medici di medicina ge-nerale. Tra le criticità emerse: carenterapporto infermieri/assistiti, selezionedel personale in base a riorganizzazioniinterne piuttosto che a capacità e moti-vazione, visione della formazione ancoramolto legata alla prestazione tecnica, an-ziché a un approccio olistico e preven-tivo. Inoltre, per Proietti, manca unsistema informativo che consenta lacondivisione del- le informazioni tra tuttii professionisti e i servizi coinvolti nellapresa in carico dei pazienti.Uno sguardo dall’esterno, più precisa-mente da una realtà storicamente avan-zata come il Friuli Venezia Giulia, è statoofferto da Mara Pellizzari, Dirigente Ser-

vizio Professioni Sanitarie AAS 2 BassaFriulana-Isontina.Una regione, il Friuli, piccola ma a cre-scita zero, e contraddistinta da un'alta in-cidenza di malattiche croniche, nonchéda casi di non autosufficienza. Le relazioni di questa sessione si sonochiuse con l’esame dei Piani Diagnosti-co Terapeutici Assistenziali e malattiecroniche a cura di Augusto Carpico, dot-tore di ricerca in Scienze infermieristichea Tor Vergata.

La sessione pomeridiana, moderata dal-la presidente Pulimeno e dalla segretariaProietti, è stata incentrata principalmen-te sul tema del self-care, evidenziando irisultati della ricerca infermieristica ita-liana sulla scia dell’evento organizzatoda Ipasvi e Cecri il 28 settembre al Ge-melli di Roma (vedi servizio a pagina XX).Con self-care si indica il concetto di curasanitaria personale. Si tratta di un’attività

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svolta da un individuo, una famiglia ouna comunità, con l’intento di migliorareo ristabilire le condizioni di salute, op-pure di trattare o prevenire le malattie.Nella pratica, ciò può significare fareesercizio per mantenere la forma fisicae una buona salute mentale, seguire unadieta bilanciata, eseguire l’automedica-zione, mantenere una buona igiene edevitare rischi per la salute. Ma self-care significa anche prendersicura dei piccoli acciacchi, delle patologiea lungo termine o della propria salute per-sonale dopo essere stati dimessi da strut-ture per la cura secondaria o terziaria.Questa pratica, nel corso del convegnodi Sanit, è stata declinata rispetto alleprincipali malattie croniche. Di scompen-so cardiaco hanno parlato Ercole Vellone(ricercatore a Tor Vergata) e Marco Pa-turzo (dottorando di ricerca nello stessoateneo); di broncopneumopatia cronicaostruttiva la professoressa Maria Mata-rese (associato di Nursing al campusBiomedico) con Marco Clari (dottorandodi ricerca a Tor Vergata); di diabete melli-to ha riferito Michela Luciani (dottorandadi ricerca sempre a Tor Vergata); di oste-oporosi, infine, i dottorandi Noemi Citta-dini ed Emanuela Basilici Zannetti, coor-dinate dalla professore associato di Nur-sing a Tor Vergata, Rosaria Alvaro. Spazio, poi, all’innovazione tecnologica asupporto del self-care nelle malattie cro-niche, grazie al contributo di Josiane Boy-ne, ricercatrice dell’università di Maastri-cht (Olanda). In particolare, sono strati presentati i ri-sultati di uno studio prospettico di 90giorni con 21 pazienti con scompensocardiaco dotati di mini iPad o computerper rilevare autonomamente peso quo-tidiano, PA, FC, con un sistema di remin-der in caso di dato rimane assente e ditelefonata di follow-up in caso di para-metri vitali fuori i range predefiniti. Tuttigli alert clinicamente rilevanti erano inol-

trati al cardiologo del paziente ed al teamdi assistenza. Al termine del percorso, il35% dei pazienti era soddisfatto del si-stema di reminder, il 70% dei caregiverera soddisfatto dei follow-up.A chiudere la giornata, l’intervento di dueinfermieri bed manager presso l’azien-da ospedaliera San Camillo-Forlanini: An-gelo Pochini e Raffaele Piccari, che han-no edotto la platea su come garantire lacontinuità assistenziale tra ospedale eterritorio nelle malattie croniche. Il bed

management è espressione di integra-zione medico-infermieristica, ha lo sco-po di facilitare il processo di ricovero ur-gente o programmato, promuovendo lecompetenze cliniche dei professionistisanitari in rapporto ai criteri di: appropria-tezza, ottimizzazione e razionalizzazionenella gestione logistica dei posti lettoaziendali.

(Per le immagini si ringrazia Mariagrazia Maiolie Seadam)

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Sanit, quest’anno, ha rappresenta-to anche l’occasione per ospitareun’interessante tavola rotonda,

moderata dal giornalista Paolo Romano,che ha affrontato il ruolo e il contributodell’Infermieristica nell’approccio allemalattie croniche, con particolare riferi-mento alla nuova modalità sociosanitariainaugurata dalla Regione Lazio, rappre-sentata dal presidente della commis-sione Politiche sociali e Salute, RodolfoLena. “Siamo coscienti - ha detto - delledifficoltà in cui gli infermieri e le profes-sioni sanitarie, in generale, sono stati co-stretti a lavorare in questi anni. Con ungrande sforzo di efficientamento, di razio-nalizzazione dei servizi e di riorganizza-zione della sanità del Lazio, stiamo vol-tando pagina. La Commissione che hol’onore di presiedere ha già incardinatoun testo di legge regionale sulle profes-sioni sanitarie, mentre numerosi decretifirmati dal presidente Zingaretti, in quali-tà di commissario ad acta per il piano dirientro, stanno producendo importanti no-vità sul profilo specifico di voi infermieri”.Lena ha, quindi, citato il recente decretoche stabilisce che il personale delle strut-ture sociosanitarie residenziali, sia assi-stenziali sia riabilitative, con la qualificadi infermiere, fisioterapista, operatore so-ciosanitario, educatore professionale,tecnico sanitario o figure equivalenti ededicate all’assistenza al paziente, deveavere un rapporto di lavoro di dipenden-za regolato dal contratto nazionale. Una misura che la presidente del Colle-gio Ipasvi di Roma, Ausilia Pulimeno, haauspicato anche per le aziende ospeda-liere, dove spesso il ricorso a cooperati-ve e a esternalizzazioni non garantisce

salari equi agli infermieri. “Lo sappiamobene - ha continuato Lena -: più infer-mieri significano più salute, servizi diqualità e più vicinanza ai cittadini. Avereinfermieri più preparati e responsabiliz-zati significa garantire meglio i livelli es-senziali di assistenza. Coinvolgere mag-

giormente il personale infermieristiconei percorsi di cura e nell’assistenzaospedaliera, anche con modalità innova-tive, vuol dire migliorare l’efficienza dellestrutture sanitarie e rimettere al centrole esigenze dei malati”.È stata poi commentata la sentenza delTar del Lazio che ha respinto il ricorsopresentato dall’Ordine dei medici control’istituzione del „See&Treat‰ nella ex AslRm/C. “Abbiamo fatto bene noi, dunque,insieme a voi, a tracciare quest'innova-tivo percorso che vede, e vedrà, semprepiù spesso gli infermieri protagonisti delcambiamento”, ha concluso Lena. Un percorso che sarà intrapreso anchein altre Asl? La domanda è stata prontamente girataad Angelo Tanese, neo direttore genera-le della Asl Roma 1, nata dall’accorpa-mento di tre preesistenti aziende: la Rm/A, la Rm/E e l'ospedale San Filippo Neri.

politici e manager a confrontosull'infermiere del presente e... del futuro

LA TAVOLA ROTONDA

Rodolfo Lena

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“Sicuramente, con il nuovo atto azien-dale, ci apprestiamo a riorganizzare i ser-vizi per ridurre le spese ed esaltare leprofessionalità che abbiamo al nostro in-terno”, ha detto Tanese, ricordando unasituazione di partenza nella sua aziendain cui non esistono infermieri dirigenti afronte dei più di duemila dirigenti medici.“Investiremo sugli infermieri, specie peraffermare un nuovo modello di distrettosanitario capace di dialogare maggior-mente con il territorio e intercettare me-glio la domanda di salute e assistenzadella popolazione sempre più anziana eproblematica”, ha annunciato, citando ilmodello virtuoso della Germania, dove ilnumero di infermieri è doppio rispetto aquello italiano. In particolare, Tanese ha annunciato lare-internalizzazione delle funzioni che inpassato sono state impropriamenteesternalizzate.Di politiche di distretto e buone pratiche,non a caso, ha parlato Rosario Mete,presidente di Card Lazio, la sigla che riu-nisce le associazioni regionali di di-stretto, partendo dall’esperienza realiz-

zata nel distretto sanitario 12 (Eur), par-tendo dal Chronic Care Model, un mo-dello che propone una serie dicambiamenti a livello dei sistemi sanitariutili a favorire il miglioramento della con-dizione dei malati cronici e suggerisceun approccio “proattivo” tra il personale

sanitario e i pazienti stessi,con questi ultimi che diven-tano parte integrante delprocesso assistenziale. Si è discusso, dunque, dimedicina d’iniziativa e diteam che già includono la fi-gura dell’infermiere per la

presa in carico di malati di diabete e iper-tensione. Un servizio che riscuote grandiconsensi, con 1.800 persone seguite, eche si appresta ad essere replicato inaltri distretti. Infine, un caloroso saluto agli infermierie agli studenti presenti è giunto daGianna Sangiorgi, segretario provinciale,a Latina, di Cittadinanzattiva: “L’infer-miere per noi resta la figura centrale delsistema sanitario regionale - ha dettocon entusiasmo -, perché è quella chepassa più tempo con il paziente. È lui ilvero alleato del cittadino, fuori e dentrol’ospedale”.

Lo stand Ipasvi a SanitDa sinistra, Tanese, Fabriani, Lena e la consiglieraIpasvi Bartolucci

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„S viluppo e utilizzo di un Si-stema informativo infer-mieristico‰, ovvero una

giornata di studi particolarmente parte-cipata, l'8 novembre, all'Aula Flemingdella facoltà di Medicina e Chirurgia del-l'Università di Tor Vergata.

Con il patrocinio della Federazione nazio-nale dei Collegi Ipasvi e l'Enpapi, l'even-to organizzato da Cecri e Collegio Ipasvidi Roma ha visto avvicendarsi al tavolotutti i maggiori protagonisti del Pai (Pro-fessional Assessment Instrument), unsistema informativo infermieristico.

Uno strumento quanto mai pionieristico,e flessibile, per l'intera professione che,una volta implementato in tutte le realtàsanitarie – del Lazio, prima e dell'Italia,dopo – riuscirà a documentare il realeimpegno degli infermieri al fianco delmalato.

Sviluppo e utilizzo di un Sistema informativo infermieristico

CECRI E COLLEGIO DI ROMA A TOR VERGATA PER PRESENTARE UNO STRUMENTOPIONERISTICO GIÀ ATTIVO AL POLICLINICO GEMELLI

La presidente Ipasvi Roma Ausilia Pulimeno e la professoressa Rosaria Alvaro

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Attualmente, sia in Italia che nel restodel mondo, vi è una cronica carenza didati riguardanti l’assistenza erogata dagliinfermieri. L’idea di questo progetto diricerca nasce, infatti, anche dall’esigen-za di creare di un sistema informativo in-fermieristico da integrare all’interno delsistema informativo sanitario nazionale. “C'è una soddisfazione enorme nel con-statare che un progetto, dalle linee dot-torali degli atenei, riesca a trovare unospazio nel concreto della realtà ospeda-liera – ha detto ad inizio lavori, la presi-dente Ipasvi Roma, Ausilia Pulimeno -.Sul Pai il nostro Collegio ha puntato tan-to perché crediamo nella necessità dimigliorare costantemente la sicurezzalegata all'assistenza; crediamo nel fattoche gli infermieri, oggi, siano capaci diapplicare gli studi alla realtà quotidiana:passare dalla teoria alla pratica”. “Il Paiviene studiato in seno alla nostra univer-sità - le ha fatto eco Rosaria Alvaro, pro-fessore associato di Nursing a Tor Verga-ta – e, oggi, al Policlinico Gemelli, è di-ventato attivo anche nella pratica clinica.Perché la ricerca deve avere come metail benessere delle persone, specie diquelle che vivono un momento di fragi-lità”.Al momento, le informazioni sui bisognisanitari e sull’appropriatezza delle pre-stazioni, nonché sui risultati di assisten-za, provengono prevalentemente dallacondizione medica dell’assistito tramiteil sistema di classificazione dei pazientidel DRGs (Diagnosis Related Groups).Vengono inevitabilmente tralasciate, dun-que, tutte quelle informazioni riguardantilo stato funzionale dell’assistito e la suarisposta alla condizione di salute, riscon-trabile con l’elaborazione di una o piùdiagnosi infermieristiche. “Ma noi non ci lasciamo spaventare nep-pure dalla mancanza di fondi – ha spie-gato Gennaro Rocco, direttore scienti-fico Cecri, Centro di eccellenza per lacultura e la ricerca infermieristica e Co-ordinatore Enpapi –. Quando ci confron-tiamo con gli esperti di altri Paesi cirendiamo sempre più conto di quanto

poco si investa, in Italia, nella ricerca edi quanto larga parte del lavoro sia affi-data semplicemente al volontariato. Poi,però nascono e 'diventano adulti' pro-getti come questo e ti convinci di nonaver perso tempo; che il Cecri, in questiprimi sei anni dalla fondazione, ha mes-so in essere cento progetti di ricerca, dicui qualcuno è diventato una linea dot-toriale e qualcun altro ha trovato un'ap-plicazione concreta. Non si può non es-sere orgogliosi di questo cammino”.Fino ad oggi, la situazione sanitaria at-tuale nel nostro Paese vive di scelte po-litiche guidate da informazioni non esau-stive sia per l’assistenza sanitaria ero-gata, sia riguardo i reali bisogni di salutedella popolazione. “E non è un caso che il Pai – ha spiegatoMaurizio Zega, dirigente delle profes-sioni sanitarie al Policlinico Gemelli –avrà delle ricadute positive sui costi dellasanità pubblica, oltre, che sulla qualitàdell'assistenza erogata”.Il suo intervento, „Il sistema Pai dallasua nascita allo sviluppo e prospettivefuture‰, ha dimostrato, per esperienzadiretta, che “si può fare”, si può trasfor-mare un'idea una cosa concreta: “Per-ché – dobbiamo ammetterlo – anche noiinfermieri ci dimostriamo più conserva-tori di quanto sembri, spesso opponen-doci alle novità, anche a quelle neces-sarie. Questo progetto ha già incontratol'interesse di altri: è la sfida del futuro e,tenuto conto del fabbisogno sanitariocrescente, nonché dell'innalzamentodell'età dei malati, solo lavorando sem-pre in maggior sicurezza e documen-tando il lavoro infermieristico si riusciràa fare bene, specie per i Collegi Ipasvi”.Ed è in particolare alla difficoltà di valo-rizzare il lavoro dei professionisti che“Bisogna fare attenzione – ha continua-to Pulimeno –. A ben guardare, nella car-tella clinica, i medici scrivono poco: ilresto consta delle prestazioni infermie-ristiche. Eppure, quanto siamo riusciti afar passare del nostro lavoro? Dobbiamosuperare le resistenze, anche tra di noi.La paura di utilizzare nuovi strumenti è

comprensibile, ma non deve fermare ilprogresso. Il Collegio Ipasvi di Roma vor-rebbe contare maggiori partecipazionidel Pai, oltre che al Gemelli e, a breve,al San Giovanni. Vorrei si sperimentasseovunque, per ricavare sì dati utili, ma pu-re perchè, in caso di contenziosi legali,per esempio, si potrebbe risponderemeglio e con dati alla mano. Insomma,è un modo per tutelare chi lavora, oltrele persone, rendendo visibile il percorsoche l'infermiere compie con grande pro-fessionalità. Si tratta di aderire ad un pro-gramma che aiuterebbe i professionistia lavorare meglio e bene”.Ad introdurre la folta platea nell'universodei numeri in Sanità, Massimo Maurici,con “Il Sistema Informativo Sanitario”,mentre per spiegare nel dettaglio, cos'èe come funziona il Pai, sono stati chia-mati: Fabio D'Agostino, assegnista di ri-cerca, Luca Di Sarra, Gianfranco Sansone Chiara Bravetti, dottorandi in ScienzeInfermieristiche all'università Tor Vergatadi Roma.„Sviluppo di un sistema informativo in-fermieristico‰ per il primo che ha tenutoa sottolineare quanto “nei report la vocedegli infermieri sia assente”. Il team delPai è multidisciplinare: tutti lavorano persuperare questo gap. “Nell'ambito dellecure – ha spiegato – l'intensità dell'ap-proccio infermieristico è tanto fonda-mentale quanto taciuto. Il nostro stru-mento rende visibile la pratica infermieri-stica, rende visibile l'assistenza; ed è de-terminante per il futuro della professio-ne”. Con “Il Pai, uso all'interno del Poli-clinico Universitario Agostino Gemelli‰,Di Sarra ha toccato anche la situazionidei dati pediatrici che, fors'anche per ladelicatezza dell'argomento, risultano an-cora in minor numero rispetto agli altri.“In questo caso, vista la tenera età deipazienti, è necessario coinvolgere purele famiglie nel Pai, facendo riferimentoanche alle loro situazioni etniche e socio-economiche. Le diagnosi infermieristi-che pediatriche sono molto poche, ma ilsistema informativo così creato potrà te-nere conto delle esigenze più disparate,

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senza tralasciare di dar voce a tutti i pro-tagonisti del percorso di cura”. Quindi, appare indispensabile, non soloper la professione infermieristica ma perl'intero sistema sanitario, lo sviluppo disistemi informativi per la creazione di unNursing Minimum Data Set, essenzialeper valutare i risultati sugli assistiti, le ri-sorse impiegate e per dare visibilità al-l’assistenza infermieristica prestata.“Perché – ha detto Sanson – in questomodo può venir fuori la 'parte intellettua-le' della professione, spesso in ombra.Dalle diagnosi infermieristiche e dal Pai,con i pc interconnessi, si possono rica-vare dati, milioni di dati, importanti per ilfuturo, sia nell'ambito delle cure che perla ricerca. Nonchè nell'approccio agli in-terlocutori politici: documenti e datiscientifici seri aiutano ad essere mag-giormente credibili”.Quanto, poi, la complessità clinica equella infermieristica combacino e se il„Pai come strumento per la misura dellacomplessità assistenziale‰ sono statil'argomento della relazione di Bravetti,che ha chiuso la prima parte della gior-nata.Alla ripresa, nella sessione del pomerig-gio dedicata alla: „Applicazione e utilizzodi un Sistema Informativo Infermieri-stico‰, hanno moderato: Stefano Cascia-to, direttore del Polo per l'Evidence Ba-sed Practice del Cecri, e AlessandroStievano, ricercatore Cecri. “Il Cecri si muove con progetti che inte-ressano tutti, non solo i cittadini del La-zio – ha sottolineato Stevano – focaliz-zando la sua attenzione sulla pratica cli-nica. Il ruolo dell'infermiere esperto cli-nico, infatti, meriterebbe un endorse-ment maggiore in Italia. Non che il no-stro Paese sia messo così male: sonopoche le altre realtà europee all'altezza.Per esempio i risultati presentati in que-sta occasione: le Scienze Infermieristi-che, da noi, stanno facendo passi da gi-gante, malgrado la mancanza di fondi.Con il Pai, che è suscettibile di modifi-che grazie ai feedback degli infermieriche lo utilizzano, registrando le attività

infermieristiche, darebbe anche la mi-sura della mole di lavoro e di personalenecessario a ciascun reparto. Si tratta diuno strumento utilissimo sotto svariatipunti di vista”.Come farlo? Con D’Agostino, Cocchierie Di Sarra si è proceduto pure ad un'esercitazione in plenaria del Pai, per pro-varlo praticamente e testare le evetualipossibilità nelle strutture sanitarie deipresenti. I commenti entusiasti ricevuti dal Painon sono sfuggiti al vicepresidente delCollegio Ipasvi Roma, Casciato: “Oradobbiamo testarlo, però, dobbiamo usar-lo. Bisogna portare alla luce la voce degliinfermieri che esplicano le istanze del-l'utenza più di altri. Il Pai rende oggettivauna situazione sanitaria complessa; sipuò modificare a seconda delle esi-genze a cui si sottopone. Non dobbiamo

tirarci indietro di fronte al cambiamento:quanto scritto sul Pai narra le cose fatte,il lavoro svolto: è un'assunzione mag-giore di responsabilità che non devespaventarci, perchè un professionistaserio e preparato non ha nulla da te-mere”.Usare il Pai, insomma, nell'ambito dellaricerca infermieristica, è un po' comepassare dalla teoria alla pratica o comemettere in pratica la teoria. Da dove par-tire? Dalla documentazione: faldoni didati lasciati a marcire o, al contrario, datinon registrati e, dunque, perduti persempre, non aiutano certo la profes-sione ad andare avanti.“Il Pai incrementa la qualità con cui do-cumentiamo l'assistenza e, con esso,l'impatto delle diagnosi infermieristichenel Governo Clinico – ha detto AntonelloCocchieri – dirigente infermieristico al

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Policlinico Gemelli –. naturalmente, perpreparasi al suo uso servono almeno unpaio di mesi d'apprendimento culturale”.Insomma, con il Pai, i concetti di “infor-mazioni”; “responsabilità”, “controllo”o anche di “pianificazione assistenziale”si fanno sempre più largo nel mondo in-fermieristico. In pratica, nell'ottica dellacosiddetta continuità assistenziale, si stadiscutendo di un nuova complessità ri-ferita al paziente, che non è solo datadalla diagnosi medica. L'Epidemiologianon è solo più “medicocentrica”, andràquanto meno integrata con quella infer-mieristica.Alla dirigente infermieristica dell'Italianhospital group, Alessandra Mazzoli, ilcompito di fare il punto su un setting pri-vato, visto che il suo luogo di lavoro non

è un ospedale con: „Il contributo infer-mieristico nell'utilizzo del sistema infor-matico per la gestione del Pai. L'espe-rienza dell'Italian hospital group‰. “All'exSanta Maria della Pietà, dove opero, ilpaziente è da tempo il cuore dell'orga-nizzazione e l'infermiere è al centro dellascena assistenziale assieme al medico;c'è una cartella clinica informatizzata eun diario infermieristico con tutte le newsche vogliamo condividere con i colleghiad ogni 'passaggio di consegne'”.L’assenza di un sistema informativo in-fermieristico ha ripercussioni sulla visi-bilità dell’assistenza infermieristica, sullasua remunerazione, e sulla pratica quo-tidiana degli infermieri. Fino ad ora. Ora, c'è il Pai, che è una proprietà intel-lettuale del Cecri, registrata alla Siae: “E

non abbiamo alcuna intenzione di ven-derne il copyright – ha concluso la presi-dente Ipasvi Roma, Ausilia Pulimeno –.Ci basta sapere che viene utilizzato sem-pre in più aziende sanitarie, a partire daquelle della Capitale. Presto, metteremoal corrente i colleghi anche di altri pro-getti in cantiere di questo genere. Biso-gna 'fare rete' fra le aziende romane eregionali, condividendo le modalità ope-rative e offrendo sostegno e risorse achi ne necessita. Più dati avremo, più sa-ranno accurati e incontestabili e più,anche a livello economico, riusciremo adavere compensi adeguati. La giornata dioggi mi induce a credere che stiamo an-dando nella direzione giusta”.

Tiziana Mercurio

Un momento del convegno

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I l nuovo presidente Cives èMaurizio Fiorda, del nucleodi Roma. A eleggerlo l’As-

semblea Nazionale dell’Associa-zione, che ha nominato il nuovoComitato direttivo nazionale peril prossimo triennio. “Daremo un segno di continuitàcon ciò che egregiamente è sta-to fatto per migliorarlo, iniziandodallo statuto, documento fonda-mentale per governare l'asso-ciazione in maniera trasparentedemocratica e libera - ha dichia-rato il neo presidente -. Rifacen-doci alle norme che regolamen-tano la nostra vita professionalee di volontariato, con la volontàe l'auspicio di trovare in tutti voipresidenti e soci una forte coesione ecollaborazione, perché solo attraversol'unione siamo forti. Durante le elezioniappena svolte, i rappresentanti delle dueliste hanno dato prova della loro volontàdi salvaguardare l'associazione e perquesto sento di dover ringraziare tutti e

credo questo sia il momento da dovedover ripartire”.Costituita nel 1998, Cives è un’associa-zione di volontariato nazionale articolatasu base provinciale formata esclusiva-mente da infermieri regolarmente iscrittiai Collegi Ipasvi, in stretta collaborazionecon Enti quali la Federazione nazionale

dei Collegi Ipasvi, l’Enpapi (enteprevidenziale degli infermieri), ilDipartimento della Protezionecivile (gli infermieri Cives sonoinfermieri di protezione civile), leRegioni e i Comuni con cui i nu-clei provinciali possono gestiresituazioni di necessità in pienaautonomia. Il progetto Cives, che si sviluppanell’ambito delle attività di pro-tezione civile ed emergenza sa-nitaria di massa in Italia e all’e-stero, offre uno strumento orga-nizzativo che mette a disposi-zione conoscenze e competen-ze nel soccorso sanitario.Dal 2010 ha una propria Colon-na mobile nazionale che di anno

in anno si arricchisce di nuovi mezzi e at-trezzature, che la rendono pienamenteoperativa, e dal primo agosto 2013 rien-tra a pieno titolo nell’Elenco nazionaledella Protezione civile, attivo per ottimiz-zare la disponibilità dei professionisti in-fermieri.

rinnovata la dirigenza di Civesmaurizio fiorda neo presidente

ComItAto dIrettIvo nAzIonAle: Maurizio Fiorda (Presidente Nazionale) Fabio Cellini (Vice Presidente Nazionale) Elvira Granata (Segretario Generale Nazionale) Francesca Marfella (Direttore Generale Nazionale) Carlo Riefoli (Tesoriere Nazionale) Antonino Messina (Consigliere Nazionale) Gabriele Ballerini (Consigliere Nazionale)

ComItAto dI gArAnzIA nAzIonAle: Barbara Mangiacavalli Presidente Nazionale Mario Schiavon Componente Nazionale Pierpaolo Pateri Componente Nazionale

CollegIo deI revISorI deI ContI nAzIonAle:Salvatore Occhipinti Presidente Nazionale Antonino Panebianco Componente Nazionale Guido Amato Componente Nazionale

Un terribile filo rosso sangue lega la coda dell’estate al-l’avvento dell’autunno.Un incubo infinito, spaventoso, che cancella secoli di

storia e semina paura nei cuori della gente. Il terremoto diventaun fatto quotidiano, un assillo costante, un pensiero fisso. E,ancora una volta, gli infermieri sono chiamati a dare il meglio diloro stessi, con coraggio e spirito di sacrificio. Ci sono anche loro tra gli “angeli del terremoto” che scuote ilCentro Italia: i media raccontano le loro storie, riconoscono ilruolo cruciale degli infermieri in questa tragedia che pare nonavere fine. Storie di solidarietà e alta professionalità, di impegno e grandeumanità.Insomma, storie di infermieri.Intanto, il pentolone della sanità ribolle in uno scenario piuttostoturbolento tra buone e cattive notizie.

Finalmente, qualcosa si muove sulfronte delle assunzioni. La Stampa

(/09/16) titola: “Lo Stato vuole assumere: si parte con tremilamedici”. E scrive: „Sarà che nel campo della sanità l'emergenzaè vera, che mancano migliaia di medici ed infermieri. Sarà che,nonostante gli sforzi delle Asl, se non riusciremo ad applicarela direttiva europea sui nuovi tetti d'orario degli ospedali ri-schiamo d'essere sanzionati. Sta di fatto che nella sanità si tor-nerà presto ad assumere. I piani del ministro della SaluteBeatrice Lorenzin prevedono infatti esplicitamente il supera-mento del blocco del turn over‰.E il ministro Madia annuncia nuove regole per i concorsi. Spiegaancora il quotidiano torinese: „Le novità saranno contenute nelsuo testo unico sulla pubblica amministrazione che dovrebbevedere la luce a inizio anno‰. „˚ previsto che le nuove assun-zioni non vengano più decise in base alle vecchie piante organi-che ma solo per rispondere a fabbisogni reali delle amministra-zioni o per affrontare problemi contingenti. Con la stessa normacambierà anche la struttura dei concorsi pubblici, che potrannoessere sia nazionali, i famigerati 'concorsoni', che locali, avrannocadenza biennale e prevederanno tempi ridotti per le procedure(massimo 5-6 mesi)‰.

Qualcosa sembra finalmente muoversi anche sulfronte dei Livelli essenziali di assistenza. Avvenire(8/09/16) titola: “Dopo 15 anni ecco i nuovi Lea”. E

spiega: „Arrivano i nuovi Lea, le cure e le prestazioni garantitedal Servizio sanitario nazionale ai cittadini gratuitamente o pa-gando un ticket. Il via libera definitivo è stato dato ieri dalla Con-ferenza Stato-Regioni. I cittadini, ha assicurato il ministro dellaSalute Beatrice Lorenzin, potranno usufruire delle nuove pre-

stazioni (che vanno dai trattamenti per la fecondazione assistitaai nuovi vaccini, alle cure per oltre 110 malattie rare) 'entrol'anno' su tutto il territorio nazionale‰.Migliorano anche i conti della sanità laziale, ora più vicina al-

l’uscita dal commis-sariamento. Il Corrie-

re della Sera (10/09/16) annuncia: “Sanità del Lazio, calo del di-savanzo sotto al 5%”. Nel servizio si legge: „ÿGli ultimi dati suibilanci della sanità del Lazio confermano che il risanamento èconsolidato. I conti a posto sono condizione fondamentale perguardare al futuro del sistema sanitario regionale in modo se-reno e tornare a creare lavoro stabileŸ. Lo ha detto il governa-tore del Lazio, Nicola Zingaretti, commentando i dati che regi-strano per il secondo anno consecutivo un calo del disavanzoannuale a consuntivo certificato dal tavolo tecnico per la verificadegli adempimenti del piano Zingaretti‰.

Il Tempo (12/9/16) parla di imminentinuove assunzioni e titola “Al via 88 as-

sunzioni negli ospedali”. L’articolo spiega: „Autorizzate dallastruttura commissariale della sanità altre 88 assunzioni a tempoindeterminato di medici, infermieri e tecnici nei ranghi del per-sonale in servizio presso gli ospedali del Lazio. ÿCon questoprovvedimento - spiega il presidente della Regione Lazio, NicolaZingaretti - sale a 592 il numero delle assunzioni in pianta stabileautorizzato dalla Regione Lazio dall'inizio del 2016, oltre il doppiodel 2015 e superiori a quelle complessivamente autorizzate neltriennio precedente e che sono state 468 nel 2013, 111 nel2014 e 289 nel 2015. In totale dal 2013 le assunzioni sono1.060Ÿ‰.

Intanto, va in scena quello che LaRepubblica (/09/16) definisce come

il “Valzer di poltrone in Asl e ospedali”. Si riferisce ai nuovi di-rettori generali di San Camillo e Ifo. Si legge: „Sarà FabrizioD'Alba, figlio della ex direttrice regionale della Sanità, la potenteElda Melaragno, a dirigere il San Camillo. Raccoglierà il testi-mone da Antonio D'Urso che finirà agli Ifo (Regina Elena e SanGallicano). Da qui, Marta Branca sarà spostata allo Spallanzani.In pratica, da commissaria degli Ifo e dello Spallanzani, guideràsolo quest'ultimo ma con lo status di dg. Nella Asl dei Castelli,Narciso Mostarda, direttore sanitario in carica e commissariodell'ospedale Israelitico dal gennaio scorso, rimpiazzerà D'Albacome primo manager‰.Novità importanti anche per i precari della sanità.

Italia Oggi (15/09/16) titola: “Stop aicontratti a termine”. Si legge: „La

successione di contratti a termine nelle professioni sanitarie,

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Infermieri angeli del terremotoin attesa dello sblocco dei contratti

DICONO NOI

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DICONO NOI

se non è finalizzata a far fronte a esigenze provvisorie di carenzadel personale, ma diventa una modalità permanente di coper-tura degli organici, è illegittima. Lo ha stabilito la Corte di giusti-zia Ue in una causa (C-16/15) che ha visto un'infermieraspagnola contrapporsi all'ospedale universitario di Madrid. Mail principio è destinato ad avere riflessi anche in Italia, data lastrutturale precarizzazione di medici e infermieri‰.Gli utenti restano alle prese con i problemi di sempre, a comin-

ciare dalle lunghissime liste d’attesa. IlTempo (16/09/16) scrive: “Nel Lazio

liste d’attesa fino a un anno”. I dati parlano da soli: „Sono fintroppo 'pazienti' e restano in fila anche per un anno, come al-l'ospedale Pertini per una semplice ecografia dell'addome. Nonè un caso isolato: questo mese nel Lazio ci sono altre 8 listed'attesa che raggiungono i 12 mesi. Mentre ci sono altri 3 esamiche sono proprio impossibili da eseguire entro i tempi previstidalla legge (60 giorni) in tutte le strutture pubbliche della Re-gione: nessun ospedale, poliambulatorio o distretto sanitario delLazio è in grado, infatti, di farli rispettare sia per le risonanzemagnetiche che per le Tac del capo e l'esofagogastroduodeno-scopia. Per il resto delle prestazioni erogate in regime di preno-tazione ordinaria, vale a dire le richieste che non hanno caratteredi urgenza, il Recup assegna 97 appuntamenti oltre i 100 giorni,46 che superano i 200 giorni e 34 che debordano oltre i 300giorni‰.I servizi territoriali e le prestazioni ospedaliere soffrono soprat-tutto per la carenza di personale infermieristico. Il Tempo(23/09/16) tira le somme e titola: “Mancano infermieri, sanitàal collasso”. E aggiunge che „la carenza di personale affliggequasi tutti gli ospedali pubblici del Lazio: negli ultimi 8 anni il si-stema sanitario regionale ha infatti perduto 9.035 tra medici, in-fermieri, tecnici ed ausiliari. A fronte di soli 1.060 rimpiazziarrivati negli ultimi 4 anni‰.Numeri da scandalo non risparmiano i grandi ospedali della ca-pitale.

Il Messaggero (6/10/16) scrive“San Camillo in tilt, 23 letti in una

stanza”. E spiega: „Nello stanzone ci sono 23 pazienti ammas-sati in letti uno addosso all'altro. ˚ l'area delle emergenze dovei malati del pronto soccorso stazionano più ore, anche giorni asentire la loro rassegnazione. Il pronto soccorso del San CamilloForlanini è nell'occhio del ciclone dopo la lettera-denuncia delgiornalista di Askanews Patrizio Cairoli, 38 anni, che ha vistomorire il padre 'senza in briciolo di dignità', su uno dei letti am-massati nella stanza dei codici bianchi e verdi, sotto gli occhi ditutti. Quella stanza anche ieri era zeppa di pazienti, forse noncÊerano malati terminali come il padre di Patrizio, Marcello Cai-roli, 74 anni, ex rappresentante Henkel, ma era intasatissima‰.Un’emergenza che non è solo romana.

Il Giornale (07/10/16) titola “Viag-gio da incubo nei pronto soccorso.

E il governo taglia un miliardo”. Si legge: „Dopo la morte chocdi un uomo abbandonato per 56 ore nel pronto soccorso del-

l'ospedale San Camillo di Roma, il ministro manda gli ispettori.Ma un monitoraggio che ha coinvolto 93 strutture di emergenzadimostra come le carenze siano diffuse in tutto il Paese. Peravere un ricovero i pazienti sono costretti ad aspettare oltre duegiorni nel 20% dei pronto soccorso e nel 38% dei Dea‰.

Il Tempo (12/10/16) stila addirittura “Laclassifica dei posti in piedi al pronto

soccorso”. Cita il monitoraggio dei Pronto soccorso italiani ef-fettuato dal Simeu: „Sono state monitorate un totale di 93 strut-ture di emergenza-urgenza su tutto il territorio nazionale, di cui11 nel Lazio. E 'in particolar modo pesa il dato della RegioneLazio - sottolinea il rapporto - In generale, si può attendere inmedia più di 240 minuti per un codice bianco, più di 300 per uncodice verde e oltre 120 per un ÿcodice gialloŸ. I ricercatorihanno evidenziato il caso del Pertini che nonostante abbia unbacino di utenza di 450mila abitanti, ha soltanto 40 posti letto'.Posti letto falcidiati dalla stretta sui conti sanitari: 'Secondo i datidel Ministero della Salute - aggiunge il quotidiano romano - in10 anni l'Italia ha visto sparire 24.155 posti letto (circa il 10%se si considera che nel 2010 erano 244.510), di cui 3.000 nelLazio (2.177 nella sola Roma)'‰.Ben altre cifre riecheggiano ai piani alti della sanità romana.

La Repubblica (6/10/16) titola “Sfor-biciata ai compensi dei manager.

Solo 4 a 155mila euro”. L’articolo spiega: „La Regione ridefini-sce contratti e compensi dei direttori generali di aziende ospe-daliere e delle Asl del Lazio. Nessuno potrà guadagnare più di155 mila euro, un tetto stabilito a livello nazionale e raggiuntosolo da quattro figure: il direttore generale del San Carnillo-For-lanini, quello del Policlinico Umberto I (strutture da mille postiletto circa) e i vertici apicali delle due principali Asl della capitale,la Roma 1 e la Roma 2, aziende frutto del recente accorpa-mento di quattro Asl che coprono un territorio di oltre un milionedi abitanti. Dietro di loro, altre due fasce: una da 147 mila euroe una da 139 mila euro‰.

Il settimanale Panorama (/10/16)dedica un bel servizio agli infer-

mieri, rilanciando l’allarme dell’Ipasvi. Il titolo è: “Infermieri 'vit-time' dei tagli alla sanità”. Si legge: „Un'emorragia di infermierisembra aver colpito ospedali e ambulatori in Italia, soprattuttonel Mezzogiorno: ne mancano 47 mila 'per garantire sicurezzaed efficienza nei servizi'. Tra il 2009 e il 2014, gli operatori nellestrutture pubbliche sono passati da 276.612 a 269.149, ovvero7.463 in meno, e da novembre 2015 le norme europee impon-gono riposi di 11 ore tra un turno e l'altro, vietando carichi ec-cessivi di lavoro. Una situazione limite che ha spinto l'Ipasvi, lafederazione della categoria, a presentare un dossier sulle ca-renze e lanciare il disperato Sos‰.Ma il Governo rilancia.

Il Messaggero (15/10/16) annun-cia: “Settemila nuovi medici e in-

fermieri”. Si legge: „Il giorno prima del varo della legge di Bilan-cio nel consiglio dei ministri di oggi, Matteo Renzi ha sentito e

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DICONO NOI

visto molti dei ministri del suo governo per dare le indicazionifinali sulla legge di Bilancio. Al ministro della Salute, BeatriceLorenzin, chiamata a Palazzo Chigi, ha comunicato che il Fondosanitario nazionale il prossimo anno salirà di soltanto un miliardodi euro, a 112 miliardi, a fronte dei due che invece erano previstie che avrebbero dovuto spingerlo fino a 113 miliardi. A frontedi questo, però, il comparto della Santià sarà quello maggior-mente beneficiato dallo sblocco del turn over e che dovrebbepermettere l'assunzione di 10 mila statali. Ben settemila saran-no medici e infermieri, attraverso la stabilizzazione dei precari‰.La via è quella giusta ma i numeri no. Le assunzioni annunciate non bastano ad arginare la voraginedegli organici infermieristici. Lo ribadisce a chiare note la presi-

dente della Federazione Ipasvi, Barbara Mangiaca-valli, intervistata da Avvenire (16/10/16). Il titolo è:“Dipendenti delle coop malpagati”. La giornalista

chiede: „LÊIpasvi ha chiesto l'assunzione di 47.000 nuovi infer-mieri: non vi pare una pretesa irrealistica?‰. La presidente ri-sponde: „Il numero nasce da due fattori. Il primo è il rispettodelle norme Ue su orari di lavoro e turni di riposo. L'altro fattoreè l'assistenza sul territorio a una popolazione che invecchia, conmalattie croniche e non autosufficienza in aumento. Trentamilainfermieri sono il fabbisogno di personale in base ai bisogni disalute di questa popolazione. Se nei Paesi Ocse la media di in-fermieri ogni mille abitanti è superiore a 9 e noi ci fermiamo a6, lo 0,3 per mille in più (47mila, appunto) sembrano una richie-sta ragionevole per un sistema tra i migliori del mondo‰.I giornali si occupando diffusamente del caso “See&Treat” aRoma, dopo che il Tar del Lazio ha respinto il ricorso dell’Ordinedei medici contro l’avvio del servizio deciso dalla Asl Rmc.

Italia Oggi (21/10/16) titola “Infer-mieri modello UK”. Nel servizio si

legge: „Legittimi e utili gli ambulatori infermieristici See andTreat. 'I professionisti del settore, infatti, sono formati adegua-tamente, hanno esperienza, capacità e un livello tale di respon-sabilità, anche penale, che può accorciare le liste di attesa esoddisfare i bisogni dei cittadini. Il tutto senza entrare in conflittocon atti riservati ai medici abilitati'. A stabilirlo, il Tar Lazio, checon la sentenza 10411/2016 del 19 ottobre scorso, ha respintoil ricorso dell'Ordine dei medici di Roma‰.

Il Sole 24 Ore Sanità (25/10/16) presenta lasentenza come “La rivincita degli infermieri”.

E nel merito della vicenda spiega: „La sentenza ricorda che an-zitutto la delibera contestata s'inquadra nell'ambito del Pianostrategico aziendale 2014-16 adottato con delibera n. 354/14che ha istituito la cosiddetta Casa della Salute, verso la qualeva spostata l'assistenza sul territorio per garantire livelli di curapiù appropriati. Da qui l'esigenza di attivare una rete di ambula-tori infermieristici sui quali far convergere le urgenze minori (co-dici bianchi), caratterizzati dalla presenza di personale munito dicompetenze certificate frutto di specifici percorsi formativi e ditutoraggio, allo scopo di dare ossigeno ai Pronto soccorso ro-mani e garantire l'assistenza ai cittadini, evitando quelle pratichedi automedicazione che possono portare complicazioni‰. E ag-giunge: „Il See&Treat nasce per dare risposta a problematichecliniche di natura minore che non richiedono accertamenti dia-gnostici e strumentali di pronto soccorso ed è un modello am-piamente sperimentato dal 2010 in molte Asl della Toscana ein altre Regioni italiane e da quasi 40 anni in Gran Bretagna eStati Uniti‰.Un’altra battaglia vinta dall’Ipasvi, in attesa di eventuali ulteriorisviluppi. L’Ordine dei medici di Roma ha infatti annunciato ap-pello. Gli infermieri attendono con fiducia l’esito di questo brac-cio di ferro forti delle loro ragioni e delle loro capacità.

Sì agli ambulatoriSee&Treat

Da oggi, nel Lazio, non solo saranno leciti, ma migliore-ranno il servizio, venendo sempre più incontro ai bisognidei cittadini.

Sono gli ambulatori infermieristici See&Treat, in cui professio-nisti adeguatamente formati potranno proporre un modello diassistenza che contribuirà anche a accorciare le liste di attesa. Questo, grazie alla sentenza 10411/2016 pubblicata il 19 ottobredel Tar Lazio che ha respinto il ricorso dell'Ordine dei medici diRoma che, nel 2015, aveva chiesto l'annullamento della deter-minazione n.384 del 20 marzo 2015, con cui l'Asl RM C ha di-sposto l'Attivazione ambulatori infermieristici sul modelloSee&Treat.Le ragioni della richiesta, ritenute tutte infondate dal Tar, eranola „non presenza né vicinanza di medici agli ambulatori infer-mieristici‰, il fatto che „il medico non può validare a posterioriil percorso valutativo e terapeutico delineato dallÊinfermiere, per-ché la norma lo ritiene responsabile solo degli atti compiutisotto la sua supervisione‰, che „con il See&Treat sono delegatealla diagnosi e alla cura degli infermieri alcune complicate pato-logie che sarebbe più opportuno affrontare con la supervisionemedica‰.Ma gli infermieri moderni hanno esperienza, capacità e un livellotale di responsabilità da potersi assumere questa ennesima re-sponsabilità.Il Tar ha sentenziato: „...al servizio si accede dopo il passaggioper il 'triage', svolto da personale infermieristico con il compitodi 'definire la priorità di cura sulla base delle necessità fisiche,di sviluppo psicosociali, sulla base di fattori che determinano ilricorso alle cure e compatibilmente con lÊandamento del flussoallÊinterno della struttura'. E se, fino dal 'triage' del paziente, èimpegnato personale infermieristico che lo classifica secondoun codice di priorità assistenziale, lÊobiezione - secondo i giudici- è contraddittoria nella contestazione della capacità e della com-petenza con il correlato livello di responsabilità che incombonoagli infermieri assegnati al servizio See&Treat‰.Inoltre, „...la responsabilità dellÊinfermiere è confermata dallaCassazione penale che osserva come anche 'L'infermiere delpronto soccorso adibito ad attribuire i codici di priorità (c.d.'triage') risponde di omicidio colposo qualora il paziente muoiaper un ritardato intervento indotto da una sottovalutazione del-l'urgenza del caso‰ (Cassazione penale, sezione IV, 1 ottobre2014, n. 11601).Il modello See&Treat prevede che, fin dall'individuazione deicasi più urgenti, vi provveda il personale „indifferentemente ri-

spetto alla professionalità medica e infermieristica‰ che può es-sere compensata dalla notazione che il sistema inglese, da cuiil modello deriva, prevede che il personale dell’area See&Treatsia costituito „dagli operatori più esperti e che comunque ab-biano ricevuto una formazione specifica per la patologia di com-petenza‰.Il processo formativo degli infermieri ha avuto l’obiettivo „di im-plementare lÊappropriatezza clinica/assistenziale/organizzativa edi creare un modello omogeneo per migliorare le prestazionierogate nellÊarea Emergenza/Urgenza attraverso lo sviluppo ela certificazione di competenze del personale infermieristico perla valutazione e il trattamento della casistica con problemi di sa-lute minori‰, oltre ad aver precisato che alcuni percorsi formativisono stati integrati da specialisti;E, ancora: dove il paziente rientra in uno dei casi elencati dal-l’atto che non possono essere assistiti nel See&Treat, vienemandato al Pronto Soccorso ordinario, come pure oltre preci-sato dalla memoria dell’Asl.Nel caso in cui si individui la necessità di una preventiva visitamedica, il paziente viene subito trattato dallo specialista com-petente presso il Pronto Soccorso.Agli infermieri non è attribuita la funzione di diagnosi della ma-lattia, ma esclusivamente di „discriminazione iniziale tra casi ur-genti e casi non urgenti‰, così come effettuato nel 'triage' di un

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NOTIZIE REGIONE

La presidente Ipasvi Roma Ausilia Pulimeno

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Pronto Soccorso „ordinario‰ e di cura dei codici bianchi in baseall’elenco delle patologie minori individuate dalla stessa deli-bera.La competenza degli infermieri è espressamente prevista dallalegge n.251/2000, che, all’articolo 1, dispone che: „Gli operatoridelle professioni sanitarie dell'area delle Scienze Infermieristi-che e della professione sanitaria Ostetrica svolgono, con auto-nomia professionale, attività dirette alla prevenzione, alla curae salvaguardia della salute individuale e collettiva, espletandole funzioni individuate dalle norme istitutive dei relativi profiliprofessionali nonché dagli specifici codici deontologici ed utiliz-zando metodologie di pianificazione per obiettivi dell'assi-stenza‰.Sempre secondo i giudici non vale nemmeno l’osservazionedell’Ordine dei medici che ipotizza la responsabilità per falsoideologico del medico che controlla l’operato dell’infermiere,smentita, secondo il Tar, dal fatto che il medico di Pronto Soc-corso è sempre in contatto in via telematica col servizioSee&Treat e che dunque tale supervisione è sempre diretta, co-stante e contestuale all’intervento infermieristico.«Questa sentenza pone, finalmente, l’esigenza di collaborareper cambiare in meglio il sistema nella giusta considerazione -ha commentato la presidente del Collegio Ipasvi di Roma, Au-silia Pulimeno – e, d’altronde, il See&Treat è un modello ampia-mente sperimentato in molte Asl della Toscana e in altre regioni,oltre che, da quasi 40 anni, in Gran Bretagna e Stati Uniti, dandoottimi risultati e fornendo una risposta efficace ai bisogni deicittadini. I medici non temano di perdere potere: è necessarioche siano più collaborativi nel processo di cambiamento di cuinecessita la nostra sanità. Con il See&Treat potranno essere ga-rantiti: maggiore rapidità d'intervento, la sua sicurezza e unminor costo per le aziende sanitarie».«Il See&Treat è un tassello del nuovo modello che dovrà carat-

terizzare il Servizio sanitario nazionale - ha spiegato il presidentedella Federazione nazionale Ipasvi, Barbara Mangiacavalli -: leguerre di posizione tra professioni, le minacce giuridiche e gliattacchi mediatici non servono a nessuno, specie ai pazienti.Sarebbe meglio concordare le soluzioni più adeguate, valoriz-zando le peculiarità di entrambi le professioni. Il See&Treat è unpercorso chiaro, che abbatte interventi impropri, liste di attesa,code ai pronto soccorso».

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La presidente nazionale Ipasvi Barbara Mangiacavalli

I l 27 ottobre scorso è stato presentato il “Dossier StatisticoImmigrazione 2016”, che, come sempre, raccoglie i datiIstat commentati dal Centro Studi e Ricerche Idos.

Si tratta del primo annuario del genere in Italia, che, anche nel2016, si è avvalso dell’apporto di esperti di diverse organizza-zioni per favorire un livello adeguato di consapevolezza dei fe-nomeni migratori da parte dell’opinione pubblica, tuttora espo-sta al rischio di chiusure pregiudiziali. Una narrazione più equili-brata mostra, invece, che l’immigrazione dà un apporto, a livellomondiale, alla cooperazione e allo sviluppo e, a livello nazionale,alle esigenze demografico-previdenziali ed economico-occupa-zionali.

La situazione regionaleNel Lazio, nel 2015, l’immigrazione è aumentata in tutte le sueprovince, a differenza di quanto avvenuto in altre regioni italiane:risultato minimo a Viterbo, superiore all’1% a Roma, Frosinonee Rieti, elevato (+5,4%) nella provincia di Latina, fortemente ca-ratterizzata dall’agricoltura.Il Lazio conta 645.159 residenti stranieri, ed è la seconda re-gione italiana ad ospitarne, dopo la Lombardia, con un aumento,dal 2007, del 65%. Alla provincia di Roma spettano i quattro quinti (82,1%) deglistranieri residenti nel Lazio, a quella di Latina il 7,5% e a quelladi Viterbo quasi il 5%. In valori assoluti: Roma 529.398, Latina48.230, Viterbo 30.090, Frosinone 24.164 e Rieti 13.277. Ri-spetto al 2007, la provincia di Roma ha conosciuto un aumentodel 64,5% e di 207.511 unità (gli stranieri erano allora 321.887). Roma, con 365.181 stranieri residenti, incide per quasi il 70%(69,0%) su tutti i cittadini stranieridella provincia, mentre Milano, con254.522 stranieri residenti, incide a li-vello provinciale per meno del 60%(57,0%). Nel Lazio l’incidenza degli immigratisulla popolazione residente è passatadell'11% (in provincia di Roma, 12,2%)e l’inciden-za delle donne dal 53,8% al52,4% (in provincia di Roma, 52,8%).A fronte di un continuo aumento del-l’incidenza degli immigrati sulla popo-lazione residente, vi è stata, negliultimi anni, una leggera diminuzionepercentuale del-le donne.

È andata anche modificandosi la provenienza tra i residenti stra-nieri: Europa 57,1%, Asia 24,0%, Africa 10,7%, America 8,1%,Oceania 0,1%.In Italia, nel 2015, la presenza straniera è diminuita, seppure dipoco, in metà delle regioni e delle province autonome: Friuli Ve-nezia Giulia, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Pie-monte, Trento, Valle d’Aosta e Veneto. Il Lazio attira lÊattenzione per il numero complessivo degli immi-grati residenti (645.159 alla fine del 2015), ma viene comunquedopo la Lombardia. In queste due regioni è comprensi- bilmenteelevata anche l’incidenza dei cittadini stranieri sulla popolazioneresidente totale: 11% nel Lazio e 11,5% in Lombardia. Comunque, è l’Emilia Romagna la regione con la massima inci-denza di stranieri (12,0%), con un valore superiore nella provin-cia di Roma (12,2%), Firenze (12,7%) e in quella di Milano(13,9%). Oltre al caso di Prato (prima provincia in Italia con il 16,0%),anche in Emilia Romagna è notevole l’incidenza degli stranieri:14,2% a Piacenza, 13,6% a Parma, 13,1% a Modena, 12,7% aReggio Emilia, 11,9% a Ravenna, 11,6% a Bologna (ad ecce-zione di Ferrara, dove l’incidenza è dell’8,5%). Non mancano gliestremi opposti: a Carbonia-Iglesias e nel Medio Campidano, inSardegna, l’incidenza è appena dell’1%. La Regione con il minor numero di immigrati è la Valle dÊAosta(8.480), mentre ne contano pochi di più il Molise (12.034) e laBasilicata (19.442); le province con il più basso numero di im-migrati si trovano in Sardegna: Ogliastra 919, Medio Campidano1.307 e Carbonia Iglesias 1.859. I casi di acquisizione di cittadinanza (178.035 a livello nazionale)

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NOTIZIE REGIONE

tutti i numeri deldossier statistico Migrantes

sono così ripartiti territorialmente: meno di 1.000 in Molise, Ba-silicata, Sardegna e Valle d’Aosta; 1.000 in Calabria; 2.000 inAbruzzo, Bolzano, Campania e Puglia; 3.000 in Sicilia, Umbria eTrento; 5.000 in Friuli-Venezia Giulia; 6.000 in Liguria; 8.000nelle Marche; 11.000 nel Lazio; 14.000 in Toscana; 16.000 inPiemonte; 23.000 in Emilia Romagna; 26.000 in Veneto e46.000 in Lombardia.Il numero maggiore di nuovi nati figli di stranieri (in tutta Italia72.096) si riscontra in Lombardia (18.703), Emilia Romagna(8.812), Veneto (8.161), Lazio (7.520), Piemonte (6.218), To-scana (5.378).

Immigrazione e criminalitàNon è affatto scontata la tesi secondo cui i cittadini stranieri de-linquono più degli italiani.Il Dossier Statistico Immigrazione 2016 ritorna su questo aspet-to: l’aumento delle denunce dipende dall’incremento dell’atti-vità criminale, da prendere in considerazione assieme all’even-tuale aumento della popolazione di riferimento (così è stato pergli stranieri) o alla sua diminuzione (così è stato per gli italiani):in questo modo, è possibile verificare se l’andamento sia statopositivo o negativo. Quest'analisi si può fare solo prendendo in considerazione i de-litti con autore noto (circa un quinto del totale), gli unici che per-mettono di distinguere tra Italiani e stranieri. Tra il 2004 e il2014, per gli stranieri, le denunce sono aumentate in misurapiù contenuta (34,3%), anche se, nel frattempo, questi sonopiù che raddoppiati. Sulle denunce con autore noto, gli stranieri hanno inciso nel2014 per il 31,4% (307.978 su un totale di 980.854): anche sot-to questo aspetto, il confronto va a favore degli stranieri, men-tre per il calcolo del tasso di criminalità valgono le precisazioniprima riportate. L’incidenza delle denunce contro stranieri conosce notevoli va-riazioni a livello territoriale: Nord-Ovest (42,3%), Nord-Est(42,0%), Centro (39,3%), Sud (15,0%) e Isole (15,5%). Situa-zione che sembra dovuta sia alla diversa situazione economicache caratterizza il Centro-Nord rispetto al Meridione, sia al mag-gior controllo esercitato localmente dalle organizzazioni crimi-nali. La regione con l’incidenza percentuale più alta di denunceè l’Emilia Romagna (43,7%). A Bologna l’incidenza delle de-nunce contro stranieri si ferma a un punto dal 50%), mentre treprovince superano questo valore: Firenze (51,1%), Milano(56,2%) e Prato (58,3%). Superano il 40%: Bergamo, Brescia,Cremona, Genova, Imperia, Lodi, Modena, Monza-Brianza, Pa-dova, Parma, Piacenza, Pisa, Ravenna, Rimini, Roma, Trento,Trieste e Udine. Colpisce, tra gli immigrati, la maggiore ricorrenza dei furti e il ri-levante peso delle denunce per ricettazione, mentre la percen-tuale è identica per quanto riguarda le lesioni dolose. Di contro,gli italiani sono più soggetti, rispetto agli stranieri, alle denunceper truffe e frodi informatiche.

Il nuovo contesto multireligioso in Italia La presenza immigrata in Italia ha accentuato la percezione dellamultireligiosità, da riferire sia ai musulmani che alle diverse altrecomunità di fede, che si rifanno per lo più a confessioni cristianee a religioni orientali. Queste appartenenze, che prima non fa-cevano parte del contesto italiano sono rese visibili da centinaiadi luoghi di culto disseminati in tutta la penisola (oltre 300 soloa Roma). Di norma sono luoghi umili, se si bada alle strutture (spessovecchi fabbricati e garage dismessi), ma dalla forti capacità diaggregazione: non solo vi si prega, ma vi si pratica la solidarietà(specialmente in questo periodo di crisi), si insegna l’italiano esi organizzano altre iniziative funzionali a un positivo inseri-mento. Contrariamente alle prospettive ipotizzate dal secolarismo, lefedi, così intensamente e visibilmente vissute dagli immigrati,stanno riportando la dimensione religiosa nello spazio pubblicodelle società europee e anche in Italia. La dimensione religiosa degli immigrati è un aspetto non menoimportante di quelli economici e culturali. Il rispetto di questodiritto non è però di facile accettazione: si è determinato, così,un accresciuto sentimento di islamofobia, nonostante sia risa-puto che, per questi terroristi, il discorso religioso sia usato stru-mentalmente come copertura “ideologica” e, come tale, sem-pre più sconfessato dalle autorità e dalle associazioni islamiche. Il paese più colpito è stata la Francia; ma pure Belgio e Germania. Le reali motivazioni degli attentatori sono state denunciate sem-pre più coralmente anche in ambito musulmano, ma, intanto,si è ulteriormente alimentata l’islamofobia. È stata così rinfocolata l’avversione degli europei verso gli im-migrati, in quanto portatori di culture e religioni differenti. Si as-siste a questa chiusura verso le confessioni non cristiane, men-tre i cristiani sono diventati la maggioranza assoluta tra gli immi-grati residenti in Italia. Stando alla stima del Dossier, tra gli immigrati presenti in Italiai cristiani costituiscono il gruppo maggioritario. La comunità mu-sulmana resta consistente tra gli immigrati. Le altre aggrega-zioni religiose presentano, in Italia, incidenze inferiori tra gliimmigrati: ebrei 0,1%; induisti, buddhisti e altre religioni orien-tali, presi congiuntamente 6,8%; immigrati dell’area delle reli-gioni tradizionali 1,1%; atei e agnostici 4,5%. Bisognerebbe abituarsi a convivere con i credenti di altre fedi,sollecitando, al contempo, il rispetto delle leggi e delle tradizioniitaliane, e garantire pure sul piano dell’ordinamento l’eserciziodel culto, che ora incontra diversi ostacoli, aprendo anche ai mu-sulmani le intese estese a induisti e buddhisti.

Immigrati ed economia Secondo l’Istat, sono almeno 2.359.000 gli stranieri occupati eresidenti in Italia (65 mila in più rispetto al 2014) e 456 mila i di-soccupati (in leggera diminuzione: -2%).L’incidenza dei lavoratori stranieri sull’occupazione è del 10,5%,

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pur non considerando quelli regolarmente inseriti nel mercatodel lavoro ma non registrati come residenti. Il peso statistico degli immigrati nel mercato del lavoro è, dun-que, più alto sia di quello registrato dagli stranieri sulla popola-zione residente (8,3%), sia della media registrata nella Ue (dovegli stranieri sono il 7,3% degli occupati). Anche tra i disoccupatil’incidenza è elevata: in Italia 15,0%, in Ue 12,5%. Continua a crescere l’iniziativa imprenditoriale degli immigratiin Italia, le cui imprese hanno raggiunto nel 2015 la cifra di550.717, sono cresciute di un ulteriore 5,0% e incidono per il9,1% sul totale delle aziende. Si tratta per lo più di ditte indivi-duali avviate nel commercio, in edilizia e nella ristorazione e con-centrate nel Centro-Nord. Un inserimento economico e produttivo che, oltre ai singoli la-voratori e alle loro famiglie, giova ai sistemi locali del lavoro, alwelfare italiano, ai Paesi di origine. L’imprenditoria immigrata contribuisce a sostenere i sistemi lo-cali del lavoro e i distretti produttivi; ha rafforzato soprattutto isistemi del lavoro delle aree metropolitane: dal 2008 al 2014,le imprese individuali italiane sono diminuite del 6,5%, quelleimmigrate (sempre individuali) sono cresciute del 5,8%, manelle aree metropolitane il loro incremento è stato superiore al25%. Le aree metropolitane e i distretti industriali concentranoda soli il 60% dell’imprenditoria immigrata a carattere indivi-duale, per lo più composta da imprese manifatturiere. A crescere più di tutti sono gli imprenditori cinesi, aumentatidel 24,0% in sei anni e primi in Italia per numero di imprese in-dividuali: in media, rappresentano il 15,8% degli imprenditori

stranieri, ma nei distretti industriali raggiungono il 23,3%. L’imprenditoria immigrata non cresce solo per numero delleaziende, ma anche per dimensione media delle stesse (supe-riore di 1/3 rispetto alle italiane) e per numero di addetti impie-gati. La loro presenza è diventata strutturale non solo a Prato,dove gli immigrati gestiscono quasi la metà delle imprese, ma,in generale, nei distretti tessili, dell’abbigliamento, delle scarpee nei distretti dell’industria meccanica (Padova, Bergamo, Bre-scia e Reggio Emilia). Con la sua grande capacità di adattamento, l’imprenditoria im-migrata contribuisce fortemente all’internazionalizzazione del-l’economia italiana e all’integrazione dei migranti nel nostrosistema produttivo e socio-economico. In Italia, molte funzioni del welfare e dell’assistenza sociale esanitaria sono state sostituite dal lavoro svolto dalle donne im-migrate nello spazio privato delle famiglie italiane. Nel 2015, su886.125 lavoratori domestici, quelli stranieri sono 672.194,303.914 dei quali con mansioni da badante. Si stima, oltretutto, che il numero ufficiale degli stranieri impiega-ti nel settore domestico corrisponda a meno della metà di quelloeffettivo di questi lavoratori (molti dei quali senza contratto).Stando ai dati ufficiali, comunque, il 75,9% dei lavoratori dome-stici è composto da stranieri, incidenza che, nel caso, delle ba-danti sale all’80,9%. Per la grandissima parte si tratta di donne:86,5% in media. Senza loro, molte famiglie non potrebbero as-sicurare la cura e l’assistenza ai propri malati, anche perché solouna parte di esse potrebbe trovare un’alternativa nelle struttureresidenziali specializzate, per lo più private e costose.

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versante opposto, vi è la spesa pubblica destinata agli immi-grati, le cui voci di costo principali sono i settori del welfare edella sicurezza. Queste incidono in misura inferiore al 2% sullaspesa pubblica complessiva (pari, nel 2014, a 835 miliardi dieuro). Più precisamente, si stima che l’Italia nel 2014 abbiaspeso per la popolazione straniera 4 miliardi di euro nell’areadella sanità, 3,7 nella scuola, 3,1 in trasferimenti monetari di-retti, 0,6 nei servizi sociali, 0,3 nell’area della casa, a fronte diquasi 11 miliardi versati dagli immigrati solo in contributi pen-sionistici (escludendo il gettito fiscale). Crescono anche le pen-sioni percepite dagli immigrati, sia contributive (invalidità,vecchiaia, superstiti) che assistenziali (congedi parentali, mater-nità obbligatoria, assegni al nucleo familiare); tuttavia nel primocaso la loro incidenza sul totale dei beneficiari è di appena lo0,3%, nel secondo i valori più alti si raggiungono nei congediper maternità (8,4%) e negli assegni al nucleo familiare (11,5%),due delle voci grazie alle quali il Paese riesce ancora a contra-stare il proprio invecchiamento. L’apporto degli immigrati non è solo demografico di lungo pe-riodo, ma anche economico a breve termine. Il più grande contributo all’economia del paese di immigrazione,a quella del paese di emigrazione e al bilancio delle proprie fa-miglie gli immigrati lo danno con le rimesse. Nel 2015, a livello mondiale, le transazioni monetarie versol’estero rilevate dalla Banca Mondiale hanno raggiunto i 581,6miliardi di dollari, 431,6 dei quali destinati ai cosiddetti Paesi invia di sviluppo (Pvs). Quest’ultima cifra da sola supera di quasitre volte l’intera spesa sostenuta a livello mondiale per l’aiutopubblico allo sviluppo. In Italia, nonostante i flussi di denaro in-viati all’estero dagli immigrati siano diminuiti rispetto a qualcheanno fa, le somme spedite nel 2015 hanno raggiunto dimen-sioni molto elevate (5,3 miliardi di euro, considerando solo i ca-nali formali) e ben più alte di quanto investito dal paese perl’aiuto allo sviluppo (4,2 miliardi di euro nel 2015, che al nettodelle spese destinate all’accoglienza dei rifugiati in Italia scen-dono, secondo ActionAid, a poco più di 3 miliardi). Quindi, nonsolo gli immigrati contribuiscono al Pil dell’Italia per una quota(8,6%) molto più alta di quella che l’Italia investe, del proprioPil, in aiuti allo sviluppo (0,21%), ma le loro rimesse da sole rap-presentano lo 0,32% del Pil italiano (pari a 1.636.372 milioni dieuro a prezzo di mercato), a fronte di un impegno nazionale peril sostegno allo sviluppo e la lotta alla povertà nel mondo che,se si escludono le spese destinate all’accoglienza dei rifugiatiin Italia, si riduce allo 0,15%. Le rimesse spedite dall’Italia nei paesi di origine degli immigratisono ad oggi la più grande politica di aiuto ai paesi di origine deiflussi migratori.

L’immigrazione nel 2015: un’altra Italia sotto tracciaAspetti del Dossier 2016 evidenziano il fatto che il 2015 sembriun anno di tranquillità, fatta eccezione per le 154.000 personesbarcate mentre, in realtà, sono diverse le novità.

LÊItalia ha aumentato la sua quota di pertinenza sul numero to-tale dei migranti nel mondo (244 milioni), con cinque milioni distranieri residenti in Italia e cinque milioni e 200mila cittadini ita-liani residenti all’estero (dato delle anagrafi consolari). Nel 2014,gli italiani all’estero e gli stranieri in Italia si equivalevano, mentreora i connazionali al di fuori sono di più. È anche rilevante il fatto che, in Italia, si trovi 1/7 dei 35 milionidi stranieri residenti nella Ue.Sembrerebbe che i cittadini stranieri in Italia abbiano arrestatola loro crescita, ma anche nel 2015 la loro movimentazione èstata notevole: 250mila persone sono state registrate in prove-nienza dall’estero (tra ricongiungimenti familiari, persone venuteper lavoro, per studio e altri motivi, nonché le persone sbarcateregistratesi come residenti) contro 45.000 registrate in uscita.Bisogna poi tenere conto di 72.000 nuovi nati da entrambi i ge-nitori stranieri e di 64.000 immigrati a cui non è stato rinnovatoil permesso di soggiorno (a queste 431mila persone si aggiun-gono 178.000 stranieri diventati cittadini italiani, per un totaledi oltre 600mila persone in movimento).I cittadini italiani di origine straniera possono essere stimati paria 1 milione e 150.000. Rispetto al 2014, l’incidenza degli immigrati sulla popolazioneresidente è aumentata solo di un decimo di punto (8,3%). Sonocambiate, invece: le compravendite immobiliari (8,7%, in au-mento), le imprese attive (9,1%, in aumento), i matrimoni (9,2%,prendendo in considerazione i soli matrimoni misti e non quellitra stranieri), gli iscritti a scuola (9,2%), gli occupati (10,5%, invalori assoluti 2.359.000 immigrati), i disoccupati (15,0%, in va-lori assoluti 456mila immigrati), i lavoratori assunti per la primavolta nel 2015 (28,9% i nati all’estero). Nel paese è sempre più diffusa la preoccupazione generatadagli sbarchi, ma bisogna chiedersi come queste presenze pos-sano essere collocate nel futuro. Secondo le proiezioni Istat(nella variante media e, quindi, quella più probabile), nel periodo2011-2065, servirà un saldo migratorio annuale che, partendoda 300.000 unità l’anno, vada gradatamente a scendere a175mila unità.In particolare, il 2015 si è chiuso in maniera pesante per gli ita-liani: le morti sono prevalse sulle nuove nascite di 228mila unitàe le cancellazioni anagrafiche per l’estero hanno superato i rien-tri dall’estero per 72mila unità. In prospettiva, nel periodo 2011-2065 il saldo naturale della popolazione residente sarà pesan-temente negativo di ben 11,5 milioni di unità (28,5 milioni di na-scite contro 40 milioni di decessi). Questo squilibrio potrà es-sere compensato dai flussi migratori, che saranno positivi per12 milioni (17,9 milioni di ingressi contro 5,9 milioni di uscite).Dal punto di vista demografico, la presenza degli immigrati edei profughi può tornare utile, ma le esigenze vanno accompa-gnate da interventi sui flussi, la loro accoglienza, l’inserimentooccupazionale e l’integrazione nella società: in particolare, otte-nendo un maggiore sostegno dalla Ue.

Tiziana Mercurio

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NOTIZIE REGIONE

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All'ospedale Sant'Andrea ilIX Congresso nazionale Ait

Con il patrocinio del Centrodi Eccellenza per la Culturae la Ricerca Infermieristica

(Cecri) e la collaborazione del Col-legio Ipasvi di Roma, il 26 novem-bre scorso, si è svolto il IX Con-gresso nazionale dell'Associazioneinfermieristica transculturale (Ait).L'appuntamento all'azienda ospe-daliera Sant'Andrea, dal titolo:„Assistenza infermieristica nel vil-laggio globale‰ ha avuto, fra gliobiettivi generali, l'idea di fornireun quadro programmatico della situazione immigratoria nellazona di Roma e provincia, focalizzandosi sull’accoglienza all’altroin situazione di bisogno assistenziale. Questo, senza dimenticare elementi sulla vulnerabilità di per-sone in situazione di difficoltà.In tale linea di ragionamento, questo corso intende, nel con-creto, far acquisire quegli elementi teorici e quegli aggiorna-menti sul tema della vulnerabilità per analizzare i complessibisogni di salute di una società diseguale e spesso vessatorianei confronti delle minoranze etniche, delle marginalità socialie dei diversi generi.Per l'occasione, è stato distribuito ai partecipanti il “Dossier Sta-tistico Immigrazione 2016” (di cui diamo notizia nelle pagineprecedenti), presentato da Franco Pittau, e il volume “Le Mi-grazioni qualificate in Italia. Ricerche, statistiche, prospettive”,a cura del Centro Studi e Ricerche Idos e dell’Istituto di StudiPolitici “San Pio V”.A seguire, Filippo Gnolfo (Asl Roma 1) ha affrontato il tema dellasalite dei migranti, mentre alla professoressa Ersilia Buonomo(Tor Vergata) è stata affidata un’analisi sullo stato dell’acco-glienza nei servizi sanitari della popolazione rom. La prima ses-sione si è quindi conclusa con l’intervento dell’infermiere esociologo Giordano Cotichelli su “villaggio globale e risorse del-l’infermieristica”. Il concetto di “villaggio globale” è statoespresso nel 1962 (Mc Luhan) descrivendo uno spazio fisicoplanetario dove le differenze culturali, etniche, degli stili di vitae dei linguaggi, delle tradizioni e delle distanze fisiche tendonoad annullarsi, assumendo la valenza appunto di un piccolo vil-laggio… nonostante sia su scala mondiale. Assumere il pro-blema dell’iniquità supporrà per l’infermieristica enormi cam-biamenti. Vorrà dire prendere coscienza di un orientamento al-

l’iniquità, riconoscere che l’iniquità siesprime nella salute in modo dram-matico, influire nel cambiamento deisistemi di salute verso una cura adaccesso universale e generare buonepratiche.

Nella seconda parte della mattinatal’orizzonte degli interventi si è allar-gato alla gestione della persona af-

fetta da Alzheimer (con il ricercatore Cnr Matteo Borri), quindisulla violenza di genere nel contesto internazionale, grazie allarelazione della psicologa e psicoterapeuta Teresa Bruno. Le ri-levazioni dell’Istituto Nazionale di Statistica del 2015 eviden-ziano come in Italia il 31,3% delle donne italiane e il 31,5% delledonne immigrate, tra i 16 e 70 anni, hanno subito qualche formadi violenza. Ciò dimostra l’incidenza e la diffusione di un feno-meno del quale s’incomincia ad acquisire consapevolezza solodi recente.A chiudere il congresso, Marinella Lombrici (infermiera espertanell’assistenza alle popolazioni migranti) con il suo raccontodelle esperienze sul campo. In particolare, il Centro SaMiFo (Sa-lute Migranti Forzati ) con la sua équipe composta da personalesocio sanitario del Centro Astalli e della Asl, nel luglio 2015 haottenuto il riconoscimento della Regione Lazio come «Strutturasanitaria a valenza regionale per l’assistenza ai migranti forzati».La portata innovativa del servizio che sta nell’integrazione di ri-sorse e competenze del privato Sociale e del servizio pubblicorende il SaMiFo un modello di interesse nazionale.Il Congresso è stato un evento gratuito, accreditato Ecm, coor-dinato dalla presidente Collegio Ipasvi Roma, Ausilia Pulimenoe da Alessandro Stievano, ricercatore Cecri e presidente del-l’associazione. I lavori sono stati moderati da Loredana Fabrianie Paolo Tarantino, rispettivamente vice presidente e consigliereAit.

Da sinistra: Cotichelli, Borri, Stievano,Bruno, Lombrici

Venerdì 15 novembre, all’ospedale Sandro Pertini, si èsvolta la premiazione dei professionisti che più hannodato lustro all'Azienda Asl RM B, nell’ambito dei festeg-

giamenti per il XXV anniversario dell’inaugurazione dell’ospe-dale.Dopo il ricordo di Sandro Pertini, partigiano, politico, uomo digrandi ideali, ateo dichiarato, ma dai comportamenti di uomo difede, si è proceduto ad attribuire i riconoscimenti e, tra i sei pre-miati, spiccano due infermieri: Maria Bernardini, in servizio pres-so l’Utic, e Marco Soricetti, in servizio presso il Dipartimento diSalute Mentale.Di Maria Bernardini sono state lodate non solo le competenzetecniche, molto apprezzate in Azienda, ma anche le competen-ze relazionali, soprattutto in un ambito in cui non è sufficientecurare solo la malattia, ma è indispensabile ridare sicurezza edignità alle persone colpite da cardiopatie gravi.Marco Soricetti è l’infermiere dell’Area di Salute Mentale dellaex Asl Rm/B, ideatore di “Musica in Cammino”, il gruppo co-

stituito da ragazzi in cura presso il Centro Diurno e dal personaledel Dipartimento di Salute Mentale appartenenti a varie catego-rie (dai medici agli psicologi, agli infermieri ed educatori sanitari,dagli operatori ai volontari). Il sodalizio ha partecipato al Festivalnazionale delle Psychiatric Band del 23 luglio a Cellere (Viterbo)e al convegno “Artiterapia in salute mentale, camminare insie-me per costruire relazioni”, svoltosi il 24 settembre proprio alPertini. Un ringraziamento particolare a padre Carmelo e ad AndreaMaccari per l’organizzazione e per i momenti di commozioneche ci hanno regalato con le foto-testimonianza dell’ospedalePertini e dei suoi dipendenti, tra i quali ci fa piacere ricordarel’indimenticabile Luigi Patrizi, collega prematuramente scom-parso e rimasto nei cuori di tutti quanti l’hanno conosciuto.A Maria Bernardini e Marco Soricetti, i più sinceri ringraziamentida parte dei colleghi del Collegio Ipasvi di Roma per il ricono-scimento ricevuto, segno tangibile della stima che l’Aziendanutre non solo per loro, ma per tutta la categoria infermieristica.

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Al pertini premiati i migliori professionisti:due sono infermieri

Bernardini e Soricetti con il vicepresidente Ipasvi Roma Casciato

A l Policlinico Gemelli di Roma, il Cecri (Centro di Eccel-lenza per la Cultura e la Ricerca Infermieristica) ha orga-nizzato un incontro per discutere di “Self-care nelle ma-

lattie croniche: otto anni di ricerca italiana”.Con „self-care‰ si indicano, in genere, le norme comportamen-tali che vanno seguite per mantenere e migliorare la propria sa-lute, compresi gli interventi sanitari primari che la persona stes-sa o i suoi familiari possono attuare.Le azioni con cui si esplica la cura di sé sono indispensabili: incaso di persone totalmente dipendenti, l’infermiere può esserechiamato ad occuparsi della cura della persona in maniera per-manente; in altri, l’infermiere fornisce solo un aiuto, svolgendodirettamente alcuni compiti, guida e sorveglia altre persone cheassistono il soggetto o educa quest’ultimo affinché progrediscagradualmente verso l’autonomia.L'evento ha costituito l'occasioneper incontrare gli esperti del set-tore per definire il self-care nellemalattie croniche; diffondere i ri-sultati raggiunti dalla ricerca ita-liana nello studio, ed illustrare iprogetti futuri nello studio del self-care stesso.Tre quarti della popolazione ita-liana, tra i 65 e 74 anni, infatti, è af-fetto da almeno una malattia cro-nica e recenti stime indicano cheil 55% della popolazione anziana,nei Paesi occidentali, soffre di cin-que o più malattie croniche. E sono proprio queste ad avere unimpatto rilevante sulla qualità divita delle persone e dei caregiver(spesso familiari), nonché sui costisostenuti dai sistemi sanitari.Per questo motivo, strategie assi-stenziali per ridurre il carico dellemalattie croniche rappresentanouna priorità da sviluppare; prioritàa cui non si possono sottrarre iprofessionisti della salute.Il Cecri, sin dal 2009, ha investitomolto nello studio del self-care: ini-zialmente, focalizzandosi su quello

nello scompenso cardiaco, ma dopo, questo studio ha coinvoltoaltri ambiti, quali la Bpco, il diabete e lo scompenso cardiaco, fi-no al self-care nelle persone portatrici da stomia intestinale ourinaria.

La giornata si è aperta con il saluto delle autorità e dei verticiaziendali del Policlinico Gemelli, seguiti da quelli di GennaroRocco, direttore scientifico Cecri e di Rosaria Alvaro, professoreassociato Università Tor Vergata di Roma.La prima sessione, moderata da Ausilia Pulimeno e Stefano Ca-sciato, rispettivamente presidente e vicepresidente del CollegioIpasvi di Roma, ha registrato gli interventi di: Maria Matarese-Ercole Vellone (“Self-care e patologie croniche: teorie situazio-nali e a medio raggio”), Antonello Cocchieri (“Self-care e scom-

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la ricerca italiana sul Self-careSuccesso per il convegno Cecri al policlinico gemelli di roma

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penso cardiaco: studio descrittivosui pazienti italiani”), Marco Clari(“Self-care e BPCO: studio qualita-tivo sui comportamenti di self-carenella popolazione italiana”), DavideAusili-Michela Luciani (“Self-carenel diabete mellito”), Marco Patur-zo-Ercole Vellone (“Self-care e mor-talità nello scompenso cardiaco”),Michela Piredda (“Il non self-care:studio sulla dipendenza dei pazientidalle cure infermieristiche”), Gian-luca Pucciarelli (“Il non self-care:studio dei pazienti con ictus cere-brale”), Marco Paturzo-Ercole Vel-lone (“L’interdipendenza tra pazien-ti e caregiver nel self-care delloscompenso cardiaco”), AntonellaMottola-Marco Paturzo (“Self-carenei pazienti e caregiver con scom-penso cardiaco: studio con metodomisto”). La sessione pomeridiana, moderatada Maria Grazia Proietti e AlessandroStievano, invece, è stata dedicata al-le prospettive future del self-care.A confrontarsi con la vasta plateasono stati, nell'ordine: Gabriella An-geloni-Giulia Villa (“Promuovere ilself- care e migliorare la qualità di vita”), Antonio Petruzzo-Fe-derica Dellafiore (“Miglioramento del self-care nello scompensocardiaco con il colloquio motivazionale”), Maddalena De Maria-Davide Ausili (“Self-care e qualità di vita nelle persone con ma-lattie croniche multiple”), Alessio Conti (“Self-care nelle perso-ne con lesione midollare”), Barbara Bassola (“Self-care nellepersone con malattia del motoneurone”), Dhurata Ivziku-Maria

Matarese (“Contributo dei caregiver al self-care delle personecon BPCO”), Angela Durante (“I bisogni dei caregiver delle per-sone con scompenso cardiaco”), Michela Luciani-Davide Ausili(“Self-care nelle persone con diabete mellito”), Michele Virgo-lesi (“Aderenza terapeutica dei pazienti dimessi dal SPDC”),Maria Ymelda Tolentino Diaz-Annarita Pazzaglini (“Aderenza te-rapeutica del paziente colpito da ictus”).

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gli infermieri laziali a milanoper il Congresso nazionale Cid

I l Collegio Ipasvi di Romaè stato presente, a Roz-zano (Milano), al XXII Con-

gresso del Comitato Infer-mieri Dirigenti (Cid), in pro-gramma l'11 e 12 novembrescorsi.Al termine dei lavori, è statoribadito l'impegno del diret-tivo Cid nel promuovere evalorizzare le diverse realtàregionali in cui sono in attole reingegnerizzazioni e icambiamenti dei sistemi or-ganizzativi sanitari per rico-noscere e valorizzare l’istitu-zione della direzione infer-mieristica e delle professio-ni sanitarie con unica defi-nizione di nome e di colloca-zione rispetto alle altre dire-zioni.Il documento finale, illustra-to dal presidente, NicolaBarbato, è stato approvato econsegnato alla Federazionenazionale Ipasvi, per diveni-re oggetto di condivisione. “La funzione manageriale - ha affer-mato la presidente della Federazione, Barbara Mangiacavalli,non è un titolo accademico e non si caratterizza solo per i con-tenuti e le competenze apprese. È capacità di risolvere ed af-frontare i problemi, è volontà di portare risultati con una visioneattenta al cittadino e alle dinamiche sociali che lo circondano. Ilruolo che ogni infermiere dirigente ha, all’interno delle aziendesanitarie, la complessità organizzativa affrontata quotidiana-mente e il numero di risorse gestite, ci autorizza ad essere ri-conosciuti quali interlocutori forti, di partecipare attivamente aigrandi cambiamenti che a vario titolo si realizzeranno, di assu-mere la responsabilità della decisione e dei risultati attesi. Inparticolare, riconosciamo e crediamo che gli aspetti formativi ela realizzazione di percorsi di specializzazione potranno essereconcretizzati solo con una collocazione all’interno dei processidi prevenzione, cura, riabilitazione, post acuzie, cronicità e pal-liazione; non potranno essere solo accademici, dovranno pre-

vedere docenti e tutorato nelle re-altà operativa degli infermieri”. Il Congresso ha ricordato anche i60 anni di storia dell’Associazione,nata nel 1956 come comitato delledirettrici delle scuole convitto perInfermieri: la professoressa e teo-rica italiana del Nursing, MarisaCantarelli, classe 1930, ha magi-stralmente ripercorso quegli annie l’entusiasmo con cui fu fondatal’associazione e gli scopi indicati

nel primo statuto. Il viaggio illustrato fino agli anni 1980 è statocontestualizzato con lo sviluppo della professione e la normativache, in quegli anni, vedeva nascere l’accordo di Strasburgo sullaformazione degli infermieri europei. Dagli anni '80 fino alle so-glie degli anni 2000, Marcello Bozzi, past president del Cid, haricordato le importante battaglie della professione e la presenzadel Cid al fianco della Federazione e degli infermieri per il Profiloprofessionale, l’ingresso all'università, la legge 251/2000 sulladirigenza.Il prossimo appuntamento nazionale è per il 10 e 11 ottobre2017 a Trieste, un congresso all’insegna della dirigenza infer-mieristica europea che vedrà il Cid impegnato nel board del co-mitato organizzativo dell’Enda (European Nurse Directors Asso-ciation) e con la collaborazione dell’Esno (European SpecialistNurses Organizations) per il congresso, dal 12 al 14 ottobre, inCroazia, dal titolo “Nursing: costruirlo e costruire insieme, vi-verlo e condividerlo”.

l’implementazione delle buonepratiche per la prevenzione delleinfezioni correlate a cateterevenoso centrale

di Marina Palombi, Claudia Lorenzetti, Giuseppe Marchesani, Angela Peghetti, Stefano Casciato,Maria Matarese

Partecipanti al gruppo di lavoro: Eleonora Tavernese, Alessandro Cinque, Roberto Accettone, Gabriele Caggianelli,Francesca Masone, Sergio Boi, Francesca Romana Blasi, Maria Desimio, Anna Di Meglio, Anna Little, PatriziaSecondi, Anna Maria Vellucci, Doriana Bauzulli, Laura Costa, Simonetta Felicetti, Maria Letizia Simoni,Massimo Spallato.

LABStrACtLe infezioni correlate all’assistenza sonospesso associate all’uso di dispositivi in-vasivi che infrangono le normali difesedell’organismo.Tali infezioni possono essere causatedalla scarsa conoscenza e aderenza delpersonale sanitario alle buone praticheraccomandate dalle linee-guida per laprevenzione delle infezioni, comportan-do un aumento della mortalità e dei costisanitari. Quest'ultime sono numerose evengono sviluppate da vari organismi esocietà scientifiche internazionali proprioper la prevenzione delle infezioni corre-late ai dispositivi medici invasivi. Per le infezioni correlate ai cateteri intra-vascolari, le principali raccomandazionisono state prodotte dai Centers for Di-sease Control di Atlanta nel 2011. Basandosi esattamente su tali racco-mandazioni, sono stati condotti degliaudit clinici in tre aziende ospedaliere ro-mane, allo scopo di implementare lebuone pratiche assistenziali per la ge-stione del catetere venoso centrale eper ridurre il rischio di complicanze infet-tive, incrementare la performance pro-

fessionale, e per migliorare le strategiedi governo nelle aziende sanitarie.Anche se sono stati ottenuti risultati dif-ferenti nelle tre aziende, tutte le aziendehanno apportato, nel loro sistema orga-nizzativo, dei cambiamenti strutturali edi processo importanti per la preven-zione e controllo delle infezioni correlatea dispositivi vascolari.

IntroduzIoneLe infezioni correlate all’assistenza (Ica)sono associate alla complessità dell’as-sistenza, alle politiche e procedure adot-tate nelle istituzioni sanitarie, alle attitu-dini e conoscenze degli operatori e allebarriere nell’implementazione delle buo-ne pratiche. Comportano un aumentodei costi, sia in termine di salute cheeconomici. Negli ultimi 15 anni, si è assistito ad uncalo delle infezioni del tratto urinario, in-sieme a quelle della ferita chirurgica, masono in aumento le batteriemie e le pol-moniti. Inoltre, si sta registrando un in-cremento delle Ica da germi multiresi-stenti agli antibiotici, a causa dell’effettodella pressione antibiotica, della circola-

zione di microrganismi in ambito assi-stenziali, e della ridotta produzione degliantibiotici.I pazienti ricoverati nelle Unità di terapiaintensiva (Uti), a causa della loro criticità,sono esposti a un rischio di contrarre Icada 5 a 10 volte superiore alla media dellealtre aree unità ospedaliere. In Italia, si è osservato un trend in dram-matico aumento degli isolamenti deigermi multiresistenti: infatti, mentre nel2009, solo l’1,3% dei ceppi di Klebsiellapneumoniae era antibiotico-resistente,questa percentuale è salita al 16% nel2010 e al 26,7% nel 2011 (Circolare delMinistero della Salute, 2012).La frequente manipolazione dei disposi-tivi vascolari da parte del personale di as-sistenza rappresenta una delle principalicause di contaminazione del dispositivo.Diversi studi hanno dimostrato l’efficaciadegli interventi di prevenzione e con-trollo delle infezioni vascolari correlate acatetere vascolare. Ad esempio, lo stu-dio di Pronovost et al. (2006) ha dimo-strato una riduzione del tasso delle infe-zioni superiore al 66% durante i 18 mesidi implementazione di un progetto di mi-

EBP CORNER

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risultati dell’audit clinico condotto dal Cecri in treAziende sanitarie di roma

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glioramento. Già nel 2009, il Consiglio Europeo avevadivulgato delle raccomandazioni e richie-sto un impegno costante dell’EuropeanCenters for Disease Control (Ecdc) sul te-ma delle Ica e dell’antibiotico-resistenza. Le linee-guida (lg) del 2011 dei Centersfor Disease Control and Prevention(Cdc) americani sono, ad oggi, le racco-mandazioni di riferimento per la preven-zione delle infezioni correlate a cateteriintravascolari. Tale documento ha introdotto nuove rac-comandazioni per l’utilizzo di devices peril fissaggio dei cateteri venosi centrali(sutureless) e dei feltrini a rilascio di clo-rexidina per la medicazione del sito, perl’inserimento del catetere venoso cen-trale attraverso l’utilizzo di nuove tecni-che, come, ad esempio, la venipunturaecoguidata, e per l’adozione di bundle(con questo termine è indicato un grup-po limitato di interventi, 3-5 al massimo,di efficacia dimostrata relativi al pro-cesso di cura che, quando utilizzati in-sieme, risultano più efficaci rispetto alloro singolo utilizzo).Il Ministero della Salute, nel 2012, attra-verso la circolare sulla Sorveglianza na-zionale delle infezioni da batteri produt-tori di carbapenemasi, ha emanato leraccomandazioni per il controllo e moni-toraggio delle infezioni derivanti dai di-spositivi intravascolari. Un documento prodotto congiuntamen-te dalla Society for Healthcare Epidemio-logy of America e dalla Infectious Disea-se Society of America, nel 2014, ha sug-gerito l’utilizzo della clorexidina gluco-nato al 2% in soluzione acquosa per lecure igieniche giornaliere nel paziente ri-coverato in Uti per la prevenzione delleIca, anche se gli studi finora condottinella prevenzione delle infezioni cateterecorrelate mostrano risultati discordanti.Nel 2012, il Ministero ha elaborato duedocumenti importanti: il Manuale sul-l’Audit clinico, nel quale è presentato ilmetodo dell’audit clinico per diffondernel’utilizzo tra gli operatori sanitari per l’im-plementazione di azioni di miglioramen-to e la valutazione delle iniziative intra-prese e il Manuale di formazione per ilgoverno clinico: la sicurezza dei pazientie degli operatori in cui sono state date

delle linee comportamentali per la ge-stione del rischio delle Ica e per il trasfe-rimento nella pratica di misure assisten-ziali efficaci per ridurre il rischio infettivoattraverso interventi specifici come l’im-plementazione di bundle.L’esperienza che è presentata in questoarticolo è stata promossa dal Polo 4 delCentro di Eccellenza per la Pratica Clini-ca e la Ricerca Infermieristica (Cecri). Al-l’interno dei percorsi di formazione sulcampo (Fsc) rivolti agli infermi esperti inEvidence based practice (Ebp), sono sta-ti condotti degli audit clinici in alcuneaziende ospedaliere romane per l’imple-mentazione delle buone pratiche assi-stenziali per la gestione del catetere ve-noso centrale (Cvc) al fine di ridurre il ri-schio di complicanze infettive e di eventiavversi nei pazienti portatori di Cvc.Di seguito, le fasi in cui sono stati arti-colati gli audit clinici e i risultati ottenuti.

mAterIAlI e metodIIl gruppo di lavoro degli infermieri esper-ti in Ebp partecipanti al corso di Fsc haindividuato tre aziende ospedaliere chesi sono rese disponibili a partecipare alprogetto degli audit clinici, suddividen-dosi in tre sottogruppi per ciascunaazienda. Sono stati scelti i criteri e gli in-

dicatori di processo e di esito ricavandolidalle linee guida sulla gestione dei dispo-sitivi vascolari dei Cdc di Atlanta (2011),in base alle caratteristiche e procedurepresenti nelle tre aziende. In alcuni casi,sono stati utilizzati anche indicatori strut-turali per la revisione e l’aggiornamentodella procedura aziendale già esistente. Per pianificare e condurre gli audit cliniciè stata confrontata l’assistenza erogatacon standard definiti, che hanno permes-

so di identificare le inappropriatezze (siain eccesso sia in difetto) e verificare i ri-sultati conseguiti in termini di processoe, se possibile, di esito. Quindi, sono sta-te individuate le percentuali di accettabi-lità e di eccellenza dei risultati da rag-giungere, basandosi sulle possibilità con-crete di raggiungimento degli obiettivipreposti. In seguito, il gruppo di lavoro ha richie-sto l’autorizzazione alle singole direzionisanitarie per la raccolta dei dati su fontidocumentarie (cartella clinica informatiz-zata o cartacea) e la conduzione degliaudit.È stato poi progettato un corso di forma-zione Ecm, coinvolgendo l’Ufficio Forma-zione Aziendale. Sono stati elaborati deiquestionari per la valutazione delle cono-scenze degli infermieri appartenenti alleunità operative interessate prima dell’ini-zio dell’audit clinico (tempo 0), prima del-l’avvio del corso di formazione accredita-to Ecm (tempo 1), post-corso Ecm (tem-po 2) ed infine sulle conoscenze re-audit(tempo 3). Questo ha dato modo ai di-versi gruppi di fare un’attenta riflessionesugli scostamenti dagli standard prede-finiti, permettendo di individuare i puntidi forza e di debolezza dell’audit e le cau-se degli scostamenti (la popolazione e le

unità operative coinvolte nell’audit sonospecificate nella Tabella 1).I gruppi hanno utilizzato delle check listper confrontare la pratica erogata con gliindicatori identificati. Sono stati definitie condivisi dal gruppo degli standard af-finché si potesse valutare il livello di pre-stazione rispetto agli obiettivi prepostiper ogni criterio/indicatore individuato. I dati rilevati sono stati elaborati su Excel®

rispettando la normativa sulla privacy.

Tabella 1. Descrizione della popolazione e Uu.Oo reclutate per gli audit clinici

AZIENDA OSPEDALIERA A 125 infermieri 7 Unità operative: rianimazione, Nicu, Utipo, Utic, Sub Utic,Chir. D’urgenza, Medicina d’urgenza Periodo: aprile-ottobre 2013126 infermieri 6 Unità operative: Rianimazione, Utic A, Utic B, Utipo Nch,Utipo Cch, trapianti d’organoPeriodo: febbraio-ottobre 201478 infermieri 4 Unità operative: Rianimazione, Utipo Cch, Utipo toracica, UtiematologicaPeriodo: febbraio 2014-gennaio 2015

AZIENDA OSPEDALIERA B

AZIENDA OSPEDALIERA C

rISultAtIIl progetto audit clinico si è svolto nelletre aziende in archi temporali diversi (6,8 o 11 mesi); sono stati individuati alcuniindicatori comuni ed altri specifici per lesingole aziende, ma le fasi di conduzionesono state le medesime.Di seguito, i risultati degli audit secondola classificazione di Donabedian (1990). Risultati di strutturaI criteri e gli indicatori di struttura hannoricercato nella strategia di governo azien-dale l’esistenza di lg, protocolli e proce-dure. Dalla verifica è emerso che due aziendeavevano un protocollo basato su lg pro-dotte nel 2008, mentre la terza aveva unprotocollo basato su lg del 2002. Solo in un’azienda è stato valutato l’indi-catore di struttura relativo alla presenzadi un protocollo per la gestione degli ac-cessi venosi e per la presenza della sche-da di monitoraggio (checklist) della me-dicazione del Cvc, considerando unostandard del 75%. L’esito dell’audit haavuto un’implementazione del 100%nelle aree prese in considerazione. Tutte le aziende hanno revisionato o im-plementato le lg aziendali.Risultati di processoa) Processo organizzativo Il miglioramento delle conoscenze sugliargomenti trattati nell’audit, acquisite at-traverso i corsi di formazione, è stato va-lutato confrontando i risultati dei que-stionari sulle conoscenze osservate equelle attese in diversi momenti (T0 vsT3). Lo standard di accettabilità definitoinizialmente, pari al 75%, è stato supera-to da tutte le aziende, e, rispettivamente,si è riscontrato un aumento delle cono-scenze dal 78% all’88% nell’Azienda A,dal 62% all’85% nell’azienda B e dal49% all’88% nell’azienda C. b) Processo professionale I criteri e gli indicatori di appropriatezzarelativi alle decisioni inerenti la gestionedel catetere venoso centrale hanno pre-sentato risultati diversi nei contesti stu-diati. (Tab. 2)Il primo indicatore ha considerato la dellamedicazione con garza del sito di inser-zione dopo 24 ore dall’impianto del Cvc. I risultati migliori sono stati raggiunti nel-l’azienda A (75%) rispetto alla B (21%).

Il secondo indicatore ha considerato lasostituzione della medicazione del sitod’inserzione del catetere quando bagna-ta, staccata o sporca. Nell’azienda C, incui è stato valutato, è stato riscontrato

un risultato del 90% rispetto allo stan-dard considerato accettabile del 75%.Per il terzo indicatore - sostituzione deitrasduttori, set di infusione e dispositiviaggiuntivi ogni 72/96 ore - si è avuto un

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Tabella 2. Indicatori e criteri di processo

risultato soddisfacente solo in una azien-da su due. (Figura 1)Il quarto indicatore ha considerato la del-la medicazione in garza ogni 48 ore, sal-vo i casi di medicazione bagnata o stac-cata.I risultati sono stati diversi nelle tre azien-de, con una sola azienda in cui si è su-perato il livello di accettabilità. (Figura 2)Il quinto indicatore,sostituzione dellamedicazione in film trasparente ogni 7giorni, fatta eccezione per le medicazionibagnate o staccate, ha raggiunto il risul-tato fissato in due aziende su tre. (Fi-gura 3)Il sesto indicatore ha considerato l’ispe-zione del sito di emergenza del cateteread ogni cambio di medicazione e/o pal-pazione attraverso la medicazione intat-ta con regolarità, in funzione della situa-zione clinica di ogni singolo paziente.

Nell’azienda C, in cui tale indicatore èstato valutato, è stato raggiunto un risul-tato leggermente inferiore allo standardfissato (72% vs 75%).Il settimo indicatore, antisepsi della cutecon soluzione a base di Clorexidina>0,5% in soluzione alcoolica durante lamedicazione del sito di uscita del Cvc,non è stato valutato in quanto i dati nonerano rilevabili dalla documentazione sa-nitaria.L’ottavo indicatore - utilizzo di bagni quo-tidiani con soluzioni di clorexidina al 2%- è stato valutato in una sola azienda incui tale procedura era presente, con ilmancato raggiungimento dello standard(18% vs 50% atteso).Risultati di esito I risultati di esito hanno preso in consi-derazione due aspetti: la formazione delpersonale (partecipazione e impatto del-

la formazione) e la presenza di infezionedei Cvc (sistemica o exit site). Riguardo alla partecipazione alla forma-zione continua, su 358 infermieri che la-voravano presso le aree critiche investi-gate, ha frequentato il corso di aggiorna-mento professionale il 67%, con per-centuali diverse nelle tre aziende. (Figu-ra 4)È stato considerato come indicatore diesito anche il mantenimento delle cono-scenze a distanza di tempo (re-audit, T3). L’indagine ha considerato i cambiamentispecifici verificatisi nel contesto profes-sionale in seguito al processo formativo.(Figura 5)In particolare, nell’azienda B è stata cri-tica l’adesione a tre comportamenti: so-stituzione della medicazione in garza,ispezione del sito di inserzione e sosti-tuzione del set di infusione negli inter-

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Figura 1. Indicatore 3: sostituzione della medicazione del sitodÊinserzione del catetere quando bagnata, staccata o sporca.

Figura 2. Indicatore 4: sostituzione della medicazione in garzaogni 48 ore, salvo per medicazione bagnata o staccata.

Figura 4. Indicatore: educare il personale sanitario sulle indicazionidei cateteri intravascolari, sulle procedure corrette per lÊimpianto ela gestione dei cateteri intravascolari e sulle misure di controllo perla prevenzione delle infezioni correlate a catetere intravascolare.

Figura 3. Indicatore 5: sostituzione medicazione film trasparente ogni7 giorni, fatta eccezione per le medicazioni bagnate o staccate.

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valli indicati.Per quanto riguarda l’indicatore „pre-senza di infezione del sito di inserzione‰,calcolato sulla base del numero di pzcon infezione del sito di inserzione ri-spetto ai pz con Cvc, nell’azienda A si èpassati da un 15% a tempo 0 al 13% atempo 3, senza raggiungere lo standardprevisto del 10%.Per quanto riguarda, invece, l’indicatorerelativo alla presenza di batteriemia cor-relate al Cvc, esso è stato valutato inun'azienda che disponeva dei dati epide-miologici nel periodo considerato conse-guente all’implementazione di una bun-dle-checklist in un reparto-pilota. Si osserva che, durante e in seguito, alperiodo di effettuazione le infezioni cor-relate a Cvc sono diminuite. (Figura 6)

dISCuSSIoneI risultati degli audit nelle tre aziende in-teressate sono stati influenzati dallamancata tracciabilità delle attività svoltee da carenze organizzative. Le difficoltà riscontrate sono state le-gate ai tempi richiesti per le procedureamministrative-organizzative, alla perce-zione di messa in discussione delle com-petenze ed abilità degli operatori e allapercezione da parte degli operatori di unaumento del carico di lavoro.La valutazione degli esiti conduce ad unainterpretazione dei risultati alquanto po-sitiva in quanto il miglioramento è statoriscontrato sia in termini di struttura chedi processo. Dopo aver condiviso i risultati con le dire-zioni sanitarie, esse hanno avviato cam-biamenti sia strutturali che di processo:revisione del protocollo per la preven-zione delle infezioni catetere-correlateesistente o implementazione ove inesi-stente; implementazione delle buonepratiche assistenziali e dei care bundleattraverso il protocollo; miglioramentonella tracciabilità della gestione del Cvcattraverso l’utilizzo della scheda di mo-nitoraggio della medicazione dei Cvc; ap-propriato approvvigionamento di presidifarmaceutici; introduzione della sorve-glianza epidemiologica mediante un re-parto pilota per la valutazione dell’effi-cacia del care bundle e della checklist. È mancata la partecipazione alla forma-

zione di tutto il personale interessato do-vuta alla presenza di personale out sour-cing in una delle tre aziende e alla ca-renza di organico nei reparti arruolatinell’audit.Nonostante la moderata affluenza, i ri-sultati dell’impatto della formazione ha

dato buoni risultati, poiché gli infermieriche hanno frequentato il corso di aggior-namento sono riusciti a trasmettere leloro acquisizioni ai colleghi di lavoro. Un miglioramento dell’efficacia è statoottenuto con la riduzione delle batterie-mie primarie e delle infezioni del sito di

Figura 6. Incidenza infezioni correlate a Cvc nellÊazienda B dopo implementazione dibundle-checklist

Figura 5. Impatto nel tempo della formazione nellÊazienda B

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uscita del Cvc, mediante l’utilizzo dellachecklist, a dimostrazione che il cambia-mento del comportamento organizzativoe professionale conduce, anche a di-stanza dallÊintervento formativo, a un mi-glioramento della performance profes-sionale.

ConCluSIonILa formazione per la conduzione di auditclinici, promossa nell’ambito del corso diFsc rivolta agli esperti di Ebp, ha portatoa risultati soddisfacenti. In un clima di fiducia fra pari, l’imple-mentazione della buona pratica assisten-ziale attraverso l’audit clinico ha determi-

nato, nelle aziende sanitarie coinvolte, l’at-tuazione di strategie comportamentalipiù appropriate derivanti da un migliora-mento delle conoscenze e competenze,per la promozione della cultura della qua-lità e della sicurezza. Le aziende, di fatto, hanno apportato deicambiamenti strutturali e di processo im-portanti per la prevenzione e il controllodelle infezioni correlate ai dispositivi va-scolari nel loro sistema organizzativo.

Autori:Marina Palombi, coordinatore infermie-ristico Uti Cardiochirurgica, Ao Policli-nico Umberto I, Roma-Cecri Roma;

Claudia Lorenzetti, coordinatrice infer-mieristica di Direzione Aos San Camillo-Forlanini, Roma-Cecri Roma;Giuseppe Marchesani, coordinatore in-fermieristico di Direzione Aos San Gio-vanni Addolorata, Roma-Cecri Roma;Angela Peghetti, dirigente, Ufficio infer-mieristico, casa di cura polispecialisticaSolatrix, Rovereto-esperta Cecri Roma;Stefano Casciato, direttore Polo dellaPratica Clinica, Centro di Eccellenza perla cultura e la ricerca infermieristica-Ce-cri, Roma;Maria Matarese, professore associatoMED/45, Università Campus Bio Medicodi Roma-esperta Cecri Roma.

Consiglio Europeo, Council Recommendation on patient safety, including the prevention and control of healthcare associated infections; 2947th Em-ployment, Social Policy, Health and Consumer Affairs. Council meeting, Luxembourg, 9 June 2009. Donabedian A, The quality of care. How can it be assessed? JAMA 1988; 260(12):1743-8. Flodgren G, Conterno L.O, Mayhew A, Omar O, Pereira C.R, Shepperd S, Interventions to improve professional adherence to guidelines for preventionof device-related infections (Review). The Cochrane Library 2013, Issue 3.Istituto Superiore Sanità. EpiCentro: Indicatori in valutazione e miglioramento della qualità professionale, 2005. disponibile all’indirizzo: www.epicen-tro.iss.it/focus/ocse/Cap2-Indicatori.pdfIstituto Superiore Sanità, EpiCentro: Infezioni correlate allÊassistenza, disponibile all’indirizzo www.epicentro.iss.it›malattie infettive›infezioni correlateall'assistenza.Ministero della Salute, Circolare „Sorveglianza, e controllo delle infezioni da batteri produttori di carbapenemasi (CPE)‰, 2012. Ministero della Salute. Manuale sull' ‟Audit clinico‰, 2012.Ministero della Salute, Manuale di formazione per il governo clinico: la sicurezza dei pazienti e degli operatori, 2012.O'Grady N.P, Alexander M, Burns L.A, Dellinger E.P, Garland J, Heard S.O et al, Healthcare Infection Control Practices Advisory Committee. Guidelinesfor the prevention of intravascular catheter-related infections. Am J Infect Control, 2011; 39(4 Suppl 1), S1-34. Pronovost P et al. An Intervention to Decrease Catheter-Related Bloodstream Infections in the Icu. N Engl J Med 2006; 355:2725-32. Yokoe D.S, Anderson D.J, Berenholtz S.M, et al, A compendium of strategies to prevent healthcare-associated infections in acute care hospitals: 2014updates. Infect Control Hosp Epidemiol. 2014 Sep; 35 Suppl 2:S21-31.

BIBlIogrAfIA

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I

valutazione del refill capillare nellaprevenzione del deterioramento clinico

di Elena Cristofori, Pietro Marratzu

ABStrACtIl presente lavoro nasce dall’evidenzache la valutazione del refill capillare è uti-le nella prevenzione del deterioramentoclinico, nello specifico sulle strategie diprevenzione mirate alla riduzione dellamortalità nei pazienti con shock trauma-tico. Studi analizzati hanno mostrato co-me i pazienti con anormale perfusioneperiferica (Crt, Capillary refill time>duesecondi) hanno probabilità significativa-mente più elevata di peggioramento diinsufficienza d'organo rispetto a pazienticon normale perfusione periferica (Lima,Jansen et al, 2009).La revisione raccoglie una serie di studiottenuti mediante consultazione del da-tabase PubMed. Gli articoli inclusi nellarevisione sono 22.Il tempo di riempimento capillare ha mo-strato una significativa associazione conla mortalità a breve termine. Un monito-raggio non invasivo della perfusione pe-riferica può essere un approccio comple-mentare che permette un'applicazioneprecoce di terapia di compenso. La misurazione del tempo di refill capilla-re però, deve tenere conto di variabili (età,genere, temperatura ambientale, tem-peratura corporea) che possono alterareil risultato di questo rendendo difficile ilcorretto monitoraggio.Nonostante questo, è stata documen-tato un elevato peggioramento di insuffi-cienza d’organo nei pazienti che aveva-no un aumento del tempo di perfusionecapillare (>2sec) rispetto ai pazienti connormale tempo di perfusione. La risposta alla prima domanda della re-

visione è che „la prevenzione attuatamediante il monitoraggio del refill capil-lare permette una precoce individuazio-ne di deterioramento clinico in pazienticon shock traumatico e grazie ad esso èpossibile unÊazione tempestiva nella som-ministrazione delle terapie di compen-so‰. La sua validità è correlata alla cono-scenza delle variabili di questo parame-tro e al modo corretto di rilevazione diquest'ultimo.La risposta alla seconda domanda di ri-cerca è che „lÊinfermiere ha un ruolofondamentale allÊinterno del team multi-disciplinare perché un infermiere esper-to di trauma può migliorare la qualità del-lÊassistenza al paziente e ridurre il costodelle cure‰. La cooperazione tra infermieri e gli altrimembri dellÊequipe multidisciplinare de-ve essere sempre garantita ed è essen-ziale che le figure professionali debbanomantenere una formazione continua,

nonché l’adozione di specifici protocollibasati sulle più recenti linee-guida.

Parole-chiave: capillary refill time, peri-pheral perfusion, hypovolemic shock,multiple trauma, prognostic value, nurse,nurse role e trauma team.

IntroduzIoneIl refill capillare è un indicatore che con-tribuisce alla prevenzione del deteriora-mento clinico, in particolare nei pazienticon shock traumatico. L’infermiere è inserito nella gestione cli-nica di questi pazienti con una funzioneimportante in termini di sopravvivenzalegata al monitoraggio del tempo diriempimento capillare.Il tempo di riempimento capillare è unostrumento non invasivo e rapido per va-lutare la perfusione sistemica (Anderson,Kelly et al, 2008). La metodica si basa sull’azione di com-

una revisione narrativa della letteratura

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pressione attraverso la digitopressionedel letto capillare ungueale e successivaimmediata valutazione del tempo per ilritorno di flusso con l’indicatore della co-lorazione cutanea.Vari report hanno mostrato come i pa-zienti con anormale perfusione perife-rica (Crt>due secondi) avevano probabi-lità significativamente più elevata di peg-gioramento di insufficienza d'organo ri-spetto ai pazienti con normale perfusio-ne periferica (Lima, Jansen et al, 2009).

mAterIAlI e metodISono stati definiti i seguenti problemi:1. la prevenzione dello shock attuata at-traverso il monitoraggio del refill capilla-re può influire positivamente sull’inci-denza di deterioramento clinico? Il tem-po di refill capillare ha effettiva validitàcome parametro da monitorare?Qual è il ruolo dell’infermiere nel teammultidisciplinare nella prevenzione deldeterioramento clinico?Il seguente Pico è stato una guida per lavalutazione:P: pazienti con shock traumaticoI: valutazione del refill capillare C: pazienti valutati senza assessmentdel Rct in caso di shock-traumaticoO: valorizzazione del Crt come parte in-tegrante dell’assessment infermieristicodei segni clinici come prevenzione del

deterioramento clinico.Le parole-chiave ricercate su PubMed(capillary refill time, peripheral perfusion,hypovolemic shock, multiple trauma, pro-gnostic value, nurse, nurse role e trau-ma team) sono state combinate in strin-ghe di ricerca con applicazione dei limitialla ricerca in termini temporali di 10 anni,di tipologie di studi quali revisioni dellaletteratura, meta-analisi, studi osserva-zionali, sperimentazioni, studi prospettici,e con setting di Terapia Intensiva e di-partimenti di Medicina d’urgenza. Sono stati definiti i criteri di esclusionequali documenti poco specifici rispettoalle domande di ricerca e documenti cono senza abstract non pertinenti alla ri-cerca. Gli articoli oggetto di analisi sono stati,complessivamente, 14.

rISultAtIAlcuni studi hanno messo in luce comela valutazione non invasiva della perfu-sione periferica possa prevenire lo statodi ipoperfusione nei pazienti traumatiz-zati (Lima, Bakker, 2005). Altri ancora si sono focalizzati sul rappor-to tra il tempo di riempimento capillare(CRT) e la mortalità a breve termine(Morgan, Rytter et al, 2013). Due studi mettono in relazione la consa-pevolezza da parte degli operatori di de-

terminati parametri tra cui il tempo diriempimento capillare (Crt) e la gestionedi un evento acuto (Di Saverio, 2013;Smith, Poplett, 2004).Altri hanno focalizzato la loro attenzionesui parametri che permettono un moni-toraggio continuo non invasivo della per-fusione periferica (Otieno et al, 2014).Due studi danno rilievo al tempo di riem-pimento capillare (Crt) come rapido indi-catore dello status circolatorio eviden-ziando anche i fattori che influenzano ilrisultato di questo parametro (Anderson,Kelly et al, 2008; Lewin, Maconochie,2008). Due studi hanno valutato la validità delCrt nel bambino critico, mettendo in di-scussione l’affidabilità del test e il con-trollo di routine (Crook, Taylor, 2014; Fle-ming, Gill et al, 2014). Altri studi hanno esaminato il ruolo delnursing all’interno di un trauma team(Smith, Poplett, 2004; Sise et al, 2011). Uno studio ha analizzato se la valutazio-ne personale della perfusione perifericapotesse aiutare a identificare i pazienticritici con disfunzione d’organo o disfun-zione metabolica utilizzando la Sequen-tial Organ Failure Assessment (Sofa)score e i livelli di lattato (Lima, Jansen etal, 2009). Infine, uno studio ha valutato la variabi-lità interosservatore all’interno di una

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equipe infermieristica nella rilevazionedel tempo di riempimento capillare el’effettiva validità come parametro (Bra-brand, Husbond et al, 2011).

dISCuSSIoneVari report hanno mostrato come i pa-zienti con anormale perfusione perife-rica (Crt>2 sec) avevano probabilità si-gnificativamente più elevate di peggio-ramento di insufficienza d'organo rispet-to ai pazienti con normale perfusione pe-riferica (Lima, Jansen et al, 2009).Un monitoraggio non invasivo della per-fusione periferica può essere un approc-cio complementare che permette un'ap-plicazione precoce di terapia di com-penso.Tuttavia, la sua idoneità come test clini-co affidabile è dubbia, poichè varia in re-lazione a fattori ambientali all’età e al ge-nere, sottolineando che i bambini e gliuomini adulti hanno un Crt significativa-mente più breve rispetto alle donne adul-te e agli anziani (Anderson, Kelly et al,2008). In aggiunta, i tessuti periferici so-no altamente sensibili alle alterazioni del-la perfusione: un monitoraggio della per-fusione periferica potrebbe essere unodei primi indicatori di ipoperfusione tis-

sutale (Lima, Bakker, 2005). Si riscontra una significativa associa-zione tra il Crt in monitoraggio continuoe mortalità variabile a breve termine(Morgan, Rytter et al, 2013). Una valutazione tempestiva con untrauma team multidisciplinare è essen-ziale per facilitare la diagnosi e il tratta-mento rapido (Jelinek, Fahje et al, 2014).

ConCluSIonII segni clinici di scarsa perfusione peri-ferica consistono in cute fredda, pallidae umida, associata ad un aumento deltempo di riempimento capillare. In particolare, la temperatura cutanea eil Crt sono stati sostenuti come validamisura di perfusione periferica. Il Crt èstato introdotto nella valutazione deltrauma con un valore normale se infe-riore a due secondi. Questo si basa sul presupposto che il ri-tardato ritorno di un colore normaledopo lo svuotamento del letto capillareda compressione sia dovuto alla diminu-zione della perfusione periferica. Il Crt è stato convalidato come una mi-sura di perfusione periferica con una si-gnificativa variazione nei bambini e negliadulti.

I risultati della revisione narrativa dellaletteratura mostrano che la temperaturacutanea, unita alla valutazione del Crt,sono un complemento prezioso per ilmonitoraggio emodinamico durante unostato di shock, e dovrebbe essere con-siderato come il primo approccio per va-lutare un paziente critico.Nella pratica clinica una valutazione piùcompleta dell’ossigenazione dei tessutipuò essere ottenuta con l'aggiunta di unavalutazione non invasiva della perfusio-ne nei tessuti periferici come approcciocomplementare alle nuove tecnologieattuali. Sebbene questi metodi possanoriflettere variazioni della perfusione peri-ferica con una certa precisione, sono ne-cessari ulteriori studi per definire il ruolopreciso di tali metodi nella gestione deipazienti critici (Lima, Bakker, 2005) e co-me valore predittivo non invasivo di ipo-perfusione nei reparti di area critica(Morimura, Kohei Takahashi et al, 2014).

AUTORI:Elena Cristofori, tutor didattico CdL in In-fermieristica, Università Cattolica delSacro Cuore, Roma;Pietro Marratzu, infermiere clinico ospe-dale pediatrico Bambino Gesù, Roma.

Anderson B, Kelly AM, Kerr D, et al., Impact of patient and environmental factors on capillary refill time in adults. Am J Emerg Med,, 26:62–5. 2008.Brabrand M, Husbond S, Folkestad L, Capillary refill time: a study of interobserver reliability among nurses and nurse assistants. Eur J Emerg Med,,18:46-9. 2011.Crook J, Taylor R, The agreement of fingertip and sternum capillary refill time in children. Arch Dis Child, 98(4):265-8. 2013.Di Saverio S. et al, Changes in the outcomes of severe trauma patients from 15-year experience in a Western European trauma ICU of Emilia Romagnaregion (1996-2010). A population cross sectional survey study, Langenbecks Arch Surg., 339(1): 109-26. 2013.Fleming S, Gill P, Jones C, Taylor J.A et al, Validity and reliability of measurement of capillary refill time in children: a systematic review, Arch DisChild., 2014. Jelinek L, Fahje C, Immermann C, Elsbernd T, The trauma report nurse: a trauma triage process improvement project. J Emerg Nurs, 40(5): 111-7.2014.Lewin J, Maconochie I, Capillary refill time in adults. Emerg Med J, 25:325–6. 2008.Lima A, Jansen T.C, Van Bommel J, Ince C, Bakker J, The prognostic value of the subjective assessment of peripheral perfusion in critically ill patients.Crit Care Med, , 37(3): 934-8. 2009.Lima A, Bakker J, Non invasive monitoring of peripheral perfusion. Intensive Care Med., 31(10):1316-26. 2005.Morgan M, Rytter D, Brabrand M, Capillary refill time is a predictor of short term mortality for adult patients admitted to a medical department: an ob-servational cohort study. Emerg Med J., 2013. Morimura N, Kohei Takahashi, Tomoki Doi, Takahiro Ohnuki et al, A pilot study of quantitative capillary refill time to identify high blood lactate levels incritically ill patients, Emerg Med J., 2014. Ottieno H, Were E, Ahmed I, Charo E, Brent A, Maitland K, Are bedside features of shock reproducible between different observes?, Arch Dis Child.,89(10): 997-9. 2004.Sise C.B et al, Resource commitment to improve outcomes and increase value at a level I trauma center. J Trauma, 70(3):560-8. 2011.Smith G.B, Poplett N, Impact of attending a 1-day multi-professional course (Alert) on the knowledge of acute in trainee doctors. Resuscitation, 61(2):117-22. 2004.

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I

l'utilizzo della Identification ofSeniors at Risk (Isar) o del Triage RiskScreening Tool (trst) può rappresentareuno screening per identificare ipazienti anziani al pronto Soccorso?di Silvia Fiorillo, Valentina Papacci

IntroduzIoneIl tema del percorso assistenziale dei pa-zienti in età geriatrica che viene adottatonell’ambito del Pronto Soccorso (PS) haassunto, soprattutto negli ultimi decenni,una notevole importanza. La definizione stessa di “anziano” recitacosì: „Anziana viene considerata la per-sona con più di 65 anni di età [⁄], conriferimento, in particolare, alle seguentifasce di età: 65-75 (anziano giovane); 75-85 (anziano); 85 ed oltre (grande anzia-no)‰ (Senin, Cherubini, Mecocci, 2010).Secondo il Dipartimento degli Affari So-ciali ed Economici dell’Organizzazionedelle Nazioni Unite (2012), nel 2012, gliultra 65enni, nel mondo, erano 810 mi-lioni. Ma tale numero è destinato ad au-mentare a circa 2 miliardi nel 2050. Da questi dati, si può facilmente dedurreche l’affluenza di tali utenti al bacino diPS tenderà ad aumentare nel corso deglianni: è importante, quindi, che il serviziosanitario sia in grado di fornire prestazio-ni adeguate e di un certo livello. L’equipe infermieristica del Dipartimen-to di Emergenza, in particolare quella di„triage‰, riveste un ruolo fondamentalenell’accoglienza del paziente e durantela raccolta delle informazioni: è il ponteche fa da tramite tra la struttura ospeda-liera e lo stesso (Gruppo Formazione

Triage [Gft], 2010).La valutazione del paziente geriatrico èresa spesso difficoltosa a causa di alcu-ne caratteristiche legate all’invecchia-mento fisiologico, tra cui si annoverano:la presentazione clinica atipica della ma-lattia, la comorbilità, la polifarmacotera-pia, la presenza di deficit cognitivi, le dif-ficoltà comunicazionali e la fragilità (Se-nin et al., 2010).Nel tempo, è nata, perciò, l’esigenza di

ideare e di implementare nuovi strumen-ti adatti ad una valutazione - il più rapidapossibile - di questa tipologia di utenti,dal momento che i ritmi di lavoro del PSsono così veloci da non permetterel’esecuzione di una Valutazione Multidi-mensionale Geriatrica (Vmg) completa.Nel presente lavoro, ne sono stati ana-lizzati due in particolare: il „Triage RiskScreening Tool‰ (Trst) e l’„Identificationof Seniors at Risk‰ (Isar).

Allegato 1

Lo scopo è stato quello di verificare sela valutazione del paziente anziano, ese-guita con tali scale, potesse essere pre-dittiva riguardo outcome avversi, qualiri-accesso in PS, declino funzionale edospedalizzazione, che rappresentanograndi problematiche per la sanità. Questo, procedendo ad una revisionedella letteratura sulle maggiori banchedati bibliografiche, selezionando tutti glistudi in cui sono stati utilizzati “Trst” ed

“Isar” (allegato 1 e 2).

mAterIAlI e metodI Problema di ricercaVerificare se l’utilizzo del Trst o del Isarrappresenti uno screening nell’identifica-zione dei pazienti over 65 a rischio di de-clino funzionale, ospedalizzazione o ritor-no a visita dopo un ricovero all’internodel Pronto Soccorso.Metodologia di ricerca La metodologia che è stata utilizzata aifini dell’analisi del problema di ricerca èstata la Pico. (Tabella 1)Per raggiungere tale obiettivo sono stateadottate le seguenti strategie di ricerca : individuazione di termini „MeSH‰ per

identificare correlazioni per la ricerca; indagine con parole-chiave sulle ban-

che-dati elettroniche per individuare ar-ticoli, studi e revisioni bibliografiche dicui sono stati richiesti poi i full-text;

utilizzo di operatori di ricerca booleani“AND” e “OR” per restringere o am-pliare la ricerca, combinando tra loro leparole-chiave e i relativi sinonimi;

Sono state consultate le seguenti ban-che dati: PubMed, http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmedhttp://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed; The Cochrane Li-brary, http://www.cochranelibrary.com/http://www.cochranelibrary.com/;https://www.scopus.comhttps://www.scopus.com; Cinahl, http://web.b.eb-scohost.com

L’elenco rispecchia l’ordine di consulta-zione durante la ricerca (mentre l’ac-

cesso a PubMed, Cochrane e Scopus èlibero, la consultazione degli articoli pre-senti all’interno del Cinahl è stata resapossibile grazie al sito del Collegio Ipasvidi Roma, che offre, fra i servizi agli iscritti,l’accesso).

Parole-chiave: elder, emergency depar-tment, functional decline, re-admission,hospitalization. tra loro con operatori boo-leani e associate alle due, ulteriori key-words “Trst” e “Isar” in due ricercheseparate.

Limiti imposti alla ricercaDadi pubblicazione: nell'arco degli ultimi10 anni (dal 1 gennaio 2006 ad oggi); età:maggiore di 65 anni; lingua di pubblica-

zioni: anglosassone e italiana; searchfields: title/abstract.Criteri di inclusione e di esclusione deglistudiGli articoli inclusi sono di ricerca, con laconseguente esclusione di tutte le altretipologie (letteratura grigia ed articoli nonindicizzati). Sono stati presi in considerazione soloarticoli in lingua inglese: esclusi gli altri.Inclusi tutti gli articoli pubblicati negli ul-timi 10 anni, esclusi quelli con data pre-cedente al 2006; esclusi gli studi checoinvolgevano pazienti con un’età infe-riore ai 65 anni. Inclusi gli studi inerentil’utilizzo del “Trst” e dell’“Isar”; esclusi,invece, tutti gli studi che prevedevanol’utilizzo di strumenti differenti.

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Allegato 2

Tabella 1. Facet analysis

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rISultAtI

dISCuSSIoneProvvedere ad un’assistenza geriatricaolistica in un reparto particolare quale èil PS è una nuova sfida. La stratificazione del rischio è necessa-ria perché non tutti i pazienti hanno bi-sogno di un’assistenza multi-disciplinare(Foo, Siu, Ang, Phuah, Ooi, 2014). Utilea questo scopo potrebbe essere, quindi,l’utilizzo di scale valutative ideate inmodo specifico per l’utente over 65. Nella revisione condotta da Sutton, -So-mers e Jeffries (2008) sono stati indivi-duati cinque strumenti di screeningperidentificare i pazienti anziani a rischio dieventi avversi dopo le dimissioni dal PS,tra cui anche la “Isar” e il “Trst”. Nessun, singolo strumento ha raggiuntoun valore da giustificare la sua racco-mandazione. Ancor prima di questa revisione, Fan,Worster, e Fernandes (2006) concluseroche il “Trst” era un test diagnostico po-vero nel predire i ri-accessi in PS e leospedalizzazioni a causa della bassa si-gnificatività dei valori statistici calcolati.Invece, in uno studio successivo (Hu-stey, Mion, Connor, Emerman, Camp-bell, Palmer, 2007) lo stesso, con pun-teggio superiore a due, risultò modera-tamente predittivo nel declino delle Adle Iadl dopo 30 giorni e ancor più dopo120. L'associazione tra “Trst” e valuta-zione delle Adl è stata eseguita anchedal trial controllato di Foo et al. (2014) edè emerso quanto il primo sia un indica-tore significativo nella valutazione deldeclino funzionale del paziente dopo di-missione dal PS: i pazienti del gruppo diintervento (che hanno ricevuto interventigeriatrici, domiciliari e non, mirati alle lo-ro problematiche) hanno persino miglio-rato significativamente le proprie Adlnell'arco dei 12 mesi, mentre nel gruppo

di controllo queste sono peggiorate.Ben tre studi reperiti hanno messo aconfronto “Trst” ed “Isar”: il primo, inordine cronologico, (Geyskens, De Rid-der, Sabbe, Braes, Milisen, Flamaing etal., 2008) ha paragonato diversi stru-menti e ha concluso affermando che laseconda è risultata essere la più sensibi-le e predittiva tra quelli considerati, piùdel “Trst”; i risultati del confronto ad ope-ra di Braes, Moons, Lipkens, Sterckx,Sabbe, Flamaing et al. (2010) fra tre sca-le valutative, tra cui Isar e versione fiam-minga del “Trst”, suggeriscono che que-sti strumenti non hanno la raffinatezzanecessaria per cogliere la complessitàdelle riammissioni (non piani- ficate)dopo dimissione dal PS; l’ultimo studio(Salvi, Morichi, Lorenzetti, Rossi, Spaz-zafumo, Luzi et al., 2012) afferma che lastratificazione del rischio dei pazienti an-ziani in PS eseguita con la Isar o il “Trst”è quasi sovrapponibile, con la “Isar” cheha dimostrato maggiore sensibilità, maminore specificità, rispetto al “Trst”. Così come Braes et al. (2010), anche inuno studio tedesco (Singler, Heppner,Skutetzky, Sieber, Christ, Thiem, 2014)si è leggermente modificata una dellescale di valutazione, cioè la “Isar”: al ter-mine dello stesso, la versione tedescadella Isar è stata definita „accettabilenella valutazione dei rischi legati al rico-vero del paziente anziano nel diparti-mento di emergenza‰. Altri due studi precedenti avevano trattoconclusioni affini: Salvi, Morichi, Grilli,Spazzafumo, Giorgi, Polonara et al. (2009)definendo l'Isar come un predittore affi-dabile e valido nel PS per identificaretutti gli anziani che potrebbero ricavarevantaggio da un sistema integrato geria-trico; Salvi, Grilli, Lancioni, Spazzafumo,Polonara et al. (2012) concludono che

l’“Isar” rappresenti un valido strumentodi screening nei pazienti fragili per iden-tificare i soggetti più a rischio di ricadutee ri-ospedalizzazione.Il “sistema integrato geriatrico” cui fa ri-ferimento lo studio di Salvi et al. (2009)è sostenuto anche da Foo et al. (2014),che affermano il bisogno di una più gran-de integrazione tra le varie discipline sa-nitarie e tra i servizi ospedalieri e quelli dicomunità. Foo et al. (2014) sostengo-noanche che gran parte dei soggetti a cuisia stato richiesto di far parte dello studioabbiano deciso di rifiutare probabilmentea causa del setting particolare del PS. A questa considerazione va aggiunta an-che quella di Braes et al. (2010), secon-do cui uno dei fattori che avrebbe sco-raggiato di più i pazienti dalla partecipa-zione sarebbe stata la lunga attesa, an-che di ore, prima di essere visitati e rice-vere il trattamento adeguato. Per que-sto, il numero dei soggetti coinvolti nellamaggior parte degli studi presi in esamerisulta esiguo. Una possibile soluzione per incremen-tare il numero del campione potrebbeessere quella di condurre gli studi in set-ting con bacini di utenza al PS più ampi(Braes et al., 2010).Un’attenta valutazione geriatrica risultafondamentale anche ai fini di una sensi-bilizzazione del paziente e della sua fa-miglia nei confronti delle problematichelegate all’invecchiamento. In uno studio (Foo et al., 2014) la mag-gior parte dei pazienti e dei parenti sonostati grati del tempo extra impiegato perla valutazione.Anche gli stessi Fan et al. (2006), nono-stante nel loro studio il “Trst” sia risulta-to fallace, affermano la necessità di con-tinuare a migliorare e sviluppare validistrumenti di misurazione al fine di pre-

Tabella 2. Risultati della revisione della letteratura

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Tabella 3. Dati estratti dagli articoli

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dire gli outcome funzionali, poichè aiu-terebbero i professionisti sanitari ad in-dividuare le giuste risorse per il pa-ziente.

ConCluSIonIIl progressivo invecchiamento della po-polazione ha condotto ad un aumentodella richiesta di interventi sanitari daparte dellÊutenza anziana. I pazienti geriatrici accedono con sem-pre più frequenza ed intensità al Diparti-mento di Emergenza, che, pertanto, ri-sulta essere il Dipartimento più interes-sato da tale fenomeno. È stata questa la motivazione fondamen-tale su cui è andato a svilupparsi in mo-do progressivo il presente lavoro. Il paziente anziano, privato della propriaquotidianità, vive il ricovero in maniera si-curamente più drammatica e spesso ar-riva all’accettazione in ospedale già conuno stato cognitivo/funzionale alterato. È importante, quindi, che, alla dimis-sione, non ci siano ricadute e che, perquanto possibile, vengano mantenute lecapacità di provvedere a se stessi pos-sedute all’entrata.

Dopo la revisione della letteratura in og-getto, possiamo dire che esistono diver-si strumenti di screening per identificarela possibilità di ri-ospedalizzazioni pre-coci, morte e declino funzionale.Una di questa è la “Isar”, che viene am-piamente utilizzata in vari paesi con va-lori di cut off differenti e che prevedeun’accettabile sensibilità all’argomentoè utilizzata per identificare i pazienti a ri-schio di eventi avversi nei reparti diemergenza, ma, da sola, non è così pre-dittiva da essere raccomandata.Discorso simile vale per il “Trst”, che, inalcuni studi, è stato considerato utile perla predittività riguardo il ritorno a visita inPS, declino funzionale e ospedalizzazio-ne, in altri invece è stato dichiarato non

significativo. Tali controversie riguardo sia la “Isar”che il “Trst” possono farci dedurre cheandrebbero utilizzate come strumenticoadiuvanti ad un’attenta valutazionegeriatrica e strumentale in base ai varicasi clinici e non come strumenti indi-pendenti.In conclusione, sostenendo quanto af-fermato da Salvi, Morichi, Lorenzetti etal. (2012), nonostante la mancanza di

specificità del “Trst” e dell’ “Isar” do-vrebbero entrambi essere consideraticlinicamente utili, perché le sindromi ge-riatriche sono poco riconosciute all’in-terno del Pronto Soccorso, e questo èassociato ad un alto tasso di outcomedopo le dimissioni dal PS.

AUTORI:Silvia Fiorillo, laureata in Infermieristica,iscritta al Cdl Magistrale in Scienze Infer-mieristiche ed Ostetriche, Università diTor Vergata, Roma;Valentina Papacci, laureata in Infermieri-stica, iscritta al Cdl Magistrale in ScienzeInfermieristiche ed Ostetriche, Univer-sità di Tor Vergata, Roma.

Braes T, Moons P, Lipkens P, Sterckx W, Sabbe M, Flamaing J et al, Screening for risk of unplanned readmission in older patients admitted to hospital:predictive accuracy of three instruments. Aging clin exp res, 22(4): 345-351. 2010.Fan J, Worster A, Fernandes C.M, Predictive validity of the Triage Risk Screening Tool for elderly patients in a Canadian emergency department. AmI emerg med, 24(5): 540-544. 2006.Foo C.L, Siu V.W, Ang H, Phuah M.W, Ooi C.K, Risk stratification and rapid geriatric screening in an emergency department - a quasi-randomised con-trolled trial. BMC Geriatr., 30, 14:98. 2014.Geyskens K, De Ridder K, Sabbe M, Braes T, Milisen K, Flamaing J. et al, Prediction of functional decline in elderly patients discharged from theaccident and emergency department. Tijdschr Gerontol Geriatr., 39(1):16-25. 2008.Gruppo Formazione Triage, Triage infermieristico. Milano: Mc Graw Hill. 2010.Hustey F.M, Mion L.C, Connor J.T, Emerman C.L, Campbell J, Palmer R.M, A brief risk stratification tool to predict functional decline in older adultsdischarged from emergency departments. J Am Geriatr Soc. 55(8):1269-74. 2007.Mussi C, Pinelli G, Annoni G, L'anziano e il Pronto Soccorso: il Triage. G Gerontol, 56, 109-117. 2008.Onu-Dipartimento degli Affari Sociali ed Economici, Population ageing and development. Disponibile in: http://www.un.org/en/development/desa/po-pulation/publications/pdf/ageing/2012PopAgeingandDev_WallChart.pdfhttp://www.un.org/en/development/desa/population/publications/pdf/ageing/2012PopAgeingandDev_WallChart.pdf . 2012.Salvi F, Morichi V, Grilli A, Spazzafumo L, Giorgi R, Polonara S et al, Predictive validity of the Identification of Senior at Risk (Isar) Screening Tool inelderly patience presenting to two Italian Emergency Department. Aging Clinical and Experimental Research, 21(1), 69-75. 2009.Salvi F, Morichi V, Grilli A, Lancioni L, Spazzafumo Polonara S. et al, Screening for frailty in elderly emergency department patients by using the iden-tification of senior at risk (Isar). The Journal of Nutrition Health and Aging 16(1), 313-318. 2012.Salvi F, Morichi V, Lorenzetti B, Rossi L, Spazzafumo L, Luzi R et al, Risk stratification of older patients in the emergency department: comparison bet-ween the identification of seniors at risk and triage risk screening tool. Rejuvenation Research, 15(3): 288-294. 2012.Senin U, Cherubini A, Mecocci P, Paziente anziano, Paziente geriatrico e medicina della complessità. Fondamenti di Gerontologia e Geriatria. Edises. 2010.Singler K, Heppner H.J, Skutetzky A, Sieber C, Christ M&Thiem U, Predictive validity of the identification of senior at risk screening tool in a Germanemergency department setting. Gerontology, 60(5), 413-419. 2014.Sutton M, Grimmer-Somers K&Jeffries L, Screening tools to identify hospitalised elderly patients at risk of functional decline: a systematic review. In-ternational Journal of Clinical Practice, 62(12), 1900-1909. 2008.

BIBlIogrAfIA

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l’efficacia degli interventi ditelenursing nella gestione delpaziente con morbo di Alzheimer

di Giovanni Gioiello, Emanuela Libro, Carmelo Migliore

ABStrACtLe patologie neurodegenerative rappre-sentano condizioni altamente invalidantitali da rappresentare nel XXI secolo unadelle più importanti emergenze che i si-stemi sanitari devono affrontare. Nei prossimi anni, infatti, la richiesta disupporto per i pazienti colpiti da demen-za aumenterà drasticamente. L’innovazione tecnologica può contri-buire ad una riorganizzazione dell’assi-stenza sanitaria favorendo l’integrazionedei servizi ospedalieri con il territorio. Questa revisione della letteratura si pro-pone di verificare l’efficacia di tre inter-venti di telenursing (telemonitoraggio,virtual reality e videochiamate) nel ridur-re il declino cognitivo nei pazienti affettida Alzheimer.Attraverso una revisione bibliograficasulle seguenti banche dati scientifiche:Pubmed, Scopus, Cochrane e Cinahl,abbiamo analizzato un totale di 11 artico-li. Cinque studi riguardano le videochia-mate per ridurre il declino cognitivo; duearticoli valutano l’utilizzo del telemonito-raggio e quattro prendono in considera-zione l’applicazione della realtà virtuale.Fra gli interventi analizzati, l’applicazioneclinica delle videochiamate nella riabilita-zione cognitiva dei soggetti affetti da Al-zheimer rappresenta una valida soluzio-ne; mentre non si è verificata una reale

efficacia nell’utilizzo del telemonitorag-gio e della virtual reality.Sebbene questi temi non siano stati trat-tati ampiamente in letteratura (comeprova il numero limitato di studi), si puòconcludere affermando che l’utilizzo diquesti interventi, in un futuro prossimo,potrebbe rappresentare una valida alter-nativa nell’assistenza del paziente col-pito da Alzheimer.

IntroduzIoneLa malattia di Alzheimer rappresenta, og-gi, la causa più comune di demenza concirca il 50-75% dei casi. Non vi è, attual-mente, alcuna cura risolutiva.Infatti, i pazienti sono soggetti ad un de-clino cognitivo anche dopo una terapiadi tipo farmacologico di “successo” (Al-zheimer’s Disease International [ADI],2015).

ridurre il declino cognitivo attraverso videochiamate,telemonitoraggio e realtà virtuale

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Tuttavia, per rallentare questo processoinfausto sono stati introdotti anche altritipi di approcci non-farmacologici checonsistono, prevalentemente, in inter-venti comportamentali, di supporto psi-cosociale e di training cognitivo (Bian-chetti & Trabucchi, 2010). A tal proposito, e per la stesura di que-sto articolo, sono stati presi in conside-razione l’utilizzo di strumenti di telenur-sing, definito da Schlachta e Sparks(1998) come: „lÊuso della tecnologia perfornire assistenza infermieristica‰ (p.558) e, in particolar modo, abbiamo ri-cercato l’efficacia di tre interventi: le vi-deochiamate, il telemonitoraggio e larealtà virtuale. I suddetti interventi rappresentano deimetodi alternativi, non-farmacologici, perla gestione del declino cognitivo che, inlarga parte, sono ancora in via di speri-mentazione (in particolar modo, la realtàvirtuale che rappresenta un nuovo ap-proccio che utilizza strumenti di alta tec-nologia: caschi, schermi stereoscopici,cuffie, guanti etc...) per replicare un am-biente e/o esperienze sensoriali.La maggior parte di queste simulazionisono destinate ad essere interattive, inmodo che la persona possa muoversi al-l’interno di ambienti tridimensionali incui possa agire o eseguire attività.In medicina, realtà virtuali vengono uti-lizzate per varie terapie, tra cui quella fi-sica e mentale, per esempio per forma-zione sportiva, riprendere il controllo diparti del corpo dopo un ictus o per il trat-tamento di fobie (Rothbaum & Hodges,1999). Lo scopo di questa revisione è quello divalutare l’efficacia di questi interventi nelridurre il declino cognitivo nei pazienti af-fetti da Alzheimer, identificando le lacu-ne e i punti di forza degli studi presentiin letteratura ma soprattutto di valutarnele implicazioni per la pratica clinica.

mAterIAlI e metodI Al fine di indagare l’efficacia delle video-chiamate, del telemonitoraggio e dellarealtà virtuale nel ridurre il declino cogni-tivo nei soggetti affetti da Alzheimer èstata effettuata una ricerca sulle seguen-ti banche dati scientifiche: Pubmed, Sco-pus, Cinahl e Cochrane Library.

Il metodo utilizzato per elaborare il nostroquesito di ricerca è stato il Pico: popola-zione-pazienti affetti da morbo di Alzhei-mer; intervento: videochiamate, telemo-nitoraggio e realtà virtuale; comparazionee outcomes, riduzione del declino cogni-tivo.Individuata la domanda di ricerca sonostati esplicitati i concetti principali di no-stro interesse da prendere in considera-zione, provvedendo così all’individuazio-ne delle parole-chiave.In questa fase, è stato molto utile usareil sistema della „facet analysis‰. (Tab. 1)Successivamente, si è provveduto con latraduzione dei vocaboli in lingua inglesee la ricerca di eventuali sinonimi. (Tab. 2)Tali parole-chiave sono state opportuna-mente combinate tramite gli operatoribooleani “or e and”, in modo da ottenereuna ricerca che presentasse un buonequilibrio tra specificità e sensibilità. Ènecessario effettuare più ricerche perogni singolo intervento nelle diverse ban-che dati, in modo da soddisfare in ma-niera più mirata il nostro quesito diricerca.Vi sono subito due considerazioni dafare:1. nel caso in analisi, le parole-chiave uti-lizzate sono ben poche, ma così specifi-che che già dalla prima ricerca abbiamoottenuto la gran parte dei risultati. Biso-gna, infatti, prendere in considerazione ilnumero esiguo di articoli scientifici at-tualmente disponibili relativi all’argomen-to in questione. Pertanto, onde evitare la

perdita di qualche articolo utile, abbiamopreferito non inserire fra le parole chiavel’outcome (nel nostro caso, la riduzionedel declino cognitivo);2. per descrivere l’impiego di tecnologieinformatiche e della comunicazione, inambito medico, si utilizza in genere il ter-mine “telemedicina”, che per molti au-tori include tutti gli aspetti del processodi cura. Durante la nostra ricerca, abbia-mo dovuto tener conto del carattere po-lisemico della nozione di telemedicina.Per questo motivo, non è stato semplicereperire materiale specifico sul telenur-sing: nella traduzione spesso veniva uti-lizzato il termine generico di “telemedici-na”. Per ovviare a questo problema nelleparole-chiave abbiamo inserito la parolaTele* utilizzando il carattere jolly (*) inmodo da cercare le diverse parole con lastessa radice che includessero in qual-che modo la gran parte dei tipi di teleco-municazione.

rISultAtILa ricerca condotta sulle diverse banchedati ha portato ad analizzare un totale di11 articoli, che valutano l’efficacia di que-sti tre interventi di telenursing.Cinque studi (Hori et al.,2014; Hori et al.,2009; Jelcic et al., 2014; Kiyoshi et.al,2013; Mochizuki-Kawai et al. 2008;) sisono avvalsi delle videochiamate per ri-durre il declino cognitivo; due articolihanno valutato l’utilizzo del telemonito-raggio (Galante, 2009; Jagan & Aaron,2014) e quattro hanno preso in conside-

Tabella 2. Parole-chiave (in inglese)

Tabella 1. Facet Analysis

razione l’applicazione della realtà virtuale(Inserisci APA Cherney & van Vuuren,2012; Flynn et al.2003; Hofmann et al.,2003; Widmann, Beinhoff & Riepe,2012). Per quanto riguarda le videochiamate,due studi si sono avvalsi di Skype, famo-so software gratuito di messaggisticaistantanea, per mettere in video-comu-nicazione pazienti ed infermieri (Hori etal., 2014; Hori et al., 2009).Nel primo studio, condotto da Hori et al.(2009), un gruppo costituito da sei cop-pie di pazienti-caregiver, hanno comuni-cato, per un periodo di 12 settimane,una volta a settimana, per 30 minuti conun infermiere. Prima e dopo il periodo distudio, sono state valutate le dimensionicognitive dei pazienti e i livelli di stressnei caregiver, misurandoli attraverso la„Hierarchy Dementia Scale-Revisited‰(HDS-R) e la “Depression Scale” (SDS),sia nel gruppo di intervento che in quellodi controllo (sette coppie). Per quanto ri-guarda i pazienti, i risultati del gruppo diintervento, hanno mostrato segni di mi-glioramento a livello cognitivo accompa-gnati da una riduzione dei livelli depres-sivi nei loro caregiver. Nel loro secondo studio, Hori et. al. (2014)hanno integrato le video-sessioni con in-terventi di musicoterapia che prevede-vano l’utilizzo di cd musicali contenentemusica rappresentante le preferenze diogni singolo partecipante. I risultati, an-che in questo caso, hanno evidenziatosegni di miglioramento cognitivo, in par-ticolare del comportamento, misurati at-traverso la Behavioral Pathology inAlzheimer's Disease Rating Scale (BE-HAVE-AD). Nello studio-pilota di Jelcic et al. (2014)sono stati confrontati gli effetti della sti-molazione lessicale-semantica sia attra-verso sistemi di telecomunicazione (LSS-tele), sia di persona (LSS - diretto) o at-traverso un trattamento cognitivo nonstrutturato (UCS). In particolare, 27 pa-zienti con Alzheimer (Mini-Mental-StateExamination [MMSE].26/30) sono statisuddivisi in tre gruppi, uno per ogni in-tervento. I trattamenti consistevano indue sessioni settimanali di stimolazionelessicale-semantica (tramite teleconfe-renza o faccia a faccia a seconda del

gruppo di appartenenza) o esercizi UCSsomministrati per un periodo di tre mesi. Le prestazioni globali cognitive sono sta-te misurate attraverso il Mini-Mental-State Examination (MMSE). I risultati han-no evidenziano un miglioramento signi-ficativo dei punteggi medi dell’MMSEnei pazienti che avevano ricevuto unastimolazione lessicale-semantica in en-trambi i modi, attraverso la telecomuni-cazione (P=0.03) o di persona (P=0.01). Per concludere, studi effettuati su pa-zienti affetti da demenza hanno dimo-strato che è possibile attraverso le vi-deochiamate migliorare la stabilità psico-logica e cognitiva dei soggetti e determi-narne un miglioramento delle prestazio-ni quotidiane (Kiyoshi Y. et al. 2013) per-mettendo di raggiungere, in qualche ca-so, migliori outcome, sviluppando adesempio capacità verbali dopo conver-sazioni a distanza condotte per via video-telefonica (Mochizuki-Kawai et al. 2008).Per quanto concerne il telemonitoraggio,il primo articolo analizzato è stato una re-visione della letteratura sull’importanzadi rilevare e monitorare il deterioramen-to cognitivo nelle prime fasi della malat-tia di Alzheimer per proseguire con unaterapia adeguata ed efficace (Jagan &Aaron, 2014). Questo, potrà essere pos-sibile attraverso l’Information and Com-munications Technology (Ict) per cattura-re, nel tempo, i marcatori di cambiamen-ti individuali, fondamentali per valutarele relative disabilità funzionali e cognitive.Alcuni degli RCT recensiti sono stati li-mitati all’uso dell’actigrafia, utile a quan-tificare l’agitazione motoria in casi parti-colari o a quantificare il ritmo attività-ri-poso e il sonno. Altri studi hanno utiliz-zato gli actiwatch, dei contapassi o i car-diofrequenzimetri. In conclusione, seb-bene l’uso corrente di questi dispositivisia limitato all’actigrafia, nel futuro i di-spositivi ICT, potrebbero aiutare a supe-rare i limiti del lungo intervallo di temponecessario per una buona valutazioneneuropsicologica e rilevare tempestiva-mente variazioni funzionale di un sog-getto affetto da Azheimer, permettendo,così, di agire con una terapia più miratae specifica per quel soggetto. Il secondo articolo analizzato è stato unprogetto di ricerca il cui obiettivo era di

proporre una valida alternativa quale, ap-punto, il telemonitoraggio, come tratta-mento non farmacologico per i pazientiaffetti da Alzheimer (Galante, 2009). Taleprogetto prevedeva l’associazione di trat-tamento farmacologici e non farmacolo-gici da affiancare al programma di tele-monitoraggio della durata di 12 mesi.Per quanto concerne i pazienti, ci si at-tendeva un rallentamento nella progres-sione del declino cognitivo, un migliorcontrollo dei disturbi comportamentalied un ritardo nella istituzionalizzazione.Non essendo a disposizione i risultati, siè ritenuto opportuno chiamare diretta-mente il centro di ricerca italiano IrccsIstituto Scientifico di Castel Goffredo diMilano che ha proposto tale progetto.Lo studio, in realtà, è stato avviato, ma,per cause interne, non è stato ancoraoggi portato a termine, rimandando laconclusione in futuro.Negli ultimi articoli valutati, è stata presain considerazione l’applicazione della re-altà virtuale a supporto del progressivodecadimento cognitivo. Nella ricercacondotta da Hofmann et al. (2003), diecipazienti affetti da Alzheimer sono staticomparati a nove soggetti con depres-sione maggiore e dieci sani in un'indagi-ne controllata in cieco. Tutti hanno ese-guito esercizi basati sulla virtual realitydurante i quali, attraverso un monitor col-legato ad un computer, dovevano visi-tare diversi negozi virtuali e comprare glioggetti presenti nelle rispettive liste; ilrealismo dell'ambiente virtuale era esal-tato dall’incorporazione di fotografie di-gitali. I soggetti hanno eseguito il compi-to tre volte alla settimana (per sette set-timane) e, anche se i soggetti affetti dadepressione e quelli sani eseguivano ilcompito con più accuratezza e in minortempo, i risultati hanno dimostrato un si-gnificativo miglioramento delle presta-zione nel gruppo AD durante il corso del-la ricerca. Nel secondo studio (Widmann et al.,2010) sono stati selezionati due cam-pioni: uno composto da 31 soggetti sani,l'altro da 15 pazienti con diagnosi di Al-zheimer. L'ambiente virtuale rappresen-tava la città di Philadelphia attraversoimmagini foto-realistiche proiettate suuno schermo (Epson EMP 7600/5600).

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Lo scopo dello studio è stato di stimo-lare i soggetti a ricordare tramite l'uti-lizzo di immagini a ripetizione, i nomi deinegozi della città. Inoltre, la memoria deipartecipanti è stata allenata attraversol'attuazione di un percorso specifico dacompiere. Da tale ricerca, si è potuto no-tare come le capacità mnemoniche neisoggetti affetti da Alzheimer siano pas-sate da 0.7 ± 1.2 a 2.9 ± 2.6, dimostran-do così un modesto beneficio. Un ulte-riore studio, effettuato da Cherney et al.(2012), ha previsto, per i pazienti affettida demenza, un trattamento di circa dueore a settimana (per sei mesi) attraversol'innovativo utilizzo di “terapisti virtuali”con il compito di far eseguire ai pazienti,comodamente a casa, degli esercizi les-sicali attraverso un computer. Tale per-corso ha dimostrato miglioramenti signi-ficativi nella combinazione “parola-recu-pero”, con un senso di maggiore auto-nomia sulla comunicazione.Anche l’ultimo articolo da noi analizzato(Flynn et al., 2003) si poneva l’obiettivodi esaminare l’efficacia della realtà vir-tuale applicata a persone affette da Al-zheimer.In particolare, sono stati reclutati sei pa-zienti che hanno vissuto delle esperien-za in un ambiente virtuale: in questo ca-so, un parco recintato. Durante questo

studio, si sono considerati aspetti riguar-danti la sfera fisica e il benessere psico-logico del paziente, attraverso delle valu-tazioni oggettive, rilevando la frequenzacardiaca durante la sessione di Virtualreality e delle valutazioni soggettive, som-ministrando dei questionari; inoltre sonostati valutati tramite dei test di qualitàassegnati successivamente i sintomi ri-feriti dal paziente associati al simulatore.Attraverso il compimento di attività fun-zionali (effettuare una chiamata, smaltirerifiuti, trovare un luogo per riposare) si èdimostrato che i pazienti affetti da de-menza oggetto di studio, hanno perce-pito realisticamente gli oggetti virtualispostandoli naturalmente, sentendo ilcontrollo dell’interazione e dimostrandolimitata difficoltà nell’utilizzo del joystickper la navigazione. Tale esperienza è sta-ta utile per valutare e migliorare il com-portamento e l'orientamento spazio-tem-porale in questi pazienti, che non hannoriferito un aumento significativo dei sin-tomi né tanto meno un peggioramentodel benessere psico-fisico. Concludendo, tutto ciò ha dimostratoche applicare terapeuticamente una re-altà virtuale in pazienti affetti da demen-za rappresenta una valida alternativa chepuò permettere di migliorare la qualità divita di chi ne è affetto.

lImItI dello StudIoLa nostra revisione presenta limiti legatiperlopiù ai diversi tipi di strumenti utiliz-zati e di setting proposti nei differentiprotocolli di studio. Anche i diversi tipi di campionamenti ef-fettuati rappresentano un fattore limi-tante che non permette di effettuareun’analisi d’insieme. Nello studio di Jelcic et al, (2014) i pa-zienti del gruppo LSS-tele erano legger-mente più anziani rispetto ai pazienti delgruppo LSS-diretto: questa caratteristicademografica evidenzia un possibile biasdi selezione, per il quale i pazienti più an-ziani potrebbero avere ottenuto risultatiminore dopo l’intervento LSS-tele. Negli studi che sfruttavano le videochia-mate Skype (Hori et al., 2014; Hori et al.,2009), problemi d'udito o di vista, anchese minimi, possono aver interferito conalcuni aspetti logistici della telecomunica-zione, come l'apprezzamento del suono,la qualità visiva o la chiarezza. Tutti questifattori potrebbero essere stati un impor-tante causa di distrazione, soprattutto perle persone anziane, che hanno una scar-sa confidenza nell’uso di tale tecnologia. I campioni erano piccoli negli studi diKiyoshi Y. et al., 2013 e Mochizuki-Kawaiet al., 2008. La maggioranza dei lavori pubblicati sul

virtual reality ha ottenuto risultati attra-verso studi non-randomizzati e poco rap-presentativi come nel caso di Flynn et.al., 2003 o con campioni di numerositàridotta (Hofmann et al.,2003; Widmannet al., 2012; Cherney et al. 2012, Flynnet. al., 2003) e, quindi, non ha fornitoun’evidenza così solida in merito all’usodei tale strumento nella routine clinica.

dISCuSSIoneFra gli interventi analizzati, solo uno si èrivelato, al momento, effettivamente uti-le per la gestire dei pazienti affetti da Al-zheimer.L’applicazione clinica delle videochiama-te nella riabilitazione rappresenta una re-altà fattibile: i diversi studi, infatti, dimo-strano dei miglioramenti nelle presta-zioni cognitive globali (Hori et al., 2014;Hori et al., 2009; Jelcic et al., 2014; Kiyo-shi et.al, 2013; Mochizuki-Kawai et al.2008). Per quanto riguarda il telemonito-raggio, la letteratura è ricca di studi, tut-tavia, sono pochissime le ricerche con-dotte sui pazienti affetti da patologieneurodegenerative. Nessuno studio, finora, ha dimostrato,sperimentalmente, che interventi di que-sto genere possano ritardare effettiva-

mente il declino cognitivo nella popola-zione oggetto del nostro studio, ciò nontoglie che in un futuro prossimo l’utilizzodi tali apparecchiature possa essere in-trodotto per l’assistenza a distanza. Stesso discorso vale per l’applicazionedella virtual reality, metodo innovativoma che purtroppo al momento presentanon pochi limiti che ne impediscono lareale applicazione nella pratica clinica.I costi elevati, caratteristici di tale tecno-logia, infatti, rappresentano un grossoostacolo da prendere in seria considera-zione specie nell’attuale panorama sani-tario, complesso e pieno di oggettivedifficoltà economiche. Un altro punto disvantaggio è rappresentato dalla tipolo-gia di pazienti in questione, ovvero sog-getti colpiti da un demenza degenerati-va, progressivamente invalidante, per iquali la poca manualità verso tali dispo-sitivi rappresenta un vero e proprio fat-tore limitante.

ConCluSIonIGli attuali cambiamenti demografici, inassociazione alle modifiche dei bisognidi salute della popolazione, richiedonoun impellente e necessario cambiamen-to nell’approccio organizzativo e struttu-

rale della rete dei servizi.L’innovazione tecnologica può contribui-re a una riorganizzazione della assisten-za sanitaria, in particolare sostenendo lospostamento del fulcro dell’assistenzasanitaria dall’ospedale al territorio, attra-verso strumenti assistenziali innovativi. Ci auspichiamo che la nostra indagine siaconsiderata un punto di partenza, prete-sto per avviare una serie di ricerche edapprofondimenti che possano ampliarele conoscenze in questo campo o esse-re fonte di nuove evidenze scientifiche.

AUTORI:Gioiello Giovanni, laureato in Infermieri-stica, iscritto al CdL magistrale in Scien-ze Infermieristiche ed Ostetriche, Uni-versità di Tor Vergata, Roma;Emanuela Libro, laureata in Infermieri-stica, iscritta al CdL magistrale in Scienzeinfermieristiche ed Ostetriche, Univer-sità di Tor Vergata, Roma, master di I livel-lo in Management per le Funzioni di Co-ordinamento nelle professioni sanitarie;Carmelo Migliore, laureato in Infermieri-stica, iscritto al CdL magistrale in Scienzeinfermieristiche ed Ostetriche, Universitàdi Tor Vergata, Roma, in servizio presso l'O-spedale pediatrico Bambino Gesù, Roma.

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Alzheimer’s Disease International, The global voice of dementia. Disponibile da: http://www.alz.co.ukhttp://www.alz.co.uk . 2015.Bianchetti A, Trabucchi M, Alzheimer, Il mulino, Bologna. 2010.Cherney L.R, Van Vuuren S, Telerehabilitation, virtual therapists, and acquired neurologic speech and language disorders. InSeminars in speech andlanguage 33(3), 243-57. 2012.Flynn D, Van Schaik P, Blackman T, Femcott C, Hobbs B, Calderon C, Developing a virtual reality-based methodology for people with dementia: a fea-sibility study. CyberPsychology & Behavior, 6(6), 591-611. 2003.Galante E, Rehabilitation project and tele-monitoring of patients with mildly deteriorating cognition and their caregivers. Giornale italiano di medicinadel lavoro ed ergonomia, 31(1 Suppl A), A64-7. 2008.Hofmann M, Rösler A, Schwarz W, Müller-Spahn F, Kräuchi K, Hock C, Seifritz E, Interactive computer-training as a therapeutic tool in AlzheimerÊs di-sease. Comprehensive psychiatry, 44(3), 213-219. 2003.Hori M, Iizuka M, Nakamura M, Aiba I, Saito Y, Kubota M, Kinoshita A, At-Home Music Therapy Intervention Using Video Phone (Skype) for ElderlyPeople with Dementia. Gan to kagaku ryoho. Cancer & chemotherapy, 41(Suppl 1), 33-35. 2014.Hori M, Kubota M, Ando K, Kihara T, Takahashi R, Kinoshita A, The effect of videophone communication (with skype and webcam) for elderly patientswith dementia and their caregivers. Gan to kagaku ryoho. Cancer & chemotherapy, 36, 36-38. 2009.Jelcic N, Agostini M, Meneghello F, Bussè C, Parise S, Galano A, Cagnin A, Feasibility and efficacy of cognitive telerehabilitation in early AlzheimerÊsdisease: a pilot study. Clinical interventions in aging, 9, 1605. 2014.Mochizuki-Kawai H, Tanaka M, Suzuki T, Yamakawa Y, Mochizuki S, Arai M & Kawamura M, Elderly adults improve verbal fluency by videophone con-versations: a pilot study. Journal of telemedicine and telecare, 14(4), 215-218. 2008.Pillai J, Bonner-Jackson A, Review of Information and Communication Technology Devices for Monitoring Functional and Cognitive Decline in Alzhei-mer's Disease Clinical Trials. Journal of healthcare engineering, 6(1), 71-84. 2015.Rothbaum B.O, Hodges L.F, The use of virtual reality exposure in the treatment of anxiety disorders. Behavior Modification, 23(4), 507-525. 1999.Schlachta L, Sparks S, Definitions of telenursing, telemedicine.Encyclopedia of Nursing Research. New York: Springer Publishing, Inc, 558-59. 1998.Widmann C. N, Beinhoff U, Riepe M.W, Everyday memory deficits in very mild Alzheimer's disease. Neurobiology of aging, 33(2), 297-303. 2012.Yasuda K, Kuwahara N, Kuwabara K, Morimoto K, Tetsutani N, Daily assistance for individuals with dementia via videophone. American journal of Al-zheimer's disease and other dementias, 28(5), 508-516. 2013.

BIBlIogrAfIA

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Studio osservazionale sullemotivazioni della scelta del corsodi laurea in Infermieristica

Èdi Roberta De Luca

ABStrACtÈ stata condotta una ricerca su quali sia-no i fattori motivanti che possono influen-zare e indirizzare gli studenti del V annodi scuola secondaria superiore nella scel-ta della carriera infermieristica. Si è indagata la percezione che gli stessihanno di tale professione, che, nono-stante gli avanzamenti sul piano forma-tivo e pratico, continua ad essere sotto-valutata.Lo studio è stato svolto presso le scuolemedie superiori di Anagni (Fr) nel mesedi giugno 2014. Sono stati intervistati220 studenti del V anno, di cui 145 fem-mine e 75 maschi. La raccolta dati è av-venuta utilizzando un questionario co-struito ad hoc. Dall’indagine è emersoche, alla professione infermieristica, vie-ne sì attribuito il riconoscimento di un al-to valore sul piano culturale, formativo esociale, ma solo un'esigua percentualedel campione (3,18%: cinque femminee due maschi) pensa di considerarla co-me futura carriera. In breve, nonostante un generale ap-prezzamento, l’Infermieristica non rap-presenta la scelta primaria degli studentiche si avvicinano all'università.

Parole-chiave: Infermieristica, percezio-ne, attrattiva, motivazione, scelta, carriera.

IntroduzIoneNegli ultimi anni, si è assistito ad un calodella domanda di iscrizione ai corsi di

laurea in Infermieristica e conseguente-mente, tra i giovani, anche della sua pre-ferenza come prospettiva occupazionale(Mastrillo A., 2014, Lauree triennali delleprofessioni sanitarie. Dati sull’accesso aicorsi e programmazione posti nell’A.A.2014-15, relazione alla Conferenza na-zionale dei Corsi di Laurea ProfessioniSanitarie, Università di Bologna 12-13settembre, dal sito internet: http://con-sultatsrm.altervista.org/wp-content/uploads/2014/10/Relazione-Mastrillo-Lauree-sanitarie-2014.pdf - data di con-sultazione: 30/10/2014).A tale riguardo, pertanto, si è ritenuto ri-levante indagare su quali siano i motiviattuali di tale fenomeno.Il lavoro di ricerca, infatti, non solo ha avu-to l’obiettivo di verificare il riscontro, omeno, di una possibile scelta motivatadegli studenti verso gli studi infermieri-stici, ma anche quello di appurare la rea-le conoscenza di “chi sia l’infermiere” ecosa gli venga “riconosciuto” sul campo. In riferimento a questo, c’è, comunque,da tenere in considerazione che, da piùdi 20 anni, i ruoli dei professionisti infer-mieri sono notevolmente mutati, in par-te per gli avanzamenti scientifico-tecno-logici della medicina, in parte per unamodifica della domanda di salute, tantoda comportare, nel nostro Paese, unaserie di riforme legislative, che hanno in-fluenzato la pratica professionale e il per-corso formativo. Ciò ha determinato una rappresentazio-

ne molto variegata della figura infermie-ristica nell’immaginario collettivo: ma,malgrado tali trasformazioni abbiano pro-dotto notevoli riflessi positivi, si deveprendere atto che, allo stato attuale, l’In-fermieristica non ha ancora avuto il giu-sto riconoscimento nella società, ancheper quel che concerne il raggiungimentodi una meritata identità professionale,attesa da molto ma in tanti casi ancorateorica. Ad ogni modo, un altro aspetto sfavore-vole, e soprattutto poco piacevole, chela nostra professione si trova a fronteg-giare è l’esistenza di concezioni comunidistorte e stereotipate, che ne minanola visione, alterandone la percezione. Oggi, quindi, siamo in una fase in cuil’impegno per riqualificare, nell’ambitodella collettività, il ritratto dell’infermiereè determinante, specie per favorire unulteriore sviluppo dell’Infermieristica nel-la sua globalità.

mAterIAlI e metodILa conduzione dell’indagine è stata pre-ceduta dal reperimento del materiale bi-bliografico utile alla comprensione delletematiche oggetto del lavoro e per lacomposizione del questionario. Si è ritenuto essenziale consultare un’am-pia letteratura, effettuando una ricerca,tramite il web, attraverso libri di testo,ma soprattutto utilizzando la banca datibiomedica PubMed, mediante cui è sta-to possibile esaminare numerosi articoli

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scientifici. Considerando che, nella rea-lizzazione dello studio, sono stati postiquesiti riguardanti le motivazioni alla ba-se di determinate scelte degli studenti,si è ritenuto altresì interessante e profi-cuo consultare alcune teorie “motivazio-nali”, tra cui la Teoria della „Hierarchy ofNeeds‰ (ovvero, “della gerarchia dei bi-sogni o necessità”) di Abraham Maslow(1954, 1977, 2010), quella “Motivazio-nale di contenuto dei tre bisogni” diDavid McClelland (1961, 1987) e quelladell’ “Autodeterminazione” („Self-deter-mination theory‰, Sdt) di Deci e Ryan(1985, 2000).Strumento della ricercaEntrando nello specifico dello strumentoutilizzato per condurre lo studio, è ne-cessario specificare che esso si costitui-sce da domande a risposta chiusa, alcu-ne ad alternativa prefissata, altre a sceltamultipla. Il metodo deciso per la raccolta delle in-formazioni è consistito nella compila-zione in forma anonima di un questiona-rio costruito ad hoc. Procedendo in talmodo, è stato garantito il rispetto della

privacy e facilitata l’intervista. La struttura del questionario si componedi tre parti: 1) indicazione dei dati socio-demografici,

nella quale è stato chiesto agli studen-ti di specificare anche il titolo di studioposseduto dai propri genitori;

2) aspetti motivazionali e socio-econo-mici alla base della scelta di carriera,articolata in cinque blocchi di assuntie quesiti, numerati in sequenza, di cuiè stata prevista l’indicazione di quellipiù appropriati (ovviamente, secondoil pensiero degli studenti), seguendouna “Scala Likert” riportata per ogniblocco (“Molto in disaccordo”; “in di-saccordo”; “indeciso”; “d’accordo”;

“molto d'accordo”); 3) ulteriori domande e affermazioni (a

ciascuna delle quali sono state asso-ciate delle risposte, la cui scelta po-teva essere singola o plurima), relati-ve alle motivazioni che hanno indottogli studenti alla scelta della carriera in-fermieristica. È stato preventivamente effettuatoanche un Try out (Studio pilota) del

questionario su 20 studenti che hapermesso di valutare la formulazionelinguistica dello strumento e la sua ca-pacità di fornire i risultati attesi.

Modalità di conduzione dellÊindagineL’indagine quantitativa di tipo osserva-zionale, è stata eseguita nel mese di giu-gno 2014, previa autorizzazione dei diri-genti scolastici. Dopo un’accurata illustrazione sulle mo-dalità di compilazione, sono stati conse-gnati i questionari, unitamente ad unaspiegazione scritta. Agli studenti, inoltre, sono stati fornitianche chiarimenti in merito alle finalitàdel lavoro di ricerca, per consentire ladecisione individuale e consapevole diparteciparvi.Descrizione del campioneSi è scelto un campionamento di conve-nienza, coinvolgendo gli studenti del Vanno, meglio rappresentativi ai fini del-l’indagine, in quanto più prossimi allascelta della loro futura professione, dicinque istituti di scuola secondaria supe-riore di Anagni, in provincia di Frosinone,con indirizzo formativo differente (liceo

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classico e scientifico, liceo socio-psico-pedagogico e linguistico, tecnico com-merciale e per geometri, istituto stataled’arte). Per il motivo opposto, si è deciso di esclu-dere quelli appartenenti a classi prece-denti. Ovviamente, sono stati estromes-si anche gli studenti non motivati a com-pilare il questionario oggetto della ricerca. In totale, sono stati distribuiti 220 que-stionari, pari al numero degli studentipresenti in aula al momento della som-ministrazione e che, quindi, hanno scel-to di partecipare. Tale numero corrispon-de all’82,70% del totale degli studentiiscritti al quinto anno degli istituti presiin considerazione (266). Tutti i questionari distribuiti sono stati re-stituiti. Riguardo al genere degli intervistati, èstato rilevato come prevalente quellofemminile: del totale del campione (220informatori), il 65,91% (145) sono donne,il 34,09% (75) uomini. Rispetto all'età, la stessa è risultatacompresa tra un minimo di 18 anni (unmaschio) ed un massimo di 23 (una fem-mina). Elaborazione dei dati L’elaborazione, l’analisi statistica, non-ché la gestione dei dati rilevati, è stataeffettuata utilizzando il foglio elettronicoExcel 2010, il software applicativo Spssversione 22 (anche attraverso la costru-zione di grafici).

rISultAtIPrima di procedere ad elencare, nellospecifico, i risultati dello studio, si è rite-

nuto opportuno riportare quanto è con-seguito dopo aver effettuato l’analisi sta-tistica dei dati. In particolare, per quanto riguarda l’anali-si di affidabilità (coerenza interna), si no-ta che i valori dell’Alfa di Cronbach per iblocchi e sezioni del questionario vannoda “buono” a “ottimo” [BLOCCO 1 (Se-zione 2)=0,738; BLOCCO 2 (Sezione 2)=0,933; BLOCCO 3 (Sezione 2)=0,969;BLOCCO 4 (Sezione 2)=0,971; BLOC-CO 5 (Sezione 2)= 0,949; SEZIONE3=0,953 ).Sono state effettuate anche “Correla-zioni bivariate di Pearson” tra il sesso

degli studenti, l’istituto di appartenenza,il titolo di studio della madre e del padre,con tutti gli item del questionario. In riferimento al titolo di studio possedu-to dai genitori, gli studenti, hanno indica-to un’opzione tra: licenza elementare, li-cenza media, diploma di scuola superio-re e laurea. Per quanto concerne il titolodi studio del padre, si evidenzia che:nove (4,09%) sono in possesso della li-cenza elementare; 76 (34,55%) della li-cenza media; 98 (44,55%) del diplomadi scuola media superiore; 24 (10,91%)della laurea. Riguardo il titolo di studiodella madre, invece, si evince che: cin-

Sceglieresti Infermieristicaottenendo alla Maturità un voto:a) migliore del previstob) che non ti aspettavi

DOMANDE

0,909 0,909

SESSO ISTITUTO

0,878 0,878

TITOLO DISTUDIOPADRE

TITOLO DISTUDIOMADRE

0,000

Sceglieresti Infermieristica ottenendo alla Maturità un voto:a) eccellente;b) basso

0,851 0,851 0,851 0,851 0,000

COFFICIENTE DI CORRELAZIONE

SIGNIFICATIVIT¤A 2 CODE

Infermieristica come scelta di carriera:a) in assoluto;b) in mancanza di meglio in campo medico

0,714 0,714 0,714 0,714 0,000

Infermieristica come scelta di carriera:a) in mancanza di meglio in campo medico;b) se non potrò scegliere altro

0,846 0,846 0,846 0,846 0,000

Tabella 1. Correlazioni bivariate di Pearson

Grafico 1

que (2,27%) possiedono la licenza ele-mentare; 64 (29,09%) la licenza media;109 (49,55%) il diploma di scuola mediasuperiore; 34 (15,45%) la laurea.Tra le variabili appena citate e molti que-siti-assunti sono state individuate nume-rose forti correlazioni. Nella tabella 1 si possono rilevare quellecon una maggiore “forza” di relazione eche risultano più significative riguardo airisultati dello studio. (Tabella 1)Di seguito, vengono riportati, nel partico-lare, i dati che si ritengono più significa-tivi ai fini dei risultati dello studio. Riguardo alle motivazioni che suppor-tano i giovani studenti intervistati nellascelta della loro futura carriera, affron-tando lo specifico della professione, il ri-sultato che emerge nelle risposte all’as-sunto “L’Infermieristica è una profes-sione dignitosa e rispettabile” (Afsar eShomail, 2012; Al Jarrah, 2013), si atte-sta a tali percentuali: 40,91% “d’accor-do” e 27,73% “molto d’accordo”.In riferimento al valore che gli studentiattribuiscono alla professione infermie-ristica da un punto di vista culturale eformativo, inoltre, sull’item “Penso cheil valore di una laurea in Infermieristicasia inferiore alle altre” (Mwini Nyaledzig-bor et al., 2014), ampia è l’area di quanti

“non concordano” (71,36%) rispetto allaformulazione negativa dell’assunto. In merito al fatto che “L’Infermieristicapossa essere una professione interes-sante, stimolante, impegnativa, che nonriceve abbastanza riconoscimento, all’in-terno della società” (Afsar e Shomail,2012), l’area del consenso supera la me-tà del campione. (Grafico 1) Nell’item che recita: “L’Infermieristicaoffre una grande opportunità di migliora-mento e di crescita personale. È in gra-do di facilitare la realizzazione di se stes-si” (Onder et al., 2014), prevale netta-mente l’area della concordanza. (Grafico2)Nell’assunto “La certezza di avere unacarriera e un lavoro sicuro è fondamen-tale” (Diomidous et al., 2013), si può ri-scontrare un risultato netto, in riferimen-to all’attenzione del campione focalizza-ta sul valore di una vita futura che abbia,appunto, lavoro e carriera sicuri, nono-stante la percentuale dei casi che segna-

lano dubbi. (Grafico 3) Di fatto, anche nell’affermazione “Il de-naro/alto reddito è un fattore importantequando si effettua una scelta di carriera(Onder et al., 2014)”, il campione intervi-stato manifesta il proprio assenso conun'elevata percentuale complessiva parial 70,45, essendo per il 56,36% “d’accor-do” e nel 14,09% dei casi “molto d’ac-cordo”.

Nel risultato del quesito: “Scegliere la car-riera infermieristica è un modo per gode-re della sicurezza economica e di avereun lavoro stabile” (Mwini Nyaledzigboret al., 2014), erito propriamente alla pro-fessione infermieristica, invece, pur de-notandosi una significativa indecisionenelle risposte fornite, prevale l’anda-mento di ritenere che la stessa non diasicurezza del posto di lavoro, né econo-

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Grafico 3

Grafico 2

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mica. (Grafico 4). Nell’item “Sono a mio agio con l'idea didiventare un Infermiere” (Mistri Kinjal,2013), poco meno della metà degli inter-vistati “non sarebbe a proprio agio” pen-sando di vestire la divisa da infermiere,con una discreta percentuale di indecisi.(Grafico 5)Il risultato che emerge dall’assunto “Pra-ticare la professione infermieristica stan-ca” (Potts e Gaulrapp, 2013), inoltre, pre-senta le seguenti percentuali di risposte:il 37,27% del campione si dichiara “d’ac-cordo” e il 15,45% “molto d’accordo”. Nel risultato dell’indagine rispetto al-l’item “Gli infermieri lavorano molto ma-nualmente” (Al Mahmound, 2013), si ri-scontra altresì che, l’area dei “d’accordo”raggiunge in frequenza percentuale il48,18 e quella dei “molto d’accordo”tocca il 16,82. Minimo il dissenso. Sulla stessa linea è da considerarsi l’af-fermazione “Gli infermieri devono lavo-rare anche di notte e nei fine settimana”(Al Jarrah, 2013), con una percentuale dichi si dice “d’accordo” che si attesta al40,91, e dei “molto d’accordo” al 10,45. La percentuale degli studenti che si di-chiarano “in disaccordo”, 35,91 “molto indisaccordo”, 24,55, si rileva invece nel-l’assunto “Gli infermieri sono uguali aimedici” (Mwini Nyaledzigbor et al., 2014). L’orientamento degli intervistati nel-l’item “È necessario migliorare la retri-buzione e gli incentivi agli Infermieri”(Diomidous et al., 2013), si palesa conuna percentuale dei “d’accordo” che rag-giunge il 36,82%, e dei “molto d’accor-do” che è pari all’8,64%. Le opzioni scel-te rispetto all’affermazione: “È necessa-rio incrementare il Personale Infermieri-stico” (Onder et al., 2014), presentanouna frequenza percentuale dei giovaniche sono “d’accordo” del 46,36, e dei

“molto d’accordo” del 15,45. Nel quesito “Se non otterrai il voto cheti aspettavi per il tuo esame di maturità,opteresti per l’Infermieristica come unascelta di carriera?” (Onder et al., 2014),si riscontra un’alta percentuale di “no”(78,64), contro il 15% dei “sì”. Nell’item , invece, chiede a ciascuno stu-dente: “Pensi di considerare l’Infermie-ristica come una tua scelta di carriera?”(Afsar e , 2012), potendo scegliere una

sola risposta tra le cinque presentate(“sicuramente sì”; “probabilmente sì”,

“forse”; “probabilmente no”; “sicura-mente no”), più della metà degli intervi-stati si orienta sul “sicuramente no”.

“sicuramente sì” una esigua percentuale,3,18 (con una frequenza assoluta di 7unità, di cui 5 femmine e 2 maschi). I valori praticamente non cambiano inmodo significativo sul quesito conclu-sivo dell’indagine. “Sceglierò l’Infermie-

ristica come mia carriera futura in quan-to non avrò la possibilità di scegliere al-tro (l’Infermieristica come un’ultima ri-sorsa)”, con un 12,73% degli intervistatiche opta per il “sì” e il 79,55% che ri-sponde “no”.

dISCuSSIoneI concetti più salienti emersi dalla ricerca,in riferimento alla motivazione che in-fluenza la scelta professionale, sono ca-

Grafico 5

Grafico 4

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ratterizzati dal valore conferito al lavoro,cioè dal peso attribuitogli dalla società;dal reddito; dal condurre una vita lavora-tiva e sociale in grado di dare serenità ol-tre che sicurezza economica e dal rag-giungimento della realizzazione perso-nale. L’indagine ha mostrato anche quanto ecosa gli studenti conoscono concreta-mente sul lavoro dell’infermiere, se l’opi-nione pubblica ne ha una congrua infor-mazione, quale valore e quali giudizi ven-gono dati alla sua attività, come si inseri-scono (o sono viste) la qualifica e l’im-magine dell’infermiere nel contesto del-la società. Lo studio ha, altresì, evidenziato che unabuona percentuale di studenti attribui-sce il giusto riconoscimento alla profes-sione infermieristica, ma si rivela un de-cremento nella motivazione alla sua scel-ta, in quanto - dato rilevante - pur apprez-zandola nel complesso, non la reputanosostanzialmente adatta ad essere intra-presa come loro futura carriera. Ciò si manifesta, ovviamente, nelle pre-ferenze fornite dal campione intervistatoin merito al fatto che l’infermieristica siauna professione “impegnativa”, che de-termina stanchezza, in quanto deve es-sere praticata mettendo in atto molte

“attività manuali”, svolta anche in turni dinotte e nei fine settimana; non abbiaun’adeguata retribuzione; nonché debbaessere esercitata con difficoltà, a causadella carenza di organico. In particolare, quest’ultimo dato emergedalle risposte all’assunto che chiede aglistudenti di rispondere in merito alla ne-cessità di incrementare il personale in-fermieristico. Da quanto appena affermato, pertanto,si denota un’inadeguata considerazionedi questo specifico ambito professionale(spesso, anche a ragion veduta), a causadelle difficoltà che i professionisti infer-mieri si trovano ad affrontare nello svol-gimento dell'attività quotidiana lavorati-va e che sono percepite dalle giovani ge-nerazioni. Si ravvede, pertanto, la necessità, daparte dei formatori, di farsi carico di tra-smettere agli studenti il reale valore del-l’Infermieristica, che, nel variegato qua-dro della società moderna, nonostante

le difficoltà, è attualmente caratterizzatada un miglioramento e arricchimento siaculturale che professionale, avvenuto aseguito dell’acquisizione di sempre piùnuovi e complessi saperi, anche graziealla ricerca scientifica.

ConCluSIonINei risultati dello studio riguardo alle ri-sposte fornite alle parti iniziali del que-stionario, si denota la buona considera-zione dei giovani verso la professione in-fermieristica, in aspetti generali o speci-fici come quelli formativo-culturali e sullostatus sociale.

Il quadro si fa più grigio nella parte finale,di fronte alla richiesta di esprimere lapropria intenzione in merito alla sceltadell’Infermieristica come futura carriera:qui, solo sette studenti rispondono “si-curamente sì”. Il dato trova conferma in alcune rispostesul condizionamento di tale scelta a li-vello della votazione ottenuta con l’esa-me di maturità, che fissa a non più del15% circa gli studenti che prediligereb-bero questa strada, qualunque sia il giu-dizio finale. Il divario è spiegabile con le risposte aquesiti che saggiano il parere su alcuni

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possibili ostacoli riferiti alla scelta dellaprofessione. Emergono difficoltà che vanno dall’ina-deguata retribuzione alla scarsa sicurez-za economica, dal fatto che sia un lavorotroppo impegnativo a quello di non es-sere altrettanto di rilievo come quello delmedico. Da ciò deriva che, nonostante i giovaniattribuiscano alla professione infermieri-stica un alto valore sul piano culturale,formativo e sociale, in pratica non rap-presenta la loro scelta per il futuro.

Il dato, infatti, in linea con quanto pub-blicato nella Conferenza nazionale deiCorsi di Laurea delle Professioni sanita-rie, tenutasi a Bologna il 12 e 13 settem-bre 2014, conferma un calo della doman-da delle iscrizioni ai medesimi CdL (Ma-strillo, 2014). In conclusione, dunque, ap-pare necessaria una riflessione. Sarebbe interessante, in futuro, condur-re altre indagini, anche su più ampia sca-la, soprattutto nel momento in cui do-vesse realizzarsi un auspicabile, miglioree dettagliato orientamento degli studen-

ti di scuola media superiore, finalizzatoa favorire una maggiore consapevolez-za nella scelta universitaria del Corso diLaurea in Infermieristica.

AUTORE: Roberta De Luca, infermiera, laurea Ma-gistrale in Scienze Infermieristiche eOstetriche presso l’Università “Sapien-za”, Roma, in servizio presso l’AziendaOspedaliera San Giovanni-Addolorata diRoma, U.O.C. III Medicina

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BIBlIogrAfIA

I

“le arti terapie” in salute mentale:camminare insiemeper costruire relazionidi Giuliana Covelli, Raffaella Musillo, Marco Soricetti, Josè Mannu

Il 24 settembre 2016, all’ospedale Per-tini di Roma, si è svolto un evento orga-nizzato dal Collegio Ipasvi di Roma dal ti-tolo “Le arti terapie in salute mentale:camminare insieme per costruire rela-zioni”.L’ambito era, dunque, la salute mentale,anche se le arti terapie non sono unasua peculiarità.Per “arti terapie”, infatti, intendiamo„lÊinsieme delle tecniche e delle metodo-logie che utilizzano attività artistiche co-me strumenti terapeutici (pittura, foto-grafia, musica, danza, teatro, narrazione,terapia del sorriso etc.) per migliorare lasfera emotiva, affettiva e relazionale,nonché lÊautostima e la resilienza dellapersona‰.Le arti terapie debbono, tuttavia, esserecondotte da personale formato e, nel ca-so della schizofrenia, da personale esper-to nel trattamento della malattia. L’intervento dovrebbe essere condottoin gruppo, nonostante le possibili diffi-coltà che possono sorgere promuoven-do l’espressione creativa, spesso pre-sente in maniera non strutturata nellapersona.Secondo la Nice inglese, le arti terapiedovrebbero: rendere capaci le persone di sperimen-tarsi in maniera diversa e di svilupparenuove modalità di relazionarsi;aiutare le persone a esprimere se stes-se e organizzare la loro esperienza in unaforma esteticamente soddisfacente;

aiutare le persone ad accettare e com-prendere le emozioni che possono emer-gere durante il percorso creativo. L’obiettivo dell’incontro, rivolto al perso-nale infermieristico, è stato di iniziare aconfrontarsi con un concetto diverso disanità; soprattutto con un concetto di-verso di “prassi infermieristica”. La sanità sta andando verso una sempremaggiore “territorializzazione”: proces-so che richiede un ripensamento nell’or-ganizzazione dei servizi e delle profes-sioni sanitarie.La territorializzazione implica un'atten-zione maggiore non solo verso la malat-

tia, ma anche per il benessere psicofisi-co della persona. Nel convegno si è discusso del diversoconcetto di “mente” introdotto dalle ri-cerche nell’ambito delle Neuroscienze.Il cervello è una rete dinamica mutabile.Peculiarità che gli permette di aggiornar-si continuamente in funzione delle ne-cessità comunicative e computazionali. A chi andava a scuola 20 o 30 anni fa,veniva insegnato che i circuiti del cervel-lo sono permanenti, ovvero che, raggiun-ta l’età adulta si hanno un certo numerodi cellule cerebrali organizzate in schemio circuiti neurali fissi, che, man mano, in-

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L’ESPERIENZA

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vecchiando, si perdono. Pensavamo che,sotto molti punti di vista, saremmo ine-vitabilmente diventati come i nostri geni-tori, poiché potevamo usare solo alcunischemi neurali ereditati geneticamente. Oggi, invece, sappiamo che non è così:ciascuno di noi è un lavoro in corso pertutta la vita.Non solo: oggi, sappiamo che il contattoumano stimola la crescita dei circuitineurali. I bambini cui manca questo con-tatto sono incapaci di organizzare i mo-vimenti primitivi in pattern complessi co-me il gattonare o camminare e trovanosollievo da movimenti ripetitivi come ildondolarsi, battere le mani, scuotere latesta, che rispecchiano la naturale ten-denza del corpo ad essere in attività.„LÊidea che la mente umana si è evolutasoprattutto mediante il processamentodellÊinformazione sociale, è chiamatalÊipotesi della mente sociale‰ (Bentall,2003).La mente emerge dalle attività del cer-vello, le cui strutture e funzioni sono di-rettamente influenzate dalle esperienzeinterpersonali (Siegel, 1999). In un esperimento rimasto celebre: „Lon-don taxi drivers and bus drivers: a struc-tural Mri and neuropsychological analy-sis‰ (Maguire et al.), gli autori confron-tarono i conduttori di taxi londinesi, chedovevano conoscere a memoria tutte lestrade per districarsi nel traffico, con iconduttori di autobus, che seguivanomeccanicamente itinerari prestabiliti e ri-petitivi. Trovarono che i conduttori di taxiavevano una ipertrofia della parte poste-riore dell’ippocampo cerebrale rispetto aquelli di autobus. Questa parte del cer-vello, infatti, è responsabile della memo-ria spaziale, per cui gli autori hanno argo-mentato come l’esperienza lavorativa(nel caso specifico) possa modificare, inmaniera strutturale, il nostro cervello.Da qui, il concetto di “mente estesa”:„LÊidea di mente e di estensione di séche voglio introdurre attraverso la no-zione di Sé esteso è quella di un Sé chenon è localizzabile né dentro né fuori ilcervello/corpo, ma è costantemente rap-presentato (enacted) in-tra cervelli, corpi,oggetti ed è irriducibile a ciascuno diquesti tre elementi presi isolatamente‰(Malafouris, 2009).

L’ipotesi di “mente estesa” nasce dallericerche nell’ambito delle Neuroscienzee porta da affermare che i processi co-gnitivi sono: „il risultato di interazioni trala persona e il mondo circostante‰. Un esempio può essere fatto a partireda una celebre osservazione di un filo-sofo francese (Merleau-Ponty, 1962) sulruolo che ha il bastone nella percezionedi una persona cieca. Il bastone è un og-getto della percezione o un veicolo dellapercezione della persona? La domanda corretta, dunque, è: doveavviene la percezione? Quando il bastone tocca un oggetto difronte, in parte, il cieco lo sente nel cer-vello, ma, in parte, anche nel corpo e, inmaniera cruciale, nel bastone e nell'inte-razione del bastone con il mondo. Il ba-stone è, quindi, parte della percezionedel mondo per la persona cieca. Ciò, ov-viamente, ha implicazioni in termini di re-gole di relazione interumana. Per esem-pio, per consentire un'adeguata intera-zione, occorre che le relazioni siano co-struite su aperture relazionali. Questo vuol dire che i componenti prin-cipali dell’attività di pensiero sono il: pro-porre, coinvolgere, conversare e che, in-vece, il comandare, classificare, ignorare,manipolare, rimandare, eseguire, non pro-ducono un pensiero che si evolve (La-den, 2012). Sapere ascoltare, interagiresenza bloccare il pensiero dell’altro, ri-

chiede capacità e, quindi, formazione aldialogo, alla gestione delle emozioni, allapercezione delle emozioni, in funzionedel contesto in cui si sviluppa la relazione.Ma c’è ancora un’altra importante sco-perta nell’ambito delle Neuroscienze: ineuroni specchio. „I neuroni specchiosono adiacenti ai neuroni motori e si at-tivano quando il soggetto si limita ad os-servare il comportamento di unÊaltra per-sona che, per esempio, allunga una ma-no per prendere un bicchiere. Lo sche-ma di eccitazione indotto nellÊosserva-tore imita esattamente lo schema moto-rio che egli stesso attiverebbe per rag-giungere il bicchiere. In altri termini, leinformazioni visive che riceviamo quan-do osserviamo le azioni degli altri ven-gono schematizzate, nel nostro cervello,in rappresentazioni motorie equivalenti,grazie allÊattività di questi neuroni spec-chio‰ (Rizzolati, 2006).La scoperta dei neuroni specchio ha im-plicazioni pratiche sia sul piano relaziona-le, fornendo un correlato anatomico/fun-zionale all’“empatia” (basti pensare acome è contagioso il vedere l’altro cheprova disgusto o sta manifestando do-lore), sia sull’apprendimento: noi impa-riamo guardando l’altro mentre compieun’azione (finalizzata). Ciò ha avuto unaricaduta in riabilitazione motoria in cui èstato chiesto a un gruppo di persone diallenarsi ad allargare con l’indice e il

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medio un elastico e a un altro gruppo diguardare il movimento. I risultati hannomostrato che la forza aumenta in en-trambe le mani del gruppo che eseguel’allenamento (50% nella mano allenatae 33% nell’altra), ma anche nel gruppodegli osservatori (30% in entrambe lemani).Oggi, i protocolli di riabilitazione tentanodi indurre gli effetti di un reale allenamen-to in persone che hanno difficoltà di mo-vimento. L’intervento richiede, quindi, un

“addestramento all’attenzione” da partedi chi osserva.Lavorare per la salute della persona nonpuò più prescindere dalla sua psiche.Da tempo, sappiamo che la depressionepost-infarto aumenta di quattro volte ilrischio di morte, sappiamo che un umo-re buono migliora e accelera i tempi diguarigione da malattie fisiche, sappiamoche il benessere sociale significa un mi-gliore stato di salute, una migliore resi-lienza e, soprattutto, non solo aggiunge-re anni alla vita ma anche “vita agli anni”.„Il concetto di resilience (resilienza), ossiadi 'flessibilità', di 'adattamento positivo'in risposta ad una situazione avversa, èda intendersi sia come condizione di vitasfavorevole sia come evento traumaticoed inatteso‰ (Masten, Best e Garmezy1990, Masten e Coatsworth, 1998).Un buona immagine del significato di

“resilienza” lo troviamo in questa diapo-sitiva:

Le “arti terapie” le possiamo collocareal primo piano della “casita”: esse aiuta-no a riscoprire le attitudini, migliorano lastima di sé, introducono finanche un mo-do diverso di approcciarsi alla vita.Durante l’incontro è stato proiettato unvideo costruito da un ospite della Comu-nità, V., dal titolo: “La Rinascita”. Un la-voro in cui V. ha espresso il suo talentocome regista, organizzatore e cineasta.Abbiamo anche visto la costruzione diun murales nella Comunità, il percorsodi “dipingere insieme” e il risultato fina-le è stato, per certi aspetti, spettacolare. L’incontro si è concluso con un concertocondotto dall’infermiere Marco Soricettiche è riuscito a coniugare l’operativitàprofessionale di infermiere alla sua pas-sione. Uno spazio va dedicato agli studi sullamusica “Il nostro primo linguaggio”: lamusica evoca emozioni “prima” chepossano essere “messe in parole”.Gli studi neuronali sulla musica riportanonella formazione dell’ippocampo ante-riore, l’area del sistema nervoso che èattivata dalla stessa.L’ipotesi è che l’ippocampo sia una strut-tura importante per la generazione delsenso di benessere, simpatia e felicitàcioè di quelle emozioni che giocano unruolo importante nell’attaccamento. Ko-elsch (2013) ha definito queste emozioni„tender emotions‰ (“emozioni della tene-rezza”).

È importante differenziare queste emo-zioni da quelle che fanno parte del “cir-cuito della ricompensa” (attivato dal cibo,l'attività sessuale, dal gioco etc.). Queste si differenzierebbe dalle “emo-zioni della tenerezza” per il fatto che sisatura (dopo un pò che si mangia, scom-pare il piacere di continuare a farlo),mentre le seconde, connesse all’attac-camento e alla cognizione sociale, nonsi saturano. È, infatti, dimostrato che persone affettedallo Spettro Autistico risultano sorpren-dentemente competenti nella cognizio-ne sociale all’interno del dominio musi-cale (Allen et al. 2009). Il mediatore tra i due circuiti sembra es-sere l’ossitocina (Panksepp, 1998). Tornando all’evento musicale, il coro e isolisti sono persone seguite dai Centridi Salute Mentale, ospiti in Comunità Re-sidenziale del Dipartimento di SaluteMentale della Asl RM 2. Il concerto rappresenta un percorso con-dotto, da alcuni anni, sia nei laboratori diarte terapia nella Comunità che pressola “Fondazione Don Luigi Di Liegro”.Si è trattato di un momento emozionan-te per tutti. Ognuno ha condiviso il la-voro fatto e gli esiti ottenuti: suonareinsieme, divertirsi, essere orgogliosi delgruppo. Tutto questo è terapia.La prospettiva futura è di introdurre laprofessione infermieristica nell’ambitodelle “arti terapie” e di promuovere unaformazione che introduca, nella profes-sione, la possibilità di crescita e di arric-chimento professionale.Nella tavola rotonda voluta per l'incontroal Pertini questa possibilità è stata bendescritta dalla dottoressa Porcelli, re-sponsabile Uoc Psaio (Professioni Sani-tarie Infermieristica Ostetrica-ex Asl RMB) per la quale: “Si va incontro ad unaAsl, la Roma 2, molto estesa, e, pertan-to, dobbiamo ripensare l’assistenza. L’in-fermiere, oggi, è in prima linea di frontea questo cambiamento”. La presidente del Collegio Ipasvi di Ro-ma, Ausilia Pulimeno, invece, ha sottoli-neato quanto, in questo contesto, il con-tributo infermieristico sia importante perle sue peculiarità professionali; ma an-che che è necessario fare particolarmen-

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te attenzione, nella formazione di basee post-base dell’infermiere, alla compe-tenza relazionale dell'infermiere, raffor-zandone la resilienza. “Tutte queste pe-cularietà – ha detto – contribuiscono arendere un professionista completo sot-to diversi aspetti, nonché sempre più inlinea con le esigenze anche di quei grup-

pi di persone con problemi socio-sanitaricome quelli affrontati per questa inizia-tiva”.

AUTORI:Giuliana Covelli, Cpsi Collaboratore pro-fessionale sanitario infermieristico-Dsm-Asl RM 2;

Raffaella Musillo, educatore professio-nale sanitario-Dsm-Asl RM 2;Marco Soricetti, Cpsi Collaboratore pro-fessionale sanitario infermieristico-Dsm-Asl RM 2;Josè Mannu, psichiatra responsabileUosd Residenze Salute Mentale-Dsm-Asl RM 2.

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BIBlIogrAfIA

Dal 18 al 20 novembre, presso il Palacongressi di Rimini, si è tenuto il V Congresso Nazionale di Senior Italia, al quale siamo stati invitatia partecipare in qualità di rappresentanti della professione infermieristica. L’evento patrocinato dal ministero della Salute e da vari Entipubblici e privati era rivolto ad una assemblea di cittadini “senior” con la partecipazione di vari professionisti della salute riuniti in tavolidi discussione e Commissioni Tecniche Nazionali. Per il Collegio Ipasvi di Roma hanno partecipato ai tavoli di lavoro la Dott.ssa MariaGrazia Montalbano nel Dipartimento Distretto e Cure Primarie, la Dott.ssaCinzia Puleio e la Dott.ssa Erika Funaro nel Dipartimento Medicina Gene-rale e Territorio. I due Dipartimenti avevano l’obiettivo di discutere su nuovimodelli organizzativi e di presa in carico degli anziani dell’assistenza di-strettuale nelle primary care, implementando i percorsi diagnostici tera-peutici nel territorio ed in rete con il team multidisciplinare. I lavori svoltidai Dipartimenti sono stati presentati e discussi nella assemblea generaledei Senior alla presenza di vari rappresentanti istituzionali; la manifesta-zione ha ospitato migliaia di partecipanti sopraggiunti da tutta Italia e moltointeressati allo sviluppo di un modello di sistema sanitario proattivo e at-tento ai bisogni di salute dell’anziano cronico. L’esperienza è stata moltointeressante e costruttiva, occasione per future collaborazioni finalizzate aimplementare nuovi progetti per gli anziani con il contributo di tutti i pro-fessionisti della salute.

Il contributo Ipasvi al v Congresso nazionale Senior Italia

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l'infermiere moderno e la web society

LETTO VOI

L ’emergere della web so-ciety ha accelerato il pro-cesso di mutamento socia-

le in modalità inedite rispetto alpassato, ponendo nuove sfideper la professione infermieristicain termini di capacità di risponde-re alle nuove esigenze di salute,di rinnovate competenze profes-sionali ed esigenze di intensifi-care gli scambi inter-professio-nali. In una prospettiva microsociolo-gica, i mutamenti riguardano ilrapporto con i pazienti, i quali so-no sempre più informati e impe-gnati in modo attivo nella presa incarico delle decisioni che riguar-dano la propria salute, spesso at-traverso il ricorso a strumentinuovi, come i Social Media e leApp. Dal punto di vista macro-sociolo-gico, le trasformazioni riguardanoi sistemi sanitari e il sistema nor-mativo che li disciplina. Infine, in una logica di connessio-ne, l’infermiere deve affrontaresfide che riguardano la prospettiva organizzativa, come, adesempio, i mutamenti legati al rapporto intra e inter-professio-nale derivanti dall’evoluzione tecnologica. Il volume cerca di fornire strumenti operativi e pratici per chiarirelo scenario e le prospettive future della professione infermieri-stica in una società sempre più interculturale, digitalizzata e glo-balmente articolata. L’infermiere dell’oggi e del futuro, dunque,deve cogliere il cambiamento societario per essere pronto allesfide assistenziali in scenari complessi.

Questo testo (diviso in 12 capitolie glossario a margine) ambisce adescrivere il processo in corsonon solo cogliendo il nuovo fra-mework nel quale l’infermiereagisce, ma cercando di fornirestrumenti operativi e pratici al fi-ne di chiarire lo scenario e le pro-spettive future della professioneinfermieristica in una societàsempre più interculturale, digita-lizzata e globalmente articolata. Attraverso la concettualizzazionedi importanti costrutti come quellidi “salute” e “malattia” o quellodi “teoria”, si vuole far entrare ilprofessionista infermiere in unasocietà in cui la digitalizzazione ela comunicazione sono parti co-stitutive della stessa. Il manuale vuole sottolineare l’im-portanza di comprendere il conte-sto fluido del presente e inter-pretarlo non solo come fonte dipreoccupazione economica, maanche come un’opportunità di la-voro e di crescita in scenari sem-pre più caratterizzati dal supera-

mento dei confini nazionali, pur in presenza di una più diffusa ediversa attenzione al locale.

Linda Lombi, Alessandro Stievano, a cura diLa professione infermieristica nella web society.

Dilemmi e prospettiveFrancoAngeli, 2016, 244 pagg (30 euro)

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Caring: quando l'assistenzaè anche filosofia

LETTO VOI

Che cosa è lo Human Ca-ring? Jean Watson lo espone in

questo testo, edizione rivistadella prima opera che, nel 1979,esponeva il suo pensiero: una fi-losofia dell’assistenza che si fon-da sulla centralità della persona eche, pur nascendo in ambito in-fermieristico, si apre a tutte leprofessioni.L’elaborazione teorica originale diJean Watson, professore all’Uni-versità del Colorado fino al giugno2012, è fondata su un paradigmaetico che si traduce in prassi ope-rativa di natura clinica, educativae manageriale a tutti i livelli. Le caratteristiche dello HumanCaring sono tali da connotarsi,quindi, come un modello di riferi-mento per l’assistenza nel nuovomillennio. E, proprio per le sue ca-ratteristiche, il modello o teoriadel Caring può essere conside-rato il fondamento filosofico, mo-rale ed etico della professioneinfermieristica e una componente centrale delle Scienze Infer-mieristiche che comprende sia l’arte sia la scienza.Leggere questo testo fa riflettere su ciò che è, ora, l'assistenzanel nostro Paese, su chi svolge attività assistenziali, non solonei servizi socio-sanitari, ma nel tessuto familiare e sociale ita-liano.Diviso in sei parti, con appendici, dati delle ricerche internazio-nali sul Caring, nonché glossario, citazioni bibliografiche e indiceanalitico.L’assistenza inizia con l’essere presenti, aperti alla compassio-ne, alla gentilezza, alla serenità anzitutto verso e con se stessi.Questo lavoro, infatti, invita al ritorno al proprio centro intimoper riconnettersi ai fondamenti collettivi e senza tempo, all’ani-ma stessa di questa antica, pioneristica e nobile professione. Èauspicabile che risvegli il ricordo dei motivi per cui sei entratoin questo campo di attività, ricollegandoti con ciò che ti fa rima-

nere coinvolto e con la conoscen-za, i valori e le pratiche di cura cheacquistano ancor più grande im-portanza se il professionista infer-miere, gli altri infermieri e la pro-fessione stessa sosterranno il du-raturo ed eterno dono di offrireservizi di human caring-healingaggiornati, morali, validi e com-passionevoli per sostenere l’uma-nità.Tradotto da Cecilia Sironi, il librodella Watson va letto facendo ca-so ad andare oltre le parole: solocosì servirà come importante con-tributo per gli infermieri italiani, laprofessione e le Scienze Infer-mieristiche in Italia.Esso include la visione ampliatadella scienza dell’assistenza (ca-ring science) che orienta la filoso-fia, l’etica e la teoria e che, a suavolta, influenza e trasforma l’assi-stenza infermieristica professio-nale e le pratiche di assistenzaclinica, la formazione e la ricerca. Oggi, che la situazione della pro-

fessione infermieristica in Italia sembrerebbe ancora invisibile,è importante non far emergere il concetto che l’invisibilità degliinfermieri implichi la svalutazione di ognuno di loro come per-sona, del loro “prendersi cura”. L’Infermieristica è una disciplina scientifica autonoma, con unaprecisa e riconosciuta struttura epistemologica; riconosciuta intutto il mondo e non solo in quello occidentale, sostenuta da100 anni di evidenze scientifiche. L’analisi dei dati scientifici, della misura degli esiti degli inter-venti infermieristici si misurano accanto - e in armonia - con latenerezza di un sorriso e la dolcezza di una carezza, un toccodel cuore e della mente.

Jean WatsonAssistenza infermieristica: filosofia e scienza del Caring

Cea, 2013, 320 pagg (31,40 euro)

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Importante riconoscimentoalla professoressa Sasso

Lo scorso 22 ottobre, l'Ameri-can Academy of Nursing, hapremiato l'infermiera italiana

Loredana Sasso con il riconoscimen-to di „Fellow‰, che rientra così tra i164 infermieri, in tutto il mondo, apotersi fregiare di tale titolo.La professoressa Sasso, in qualità diesperto, è anche parte integrante delCentro di Eccellenza per la Ricerca ela Cultura Infermieristica, nato in se-no al Collegio Ipasvi di Roma, dove sioccupa del Polo per la formazione deiricercatori. Sasso è professore associato MED45 all’Università degli Studi di Ge-nova-Scuola di Scienze Mediche eFarmaceutiche presso il Dipartimen-to di Scienze della Salute (DISSal). Èpresidente del corso di laurea in In-fermieristica, presidente del masterin “Infermieristica in Area Critica” edi quello in “Coordinamento”, non-ché componente della Commissionedidattica della laurea magistrale inScienze infermieristiche. Nel 2006 haistituito la Scuola di Dottorato in Nur-sing (PhD) presso il Centro di Scienze e Tecnologie Bio Mediche(Crebs) dell’Università di Genova e, oggi, presiede l’indirizzo inNursing presso il Dottorato in “Metodologie innovative appli-cate a malattie trasmissibili e cronico-degenerative: epidemio-logia, statistica, prevenzione, management e nursing”. Vanta una vastissima produzione di pubblicazioni scientifiche suriviste internazionali, è autore e co-autore di testi di Infermieristi-ca e di ricerca; è referente scientifico di progetti di ricerca finan-ziati, a livello nazionale, europeo ed internazionale. Nel triennio1997-2000 è stata eletta consigliera presso la Federazione na-zionale Ipasvi Roma dal 2000 al 2003 e dal 2003 al 2005 alla Se-gretaria nazionale e dal 2006 al 2009 Consigliera. Nel 2004 èstata co-fondatore della Federazione Europea delle ProfessioniInfermieristiche (Fepi) con sede a Bruxelles: ne è stata presiden-te dal 2006 al 2009 e vice dal 2009 al 2012; nel 2010 è stata co-fondatore del Centro interfacoltà Medical Education dell’Univer-sità degli Studi di Genova e ne è diventata direttore scientifico.Il riconoscimento ritirato a Washington consiste nel contribuire,

insieme all'Accademy of Nursing, alla tra-sformazione del sistema sanitario statuni-tense e, in particolare, per il raggiungimen-to dei seguenti obiettivi: migliorare la qua-lità della salute e l'assistenza infermieristi-ca; promuovere un invecchiamento sano;ridurre le disparità di salute e le disugua-glianze; integrare la salute mentale e fisicae rafforzare il sistema di cura e la salute ingenerale, a livello nazionale e internazionale. “Sono fiera di aver rappresentato il nostroPaese negli Stati Uniti - ha spiegato Sasso-. Voglio ringraziare tutti i colleghi con cuiho condiviso larga parte della mia vita pro-fessionale”.

“È mia opinione - ha aggiunto - che una delle sfide più impor-tanti sia l’emancipazione dall’auto-referenzialità da parte di tuttala professione. Perseguendo l’eccellenza nella formazione, nellaricerca e nella pratica clinica, il Nursing deve rendere visibile emisurabile la propria azione in termini di risultati prodotti sul be-nessere e sulla salute dei cittadini”.Sempre sul tema di riconoscimenti internazionali, l'infermieraSilvia Marcadelli ha vinto il premio per la “Migliore presenta-zione poster a un importante convegno” all'università del Kent,a Canterbury, per mano dell'International Collaboration for Com-munity Health Nursing Research (Icchnr) sulla ricerca dedicataall'“Infermiere di famiglia e di comunità” che ha visto la luceproprio grazie al sostegno del Cecri.Icchnr è una charity di primo livello, presieduta da Fiona Ross eaffiliata con varie università internazionali; la rivista di riferimentoè la prestigiosa testata “Primary Health Care Research & De-velopment”.(Si ringrazia Marina Vanzetta per la collaborazione)

NOTIZIE ESTERO

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la recente sentenza del tar lazio: il modello See&Treat negli ambulatori infermieristici

L’AVVOCATO

In questo numero, voglio sottoporre alla Vostra attenzione ilcontenuto di una recentissima sentenza con cui il TribunaleAmministrativo Regionale (Tar) per il Lazio ha rigettato il ri-

corso con cui l’Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri dellaprovincia di Roma ha impugnato, chiedendone l’annullamento,la deliberazione del Direttore Generale Asl Roma C n. 384 del20/03/2015.Con la predetta deliberazione n.384 del 20 marzo 2015, la AslRoma C aveva disposto in via sperimentale l’“Attivazione di am-bulatori infermieristici sul modello See&Treat”, ed in particolare,a decorrere dal successivo 23 marzo 2015, aveva attivato,presso il presidio integrato Santa Caterina della Rosa in Roma,il primo ambulatorio territoriale in fase di sperimentazione, conriserva di attivazione di altri analoghi presidi.In particolare, la deliberazione descriveva gli ambulatori oggettodi attivazione come caratterizzati dalla presenza di professionistiinfermieri aventi competenze certificate frutto di specifici per-corsi formativi e di tutoraggio, svolgenti attività (sul modello an-glosassone See&Treat), volte alla trattazione di urgenze minori(i c.d. codici bianchi), secondo modalità e procedure disciplinateda protocolli clinici assistenziali condivisi con medici specialistiospedalieri e territoriali in servizio presso la medesima Asl.Ciò, nell’intento di consentire la risoluzione immediata di piccoleemergenze, di determinare una riduzione dei carichi di lavoro edelle lunghe attese dei pazienti in Pronto Soccorso, oltre che diridurre il numero di abbandoni dello stesso, cui spesso conse-gue il ricorso a pratiche di automedicazione o autocura nonsempre funzionali alla risoluzione dei problemi.Avverso tali previsioni ha proposto ricorso il richiamato Ordineprofessionale, lamentando, in primo luogo, che in applicazionedel suddetto modello organizzativo l’infermiere sarebbe chia-mato a compiere atti tipicamente rientranti nelle competenzemediche, per il cui svolgimento sarebbe, per l’effetto, neces-saria l’iscrizione all’albo dei medici e la relativa abilitazione pro-fessionale.Inoltre, il nuovo servizio ambulatoriale, ammettendo, nella fasesperimentale, che il percorso valutativo e terapeutico delineatodall’infermiere debba essere validato ex post da un medico, siporrebbe in contrasto con i principi in tema di responsabilità delmedico; principi in base ai quali il medico può essere ritenutoresponsabile soltanto degli atti compiuti sotto la propria super-visione.L’Ordine ricorrente ha censurato, altresì, che in virtù del mo-dello adottato dalla Asl Roma C verrebbero delegate alla dia-

gnosi e alla cura degli infermieri alcune complicate patologieche sarebbe invece più opportuno affrontare sotto la supervi-sione medica, nonché patologie che, anche laddove qualificatecome minori richiederebbero, comunque, una diagnosi diffe-renziale per escludere quadri clinici più gravi e complessi.Con sentenza n.10411/2016 depositata il 19 ottobre 2016 la se-zione III^ quater del Tar del Lazio ha respinto integralmente ilricorso, inquadrando la delibera in parola nell’ambito del PianoStrategico aziendale 2014-2016 istitutivo della c.d. Casa dellaSalute, verso la quale va spostata l’assistenza sul territorio alfine di garantire livelli di cura più appropriati.Il Giudice amministrativo ha rigettato, innanzitutto, le censuredell’Ente ricorrente secondo cui il personale infermieristico nonsarebbe competente sotto il profilo della responsabilità dellescelte di cura. E ciò, per la semplice ragione che a tale serviziosi accede, in realtà, dopo il passaggio per il triage, ovvero diun’attività svolta - anche essa - da personale infermieristico, cuiè demandato il compito di „definire la priorità di cura sulla basedelle necessità fisiche, di sviluppo psicosociali, sulla base di fat-tori che determinano il ricorso alle cure e compatibilmente conlÊandamento del flusso allÊinterno della struttura‰.Di qui, pertanto, la contraddittorietà delle contestazioni dell’Or-dine dei Medici circa le capacità e le competenze degli infer-mieri assegnati al servizio See&Treat, posto che è il personaleinfermieristico che, sin dal triage, è impegnato ad occuparsi delpaziente, essendo chiamato a classificarlo secondo un codicedi priorità assistenziale.La sentenza, altresì, ha riconosciuto come la Asl abbia mostratodi essere ben consapevole che il modello See&Treat si caratte-rizza, rispetto ai modelli di pronto soccorso vigenti in Italia, peril fatto che chi vi accede „è accolto direttamente dal primo ope-ratore disponibile, medico o infermiere, il quale conduce auto-nomamente tutte le procedure necessarie fino al loro termine‰. In forza di ciò, il Tribunale ha respinto le doglianze dell’Ente ri-corrente concernenti la dedotta irragionevolezza ed irrazionalitàdelle scelte aziendali, osservando come, viceversa, la Asl, dopoavere indicato gli obiettivi del servizio, nel provvedimento im-pugnato abbia affrontato proprio il tema della Formazione delpersonale, rilevando come “il processo formativo abbia avutol’obiettivo di implementare l’appropriatezza clinica/assisten-ziale/organizzativa e di creare un modello omogeneo per miglio-rare le prestazioni erogate nell’area Emergenza/Urgenzaattraverso lo sviluppo e la certificazione di competenze del per-sonale infermieristico per la valutazione e il trattamento della

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L’AVVOCATO

casistica con problemi di salute minori”, precisando, altresì, chealcuni percorsi formativi sono stati integrati da specialisti.Che non vi sia alcun esercizio abusivo della professione medicada parte del personale infermieristico addetto, ha proseguito ilTar., trova conferma nel fatto che la Asl, sempre nella delibera-zione in questione, oltre all’elenco delle patologie minori dele-gate al servizio See&Treat, abbia elencato espressamente i casidi esclusione; di talché, laddove il paziente rientri in uno dei casielencati dall’atto stesso verrebbe, in ogni caso, indirizzato alpronto soccorso per le più opportune valutazioni da parte deimedici presenti.E ciò, a maggior ragione tenuto conto, altresì, che nella deliberain parola agli infermieri non viene mai attribuita la funzione didiagnosi della malattia, bensì esclusivamente quella di “discri-minazione iniziale tra casi urgenti e casi non urgenti”, al pari diquanto viene eseguito durante il triage di un pronto soccorso„ordinario‰ e di cura dei codici bianchi in base all’elenco dellepatologie minori individuate, nel dettaglio, dalla delibera stessa. Infine, e con specifico riferimento al Presidio di Santa Caterinadelle Rose, ove è attivo il servizio di See&Treat, il Tribunale hadisposto come nell’ambito di tale servizio non sia in alcun modoconfigurabile il reato di falso ideologico in capo ai medici chesarebbero chiamati a certificare ex post l’attività degli infermieri.E ciò, in quanto, nel caso in cui si ravvisasse la necessità di unapreventiva visita medica, il paziente verrebbe immediatamentetrattato dal competente medico in servizio presso la medesimastruttura, facendo parte il Servizio See&Treat della medesimaCasa della Salute, ove prestano servizio 50 medici specialisti.Appare evidente come le motivazioni della pronuncia in esamerivestano una particolare importanza per ciò che concerne la

possibile diffusione anche nella Regione Lazio di un modello or-ganizzativo ampiamente sperimentato nella Regione Toscanaed Emilia Romagna, ed in uso da decenni nel sistema sanitarioanglosassone.Un modello, quello ispirato al See&Treat, che, come si è visto,ha lo scopo di fornire immediata risposta alle urgenze minori,opportunamente classificate e definite in ragione dell’incidenza,della gravità, nonché degli interventi terapeutici necessari, non-ché di ridurre i tempi di risposta e di attese dei pazienti al prontosoccorso.E ciò, mediante l’affidamento della gestione autonoma di taliminori problematiche al personale infermieristico adeguata-mente formato, così da consentire nel contempo, nell’ottica diottimizzare l’impiego delle risorse e dei tempi a disposizione neiservizi, al personale medico di potersi concentrare su fattispecieclinicamente più complesse.Per completezza, occorre, tuttavia, precisare come la sentenzasopra richiamata, di recente pubblicazione, potrebbe ancoraoggi essere impugnata dall’Ordine dei Medici Chirurghi e degliOdontoiatri della Provincia di Roma dinanzi al Giudice Ammini-strativo di secondo grado, non essendo ancora spirato il termineper la proposizione dell’appello.Con la conseguenza che, sebbene ad oggi quanto affermato dalTar trovi pienamente applicazione, stante la provvisoria esecu-tività della sentenza in oggetto, tali prescrizioni potrebbero es-sere soggette a riforma da parte del Consiglio di Stato in casodi accoglimento di un eventuale ricorso in appello.

Avv. Nicoletta Galli

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LA VIGNETTA MESE

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