52
1 PERCORSO ATTRAVERSO I PORTALI DEGLI EDIFICI STORICI DI VERBANIA

Percorso attraverso i portali degli edifici storici di Verbania

Embed Size (px)

DESCRIPTION

Il Percorso attraverso i portali degli edifici storici di Verbania è un progetto di mappatura e racconto di alcuni luoghi che appartengono al patrimonio architettonico, storico e culturale di Verbania. ll racconto si articola su diversi piani: architettonico, fotografico, storico e letterario e vede coinvolti alcuni autori che hanno conosciuto e raccontato la città.

Citation preview

1

PERCORSO ATTRAVERSO I PORTALIDEGLI EDIFICI STORICI

DI VERBANIA

2

Progetto:Elena Bertinotti, Paolo Minioni, Leonardo Parachini Associazione Verbania Milleventi

Testi: Leonardo Parachini, Elena Bertinotti, Paolo Crosa Lenz, Fabio Copiatti, Elena Poletti, Massimiliano CelesteFotografie: Paolo MinioniImpaginazione: francescolillo.itStampa: Puntolinea, VerbaniaMappa del Comune di Verbania elaborata da Francesco Lillo

con il contributo di Comune di VerbaniaFondazione Comunitaria del VCO

© Associazione Verbania Milleventi 2016© per i testi e le fotografie gli autori

PAESAGGISTI E CONSERVATORI DELLE PROVINCE DI NOVARAE DEL VERBANO - CUSIO - OSSOLA

ORDINE DEGLI ARCHITETTI, PIANIFICATORI,

Città di Verbania

IntroduzioneMonica Abbiati, Assessore alla Cultura del Comune di Verbania

Il paesaggio della nostra città è un paesaggio di acque, giardini e... pietre. Pietre che diverse per caratteristiche, gusto e lavora-zione decorano e rendono monumentali gli ingressi degli edifici storici della città.Questo agile e intelligente volume frutto di un accurato lavo-ro di ricerca, documentazione e fotografia ci accompagna nella loro scoperta, in una passeggiata che unisce la storia e l’archi-tettura degli edifici a quella degli uomini e alle loro narrazioni.Un modo nuovo e insolito per guardare con occhi diversi luoghi conosciuti, o per accompagnare i turisti in passeggiate meno consuete alla scoperta della città.I portali al centro del progetto aprono a nuove prospettive e de-lineano un percorso di visita che dipanandosi quasi per un mil-lennio attraversa Pallanza e Suna, prima tappa di un percorso che, ponendo al centro il patrimonio cittadino, costruisca a par-tire da esso progetti di valorizzazione e promozione turistica.

Percorso attraverso i portali degli edifici storici di Verbaniaa cura di Elena Bertinotti, Paolo Minioni e Leonardo Parachini

Il Percorso attraverso i portali degli edifici storici di Verbania è un progetto di mappatura e racconto di alcuni luoghi che appartengono al patrimonio architettonico, storico e culturale della città.ll racconto si articola su diversi piani: architettonico, fotografi-co, storico e letterario e vede coinvolti alcuni autori che hanno conosciuto e raccontato la città.La mappatura di questi racconti porta alla creazione di un per-corso, che si snoda tra Pallanza e Suna, e si presenta come una guida tascabile adatta per seguire un itinerario attraverso par-chi, ville, centro storico, lungolago.Si tratta di un percorso di particolare rilevanza e identitario per il territorio che permette di avvicinare le persone alla storia, alla cultura e al patrimonio edilizio esistente stimolandole ad aprire ulteriori “portali” di conoscenza.Portale inteso non solo come elemento architettonico ma anche come punto di partenza, porta di ingresso ad un gruppo consi-stente di risorse da scoprire. Ogni portale infatti racconta una storia, un passato ricco di uomini, donne, eventi e leggende.Il percorso narrativo riporta alcuni brani di autori contempora-nei legati a Pallanza e Suna: Marella Caracciolo Chia, Piero Chia-ra, Eleonora Duse, Natalia Ginzburg, Ernest Hemingway, i premi Nobel Roger Martin du Gard e Gerhart Hauptmann, racconta la storia di alcuni personaggi quali Umberto Boccioni, Gabriele D’Annunzio, Paolo Troubetzkoy e testimonia il lavoro dell’artista Mario Tozzi e dell’architetto Aldo Rossi.Il percorso architettonico è strettamente legato a quello storico e all’uso dei materiali. Si presenta infatti come un campionario a cielo aperto di tutti i materiali lapidei del Verbano Cusio Osso-la dove i portali sfoggiano per la maggior parte graniti bianchi di Montorfano, graniti rosa di Baveno, serizzi o beole con rela-

tive variazioni dimensionali o formali.Il percorso fotografico inquadra i portali sempre come protago-nisti che aprono verso rimandi ad altre atmosfere o spazialità differenti.Tra i materiali d’ispirazione per questo progetto c’è il lavoro di ricerca sulla psicogeografia di Gianni Biondillo:“Attraversare il territorio, rigorosamente a piedi, usando il meto-do psicogeografico, significa comprendere e interpretare il pae-saggio contemporaneo, fuori dai suoi luoghi comuni, restituendo-gli dignità e identità mediante l’indagine e la narrazione. L’ esperienza fisica, emotiva, estetica, serve a superare il pregiu-dizio nei riguardi di uno spazio erroneamente reputato “banale”, prevedibile, scontato, per giungere a una consapevolezza nuova nei riguardi del paesaggio quotidiano, palinsesto dove si deposi-tano i significati e i sogni delle popolazioni che lo hanno abitato e che tutt’ora lo abitano. Infine narrare significa condividere la conoscenza acquisita, nella speranza di stimolare ad altri, attra-verso il racconto, il desiderio di ripetere autonomamente l’espe-rienza. Buon viaggio”.

Il progetto ha come ente capofila Verbania Milleventi ed è sta-to realizzato con il contributo del Comune di Verbania e della Fondazione Comunitaria del V.C.O., con il patrocinio del Museo del Paesaggio, dell’Ordine degli Architetti di Novara e V.C.O., sostenuto dalla Camera di Commercio del V.C.O., dal Distret-to Turistico dei Laghi, dall’Associazione Lampi sul Loggione e con la collaborazione di Letteraltura, del Centro Servizi Lapidei V.C.O, dell’Associazione Artistico Culturale Mario Tozzi e della Fondazione Aldo Rossi.

Il progetto dei portali è visitabile su www.portaliverbania.it

6

Via Panoramica

Via alla Piana

Via Br

ancaVia Bauer

Via CavalliniVia Alberta

zzi

Via San Leonardo

Via

Gugl

ielm

azzi

Via Mazzini

Via RugaVia Cadorna

Via delle Monache

Via Selva

Via R.Sanzio

Via alla Castagnola

Via S.Remigio

GIARDINI BOTANICI DI VILLA TARANTO

GIARDINI DIVILLA S. REMIGIO

VILLAGIULIA

OSPEDALE

SUNA

PiazzaGaribaldi

PiazzaGramsci

Via Castelli

Viale delle Magnolie

Largo Tonolli

Via Tozzi

Via De Marchi

Via ChiossettiVia Fiume

oibu

saP

aiV

Via Zara

Via Partigiani

Corso Nazioni Unite

Via Troubetzkoy

inir

reF

aiV

Via Solferino

Via Trento Viale Azari

Isolino diSan Giovanni

Via

Vitt

orio

Ven

eto

S U N A

P A L L A N Z A

PALLANZA

Via all

e Caserm

e

Via Panoramica

Via alla Piana

Via Br

ancaVia Bauer

Via CavalliniVia Alberta

zzi

Via San Leonardo

Via

Gugl

ielm

azzi

Via Mazzini

Via RugaVia Cadorna

Via delle Monache

Via Selva

Via R.Sanzio

Via alla Castagnola

Via S.Remigio

GIARDINI BOTANICI DI VILLA TARANTO

GIARDINI DIVILLA S. REMIGIO

VILLAGIULIA

OSPEDALE

SUNA

PiazzaGaribaldi

PiazzaGramsci

Via Castelli

Viale delle Magnolie

Largo Tonolli

Via Tozzi

Via De Marchi

Via ChiossettiVia Fiume

oibu

saP

aiV

Via Zara

Via Partigiani

Corso Nazioni Unite

Via Troubetzkoy

inir

reF

aiV

Via Solferino

Via Trento Viale Azari

Isolino diSan Giovanni

Via

Vitt

orio

Ven

eto

S U N A

P A L L A N Z A

PALLANZA

Via all

e Caserm

e

7

Via Panoramica

Via alla Piana

Via Br

ancaVia Bauer

Via CavalliniVia Alberta

zzi

Via San Leonardo

Via

Gugl

ielm

azzi

Via Mazzini

Via RugaVia Cadorna

Via delle Monache

Via Selva

Via R.Sanzio

Via alla Castagnola

Via S.Remigio

GIARDINI BOTANICI DI VILLA TARANTO

GIARDINI DIVILLA S. REMIGIO

VILLAGIULIA

OSPEDALE

SUNA

PiazzaGaribaldi

PiazzaGramsci

Via Castelli

Viale delle Magnolie

Largo Tonolli

Via Tozzi

Via De Marchi

Via ChiossettiVia Fiume

oibu

saP

aiV

Via Zara

Via Partigiani

Corso Nazioni Unite

Via Troubetzkoy

inir

reF

aiV

Via Solferino

Via Trento Viale AzariIsolino di

San Giovanni

Via

Vitt

orio

Ven

eto

S U N A

P A L L A N Z A

PALLANZA

Via all

e Caserm

e

01 VILLA SAN REMIGIO Marella Caracciolo Chia, Una parentesi luminosa. L’amore segreto fra Umberto Boccioni e Vittoria Colonna

02 VILLA MEDINI Gerhart Hauptmann (premio Nobel 1912), Mignon

03 HOTEL MAJESTIC Ernest Hemingway, Addio alle armi

04 VILLA RUSCONI-CLERICI - già Villa Biffi Roger Martin du Gard (premio Nobel 1937), Jean Barois

05 VILLA GIULIA Achille Bizzoni, La Castagnola. I villeggianti e gli ospiti suoi

06 CASTELLO DEI BARBAVARA Fra Paolo Morigia, Historia della nobiltà et degne qualità del Lago Maggiore Giancarlo Andenna, Andar per castelli, da Novara tutto intorno

07 CASA MORIGGIA Massimiliano Celeste, Il Portale, Riso croccante con ragout di tinca e porri

08 CASA FRANCI-CASTIGLIONI Piero Chiara, La stanza del Vescovo

09 PALAZZO VIANI-DUGNANI Museo del Paesaggio Luigi Rossari, Artisti sul Verbano nei primi anni del secolo

10 PALAZZO GUGLIELMAZZI Via Guglielmazzi 11 PALAZZO GUGLIELMAZZI Via Santo Stefano

PALLANZA

pag. 11

13

15

17

19

21

23

25

27

28

29

12 VIA CADORNA Paolo Crosa Lenz, La linea Cadorna

13 VIA TACCHINI14 PALAZZO VIANI-VISCONTI Eleonora Duse, Lettera al suo costumista Caramba (pseudonimo di Luigi Sapelli)

15 CASA MORIGGIA16 VILLA CROPPI Natalia Ginzburg, La famiglia Manzoni

17 OSPEDALE CASTELLI

18 VIA PLANA19 VIA PARTIGIANI Fabio Copiatti, Elena Poletti, A protezione della soglia. Simboli incisi su architravi litici tardomedievali a Suna

20 VICOLO DEGLI SCALPELLINI21 VIA TROUBETZKOY22 VILLA ALESSI Aldo Rossi: villa sul Lago Maggiore. Progetto di villa con interno a cura di Margherita Petranzan; con la collaborazione di Massimo Scheurer e Luisa Taddei

23 MONUMENTO AI CADUTI Monumento ai caduti. Estratto dal Catalogo ragionato generale dei dipinti di Mario Tozzi

SUNA

32

37

39

41

42

43

45

47

pag. 31

33

35

36

10

Nel 1863 il diplomatico irlande-se Peter Browne si fece costrui-re sulla sommità della Castagno-la, in località Castellaccio, poco distante dalla chiesetta romanica di San Remigio, «una casa all’uso svizzero» affidandone la progetta-zione all’ingegnere Pompeo Azari. Nel 1896 Sophie Browne, nipo-te di Peter, si unì in matrimonio con Silvio Della Valle di Casanova, suo primo cugino e amico d’infan-zia. In un ventennio, dal 1897 al 1916, i due sposi mutarono radi-calmente l’estesa tenuta avuta in eredità. Il parco un tempo scosce-so e roccioso fu rimodellato con ampie terrazze a giardino evocati-ve di un sentimento o di uno sta-to d’animo: nella parte esposta a mezzogiorno Silvio e Sophie pro-gettarono e realizzarono il Giardi-

no delle Ore, il Giardino della Le-tizia e il Giardino della Mestizia, sul lato opposto, a settentrione, il Giardino dei Sospiri e quello del-le Memorie. Anche il bosco, verso l’ingresso a lago, venne arricchito di rare essenze botaniche e il vec-chio chalet Browne fu sostituito con una signorile villa di stile ba-rocco napoletano.A completa realizzazione del so-gno, in un clima di mecenati-smo rinascimentale, la villa diede ospitalità e ispirazione a Gabriele d’Annunzio, Isolde Kurz, Richard Voss, Georg Brandes, ai pianisti Emil Von Sauer, Eugen D’Albert, Wilhelm Kempff, al compositore Hugo Wolf e a Ferruccio Busoni che proprio a San Remigio fu ri-tratto da Umberto Boccioni.

11

Una principessa romana, un protagonista dell’arte del Novecento, una passione rapinosa, la prima guerra mondiale, un tragico incidente – e un fascio di lettere occultate per quasi

un secolo: una combinazione di elementi che sembrerebbe troppo carica per un romanzo. Ma talvolta la realtà ignora questi divieti. È ciò che ha constatato Marella Caracciolo Chia allorché ha avuto accesso a quanto ri-mane della passione che legò Vittoria Colonna al pittore Umberto Boccioni. Quando incontra Boccioni, Vittoria ha trentacinque anni, e da quindici è la moglie di Leone Caetani di Teano. Una unione, la loro, che suggellava il riavvicinamento tra due grandi dinastie romane, e tuttavia non esat-tamente felice: lei passa gran parte del suo tempo viaggiando per l’Eu-ropa; Leone si occupa delle sue terre di Cisterna o si dedica ai suoi studi di islamistica. Nel giugno 1916, mentre Leone è al fronte, Vittoria, in compagnia del figlio e di pochi domestici, trascorre le sue giornate nella quiete irreale dell’Isolino di San Giovanni, la più piccola delle Borromee. Boccioni è ospite dei marchesi della Valle di Casanova. Dopo un primo incontro dai Casanova, il tormentato Boccioni e la irrequieta nobildonna si vedranno ogni giorno. Poi, nel corso del mese di luglio, l’artista sarà a due riprese ospite di Vittoria all’Isolino. L’ultimo soggiorno si conclude il 23 luglio; meno di un mese dopo, il 17 agosto, Boccioni morirà a causa di una caduta da cavallo. Nel suo portafogli verrà trovata l’ultima delle lettere ricevute da Vittoria. E sono state proprio le lettere che i due amanti si sono scambiati a permettere a Marella Caracciolo Chia di scrivere il libro: che non è solo la storia di un amore breve e intensamente vissuto, ma anche il ritratto di un’epoca. “Quello che c’è tra noi è una profonda realtà, è nato come realtà. Per quanto poco prima ci siamo conosciuti poi simpatizzato, poi… poi c’è il nostro segreto quel meraviglioso crescendo che ci ha condotto di castità in castità alla nostra casta voluttà! Oh! le nostre notti! Il tuo pallore, il tuo smarrimento, il mio terrore la nostra infinita comunione di corpo e di spirito. Divina mia, lo sento che mi vuoi bene; un po’ bene, un po’ più di quando me lo misuravi con avarizia sulla punta del

ditino… Rammenti? Come sono tuo! Come ti sono fratello e amico, come ti ammiro, sempre, ad ogni respiro, sempre! sempre!”.

VILLA SAN REMIGIO

Un portale nel portale che s’inserisce in

continuità con il muro formato da pietre del

lago e delle valli (beola, serizzo, granito). Il primo portale, alto

cinque metri, è formato da semicolonne in

serizzo, capitelli corinzi in granito bianco di

Montorfano e trabeazione classica suddivisa in architrave, fregio e

cornice.Il secondo portale ha

pilastri e architrave in serizzo sui quali

poggiano due statue raffiguranti leoni in posizione eretta che

sorreggono gli stemmi della famiglia Della Valle

di Casanova.Marella Caracciolo Chia

UNA PARENTESI LUMINOSAL’amore segreto fra Umberto Boccioni

e Vittoria Colonna

Adelphi 2008

via Vittorio Veneto 105

12

Villa Medini era un tempo il ma-gazzino delle fornaci di laterizi che fin oltre la metà dell’Otto-cento occuparono la riva del lago sottostante, dove oggi ci sono i giardini contigui di Villa L’Eremi-taggio e di Villa Scagliola. All’inizio del Novecento l’ameri-cano William B. Kaupe, facolto-so collezionista d’arte, acquistò la villa a lago, ampliandola, e trasformò il magazzino in scude-

ria-rimessa, costruendovi a lato il raffinato portale. Nel 1943 il nuovo proprietario, Alfredo Medini, trasformò l’edifi-cio in casa d’abitazione. Il corpo centrale, più rialzato, venne ab-battuto su progetto dell’archi-tetto Alessandro Minali.

13

VILLA MEDINIvia Vittorio Veneto 81 C

Mentre percorrevo lento gli angusti viottoli, non di rado fermavo il passo, come uno che voglia approfondir qual-cosa meditando, qualcosa che, pur restando invisibile e inudibile, era nell’aria silenziosa, pronto a esser colto.

In un modo o nell’altro pareva che il mio spirito non cessasse di rimuginare l’idea del vivere da eremita, che aveva pur determinato il mio viaggio. Mi ricordai così d’aver ricevuto al mattino una lettera col timbro di Pallanza, scrittami da un anziano e ricco signore, che mi annunciava la sua visita e attendeva la mia nella sua villa oltre il lago. Anche lui aveva battezzato la sua casa Eremitage.La deliziosa luce mattutina che il sole riversava sulla regione più bella del mondo, i pendii fioriti che si arrampicano sul Mottarone, il vasto lago e, sullo sfondo, le alte montagne luccicanti nell’aria come argen-to ebbero il potere di ancorarmi al regno dei sensi. Mi pervase quella sorta di gaiezza che rende felici di contemplare e sentendosi grata e paga del puro e semplice esistere, considera il lavorio del pensiero come un gioco artificioso. Tutto ciò libera dal peso del mistero della vita, e fa pensare al Creatore come a un artista beato e beatificante, ad un Maestro che mai si sazia di prodigare felicemente la sua forza.

Gerhart Hauptmann (premio Nobel 1912)MIGNONUTET 1979

L’importanza di questo portale va oltre l’oggetto

in sé, la si misura soprattutto nella sua capacità di inserirsi armoniosamente nel

contesto paesaggistico e architettonico. Le

pietre del paramento murario, un misto di

graniti, beole e mattoni sono riprese tra le due lesene in granito rosa

creando una continuità tra muro e portale. Il

portale, con decorazioni leggere, inquadra la quinta architettonica

che modella il parco. Il verde è protagonista

sia all’esterno, con un glicine rampicante sia all’interno del parco.

14

Questo Albergo fu eretto nel 1869-70 in soli quattordici me-si, mediante il lavoro di 500 ope-rai, dal signor Giovanni Seyschab da Lohe, presso Norimberga, in Germania, già comproprietario dell’Albergo delle Isole Borromeo a Stresa, con progetto, disegno e direzione dell’autore di questa Guida [ing. Pompeo Azari]. Que-sto grande Albergo possiede un vasto giardino con bagni d’acqua del Lago, peschiera, acqua mi-nerale efficacissima per gl’inde-bolimenti nervosi, grandi ed ap-partate rimesse con iscuderie per 50 cavalli. La sua posizione è la migliore del Lago, rimpetto alle Isole Borromeo, ai ghiacciai del Sempione, alla valle dell’Ossola, alla sommità del Motterone, dello

Zedda e del Pizzo Marrone; circon-dato da passeggiate magnifiche e variate, da panorami sorprenden-ti, a poca distanza dal debarcade-ro dei piroscafi, in mezzo ad ele-ganti villeggiature e stabilimenti d’orticoltura e floricoltura celebri in Europa. In esso trovansi i mi-gliori desiderabili conforti sì d’e-state che d’inverno, stante la dol-cezza del clima, l’aere saluberrimo e la disposizione speciale dell’e-difizio, il quale ha pure ufficio di Agenzia delle diligenze e Corriere Svizzere in diretta corrisponden-za, mediante magnifiche strade nazionali, con tre più importanti valichi Alpini del San Bernardino, del S. Gottardo e del Sempione di cui Pallanza è centro. L’edificio elevato a sei piani, di cui il primo

15

sotterraneo serve per deposito ge-nerale, il secondo per abitazione dei domestici, servizio di cucina, caffette-ria, lavanderia, sti-reria, caloriferi, di-spensa, ghiacciaia e cantine; il terzo poco sopra al livel-lo della via Nazio-nale per l’entrata principale con por-

tico, uffici, salone da pasto, sale di riunione, di musica, di bigliar-do, di lettura, da fumare, Chiesa inglese, camere d’alloggio, ecc. I tre altri piani servono per abi-tazione ai forestieri, con como-de ed ampie camere, sale, salotti,

gabinetti ecc. tutti disimpegnati gli un dagli altri, e comunicanti fra loro a piacimento. Nel mezzo, rimpetto alla porta d’entrata, cui sta di fronte l’Isola di San Giovan-ni, si ha un meraviglioso grand’a-trio in quattro di 13 metri di lato, coperto a cristalli, abbracciante quattro piani formanti gallerie, dai cui quattro angoli dipartonsi brevi corridoi, che ne disimpegna-no tutti i locali. Un ampio scalone in marmo bianco di Carrara fino al primo piano e per gli altri in gra-nito di Baveno e bevole di Beura.

Pompeo Azari, Cenni cronologici e statisti della Città di Pallanza sul Lago Maggiore e delle sue adiacen-ze, Pallanza 1872

HOTEL MAJESTIC

Le colonne, ispirate all’ordine toscano, non seguono le proporzioni

classiche degli elementi e presentano modanature a

cornice sul fusto.In corrispondenza delle

colonne, lungo la parete dell’edificio, si trovano

le lesene inserite nel rivestimento a fasce

orizzontali in granito bianco di Montorfano

che gioca sui due colori del materiale, il grigio e il bianco.

Questi elementi creano uno spazio unitario e

rappresentativo per l’ingresso all’albergo.

via Vittorio Veneto 32

Remai tutta la notte. Alla fine le mani mi facevano così male che quasi non potevo tenerle sui remi. Varie volte fummo sul punto di venir sbattuti sulla riva. Mi tenevo vicino alla riva perché avevo paura di smarrirmi nel lago e

perder tempo. A volte eravamo così vicini che si poteva vedere una fila d’alberi e la strada lungo la riva con le montagne dietro. Non pioveva più e il vento respinse le nuvole finché la luna apparì e guar-dando indietro vidi la lunga punta nera di Castagnola e il lago con frangenti bianchi e più in là la luna sulle alte montagne di neve. Poi le nuvole tornarono a coprire la luna, e le montagne e il lago scom-parvero ma era molto più chiaro di prima e si poteva vedere la riva. La vedevo troppo chiaramente e mi allontanavo dove non avrebbero potuto vedere la barca se lungo la strada di Pallanza ci fosse stata qualche guardia doganiera. Quando la luna ricomparve vedemmo le ville bianche sulla riva sui pendii della montagna e la strada bianca che trapelava tra gli alberi. Continuai ininterrottamente a remare.

Ernest HemingwayADDIO ALLE ARMIMondadori 1946

17

Pallanza. Aprile. Le sei di sera.Una barca piatta sull’acqua.Dietro siedono, uno accanto all’altra. Marie e Barois, la schiena rivolta verso la città, la cui animazione non li raggiunge più.

Intorno, il lago palpita appena. Un procedere senza scosse e lento, dentro una luce grigia, intensa e velata ad un tempo. La luna sta così alta nel cielo che bisognerebbe rovesciare la testa per scorgerla; il suo splendore, diffuso nel vapore, isola la barca al centro di un’immensità pallida e silente.Avanti, il dorso del barcaiolo si incurva e si rialza; la camicia, il pan-talone di tela, formano due punti chiari nebulosi; il volto, le mani, i piedi nudi sono neri come quelli di un’icona. Barois non può distoglie-re i suoi pensieri dalla separazione imminente.Marie, la fronte inclinata indietro, fuori del tempo e dello spazio, dis-solvendo la sua anima nella fluidità del cielo e dell’acqua, si inebria, come se non ci fosse più niente fra lei e Dio.Improvvisamente uno sbuffo odoroso, caldo come l’alito di una boc-ca, le rose, le viole ciocche, le iris, i cedri, gli eucaliptus dell’Isola di San Giovanni. La mano di Barois cerca quella di Marie che, reclinata indietro, lascia pendere il braccio scoperto nella scia; la frescura per-sistente dell’acqua circonda loro i polsi.Sette tocchi risuonano da un cam-panile; sulla riva opposta un’eco ri-pete i sette colpi con durezza, come un gong.Rientrano verso Pallanza.

VILLA RUSCONI-CLERICIgià Villa Biffi via Vittorio Veneto 12

Roger Martin du Gard (premio Nobel 1937)

JEAN BAROISParenti 1956

Il portale, alto cinque metri, è in granito bianco di Montorfano e la parte superiore è costituita da

decorazioni a stucco.Gli elementi verticali

giocano sulle modanature con una scanalatura

centrale molto profonda che viene ripresa anche

sull’architrave sagomato.Le decorazioni a stucco si compenetrano con quelle in pietra sia sulla chiave di volta che sulle lesene laterali dove le mensole decorate interrompono

il granito rendendo il portale un tutt’uno senza distinzione di materiale,

se non ad uno sguardo attento e da vicino.

19

La parte più bella e interessante, specialmente in questa stagione autunnale, viene rappresentata dalla villa Giu-lia, già Branca; dove giungono e si seguono, alternandosi a vicenda, i personaggi più cospicui ed i parenti più illu-stri, che la contessa Giulia Melzi d’Eril-Villa annovera, nel-la più alta aristocrazia di Milano, di Torino, di Genova, di

Firenze, di Roma e di Parigi. Nomi che appartengono non solo al grand mon-de aristocratico e gentilizio; ma nomi noti ed illustri altresì nella repubblica delle lettere, delle arti e delle scienze. E qui è proprio il caso dell’embaras du choix. Ma, come è naturale, mi limiterò, per conto mio, a sviluppare, fra le numerose istantanee, i profili, le figure, le immagini che ebbi l’opportuni-tà di conoscere e di ammirare in quel variopinto caleidoscopio; in quell’Olimpo, in cui si aggirano tanti gentiluomini e tante graziose e nobili dame!E come non potrei subito ricordare la cospicua famiglia fiorentina dei marchesi Bert-Dufour, il famoso scienziato Barnabita, padre Ca-millo Melzi d’Eril; i principi Imperiale di Genova, compreso l’illustre deputato, rappresentante della Superba. La marchesa Misciatel-li-Melzi, giovane formosa patrizia romana, sorella a S.E. Monsignor Misciatelli-Melzi, segretario particolare del Gabinetto di Leone XIII, tutta intenta alle cure ed all’educazione di una avvenente giovinet-ta e di un caro fanciullo, che porta nei suoi lineamenti delicatissimi l’impronta della bellezza ellenica. I conti e contesse Melzi d’Eril, fra-telli, sorelle, cognati e cugini del conte Francesco e della contessa Giulia Melzi. L’illustre professore Bertolini Comm. Francesco, lustro e decoro dell’Ateneo bolognese; il nobil uomo conte Grimani della famiglia Dogale, parente all’illustre Sindaco di Venezia; il marchese Hermes Visconti, patrizio milanese; il conte e la contessa Trivulzio; i coniugi nobili de Fontana; i nobili giovani Mustorgi Melzi, fratello e sorella Maria Cristina, un fiore di bontà, di grazia e di leggiadria. Il marchese d’Oncieux; i conti e le contesse Durini di Milano, cui ap-partiene la di recente eletta dama di Corte di S. M. la Regina Elena.

VILLA GIULIAcorso Zanitello 6/8

Achille BizzoniLA CASTAGNOLA. I VILLEGGIANTI E GLI OSPITI SUOIEredi Vercellini, Pallanza 1901

Due portali con basamento, spalle e

volta in granito bianco di Montorfano sono

inseriti all’interno di una parete in bugnato

a forma di punte di diamante in serizzo

Antigorio. L’insieme di bugne, ossia di pietre

sporgenti, richiama soprattutto l’architettura rinascimentale fiorentina

dove il bugnato veniva spesso usato come

elemento per accentuare la monumentalità

dell’edificio come nel Palazzo dei Diamanti a

Ferrara, nella Chiesa del Gesù Nuovo a Napoli

per arrivare ad esempi contemporanei come

il Denmark’s New Rock Music Museum di MVRDV.

20

Onde benché detto castello sia in gran parte rovinato, per le tante rivolte degli Oltre-montani, di diverse nationi, che questi nostri luoghi hanno dominati, tuttavia si vede ancora al presente una gran torre di pietre vive, la qual è di gran circuito, e altezza e è abitabile.

Fra Paolo MorigiaHISTORIA DELLA NOBILTÀ ET DEGNE QUALITÀ DEL LAGO MAGGIOREBordone e Locarni, Milano 1603

21

CASTELLO DEI BARBAVARApiazza San Leonardo 6

Nei primi decenni del Duecento molti da Castello avevano abbandonato il borgo avito per trasferirsi a Novara o in altri centri del territorio diocesano, ove possedevano terre e castelli. Altri erano rimasti sul luogo, ove durante il XIII secolo avevano costruito un castrum nel burgo, a due passi dalla riva del lago, in vicinanza del torrente Cantelio,

proprio di lato al luogo ove ora sorge la grande basilica di San Leonar-do. La prima notizia di questa fortezza risale al 26 novembre 1323 e si riferisce ad una sentenza arbitrale, proferita “in burgo Palantie, in castro de Cantelio”, da Giacomo da Velate, assistito da Aicardo da Ni-bia e da Alberto Bollino, nonché da Tizio e Brunasio Barbavara, stretti parenti dei figli di Guido Barbavara da Castello, proprietari della forti-ficazione. Costoro, cioè Giorgio e Giacomo, avevano deciso di dividere i beni che avevano in comune e non trovando un accordo ricorsero all’arbitrato dei parenti; il 26 novembre il lodo assegnò a Giorgio «la metà della torre di Cantelio, che è a settentrione, cioè verso la po-stierla, e tutta la scorta dei cereali depositati in quel luogo, nonché la sala con camino e le due camere seguenti sino al primo pilone del palatium, che sorge verso occidente, ove inizia la parte toccata a suo nipote Guidetto. Ed inoltre il cortile tra queste abitazioni e le scale che salgono alla porta della torre». Gli arbitri suggerirono anche il modo di dividere per metà la medesima torre: «si farà un muro a spese comuni che dividerà la torre e sarà di pietre e malta, alto fino al primo tassello e largo un braccio. Dal primo tassello in su si farà un

muro o una chiusura con assi come piacerà alle due parti». Giorgio ebbe inoltre altre costruzioni e cantine, nonché la metà del chioso del castello. A Giacomo sarebbe spet-tata l’altra metà della torre con la parte della fortezza verso levante, mentre il porto del castello e la riva del lago sarebbero rimasti comuni. Da alcuni accenni sappiamo infine che in precedenza erano state divise le armi, le balestre e più di mille saette. Purtroppo la documentazione non fornisce altre indicazioni su questo castrum, ancora attivo nel 1536; infatti sulla riva del lago, tra i due porti del castello dei Barbavara, era solito riunirsi il Consiglio di vicinia di Pallanza e il 27 dicembre di quell’anno i cre-

denzieri elessero in quel luogo i procuratori che avrebbero dovuto giurare fedeltà a Carlo V. Era l’unica fortificazione del borgo, ma nella seconda metà del Cinquecento e agli inizi del Seicento non si distingueva più entro il centro abitato, giacché sulla sua area era sorta la Collegiata di San Leonardo.

Giancarlo Andenna, ANDAR PER CASTELLI,

DA NOVARA TUTTO INTORNOEditore Milvia 1982

Sulla parete composta da rocce metamorfiche

e trovanti, sono visibili due arcate, una inferiore

con un arco a conci trapezoidali in pietra

granitoide simile al serizzo e una superiore in

cui si trova inserita una lastra di pietra d’Angera

che, unita a lastre di serizzo, compone un

secondo portale.

22

Via Sassello, 3 - 28922 Verbania Pallanza Tel. 0323.505486 - www.ristoranteilportale.it

Un doppio portale che crea una corte interna anticamente chiusa. I portali, in serizzo chiaro tipo Formazza, sono identici ma collocati in due ambiti differenti. Un portale si trova sul fondo del cortile, inserito nell’edificio, l’altro va a chiudere lo spazio compreso tra i due edifici che affacciano sulla piazza ed è completato nella parte alta da una cornice e dallo stemma della famiglia Moriggia.

23

CASA MORIGGIAvia Sassello 3

Riso croccante con ragout di tinca e porri

Dose per 4 persone:- 300 g Riso Parboiled- 1 tinca sfilettata senza pelle di ca. 500/600 g- 1 porro- 4 pomodori S. Marzano- basilico q.b.- brodo vegetale q.b.- sale e pepe- cipolla tritata - 1 cipolla picchiettata con 8 chiodi di garofano- 2 foglie d’alloro- 50 g di burro, olio extravergine d’oliva

Procedimento:Soffriggere la cipolla tritata con un cucchiaio di burro e un cucchiaio d’olio extraver-gine, aggiungere il riso, la cipolla picchiettata, il brodo vegetale (ca. il doppio del riso nella pentola) e cuocere in forno a 180°C per ca. 12-15 minuti. Togliere il riso dal forno quando ben asciutto e sgranarlo con un pezzetto di burro e una forchetta, dopodiché lasciarlo raffreddare.Tagliare il porro a metà e successivamente a pezzettini e soffriggerlo con del burro e un cucchiaio d’olio extravergine, aggiungere la tinca precedentemente infarinata e tagliata a pezzetti, sale e pepe e soffriggerla finché sia bella rosolata. Separatamente preparare una salsa al pomodoro con i S. Marzano e il basilico e ag-giungerla alla tinca e i porri. Cuocere per ca. 10-15 minuti e tenere in caldo.Spadellare il riso con un pezzettino di burro finché sia bello croccante, presentandolo con un Coppapasta rotondo, servendolo con il ragout di tinca e porri sia sopra che attorno, ultimando il piatto con dei porri fritti sopra e un ciuffo di basilico fresco.

Buon Appetito

25

CASA FRANCI-CASTIGLIONIRuga 14/16

Fui svegliato dal campanone della parrocchiale di Pallanza che suonava la messa. Era domenica, infat-ti, e avevo dormito fino alle nove.Appena misi fuori la testa dal telone vidi Matilde e l’Orimbelli sul molo, coi loro bagagli al piede.

«Ho capito che dormivate ancora» disse lui «e non ho voluto sve-gliarvi».Con le campane che tuonavano nel cielo, lasciammo il porto diretti a Santa Caterina. Avevo dormito poco e mi sentivo stanco. La giornata si annunciava splendida e la sponda, allontanandosi, mi mostrava l’Isolino, presso terra, e la punta della Castagnola poco oltre, con

qualche globo di foglie già rosse o gialle tra il folto degli alberi. L’autunno di quell’an-no stava mettendo piede sul lago, silenziosamente e quasi di soppiatto, come un inser-viente invisibile ma rapido nei movimenti che avesse l’incarico di cambiare lo scenario di un palcoscenico, per prepararlo all’ultimo atto di una commedia o di un dramma.Durante la traversata raccontai a Matilde la storia del Beato Alberto Besozzi che si era fatto eremita alcuni secoli prima sulla roccia a picco di fronte a noi, dopo essere scampato all’annegamento durante un naufragio, proprio nelle acque che stavamo navigando.«Il Beato Alberto» disse «prima del naufragio era un mercante, o meglio un usuraio che andava facendo i suoi affari nei paesi del lago. Un giorno fu preso dalla tempesta e il suo navicello si rovesciò. Riuscì a raggiungere la riva a nuoto, ai piedi di quella parete rocciosa. Veniva da Intra, dove aveva guadagnato, speso, trovato donne, amici e nemici».

Questo palazzo era l’antica dimo-ra della nobile famiglia Franci-Ca-stiglioni che diede i natali a illustri personaggi tra cui Seba-stiano, collaboratore del giornale Caffè di Pietro Verri. Nel 1811 la casa fu acquistata dall’avvocato

Giuseppe Antonio Guglielmazzi, vice prefetto e vice intendente generale della allora provincia di Pallanza. Sulla facciata dell’edi-ficio una lapide ricorda un altro Guglielmazzi, Pietro, canonico e nipote del precedente.

Piero ChiaraLA STANZA DEL VESCOVOMondadori 1976

Portale in granito bianco

di Montorfano bocciardato.

26

Palazzo barocco costruito nella seconda metà del Seicento dalla famiglia Viani. L’imponente ca-seggiato, un tempo contornato da un ampio giardino, prende il nome dall’ultima proprietaria appartenente al nobile casato pallanzese, Teresa Viani sposata con il marchese Giulio Dugnani di Milano. Affittato dalla famiglia

Arconati, nel 1850 le sue stanze ospitarono un cenacolo culturale frequentato da Alessandro Man-zoni, Ruggero Bonghi, Giovanni Berchet. Dal 1914 è sede del Mu-seo del Paesaggio e ospita oltre alla gipsoteca dello scultore im-pressionista Paolo Troubetzkoy le sezioni scultura e pittura.

27

PALAZZO VIANI-DUGNANIMuseo del Paesaggio Ruga 44

Un tempo era venuto a Pallanza il D’Annunzio, alla villa ospitale in Castagnola; reduce da una gita a Cavandone, egli veniva magnificando una diruta torre longobarda di segnalazione, solitaria e pittoresca sul pendio con la distesa aperta delle

Borromee al basso.Il Viani, ch’era presente, possede-va appunto quella torre e disse al D’Annunzio che, se si fosse impe-gnato a ricordare in qualche suo romanzo l’antica famiglia pallanzese dei Vianí, gliel’avrebbe donata. Il D’Annunzio facilmente annuì e na-turalmente poi dei Viani di Pallanza nei suoi romanzi non si ricordò più; ma il Viani scrisse una precisa lettera di offerta.Poco tempo dopo il D’Annunzio si recò dal Troubetzkoy e lo scultore modellò il ritratto del poeta, elegante, sottile e armonioso, seduto e intento a fumare. Ne trasse due bronzi e il poeta pregò il Troubetzkoy che gliene cedesse uno. Questi, chi sa perché, s’impuntò a volere cin-quemila lire che il poeta pare non avesse. Il D’Annunzio gli fece una proposta: invece delle cinquemila lire gli avrebbe dato la torre a lui ceduta dal Viani, e mostrò la lettera. Si recarono a vedere la torre, che piacque al Troubetzkoy il quale l’accettò e diede il bronzo.Poi, più tardi, «possedendo già la torre», comperò il terreno sotto-stante, sebbene ve ne fossero dei migliori, e fece costruire il padiglio-ne di lavoro e la villa, vicino alla sua torre più in alto. Ma toccò poi al

Troubetzkoy una sgradita sorpresa: recatosi a visitare un ricco cultore d’arte straniero a Pallanza, si sentì fare la consueta domanda:- Paolo, perché ti sei costruito la villa proprio lì?A cui rispose nel modo consueto:- Avevo già la «torre». Me l’ha data D’Annunzio.- La torre? La torre è del mio maggiordomo. L’ha comperata all’asta Viani...Il Viani, più gran signore e artista che banchiere, era fallito e tutto il suo era andato all’incanto, compresa la torre di Cavandone che appunto era stata dal maggiordomo acquistata per 500 lire!

Luigi Rossari ARTISTI SUL VERBANO NEI PRIMI ANNI DEL SECOLO, in «Verbanus» 7-1986

Portale in granito bianco di Montorfano

dalla forma articolata, quasi un doppio portale

formato da un portale interno con elementi

bugnati e da uno esterno con elementi lisci uniti

dalla cornice orizzontale sopra i piedritti. Nello spazio interposto tra i

due portali sono inseriti due medaglioni con decorazioni floreali.

28

PALAZZO GUGLIELMAZZI

Pietro Guglielmazzi, professore del locale Regio Collegio, rico-prì numerose cariche pubbli-che: fu consigliere comunale, presidente della Congregazione

di Carità, presidente dell’Asilo infantile. Venne insignito del titolo di cavaliere della Corona d’Italia. In Pallanza possedeva questi due signorili palazzi, uno

via Guglielmazzi 51

29

PALAZZO GUGLIELMAZZIvia Santo Stefano 8

in via Guglielmazzi, dove viveva, l’altro in via Santo Stefano. Alla sua morte il canonico lasciò al Comune di Pallanza il possesso di una vasta proprietà a Olce-

nengo (VC), coll’obbligo di usa-re il reddito derivante a favore dell’istruzione cittadina. A lui è intitolata la Scuola Primaria di Pallanza.

31

Con il nome di “Linea Cadorna” si intende il sistema di fortificazioni militari realizzate agli inizi del secolo tra l’Ossola e la Valtellina. È un patrimonio di mulattiere oggi largamente ricuperabile all’escursionismo sui “sentieri della Storia”.Le linee fortificate, che nel loro tratto verbanese e ossolano corrono tra il Lago Mag-giore e il Monte Massone, furono volute dal generale Luigi Cadorna di Pallanza, allora

capo di stato maggiore dell'esercito italiano. Il generale Cadorna ap-parteneva ad una nota famiglia verbanese di lunga tradizione mili-tare; il padre Raffaele comandò nel 1870 la conquista di Roma con la “Breccia di Porta Pia”. Un mausoleo, sul lungolago di Pallanza, ricorda le tradizioni militari dei Cadorna.

Le linee fortificate, già realizzate in parte prima del 1915 in funzione antifrancese, furono costruite nel loro assetto attuale tra il 1916 ed il 1918. Esse comprendono un fitto reticolo di carrarecce e mulattiere militari, trincee, posta-zioni d'artiglieria, luoghi di avvistamento, ospedaletti e strutture logistiche, centri di comando. Furono realizzate, attuando piani operativi elaborati all’inizio del secolo, in funzione difensiva a fronte di un ipotizzato attacco austro-tedesco attraverso la Svizzera. Durante la prima guerra mondiale l’Italia era alleata con Francia, Inghilterra e Russia contro la “Triplice Alleanza” (Germania, Austria e Prussia). Gli stati maggiori militari considerarono realistica una possibile invasione nemica usando il “corridoio elvetico” con la complicità passiva delle forze armate svizzere. Il sistema fortificato della “Linea Cadorna”, nella logica della “guerra di posizione”, copre un dislivello di 2.000 m tra la piana del Toce e il Monte Massone e fra il Lago Maggiore (Carmine inferiore) e il Monte Zeda e proseguono nelle Alpi centrali fino alle Orobie. Tra l’Ossola e la Valtellina furono costruiti 72 km di trincee, 88 postazioni di artiglierie di cui 11 in caverna, 296 km di strade carrozzabili, 398 km di mulattiere. I lavori costarono più di 100 milioni di lire del tempo e impiegarono oltre 15.000 operai. In un’economia di guerra, i lavori ebbero un impatto positivo per le popolazioni locali in

quanto offrirono lavoro retribuito a muratori e scalpellini e costituirono una prima occasione di lavoro salariato per la manodopera femminile impegnata nel trasporto dei vi-veri alle squadre in montagna.

VIA CADORNAvia Cadorna 12

Paolo Crosa Lenz LA LINEA CADORNA

Portale in pietra calcarea con stemma nella parte centrale dell’architrave.

32

VIA TACCHINIvia Tacchini 3

Addentrandoci nelle strette vie del centro storico di Pallanza, là dove le antiche dimore sono a ridos-so degli alberghi della litoranea, possiamo trovare altri portali in-teressanti: alcuni dalle linee sem-plici ma eleganti (vicolo Arona 2, via Cietti 6), altri con forme più scultoree, retaggio di un’antica ricchezza (vicolo delle Fragole 2).

Nella piazzetta San Carlo, proprio dietro al palazzo comunale, semi-nascosto da un rigoglioso gelsomi-no, si scorge un portale tardome-dievale; poco distante, sull’angolo di via San Carlo, al civico 13, si possono ancora riconoscere nella muratura i resti di un antico ar-chitrave d’ingresso ora ridotto ad angusta finestra.

33

PALAZZO VIANI-VISCONTIlargo Tacchini 15

Vorrei un mantello di velluto bleu, ma non pre-cisamente bleu, ossia di un bleu che io so ma che non posso completamente spiegare. Cerca-te di comprendermi, voi che siete un grande figurinaio, un artista. Quello che io vorrei è un

bleu color dei lago di Pallanza (oh, ricordate?) alle quattro del pomeriggio.

Eleonora DuseLETTERA AL SUO COSTUMISTA CARAMBA (PSEUDONIMO DI LUIGI SAPELLI) 1904

Sul settecentesco palazzo si inserisce

un portale in granito rosa di Baveno alto più di cinque metri

caratterizzato da morbide modanature.

35

CASA MORIGGIAvia Cietti 11

La struttura so-pravvissuta del palazzo, attual-mente visibile, si articola intorno a due cortili: sul primo prospetta la facciata, un tempo probabilmente ab-bellita da una de-corazione a finto

bugnato, di cui restano oggi so-lo alcune tracce; al piano terreno si sviluppa un portico articolato in tre archi con ghiera in matto-ni e coperto da un soffitto ligneo a cassettoni: sopravvivono gli af-freschi, databili al XV secolo, che decorano l’interno dei sottarchi e dei pennacchi, con motivi vege-tali (rami fioriti e ricchi di frutti - in particolare melograni), circon-dati da cartigli che contengono iscrizioni molto danneggiate.Come sopravvivenza del XV seco-lo restano anche due capitelli in serizzo (uno decorato con un mo-tivo “a ovuli” e l’altro “a scudi”); le finestre originali archivoltate che si aprivano al primo piano, invece, sono state sostituite da quelle attuali di forma rettango-

lare. Attraverso il portico si ac-cede ad un secondo cortile più interno: sulla parete di fronte all’ingresso si colloca un archi-trave che riporta una iscrizione dedicatoria (“MCCCXXXI mensis marzi Johannes Morigie fecit fie-ri hoc...”); si identifica in questo modo un riferimento cronologico indicativo almeno per il nucleo originario (l’anno 1331, appun-to), a partire dal quale si sarebbe poi sviluppato il palazzo quattro-centesco. È da questo cortile interno che si accede al primo piano dell’edifi-cio, in cui si trova il salone (og-gi diviso in tre locali) affrescato con le scene cortesi che costitui-scono l’unica sopravvivenza - ol-tre alle già citate tracce di de-corazione che rimangono visibili nei sottarchi del portico - della quattrocentesca decorazione, che senza dubbio ornava anche altri locali del palazzo.

Francesca Zocchi, HOC OPUS FECIT Affresci del Quattrocento nel Ver-bano, Museo del Paesaggio, Ver-bania 2001

Un antico portale che inquadra il cortile di un palazzo risalente

al periodo medioevale caratterizzato da archi

a sesto acuto poggianti su colonne con capitelli

decorati con motivi geometrici.

37

VILLA CROPPIlargo Tonolli 54

Gli Arconati avevano preso in affitto una villa a Pal-lanza [Palazzo Viani-Dugnani]. Invitarono Alessandro [Manzoni] e anche Teresa a passare qualche giorno. Teresa, non era facile smuoverla di casa sua. Solo a volte era andata, bene imbacuccata, a pranzo dall’a-

bate Rosmini, che aveva mandato la sua carrozza a prender-la. Del lago aveva gran paura. Stefano però la convinse ad accettare quell’invito degli Arconati e ad andare a Pallanza traversando il lago. Prima la portò un poco a passeggio sul lago con la sua barca. Scrisse a Rossari: «Queste mattine pas-sate la mamma essendosi levata più presto del solito, riuscii a condurla sul mio schooner, e mirabile a dirsi, sul mio scho-oner a far colazione! E la feci anch’io insieme a lei mentre si levava l’ancora e s’orientavan le vele per ricevere l’ultimo soffio della tramontana che finiva. Infatti bisognò stare una

mezz’ora immobili aspettando i primi soffi dell’inverna… il tempo passò e l’inverna venne. – Il risultato di questa gita fu, che la mamma trovò comodo e bello il bastimento, ebbe un po’ più di confidenza nel mio saperlo guidare, si divertì alquanto…». Teresa dunque prese coraggio e il giorno dopo affrontò di nuovo il temuto lago, e andò dagli Arconati a Pallanza, non però con la barca di Stefano ma sul vapore. Si trattenne a Pallanza per quattro giorni.Dagli Arconati, in quei giorni, c’erano Berchet, Ruggero Bonghi, giovane na-poletano amico di Rosmini, e Mary Clarke, venuta a passare un breve periodo in Italia.

Natalia GinzburgLA FAMIGLIA MANZONIEinaudi 1983

Il portale in granito rosa di Baveno è

amplificato dalle lesene che, in continuità con le mensole, creano un tutt’uno tra portale e

balcone.

39

OSPEDALE CASTELLIvia Castelli 20

Il 24 maggio 1875 moriva a Montecatini il ricco capomastro Giuseppe Castelli, originario di Gemonio ma pallanzese d’ado-zione. Con suo testamento ob-bligò la Congregazione di Carità di Pallanza, sua erede universale, a «costruire un nuovo fabbricato per uso di ospitale di carità per i poveri della città di Pallanza e

militari del di-staccamento». Sempre per vo-lontà del bene-fattore questo ospedale do-veva intitolar-

si “Ospitale Giuseppe Castelli”. Con Decreto regio 6 gennaio 1876 la Congregazione di Cari-tà ottenne l’autorizzazione ad accettare l’eredità, valutata in lire 716.912,56 ridottasi poi, a causa di liti con la famiglia Ca-stelli e fallimenti di debitori, a circa 400.000 lire. L’ospedale fu progettato dall’architetto Febo Bottini, che ne diresse anche i lavori, iniziati nel 1879 e ter-minati l’anno seguente. Costò circa 85.000 lire, più 12.000 lire di mobilio di primo impianto. Fu inaugurato il 1° giugno 1881.

Il portale è costituito da due colonne in granito

bianco di Montorfano caratterizzate da una

forte modellazione plastica e decorativa

che rimanda allo stile eclettico.

La colonna, con fusto fortemente rastremato,

presenta agli estremi due cornici decorate a ovolo, seguite da una

duplice decorazione con stilizzazione di elementi

naturali e una fascia centrale con profonde

scanalature interrotte da una cornice.

Via Troubetzkoy 118 • Verbania Suna Tel/Fax 0323.557427 • Cell. 348.3854797 • [email protected]

Dott. Giovanni Astini

Cartoleria • Stampa digitale • Moduli Fiscali • Oggetti RegaloProdotti e servizi per le aziende, la scuola, le associazioni

Piazza Giovanni XXIII 19 - Verbania Pallanza - Tel. 0323 503573lunedì - venerdì 8-12 / 15-19 • sabato 9-12 / 15-18

Novità 2016 Nasce Edizioni Puntolinea

Prenotazione Testi Scolastici

Piazza Don Minzoni 7 - Verbania - Tel. +39 0323 401948

www.exanteconsulting.it

ExanteConsulting

Via Vitt. Veneto 32 Verbania Pallanza - Italy

+ 39 0323 509711www.grandhotelmajestic.it

41

VIA PLANAvia Plana 4

Portale in granito rosa di Baveno

lavorato a bocciarda, coperto da una lastra

di beola sorretta da mensole di serizzo. Le

spalle e l’architrave presentano raffinate

decorazioni a rilievo, probabili stilizzazioni

di temi classici quali il medaglione e gli ovoli.

La lapide posta sulla destra del portale ricorda che in questa casa il 17 aprile 1822 nacque An-tonio Rossi, futuro ingegnere re-sponsabile dell’ufficio del Genio civile della Provincia di Pallanza. A lui si deve il progetto di am-pliamento e di ammodernamento del grande carcere di Pallanza e il progetto della strada litoranea da Intra al confine svizzero. Alla

sua morte, avvenuta nel 1887, lasciò il suo ingente patrimonio al Comune di Suna con l’obbligo di utilizzarlo per l’assistenza sa-nitaria dei poveri e la promozio-ne dell’istruzione tra i suoi con-cittadini. Grazie a questo lascito fu costruito l’asilo d’infanzia. Un monumento posto sul lungolago perpetua la memoria di questo insigne benefattore.

42

Per saperne di più:Antonio Biganzoli, Incisioni antropomorfe di cultura preistorica su architravi medioevali, in Il territorio segnato, Verbania 1998.Oliviera Calderini, Alberto De Giuli, Segno e simbolo su elementi architettonici litici nel Verbano Cusio Ossola, Ivrea 1999.Fabio Copiatti, Elena Poletti Ecclesia, A protezione della soglia. Simboli incisi su architravi di edifici medievali nel Verbano Cusio Ossola, in «Bollettino Ca-muno di Studi Preistorici» 2015.

Fabio Copiatti, Elena Poletti, A PROTEZIONE DELLA SOGLIA.

SIMBOLI INCISI SU ARCHITRAVI LITICI

TARDOMEDIEVALI A SUNA

43

VIA PARTIGIANIvia Partigiani 93

Nel territorio verbanese, all’interno di nuclei abitati di notevole antichità, quali ad esempio Suna e Cavandone, si osserva l’usanza delle genti del passato di incidere figure schematiche su architravi e montanti in pietra che costituiscono gli ingressi di abitazioni private, le quali, nei casi in cui vi siano attestazioni di datazione, appaiono risalire a un arco cronologico che va dal XIII al XVI secolo.

Si tratta di figure che furono comuni a molte civiltà e a luoghi distanti, ma che sembrano legate da un invisibile filo conduttore protrattosi nei secoli e nei millenni. Alcuni di questi sono indub-biamente simboli cristiani che segnavano in maniera pervasiva lo spazio abitativo, ponendolo sotto la protezione divina. Altri simboli paiono celare significati più complessi, che affondano le radici nella preistoria, ma la loro funzione – nel medioevo – resta quella apotropaica come contrassegno e protezione di case, stalle e anche edifici ad uso comunitario. Le incisioni compaiono prevalentemente al centro di architravi in pietra monolitici, sostenuti ai lati da mensole e piedritti verticali. I grandi conci degli architravi possono essere sagomati in forma triangolare, a richiamare una sorta di timpano, ricurvo (cosiddetta “a dorso”) o rettangolare. Le incisioni sono tracciate in genere al centro dell’architrave o in composizioni di più segni disposti anche ai lati. Più elaborato e di cronologia solitamente più tarda è il

portale ad arco, sempre realizzato in conci di pietra. Nei portali ad arco le incisioni, più rare, compaiono in genere sulla chiave di volta. A Suna in particolare si osservano sia alcuni architravi monolitici, sia conci di arcate, che recano incise figure alberifor-

mi, ovvero segni, espressi in modo più o meno veristico, raffiguranti alberi. Di solito sono costituiti da una lunga linea verticale – il tronco dell’albero – da cui si dipartono altre brevi linee dirette verso il basso – le radici – o verso l’alto – i rami. Rintracciare l’origine di tali simboli è molto difficile, poiché essi rappresentano il frutto di un intreccio inestricabile di acquisizioni culturali che si perpetuano da millenni. In particolare, nel contesto del Medioevo cristia-no, l’albero è da intendersi come una trasposizione del

simbolo salvifico della croce. A conferma di questo significato vi è, tra gli altri, anche un architrave di Suna in cui all’albero centrale si affianca un segno a S coricata che sembra da ritenere una stilizzazione di serpe, con rimando al Male.

Fabio Copiatti, Elena Poletti, A PROTEZIONE DELLA SOGLIA.

SIMBOLI INCISI SU ARCHITRAVI LITICI

TARDOMEDIEVALI A SUNA

Il portale è caratterizzato da un arco acuto con conci delle arcate in

serizzo, concio d’imposta più largo e chiave di

volta con incisione antropomorfa. Portali simili si trovano nei dintorni in via degli

Scalpellini, via Broferio e via Baldini angolo via

Troubetzkoy.

44

VICOLO DEGLI SCALPELLINIvicolo degli Scalpellini 18

Il portale attraversa un vicolo pedonale ed è caratterizzato da un arco acuto con conci delle arcate in serizzo a forma trapezoidale che si accompagnano a una parte di muratura di rinfianco.

Lo spessore sulla chiave dell’arco è di cm 60 e l’altezza all’intradosso è di cm 300. Ad esso è affiancato un secondo arco ribassato che risale a un’epoca successiva.

45

VIA TROUBETZKOY via Troubetzkoy 152

46

VILLA ALESSIvia Troubetzkoy 13

Una componente di questa costruzione, o meglio la componente principale è la pie-tra e in secondo luogo il cotto. Nell’insie-me dell’edificio non so quale osservazione o ossessione sia stata per me maggiore: il materiale o l’architet-tura di molte ville.Lo studio o l’osserva-zione, che sono poi molto simili, delle pietre, è stata per me

molto importante. Credo che tra le discipline insegnate al Politec-nico di Milano i corsi di mineralogia e chimica fossero per me i più affascinanti.Come ho scritto altre volte, quando guardo i monumenti osservo soprattutto come lavorano le varie pietre, e - come ha scritto il grande architetto italiano Pier Luigi Nervi - cerco di valutarne il peso. Il peso di una costruzione è impressionante ed è parte della stati-ca: spesso mi chiedo quale nuovo materiale possa sviluppare una condizione analoga.Penso alla “plastica” in termini generali, ma sono troppo ignoran-te (non solo dal punto di vista tecnico) sulla sua natura.Le pietre usate nella villa di Suna sono essenzialmente il granito nelle sue varietà cromatiche e strutturali, come ad esempio nel Montorfano e nel Baveno. È noto come queste pietre hanno costru-ito Milano e sono state usate particolarmente dal Borromeo. Ho posto la pietra come i vecchi muri di “scagliola”: non so quanto questa dizione sia dialettale ma si tratta in sostanza di una muratura a scaglie di pie-tra di diversa lunghezza e formato. Così cambia il colore con i diversi grigi del granito e della beola. Questo tipo di costruzione lenta da realizzare costituisce la caratteristica principale dell’alto Verbano e della val Sesia (come di altre zone alpine).Questa tecnica, abbandonata nelle costruzioni comuni, ritorna nelle ville del secolo scorso e del principio di questo. Qui viene unita al cotto: finestre, cornici, colonnine e ogni parte decorativa. Queste ville (o case di villeggiatura per la loro lontananza

ALDO ROSSI: VILLA SUL LAGO MAGGIORE.

PROGETTO DI VILLA CON INTERNO a cura di Margherita Petranzan;

con la collaborazione di Massimo Scheurer e

Luisa TaddeiIl cardo 1996

Il portale/cancello d’ingresso, rivisitazione degli ingressi dei giardini della regione, è formato da due elementi in granito verde di Mergozzo lavorati a taglio di sega e incastonati nel muro ascagliola formato da pietre del lago, delle valli (granito, beola, serizzo), e del vicino Canton Ticino. Dal portale si intravede l’ingresso alla villa evidenziato da due grosse colonne in granito verde con superficie lucida.

47

rispetto alle ville patrizie) presentano alcuni tra i migliori esempi dell’architettura romantica. L’architettura romantica, per cui ho interesse particolare, aveva risolto il problema dello stile non attraverso l’uso del frammento, ma accettando lo stile come qualcosa di immutabile: come un “museo”, un “museo” dove ogni pezzo era non modificabile.Da qui, quel tanto di surrealismo nelle costruzioni realizzate, e il surrealismo non può avere progressi. Questa e altre questioni hanno sempre creato in me una specie di amore coatto, simile a quello che provo per i Sacri monti.

48

MONUMENTO AI CADUTIvia Troubetzkoy, lungolago

A fine giugno 1953 Tozzi porta a termine un nuovo incarico pubblico a cui sta lavo-rando da circa due anni. Come infatti scrive all’amico Borla già il 21 maggio 1951, “Un comitato di brave persone, qui a Suna, si è messa in testa di costruire, in piazza, di fronte alla Chiesa di S.Lucia un monumento ai caduti delle due guerre. Ma ne sono molto allarmato: i monumenti sono il disastro e la calamità di tutti i paesi del mondo e, salvo rare eccezioni, invece di abbellire, deturpano irrimediabil-mente il luogo più aggraziato e ridente. Vi era da scegliere fra due progetti, uno era roba repellente e da cimitero. L’altro più serio era una specie di muraglia che avrebbe tolto la visuale del lago.Ho protestato e sono riuscito ad imporre un progetto mio, fatto per evitare il peggio e che, anzi, è concepito in modo da legarsi al paese e da non diminuirlo esteticamente. Una specie di arco sor-montato da due leoncini di granito, attraverso il quale si scorgono il lago e i monti. Non starà male.Sopra una sporgenza vi sarà un’urna votiva in bronzo. I due leon-celli in pietra esistono già. Sembrano cose romaniche, splendida-mente patinate dal tempo; ma il proprietario non li cede che per una somma abbastanza forte e che non abbiamo.Per contribuire per quanto possibile alla realizzazione di questo progetto, ho pensato di fare una lotteria con un mio dipinto. Soli venticinque sottoscrittori a L. 2.000 l’u-no. La somma è un pò forte ma le probabilità di vincere sono anche serie. Vorrebbe avere la cortesia di interpellare i suoi amici in proposito? Comunque le accludo alcuni biglietti. I sottoscrittori non avranno da fare altro che di scrivervi sopra il loro nome ed indirizzo. Scusi, caro Borla, se abuso del suo tempo e della sua pazienza. Ma non ho trovato altro modo per evitare che si deturpasse il paese. Tra poco mi rimetterò al lavoro. La salute, quest’anno, sembra fare giudizio”.La lettera è accompagnata da schizzi a penna del progetto per il monumento, per

il quale non sarà poi possibile utilizza-re i “due leoncini di granito”, tanto che l’artista progetterà un’apposita figura che viene collocata su un piedistallo a sinistra dell’arco centrale. La statua, realizzata dallo scultore Gastone Panciera dell’Acca-demia di Brera, “simboleggia il Sacrificio del combattente che cade e muore, il vol-to rovesciato all’indietro verso la luce del

MONUMENTO AI CADUTIESTRATTO DAL CATALOGO

RAGIONATO GENERALE DEI DIPINTI DI MARIO TOZZI

Mondadori 1988 In collaborazione con

Archivio storico Mario Tozzi

Un arco di cemento armato rivestito di lastre di serizzo. A fianco di una delle spalle dell’arco è posta una statua in pietra calcarea.Nel 2014 è stato oggetto di un intervento di restauro.

49

sole” (Inaugurato a Suna il Monumento ai Caduti, quotidiano lombardo non identificato, giugno 1953). La lotteria, ideata da Tozzi per finanziare almeno in parte l’iniziativa, ha luogo nel 1952 e vale come utile contributo alla riuscita del progetto.Il 29 giugno 1953 si tiene la cerimonia ufficiale di inaugurazione del monu-mento, di cui Erminia Brunetti Tozzi è una delle due madrine, in quanto madre dei due fratelli di Mario - Ottorino e Corrado - caduti nella guerra 1915-1918. Scrive Tozzi alla moglie Marie-Thérèse lo stesso 29 giugno: “Il monumento è assai bello ed anche tu cambierai idea quando lo vedrai. La statua fatta su mio disegno, è grandiosa ed è risultata proprio come la desideravo”.

MemoI miei portali

51

52

www.verbaniamilleventi.org

www.portaliverbania.it