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PER UN’ACCOGLIENZA DI QUALITÀ GUIDA PRATICA AD USO DELLE STRUTTURE DELLA PRIMA INFANZIA

PER UN’ACCOGLIENZA DIQUALITÀ - ti · d’accoglienza per l’infanzia Diffusioneedistribuzione GLIMI, Gruppo di lingua italiana ... mentidisicurezza,appartenenzaeidentificazione

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PERUN’ACCOGLIENZADI QUALITÀ

GUIDA PRATICAAD USO DELLE STRUTTUREDELLA PRIMA INFANZIA

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Repubblica e Cantone TicinoDipartimento della sanità e della socialitàDivisione dell’azione sociale e delle famiglieUfficio del sostegno a enti e attivitàper le famiglie e i giovani

Via Henri Guisan 36500 [email protected]/ufag

RingraziamentiVille de Genève, Service de la petite enfanceATAN, Associazione Ticinese delle struttured’accoglienza per l’infanzia

Diffusione e distribuzioneGLIMI, Gruppo di lingua italianaper i materiali d’insegnamentowww.glimi.ch

Questo manuale è rivolto ai professionisti deinidi dell’infanzia, come pure alla formazione,con orientamento prima in infanzia, di basee continua.

Edizione in lingua italianaBellinzona, giugno 2014

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Testo in versione originalePour un accueil de qualitéGuide à l’usage des institutions de la petiteenfance de la Ville de Genève

AutoriRaymonde CaffariFrancine Koch

Traduzione e adattamentoRosalba Leoni LeporiMonica Conti Rossini KellyLa traduzione è stata sovvenzionatadalla Confederazione

RiletturaLISS, Laboratorio Ingegneria Sviluppo SchürchPonte CapriascaFrancesca Scimonelli

PERUN’ACCOGLIENZADI QUALITÀ

GUIDA PRATICAAD USO DELLE STRUTTUREDELLA PRIMA INFANZIA

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INDICE

INTRODUZIONE 6

Assieme, interrogare la qualità

1.I BISOGNI DEL BAMBINO 9

1.1. Relazioni significative, calorose e stabili 111.2. Un ambiente sano e sicuro 121.3. Esperienze adeguate al suo sviluppo e alla sua individualità 131.4. Limiti appropriati 141.5. Una comunità stabile, il rispetto della cultura d’origine 16

2.PRINCIPI EDUCATIVI DELL’ACCOGLIENZA COLLETTIVA 17

2.1. Ogni bambino è un essere unico 192.2. Il bambino è il primo attore del proprio sviluppo 202.3. Il bambino si sviluppa, socializza e impara attraverso l’attività autonoma

e spontanea 212.4. Il ruolo dei professionisti è focalizzato su: l’organizzazione dell’ambiente

di vita, la relazione individualizzata con il bambino e l’osservazione 222.5. Lo sviluppo del bambino è favorito dal grado di coerenza degli

atteggiamenti dell’équipe educativa 232.6. Il benessere del bambino dipende inoltre dalla collaborazione tra

genitori e professionisti 24

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3.L’ORGANIZZAZIONE DELLA STRUTTURA 27

L’organizzazione della struttura come risposta ai bisognidel bambino e come applicazione dei principi educativi 29

3.1. Le relazioni adulti-bambini 303.2. La pedagogia 323.3. Lo spazio e il materiale a disposizione 363.4. La giornata dei bambini 383.5. Il funzionamento armonioso dell’équipe 40

4.STRUMENTI DI LAVORO UTILI O NECESSARI 43

4.1. Il progetto istituzionale, il progetto pedagogico e il documentodi presentazione della struttura 45

4.2. I regolamenti e le procedure 474.3. I mansionari 484.4. Prospetti informativi 494.5. In conclusione, sintesi della documentazione necessaria all’istituzione

come supporto di lavoro 50

5.GLOSSARIO E DOCUMENTI DI RIFERIMENTO 51

5.1. Glossario 535.2. Bibliografia e documenti di riferimento 565.3. Altri documenti di riferimento 57

In tutto il documento i termini “educatore” e “professionista”si riferiscono sia al femminile sia al maschile.

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Come l’uomo singolo, così un’epoca intera puòcompiere grandi progressi nella conoscenza delvero, e rimanere invece molto indietro nella volontàdel bene.

Johann Heinrich Pestalozzi

In questi anni, il settore dei nidi dell’infanzia inTicino ha vissuto un notevole incremento: le strut-ture sono praticamente raddoppiate e numerose sonole proposte formative messe in cantiere che hannovisto il coinvolgimento di enti, direttrici/direttori,educatrici/educatori e operatrici/operatori dell’in-fanzia. In un contesto di fermento e trasformazio-ne, l’Ufficio del sostegno a enti e attività per le fa-miglie e i giovani (UFaG) ha avvertito l’esigenzadi rafforzare ulteriormente la promozione degliaspetti concernenti la qualità delle prestazioni of-ferte dalle strutture d’accoglienza.

L’investimento nella prima infanzia produce in-numerevoli benefici, in quanto è il principale vet-tore dello sviluppo armonioso del bambino gettandole basi per la sua futura riuscita scolastica, profes-sionale ed esistenziale. Il premio Nobel per l’eco-nomia James Heckman dimostra del resto come taleinvestimento è il più produttivo e redditizio rispettoa qualsiasi altro investimento in campo educativo.

Una ricerca di possibili strumenti teorici per sup-portare una riflessione in merito all’evoluzione qua-litativa della pratica professionale all’interno del-

le strutture della prima infanzia ci ha portato a in-dividuare il documento “Pour un accueil de quali-té - Guide à l’usage des institutions de la petite en-fance” creato e divulgato nel 2000 dalla Città di Gi-nevra. Questo strumento ci è sembrato di notevo-le valore sia per i suoi contenuti – competenti e ag-giornati – sia per l’utilizzo pratico che le diversestrutture potranno farne in équipe. Le riflessioni ele proposte di approfondimento sono state elaboratedalla pedagogista romanda Raymonde Caffari e daFrancine Koch, coordinatrice pedagogica e in seguitocapo ufficio della “Service de la petite enfance” del-la Città di Ginevra e dal 2012 direttrice aggiunta del“Département de la cohésion sociale et de la soli-darité de la Ville de Genève”. Tali spunti si riferi-scono ad un approccio maieutico non normativo, di-namico e partecipativo, nel quale ci siamo ricono-sciuti e che ci è sembrato particolarmente promet-tente.

L’approccio perseguito consiste nello sviluppa-re delle riflessioni su quattro aspetti centrali. In pri-mo luogo, la messa al centro della pratica d’acco-glienza del benessere del bambino percepito comepersona con la sua individualità e i suoi bisogni acui prestare massima attenzione. Secondariamen-te, la messa a fuoco dei principi educativi che reg-gono l’accoglienza qualitativa, come il fatto che ilbambino sia il primo attore del proprio sviluppo eche esso dipenda dall’interazione positiva tra bam-bino, équipe educativa e genitori. In terzo luogo,l’importanza che va data al pensare e all’organiz-zare gli spazi e le attività del nido in un’ottica di ap-prendimento precoce e, da ultimo, l’esplicitazionedi strumenti e documenti utili a evidenziare ruoli

INTRODUZIONE

Assieme, interrogare la qualità

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e competenze all’interno del nido. In un unico con-cetto: si tratta di fare in modo che il nido diventi peril bambino uno spazio di relazione che favorisca l’at-taccamento, la fiducia e l’apprendimento, in un’ot-tica complementare alla famiglia.

Il Regolamento cantonale d’applicazione dellaLegge per le famiglie e dell’Ordinanza federale OA-Min definisce i criteri necessari per il rilascio del-l’autorizzazione che concernono per la maggior par-te le condizioni strutturali e del personale. Questaguida per la qualità invece si spinge oltre e colmauna lacuna: quella di permettere alle strutture e aiservizi della prima infanzia del Ticino e del Grigionidi lingua italiana di disporre di un testo di riferi-mento sotto forma di raccomandazioni, quindinon vincolanti, ma altamente indicate, ponendo nontanto degli standard, ma dei modelli e degli obiet-tivi raggiungibili.

Il nostro auspicio è che questo documento sia uti-lizzato correntemente da tutti i professionisti inte-ressati, ma principalmente dalle direzioni e dalleéquipe delle strutture, che costituiscono i principaliagenti di qualità. Parimenti, uno strumento che do-vrebbe fungere da riferimento teorico, con innu-merevoli risvolti pratici, anche per le Scuole pro-fessionali e i Centri di formazione continua, allo sco-po di rinsaldare le basi per un miglioramento con-diviso e progressivo della qualità, contribuendo acreare una cultura integrata della “formazione, del-l’accoglienza e dell’educazione della prima infan-zia” nella Svizzera Italiana.

La promozione della qualità è pure un obiettivoprioritario della Commissione svizzera per l’Une-sco, nonché della rete Custodia Bambini, che as-sieme hanno dato vita recentemente al “Quadrod’orientamento per la formazione, l’accoglienza el’educazione della prima infanzia in Svizzera”.Questo documento di riferimento, imprescindibilenell’ambito della promozione della qualità nei nidi,raggiunge e incontra la presente “Guida per la qua-

lità”. Ciò ci consente di disporre di due strumentidi lavoro complementari che, pur avendo seguitopercorsi diversi, perseguono un obiettivo comune:interrogare la qualità nelle strutture d’accoglienzadella prima infanzia.

Ringraziamo la Città di Ginevra che ci ha au-torizzati a tradurre la Guida “Pour un accueil de qua-lité” rivolta alle strutture della prima infanzia nel-la presente versione.

Hanno curato l’edizione italiana: Rosalba Leo-ni Lepori, Francesca Scimonelli dell’Ufficio del so-stegno a enti e attività per le famiglie e i giovani(UFaG); Monica Conti Rossini Kelly per l’Asso-ciazione ticinese delle strutture d’accoglienza del-l’infanzia (ATAN) e Dieter Schürch della Com-missione svizzera per l’Unesco, che ringraziamo perl’impegno profuso.

Marco GalliCapo-ufficio del sostegno a entie attività per le famiglie e i giovani

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1. I BISOGNIDEL BAMBINO

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1.1. Relazioni significative, calorose e stabili1.2. Un ambiente sano e sicuro1.3. Esperienze adeguate al suo sviluppo e alla sua individualità1.4. Limiti appropriati1.5. Una comunità stabile, il rispetto della cultura d’origine

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Tra i bisogni fondamentali del bambino trovia-mo quello di stabilire relazioni significative, ca-lorose e stabili con gli adulti che lo circondano. Laqualità delle relazioni e l’attenzione (un’attenzio-ne fatta di sguardi, ascolto, gesti e parole) amore-vole e durevole nel tempo che gli viene rivolta daun ristretto gruppo di persone conosciute e, tra que-ste, in particolare da una che possa essere consi-derata una presenza stabile, sono gli elementi in-dispensabili per la nascita e lo sviluppo dei senti-menti di sicurezza, appartenenza e identificazioneculturale (vedi punto 1.5) nel bambino. Sono pro-prio questi sentimenti che gli permetteranno di ac-cettare una temporanea separazione dai genitori, chetuttavia dovrà essere sempre pensata e organizza-ta rigorosamente tenendo conto della sua persona-lità e dei suoi bisogni, oltre che della disponibili-tà del padre e della madre.

La qualità delle relazioni, è inoltre, una condizioneessenziale per lo sviluppo della percezione di un’im-magine positiva di sé, in quanto persona appartenentea un gruppo, e per la costruzione della personalità.Su queste basi sarà possibile, per l’individuo, pren-dere parte attiva all’interno del gruppo ed assumer-si le proprie responsabilità personali e nei confron-ti della società. Al tempo stesso tali premesse sonofondanti per lo sviluppo della fiducia verso il mon-do esterno e della capacità di adattamento alle diversesituazioni poste dal mondo reale.

Il bambino scopre le sue emozioni e i suoi sen-timenti a contatto con gli altri e costruisce il suo si-stema valoriale confrontandosi con le norme e le re-gole della collettività in cui nasce e cresce.

È attraverso queste sue prime relazioni con glialtri e con l’ambiente che lo circonda che il bam-

bino impara a comunicare, ad esprimersi, a distin-guere le proprie responsabilità e i propri diritti daquelli degli altri, a risolvere i problemi e a con-frontarsi con la realtà.

Alcune domande

� Che tipo(i) di relazione(i) con l’adulto instau-rano i bambini affidati ad una struttura d’acco-glienza? Si tratta di una relazione nel sensoproprio del termine?

� È significativa? Cosa s’intende con questotermine? Il significato di questo termineè condiviso da tutti i membri dell’équipe?

� È calorosa? Cosa s’intende con questotermine? Il significato di questo termineè condiviso da tutti i membri dell’équipe?

� È stabile? Cosa s’intende con questotermine? Il significato di questo termineè condiviso da tutti i membri dell’équipe?

� In quale modo è possibile migliorare la rela-zione adulto-bambino e con il gruppodi bambini (in termini di comportamentoe di organizzazione)?

� Come sono organizzati e gestiti i momentidi separazione dai genitori? Di cosa e di chi sitiene conto in questi momenti?

1. I BISOGNI DEL BAMBINO

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1.1.

Relazioni significative, calorose e stabili

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Per permettere che il bambino si sviluppi ar-moniosamente è necessario che egli cresca in un am-biente sano, che gli si assicuri un’alimentazione sa-lutare ed equilibrata, calibrata sulla sua età. Egli ne-cessita inoltre di opportunità di movimento e di at-tività adeguate al suo stadio di sviluppo, che si al-ternino a momenti di riposo atti a compensare le suecostanti perdite di energia.

Le esperienze sensoriali e motorie variate e pro-tette, le diverse attività al chiuso e all’aperto per-mettono al bambino di scoprire la propria fisicità,sperimentando il proprio corpo, i suoi limiti e le sueposture, ma anche la presenza delle altre persone,dell’ambiente e degli oggetti che lo circondano.

Possiamo dire quindi che complessivamente ilbenessere del bambino dipende dall’armonia tra l’in-sieme di elementi e di circostanze esterni ed i suoiritmi di sviluppo, di apprendimento e di speri-mentazione.

Alcune domande

� Qual è il significato dell’espressione“un ambiente sano e sicuro” all’internodella struttura d’accoglienza?

� Cosa s’intende per “alimentazione equilibrata”?

� Come si traduce concretamente l’attenzionealla salute e alla sicurezza dei bambini?

� Come vengono privilegiate la sicurezzae l’attività autonoma del bambino nei varimomenti della giornata e nei diversi spazida lui occupati (spazi interni ed esterni)?

� I limiti posti al bambino rispondono a criteridi comodità e di sicurezza delle educatrici/edu-catori o a criteri che riguardano il bambino?

1. I BISOGNI DEL BAMBINO

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1.2.

Un ambiente sano e sicuro

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Il percorso di crescita di un bambino attraver-sa diverse fasi e riguarda differenti ambiti di svi-luppo e funzioni: ambito motorio, ambito co-gnitivo, ambito del linguaggio, ambito della vitasociale e affettiva. È quindi fondamentale pensa-re a misura di bambino, organizzando un ambien-te di vita e costruendo relazioni che gli permetta-no, nel modo più libero possibile e nel pieno rispettodei suoi ritmi, di muoversi, di produrre suoni e ru-mori, di esprimersi, di esercitare i suoi sensi e la suaintelligenza, d’incontrare gli altri, di esplorare glispazi al suo ritmo e in ogni modo possibile con glioggetti a sua disposizione.

L’ambito della motricità è vasto e comprendel’organizzazione e la padronanza dei movimenti,come pure il controllo del proprio corpo. Fanno inol-tre parte di questo ambito lo sviluppo della mo-tricità globale e fine, della coordinazione oculo-manuale, dello schema corporeo, dello schemaspazio-temporale, della lateralizzazione e dellalateralità.

Fanno parte dell’ambito cognitivo, invece, le ca-pacità che permettono al bambino di utilizzare leconoscenze acquisite attraverso esperienze di ra-gionamento, d’induzione-deduzione, di analogia,d’intuizione e di creatività.

La funzione detta simbolica (utilizzare simboliper significare, “fare finta”, ecc. ) è una componenteimportante per lo sviluppo di questo ambito. Lo svi-luppo cognitivo è il risultato di un’interazione co-stante fra il bambino e il mondo che lo circonda, èquindi necessario creare un ambiente stimolante, ric-co di proposte che tengano conto del suo ritmo dicrescita e di opportunità di gioco, di esplorazionee di scoperta.

Il linguaggio verbale permette di tradurre in pa-role un vissuto, ma anche un’idea, ecc. Presuppo-ne la comprensione e l’utilizzo pertinente del-l’idioma. È comunicando che il bambino impara aparlare. Prima di accedere al linguaggio verbale ilbambino sviluppa già un dialogo con gli altri: stril-la quando ha fame o quando è arrabbiato, si agitao sorride quando riconosce un viso.

Il linguaggio non-verbale o corporeo permetteanche l’espressione di sé e delle proprie emozioni.

L’ambito socio-affettivo comprende lo sviluppodell’individualità, l’esercizio della socializzazionee la sperimentazione della vita all’interno di un grup-po (cfr. paragrafo 1.1).

Questi diversi ambiti si sviluppano seguendo rit-mi variabili. La loro combinazione permette aognuno di costruire la propria individualità e di de-finire i propri rapporti con l’ambiente esterno (si os-serva, per esempio, un’interazione importante tral’ambito della motricità e quello socio-affettivo).

Ogni acquisizione implica un riequilibrio pro-gressivo dei comportamenti secondo un processoche Piaget definisce come regolazione. Ogni sco-perta e ogni nuova nozione devono essere in equi-librio con le altre. È dunque necessario un sistemacomplesso di regolazioni e compensazioni perraggiungere la coerenza e l’equilibrio dell’insieme.

Alcune domande

� Vi sono aspetti dello sviluppo del bambinoche sono solo parzialmente o poco conosciutidalle persone che si occupano di lui?

1. I BISOGNI DEL BAMBINO

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1.3.

Esperienze adeguate al suo sviluppoe alla sua individualità

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� Il livello di acquisizione delle differenti com-petenze di ogni bambino è osservatoe conosciuto da chi se ne occupa?

� Ad ogni bambino vengono dati l’occasionee il tempo per acquisire la padronanzadelle tappe del suo sviluppo?

� Quali forme di comunicazione sonoutilizzate con il bambino?

� In che modo, nel contesto di vita quotidianadel gruppo, si riesce a tener conto dei bisognie delle specifiche esigenze di ciascun bambino?

1.4.

Limiti appropriati

Il ruolo dei limiti è fondamentale affinché ilbambino impari a controllare le proprie pulsionie a sviluppare un comportamento socialmente ac-cettabile.

Porre un divieto a un bambino lo aiuta a strut-turarsi, gli dà dei confini, dei riferimenti e, di con-seguenza, riduce significativamente la sensazionedi angoscia che può sorgere da un sentimento di on-nipotenza incontrollata.

L’apprendimento del riconoscimento dei proprilimiti passa per il tramite di un legame affettivo ade-guato (maternage) e di relazioni calorose e stabili(cfr. paragrafo 1.1). Infatti, i bambini che accordanofiducia agli adulti che li circondano desiderano farloro piacere, di conseguenza accettano ed interio-rizzano gradualmente le regole e i limiti che sonoloro posti. Al contrario, imporre il rispetto di un li-mite soltanto attraverso la paura si rivela contro-producente in quanto esso è trasgredito alla primaoccasione.

I limiti sono segnalati al bambino piccolo an-zitutto attraverso la comunicazione non verbale (faresegno di no con la testa, con il dito, ecc. ). Per es-sere recepiti essi devono essere espressi senza am-biguità, è quindi fondamentale che l’adulto adottiun tono e un atteggiamento coerenti. Gradualmen-te il bambino è in grado di interiorizzare tali limiti,dicendo di no a se stesso e imparando a prevedereciò che rischia se persiste nel trasgredire.

Fissare dei limiti ai comportamenti di un bam-bino significa comunicargli che abbiamo delleaspettative nei suoi confronti, ma anche incorag-giarlo a mostrarsi esigente verso se stesso, a fissarsidegli obiettivi di vita e a definire il proprio siste-ma di valori, così come a dargli la necessaria si-

1. I BISOGNI DEL BAMBINO

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curezza interiore (autostima) e gli strumenti per tro-vare e negoziare le risposte ai problemi che incon-trerà sul suo cammino.

Come in tutti gli ambiti educativi, anche nel-l’adozione di una certa disciplina è necessario ri-spettare il ritmo di apprendimento del bambino af-finché egli viva quest’esperienza con un sentimentodi piacere e di padronanza piuttosto che di fru-strazione e sconfitta.

Affinché i limiti possano essere assimilati daipiù piccoli, essi devono essere poco numerosi e con-creti. In questa fascia di età, un limite tangibile evi-ta all’adulto di dover svolgere un continuo ruolo dicontrollo; ad esempio, una barriera che impediscedi accedere ad uno spazio vietato è meno fastidio-sa di una vigilanza eccessiva che richiede ripetutiinterventi da parte dell’adulto.

Alcune domande

� La verifica dei limiti imposti ai bambini indicache sono adatti alla loro fase di sviluppo?

� Quali sono le ragioni e i motivi forniti ai limitivigenti nella struttura d’accoglienza?

� Come si comunica un limite a un bambino?

� I limiti collettivi sono conosciuti e rispettatida tutti?

� Come si può promuovere l’autodisciplinain ogni bambino?

1. I BISOGNI DEL BAMBINO

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Per diventare una persona autonoma un bam-bino ha bisogno di potersi riconoscere in una fa-miglia (legame di filiazione) e in una cultura (le-game sociale).

La famiglia, attraverso il processo educativo elo stile di vita quotidiano, trasmette al bambino i suoivalori e quelli della sua cultura d’origine.

Le strutture d’accoglienza extrafamiliare per ibambini della fascia d’età della prima infanzia, co-stituiscono un luogo stabile che veicola valori, nor-me e regole della società in cui il bambino vivrà ecrescerà. In questi contesti, le esperienze che il bam-bino vive con gli adulti e con i suoi coetanei sonodeterminanti per la sua integrazione nella culturalocale.

Per acquisire autostima e sicurezza è inoltre im-portante per il bambino percepire che i professio-nisti che lo circondano accettano la sua famiglia eil suo stile di vita. Analogamente, per sentirsi bene,anche i genitori hanno bisogno di essere accolti conrispetto dall’équipe della struttura e non devono, innessuna circostanza, avere l’impressione che unosguardo indiscreto penetri l’intimità della lorovita privata, di coppia o di famiglia.

Coniugare positivamente l’educazione fami-liare con l’approccio educativo della struttura por-ta ad un duplice risultato positivo per il bambino:da una parte gli permette di riconoscersi e di ac-cettarsi progressivamente in quanto diverso ma an-che simile agli altri, d’altra parte di accettare la so-miglianza e la diversità degli altri.

Alcune domande

� Quali sono gli aspetti della storia e della culturadel bambino che sono necessari per accoglierloal nido?

� Quali elementi della storia e della culturadi un bambino è necessario conoscere per ac-coglierlo al meglio al nido?

� Come imparare a conoscere un bambinoe una famiglia in modo rispettoso e discreto?

� Come sono accolti al nido i genitorie il bambino?

� Quali valori culturali vengono trasmessi al nido?

� Come far nascere nei bambini il rispettodella loro identità familiare e culturale?

� Come accompagnare bambini e genitori prove-nienti da altre culture nel percorso d’integra-zione nella nostra società e nella nostra cultura?

� Come facilitare l’interazione tra gruppi culturalie come favorire il rispetto delle differenze?

� Aiutiamo i bambini e le famiglie a riflettere sulloro comportamento, particolarmente quandoquesto sembra inaccettabile nei confronti deivalori collettivi dominanti?

1. I BISOGNI DEL BAMBINO

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1.5.

Una comunità stabile,il rispetto della cultura d’origine

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2. PRINCIPI EDUCATIVIDELL’ACCOGLIENZACOLLETTIVA

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2.1. Ogni bambino è un essere unico2.2. Il bambino è il primo attore del proprio sviluppo2.3. Il bambino si sviluppa, socializza e impara attraverso

l’attività autonoma e spontanea2.4. Il ruolo dei professionisti è focalizzato su: l’organizzazione

dell’ambiente di vita, la relazione individualizzatacon il bambino e l’osservazione

2.5. Lo sviluppo del bambino è favorito dal grado di coerenzadegli atteggiamenti dell’équipe educativa

2.6. Il benessere del bambino dipende inoltre dalla collaborazionetra genitori e professionisti

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Tutti i bambini sono accomunati da alcuni bi-sogni (cfr. capitolo 1) e caratteristiche (fasi di svi-luppo e crescita, dipendenza, …), tuttavia ciascu-no di loro cresce e si evolve seguendo un proprioritmo, che bisogna riconoscere ed accettare per ac-compagnarlo al meglio nel percorso di sviluppo.

Ogni bambino, quindi, è un individuo partico-lare, unico e in evoluzione, ed al contempo diffe-rente da tutti gli altri bambini accolti, per la sua sto-ria, la sua sensibilità e le sue competenze.

Alcuni bambini hanno bisogni ed esigenze par-ticolari che possono essere dovuti a una disabili-tà, una difficoltà di adattamento, un disturbo delcomportamento o altro, di cui bisogna sempre te-nere conto. È compito dei professionisti impararea conoscere, in modo particolare attraverso l’os-servazione, ogni bambino che viene loro affidatoe riconoscerlo nella sua diversità.

Alcune domande

� All’interno di ogni gruppo, ogni bambinoviene osservato e riconosciuto per ciò cheha di unico (espressione, gestualità, movimento,linguaggio, relazione, ritmi, ecc.)?

� Le particolarità di ognuno sono consideratenella gestione del gruppo?

� Quali tipi di comportamento sono valorizzati,tollerati o non accettati?

� Come sono gestite simpatie o antipatieparticolari verso un bambino?

� Un bambino con bisogni particolari può essereintegrato nella vita di un gruppo?

2. PRINCIPI EDUCATIVI DELL’ACCOGLIENZA COLLETTIVA

19

2.1.

Ogni bambino è un essere unico

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L’ambiente di vita, familiare ed extrafamiliare,offre al bambino sano gli stimoli di cui ha bisogno.Non è quindi necessario iperstimolare un bambinoin quanto egli si sviluppa esplorando, sperimentando,giocando, osservando, manipolando e, più in ge-nerale, interagendo con il mondo esterno al proprioritmo.

La presenza dell’adulto è fondamentale per ga-rantire un contesto sicuro e favorevole a queste espe-rienze esplorative, per accompagnare e guidare ilbambino nelle sue scoperte.

Alcune domande

� Questo principio è riconosciuto dalla struttura?

� Quale influenza ha questo principio sull’organiz-zazione interna?

� Qual è il ruolo dell’adulto nei confrontidi un bambino “attore del proprio sviluppo”?

� Come si traduce nella pratica professionalequesto ruolo?

2. PRINCIPI EDUCATIVI DELL’ACCOGLIENZA COLLETTIVA

20

2.2.

Il bambino è il primo attore del proprio sviluppo

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Il bambino a cui è data la possibilità di gioca-re spontaneamente per la maggior parte del temposviluppa fiducia e autostima. Contrariamente, co-lui al quale si propongono continuamente delle at-tività corre il rischio di perdere il suo potenziale crea-tivo e di cadere in un ruolo di passività nella rela-zione con l’altro e con l’ambiente circostante.Così come non si può obbligare un bambino a dor-mire, non si può costringerlo a giocare. Il gioco èanzitutto un piacere. Giocando il bambino svilup-pa la sua motricità, la sua intelligenza, il suo lin-guaggio, la sua creatività, il suo modo di relazio-narsi agli altri e fa proprie le norme e le regole del-la sua cultura. Il gioco gli permette dunque di com-prendere il mondo che lo circonda e di provare unsentimento di padronanza e di comprensione del-le situazioni. Attraverso il gioco, il bambino scoprese stesso e traduce in modo simbolico le esperien-ze e le situazioni della sua quotidianità.

Alcune domande

� L’équipe educativa riconosce e valorizza ade-guatamente l’attività autonoma e spontaneadei bambini?

� Durante la giornata, quanto tempo èdedicato all’attività libera rispetto alle attivitàguidate? Perché?

� In quali momenti della giornata sonoproposte ai bambini delle attività guidate?

� Cosa fa l’adulto e qual è il suo ruolo duranteil gioco spontaneo del bambino?

2. PRINCIPI EDUCATIVI DELL’ACCOGLIENZA COLLETTIVA

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2.3.

Il bambino si sviluppa, socializza e imparaattraverso l’attività autonoma e spontanea

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Questo principio deriva da quello precedente (pa-ragrafo 2.3) e dal bisogno del bambino di stabili-re relazioni calorose e stabili (paragrafo 1.1).

Organizzando l’ambiente di vita del bambino,il professionista gli permette di dedicarsi ad attivitàdiverse e a scoperte molteplici in completa sicurezza(cfr. capitolo 3).

Il professionista inoltre garantisce al bambinouna sensazione di sicurezza affettiva instaurando unarelazione individuale significativa che lo aiuta a svi-luppare fiducia in se stesso e autostima (cfr. para-grafi 1.1 e 3.1).

Osservando il bambino, l’adulto lo riconoscenella sua individualità ed è così in grado di ri-spondere in modo preciso e appropriato ai suoi bi-sogni. Inoltre, con l’osservazione, lo sostiene nel-le sue sperimentazioni e gli permette di giocare inun contesto rassicurante (cfr. paragrafo 3.1).

Alcune domande

� Cosa significa “organizzare l’ambiente di vita”del bambino? Quali sono gli aspetti principali diquesta organizzazione?

� Con quale(i) adulto(i) i bambini allaccianouna relazione personale e individualizzata?

� È il bambino o l’adulto a stimolare, general-mente, la nascita di una relazione individuale?

� Come e in quali momenti si stabilisce unarelazione individuale con ciascun bambino delgruppo?

� Nel corso della giornata ci sono bambiniche non beneficiano di momenti di relazioneindividuale? Se sì, perché?

� Cosa s’intende con “osservazione” in un nidodell’infanzia?

� Quale spazio ha l’osservazione nellaquotidianità?

� Come si pratica?

� Quali sono i suoi obiettivi?

� L’attività di osservazione viene documentata?Sotto quale forma?

2. PRINCIPI EDUCATIVI DELL’ACCOGLIENZA COLLETTIVA

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2.4.

Il ruolo dei professionisti è focalizzato su:l’organizzazione dell’ambiente di vita, la relazioneindividualizzata con il bambino e l’osservazione

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Una struttura di accoglienza extrafamiliare perla prima infanzia è costituita da due sottoinsiemi,quello dei bambini e quello degli adulti professio-nisti. Il lavoro educativo con i bambini è sempre unlavoro d’équipe, per piccola che sia. L’intervento dipiù operatori genera però il rischio d’incoerenza, ri-schio che si fa più concreto all’aumentare della di-mensione del gruppo. Non è sufficiente la sommadei suoi membri per garantire il buon funzionamentodi un team.

La creazione di un’équipe, formata da individuicon personalità diverse, capaci di aderire a un pro-getto e a dei valori comuni, di prendersi i propri spa-zi e di rispettare quelli degli altri, di soddisfare i bi-sogni dei bambini e dell’istituzione prima dei pro-pri, è un percorso lungo e costellato di ostacoli.

Il dialogo, i confronti e gli scambi d’idee contutti i membri dell’équipe sono costantemente ne-cessari per evitare che i bambini percepiscano e deb-bano adattarsi a pratiche diverse e tra loro incon-gruenti, che li destabilizzerebbero.

Alcune domande

� Questo principio è riconosciuto e applicatonella struttura d’accoglienza?

� Com’è valutata la coerenza dell’azione educa-tiva esercitata con i bambini?

� Ci sono tipologie di attività, momenti precisio occasioni particolari in cui questa coerenza èminacciata? Se sì, perché? Come porvi rimedio?

� Cosa facilita la coerenza all’interno di un’équipe,in termini di relazioni, comunicazione, strumentidi organizzazione, ecc.?

� Cosa succede se, nella stessa situazione e conlo stesso bambino, due adulti si comportanoin modo diverso?

2. PRINCIPI EDUCATIVI DELL’ACCOGLIENZA COLLETTIVA

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2.5.

Lo sviluppo del bambino è favorito dal gradodi coerenza degli atteggiamenti dell’équipe educativa

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Le strutture d’accoglienza della prima infanziasono un servizio offerto al bambino e ai suoi ge-nitori. Per questo, accogliere un bambino signifi-ca anche accogliere la sua famiglia.

Per il professionista della prima infanzia, por-re il bambino al centro delle proprie preoccupazionisignifica, innanzitutto, aiutarlo a superare la diffi-coltà che prova nel separarsi dai suoi genitori. Sol-tanto una fattiva collaborazione tra professioni-sti e famiglia permetterà al bambino di vivere po-sitivamente questo distacco e di aprirsi progressi-vamente a relazioni con adulti e bambini che nonappartengono al suo ambiente familiare.

Nonostante per i genitori la struttura d’acco-glienza sia essenzialmente un luogo di custodia peril proprio bambino, talvolta essi esprimono aspet-tative diverse che i professionisti devono ascolta-re, mantenendo sempre il rispetto e l’attenzione suibisogni del bambino. La priorità, infatti, viene sem-pre accordata al suo benessere per volontà comu-ne dei professionisti e dei genitori, e ciò nell’intentodi contribuire al suo pieno e armonioso sviluppo.

I genitori sono e restano i primi e principali edu-catori del proprio figlio, mentre la struttura d’ac-coglienza assume un ruolo complementare e di sup-porto alla loro funzione. Essa può anche diventa-re per i genitori, un luogo di sostegno, di ascolto edi consulenza. Ciò è possibile se la struttura si mo-stra aperta, pronta e disponibile ad instaurare conloro una relazione di fiducia e un dialogo basato sul-la trasparenza, l’ascolto e il rispetto reciproco.

Diverse esigenze e problemi possono portare lefamiglie a formulare domande specifiche quali adesempio un cambiamento di orario momentaneo,una frequenza irregolare, arrivi e partenze tardivi,

ecc. La struttura d’accoglienza deve essere suffi-cientemente flessibile per valutare queste richiesteinsieme ai genitori e collaborare nella ricerca di so-luzioni che siano adeguate alle loro esigenze e aibisogni del bambino.

2. PRINCIPI EDUCATIVI DELL’ACCOGLIENZA COLLETTIVA

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2.6.

Il benessere del bambino dipende inoltredalla collaborazione tra genitori e professionisti

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Alcune domande

� Come definire la relazione che si instauratra i professionisti della struttura d’accoglienzae i genitori?

� La struttura d’accoglienza assume un ruolodi sostegno, di partenariato e di consulenza neiconfronti dei genitori?

� In che modo è esercitato questo ruolo nell’af-frontare un problema o nel caso di sospettodi maltrattamento?

� Quali limiti sono posti ai genitori all’internodella relazione e quali sono i limiti posti da loro?

� Cosa significa “rispettare la famiglia e il bambino,nella loro intimità e nelle loro particolarità”?In quale momento questo principio è difficileda rispettare?

� I colloqui con i genitori:

� Come si svolgono (con che procedura)?

� Con che frequenza?

� Per che motivi?

� Chi li conduce? In presenza di chi?

� Quali tracce restano di tali incontrie per quale utilizzo?

� Quali sono le difficoltà incontrate?

� Questa modalità è soddisfacente?

� Come si gestiscono le situazioni conflittualicon le famiglie?

� Come procedere quando si reputa che i bisognidel bambino non sono rispettati dalla famigliao quando i bisogni della famiglia sonoin contraddizione con quelli del bambino?

2. PRINCIPI EDUCATIVI DELL’ACCOGLIENZA COLLETTIVA

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3. L’ORGANIZZAZIONEDELLA STRUTTURA

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L’organizzazione della struttura come risposta ai bisognidel bambino e come applicazione dei principi educativi

3.1. Le relazioni adulti-bambini3.2. La pedagogia3.3. Lo spazio e il materiale a disposizione3.4. La giornata dei bambini3.5. Il funzionamento armonioso dell’équipe

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Ogni struttura della prima infanzia costruisce lesue pratiche educative partendo dai valori a cuiaderisce e dagli obiettivi che si propone di rag-giungere. Due grandi assi permettono di dare for-ma concreta a questi ideali: da una parte la relazioneche gli adulti stabiliscono con ogni singolo bambinoaccolto, nella sua forma e contenuto, e dall’altra l’or-ganizzazione dell’accoglienza dei bambini. Que-st’ultimo asse comprende l’organizzazione peda-gogica, l’organizzazione degli spazi e dei tempi del-la giornata e il funzionamento dell’équipe.

3. L'ORGANIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

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L’organizzazione della struttura come rispostaai bisogni del bambino e come applicazionedei principi educativi

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Nei processi educativi all’interno delle struttu-re d’accoglienza, a giusto titolo, una grande atten-zione è generalmente attribuita alla dimensione re-lazionale: con funzione rassicurante, strutturante estimolante le relazioni offrono al bambino il sostegnodi cui ha bisogno per svilupparsi e crescere. La pos-sibilità di costruire relazioni calorose e stabili è dun-que un elemento fondamentale per un servizio d’ac-coglienza di qualità.

Il processo di costruzione di relazioni signifi-cative in un ambiente di gruppo pone, talvolta, qual-che difficoltà. Grazie ad un’organizzazione rigorosaè possibile ridurre al minimo le persone che inter-vengono presso ogni bambino. Condizione che fa-cilita significativamente l’instaurarsi di tali relazioni.

Può accadere che all’interno della struttura si ve-rifichino delle separazioni, dovute principalmentea cambiamenti di gruppo, ma anche alla partenzao al trasferimento di un collaboratore. La continuitàmassima è auspicata, durante la giornata, la setti-mana, l’anno e durante tutto il soggiorno del bam-bino. Questo è tanto più necessario quanto più pic-colo è il bambino, accordando un’attenzione par-ticolare ai bambini di età inferiore ai 3 anni. In que-st’ottica si tratta di pensare agli orari del personale,all’organizzazione degli stages e delle supplenze,in modo da diminuire il più possibile il numero de-gli adulti presenti ed evitare di destabilizzare i bam-bini con frequenti cambiamenti.

Ogni bambino è un individuo unico (cfr. capi-tolo 2), la sua relazione con gli adulti che se ne oc-cupano deve essere quindi personalizzata per esserepienamente positiva e rassicurante. Una relazionedi questo tipo presuppone la conoscenza di ciascunbambino nelle sue particolarità e, quindi, un’atti-

vità di osservazione da parte di educatrici ed edu-catori verso Emma, Davide e Kevin. Rispondere in-dividualmente ai bisogni di ogni bambino è indi-spensabile: per fare ciò può essere di grande aiutola costruzione di un sistema di “riferimento” chedefinisca ed espliciti le responsabilità e in cui ogniadulto si fa carico delle esigenze particolari di unoo più bambini.

Inoltre, per sentirsi a proprio agio nella strutturadi accoglienza, il bambino deve essere messo nel-la condizione di poter prevedere quello che gli ac-cadrà. Sarà in grado di farlo se l’organizzazione del-la giornata - delle cure, dei pasti e delle attività (vediparagrafo 3.2) - sarà costante nel tempo e condivisadai diversi adulti attivi nel gruppo. Quando è im-merso in un ambiente familiare e prevedibile, il bam-bino è disponibile a occuparsi spensieratamente del-le sue attività di scoperta, d’esplorazione, d’eser-cizio e di gioco, sentendosi libero di esercitare il pro-prio mestiere di bambino (vedi paragrafi 2.1 e 2.2).Le capacità sociali del bambino in età prescolasti-ca non sono completamente sviluppate, per questoegli non è ancora sufficientemente pronto ad af-frontare un gruppo, soprattutto se numeroso. Un ser-vizio d’accoglienza ottimale prevede che la mag-gior parte del tempo che il bambino trascorre nel-la struttura si svolga all’interno di gruppi ristretti.Nonostante la corretta applicazione delle direttivein vigore (rapporto numerico adulto-bambini), lacondivisione degli stessi spazi da parte di diversigruppi può creare una collettività troppo grande chemette in difficoltà le capacità dei bambini e che puògenerare fatica e comportamenti problematici.

3. L'ORGANIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

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3.1.

Le relazioni adulti-bambini

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Il professionista, per stabilire relazioni di qua-lità con ciascun bambino affidatogli, deve avere unabuona padronanza della sua emotività e dei suoi af-fetti. Naturalmente i bambini non sono tenuti a su-bire gli umori della vita affettiva dei loro educato-ri. Ciò implica da parte dell’adulto una consape-volezza della relazione e la capacità di non lasciarsiinvadere dalle proprie emozioni. Tramite momen-ti di scambio, ascolto e condivisione, la struttura puòoffrire un supporto al professionista in questo de-licato compito.

Alcune domande

� Quante persone interagiscono con ognibambino (durante la giornata, la settimanae il tempo della sua permanenza al nido)?

� È auspicabile e possibile ridurre il numerodi queste persone?

� Come viene introdotto il nuovo personaleall’interno della struttura?

� Sulla base di quale principio sono organizzatigli orari del personale? Quest’organizzazione èsoddisfacente?

� Sono rispettati i bisogni di continuità, stabilità ecoerenza nel servizio d’accoglienza dei bambini?

� Come sono organizzate le presenze a tempoparziale dei bambini e il lavoro a tempo parzialedegli adulti? Quali problematiche si pongono?Come vengono risolte?

� Le interruzioni dei legami affettivi bambini-adulto sono frequenti? A cosa sono dovute?Come sono gestite e presentate?Come sono vissute dai bambini, dai genitorie dai professionisti? Possono essere gestitemeglio? Si possono evitare e come?

� All’interno della struttura viene utilizzatoe messo in pratica il sistema di riferimento?Se sì quali sono le difficoltà? Quali i vantaggi?Se no, perché?

� I bambini sono sottoposti a un’osservazioneregolare (vedi punto 2.4. domande sull’osserva-zione)?

� Com’è aiutato il bambino a prevedereciò che gli succederà (durante la giornatae la settimana)?

� Con quanti bambini Emma, Davide e Kevintrascorrono l’intera giornata al nido? Sonotroppi? È una situazione accettabile? Su qualicriteri ci si basa per rispondere a questa do-manda? Il gruppo deve essere meno numerososempre o solo in particolari momenti? Perché?

� In funzione dei momenti della giornata e delnumero di bambini presenti, come sono utiliz-zati gli spazi e i materiali a disposizione?

� Qual è il grado di attenzione che è rivoltoal livello di volume sonoro, alla frequenza e alritmo degli spostamenti degli adulti all’internodel gruppo? Quali osservazioni si fanno a que-sto proposito? Quali precauzioni si prendonoper ridurre il volume, gli spostamenti degli adultie le interruzioni che provocano?

3. L'ORGANIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

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� Quali sono i criteri che caratterizzano una rela-zione di qualità tra adulto e bambino?

� Come sono prese in considerazione le emo-zioni dei professionisti? Quali strumenti sonoloro offerti per gestirle? Dispongono di mo-menti di scambio e di condivisione con interlo-cutori?

3.2.

La pedagogia

Succede spesso che nell’ambito di una struttu-ra d’accoglienza la dimensione relazionale vengaprivilegiata rispetto all’aspetto organizzativo e ge-stionale, sia da parte della direzione sia dal team dieducatori ed educatrici. L’organizzazione è solita-mente considerata in modo aprioristico e accetta-ta come un dato immutabile. Quest’impostazionerisente dell’influenza di necessità contingenti e didiversi condizionamenti come i bisogni dei bambinie dei genitori, ma anche dei limiti imposti dagli spa-zi a disposizione, dagli orari, dalle esigenze del per-sonale (educativo e di servizio) e, a volte, sempli-cemente di consolidate abitudini.

Tuttavia, l’organizzazione ha un ruolo dimassima importanza nel determinare la quali-tà dei servizi d’accoglienza per la prima infanzia.Come già rilevato, la vita di gruppo è faticosa peri bambini piccoli che hanno uno sviluppo socialeancora embrionale (vedi paragrafo 3.1). Una buo-na organizzazione permette, in una struttura col-lettiva, il rispetto dei ritmi e dei bisogni individuali.Essa limita gli interventi degli adulti, rende possi-bile l’attività autonoma dei bambini e attenua letensioni e le situazioni conflittuali. Azione edu-cativa indiretta, un’organizzazione adeguata,agendo sulla struttura, sui ritmi e sulle condizionidi vita, permette ai bambini di trascorrere momentiarmoniosi consentendo agli adulti che li circonda-no di usufruire di un clima di lavoro ottimale.

Per poter svolgere questo ruolo positivo, l’or-ganizzazione pedagogica della struttura deve es-sere concepita a partire dai bambini. Tenendoconto del loro livello di sviluppo e ponendosi le se-guenti domande: “di cosa hanno bisogno, in qualimomenti, in quali condizioni materiali e umane si

3. L'ORGANIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

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sentono a loro agio? Come limitare la rivalità, le fru-strazioni, i tempi d’attesa vuoti e i momenti distress?” Tutte queste domande meritano un’accuratariflessione e risposte adeguate, nell’ottica di una mi-gliore qualità dell’accoglienza.

Proponiamo ora di esaminare alcuni ambiti neiquali una buona organizzazione migliora signifi-cativamente la qualità dei servizi d’accoglienza.

I gruppiÈ auspicabile ridurre, per quanto possibile, il nu-

mero di bambini che formano un gruppo. Comepure evitare di riunire, nei momenti di vita quoti-diana e negli stessi locali, i diversi gruppi (vedi pa-ragrafo 3.1) a causa della conseguente moltipli-cazione di bambini e adulti presenti simultanea-mente.

I pastiI pasti dei bambini devono essere organizzati in

modo che si svolgano in un ambiente tranquillo, sen-za che gli adulti siano sopraffatti dalle contempo-ranee richieste di più bambini. Per i più grandi, chegià mangiano a tavola, è auspicabile che i gruppisiano ridotti, l’atmosfera distesa e gli adulti atten-ti e disponibili. Arrivare a tavola e ripartire dopo ilpasto sono spostamenti da svolgere nella tranquil-lità, senza ressa né tempi d’attesa. L’attesa, infat-ti, è un momento faticoso per i bambini, soprattuttoper i più piccoli, e non ha alcun valore educativo aquesta giovane età.

L’igiene personaleÈ importante evitare i tempi d’attesa anche nei

momenti dedicati all’igiene personale (es. il mo-

mento di lavarsi i denti) in cui possono rapidamentesorgere comportamenti indesiderabili e piccoliconflitti fra bambini, ma anche con l’adulto.

Il riposoEntrare nella sala dedicata al riposo in uno sta-

to di agitazione non costituisce una preparazione ap-propriata a questo momento.Allo stesso modo è fon-te di possibili tensioni e difficoltà la situazione incui un bambino che non dorme è costretto a rima-nere al proprio posto poiché manca un luogo e unadulto che gli permettano di essere attivo e autonomoin questa situazione.

I momenti di transizioneAnche il tempo che si trascorre nel guardaroba

per la preparazione prima e dopo le uscite, se malorganizzato, costituisce una potenziale fonte di stresso d’inutile attesa. Questi momenti quotidiani, oltrea permettere ai bambini d’apprendere a vestirsi eindossare le scarpe da soli, possono rappresentareuna piacevole occasione di contatto con l’adulto econ i compagni.

Un’organizzazione adeguata non tralascial’aspetto della sicurezza del bambino e gli permettedi essere attivo senza inutili interventi da parte del-l’adulto o intrusioni indesiderate da parte di altribambini. Si tratta di garantire la sicurezza dei lo-cali e di determinare chiaramente a quali spazi delnido i bambini possono accedere in modo autono-mo e quali gli sono preclusi, rendendo questi ulti-mi inaccessibili. Così come l’attività dei piccoli deveessere protetta dall’intrusione dei più grandi, allostesso modo il gioco dei più grandi deve essere pro-

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tetto dai gesti ancora maldestri dei più piccoli. Af-finché l’incontro e la condivisione tra bambini svol-gano il ruolo positivo che potenzialmente possonoricoprire, serve infatti una particolare attenzione eprotezione da parte dell’adulto.

In breve, l’organizzazione pedagogica dellastruttura deve permettere ad ogni bambino di sen-tirsi a proprio agio, in sicurezza e nella condizio-ne di potersi concentrare sulle attività che lo inte-ressano, senza essere disturbato o interrotto. A que-sto proposito, se l’adulto propone delle attività par-ticolari, sarà attento a farlo nei momenti propizi epiù opportuni per i bambini.

Le attività della vita quotidiana quali pasti,igiene, riposo e uscite sono momenti essenzialiper il benessere dei bambini. Una buona organiz-zazione punta sull’efficacia e permette d’instaura-re la calma e delle relazioni serene e calorose. Il ri-gore dell’organizzazione adattato alle esigenzedei più piccoli in collettività è garanzia di qualitàdi vita. Una struttura d’accoglienza ben organizzata,inoltre, comporta anche numerosi benefici per gliadulti che vi lavorano, permettendo di esercitare inmodo ottimale l’attività di osservazione dei bam-bini, consentendo di adattarsi con sensibilità alla re-altà di ciascuno e di cogliere ciò che è imprevisto,fortuito e spontaneo.

L’organizzazione pedagogica della struttura hadunque per obiettivo l’ottimizzazione dei servizi of-ferti nel quadro della filosofia istituzionale e del-le risorse umane, materiali e finanziarie disponibili.

Essa mira� alla coerenza (adesione di tutto il personale al

progetto istituzionale e pedagogico);

� alla stabilità e alla continuità nell’accoglienzaofferta ai bambini (gestione degli orari e deiturni del personale pensati in funzione dei bam-bini; riflessione condivisa dai professionisti sul-l’agire con loro);

� all’adattamento flessibile delle prestazioniofferte (i bisogni delle famiglie e dei bambinievolvono, l’ambiente dell’istituzione cambia.Quest’ultima deve poter rispondere e adattarsicon flessibilità introducendo i cambiamenti ne-cessari nella propria organizzazione);

� alla visibilità del proprio modus operandi (co-municazione dei principi e delle modalità ope-rative attraverso strumenti adeguati);

� alla collaborazione e alla comunicazione trai professionisti e i genitori e tra colleghi.

3. L'ORGANIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

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Alcune domande

� Quali sono le priorità nell’organizzazioneglobale della struttura e in particolare deigruppi di bambini?

� Come, quando, da chi e con chi è pensatal’organizzazione complessiva e specificadella struttura?

� Gli aspetti organizzativi sono formalizzati daprocedure? Se sì, in quali ambiti? Per qualimomenti e attività? Se no, perché non è rite-nuto necessario?

� Quali difficoltà organizzative si constatano?Come e perché lo sono?

� Concernono: la struttura, i bambini,i genitori, i professionisti?

� Quali sono le cause?

� Quali le possibili soluzioni?Come metterle in atto?

� Quali saranno le conseguenze dei cambia-menti previsti? Come accompagnarli?

� Nei diversi gruppi d’età dei bambini sonoapplicati gli stessi principi educativi? Perché?Questa situazione è soddisfacente?

� Con quale frequenza si valuta l’organizzazionedella struttura? In base a quali criteri?

� Come sono suddivisi i bambini negli spazi?Come si gestiscono i momenti di raggruppa-mento?

� Come si svolgono i momenti dei pasti in ognigruppo d’età? Cosa può essere migliorato(atmosfera, ritmo, durata, tempi di attesa, ecc.)?

� Com’è organizzato il momento dell’igiene?Come migliorarlo?

� Come si svolge il momento del riposo (prepa-razione, riposo e risveglio)? Cosa può esseremigliorato? Come si tiene conto del ritmodei bambini?

� Che importanza è data alla gestione deimomenti di transizione? Che vantaggi e svan-taggi ne traggono i bambini? Quali sono le mag-giori difficoltà incontrate? Come superarle?

3. L'ORGANIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

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Lo spazioIl bambino piccolo cresce e si sviluppa in inte-

razione costante con l’ambiente fisico che lo cir-conda. È quindi necessario potergli offrire degli spa-zi protetti che gli permettano di scoprire e d’intra-prendere, di muoversi e di manipolare, di speri-mentare, d’immaginare e di non fare niente. La man-canza di spazi sufficienti e adeguati porta il bam-bino a rifugiarsi in un ruolo passivo di spettatore chenon corrisponde alla sua età.

Per scoprire e crescere il bambino, come abbia-mo constatato, gioca da solo o con gli altri. Ancheil gioco ha bisogno di spazi variati e interessanti, sen-za i quali perde molto del suo potenziale educativo.Come si può giocare ai cow-boys e agli indiani semanca uno spazio esterno con cespugli per nascon-dersi? D’altro canto, lo spazio propone, suggeriscee alimenta il gioco: “facciamo finta che quest’albe-ro sia la tua casa”, “la collinetta è uno scivolo”, ecc.

A seconda del suo utilizzo, lo spazio può rive-stire diverse funzioni. La sua funzione strumen-tale è definita dalle sue dimensioni, dai suoi volu-mi e dal suo orientamento; la dimensione simbo-lica esiste per ciò che esso può rappresentare per ognisingolo bambino (un lago, una casa, un bosco, ecc.).La funzione relazionale implica la nozione di po-sizionamento di ognuno, la prossimità con l’altro ela fusione degli spazi personali. Infine, la configu-razione del gruppo in questo spazio (disporsi in cer-chio, in fila, ecc.), costituisce la sua funzione so-cializzante.

Lo spazio ha sull’individuo diversi effetti, siafisici sia psicologici.Ad esempio, le sue dimensionipossono invitare al movimento, oppure al contrario

inibirlo; possono suscitare giubilo, allegria, sicurezzao al contrario paura, malessere e disagio. Lo stes-so discorso si può fare per la luminosità che, secondola sua intensità, può indurre riposo o movimento,come pure gli arredi che possono fungere da puntidi riferimento oppure diventare ingombranti osta-coli agli spostamenti e al gioco.

È importante tenere presenti queste osservazio-ni nella gestione e organizzazione dello spazio di vitadei bambini piccoli in strutture d’accoglienza. Ri-spettando il vincolo dei limiti architettonici dei lo-cali, bisogna valutare regolarmente la disposizionedegli arredi di ogni spazio e definire se essa è ade-guata sia agli adulti, sia ai bambini, o soltanto ad unodei due gruppi.

L’arredamento degli spazi deve inoltre tenere con-to del lavoro d’équipe che si svolge nella strutturae della presenza dei genitori. Ciò implica che sia-no previsti degli spazi per incontrarsi e dialogare fraadulti, anche in modo confidenziale, senza la pre-senza dei bambini.

Materiale a disposizioneIl giocattolo/l’oggetto serve da supporto al gio-

co; è situato nello spazio a prossimità del corpo delbambino ispirandogli un’attività e aiutandolo afarla durare. Così come lo spazio, anche l’oggettopuò ricoprire diverse funzioni. Può infatti avere unafunzione transizionale nei momenti di separazio-ne (bambola o pupazzo), ma può anche avere unafunzione di mediatore nella relazione con l’altro equella di rappresentazione nel gioco simbolico (unbastone diventa una pistola o una spada, ecc. ). Inquesto senso l’oggetto costituisce un supportoalla fantasia del bambino.Di conseguenza esso va

3. L'ORGANIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

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3.3.

Lo spazio e il materiale a disposizione

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scelto con cura valutandone le caratteristiche. Oltrealla sicurezza, che deve essere garantita, le sue qua-lità fisiche (forma, superficie, grandezza/volume,materiale) devono permettere non soltanto delle sco-perte sensoriali diverse, ma anche creare occasionidi movimento, favorire i giochi d’imitazione, il gio-co simbolico e suscitare il desiderio di costruire.

Non si tratta di accumulare attorno al bambinoun elevato numero di giocattoli, ma piuttosto di pro-porgli un certo numero di oggetti semplici ma vari.In funzione delle sue scoperte e dei suoi desideri essidevono poter suscitare un movimento, un gioco sim-bolico, una costruzione o una relazione. In questosenso sono da privilegiare oggetti cosiddetti poli-valenti, come il pallone, le scatole, i tessuti, i ce-stini.

È importante non dimenticare che l’oggetto nonè mai fine a se stesso,ma costituisce un importantesupporto al gioco del bambino e un possibile me-diatore nelle sue relazioni. Attraverso l’oggetto asua disposizione, il bambino costruisce la sua atti-vità ludica, la sviluppa e la arricchisce.

Se vogliamo evitare i conflitti in una collettivi-tà e favorire i giochi d’imitazione, è fondamenta-le mettere a disposizione dei bambini più esemplaridi oggetti identici. Prima di poter giocare con il pal-lone insieme ad altri, infatti, i bambini hanno bi-sogno di giocare da soli ognuno con il proprio pal-lone. Progressivamente e contemporaneamente,il loro gioco diventa d’imitazione e si arricchiscedell’elemento relazionale e di interazione tra pari.

L’oggetto deve suscitare nel bambino il deside-rio di giocare spontaneamente e incitarlo a fare unulteriore passo nelle sue scoperte. Un giocattolo chelimita a una o due la scelta delle possibili esplora-

zioni è un giocattolo di cui il bambino si stanca infretta.

Un adulto che costringe il bambino a utilizzare unoggetto in un unico modo limita la sua creatività.

Alcune domande

� Com’è organizzato lo spazio di ogni gruppod’età? Secondo quali criteri?

� Gli adulti sono a conoscenza delle diverse fun-zioni dello spazio (strumentale, simbolico, rela-zionale, socializzante) e le sanno utilizzare almeglio? I bambini recepiscono queste funzioni?

� Si conoscono gli effetti dello spazio sul compor-tamento del bambino? Se ne tiene conto ope-rativamente?

� Com’è valutata l’adeguatezza dell’organizzazionedello spazio rispetto ai bisogni dei bambini? Inquali momenti avviene questa valutazione?Come sono introdotti i necessari cambiamenti?I bambini sono coinvolti?

� Quali sono le regole di utilizzazione dello spaziostabilite per i bambini e per gli adulti? Tutti nesono a conoscenza? Sono interiorizzate? Sonorispettate?

� Quali sono gli spazi dedicati agli adulti? I profes-sionisti hanno uno spazio dedicato all’incontroe al dialogo? Dove sono accolti i genitori?In quale spazio si svolgono gli incontri e i collo-qui con i genitori?

3. L'ORGANIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

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� Di quali oggetti di gioco dispongono i bambiniin funzione della loro età e della composizionedel gruppo? Perché questa scelta? È soddisfa-cente? Quali sono i criteri di soddisfazione od’insoddisfazione?

� Quali regole sono state stabilite per l’utilizzodel materiale? Perché? I bambini possono sce-gliere gli oggetti di gioco?

� Quale valore viene dato ai libri?Come sono utilizzati?

� Quale spazio hanno i giocattoli considerati“violenti” (pistole, fucili, ecc.) o i giochi cheesprimono violenza?

3.4.

La giornata dei bambini

Ricercare la qualità nei servizi di accoglienza si-gnifica mettere i bambini al centro del progetto edu-cativo e del funzionamento quotidiano della strut-tura.

Non sono dunque i bambini che devono adat-tarsi alle esigenze della struttura e agli orari degliadulti, ma viceversa. È responsabilità dell’équipeeducativa definire lo svolgimento della giornata infunzione dell’età dei bambini che compongono ilgruppo. Quest’organizzazione è stabile ma sog-getta ad adattamenti nel caso in cui l’osservazioneattenta della vita del gruppo e di ogni bambinoporti alla luce la necessità di modifiche e cambia-menti.

Per i più piccoli (vedi paragrafo 2.6) s’imponeuna stretta cooperazione con la famiglia. “A cheora si è svegliato il bebè e quando ha ricevuto il suoprimo pasto?”. Questi sono alcuni tra gli elementideterminanti nello svolgimento della giornata alnido. In alcune strutture l’utilizzo di strumenti disupporto, quali ad esempio le “tabelle del ritmo”,hanno contribuito significativamente all’armoniz-zazione dei due luoghi di vita del bambino. Con ibambini più grandi, i punti di riferimento più im-portanti come il pasto e il momento del riposo, di-ventano progressivamente comuni a tutto il gruppo.Per stabilire i momenti del pranzo e della siesta cisi deve basare su una buona conoscenza dei ritmidi attività dei bambini e non su contingenze qualipossono essere l’orario del personale educativo odi servizio. Allo stesso modo, nella pianificazioneeducativa delle mezze giornate, la successionedelle attività (gioco spontaneo, attività proposte,gioco all’esterno, passeggiate) non dipende dal-l’ispirazione del momento, o, peggio, dagli

3. L'ORGANIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

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“umori” del personale, ma si fonda sull’osserva-zione dei ritmi dei bambini. Ciascuno deve poteressere attivo intensamente quando ne prova il bi-sogno e ne ha l’energia; rilassarsi con dei giochiche richiedono meno concentrazione e riposarsiquando è necessario. In conclusione, la disponibi-lità del personale educativo deve essere rivolta adogni bambino considerato individualmente e non algruppo come entità vaga e generale. In ogni mo-mento, ogni bambino deve sapere chi si occupadi lui e ogni professionista deve avere sempreben presente i bambini di cui è responsabile.

Questo compito è importante e impegnativo,ma può essere facilitato riducendo, circoscrivendoo anche delegando i compiti che non concernonodirettamente l’attività con i bambini. L’accoglienzadei genitori, per esempio, è compito dell’educatoreresponsabile del gruppo, tuttavia è importante es-sere chiari su ciò che implica quest’accoglienza,ciò che è urgente comunicare subito e ciò che puòessere rinviato a più tardi fissando un momento dicolloquio successivo. Anche le comunicazioni nonurgenti della direzione o dei colleghi possono es-sere trasmesse in altro modo, senza interpellare ilprofessionista che è occupato con i bambini.

Inoltre, idealmente, le chiamate telefoniche do-vrebbero essere strettamente limitate alle urgenze!

Organizzare la giornata tenendo conto priori-tariamente dei bisogni dei bambini può, in certesituazioni, modificare le abitudini degli adulti chepotrebbero trovarsi nella situazione di dover adat-tare i loro orari lavorativi. Sicuramente lo sforzosarà ricompensato: il benessere dei bambini, in-fatti, genera soddisfazione in tutto il personaleeducativo che ne ha la responsabilità e favorisce

l’instaurarsi di un clima armonioso nella strutturad’accoglienza, da cui tutti traggono beneficio im-mediato.

Alcune domande

� Quali sono i fattori che determinano lo svolgi-mento della giornata in ogni gruppo di bambini?

� L’osservazione rivela che i bambini vivono pie-namente le attività e apprezzano i momentidi riposo? Gli adulti riflettono sullo svolgimentodella giornata quando sono confrontatia comportamenti difficili da parte dei bambini?

� È soddisfacente la comunicazione tra genitorie professionisti sui momenti trascorsi a casae rispettivamente nel luogo d’accoglienza?

� I bambini sanno in ogni momento quale profes-sionista si occupa di loro? Gli educatori sonoa loro volta attenti, in ogni momento, a ciascunbambino affidatogli? Il professionista impegnatoin attività con i bambini è salvaguardato dastimoli e sollecitazioni non urgenti ed estraneialla sua attività?

3. L'ORGANIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

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Come abbiamo visto in precedenza (vedi para-grafo 2.6), la presa a carico dei bambini è semprecompito di un’équipe, pur piccola che sia.

Per definirsi tale, un’équipe deve potersi riferirea un progetto istituzionale condiviso (vedi para-grafo 4.1) al quale ogni membro aderisce o per ave-re contribuito alla sua elaborazione o per essere sta-to assunto sulle basi dello stesso. Non si tratta so-lamente di un documento teorico, al suo interno sonoinfatti descritte le pratiche istituzionali e il loro sen-so, e deve costituire il riferimento quotidiano del-l’agire educativo nella struttura. Per evitare che di-venti un dogma, la sua pertinenza e la sua aderen-za alla realtà della pratica istituzionale sono rego-larmente rimesse in discussione. Per funzionare cor-rettamente un’équipe ha bisogno di spazi e tempidedicati al dialogo e alla riflessione. È necessarioquindi stabilire momenti regolari per colloqui di du-rata variabile che possono riguardare l’équipe deisingoli gruppi o tutti i collaboratori della struttura.Servono procedure chiare che permettano di evitareperdite di tempo dovute a chiacchiere e discussio-ni inutili durante gli incontri; in alcuni momenti eper situazioni specifiche può rendersi utile, se nonnecessario, l’intervento della direzione o di un con-sulente esterno. La gerarchia, concetto che nel set-tore socio-educativo è spesso poco apprezzato, deveessere tuttavia chiara. A chi appartiene la respon-sabilità della decisione e in quali ambiti? Non si puòregolare tutto con il consenso ed è anzi provato chele gerarchie non identificate possono risultare le piùopprimenti. È constatato infatti che, dove c’è menogerarchia, si rivelano maggiormente necessarieprocedure ben definite per consentire all’istituzio-ne di funzionare in modo efficace ed efficiente.

La condivisione e la ripartizione di ruoli ecompetenze tra i vari membri dell’équipe devonoessere pensate in funzione delle competenze indi-viduali, delle responsabilità e delle qualifiche ne-cessarie all’esercizio di ogni singola funzione. Bi-sogna inoltre tener presente che i conflitti nonsono sempre evitabili e, d’altronde, sono sovente por-tatori di progressi. Nel caso sorgano tali situazio-ni è necessario identificarle e trattarle in modo ade-guato, affinché grazie a una procedura o a un in-tervento esterno, esse non degenerino in tensioni in-terpersonali e fratture, problemi di comunicazioneo nel formarsi di “clan” e sottogruppi.

Un’équipe deve poter funzionare nella sua di-mensione professionale senza essere eccessivamentedisturbata da disaccordi o da inimicizie personalitra i suoi membri e, in ogni caso, l’accoglienza delbambino non deve essere influenzata dalle difficoltàdi collaborazione incontrate dagli adulti.

Inoltre, attorno alla struttura e all’équipe “ruo-tano” un certo numero di partner (servizi di pre-venzione, servizi sociali, enti sussidiari, datori dilavoro, centri di formazione, ecc.).

Ciascuno di questi soggetti svolge un preciso in-carico rispetto all’istituzione, secondo un manda-to chiaro e ben definito, la cui durata può essere va-riabile.

Anche i partner esterni sono importanti inquanto ricoprono un ruolo di sostegno verso l’isti-tuzione nella sua funzione di accoglienza del bam-bino.

3. L'ORGANIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

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3.5.

Il funzionamento armonioso dell’équipe

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Alcune domande

� Il progetto istituzionale è conosciuto e condi-viso da tutto il personale (educativo, di servizioe amministrativo)?

� Tutto il personale è coinvolto attivamente inquesto progetto? L’attività di valutazione delprogetto si svolge in modo regolare?

� Si fa riferimento al progetto istituzionale qualorasi sia confrontati a un problema o in occasionedi divergenze all’interno dell’équipe?

� Si utilizza il progetto istituzionale come riferi-mento? Come un dogma? Perché?

� Nella struttura ci si preoccupa di offrireai bambini una pratica educativa coerente?

� Si riflette con regolarità sul modo in cuii bambini vivono all’interno della struttura?

� Si riflette regolarmente sulle modalitàdi funzionamento dell’équipe?

� Qual è il ruolo e la funzione di ognuno?

� Come sono distribuite le responsabilitàindividuali e collettive?

� Come sono suddivisi i compiti?

� Quali sono i progetti dell’équipe? Chi neè responsabile e con che mezzi sono realizzati?

� Com’è gestita la comunicazione?

� Quale comportamento si adotta di frontea chiacchiere e maldicenze?

� Quale distanza emotiva si riesce a frapporrenelle analisi delle situazioni?

� Si riflette regolarmente sul modo in cui evolvela collaborazione con i genitori?

� Tutti i collaboratori hanno incontri regolari,fra loro e con la direzione, in sottogruppie in seduta plenaria?

� Le diverse riunioni si svolgono secondoun protocollo stabilito e conosciuto da tutti?Si tiene traccia delle riunioni? Come?

� Se la situazione lo esige sono organizzati incon-tri supplementari, in gruppo o individuali, oltrea quelli previsti?

� La gerarchia è chiaramente definita? Ognunosa sempre chi ha la responsabilità decisionale?Come sono suddivise e condivise le compe-tenze individuali?

� Se necessario o richiesto c’è la possibilitàdi fare riferimento a una consulenza esterna?

� La collaborazione con i differenti partner dellarete è positiva e regolare? Il quadro, i limiti ei contenuti di questa collaborazione sono chia-ramente definiti?

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3. L'ORGANIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

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� I conflitti sono rapidamente identificatie affrontati?

� Ogni professionista si sente motivato,sostenuto, valorizzato nel suo lavoroe prova un sentimento di appartenenzaa una struttura, a un’équipe?

� È chiaro per tutti ciò che differenzia la relazioneprofessionale dalla relazione personale?

3. L'ORGANIZZAZIONE DELLA STRUTTURA

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4. STRUMENTI DI LAVOROUTILI O NECESSARI

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4.1. Il progetto istituzionale, il progetto pedagogicoe il documento di presentazione della struttura

4.2. I regolamenti e le procedure4.3. I mansionari4.4. Prospetti informativi4.5. In conclusione, sintesi della documentazione necessaria

all’istituzione come supporto di lavoro

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ll progetto istituzionale è il riferimento nel qua-le s’inscrive il progetto pedagogico. Esso contienei dati amministrativi e giuridici della struttura, spe-cificando:� ubicazione;� statuto giuridico;� scopi;� caratteristiche istituzionali;� partner;� organigramma interno ed esterno;� personale disponibile, qualifiche e funzioni;� numero dei bambini accolti, organizzazione dei

gruppi;� coinvolgimento e ruolo dei genitori;� orari;� eventi annuali;� criteri d’iscrizione;� procedure d’ammissione;� politica tariffaria applicata;� abbonamenti possibili.

Il progetto istituzionale è al servizio del bambinoe della sua famiglia. Tiene conto dell’analisi del con-testo in cui opera l’istituzione (tipologia della do-manda) e dei mezzi a disposizione della stessa (spa-zio, finanziamenti, risorse umane …).

Affinché in un quartiere, in una città o in unaregione, l’offerta di servizi di accoglienza per la pri-ma infanzia sia coerente, è importante avere unacompleta descrizione del funzionamento di ciascunadelle istituzioni presenti. È inoltre auspicabileche questa descrizione sia accompagnata da un pro-spetto che comprenda alcune informazioni dibase sulla struttura (coordinate, nome del respon-

sabile, tipo d’istituzione, età dei bambini accolti,numero di posti disponibili, tariffe proposte, numerodi bambini iscritti, numero di gruppi, dotazione dipersonale, orari d’apertura quotidiani, periodi di va-canza, …).

Il progetto pedagogico è centrato sui bambinie finalizzato alla traduzione operativa delle cono-scenze teoriche che si hanno del bambino, dei suoibisogni e del suo sviluppo. I principi educativi, cosìcome i valori adottati dalla struttura, devono darela possibilità al bambino di esprimersi in modo au-tonomo, senza un’impostazione dogmatica. Tutti gliinterventi educativi dei professionisti sono guida-ti dal progetto pedagogico, che ne assicura la coe-renza e la continuità anche nei casi di rotazione delpersonale.

Il progetto pedagogico si nutre dell’azione edu-cativa che a sua volta vi fa sempre riferimento perverificare la propria pertinenza.

Garantisce quindi la chiarezza e la trasparenzasu ciò che si fa e perché lo si fa, dando un sensocomplessivo all’operato della struttura. È, inoltre,uno strumento che contrasta la monotonia e la rou-tine facilitando gli scambi tra gli adulti e promuo-vendo la riflessione sul proprio agire.

Il progetto pedagogico risponde all’esigenza diun’accoglienza di qualità.

Per la sua redazione si può prendere come trac-cia lo svolgimento di una giornata tipo all’internodell’istituzione (l’accoglienza e il commiato, l’or-ganizzazione degli spazi, le attività autonome, le re-lazioni individualizzate, le cure, i pasti, il momen-to del riposo, ecc. ).

4. STRUMENTI DI LAVORO UTILI O NECESSARI

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4.1.

Il progetto istituzionale, il progetto pedagogicoe il documento di presentazione della struttura

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Nell’introduzione è necessario ricordare:� i bisogni del bambino;� i principi relazionali, educativi e organizzativi

dell’accoglienza collettiva.Successivamente si delinea lo svolgimento del-

la giornata, declinata nei suoi momenti:� l’accoglienza, la separazione

e il ricongiungimento;� i pasti e gli spuntini;� le cure e l’igiene;� la malattia;� l’attività autonoma e spontanea;� l’attività in gruppo e/o con l’adulto;� i momenti di transizione;� la passeggiata;� altro.

Nel progetto sono specificati anche gli strumentidell’azione educativa, che sono:� l’osservazione;� i libri;� la musica, il movimento;� le arti plastiche;� gli oggetti;� l’ambiente (interno ed esterno).

Nella conclusione sono definite lemodalità edi criteri di valutazione per rendere questo progettovivo e legato alla realtà in cui prende forma.

L’elaborazione di un progetto istituzionale e diun progetto pedagogico richiede impegno, tempo eil coinvolgimento attivo delle energie di tutti i mem-bri dell’équipe.

Nella stesura di entrambi è importante darsi de-gli obiettivi realizzabili, per non scoraggiare gli at-tori implicati. I compiti di ognuno nell’elaborazionedevono essere chiaramente definiti per giungere auna formulazione condivisa e accettata da tutti!

Alcune domande

� La struttura possiede un progetto istituzionale,un documento di presentazione e un progettopedagogico? Sono completi?

� A chi sono distribuiti? A che scopo?

� Da chi sono stati redatti?

� Come e da chi sono aggiornati?

� Sono sottoposti a regolare valutazione? Come?Da chi? In che ambito?

� Sono adeguati a ogni bambino?

� Come si esplicita la politica di prevenzionedella struttura?

4. STRUMENTI DI LAVORO UTILI O NECESSARI

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I regolamenti sono importanti in quanto per-mettono l’applicazione concreta sia del progetto isti-tuzionale sia di quello pedagogico.

Si tratta di decisioni amministrative che regolanola vita dell’istituzione definendo le disposizioni chei professionisti e i genitori sono tenuti a rispettare, fa-cendo appello alla responsabilità individuale e col-lettiva di ciascuno. Le persone interessate, firmandotali regolamenti, testimoniano l’impegno preso neiconfronti dell’istituzione, siano essi dipendenti outenti. I regolamenti sono suscettibili di cambia-menti: una modifica del progetto istituzionale o delprogetto pedagogico così come una nuova direttivaemanata da un’istanza ufficiale, possono determi-nare la modifica di uno o più regolamenti della strut-tura, che di conseguenza devono essere adattati.

Le procedure sono modalità a cui conformar-si in determinate situazioni. È importante ricorda-re che esse nascono ed esistono per facilitare il la-voro, non per appesantirlo e rallentarlo. Possono ri-guardare svariati ambiti quali l’organizzazionedell’istituzione, il funzionamento dell’équipe, le mo-dalità di comunicazione e d’informazione, gli in-terventi educativi (ad esempio l’osservazione),l’implementazione dei progetti e la loro successi-va valutazione, le modalità e gli strumenti di valu-tazione dei collaboratori.

Esse permettono di rispondere alle domande:“Cosa fare in caso di? Come fare …?” Citiamo atitolo esemplificativo:� Cosa fare in caso d’incidente?� Come preparare un’uscita con un gruppo di bam-

bini?

� Come trasmettere le informazioni?� Come osservare un bambino?� Come preparare un colloquio con dei genitori e

come riferire i contenuti ai colleghi?

Le procedure permettono inoltre di definire chia-ramente i compiti da eseguire o di trovare le in-formazioni necessarie, indicando le persone di ri-ferimento competenti e i loro recapiti.

Alcune domande

� Di quali regolamenti dispone la struttura?

� A chi sono consegnati?

� Com’è garantita la loro applicazione?

� Sono valutati e aggiornati regolarmente?Da chi? In quale ambito?

� Quali sono le procedure definite e formalizzate?A quale campo d’intervento si riferiscono?

� Dove possono essere consultate?Chi può consultarle? Come sono classificate?

� Quali procedure sono in corso di progetta-zione? Da quale esigenza nascono?

4. STRUMENTI DI LAVORO UTILI O NECESSARI

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4.2.

I regolamenti e le procedure

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Il mansionario è un documento che descrive leresponsabilità e i compiti che spettano alla perso-na che ricopre una determinata funzione all’inter-no della struttura.

Questo documento è firmato congiuntamente daldatore di lavoro e dal dipendente ed è il testo a cuifa riferimento il responsabile al momento della va-lutazione del collaboratore.

Un mansionario comprende:� La denominazione della funzione� La posizione gerarchica� Il nome del titolare che esercita la funzione� La definizione della funzione� La descrizione della funzione:

– le responsabilità principali– i compiti principali

� ll profilo della funzione:– le competenze principali– le altre competenze auspicabili– le esigenze richieste in termini di formazione

di base e continua� I contatti funzionali (esterni alla struttura)� Le deleghe di competenza particolari.

Il mansionario può essere modificato in ogni mo-mento, di comune accordo tra dipendente e datoredi lavoro, per adattarsi all’evoluzione della funzionee del suo contesto.

Alcune domande

� Ogni funzione lavorativa è definita daun mansionario preciso?

� Ogni membro del personale ne ha ricevutocopia e controfirmato un esemplare unitamenteal suo contratto di lavoro?

� Il mansionario è utilizzato come basedi discussione negli incontri di valutazionedei collaboratori?

� Come si conduce l’attività di valutazione?Che importanza è data all’auto-valutazionedel collaboratore?

� Come si sostiene il collaboratore nello sviluppodelle competenze utili all’esercizio della suafunzione?

4. STRUMENTI DI LAVORO UTILI O NECESSARI

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4.3.

I mansionari

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Il prospetto informativo rappresenta la prima im-magine che l’istituzione proietta al proprio esternoe ne veicola l’identità.

Esso può presentarsi sotto forma di volantino,di opuscolo o di una raccolta di schede e può essererivolto ai genitori o ai professionisti del settore so-cio-educativo. È infatti difficile adottare un’unicalinea di comunicazione per due target così diversiin termini d’interessi, attese e preoccupazioni.

Una soluzione a questo problema potrebbe es-sere il prospetto informativo sotto forma di “raccoltadi schede”, formula particolarmente interessante inquanto permette di definire un nucleo centrale dischede comuni ai due gruppi target (scheda di pre-sentazione della struttura, obiettivi e principi edu-cativi, circostanze storiche, descrizione di proget-ti realizzati o allo studio …) e di realizzare sche-de specifiche complementari per gli uni e per gli al-tri (ad esempio per i genitori: come iscrivere il vo-stro bambino? Come preparavi all’ambientamento?Spunti del progetto pedagogico e dello svolgimentodella giornata, ecc.).

Questa formula, inoltre, segue flessibilmentel’evoluzione della struttura poiché è sufficiente mo-dificare, togliere o aggiungere una nuova scheda peradattarsi ai cambiamenti intercorsi.

Il prospetto informativo è lo strumento miglio-re per far conoscere a un pubblico più vasto il ruo-lo d’accoglienza, di educazione e la qualità delle pre-stazioni offerte dalle strutture della prima infanzia(es. : marchi di qualità ottenuti).

Un ulteriore e utile strumento di comunicazio-ne è infine rappresentato dal sito internet che puòcontenere vari documenti, informazioni e indicazioniutili per le famiglie.

Alcune domande

� Di quali prospetti dispone l’istituzione?

� A chi sono destinati? Con che periodicitàsono aggiornati?

� Qual è la strategia di comunicazione della strut-tura di accoglienza verso l’esterno (quartiere,città, partner di rete, ecc.)? Com’è tradottaa livello operativo?

� Che immagine si ha dell’istituzione all’esterno?Com’è veicolata?

� La struttura di accoglienza è dotata di un sitointernet? È aggiornato? Quali documenticontiene?

4. STRUMENTI DI LAVORO UTILI O NECESSARI

49

4.4.

Prospetti informativi

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Ogni istituzione della prima infanzia dovrebbedunque disporre dei seguenti documenti:� Una scheda di presentazione� Un organigramma gerarchico e di funzionamento� Un progetto istituzionale e pedagogico� Regolamenti (per il personale e per i genitori)� Un raccoglitore di procedure (inclusa una pro-

cedura di valutazione dei progetti e dei col-laboratori)

� Mansionari per ogni funzione occupata� Strumenti informativi e di comunicazione

Così come:� L’autorizzazione, le direttive e le raccomanda-

zioni dell’organo di vigilanza� Le direttive e raccomandazioni di altri eventuali

enti di controllo e vigilanza� Le misure d’igiene� Le misure di sicurezza� Le misure di prevenzione di malattia infettive� Le misure di prevenzione dei maltrattamenti� Le direttive e le procedure amministrative per

quanto riguarda i sussidi cantonali, comunali efederali

4. STRUMENTI DI LAVORO UTILI O NECESSARI

50

4.5.

In conclusione, sintesi della documentazionenecessaria all’istituzione come supporto di lavoro

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5. GLOSSARIOE DOCUMENTIDI RIFERIMENTO

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5.1. Glossario5.2. Bibliografia e documenti di riferimento5.3. Altri documenti di riferimento

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AppartenenzaSentimento di far parte di un insieme, di un grup-

po, di una società.

Attività autonomaAzione iniziata dal soggetto, secondo i suoi bi-

sogni e il suo ritmo.

AutonomiaCapacità di agire, pensare, scegliere da solo, sen-

za aiuto esterno.

Azione educativaAzione esercitata nei confronti del bambino che,

andando oltre la semplice custodia, si preoccupa delsuo benessere, è centrata sul suo sviluppo e rispet-ta il suo ritmo.

Bisogni specialiChe necessitano un’attenzione e una presa a ca-

rico particolari.

CoerenzaCollegamento stretto, rapporto logico tra diver-

si elementi (pensare, agire, ecc. ). Nei servizi d’ac-coglienza dei bambini, continuità delle pratiche edu-cative che permettano al bambino di collocarsi nelcontesto e di prevedere gli eventi.

CollaborazioneAzione di lavorare insieme, partecipare allo svol-

gimento del medesimo compito.

ComunitàGruppo di persone che condividono degli inte-

ressi, un ideale, una cultura comune.

ConcertazioneAzione di prepararsi insieme all’elaborazione di

un progetto, dialogando e confrontandosi prima diagire.

ContinuitàCondizione che esclude le rotture, le interruzioni

e che garantisce permanenza nel tempo.

Coordinazione oculo-manualeCoordinazione della percezione visiva e del

gesto della mano con lo scopo di realizzare un attocompleto e determinato.

CulturaLa cultura rappresenta, in termini generali, l’in-

sieme delle azioni di un contesto che assicura unasocializzazione degli individui nel corso del loro svi-luppo e la loro integrazione in una collettività. Que-st’accezione del termine cultura implica l’acquisi-zione dei mezzi di comunicazione, di alcuni stru-menti di pensiero e di azione, di conoscenze e di con-vinzioni comuni, di una certa gerarchia di valori fa-cendo riferimento alle tendenze in voga. Questo in-sieme di azioni che definiscono la cultura si com-pletano grazie a un processo educativo e di ap-prendimento che permetta l’utilizzazione sociale diattività individuali.

Funzione di socializzazioneIn relazione al gruppo, alle sue regole e norme

di funzionamento.

Funzione relazionaleChe si riferisce ai legami tra gli individui, tra gli

individui e gli oggetti, tra gli individui tramite glioggetti.

5. GLOSSARIO E DOCUMENTI DI RIFERIMENTO

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5.1.

Glossario

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Funzione simbolicaUso di simboli per significare qualcosa di assente.

Nel gioco simbolico: “fare finta”, riprodurre azio-ni o gesti al di fuori del loro contesto o utilizzo abi-tuale; libero adattamento del reale a sé (es. un pez-zo di legno che rappresenta un fucile).

Funzione strumentaleAttinente alle caratteristiche fisiche. Permette di

agire sugli oggetti e di scoprire delle proprietà astrat-te a partire dagli stessi (es. soppesare degli ogget-ti e constatare che il più pesante non è sempre il piùvoluminoso).

GiocoAttività il cui motore esclusivo è il piacere e at-

traverso la quale il bambino s’individualizza, svi-luppa la sua intelligenza, la sua motricità, il suo lin-guaggio e socializza. Quando il bambino gioca, as-simila la realtà alla propria attività e ai propri inte-ressi immediati, con il solo scopo di esercitare que-st’attività.

IdentificazioneProcesso attraverso il quale un individuo pren-

de a modello una persona e si considera simile a lei.

IdentitàCoscienza della permanenza e dell’immutabili-

tà del proprio essere, nonostante le trasformazionie i cambiamenti che si è portati a vivere.

InteriorizzazioneTrasferire, far penetrare al proprio interno.

Intervento educativoAtto cosciente il cui scopo è di facilitare e so-

stenere lo sviluppo del bambino, che si riferisce adelle conoscenze, dei principi e dei valori.

LateralitàDominante funzionale, destra o sinistra, della

mano, dell’occhio o del piede.

LateralizzazioneSpecializzazione progressiva di ciascuno degli

emisferi del cervello nelle loro funzioni rispettive.

LimitiConfine oltre cui non si può andare. Porre un li-

mite a un bambino lo rassicura e lo aiuta nella strut-turazione della sua personalità.

MansionariDocumento che descrive le responsabilità, i

compiti, le esigenze, le relazioni inerenti a una fun-zione precisa.

NormeRegole alle quali ci si conforma; relative a una

media.

OsservazioneAzione di studiare, di percepire con attenzione

mirata e volontaria; rilevando ciò che è stato per-cepito.

ProcedureInsieme di regole da applicare, di formalità da

seguire in determinate situazioni.

Progetto istituzionaleTesto che descrive il funzionamento globale del-

l’istituzione e che include il progetto pedagogico.

Progetto pedagogicoTesto che traduce e rende operative le conoscenze

che si hanno dello sviluppo e dei bisogni del bam-bino, come pure i principi educativi e i valori ai qua-li si fa riferimento. Garantisce la coerenza e la con-tinuità degli interventi educativi.

PulsioneModifica somatica dell’organismo che spinge il

bambino a conseguire gli scopi con l’ausilio di de-terminati oggetti.

RegolaLinea direttiva di condotta; condotta da adotta-

re in una situazione determinata.

RegolamentoDecisione amministrativa che fissa una regola ge-

nerale e che un gruppo, una collettività devono os-servare.

5. GLOSSARIO E DOCUMENTI DI RIFERIMENTO

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RegolazioneRisposta attiva del soggetto che ha per scopo di

riequilibrare una situazione, reale o virtuale, pro-vocata da fattori di disturbo, avvenuti o previsti. Ogniregolazione provoca due diversi processi: uno re-troattivo che porta alla ripresa dell’azione e l’altroproattivo che permette una correzione o un raffor-zamento.

Ritmo di sviluppoTempo necessario a un bambino per assimilare

conoscenze e competenze nuove.

Scheda del ritmoScheda che permette di annotare, quotidiana-

mente, i principali momenti della vita di un bambinopiccolo: sonno, pasti, stato di veglia, pianti, ecc. Lascheda del ritmo può essere consegnata dai profes-sionisti ai genitori e viceversa.

Schema corporeoOrganizzazione delle sensazioni relative al pro-

prio corpo in relazione al mondo esterno (uso del-l’immagine del corpo: insieme di sensazioni con-cernenti il proprio corpo).

StadiTappe, fasi evolutive o stadi di equilibrio, cor-

rispondenti a delle modalità di adattamento parti-colari di un soggetto rispetto al suo ambiente.

Sviluppo cognitivoProcesso attraverso il quale un individuo ac-

quisisce delle conoscenze e delle informazioni sul-l’ambiente e le elabora per adattare il proprio com-portamento: percezione, formazione di concetti, ra-gionamento, linguaggio, decisione, pensiero.

Sviluppo del linguaggioAcquisizione di una modalità di comunicazione

con gli altri. Il linguaggio non verbale è l’espressionedi idee, di emozioni, attraverso la gestualità, la mi-mica e le posture; il linguaggio verbale consiste nel-la comprensione, l’uso di parole, di frasi per tra-smettere oralmente ciò che s’intende comunicare.

Sviluppo globaleEvoluzione, cambiamento progressivo e conti-

nuo dell’insieme delle dimensioni dello sviluppo edella crescita.

Sviluppo motorioOrganizzazione e padronanza dei gesti, dei mo-

vimenti. La motricità globale è l’insieme delle at-tività motorie del corpo; la motricità fine è l’esplo-razione di movimenti precisi unicamente esercita-ti da una o l’altra singola parte del corpo.

Sviluppo socio-affettivoApprendimento dell’espressione delle proprie

emozioni, dei propri sentimenti e la loro padronanza.Capacità di decifrare quelle degli altri. Pratica del-la vita in gruppo, che permette lo sviluppo di rela-zioni adeguate con gli altri.

ValutazioneAzione che permette di fare il bilancio di una si-

tuazione, di un progetto, dell’evoluzione o delcomportamento di una persona.

5. GLOSSARIO E DOCUMENTI DI RIFERIMENTO

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APPEL G.,TARDOSA., Prendre soin d’un jeune en-fant. De l’empathie aux soins thérapeutiques,Tou-louse, Editions Erès, 1998

ATHANASSIOU C., JOUVETA., L’enfant et la crè-che, Césura Lyon Edition, 1987

BEN SOUSSAN P., Le bébé imaginaire,Toulouse, Erès,1999

BEN SOUSSAN P., La grande aventure de MonsieurBébé, Spirale, no 1, 1996

BONNAUD M., L’adaptation à la crèche, Enfance,41,2, 1988, 91-94

BONNAFEM.,Les livres, c’est bon pour les bébés, Cal-mann-Lévy, 2001

BRAZELTON T., A ce soir, concilier travail et vie defamille, Paris Stock, 1986

BRAZELTON T., Points forts, Paris Stock, 1998BRAZELTONT., CRAMERB.,Les premiers liens, Cal-

mann-Lévy, 1991BRAZELTONT., GREENSPAN S. I.,Ce qu’un enfant

doit avoir, Stock, 2001CAFFARIR.,Lasciamoli giocare, EdizioneCasagrande,

2013CHAPLAIN D-L., CUSTOS-LUCIDI M-F., Les mé-

tiers de la petite enfance, Syros, 2001DAVID M., APPEL G., Loczy ou le maternage inso-

lite, Scarabée, 1973DOLTO F., La cause des enfants, Robert Laffont, 1985DOLTO F., Tout est langage, Vertiges/ Carrère, 1987ENFANCE ET MUSIQUE,Guide d’éveil culturel, Edi-

tion Eveil culturel, 1996FONTAINE A-M., L’observation en crèche, Les me-

tiers de la petite enfance, 1997, 27GABEL M., MANCIAUX M., JESU F., Bientraitan-

ces, Fleurus, 2000

GAIMARD A., Le projet pédagogique en crèche, LeJournal des professionnels de l’enfance, Médita edi-tions, 1999

GIAMPINO S., Lesmères qui travaillent sont-elles cou-pables?Albin Michel, 2000

GOLSE B., L’attention, Spirale, 9, Erès, 1998GUEGEN C., LEVEAU H., Rendez-vous à la crèche,

Toulouse, Privat, 1984KOCH F.,Moi, je vais à la crèche, La joie de Lire, 1995LEVY J., L’éveil au monde, Le Seuil, 1981MARTINO J., Le bébé est une personne, J’ai lu, 1995MAUVAIS P., En institution, l’art du soin au service

de l’intime du bébé, in MELLIER D., ROCHET-TE J., Le bébé, l’intime, l’étrange, Toulouse, Erès,1998

MELLIER D., L’inconscient à la crèche, ESF, 2000MEYER G., SPACK A., SCHENK S., Politique de

l’éducation préscolaire et de l’accueil socio-édu-catif de la petite enfance en Suisse, Cahiers del’EESP, no. 33, 2002

MONTAGNERH.,L’enfant et la communication, Stock,1995

PIERREHUMBERT B., L’accueil du jeune enfant, pra-tiques et recherches dans les différents pays, ESF,1992

TARDOSA., DAVID M.,De la valeur de l’activité li-bre dans l’élaboration du self, Devenir vol. 3,4, 1991

UNIOPSS, L’accueil des jeunes enfants, ESF, 2002VERBA D., Le métier d’éducateur de jeunes enfants,

Syros, 1993WAWRZYNIAK M., Korczak, un enfant comme toi,

Editions du Tricorne, 1994WINNICOTT D. W., Le processus de maturation

chez l’enfant, Payot, 1974WINNICOTT D. W., Jeu et réalité, Gallimard, 1975

5. GLOSSARIO E DOCUMENTI DI RIFERIMENTO

56

5.2.

Documenti di riferimento

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Quadro d’orientamento per la formazione,l’educazione e l’accoglienzadella prima infanzia in SvizzeraStrumento di lavoro e base di discussioneper la pratica, la formazione, la scienza,la politica e il grande pubblico

Commissione Svizzera per l’UNESCO,Rete custodia bambini,Novembre 2012www.quadrodorientamento.ch

Interroger la QualitéPenser les conditions d’accueilfavorables au jeune enfant

Ed. PEP, Losanna, 2012www.crede-vd.ch

Uomini e donne in un team educativo mistoGuida per le strutture d’accoglienza dell’infanzia

Kitas-Assae-Assai, 2013Distribuito da www.atan.ch

Leggi quadro

Ordinanza sull’accoglimento di minoria scopo di affiliazione(Ordinanza sull’affiliazione, OAMin)del 19 ottobre 1977 (stato 1. gennaio 2014)

Legge sul sostegno alle attività delle famigliee di protezione dei minorenni(Legge per le famiglie) (stato 15 settembre 2003)

Regolamento della Legge per le famigliedel 15 settembre 2003 (stato 20 dicembre 2005)

Siti web

www.ti.ch/ufagwww.ti.ch/infofamigliewww.atan.chwww.ville-geneve.ch/themes/petite-enfance-jeunesse-loisirs/petite-enfance

5. GLOSSARIO E DOCUMENTI DI RIFERIMENTO

57

5.3.

Altri documenti di riferimento

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© versione originaleDélégation à la petite enfancede la Ville de Genève, 2002www.ville-geneve.ch/themes/petite-enfance-jeunesse-loisirs/petite-enfance

© versione in italianoDivisione dell’azione sociale e delle famiglieUfficio del sostegno a enti e attivitàper le famiglie e i giovaniwww.ti.ch/ufagwww.ti.ch/infofamiglie

IllustrazioniValérie Losawww.valerielosa.ch

Realizzazione e impaginazionePrestampa Taiana SA, Muzzano

StampaEdizioni Cataropro.ch, Neuchâtel

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Per informazioniUfficio del sostegno a enti e attivitàper le famiglie e i giovani

Via Henri Guisan 36501 BellinzonaTel. 091 814 86 [email protected]/infofamiglie

Repubblicae CantoneTicinoDipartimento della sanitàe della socialitàDivisione dell’azione socialee delle famiglie

Per ordinazioniGLIMI, Gruppo di lingua italianaper i materiali d’insegnamentowww.glimi.ch