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A T A N A S I O L’INCARNAZIONE DEL VERBO LA VITA 1

Patrologia - Atanasio - L'Incarnazione Del Verbo

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A T A N A S I O

L’INCARNAZIONEDEL

VERBO

LA VITA

La biografia di Atanasio è strettamente legata alla storia della controversia ariana. Il primo dato sicuro è la sua presenza al concilio di Nicea (325), come diacono al seguito del Vescovo Alessandro di Alessandria, al quale succederà l’8 giugno del 328.

Nato quasi certamente ad Alessandria verso il 295, fu avviato in quella stessa città allo studio delle lettere umane e della teologia: i suoi scritti, infatti, rivelano una buona formazione letteraria e si ricollegano, nel modo di argomentare e di interpretare la Scrittura, allo spirito e al metodo della scuola teologica alessandrina risalente ad

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Origene attraverso Dionigi, Teognosto e Alessandro. Alla giovinezza risale anche il suo primo contatto con i monaci del deserto e con Antonio, sebbene non possiamo affermare con sicurezza che sia vissuto presso di loro come monaco. Se a tutto questo si aggiunge l’iniziazione alla politica ecclesiastica nel governo di una delle chiese più potenti del tempo, abbiamo i dati essenziali per ricostruire la sua fisionomia, che si rivelerà nel corso del suo lungo episcopato.

A Nicea Ario e i suoi seguaci furono condannati, ma dieci anni dopo gli sconfitti, guidati da Eusebio di Nicomedia, riuscirono a far richiamare Ario dall’esilio e ad allontanare da Alessandria il vescovo Atanasio, facendo leva su alcune sue prese di posizione particolarmente energiche nei confronti dei meleziani (concilio di Tiro, del 335). Atanasio dovette lasciare la sua città per recarsi a Treviri, dove rimase fino alla morte di Costantino (335-337: primo esilio). Ma con la morte di Costantino e il ritorno nella sua sede non cessarono le difficoltà. In un primo tempo lo stesso Eusebio di Nicomedia riuscì a farlo deporre da un concilio, per cui dovette subire un lungo esilio in occidente (339-22 febbraio 346: secondo esilio, trascorso per lo più a Roma); più tardi, quando Costanzo rimasto unico imperatore voleva imporre a tutto l’impero la fede ariana, Atanasio, che era giustamente considerato il maggiore ostacolo al compimento di tale impresa, dovette lasciare la sua città per ritirarsi nel deserto (356-22 febbraio 362: terzo esilio). Sono questi gli anni più duri ma anche più fecondi della sua esistenza. Costanzo, una volta condannato Atanasio, riesce a piegare anche alcuni tenaci difensori del Credo niceno, come Osio di Cordova e Papa Liberio. Le file degli ortodossi si assottigliano, anche se in pochi che vi rimangono, come Ilario di Poitiers, Eusebio di Vercelli e Dionigi di Milano, sono uomini di eccezione. Tutto questo affliggeva profondamente Atanasio confinato nel deserto, ma non ne paralizzava l’attività. Durante questo esilio combatté l’eresia ariana nella sua forma più sottile con le Lettere a Serapione, che si possono considerare il suo capolavoro, e forse anche con i tre Discorsi contro gli ariani; oppure smaschera le loro trame e si difende dalle accuse sia con apologie scritte in un linguaggio fermo e con abilità ed eleganza (Apologia a Costanzo e Apologia per la fuga) come con racconti di carattere popolare, nei quali indulge al meraviglioso (La storia degli ariani ai monaci) o raccogliendo documenti per dimostrare gli ondeggiamenti dei suoi nemici (I Sinodi). A questo periodo risale anche la Vita di Antonio, che morì appunto in quegli anni.

Con il 362, data del suo ritorno ad Alessandria e della convocazione di un importante sinodo in quella stessa città, diviene leader della riscossa ortodossa contro l’arianesimo favorito dall’imperatore, riunendo attorno a sé anche vescovi che non accettavano la stretta terminologia del concilio di Nicea. Riuscì, cioè, a far superare le divergenze strettamente teologiche per formare un fronte unico a difesa dell’ortodossia. Questa sua opera lo rese sgradito prima a Giuliano poi a Valente per cui il vescovo, ormai vecchio, dovette subire l’esilio ancora due volte (362-363: quarto esilio e 365-1° febbraio 366: quinto esilio): finché potè chiudere in pace i suoi giorni il 2 maggio del 373.

INTRODUZIONE: UNITA’ DELL’OPERA DI DIO

1. Nel trattato precedente abbiamo esaminato adeguatamente alcuni argomenti tra i molti: l’errore dei pagani a proposito degli idoli e la loro superstizione; come sono stati scoperti all’inizio avendo gli uomini inventato da sé, per cattiveria, il culto degli idoli. Per grazia di Dio abbiamo dato qualche indicazione anche circa la divinità del Verbo del Padre e la sua provvidenza e potenza universale, nel senso che il Padre, che è buono, dispone l’universo per mezzo di lui e tutto l’universo è da lui mosso ed è in lui vivificato1.

Continuiamo, o caro e vero amico di Cristo, con fede conforme alla pietà, ed esaminiamo dettagliatamente quanto concerne la incarnazione del Verbo ed esponiamo la sua divina manifestazione a noi: quella manifestazione che i Giudei

1 Cfr. At., 17, 28. Con queste parole Atanasio richiama il Contra Gentes e ne riassume il contenuto.

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calunniano e i Greci deridono2, ma che noi adoriamo. Così l’apparente umiliazione del Verbo farà diventare più grande e più abbondante la tua devozione verso di lui. Infatti, quanto più gli infedeli la deridono, tanto più grande è la testimonianza che ci offre della sua divinità: quello che gli uomini non comprendono perché lo giudicano impossibile, egli dimostra che è possibile3; quello che gli uomini deridono giudicandolo sconveniente, questo egli fa diventare conveniente grazie alla sua bontà; ciò che gli uomini conforme alla loro sapienza deridono, giudicandolo umano, egli dimostra che è divino grazie alla sua potenza4. Con la sua pretesa umiliazione egli distrugge, mediante la croce, la falsa apparenza degli idoli e invisibilmente persuade quanti lo deridono e non credono in lui, così che possano riconoscere la sua divinità e potenza.

Per esporre tutto questo occorre ricordare quanto è stato detto prima. Solo così, infatti, potrai comprendere perché il Verbo del Padre, che è così grande e così potente, è apparso in un corpo: non penserai, cioè, che il Salvatore ha portato un corpo in conseguenza della sua natura, ma che, pur essendo per natura incorporeo e Verbo, grazie alla benignità e bontà del Padre suo, è apparso a noi in un corpo umano per la nostra salvezza5. Perciò, dovendo fare questa esposizione, conviene che prima parliamo della creazione dell’universo e di Dio suo creatore, affinché si possa comprendere adeguatamente che il rinnovamento di esso6 è stato compiuto dal Verbo che lo creò all’inizio. Infatti, non si vedrà alcuna contraddizione se il Padre ha operato la salvezza dell’universo in colui per mezzo del quale l’ha creato.

I. ANTECEDENTI DELL’INCARNAZIONE: CREAZIONE E CADUTA DELL’UOMO

2. La costruzione del mondo e la creazione dell’universo molti l’hanno intesa in maniere diverse e ciascuno l’ha definita a suo piacimento. Alcuni affermano che l’universo è venuto all’esistenza spontaneamente e per caso. Tali sono gli epicurei, i quali immaginano che nel mondo non vi sia la provvidenza facendo delle affermazioni direttamente contrarie a quanto chiaramente appare. Infatti, se tutto è venuto all’esistenza spontaneamente e senza provvidenza, come essi dicono, tutti gli esseri dovrebbero essere assolutamente simili e senza differenza. Infatti, come in un unico corpo tutti gli esseri dovrebbero essere sole o luna e negli uomini tutto il corpo dovrebbe essere mano, occhio o piede. Ma non è così; e noi vediamo da una parte il sole e da un’altra parte la luna o la terra, e allo stesso modo nei corpi umani vediamo da una parte il piede e da un’altra la mano o la testa. Orbene, tale ordine indica che quegli esseri non sono venuti all’esistenza per caso e dimostra che all’origine della loro esistenza c’è una causa, a partire dalla quale si può conoscere Dio che ha ordinato e creato l’universo.

2 Cfr. 1 Cor. 1, 22.3 Cfr. Mt. 19, 26.4 Il passo richiama fondamentalmente la definizione del Vangelo data da Paolo in 1 Cor. 1, 17-25. Anche per Atanasio Dio si rivela nella umiltà della carne di Cristo perché gli uomini non sono stati capaci di conoscerlo con la loro sapienza.5 La « benignità e bontà » del Padre indicano il movente della Incarnazione, « la nostra salvezza » ne è il fine. Quest’ultima espressione compare nel Credo di Nicea.6 L’opera redentrice di Cristo concepita come un rinnovamento (anakainisis), nel senso forte di nuova creazione, è un tema caro ad Atanasio. Atanasio se ne serve per dimostrare la divinità di Cristo e la continuità tra la creazione e la redenzione. Se l’opera di Cristo è una nuova creazione, essendo la creazione esclusiva di Dio, Cristo deve essere Dio. D’altra parte questa opera di Cristo è un rinnovamento di ciò che esiste e non si esercita su una realtà a lui estranea, ma sull’uomo e sul mondo che Dio all’inizio ha creato mediante lo stesso Verbo che poi, incarnandosi, la rinnova.

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Altri, tra i quali si annovera anche Platone che è grande tra i Greci, spiegano che Dio ha creato l’universo da materia preesistente e incerata. Secondo loro Dio non potrebbe fare nulla se non esistesse prima la materia, come deve esistere in precedenza il legno perché un artigiano lo possa lavorare. Ma non sanno che con queste affermazioni attribuiscono a Dio la debolezza. Infatti, se non è egli stesso causa della materia, ma si limita a fare le cose con materia preesistente, si scopre che è debole, non potendo creare, senza la materia, alcuna delle cose che esistono. Come è certamente segno di debolezza per l’artigiano il non poter fabbricare nessun oggetto necessario senza il legname. Se per ipotesi non esistesse la materia, Dio non potrebbe far nulla. Ma come si può definire creatore e ordinatore se la sua facoltà di creare dipende da un altro essere, cioè dalla materia? Se le cose stanno così, se lavora una materia preesistente senza essere causa egli stesso della materia, Dio secondo loro sarà un semplice artefice e non il creatore che dà l’essere. Non si può affatto dire creatore, se non crea la materia, dalla quale sono venuti all’esistenza gli esseri creati.

Gli eretici immaginano per loro conto un creatore di tutte le cose diverso dal Padre del nostro Signore Gesù Cristo, rivelando in queste parole una grande cecità. Se il Signore disse ai Giudei: « Non avete letto che all’inizio il creatore li fece maschio e femmina? »; e aggiunse: « Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà alla moglie, e i due saranno una sola carne », e poi indicando il creatore soggiunge: « Quello che dunque Dio ha congiunto l’uomo non lo separi »7, - come possono introdurre una creazione estranea al Padre? Se, come dice Giovanni riassumendo tutto, « tutto è venuto all’esistenza per mezzo di lui e senza di lui nulla è venuto all’esistenza »8, come può esistere un altro creatore all’infuori del Padre di Cristo?

3. Queste sono le loro false opinioni. Ma l’insegnamento divino e la fede conforme a Cristo denunciano come un’empietà queste loro vane parole. Esso insegna che il mondo non è venuto all’esistenza spontaneamente, perché è ordinato da una provvidenza, né da una materia preesistente perché Dio non è debole; ma che dal nulla, e senza che prima esistessero in alcun modo, Dio ha portato all’esistenza tutte le cose mediante il Verbo come dice per mezzo di Mosè: « All’inizio Dio fece il cielo e la terra »9, e ancora per mezzo dell’utilissimo libro del Pastore10: « Prima di tutto credi che uno solo è Dio, colui che ha creato e organizzato tutte le cose e le ha fatte passare dal nulla all’esistenza »11. Lo indica anche Paolo dicendo: « Per fede sappiamo che i mondi furono formati dalla parola di Dio, sì che le cose visibili sono venute all’esistenza da ciò che non si vede »12.

Dio è buono, o piuttosto la fonte della bontà; e chi è buono non può avere invidia di nulla. Perciò, non invidiando l’esistenza di alcuna cosa, ha creato dal nulla tutte le cose mediante il suo proprio Verbo, il nostro Signore Gesù Cristo. Tra tutti gli esseri che vivono sulla terra ebbe pietà del genere umano e vedendo che non era in grado di durare sempre in ragione della sua propria origine, gli fece un dono più grande: gli uomini non si limitò a crearli, come tutti gli altri viventi irrazionali che sono sulla terra, ma li fece secondo la sua immagine, rendendoli partecipi anche della potenza del suo proprio Verbo, affinché avendo in sé alcune ombre del verbo e divenuti razionali, potessero durare nella beatitudine, vivendo nel paradiso la vera vita, che è quella propria dei santi13. D’altra parte, sapendo che la volontà umana può volgersi da una

7 Mt. 19, 4-6.8 Gv. 1, 3.9 Gen. 1, 1.10 Atanasio considera il Pastore di Erma come un libro non canonico (I decreti del sinodo di Nicea, 18), ma lo raccomanda, insieme ad altri libri da lui considerati non canonici (Sapienza, Siracide, Ester, Giuditta e Didachè) , come utile da leggere per chi desidera istruirsi (Lettera festale 39, dell’anno 367).11 Erma, Il Pastore, precetto 1, 1.12 Eb. 11, 3.13 I santi sono gli angeli (cfr. Contro i Gentili 2, dove i « santi » sono contrapposti agli uomini). Tale denominazione risale alla tradizione greca dei SETTANTA e ad alcuni passi dell’Antico e del Nuovo Testamento, che indicano appunto gli angeli con questa parola (Sal. 89, 6; Zac. 14, 5; 1 Tess. 3, 13; 2 Tess. 1, 10). Atanasio usa il termine con questo

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parte o dall’altra, fortificò in precedenza, assegnando loro una legge e un luogo determinato, la grazia che aveva dato. Dopo averli introdotti nel paradiso, dette loro la seguente legge: se avessero custodito la grazia e fossero rimasti virtuosi, avrebbero goduto nel paradiso di una vita senza tristezza, dolore o preoccupazione, oltre ad avere la promessa della incorruttibilità nei cieli; se invece avrebbero trasgredito la legge e, voltatisi indietro, fossero divenuti cattivi, avrebbero conosciuto di essere soggetti per natura alla corruzione14 che si compie nella morte, e che non sarebbero più vissuti nel paradiso, ma morendo poi fuori del paradiso sarebbero rimasti nella morte e nella corruzione. Questo appunto preannuncia la divina Scrittura in nome di Dio: « Potrai mangiare di ogni albero del paradiso, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non dovete mangiare, perché nel giorno in cui ne mangereste, morreste a causa della morte »15. Ora, « morire a causa della morte » significa precisamente non solo il morire ma anche il rimanere nella corruzione della morte16

4. Forse ti domandi con meraviglia perché, mentre ci siamo proposti di parlare dell’incarnazione, ora trattiamo dell’origine degli uomini. Fatto si è che questo argomento non è estraneo allo scopo della nostra trattazione. Parlando della manifestazione del Salvatore a noi non posso fare a meno di parlare anche dell’origine degli uomini, affinché tu sappia che la nostra colpa è divenuta il motivo della sua discesa e che la nostra trasgressione provocò la benignità del Verbo fino al punto che il Signore è venuto da noi ed è apparso tra gli uomini. Noi siamo stati la causa della sua incarnazione e per la nostra salvezza egli fu tanto benigno da divenire uomo e manifestarsi in un corpo.

Così, dunque, Dio ha creato l’uomo e voleva che rimanesse nell’incorruttibilità. Ma gli uomini, divenuti negligenti, abbandonarono la contemplazione di Dio e immaginarono e inventarono da sé il male, come è stato detto nella prima parte17. Perciò ricevettero la sentenza di morte, che era stata loro minacciata in precedenza: non rimanevano più, in seguito, nella condizione in cui erano stati creati, ma andavano soggetti alla corruzione in conformità con i loro pensieri e la morte dominava e regnava su di loro. Infatti, la trasgressione del precetto li riconduceva alla loro natura, per cui, come sono venuti all’esistenza dalla non esistenza, così a giusto titolo dovevano sottostare nel corso del tempo alla corruzione che tende al nulla18. Infatti, se una volta la loro natura era il nulla e furono chiamati all’esistenza grazie alla presenza e benignità del verbo, ne seguiva che gli uomini, divenuti privi della conoscenza di Dio e voltisi verso il nulla – il male, infatti, non è, mentre il bene è perché è stato creato da Dio che è -, rimanessero privi anche dell’esistenza eterna. Ecco che cosa significa rimanere nella morte e nella corruzione dopo la decomposizione. L’uomo è mortale per natura perché è nato dal nulla; ma se avesse conservato la somiglianza con colui che è per mezzo della contemplazione di lui, avrebbe ridotto la sua corruzione naturale e sarebbe rimasto incorruttibile, come dice la Sapienza: « Il rispetto delle leggi è garanzia di incorruttibilità »19. Essendo incorruttibile, sarebbe vissuto come Dio, secondo quanto dichiara in un certo passo la divina Scrittura dicendo: « Io ho detto: Voi siete dèi e tutti figli dell’Altissimo; ma morirete come uomini e cadrete come uno dei principi »20

significato anche nella Vita di Antonio, 35, dove dice che il monaco è chiamato a partecipare alla vita dei « santi ».14 Compaiono qui per la prima volta due termini molto usati in quest’opera: incorruttibilità (aphtharsia) e corruzione (phthorà), che indicano rispettivamente il rimanere per sempre nella vita e la disposizione continua al dissolvimento, alla corruzione.15 Gen. 2, 16-17.16 Atanasio distingue la morte pura e semplice (la morte naturale, per così dire) e la morte che comporta la perdita della incorruttibilità. Alla prima l’uomo è soggetto in quanto creatura, alla seconda in quanto ha disobbedito a Dio.17 Contro i Gentili 3.18 L’uomo per natura tende al nulla, ma Dio gli ha dato la possibilità di continuare a vivere perché l’ha creato a sua immagine.19 Sap. 6, 18.20 Sal. 82, 6-7.

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5. Dio non solo ci ha creati dal nulla, ma ci ha anche donato di vivere secondo Dio per mezzo della grazia del Verbo. Ma gli uomini, allontanando lo sguardo dai beni eterni e volgendolo alle cose corruttibili per suggerimento del diavolo, sono divenuti causa della propria corruzione nella morte: erano bensì corruttibili per natura, come ho detto sopra, ma in grazia della partecipazione del Verbo avrebbero evitato questa conseguenza della loro natura, se fossero rimasti virtuosi. Infatti, a causa del Verbo che era in loro, la corruzione propria della loro natura non li avrebbe intaccati, secondo quanto dice la Sapienza: « Dio creò l’uomo per l’incorruttibilità e come immagine della sua propria eternità, ma per invidia del diavolo entrò la morte nel mondo »21. Accaduto questo, gli uomini morivano e la corruzione dispiegava ormai contro di loro tutto il suo vigore, agendo contro tutto il genere umano con una forza superiore a quella della natura, tanto più che faceva valere contro di loro la minaccia di Dio per la trasgressione del precetto. In realtà nelle loro trasgressioni gli uomini non si erano tenuti entro i limiti stabiliti, ma procedendo a poco a poco, erano giunti al di là di ogni misura, divenendo fin dall’inizio inventori del male e richiamando su di sé la morte e la corruzione; poi voltisi all’ingiustizia e superando ogni iniquità ( non si fermavano ad un solo male ma ne inventavano sempre di nuovi), erano divenuti insaziabili nel peccare. Dappertutto c’erano adulteri e furti, tutta quanta la terra era piena di uccisioni e rapine. Non ci si dava pensiero della legge circa la corruzione e l’ingiustizia; da parte di tutti si commettevano tutti i peccati, singolarmente e insieme. Le città guerreggiavano con le città, i popoli si levavano contro i popoli; tutta la terra era divisa da sedizioni e battaglie e ciascuno faceva a gara nel trasgredire. Non si astenevano neanche da ciò che è contro natura, ma come dice l’apostolo testimone di Cristo: « Le loro donne cambiarono i rapporti naturali in rapporti contro natura. Allo stesso modo anche gli uomini, abbandonando il rapporto naturale con la donna, si accesero di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in sé stessi la punizione che si addiceva al loro traviamento »22.

6. Per queste ragioni la morte si rafforzava sempre più e la corruzione persisteva a danno degli uomini: il genere umano si perdeva, l’uomo razionale e creato a immagine di Dio scompariva e l’opera creata da Dio andava in rovina. Infatti, come ho detto sopra, la morte ormai prevaleva sopra di noi a causa della legge che era stata stabilita da Dio per la trasgressione. Quello che accadde era veramente assurdo e sconveniente nello stesso tempo. Era assurdo che Dio parlando avesse mentito, così che, dopo aver stabilito con una legge che l’uomo sarebbe morto a causa della morte se avesse trasgredito il precetto, dopo la trasgressione l’uomo non morisse e la sua parola risultasse vana. Dio non sarebbe stato veritiero se l’uomo non fosse morto, dopo averci detto che saremmo morti. D’altra parte sarebbe stato sconveniente che le creature, una volta create razionali e partecipi del suo Verbo, perissero e tornassero al nulla attraverso la corruzione. Non sarebbe stato degno della bontà di Dio che gli esseri creati da lui andassero soggetti alla corruzione per l’inganno tramato dal diavolo contro gli uomini. D’altra parte sarebbe stato sommamente sconveniente che l’arte di Dio che si era manifestata nella creazione degli uomini scomparisse o per la loro negligenza o per l’inganno del demonio.

Dunque, dal momento che le creature razionali erano soggette alla corruzione e tali opere andavano in rovina, che cosa doveva fare Dio che è buono?Lasciare che la corruzione prevalesse contro di loro e che la morte li tenesse soggetti? Ma quale vantaggio avrebbero avuto ad essere stati creati all’inizio? Sarebbe stato meglio per loro non essere stati creati piuttosto che, una volta creati, essere abbandonati e perire. Dalla negligenza di Dio si riconosce la sua debolezza più che la sua bontà: debolezza tanto più grande se, dopo averla creata, lascia che la sua opera vada soggetta alla corruzione di quanto sarebbe stata se non avesse creato l’uomo

21 Sap. 2, 23-24.22 Rom. 1, 26-27.

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all’inizio. Infatti, se non lo avesse creato, non ci sarebbe stato nessuno capace di considerare la sua debolezza; ma dopo averle create e portate all’esistenza, sarebbe stato pienamente assurdo che le sue opere perissero, e proprio sotto lo sguardo del creatore. Dunque non doveva permettere che gli uomini fossero trascinati dalla corruzione: ciò era sconveniente e indegno della bontà di Dio.

7. Se per un aspetto doveva accadere questo, d’altra parte vi si oppone quanto è ragionevole da parte di Dio, cioè che Dio risulti veritiero nella sua legislazione riguardante la morte. Sarebbe stato assurdo che per il nostro interesse e la nostra conservazione risultasse menzognero Dio, che è il Padre della verità. In tale situazione che cosa doveva accadere o che cosa doveva fare Dio? Domandare agli uomini penitenza per la trasgressione, così grazie alla penitenza potevano ritornare alla incorruttibilità. Ma la penitenza non avrebbe salvaguardato ciò che è ragionevole da parte di Dio, che sarebbe rimasto non veritiero se gli uomini fossero restati sotto il dominio della morte; né la penitenza libera dalle conseguenze della natura, ma fa solo cessare i peccati. Certo, se ci fosse stata solo la trasgressione senza la corruzione che ne consegue, la penitenza avrebbe potuto bastare; se invece, una volta intervenuta la trasgressione, gli uomini rimanevano soggetti alla corruzione naturale ed avevano perso la grazia della loro conformità all’immagine, che cos’altro doveva accadere? Per una tale grazia e restaurazione di che cos’altro c’era bisogno se non del Verbo di Dio che all’inizio creò l’universo dal nulla? Era suo compito ricondurre il corruttibile alla incorruttibilità e salvaguardare ciò che soprattutto è ragionevole per il Padre23. Essendo il verbo del Padre ed essendo al di sopra di tutti, egli solo, conseguentemente, poteva rinnovare l’universo ed era in grado di patire per tutti e di presentarsi al Padre come ambasciatore per tutti.

II. LA VITTORIA SULLA MORTE

8. Per questo dunque viene sulla nostra terra il Verbo di Dio incorporeo, incorruttibile e immateriale, sebbene prima non ne fosse in alcun modo lontano24. Infatti, nessuna parte del creato è rimasta priva di lui, perché egli, stando con il Padre suo, riempie tutti gli esseri (operando) in tutti; ma si rende presente abbassandosi fino a noi per soccorrerci con la sua benignità e la sua manifestazione! Vedendo che la stirpe razionale andava in rovina e la morte regnava su di loro grazie alla corruzione; vedendo che la minaccia connessa con la trasgressione faceva dominare la corruzione contro di noi e che era assurdo che quella legge fosse abrogata prima di essere soddisfatta; vedendo che era assurdo, in quanto era accaduto, che scomparissero gli esseri di cui egli stesso era creatore; vedendo che la perversità degli uomini superava ogni limite e che a poco a poco l’avevano fatta crescere a loro danno fino a renderla insopportabile; vedendo che tutti gli uomini erano soggetti alla morte, ebbe pietà della nostra stirpe compatendo la nostra debolezza, si abbassò fino alla nostra corruzione e non permise che dominasse la morte; ma affinché non perisse ciò che era stato creato e non riuscisse inutile l’opera del Padre suo nei confronti degli uomini, si prese un corpo non diverso dal nostro. Non volle semplicemente essere in un corpo né volle soltanto apparire25 in un corpo. Infatti, se avesse voluto semplicemente apparire, avrebbe potuto manifestare la sua divinità per mezzo di un essere più potente. Egli prese un corpo come il nostro; e non si limitò a prenderlo, ma lo prese da una vergine pura e senza macchia, che non conosceva uomo: un corpo puro e veramente non contaminato dal contatto con gli uomini. Egli, che è potente e creatore dell’universo, si preparò il corpo nella Vergine come un tempio e se ne appropriò come uno strumento

23 L’uomo decaduto può pentirsi della disubbidienza, ma non può liberarsi dalla corruzione che consegue alla disubbidienza. Questo lo può fare solo il Verbo con un intervento paragonabile a quello della creazione.24 Chiaro riferimento ad Atti, 17, 27.25 Si riferisce al docetismo, eresia ancora assai diffusa nel secolo quarto, specie in ambiente ellenistico. Atanasio stesso dovrà intervenire negli ultimi anni della sua vita con la Lettera ad Epitteto vescovo di Corinto.

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per farsi conoscere ed abitare in esso. Così, preso da noi un corpo simile al nostro, poiché tutti siamo soggetti alla corruzione della morte, lo consegnò alla morte per tutti e lo presentò al Padre compiendo un gesto di benignità affinché, come se tutti fossero morti in lui26, fosse abolita la legge della corruzione che colpiva gli uomini (il suo potere, infatti, era stato applicato pienamente nel corpo del Signore, per cui non le rimaneva più alcuna possibilità contro gli uomini suoi simili) e ricondusse alla incorruttibilità gli uomini che si erano volti alla corruzione vivificandoli con la sua morte: per far scomparire la morte come paglia nel fuoco con l’ appropriazione del loro corpo e la grazia della risurrezione.

9. Il Verbo vedendo che la corruzione degli uomini non poteva essere eliminata se non con una morte generale e che d’altra parte non poteva morire il Verbo, che è immortale e figlio del Padre, si prese un corpo che può morire affinché questo corpo, partecipando del Verbo che è al di sopra di tutti, fosse sufficiente a morire per tutti, pur rimanendo incorruttibile in virtù del Verbo che abita in lui, e si allontanasse così da tutti la corruzione per la grazia della risurrezione. Perciò, offrendo alla morte come vittima e sacrificio esente da ogni macchia il corpo che si era preso, subito allontanò la morte da tutti i suoi simili con l’offerta di un corpo come il loro. Infatti il Verbo di Dio, che è al di sopra di tutti, offrendo il suo tempio e lo strumento del suo corpo come riscatto per tutti, pagava adeguatamente il debito nella sua morte. Inoltre l’incorruttibile Figlio di Dio, essendo in tutti tramite il suo corpo simile a quello di tutti, rivestì adeguatamente tutti della incorruttibilità nella promessa della risurrezione. Questa corruzione che si esprime nella morte non ha più alcuna possibilità di colpire gli uomini a causa del Verbo che abita in loro per mezzo di un corpo 27. Come quando un grande re è entrato in una grande città e ha preso dimora in una delle tante abitazioni che sono in essa, senza dubbio una tale città è ritenuta degna di grande onore e nessun nemico o pirata l’assalta per saccheggiarla, ma la si considera piuttosto degna di ogni riguardo a causa del re che è andato ad abitare in una sua casa, così è accaduto per il Re di tutti28. Da quando è venuto nel nostro mondo ed ha preso dimora in un corpo simile al nostro, ogni insidia dei nemici contro gli uomini è cessata ed è scomparsa la corruzione della morte che prima esercitava il suo potere su di loro. Infatti il genere umano sarebbe perito, se il Figlio di Dio, Signore e Salvatore di tutti, non fosse venuto a soccorrerci per mettere fine alla morte.

10. Questa grande opera conveniva davvero moltissimo alla bontà di Dio. Infatti, se un re ha costruita una casa o una città e questa viene attaccata dai briganti per la negligenza degli abitanti, il re non l’abbandona affatto, ma la difende come opera sua e la salva non badando alla trascuratezza degli uomini ma al proprio onore. Tanto più il Dio Verbo del Padre perfettamente buono non permise che il genere umano da lui creato precipitasse nella corruzione, ma con l’offerta del suo proprio corpo cancellò la morte che era caduta sui di loro, corresse con il suo insegnamento la loro negligenza restaurando con la sua potenza tutta la condizione umana. Ce lo possono garantire i teologi29 del Salvatore stesso, se si leggono i loro scritti, là dove dicono: « L’amore di Cristo ci spinge al pensiero che uno è morto per tutti e quindi tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti affinché noi non viviamo più per noi stessi, ma per colui che per noi è morto e risuscitato »30 dai morti, il Signore nostro Gesù Cristo. E ancora: « Quel Gesù che fu fatto di poco inferiore agli angeli lo vediamo ora coronato di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto, perché per la grazia di Dio egli provasse la morte per ciascuno »31. Poi indica il motivo per cui nessun altro doveva incarnarsi all’infuori 26 Rom. 6, 8.27 Il corpo di Cristo come corpo individuale è suo proprio, ma rappresenta tutto il genere umano: la sua morte paga il debito di tutti e la sua incorruttibilità si trasmette a tutti.28 Espressione usata anche in Contro i Gentili, 9.29 Il termine, nel suo significato generale di chi parla di Dio, è riferito da Atanasio ora ai profeti e agli apostoli, ora ai maestri della scuola di Alessandria.30 2 Cor. 5, 14 -15.31 Eb. 2, 9.

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del Dio Verbo, dicendo: « Ed era ben giusto che colui per il quale e dal quale sono tutte le cose, volendo portare molti figli alla gloria, rendesse perfetto mediante la sofferenza colui che li doveva portare alla salvezza »32. Con queste parole intende dire che nessuno all’infuori del Dio Verbo, che li aveva creati all’inizio, poteva risollevare gli uomini dalla corruzione che era sopraggiunta. Che il Verbo stesso si prese un corpo come offerta sacrificale per i corpi simili al suo lo spiegano dicendo: « Poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e la carne, anch’egli ne è divenuto partecipe similmente per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita »33. Infatti il sacrificio del suo corpo pose fine alla legge, che gravava su di noi, e ci ha portato all’inizio di una nuova vita dandoci la speranza della risurrezione. Poiché la morte è venuta a dominare sugli uomini per colpa degli uomini, la distruzione della morte e la risurrezione della vita sono avvenute mediante il Dio Verbo fatto uomo, come dice il portatore di Cristo: « Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti morirono in Adamo, così tutti saranno vivificati in Cristo »34, e quel che segue. Adesso, infatti, non moriamo più come condannati, ma come quelli che sono destinati a risvegliarsi attendiamo la risurrezione universale di tutti, che « ci mostrerà a suo tempo »35 Dio che l’ha operata e donata.

Questo è il primo motivo dell’incarnazione del Salvatore. Ma anche da quel che segue si può comprendere che la sua benevola manifestazione a noi è avvenuta per buone ragioni.

III. LA RESTAURAZIONE DELLA CONFORMITA’ ALL’IMMAGINE DI DIO

11. Dio che detiene il dominio universale, quando creava il genere umano mediante il suo Verbo, vide che la debolezza della loro natura non era in grado di conoscere da se stessa il creatore né di farsi una qualche idea di Dio. Dio, infatti, è increato mentre le cose sono state create dal nulla; Dio è incorporeo, mentre gli uomini quaggiù sono stati plasmati con un corpo: in una parola, grande è la deficienza delle creature di fronte alla comprensione e conoscenza del creatore. Ancora una volta ebbe pietà del genere umano e non permise, poiché è buono, che gli uomini restassero privi della conoscenza di lui, così che risultasse inutile la loro stessa esistenza. Che vantaggio avevano ad esistere quelle creature se non conoscevano il loro creatore? come possono essere razionali se non conoscono la Ragione del Padre nella quale sono stati creati? Non sarebbero stati affatto superiori agli esseri irrazionali se non avessero conosciuto nulla al di là delle cose terrestri. Perché li avrebbe creati Dio, se non avesse voluto essere conosciuto da loro? Perciò, affinché non accadesse questo, li rese partecipi, essendo buono, della sua propria immagine, il nostro Signore Gesù Cristo, e li creò a sua immagine e somiglianza, così che, conoscendo mediante tale dono l’immagine, vale a dire il Verbo del Padre, potessero mediante lui farsi un’idea del Padre per vivere, conoscendo il creatore, una vita felice e veramente beata.

Ma gli uomini, stolti ancora una volta, disprezzarono la grazia che era stata donata loro, allontanandosi così tanto da Dio e macchiando così tanto la loro anima che non soltanto dimenticarono l’idea di Dio, ma al suo posto si plasmarono altre divinità una dopo l’altra. Si fecero idoli al posto della verità e onorarono gli esseri che non esistono più di Dio che esiste, « adorando la creazione al posto del creatore »36: e il peggio è che trasferivano il culto di Dio a pezzi di legno o di pietra o di ogni altro materiale e agli uomini e fecero anche di più, come è stato detto prima37. Furono talmente empi

32 Eb. 2, 10.33 Eb. 2, 14 -15.34 1 Cor. 15, 21-22.35 1 Tim. 6, 15; Tito, 1, 3.36 Rm. 1, 25.37 Cfr. Contro i Gentili, 8-9.

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che resero culto ai demoni e li chiamavano dèi, assecondando i loro desideri. Per piacere ad essi compivano sacrifici di animali irrazionali e immolazioni di uomini, come è stato detto prima, legandosi sempre più strettamente alla morsa dei loro aculei. Per questo apprendevano da loro la magia e gli oracoli nei diversi luoghi fuorviavano gli uomini, e tutti attribuivano agli astri e a tutti i corpi celesti le cause della nascita e dell’esistenza, senza tener conto di altro fuorché delle apparenze. Tutto, in una parola, era pieno di empietà e perversità. Solo Dio e il suo Verbo erano misconosciuti, sebbene non si fosse nascosto agli uomini rendendosi invisibile: egli non aveva offerto loro una sola via per conoscerlo, ma aveva dispiegato davanti a loro una grande varietà e molteplicità di vie.

12. Bastava la grazia di essere secondo l’immagine per conoscere il Dio Verbo e attraverso di lui il Padre. Ma Dio, conoscendo la debolezza degli uomini, provvide anche alla loro trascuratezza, così che, se avessero trascurato di conoscere Dio attraverso sé stessi, potessero conoscere il creatore attraverso le opere della creazione. Ma poiché la trascuratezza degli uomini scende a poco a poco verso il peggio, Dio provvide anche a tale loro debolezza inviando la legge e i profeti a loro conosciuti affinché, se erano pigri ad alzare lo sguardo verso il cielo per conoscere il creatore, ricevessero un insegnamento da esseri vicini a loro38. Gli uomini possono apprendere più direttamente da altri uomini le cose più importanti. Dunque, levando lo sguardo alla grandezza del cielo e considerando l’armonia del creato, potevano conoscere colui che la regola, il Verbo del Padre, colui che fa conoscere a tutti il Padre mediante la sua provvidenza che investe tutte le cose e muove tutto l’universo, affinché attraverso di esso tutti conoscano Dio. O, se questo era troppo per la loro pigrizia, potevano incontrare i santi39 e attraverso di loro conoscere Dio, il creatore di tutte le cose, il Padre di Cristo, ed apprendere che il culto degli idoli equivale alla negazione di Dio ed è pieno di ogni empietà. Conoscendo la legge, potevano abbandonare ogni perversità e vivere una vita conforme alla virtù. La legge non era solo per i Giudei, né i profeti erano inviati solo per loro. Erano bensì inviati ai Giudei e i Giudei li perseguitavano; ma per tutta la terra erano una santa scuola per la conoscenza di Dio e la condotta dell’anima. Sebbene la bontà e la benignità di Dio fossero tali, pure gli uomini, vinti dai piaceri immediati e dalle illusioni e inganni dei demoni, non si volsero alla verità, ma si immersero in mali e peccati sempre più numerosi, così che non sembravano più razionali, ma in base ai loro costumi erano considerati irrazionali.

13. Una volta che gli uomini erano divenuti così irrazionali e l’inganno dei demoni gettava la sua ombra dappertutto nascondendo la conoscenza del vero Dio, che cosa doveva fare Dio? Tacere di fronte ad una tale situazione e l sciare che gli uomini fossero traviati dai demoni e non conoscessero Dio? O avrebbe dovuto essere creato irrazionale o, una volta creato razionale, non doveva vivere la vita delle creature irrazionali. Quale vantaggio ricavava dall’aver ricevuto all’inizio una nozione di Dio? Se adesso non è più degno di riceverla, non gli doveva essere stata data neppure all’inizio. Quale vantaggio o quale gloria avrebbe Dio creatore, se gli uomini da lui creati non lo adorano, ma pensano che siano altri i loro creatori? Sembra che Dio li abbia creati per altri e non per se stesso.

Inoltre un uomo che sia re non permette che i regni da lui fondati siano presi e vadano soggetti ad altri né che si rifugino sotto la protezione di altri, ma li ammonisce con lettere, invia loro spesso dei messaggi per mezzo di amici e, se necessario, vi si reca di persona per scuoterli con la sua presenza, semplicemente perché non siano schiavi di altri e la sua opera non risulti inutile40. A maggior ragione non doveva Dio risparmiare le sue creature, impedendo che fossero traviate lontano da lui servendo

38 Si indicano chiaramente tre vie per conoscere Dio: l’anima, il mondo e la rivelazione della legge e dei profeti.39 Cioè i profeti.40 Chiara reminiscenza di Mt. 21, 33-41.

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gli dèi che non esistono? Soprattutto non dovevano perire le creature che una volta erano divenute partecipi dell’immagine di Dio, perché tale traviamento diventa per loro causa di rovina e di distruzione. Dunque, che cosa doveva fare Dio? Che cosa doveva avvenire se non il rinnovamento dell’essere secondo l’immagine, affinché per mezzo di essa gli uomini potessero conoscerlo ancora una volta? Non era possibile che avvenisse attraverso gli uomini poiché anch’essi sono stati creati secondo l’immagine; ma non poteva avvenire neanche mediante gli angeli perché neanche essi sono immagini. Perciò venne da sé il Verbo stesso di Dio per restaurare, lui che è l’immagine, l’uomo creato secondo l’immagine. Ma ciò non poteva avvenire se non fosse stata annientata la morte e la corruzione. Perciò a giusto titolo prese un corpo mortale perché in esso potesse essere distrutta la morte ed essere restaurati gli uomini creati secondo l’immagine. Dunque, per questo non c’era bisogno di nessun altro fuorché dell’immagine del Padre.

14. Quando una figura disegnata sul legno è stata cancellata da macchie provenienti dall’esterno, per poter restaurare l’immagine nella stessa materia occorre che si presenti colui che era stato raffigurato, e si deve alla sua figura se non si elimina la materia in cui era stato raffigurato, ma si modella ancora in essa il suo ritratto. Allo stesso modo il santissimo Figlio del Padre, che è immagine del Padre, è venuto nelle nostre regioni per restaurare l’uomo creato a sua immagine e ritrovarlo mediante la remissione dei peccati, dopo che era stato perduto, come dice egli stesso nei vangeli: « Sono venuto a cercare e salvare ciò che era perduto »41. Perciò anche ai Giudei diceva: « Se non si rinasce »42, non indicando, come essi pensavano, la nascita dalla donna, ma riferendosi alla rigenerazione e restaurazione dell’anima nella sua conformità all’immagine. Poiché dominavano sulla terra la follia per gli idoli e l’empietà, e la conoscenza di Dio era nascosta, chi avrebbe dovuto ammaestrare la terra per far conoscere il Padre? Un uomo – si potrebbe dire. Ma gli uomini non potevano percorrere tutta la terra che è sotto il sole né per natura avevano la forza di percorrere un così vasto spazio né potevano ispirare fiducia su questo argomento né erano capaci di opporsi da soli all’inganno e all’illusione dei demoni. Tutti erano stati colpiti e turbati nell’anima dall’inganno dei demoni e dalla vanità degli idoli. Ora come avrebbero potuto convertire l’anima e la mente degli uomini, quando neppure possono vederli? Come si può convertire ciò che non si vede? Forse si potrebbe dire che bastava il creato. Ma se fosse bastato il creato, non ci sarebbero stati mali così grandi. Certo, il creato esisteva, ma gli uomini non erano meno avvoltolati nel medesimo errore circa la conoscenza di Dio. C’era dunque bisogno ancora una volta del Dio Verbo che vede l’anima e l’intelletto, che muove tutti gli esseri del creato e attraverso di essi fa conoscere il Padre. Doveva essere lui, che ci insegna la conoscenza del padre mediante la sua provvidenza e l’ordine che dispone nell’universo, a rinnovare questo stesso insegnamento. Come dunque sarebbe avvenuto ciò? Si dirà, forse, che lo poteva fare con gli stessi mezzi mostrando ancora una volta ciò che riguarda lui attraverso le opere della creazione. Ma questo non è ancora sicuro. Niente affatto. Già prima gli uomini lo avevano trascurato volgendo il loro sguardo non più verso l’alto ma verso il basso. Perciò a buon diritto, volendo soccorrere gli uomini, si presenta come un uomo, prendendo un corpo simile al loro e di umile origine [intendo dire mediante le opere del corpo] *, affinché quanti non avevano voluto conoscerlo in base alla provvidenza e al suo dominio universale conoscessero, in base alle opere compiute mediante lo stesso corpo, il Verbo di Dio che è nel corpo e, attraverso di lui, il Padre.

15. Come un bravo maestro che ha cura dei suoi discepoli, istruisce quelli che non possono ricavare profitto da lezioni più difficili abbassandosi fino al loro livello e con spiegazioni più semplici, così fa il Verbo di Dio, come dice Paolo: « Poiché nel disegno

41 Lc. 19, 10; Cfr. Lc. 15, 3-6.42 Gv. 3, 5.* Le parole comprese tra le parentesi quadre sono molto probabilmente una glossa, entrata poi erroneamente nel testo.

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sapiente di Dio il mondo con tutta la sua sapienza non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione »43. Gli uomini si erano allontanati dalla contemplazione di Dio e, come precipitati in un abisso, tenevano gli occhi fissi verso il basso e andavano cercando Dio nel creato e nelle cose sensibili, considerando come loro dèi gli uomini mortali e i demoni. Per questo il benigno e comune Salvatore di tutti, il Verbo di Dio, si prende un corpo e vive come uomo tra gli uomini e impressiona i sensi di tutti gli uomini, affinché quanti pensano che Dio sia negli esseri corporei conoscano la verità proprio mediante le opere che il Signore compie con le azioni del suo corpo e per mezzo di lui conoscano il Padre. Essendo uomini e pensando ogni cosa in termini umani, dovunque dirigevano i loro sensi, si vedevano attirati e da ogni parte apprendevano la verità. Se erano presi da sacro stupore per la creazione, vedevano che essa confessa Cristo come Signore; se il loro pensiero era attirato verso gli uomini, così da crederli dèi, in base alle opere del Salvatore, che essi paragonavano alle loro, appariva chiaro che tra gli uomini solo il Salvatore è Figlio di Dio. Tra loro, infatti, non ci sono opere come quelle compiute dal Dio Verbo; se erano attirati dai demoni, riconoscevano, vedendoli scacciati dal Signore, che egli solo è il Verbo di Dio, mentre i demoni non sono dèi; se la loro mente si fissava verso i morti, così da rendere culto agli eroi e a quanti sono denominati dèi dai poeti, vedendo la risurrezione del Salvatore riconoscevano che essi sono menzogneri e che solo il Verbo del Padre è il vero Signore, egli che domina anche sulla morte. Per questo nacque e apparve come uomo, morì e resuscitò, indebolendo e oscurando con le sue proprie opere le opere di tutti gli uomini, per ricondurre gli uomini, dovunque fossero stati attirati, e far conoscere loro il Padre suo, come dice egli stesso: « Io sono venuto per salvare e cercare ciò che era perduto »44.

16. Poiché una volta l’intelligenza degli uomini era caduta nelle cose sensibili, il Verbo si abbassò fino ad apparire mediante un corpo, per attirare gli uomini a sé come uomo e dirigere su di sé il loro sensi e così, mediante le opere che compiva, persuadere gli uomini, che pure lo vedevano come uomo, che non era soltanto un uomo, ma anche Dio e Verbo e Sapienza del vero Dio. Appunto per indicare questo Paolo dice: « Radicati e fondati nella carità affinché siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità e conoscere l’amore di Dio che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio »45. Il Verbo si è dispiegato dappertutto: in alto e in basso, in profondità e in ampiezza: in alto nella creazione, in basso nell’incarnazione, in profondità nell’inferno, in ampiezza nel mondo. Tutto il mondo è pieno della conoscenza di Dio. Per questo non portò a compimento, appena venuto in mezzo a noi, il suo sacrificio per tutti, consegnando il suo corpo alla morte e resuscitandolo per rendersi così invisibile, ma si mostrò visibile mediante il corpo dimorando in esso, compiendo tali opere e presentando tali segni per cui si riconosceva non più come uomo ma come Dio Verbo. In tutti e due i modi, mediante l’incarnazione, il Salvatore mostrava la sua benignità: da una parte allontanava da noi la morte e ci restaurava, dall’altra, pur essendo invisibile e indiscernibile, si rivelava attraverso le sue opere e si faceva conoscere come il Figlio di Dio e il verbo del Padre, il capo e il re dell’universo.

IV. LA RIVELAZIONE DELLA DIVINITA’ DEL VERBO MEDIANTE I MIRACOLI

17. In realtà non era chiuso in un corpo, né era in un corpo senza essere altrove; né dava movimento ad esso lasciando l’universo privo della sua azione e provvidenza. Ma, ed è questa la cosa più mirabile, essendo il Verbo, non era contenuto da nessuna cosa, ma piuttosto conteneva tutte le cose egli stesso. Come, pur essendo in tutto il creato, rimane fuori dal creato secondo l’essenza, ma è in tutte le cose grazie alla sua

43 1 Cor. 1, 21.44 Lc. 19, 10.45 Ef. 3, 17-19.

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potenza: tutto dispone, dispiega la sua provvidenza verso tutti e in ogni luogo, vivifica nel contempo ciascun essere e tutti gli esseri, contiene tutte le cose senza essere contenuto, ma è soltanto nel Padre suo, tutto intero e sotto ogni aspetto; così mentre era in un corpo umano e lo vivificava egli stesso, vivificava ugualmente tutti gli esseri ed era in tutti ed era al di fuori dell’universo.

L’anima con i suoi ragionamenti può contemplare anche ciò che è al di fuori del suo proprio corpo, ma non può agire anche fuori del proprio corpo né muovere con la sua presenza gli esseri che sono lontano da questo. Dunque, un uomo, considerando ciò che sta lontano, mai lo muove o lo trasferisce da un luogo ad un altro. Se sta seduto nella sua casa e considera i corpi celesti, non muove certo il sole e fa girare il cielo: vede bensì che quei corpi si muovono ed esistono, ma ciò nonostante è incapace di agire su di essi. Non era certamente tale il Verbo di Dio nell’uomo. Non era legato dal corpo ma piuttosto lo dominava, così che era in esso ed era in tutte le cose ed era al di fuori di tutte le cose che sono e si riposava solo nel Padre. E la cosa più mirabile era che viveva come uomo, ma come Verbo vivificava l’universo e come Figlio era con il Padre. Perciò non sentì nulla quando la Vergine lo partorì né si contaminava per la sua presenza nel corpo, ma piuttosto santificava anche il corpo. Allo stesso modo, pur essendo in tutte le cose, non partecipava di tutte le cose, ma piuttosto tutte le cose ricevono da lui vita e nutrimento. Se il sole, che egli ha creato e noi vediamo, non si contamina quando, aggirandosi nel cielo, viene a contatto con i corpi terrestri né viene distrutto dalle tenebre, ma piuttosto illumina e purifica tutti questi; tanto più il santissimo Verbo di Dio, che è creatore e Signore anche del sole, non era contaminato dal corpo nel quale si faceva conoscere, ma piuttosto, essendo incorruttibile, vivificava e purificava il corpo che è mortale; « egli che – come dice la Scrittura – non fece peccato né fu trovato inganno nella sua bocca »46

18. Dunque, quando i teologi dicono di lui che mangiava e bevevo e fu partorito, sappi che fu il corpo ad essere partorito come un corpo e nutrito con alimenti appropriati, ma a quel corpo era unito lo stesso Dio Verbo che ordina l’universo, il quale mediante le opere che compiva nel corpo si faceva conoscere non già come uomo ma come Dio Verbo. Tuttavia di lui si dice questo perché il corpo che mangiava, che fu partorito e patì non era di un altro ma del Signore e perché, da quando era diventato uomo, era giusto che si dicesse questo di lui come di un uomo, affinché fosse chiaro che ha un corpo vero e non apparente. Ma come da questo si capiva che era presente corporalmente, così dalle opere che compiva mediante il corpo si faceva conoscere come Figlio di Dio. Perciò gridava ai Giudei increduli dicendo: « Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non volete credere a me, credete alle mie opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me ed io nel Padre »47. Come, essendo invisibile, si conosce in base alle opere della creazione, così, una volta divenuto uomo, anche se non si vede nel corpo, dalle opere si può riconoscere che chi compie queste opere non è un uomo ma la Potenza e il Verbo di Dio. Infatti, comandare ai demoni e scacciarli non è opera umana ma divina. Oppure, chi, vedendo che guariva le malattie alle quali è soggetto il genere umano, lo considerava ancora un uomo e non Dio? Mondava i lebbrosi, faceva camminare gli storpi, apriva l’udito dei sordi, dava la vista ai ciechi: in una parola, allontanava dagli uomini tutte le malattie ed ogni infermità. In base a queste azioni chiunque poteva contemplare la sua divinità. Chi, vedendo che dava quel che mancava a chi era nato con qualche difetto naturale, e apriva gli occhi al cieco nato, non avrebbe capito che la generazione umana è soggetta a lui e che egli ne è artefice e creatore? Colui che dà ciò che un uomo non ha avuto dalla nascita, senza dubbio è signore anche della generazione degli uomini. Per questo, anche all’inizio quando discese da noi, si plasmò il corpo dalla Vergine per offrire a tutti un non piccolo segno della sua divinità, poiché chi ha plasmato quel corpo è anche creatore degli altri corpi. Infatti, chi vedendo un

46 1 Pt. 2, 22; Cfr. Is. 53, 9.47 Gv. 10, 37-38.

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corpo proveniente soltanto da una vergine senza il concorso dell’uomo, non pensa che colui che si manifesta in esso è creatore e Signore anche degli altri corpi? Chi vedendo cambiare la sostanza dell’acqua e trasformarsi in vino non pensa che chi ha fatto questo è signore e creatore della sostanza di tutte le acque? Per questo come signore camminava sul mare e vi passeggiava come sulla terra, offrendo a quanti lo vedevano una prova della sua signoria su tutte le cose. Nutrendo con così poco cibo una così grande moltitudine, facendola passare dalla penuria all’abbondanza, così da saziare cinquemila uomini con cinque pani ed avanzarne ancora così tanto, non mostrava di essere il Signore della provvidenza universale?

19. Era giusto che il Salvatore facesse tutte queste cose affinché, non avendo gli uomini conosciuto la sua provvidenza universale e non avendo compreso la sua divinità attraverso la creazione, la vedessero almeno in base alle sue opere compiute mediante il suo corpo e attraverso di esso si facessero un’idea della conoscenza del Padre, risalendo, come ho detto sopra, alla sua provvidenza universale a partire dalle sue opere particolari. Chi, vedendo la sua potenza contro i demoni o i demoni che lo riconoscevano come loro signore, avrebbe ancora dubitato nel suo animo che egli è il Figlio, la Sapienza e la Potenza di Dio?48 Egli non permise che la creazione tacesse, ma – e questa è la cosa mirabile -, anche nella morte, o piuttosto nella vittoria sulla morte, voglio dire sulla croce, tutta la creazione confessava che colui che si faceva conoscere e soffriva nel corpo non era semplicemente uomo, ma Figlio di Dio49, e Salvatore di tutti. Infatti, il sole si volse indietro, la terra tremava, i monti si spezzarono50, tutti erano spaventati. Questi prodigi indicavano che colui che era sulla croce è il Cristo Dio, che tutta la creazione è sua serva e attesta con il timore la sua presenza. Così dunque il Dio Verbo si manifestava agli uomini mediante le sue opere.

Qui di seguito dobbiamo descrivere la fine della sua vita e attività nel corpo ed esporre di quale natura è stata la morte del suo corpo. Soprattutto perché questo è il punto capitale della nostra fede e assolutamente tutti gli uomini ne parlano. In tal modo saprai che anche da questo si riconosce che Cristo è Dio e Figlio di Dio.

V. LA REDENZIONE MEDIANTE LA MORTE

20. Dunque, sopra abbiamo esposto in parte, per quanto era possibile e nella misura in cui la potevamo comprendere, la causa della sua manifestazione corporea: abbiamo cioè spiegato che nessun altro poteva trasformare il corruttibile nella incorruttibilità all’infuori del Salvatore stesso, che all’inizio ha creato tutte le cose dal nulla; che nessun altro tranne l’immagine del Padre poteva restaurare tra gli uomini la conformità all’immagine; che nessun altro poteva risuscitare ciò che è mortale così da renderlo immortale, tranne il nostro Signore Gesù Cristo che è la Vita–in-sé; che nessun altro può insegnarci chi è il Padre ed annientare il culto degli idoli, tranne il Verbo che ordina l’universo ed è il solo e vero unigenito figlio del Padre. Ma poiché doveva essere pagato il debito di tutti (ed egli doveva assolutamente morire, come ho detto sopra, ed era venuto soprattutto per questo), dopo aver dimostrato la sua divinità con le opere, offrì infine il suo sacrificio per tutti consegnando alla morte il suo tempio in nome di tutti per renderli indipendenti e liberi dall’antica trasgressione e mostrarsi così superiore anche alla morte, mostrando il suo corpo incorruttibile come primizia della risurrezione di tutti51.

Non meravigliarti se ripetiamo più volte le stesse cose su gli stessi argomenti. Parlando della bontà di Dio esprimiamo lo stesso pensiero con molte parole perché non sembri che tralasciamo qualcosa e per non essere accusati di non averne parlato

48 Cfr. 1 Cor. 1, 24.49 Cfr. Mc. 5, 7.50 Cfr. Mt. 27, 45-51.51 Cfr. 1 Cor. 15, 20.

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abbastanza. Preferiamo essere biasimati per aver ripetuto le stesse cose che non tralasciare cose che avrebbero dovuto essere scritte.

Dunque il corpo, che condivide la comune natura di tutti i corpi, era un corpo umano. Pur essendo venuto all’esistenza per opera della sola vergine grazie ad un nuovo prodigio, tuttavia, essendo mortale, doveva morire secondo la sorte riservata ai corpi simili ad esso; ma grazie alla venuta del Verbo in lui, non era più soggetto alla corruzione secondo la natura sua propria, ma grazie al Verbo di Dio che era venuto ad abitare in esso era esente dalla corruzione. Tutt’ e due queste cose accaddero prodigiosamente nel medesimo tempo: la morte di tutti si compiva nel corpo del Signore e, nello stesso tempo, la morte e la corruzione erano distrutte grazie al Verbo che era unito a quel corpo. La morte era necessaria e doveva avvenire per tutti, affinché fosse pagato il debito di tutti. Perciò, come ho detto sopra, il Verbo che, essendo immortale, non poteva morire, si prese un corpo, che poteva morire, per offrirlo, come suo proprio, in nome di tutti e, soffrendo egli stesso per tutti grazie alla sua venuta in esso, «ridurre all’impotenza colui che ha il potere della morte, cioè il diavolo, e liberare così quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita»52.

21. Certamente, da quando il comune Salvatore di tutti è morto per noi, noi che crediamo in Cristo non moriamo più di morte come prima secondo la minaccia della legge, perché questa condanna è cessata. E da quando la corruzione è cessata ed è scomparsa in virtù della grazia della risurrezione, noi ci decomponiamo solo secondo la condizione mortale del corpo nel tempo che Dio ha stabilito per ciascuno, perché possiamo «conseguire una risurrezione migliore»53. Infatti, alla maniera dei semi gettati nella terra, non andiamo incontro alla morte decomponendoci, ma risorgeremo come i semi, perché la morte è stata distrutta secondo la grazia del Salvatore. Per questo anche il beato Paolo, divenuto per tutti garante della risurrezione, dice: «Questo corpo corruttibile si deve rivestire di incorruttibilità e questo corpo mortale si deve rivestire di immortalità. Quando poi questo corpo mortale si sarà rivestito di immortalità, allora si compirà la parola della Scrittura: La morte è stata ingoiata per la vittoria. Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?»54.

Ma si potrebbe dire: Se egli doveva necessariamente offrire il suo corpo alla morte per tutti, perché non lo depose privatamente come un uomo, ma arrivò fino ad essere crocifisso? Infatti, sarebbe stato più giusto per lui deporre il suo corpo con onore che non sottostare con ignominia ad una tale morte. Considera ancora una volta se tale obiezione non sia umana, mentre ciò che è stato fatto dal Salvatore è veramente divino e degno della sua divinità per molti motivi. In primo luogo, perché la morte che colpisce gli uomini capita loro per la debolezza della loro natura, dal momento che, non potendo durare a lungo, con il tempo si dissolvono. Per questo li colpiscono le malattie e, divenuti deboli, muoiono. Il Signore, invece, non è debole, ma la Potenza di Dio e il Verbo di Dio e la Vita-in-sé. Perciò, se avesse abbandonato il suo corpo in privato e in un letto alla maniera degli uomini, si sarebbe pensato che anch’egli avesse subito la morte per la debolezza della natura umana e che non avesse alcuna superiorità sugli altri uomini. Poiché era la Vita e il Verbo di Dio e la sua morte doveva avvenire per tutti, da una parte, come Vita e Potenza, sosteneva in se stesso il corpo, dall’altra, dovendo andare incontro alla morte, si procurò non da se stesso ma da parte di altri l’occasione per portare a compimento il suo sacrificio. Non doveva essere ammalato il Signore che curava le malattie degli altri né divenire esausto il corpo che fortificava le debolezze degli altri. Perché, dunque, non impedì la morte e le malattie? Perché prese il corpo appunto per questo e non era giusto evitare la morte per non impedire la risurrezione. D’altra parte non era conveniente che la morte fosse preceduta da una malattia, affinché non si pensasse che fosse soggetto alla debolezza

52 Eb. 2, 14-15.53 Eb. 11, 35.54 1 Cor. 15, 53-55.

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colui che era nel corpo. Allora non ebbe fame? Certo, ebbe fame grazie alla proprietà del suo corpo, ma non fu consumato dalla fame in virtù del Signore che lo portava. Perciò morì per il riscatto di tutti, ma «non vide la corruzione»55. Quel corpo risuscitò intatto, perché non apparteneva ad altri che alla stessa vita.

22. Ma – si potrebbe dire -, doveva sottrarsi all’insidia dei Giudei per conservare il suo corpo pienamente immortale. Apprenda un tale obiettore che anche questo non era degno del Signore. Come non era conveniente che il Verbo di Dio, che è Vita, desse da sé la morte al suo corpo, così non era neppure giusto fuggire la morte data da altri: anzi, doveva piuttosto cercarla per distruggerla. Perciò aveva buone ragioni per non deporre il suo corpo da sé e non fuggire i Giudei che gli tendevano insidie. Un tale atteggiamento non indicava la debolezza del Verbo, ma piuttosto lo faceva conoscere come Salvatore e vita, poiché attendeva la morte per distruggerla e si affrettò a portare a compimento la morte che gli veniva data per la salvezza di tutti. D’altronde il Salvatore non venne a portare a compimento la sua propria morte, ma la morte degli uomini. Perciò non depose il suo corpo per una morte sua propria, cui non poteva essere soggetto essendo la vita, ma accettò la morte che gli imponevano gli uomini per distruggerla completamente, quando si fosse avvicinata al suo corpo.

Che ci sono buone ragioni per cui il corpo del Signore ha avuto questa fine lo si può vedere anche dalle considerazioni seguenti. Al signore stava a cuore soprattutto la risurrezione del corpo, che stava per operare. Era un trofeo di vittoria sulla morte mostrare a tutti la risurrezione e convincere tutti che per opera sua era cessata la corruzione e i corpi avevano riconquistato l’incorruttibilità: e per tutti, come pegno e prova della futura risurrezione di tutti, egli ha conservato incorruttibile il suo proprio corpo. Dunque, se il suo corpo fosse stato ammalato e il Verbo si fosse separato da lui alla vista di tutti, non sarebbe stato conveniente che colui che aveva curato le malattie degli altri permettesse che il suo strumento fosse consumato dalle malattie. Come si sarebbe potuto credere che aveva scacciato le infermità degli altri, se in lui il suo proprio tempio era debole? Oppure sarebbe stato deriso come incapace di allontanare le infermità ovvero, se lo poteva fare e non lo faceva, lo si sarebbe giudicato senza benignità nei confronti degli altri.

23. Se senza alcuna malattia e senza alcun dolore, dopo aver nascosto il suo corpo privatamente e da se stesso «in un angolo»56 o in un luogo deserto o in casa o dove che sia, fosse poi apparso all’improvviso dicendo di essersi risvegliato dai morti, tutti avrebbero pensato che raccontasse favole e a maggior ragione non gli avrebbero creduto quando parlava della risurrezione, non essendoci nessuno che potesse attestare la sua morte. La risurrezione deve essere preceduta dalla morte, perché non vi può essere risurrezione se prima non c’è la morte. Perciò, se la morte del corpo fosse avvenuta di nascosto, se tale morte fosse rimasta invisibile e senza testimoni, anche la sua risurrezione sarebbe rimasta invisibile e senza testimoni. Perché avrebbe dovuto far si che la morte avvenisse di nascosto se, una volta risuscitato, doveva proclamare la risurrezione? Perché avrebbe scacciato i demoni alla vista di tutti e avrebbe dato la vista al cieco nato e cambiato l’acqua in vino, affinché essi credessero che egli era il verbo di Dio, e non avrebbe dimostrato alla vista di tutti che il suo essere mortale era incorruttibile affinché si credesse che era la Vita? Come avrebbero potuto i suoi discepoli predicare con audacia la sua risurrezione, se non avessero potuto dire che prima era morto? Oppure come avrebbero potuto essere creduti quando dicevano che prima c’era stata la morte e poi la risurrezione, se non avessero trovato dei testimoni della sua morte tra coloro davanti ai quali parlavano con tanto coraggio? Se, nonostante che la morte e la risurrezione siano avvenute alla vista di tutti, i farisei di allora non vollero credere ma costrinsero a negare la risurrezione anche a coloro che l’avevano vista; se tutto ciò fosse accaduto di nascosto, quanti

55 At. 2, 31; 13, 35; Sal. 16, 10.56 At. 26, 26.

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pretesti non avrebbero concepito per la loro incredulità? Come si sarebbe dimostrata la fine della morte e la vittoria su di essa, se non l’avesse citata alla vista di tutti per provare che era morta, essendo stata ormai resa vana dalla incorruttibilità della risurrezione?

24. Ma con le nostre spiegazioni dobbiamo rispondere anche a ciò che altri potrebbero dire. Forse si potrebbe muovere questa obiezione: Se la sua morte doveva avvenire alla vista di tutti e alla presenza di testimoni, perché si potesse credere al racconto della risurrezione, avrebbe dovuto anche inventare una morte gloriosa per fuggire il disonore della croce. Ma se avesse fatto questo, si sarebbe esposto al sospetto di non essere potente contro ogni morte ma solo contro quella da lui inventata, e non sarebbe venuto meno il pretesto per non credere alla risurrezione. Così la morte colpì il suo corpo non per sua propria iniziativa, ma in seguito ad un complotto, affinché potesse distruggere proprio quella morte che essi infliggevano al Salvatore. Come un abile lottatore, che eccelle nella intelligenza e nella forza, non si sceglie da sé gli avversari, perché non si sospetti che sia vile di fronte ad alcuni, ma lascia la scelta in potere degli spettatori, soprattutto se gli sono nemici, affinché, abbattuto colui sul quale essi concordano, lo si creda migliore di tutti; così la vita di tutti, Cristo nostro Signore e Salvatore, non inventò da sé una determinata morte per il suo corpo, per non dare l’impressione che ne temesse un’altra, ma accettò e sopportò sulla croce la morte che gli assegnavano gli altri, soprattutto quella che gli infliggevano i nemici pensando che fosse terribile, ignominiosa e intollerabile, affinché, distrutta questa, si credesse che egli è la vita e fosse annientato completamente il potere della morte. È dunque accaduta una cosa mirabile e straordinaria: la morte ignominiosa che essi pensavano di infliggergli era il trofeo della sua vittoria contro la stessa morte. Così non subì la morte di Giovanni, a cui fu tagliata la testa 57 né fu segato come Isaia58, per conservare anche nella morte il suo corpo indiviso e intatto e non dare alcun pretesto a chi vuole dividere la Chiesa59.

25. Questo sia detto per gli estranei60 che ammassano argomenti su argomenti. Ora se anche qualcuno dei nostri, non per amore di contesa ma per desiderio di apprendere61 domanda perché non subì un’altra morte, ma quella della croce, apprenda anche costui che appunto questo tipo di morte tornava a nostro vantaggio e il Signore la subì non senza ragione per noi. Infatti, se egli venne a portare la maledizione che era caduta su di noi, come «avrebbe potuto divenire maledizione»62, se non avesse accettato la morte che era caduta su di noi a causa della maledizione? Ora questa è la morte di croce perché sta scritto: «Maledetto colui che è appeso sul legno»63. Inoltre, se la morte del Signore è riscatto di tutti e con la sua morte si abbatte «il muro della divisione»64 e si realizza la vocazione delle genti, come avrebbe potuto chiamarci, se non fosse stato crocifisso? Solo sulla croce si muore con le braccia distese. Così era giusto che il Signore subisse questa morte e distendesse le braccia per attirare a sé con uno l’antico popolo e con l’altro quanti provengono dalle genti, e riunire gli uni e gli altri in se stesso. Lo ha detto egli stesso indicando con

57 Cfr. Mc. 6, 14-29 e Mt. 14, 1-12.58 La tradizione circa una simile morte di Isaia è attestata dallo scritto giudaico Ascensione di Isaia, e forse vi si allude anche in Eb. 11, 37.59 L’integrità del corpo di Cristo nella morte (a lui non furono spezzate le gambe come ai ladroni: cfr. Gv. 19, 33) è vista come simbolo della integrità del corpo della Chiesa, che è continuamente minacciata dagli eretici. Assai probabilmente qui Atanasio allude agli ariani.60 Gli estranei (lett. : quelli di fuori) sono i pagani; I nostri, di cui si parla subito dopo, sono i cristiani. Da qui si ricava che lo scritto di Atanasio è rivolto sia ai pagani che ai cristiani.61 È lecito al credente interrogarsi sui misteri della fede purché sia guidato dal sincero desiderio di apprendere o, come si dice più spesso, dalla pietà.62 Gal. 3, 13.63 Dt. 21, 23.64 Ef. 2, 14.

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quale morte avrebbe riscattato tutti: «Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me»65. E ancora, se il diavolo nemico della nostra stirpe è caduto dal cielo e va errando nelle regioni inferiori dell’aria e lì esercita il suo potere sui demoni che lo accompagnano, simili a lui nella disobbedienza, producendo fantasmi con il loro aiuto e cercando di ostacolare coloro che vogliono salire,… E l’apostolo a questo proposito dice: «Secondo il principe dell’impero dell’aria, che adesso opera tra i figli della disobbedienza»66. Ora il Signore è venuto per abbattere il diavolo, purificare l’aria e aprirci la strada che conduce ai cieli, come disse l’apostolo, «attraverso il velo, cioè la sua carne»67. E questo doveva avvenire mediante la morte. Ora tutto ciò con quale altro tipo di morte avrebbe potuto accadere se non con quella avvenuta nell’aria, cioè con la morte sulla croce? Infatti, solo colui che spira sulla croce muore nell’aria. Perciò giustamente il Signore subì questa morte. Così, innalzato da terra, purificò l’aria da ogni inganno del diavolo e dei demoni, dicendo: «Vedevo cadere Satana come un fulmine»68; restaurò la via che porta ai cieli aprendoci la strada, dicendo ancora: «Alzate le vostre porte, o principi, e voi porte eterne, alzatevi»69. Non era il verbo ad aver bisogno che si aprissero le porte, egli che è signore di tutti; né alcuna creatura era chiusa per il creatore. Ad avere bisogno eravamo noi che egli portava in alto con il suo proprio corpo. Infatti, come l’offrì alla morte per tutti, così per mezzo di esso ci aprì la strada che conduce ai cieli.

VI. LA RISURREZIONE DI CRISTO E IL DONO DELL’INCORRUTTIBILITA’

26. Dunque la sua morte per noi sulla croce è stata conveniente ed opportuna. Il motivo di essa si è rivelato ragionevole sotto tutti gli aspetti e presenta argomenti validi, poiché la salvezza di tutti non doveva avvenire altrimenti che mediante la croce. In effetti neppure così accettò di essere invisibile sulla croce, ma in maniera insigne fece sì che il creato attestasse la presenza del suo creatore: non permise che il suo tempio, il corpo, aspettasse a lungo, ma dopo averlo mostrato morto per la congiunzione della morte con lui, subito il terzo giorno lo fece risorgere, portando come trofeo e vittoria sulla morte l’incorruttibilità e l’impassibilità acquisite nel corpo. Avrebbe potuto risvegliare il suo corpo e mostrarlo ancora vivo subito dopo la morte, ma anche questo il Salvatore non l’ha fatto per una giusta previsione. Si sarebbe potuto dire che non era morto affatto o che la morte non l’aveva toccato assolutamente, se avesse mostrato subito la sua risurrezione. E forse se il momento della morte fosse stato identico a quello della risurrezione, la gloria della risurrezione non sarebbe stata evidente. Così per mostrare che il corpo era morto, il Verbo lasciò passare un giorno di intervallo e il terzo giorno lo mostrò a tutti incorruttibile. Dunque fu per mostrare che il corpo era morto lo risuscitò il terzo giorno. Se avesse risuscitato il corpo dopo un lungo intervallo, quando era già completamente decomposto, non gli avrebbero creduto, come se portasse non il suo stesso corpo ma quello di un altro. Infatti, con il passare del tempo si sarebbe potuto diffidare di ciò che appariva e dimenticare ciò che era accaduto. Perciò non aspettò più di tre giorni, senza far aspettare a lungo quanti lo avevano sentito parlare di risurrezione. Le sue parole risuonavano ancora nelle loro orecchie, i loro occhi lo attendevano ancora, il loro animo era sospeso ed erano ancora vivi sulla terra, in quegli stessi luoghi, coloro che l’avevano ucciso e potevano attestare la morte del corpo del Signore, quando lo stesso Figlio di Dio, dopo un intervallo di tre giorni, mostrò immortale e incorruttibile il corpo che era stato morto, mostrando a tutti che il corpo non era morto per la debolezza della natura del verbo che vi abitava, ma perché in lui fosse annientata la morte mediante la potenza del Salvatore.

65 Gv. 12, 32.66 Ef. 2, 2.67 Eb. 10, 20.68 Lc. 10, 18.69 Sal. 24, 7.

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27. Ecco una prova non piccola e una testimonianza evidente che la morte è stata distrutta e che la croce è stata una vittoria su di lei, per cui da allora la morte non ha più alcun potere, ma è veramente morta: tutti i discepoli di Cristo la disprezzano, vanno contro di lei e non la temono più, ma con il segno della croce e con la fede in Cristo la calpestano come morta. Una volta, prima della divina venuta del Salvatore, tutti piangevano i morti come se fossero perduti; mentre da quando il Salvatore ha risuscitato il suo corpo, la morte non fa più paura, ma tutti quanti credono in Cristo la calpestano, come se non fosse nulla, e preferiscono morire piuttosto che rinnegare la fede in Cristo, perché veramente sanno che morendo non periscono, ma continuano a vivere e divengono incorruttibili mediante la risurrezione. Il solo ad essere rimasto veramente morto, adesso che «le pene della morte sono state eliminate»70, è il diavolo che prima assaliva perversamente mediante la morte. Prova ne sia che gli uomini, prima di credere in Cristo, vedono la morte come terribile e la temono; mentre quando passano alla fede e all’insegnamento di lui disprezzano talmente la morte che le si muovono incontro coraggiosamente, divenendo testimoni della risurrezione operata dal Salvatore contro di lei. Uomini e donne, ancor giovani di età, hanno fretta di morire e si esercitano a combatterla praticando l’ascesi. La morte è diventata così debole che anche le donne, che prima erano state ingannate da lei, adesso si prendono gioco di lei considerandola morta e debilitata. Come quando un tiranno è stato vinto e incatenato mani e piedi da un re legittimo, tutti i passanti lo canzonano, lo percuotono e lo dileggiano, perché ormai, grazie al re che lo ha vinto, non temono più la sua rabbia e la sua crudeltà; così da quando sulla croce la morte è stata vinta, condannata al disonore e incatenata mani e piedi dal Salvatore, tutti i cristiani, passando sopra di lei, la calpestano e rendendo testimonianza a Cristo deridono la morte beffeggiandola e ripetendo quanto è stato scritto in un altro passo contro di lei: «Dov’è, o morte, la tua vittoria; dov’è, o inferno, il tuo pungiglione?»71

28. Tutto questo è forse una prova insignificante della debolezza della morte? È una prova insignificante della vittoria riportata dal Salvatore su di lei, quando fanciulli e giovani ragazze cristiane disprezzano la vita presente e si preparano a morire? Per natura l’uomo teme la morte e la decomposizione del corpo; ma la cosa più sorprendente è che dopo essersi rivestito della fede nella croce, disprezza anche i moti della natura e non teme la morte a causa di Cristo. Il fuoco possiede per natura la proprietà di bruciare; ma si dice che esistono degli oggetti che non temono la bruciatura, ma ne mostrano piuttosto la debolezza, come si dice dell’amianto degli Indi. Ammettiamo che uno non ci creda e voglia fare la prova: basta che si rivesta del materiale non infiammabile e si accosti al fuoco per convincersi della debolezza del fuoco. Analogamente chi volesse vedere il tiranno incatenato deve andare nel territorio e nel regno di colui che l’ha vinto per vedere privo della sua forza colui che prima faceva paura agli altri. Allo stesso modo se uno rimane incredulo anche dopo prove così grandi, dopo che tanti sono diventati martiri di Cristo, dopo che la morte viene derisa ogni giorno da coloro che si distinguono in Cristo; se rimane ancora in dubbio circa la distruzione e la fine della morte, fa bene a porsi delle domande su un argomento così importante, ma non sia duro fino all’incredulità né impudente di fronte a fatti così evidenti. Ma come chi prende l’amianto riconosce che non può essere intaccato dal fuoco e chi vuol vedere il tiranno incatenato va nel regno di colui che l’ha vinto, così chi non crede alla vittoria sulla morte, accetti la fede di Cristo e si metta alla sua scuola: vedrà allora la debolezza della morte e la vittoria su di lei. Molti che prima non credevano e ci deridevano, poi, divenuti credenti, disprezzarono talmente la morte che divennero martiri di Cristo.

70 At. 2, 24.71 1 Cor. 15, 55.

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29. Se si calpesta la morte con il segno della croce e la fede in Cristo, è chiaro al giudizio della verità che non può essere altro che Cristo stesso colui che ha riportato questi trofei e queste vittorie contro la morte riducendola all’impotenza. Se prima la morte era potente e per questo era terribile, mentre ora, dopo la venuta del Salvatore e la morte e risurrezione del suo corpo, è disprezzata, , è chiaro che la morte fu ridotta all’impotenza e vinta da colui che salì sulla croce. Se dopo la notte viene il sole e illumina tutta la superficie della terra, senza alcun dubbio il sole che dispiega dappertutto la sua luce è quello stesso che scaccia le tenebre e illumina tutte le cose. Analogamente se la morte è calpestata e disprezzata da quando è avvenuta la salutare manifestazione del Salvatore nel corpo, evidentemente è stato lo stesso Salvatore apparso nel corpo a ridurre all’impotenza la morte e a riportare ogni giorno trofei su di lei nei suoi discepoli. Quando si vedono uomini deboli per natura che si slanciano contro la morte, senza spaventarsi di fronte alla distruzione che essa provoca e senza temere la discesa nell’inferno, ma che anzi invocano la morte con animo ardente e, senza spaventarsi di fronte alle torture, preferiscono a causa di Cristo lo slancio che li spinge alla morte piuttosto che la vita presente; oppure se si vedono uomini e donne e ragazzi giovani che corrono e si slanciano verso la morte per devozione a Cristo, chi è così ingenuo o incredulo o così cieco nell’animo da non vedere e capire che Cristo stesso, al quale gli uomini rendono testimonianza, offre e dà a ciascuno la vittoria sulla morte, riducendola all’impotenza in ciascuno di quanti hanno la fede in lui e portano il segno della croce? Chi vede calpestare un serpente, soprattutto se conosce la sua precedente ferocia, non dubita che sia morto o ridotto alla più completa impotenza, a meno che abbia la mente stravolta e i suoi sensi corporei non siano sani. Chi vedendo dei fanciulli scherzare con un leone 72, ignora che quel leone è morto o ha perso tutta la sua forza? Come si può constatare con i propri occhi che tutto questo è vero, così essendo la morte derisa e disprezzata da quanti credono in Cristo, nessuno più dubiti né si rifiuti di credere che la morte è stata ridotta all’impotenza da Cristo e che la sua forza di distruzione è stata dissolta ed è finita.

30. Quanto si è detto sopra è una prova non piccola che la morte è stata ridotta all’impotenza e che la croce del Signore è un trofeo contro di lei. Per quanto poi riguarda la risurrezione del corpo ormai immortale, operata da cristo, il comune Salvatore di tutti e la vera vita, per chi conserva sano l’occhio dell’intelligenza la dimostrazione a partire da quel che si vede risulta più chiara dei ragionamenti. Se, come ha dimostrato il nostro ragionamento, la morte è stata ridotta all’impotenza e grazie al Signore tutti la calpestano, molto più la calpestò e la ridusse all’impotenza egli per primo nel suo proprio corpo. Una volta uccisa la morte, che cos’altro doveva fare se non risuscitare il suo corpo e mostrarlo come trofeo contro di lei? Come si sarebbe potuto vedere la disfatta della morte, se il corpo del Signore non fosse risuscitato? Se poi qualcuno non ritiene sufficiente questa dimostrazione a proposito della risurrezione, creda a quel che ho detto in base a ciò che accade davanti ai suoi occhi. Se una volta morti non si è più capaci di far nulla ma la gratitudine per il defunto giunge fino alla tomba e poi cessa – solo i vivi, infatti, agiscono ed operano nei confronti degli altri uomini -, veda chi vuole e giudichi confessando la verità in base a ciò che si vede. Se il Salvatore compie opere così grandi tra gli uomini, se ogni giorno e in ogni angolo della terra persuade invisibilmente una così grande moltitudine, proveniente dai Greci e dai barbari, a passare alla fede in lui e ad obbedire, tutti, al suo insegnamento, si potrà ancora dubitare che il Salvatore ha operato la risurrezione e che Cristo vive o piuttosto è egli stesso la vita? Può forse un morto commuovere l’animo degli uomini così che rinneghino i costumi patrii e adorino l’insegnamento di cristo? Oppure, se non agisce, perché questo è il comportamento proprio dei morti, come può far cessare l’attività di quelli che sono attivi e vivi, così che l’adultero non commetta più adulterio, l’omicida non uccida più, l’ingiusto non sia più avido e l’empio

72 Atanasio presenta qui come simbolo della mote il leone e il serpente, che in genere sono presentati come simbolo del demonio e del male. La simbologia risale al Sal. 91, 13.

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diventi pio? Se non è risuscitato ma è ancora morto, come può scacciare, perseguitare ed abbattere i falsi dèi, che secondo gli infedeli vivono, e i demoni che essi adorano? Quando si nomina Cristo e la fede in lui, si elimina ogni idolatria e si respinge ogni inganno dei demoni, perché nessuno dei demoni può sopportare neanche il suo nome, ma al semplice sentirlo si danno alla fuga. Ora questo non può essere opera di un morto, ma di un vivo e soprattutto di Dio. D’altronde sarebbe ridicolo affermare che sono vivi i demoni da lui perseguitati e gli idoli da lui distrutti e dire che è morto colui che li scaccia senza neppur farsi vedere e del quale tutti riconoscono che è il Figlio di Dio.

31. Quanti si rifiutano di credere nella risurrezione presentano una grave obiezione contro sé stessi, se tutti i demoni e gli dèi da loro adorati non perseguitano Cristo, di cui essi dicono che è morto, ma piuttosto Cristo dimostra che tutti loro sono morti. Se è vero che chi è morto non fa nulla mentre il Salvatore compie ogni giorno opere così grandi: attira la pietà, persuade alla virtù, istruisce sull’immortalità, eleva al desiderio delle cose celesti, rivela la conoscenza del padre, infonde nell’uomo la potenza contro la morte, si rivela a ciascuno e distrugge l’empietà degli idoli; se gli dèi e i demoni adorati dagli infedeli non sono in grado di compiere alcuna di queste opere, ma alla venuta di cristo divengono come morti riducendosi ad un’apparenza vuota e vana, mentre con il segno della croce cessa ogni magia, ogni incantesimo si riduce a niente, tutti gli idoli rimangono soli e abbandonati, cessa ogni piacere irrazionale ed ognuno leva lo sguardo dalla terra al cielo, chi si deve dire che è morto? Cristo che compie opere così grandi? Ma agire non è la proprietà caratteristica di chi è morto! O non si deve dire piuttosto che è morto colui che non fa assolutamente nulla, ma giace senza vita, proprietà questa dei demoni e degli idoli che sono come morti? Il Figlio di Dio, «che è vivo e operante»73, agisce ogni giorno ed opera la salvezza di tutti; la morte, invece, perso il suo vigore, è sotto accusa ogni giorno e gli idoli e i demoni diventano sempre più privi di vita, così che nessuno può più dubitare della risurrezione del suo corpo.

Chi non crede nella risurrezione del corpo del Signore assomiglia a chi non conosce la potenza di colui che è Verbo e sapienza di Dio. Se ha preso veramente un corpo e se l’è appropriato secondo un ordine ragionevole, come ha dimostrato il nostro ragionamento, che cosa ne doveva fare il Signore? Quale avrebbe dovuto essere la fine di quel corpo, una volta che il Verbo era entrato in esso? Non poteva non morire perché era mortale e doveva essere offerto alla morte per tutti. Era questo il motivo per cui se l’era procurato; d’altra parte non poteva rimanere nella morte essendo divenuto il tempio della vita. perciò morì in quanto mortale, ma risuscitò grazie alla vita che era in lui; e le opere attestano la sua risurrezione.

32. Se ci si rifiuta di credere che è risuscitato perché non si vede, è tempo ormai che gli increduli rinneghino anche ciò che è secondo natura. Come è stato detto sopra, è proprio di Dio non essere visto ma essere conosciuto a partire dalle sue opere. Dunque, se non ci sono le opere, è giusto che non credano a ciò che non si vede; ma se le opere gridano e lo rivelano chiaramente, perché negano deliberatamente la vita della risurrezione, che è così evidente? Anche se sono divenuti ciechi nell’animo, possono vedere almeno con i sensi esteriori l’incontestabile potenza e divinità di Cristo74. Un cieco, se non vede il sole ma sente il calore che emana da lui, sa che c’è il sole sulla terra. Così i nostri avversari, anche se non credono ancora perché sono ancora ciechi di fronte alla verità, conoscendo la potenza di altri che già credono, non rinneghino la divinità di Cristo e la risurrezione da lui operata. Evidentemente se Cristo fosse ancora nella morte, non avrebbe potuto scacciare i demoni e depredare gli idoli, perché i demoni non avrebbero obbedito ad un morto. Ora se essi sono chiaramente scacciati dal suo nome, è evidente che egli non è morto, soprattutto perché i demoni, i

73 Eb. 4, 12.74 Cfr. Rm. 1, 20.

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quali vedono anche ciò che gli uomini non vedono, avrebbero potuto conoscere se Cristo è morto e non obbedirgli affatto. ora i demoni vedono ciò che gli empi non credono: vedono che è Dio, e per questo fuggono e cadono ai suoi piedi dicendo quello che gridavano quando era nel corpo: «Noi sappiamo chi sei tu; tu sei il santo di Dio». E ancora: «Basta! che abbiamo a che fare con te, Figlio di Dio? Ti prego, non tormentarmi»75. Se dunque lo confessano i demoni e lo attestano ogni giorno le opere, dovrebbe essere evidente – e nessuno sia sfacciatamente ostinato di fronte alla verità -, che il Salvatore risuscitò il suo corpo ed è vero Figlio di Dio, perché deriva appunto dal Padre come suo proprio Verbo e Sapienza e Potenza, il quale negli ultimi tempi prese un corpo per la salvezza di tutti, insegnò a tutta la terra la conoscenza del Padre, ridusse all’impotenza la morte e donò a tutti l’incorruttibilità con la promessa della risurrezione, risuscitando come primizia76 il suo proprio corpo e mostrandolo come trofeo sulla morte e sulla corruzione portata dalla morte con il segno della croce.

VII. CONTRO I GIUDEI

33. Stando così le cose ed essendo evidente la prova della risurrezione del corpo e la vittoria sulla morte riportata dal Salvatore, ebbene, confutiamo l’incredulità dei Giudei e la derisione dei Greci. Per questo forse i Giudei non credono e i Greci ci deridono, facendo leva su quello che la croce e l’incarnazione del Dio Verbo presentano di sconveniente; ma il nostro discorso non tarderà ad opporsi agli uni e agli altri, soprattutto perché può produrre contro di loro prove evidenti.

I Giudei increduli trovano la loro confutazione nelle Scritture che anch’essi leggono. Dal principio alla fine ogni libro davvero divinamente ispirato proclama queste verità, come indicano chiaramente le parole stesse. Tanto tempo fa i profeti preannunciarono il miracolo della Vergine e la nascita del Messia da lei dicendo: «Ecco, la Vergine concepirà e partorirà un figlio, e lo chiameranno con il nome di Emanuele, che tradotto significa: Dio è con noi»77. Mosè, che è veramente grande e che essi considerano veritiero, considerando molto importante quello che doveva dire dell’incarnazione del Salvatore, dopo averlo conosciuto lo mise per iscritto in questi termini: «Una stella spunterà da Giacobbe e un uomo da Israele, e spezzerà i capi di Moab»78. E ancora: «Come sono belle le tue dimore, o Giacobbe, e le tue tende, o Israele: sono come valli ombrose e come giardini lungo i fiumi, come tende che ha piantato il Signore e come cedri lungo i corsi d’acqua. Uscirà un uomo dal suo seme e dominerà su molti popoli»79. E ancora Isaia: «Prima che il bambino impari a chiamare il padre e la madre, prenderà la potenza di Damasco e le spoglie si Samaria saranno portate davanti al re degli Assiri»80. Costoro dunque preannunciano che apparirà un uomo. Che colui che viene è il Signore di tutti lo predicono ancora con queste parole: «Ecco: il Signore sta su una nube leggera e giungerà in Egitto e crolleranno gli idoli dell’Egitto»81. E da lì il Padre lo chiama indietro dicendo: «Dall’Egitto ho chiamato il mio figlio»82.

34. Neanche la sua morte è stata passata sotto silenzio, ma è indicata molto chiaramente nelle divine Scritture. I profeti non ebbero paura ad indicare la causa della sua morte – che subì non per se stesso ma per l’immortalità e la salvezza di tutti -, il complotto dei Giudei e la violenza che usarono nei suoi confronti, affinché nessuno, quando fosse accaduto tutto ciò, rimanesse incredulo e vi trovasse motivo di smarrimento. Dicono dunque: «Un uomo che è nell’afflizione e sa sopportare il dolore, poiché la sua faccia è stata maltrattata. Fu disprezzato e non fu considerato affatto. 75 Cfr. Lc. 4, 34; Mt. 8, 28; Mc. 5, 7.76 Cfr. 1 Cor. 15, 20.77 Is. 7, 14; Mt. 1, 23.78 Num. 24, 17.79 Num. 24, 5-7.80 Is. 8, 4.81 Is. 19, 1.82 Os. 11, 1; Mt. 2, 15.

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Egli porta i nostri peccati e soffre per noi e noi lo giudicavamo punito, percosso e umiliato. Invece egli fu ferito per i nostri peccati ed è nell’afflizione per le nostre trasgressioni: su di lui si è abbattuto il castigo che ci procura la pace, per le sue piaghe siamo stati guariti»83. Ammira la benignità del Verbo che per noi si sottopone all’oltraggio, affinché noi siamo onorati. «Tutti – dice – eravamo sperduti come pecore; l’uomo andava errando nella sua strada e il Signore lo consegnò ai nostri peccati. Egli, trovandosi nell’umiliazione, non apre la bocca; fu condotto al macello come una pecora e come un agnello rimane senza voce di fronte a chi lo tosa, così egli non apre la sua bocca. Nella sua umiltà la sua causa non fu presa in considerazione»84.Poi, affinché nessuno, facendo leva sulla passione, lo considerasse un uomo comune, la Scrittura previene le supposizioni degli uomini descrivendoci la sua potenza sovrumana e la diversità della sua natura rispetto a noi con queste parole: «Chi può indicare la sua origine? La sua vita si eleva lontano dalla terra. Fu condotto alla morte per le trasgressioni del popolo. Io darò i cattivi per la sua sepoltura e i ricchi per la sua morte, perché non commise alcuna trasgressione e non fu trovato alcun inganno nella sua bocca. E il Signore lo vuol salvare da ogni trafittura»85.

35. Ma forse, udita la profezia della morte, desideri apprendere anche quanto è stato indicato a proposito della croce. Neppure questo quegli uomini santi hanno passato sotto silenzio, ma lo hanno indicato molto chiaramente. Per primo Mosè lo preannuncia a gran voce con queste parole: « Vedrete la vostra vita sospesa davanti ai vostri occhi e non crederete »86. I profeti seguenti ne danno ancora testimonianza dicendo: «Io ero come un agnello innocente che viene portato al sacrificio, e non lo sapevo. Essi avevano tramato il male contro di me dicendo: Venite, mettiamo un legno nel suo pane e strappiamolo via dalla terra dei viventi»87. E ancora: «Hanno scavato le mie mani e i miei piedi ed hanno contato tutte le mie ossa. Si sono divise tra loro le mie vesti e sul mio vestito hanno gettato la sorte»88. Una morte avvenuta in alto nell’aria e su un legno non può essere altro che la croce. Inoltre, poiché con la venuta del Salvatore tutti i popoli hanno cominciato a conoscere Dio, neppure questo hanno lasciato senza indicarlo, ma anche questo è menzionato nelle sante lettere: «Egli sarà – dice – la radice di Iesse e colui che si leva a reggere i popoli, e in lui i popoli porranno la loro speranza»89.

Ecco alcuni passi per dimostrare questi fatti; ma tutta la Scrittura è piena di testi che confutano l’incredulità dei Giudei. Chi mai tra tutti i giusti e santi profeti e patriarchi ricordati nelle divine Scritture ebbe un corpo nato da una vergine sola? Quale donna ha mai potuto dare la vita da sola ad un essere umano, senza il concorso dell’uomo? Abele non nacque da Adamo, Enoch da Iared, Noè da Lamech, Abramo da Tarra, Isacco da Abramo e Giacobbe da Isacco? Giuda non nacque da Giacobbe, e Mosè ed Aronne non nacquero da Amerai? Samuele non nacque da Elcana, David da Iesse, Salomone da Davide, Ezechia da Acaz, Giosia da Amos, Isaia da Amos, Geremia da Chelcia, Ezechiele da Bouzi? Ciascuno di loro non ebbe un padre come autore della sua vita? Chi dunque è nato da una vergine sola? Per questo il profeta si è tanto premurato di indicarlo. Di chi una stella apparsa nei cieli ha preceduto la nascita e appena nato lo ha indicato al mondo? Mosè appena nato fu nascosto dai suoi genitori; Davide non era noto neppure ai suoi vicini giacché non lo conosceva neppure il grande Samuele, il quale domandò se Iesse aveva ancora un figlio; Abramo acquistò notorietà presso i vicini solo dopo essere diventato un uomo grande. Invece della nascita di Cristo non fu testimone un uomo, ma una stella apparsa nel cielo, da dove appunto egli scendeva.83 Is. 53, 3-5.84 Is. 53, 6-8; At. 8, 32-33.85 Is. 53, 8-10.86 Dt. 28, 66.87 Ger. 11, 19.88 Sal. 22, 17-79; Gv. 19, 24.89 Is. 11, 10; Rm. 15, 12.

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36. Quale re, tra tutti quelli che sono esistiti, divenne re e riportò trofei sui nemici «prima di poter chiamare il padre o la madre»90? Davide non cominciò a regnare a trent’anni e Salomone non cominciò a regnare quand’era un giovane? Ioas non giunse al regno all’età di sette anni91? e Giosia, che era ancora più giovane, non prese il potere quando aveva circa sette anni92? Ma essi, pur essendo di tale età, potevano chiamare il padre o la madre. Chi è dunque colui che quasi prima della nascita regna e depreda i nemici? C’è mai stato in Giuda e in Israele un re tale che in lui tutti i popoli abbiano posto la loro speranza e trovato la pace? Lo dicano i Giudei dopo avere indagato. Non è vero piuttosto che i popoli si opponevano loro da ogni parte? Finché durava Gerusalemme, erano sempre in guerra senza tregua e tutti combattevano contro Israele: gli Assiri li opprimevano, gli Egiziani li perseguitavano, i Babilonesi li attaccavano e, cosa sorprendente, li combattevano anche i Siri, loro vicini. Davide non faceva la guerra contro quelli di Moab e non abbatteva i Siri? Giosia non stava in guardia di fronte ai vicini? Ezechia non temeva l’arroganza di Sennacherib, Amalech non marciava contro Mosè? Gli Amorrei non si opponevano a Gesù figlio di Nave e gli abitanti di Gerico non gli si schieravano contro? Tra i popoli e Israele non c’era assolutamente alcun patto di amicizia. È giusto, perciò, vedere chi è colui nel quale i popoli pongono la loro speranza. Qualcuno dev’essere dal momento che il profeta non può mentire. Quale dei santi profeti o degli antichi patriarchi morì sulla croce per la salvezza di tutti? Chi fu ferito o elevato da terra per la salute di tutti? Quale dei giusti o dei re scese in Egitto e con la sua discesa ha fatto scomparire gli idoli degli Egizi? Vi scese bensì Abramo, ma l’idolatria continuava a dominare su tutti; vi nacque Mosè, ma il culto dei fuorviati non diminuiva affatto.

37. A chi tra tutti quelli che sono ricordati nella Scrittura furono scavate le mani e i piedi? Chi fu appeso sul legno e finì la sua vita sulla croce per la salvezza di tutti? Abramo morì spirando su un letto; Isacco e Giacobbe morirono anch’essi dopo aver disteso i piedi su un letto. Mosè e Aronne finirono la vita sul monte; Davide morì nella sua casa senza essere vittima di un complotto dei popoli. Se fu ricercato da Saul, rimase tuttavia indenne. Isaia fu segato ma non fu appeso su un legno; Geremia fu maltrattato ma non morì in seguito ad una condanna; Ezechiele patì, non però per il popolo, ma perché preannunciava quello che sarebbe accaduto al popolo. Inoltre, tutti questi, anche se pativano, erano uomini come tutti gli altri secondo la somiglianza della natura; invece colui di cui le Scritture annunciano che patisce per tutti non è semplicemente uomo, ma è detto vita di tutti, sebbene sia per natura simile agli uomini. «Vedrete – dice – la vostra vita appesa davanti agli occhi vostri»93. E ancora: «Chi può indicare la sua origine?»94. Di tutti i santi si può apprendere l’origine ed indicare chi è ciascuno di essi e da chi è nato; ma a proposito di colui che è la vita le divine parole dichiarano che la sua origine è ineffabile.

Chi è dunque colui del quale le divine Scritture parlano così? Chi è così grande che i profeti preannunciano di lui caratteristiche così grandi? Nelle Scritture non si trova nessun altro all’infuori del comune Salvatore di tutti, il Dio Verbo, che è il Signore nostro Gesù Cristo. Egli è colui che uscì dalla Vergine, apparve come uomo sulla terra e la cui origine secondo la carne è ineffabile. Nessuno infatti può indicare il padre suo secondo la carne perché il suo corpo non deriva da un uomo ma dalla Vergine soltanto. Come, seguendo le genealogie, si possono indicare gli antenati di Davide, di Mosè e di tutti i patriarchi, così nessuno può dimostrare che il Salvatore ha avuto origine da un uomo secondo la carne. Egli ha fatto sì che la stella segnalasse la nascita del suo corpo, perché il Verbo che discende dal cielo doveva presentare un segno

90 Is. 8, 4.91 Cfr. 2 Re, 12, 1.92 Cfr. 2 RE, 22, 1.93 Dt. 28, 66.94 Is. 53, 8.

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proveniente dal cielo e l’arrivo del re del creato doveva essere conosciuto chiaramente da tutta la terra. Certo nacque in Giudea, ma i Persiani vennero ad adorarlo. Egli già prima della sua manifestazione corporea aveva riportato la vittoria sui demoni suoi avversari e trofei contro l’idolatria. perciò tutti i pagani proveniente da ogni luogo, rinnegando le consuetudini patrie e l’empio culto degli idoli, pongono in Cristo la loro speranza e si consacrano a lui, come si può vedere con i propri occhi. L’empietà degli Egizi è cessata solo quando il Signore dell’universo, come trasportato su una nube, scese lì con il suo corpo e ridusse all’impotenza il vano culto degli idoli, riconducendo tutti a sé e attraverso di sé al Padre. Egli fu crocifisso, come attestano il sole, il creato e coloro stessi che lo condussero alla morte. Con la sua morte è avvenuta la salvezza per tutti e tutta la creazione è stata riscattata. Egli è la vita di tutti e come una pecora offrì alla morte il suo corpo come vittima per la salvezza di tutti, anche se i Giudei non credono.

38. Se a loro giudizio queste prove non sono sufficienti, si lascino almeno persuadere da altri passi che anch’essi hanno a disposizione. Infatti, di chi i profeti dicono: «Divenni manifesto a chi non mi cercava e mi feci trovare da chi non mi interrogava; dissi: Eccomi, a gente che non invocava il mio nome; tesi le mani ad un popolo disobbediente e ribelle?»95. Chi è dunque colui che divenne manifesto? Vorrei che lo si domandasse ai Giudei. Se è il profeta, dicano quando era nascosto per potersi poi rivelare. Inoltre, che profeta è mai questo che si rivelò dopo essere stato invisibile e poi distese le braccia sulla croce? Certamente nessuno dei giusti, ma solo il Verbo di Dio che è incorporeo per natura, si rivelò nel corpo per noi e patì per noi. Se neanche questa testimonianza è sufficiente, arrossiscano almeno di fronte ad altre, vedendo una confutazione così chiara. Dice, infatti, la Scrittura: «Irrobustitevi, o mani fiacche e ginocchia vacillanti; consolatevi, o cuori pusillanimi; coraggio, non temete. Ecco, il nostro Dio renderà giustizia, verrà lui stesso e ci salverà: allora si apriranno gli occhi ai ciechi e le orecchie dei sordi udranno; allora lo zoppo salterà come un cervo e la lingua dei muti si scioglierà»96. Che cosa possono dire di questo? Come osano opporsi a questo? La profezia dichiara che Dio viene e fa conoscere i segni e il tempo della sua venuta: affermano che con il sopraggiungere della sua divina venuta i ciechi vedono, gli zoppi camminano, i sordi odono e la lingua dei muti si scioglie. Ci dicano quando sono avvenuti questi segni in Israele o dove è accaduto qualcosa di tale in Giuda. Fu bensì guarito il lebbroso Neman, ma né un sordo udì né uno zoppo camminò. Elia ed Eliseo risuscitarono un morto, ma nessun cieco dalla nascita acquistò la vista. È veramente un grande prodigio risuscitare un morto, ma non così grande come il miracolo compiuto dal Salvatore. Del resto, se la Scrittura non ha passato sotto silenzio il fatto del lebbroso e il figlio morto della vedova, certamente se uno zoppo avesse cominciato a camminare e un cieco avesse ricuperato la vista, la parola non avrebbe mancato di far conoscere anche questo. Perciò dal momento che di questo nelle Scritture non si parla, evidentemente prima questi prodigi non sono avvenuti. perciò quando sono avvenuti, se non allorché il Verbo stesso di Dio è venuto nel corpo? E quando è venuto se non allorché gli storpi si misero a camminare, ai muti si sciolse la lingua, i sordi udirono e i ciechi dalla nascita acquistarono la vista? Perciò anche i Giudei contemporanei che vedevano tutto questo, convinti di non aver mai sentito dire che questo era accaduto in altro tempo, dicevano: «Da che mondo è mondo non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. E se questi non fosse da Dio, non avrebbe mai potuto far nulla»97.

39. Ma forse anch’essi, non potendo combattere contro fatti evidenti, non rinnegheranno ciò che è stato scritto, ma affermeranno con vigore che attendono questi prodigi e che Dio non è ancora venuto. Diffondendo dappertutto ciarle di questo

95 Is. 65, 1-2; Rm. 10, 20-21.96 Is. 35, 3-6; Eb. 12, 12.97 Gv. 9, 32-33.

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genere, non si vergognano di essere così impudenti di fronte a fatti evidenti. Eppure a confutarli su questo argomento non saremo noi i primi, ma il sapientissimo Daniele, il quale annuncia il tempo presente e la divina venuta del Salvatore dicendo: «Settanta settimane furono fissate per il suo popolo e per la città santa: per mettere fine al peccato, per mettere i sigilli ai peccati, cancellare le iniquità , espiare le iniquità, ricondurre la giustizia eterna, suggellare la visione e il profeta ed ungere il Santo dei santi. Da quando è uscita la parola tu saprai e comprenderai per rispondere ed edificare Gerusalemme, finché l’Unto sia il principe»98. Forse negli altri passi possono trovare pretesti e riferire al futuro quanto è stato scritto. Ma di fronte a queste parole che cosa possono dire, come possono resistere? Qui si indica l’Unto e colui che viene unto non viene preannunciato semplicemente come uomo, ma come Santo dei santi, Gerusalemme esiste fino alla sua venuta e quindi cessano in Israele il profeta e la visione. Furono unti nel passato Davide, Salomone ed Ezechia, ma Gerusalemme e il luogo santo esistevano ancora e i profeti continuavano a profetare: Gad, Asaph e Natan e dopo di loro Isaia, Osea, Amos e gli altri. Inoltre gli stessi unti furono chiamati uomini santi e non santi dei santi. Se poi presentano come argomento la cattività, affermando che a causa di essa Gerusalemme non esisteva più, che cosa possono dire dei profeti? Quando nel passato il popolo scese a Babilonia, c’erano lì Daniele e Geremia, e profetavano Ezechiele, Aggeo e Zaccaria.

40. Dunque i Giudei raccontano favole e passano oltre il tempo presente. Quando cessarono il profeta o la visione in Israele, se non ora che è venuto Cristo, il santo dei santi? Segno e grande prova della venuta del Verbo è che Gerusalemme non esiste più, che non è più sorto un profeta e non si rivela più loro una visione. Ed è molto giusto che sia così. Infatti, quando venne colui che era stato annunciato, che bisogno c’era ancora di annunciatori? Essendo ormai presente la verità, che bisogno c’era ancora dell’ombra? Per questo profetarono finché giunse la Giustizia–in-sé e colui che riscattava i peccati di tutti. Per questo Gerusalemme esisteva così a lungo, affinché lì meditassero in anticipo le figure della verità. Quindi, una volta venuto il santo dei santi, giustamente fu messo il sigillo alla visione e alla profezia ed è cessato il regno di Gerusalemme. Presso di loro furono unti i re fino al momento in cui fu unto il Santo dei santi. E Mosè profetizza che il regno dei Giudei esisterà fino a lui dicendo: «Il capo non sarà allontanato da Giuda né il principe dai suoi lombi, finché giunga ciò che è riservato per lui; ed egli è l’attesa delle genti»99. Perciò il Salvatore stesso proclamava: «La legge e i profeti hanno profetato fino a Giovanni»100. Dunque, se ora c’è tra i Giudei un re o un profeta o una visione, essi hanno ragione di negare che Cristo è venuto; se invece non c’è più né re né visione, ma è stato messo il sigillo ad ogni profezia e la città e il tempio sono stati distrutti, perché sono così empi e trasgressori da non vedere ciò che è accaduto e negare che Cristo ha fatto tutto questo? Perché, vedendo che i Gentili abbandonano gli idoli e mediante Cristo ripongono la loro speranza nel Dio di Israele, non riconoscono Cristo, che è nato dalla radice di Iesse secondo la carne e da allora regna? Se i Gentili onorassero un altro Dio senza riconoscere il Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe e Mosè, avrebbero una giusta scusa per dire che Dio non è venuto. Se invece i Gentili onorano quel Dio che ha dato la legge a Mosè e ha fatto la sua promessa ad Abramo – quel Dio dei quali i Giudei hanno disonorato il Verbo -, Perché non riconoscono, o, piuttosto perché si rifiutano volontariamente di vedere che il Signore profetizzato dalle Scritture ha brillato sulla terra ed è apparso su di essa in forma corporea, come dice la Scrittura: «Il Signore Dio

98 Dn. 9, 24-25.99 Gen. 49, 10.100 Mt. 11, 13.

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è apparso a noi»101. E ancora: «Mandò il suo Verbo e li guarì»102. E ancora: «Non fu un messaggero o un angelo, ma il Signore stesso a salvarli»103.

Sono in una condizione simile a chi, colpito nella mente, vede bensì la terra illuminata dal sole, ma nega l’esistenza del sole che la illumina. Che cosa può fare di più, quando verrà, colui che essi attendono? Chiamare i Gentili? Ma sono già stati chiamati prima. Far cessare il profeta, il re e la visione? Ma anche questo è già avvenuto. Denunciare l’empietà degli idoli? Ma essa è già stata denunciata e condannata. Ridurre all’impotenza la morte? Ma vi è già stata ridotta. Come si può dunque dire che non è accaduto ciò che Cristo deve compiere? Che cosa non è stato ancora compiuto, così che i Giudei si rallegrino e non credano? Se, come appunto vediamo, presso di loro non c’è più né re né profeta né Gerusalemme né sacrificio né visione, ma tutta la terra è piena della conoscenza di Dio104 e i Gentili, abbandonando l’empietà, si rifugiano nel Dio di Abramo mediante il Verbo, il Signore nostro Gesù Cristo, dovrebbe essere evidente anche per i più impudenti che Cristo è venuto, ha illuminato assolutamente tutti con la sua luce ed ha impartito il vero e divino insegnamento circa il Padre suo. Dunque con quest e ancor più numerose testimonianze ricavate dalle divine Scritture si possono giustamente confutare i Giudei.

VIII. CONTRO I GENTILI

1. Gli argomenti

41. Per quanto riguarda i Greci ci si potrebbe molto meravigliare che da una parte essi deridano ciò che non merita di essere deriso e dall’altra rimangano ciechi nella loro vergogna, che non vedono essendosi consacrati alle immagini di pietra o di legno. Ma poiché la nostra dimostrazione non è a corto di prove, orsù, facciamo arrossire anche questi con argomenti logici, soprattutto a partire da ciò che vediamo noi stessi. Che cosa c’è di assurdo o di ridicolo nella nostra posizione? Forse in ogni modo il dire che il Verbo è apparso in un corpo? Ma anch’essi ammettono che ciò è accaduto senza alcuna assurdità, se sono amici della verità. Se poi negano assolutamente che esista un Verbo di Dio, si prendono una pena superflua a deridere ciò di cui non sanno nulla. Se invece riconoscono che esiste un Verbo di Dio, che è la guida dell’universo, che in lui il Padre ha operato la creazione, che grazie alla sua provvidenza l’universo riceve luce, vita ed esistenza ed egli regna su tutti, così che a partire dalle opere della provvidenza si può conoscere lui e mediante lui il Padre; osserva, ti prego, se senza accorgersene non fanno ricadere il ridicolo su di sé.

I filosofi greci dicono che il mondo è un grande corpo, e dicono il vero. Noi vediamo che il mondo e le sue parti cadono sotto i nostri sensi. Se dunque il Verbo di Dio è nel mondo, che è un corpo, ed è venuto in tutte le sue parti e in ciascuna singolarmente, che cosa c’è di strano o assurdo se diciamo che è venuto anche in un uomo? Se è assolutamente assurdo che sia in un corpo, dovrebbe essere assurdo che egli sia venuto nell’universo e illumini e muova tutte le cose con la sua provvidenza, perché appunto l’universo è un corpo. Ora, se è conveniente che egli venga nel mondo e si faccia conoscere nell’universo, dovrebbe essere conveniente che si riveli anche in un corpo umano, il quale è da lui illuminato ed agisce sotto il suo impulso. Anche il genere umano è una parte dell’universo; e se non è conveniente che una parte diventi suo strumento per la conoscenza della divinità, sarebbe assolutamente assurdo che egli si facesse conoscere mediante tutto quanto il mondo.

101 Sal 118, 27.102 Sal. 107, 20.103 Is. 63, 9.104 Cfr. Is. 11, 9.

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42. Essendo tutto il corpo mosso e illuminato dall’uomo, si giudicherebbe insensato chi considerasse un’assurdità affermare che la potenza dell’uomo è anche nel dito di un piede perché, pur ammettendo che penetra ed agisce in tutto il corpo, non gli permetterebbe di essere in una parte. Allo stesso modo chi ammette e crede che il Dio Verbo di Dio è nell’universo e che l’universo è da lui illuminato e mosso, non giudicherà assurdo che da lui sia mosso ed illuminato anche un solo corpo umano. Se poi pensano che non sia conveniente la manifestazione del Salvatore in un uomo, di cui noi parliamo, perché il genere umano è creato ed è stato fatto dal nulla, è tempo che lo escludano anche dal creato, perché anche questo è venuto all’esistenza dal nulla mediante il Verbo. Se invece, nonostante che la creazione sia creata, non è assurdo che il Verbo sia in essa, certamente non è neppure assurdo che il Verbo sia in un uomo. Quello che si può pensare del tutto, lo debbono necessariamente pensare anche della parte. Anche l’uomo, come ho detto prima, è una parte del tutto. Dunque non è affatto assurdo che il Verbo sia in un uomo e che tutte le cose da lui e in lui siano illuminate e mosse e vivano, come affermano i loro scrittori dicendo: «In lui viviamo, ci muoviamo e siamo»105. In fin dei conti, che cosa c’è di ridicolo se il Verbo si serve del corpo nel quale è come strumento per rivelarsi? Se non fosse stato in esso, non avrebbe potuto neanche servirsene. Se invece ammettiamo che egli è nell’universo e nelle singole parti, perché dovrebbe essere incredibile che si manifesti nelle parti in cui è? Se egli, pur essendo con le sue potenze tutto in ciascuno e in tutti gli esseri e ordinando tutte le cose, volesse farsi conoscere con una parte del tutto – se, ad esempio, pur ordinando tutte le cose con larghezza, volesse farsi conoscere mediante il sole o la luna o il cielo o la terra o le acque o il fuoco -, nessuno direbbe che ha agito assurdamente servendosi di questa «voce» per far conoscere se stesso e il Padre suo, perché contiene tutte le cose ed è in tutte le cose e in quella stessa parte e si rivela invisibilmente. Analogamente non può essere assurdo che egli, che ordina e vivifica l’universo ed ha voluto farsi conoscere attraverso gli uomini, si sia servito di un corpo umano come strumento per la rivelazione della verità e la conoscenza del Padre, perché anche l’umanità è una parte del tutto. Come l’intelletto, pur essendo in tutto l’uomo, si esprime con una parte del corpo, voglio dire con la lingua, e nessuno senza dubbio dice che la sostanza dell’intelletto ne risulta diminuita, così se il Verbo, che è dappertutto, si serve di uno strumento umano, ciò non deve apparire sconveniente. Come ho detto prima, se non gli si addice servirsi di un corpo come di uno strumento, non gli si addice neanche di essere nell’universo.

43. Se ci domandano perché non è apparso attraverso altre parti del creato, che sono migliori, cioè perché non si è servito di uno strumento migliore, come il sole o la luna o le stelle o il fuoco o l’etere, ma solo di un uomo, sappiano che il Signore non è venuto per farsi vedere, ma per curare e ammaestrare coloro che soffrivano. Per farsi vedere bastava apparire e impressionare quelli che vedevano, mentre per curare e ammaestrare non bastava semplicemente venire, ma occorreva rendersi utile a chi aveva bisogno e presentarsi in modo conforme alle loro necessità, per non turbare quegli stessi che hanno bisogno con una manifestazione superiore alle necessità di coloro che soffrivano, per cui la manifestazione della divinità risulterebbe per loro inutile. Nessuna creatura era nell’errore circa la conoscenza di Dio, eccetto soltanto l’uomo. Certamente né il sole né la luna né il cielo né le stelle né l’acqua né l’etere hanno cambiato il loro corso, ma conoscendo il Verbo loro creatore e re sono rimasti così come sono stati creati. Solo gli uomini, volgendo le spalle al bene, si sono plasmati idoli inesistenti al posto della verità, attribuendo ai demoni e agli uomini di pietra l’onore dovuto a Dio e la conoscenza di lui.

Perciò, non essendo degno della bontà di Dio ignorare una tale situazione, mentre d’altra parte gli uomini non avevano potuto riconoscerlo, sebbene egli fosse presente nell’universo e lo guidasse, prese come strumento un corpo umano, che è una parte del tutto, e vi entrò, affinché gli uomini, non avendo potuto conoscerlo nel tutto, non lo

105 At. 17, 28.

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misconoscessero almeno in questa parte e, non avendo potuto volgere lo sguardo alla sua potenza invisibile, potessero almeno conoscerlo e contemplarlo a partire da realtà simili a loro. Essendo uomini, attraverso il suo corpo simile al loro e le opere divine compiute con quel corpo, potranno conoscere più in fretta e più da vicino il Padre suo, considerando che le opere da lui compiute non sono umane ma di Dio. Se fosse assurdo, come essi pensano, che il Verbo si faccia conoscere mediante le opere del corpo, sarebbe anche assurdo che si faccia conoscere a partire dalle opere dell’universo. Infatti, come essendo nella creazione, non partecipa affatto della creazione, ma piuttosto tutti gli esseri partecipano della sua potenza, così pur servendosi del corpo come di uno strumento, non è divenuto partecipe di nessuna qualità del corpo, ma piuttosto egli stesso santificava anche il corpo. Se anche Platone, che è ammirato tra i Greci, dice che colui che generò il mondo, vedendolo sbattuto dalla tempesta e in pericolo di sprofondare nella regione della dissomiglianza, si pose al timone dell’anima per aiutarla correggendone tutti gli errori106, perché non si deve credere a noi quando affermiamo che, essendo l’umanità in preda all’errore, il Verbo venne ad abitare in essa apparendo come uomo, per salvarla dalla tempesta con la sua guida e la sua bontà?

44. Forse accetteranno queste argomentazioni per un senso di vergogna, ma ripagheranno nel dire che Dio, se voleva educare e salvare gli uomini, doveva farlo con un semplice comando senza che il suo Verbo venisse a contatto con il corpo, come fece all’inizio, quando fece nascere gli esseri dal nulla. A questa loro obiezione si potrebbe giustamente rispondere che all’inizio, quando non esisteva assolutamente nulla, c’era bisogno soltanto del comando e della volontà di Dio per la creazione dell’universo. Ma quando fu creato l’uomo e sorse la necessità di curare non ciò che non esisteva ma le creature che già esistevano, era logico che il medico e Salvatore si presentasse tra coloro che già erano venuti all’esistenza, per curare appunto le creature già esistenti. Per questo è divenuto uomo e si è servito del corpo come di uno strumento umano. Se le cose non dovevano avvenire in questo modo, come avrebbe dovuto presentarsi il Verbo, se voleva servirsi di uno strumento umano? Da dove doveva prenderlo se non dagli esseri già creati e che avevano bisogno della sua divinità mediante un essere simile a loro? Non si trattava di esseri non esistenti che avevano bisogno di salvezza, per cui poteva bastare un semplice comando, ma dell’uomo già creato che andava soggetto alla corruzione e alla rovina. Perciò ha fatto bene il Verbo a servirsi di uno strumento, che giustamente è umano, ed espandersi in tutti gli esseri.

Inoltre, si deve sapere che la corruzione, che era sopraggiunta, non era rimasta fuori del corpo ma lo aveva penetrato, ed era perciò necessario che al posto della corruzione vi si attaccasse la vita affinché la vita fosse nel corpo come nel corpo era stata la morte. Dunque, se la morte era fuori del corpo, doveva essere fuori anche la vita; ma se la morte si era attaccata al corpo ed essendo unita ad esso la dominava, era assolutamente necessario che la vita si attaccasse al corpo perché il corpo, rivestitosi a sua volta della vita, allontanasse da sé la corruzione. D’altronde se il Verbo fosse stato al di fuori del corpo e non in esso, certissimamente la morte sarebbe stata vinta, perché senza dubbio la morte non prevale sulla vita, ma non di meno nel corpo sarebbe rimasta la corruzione che era sopraggiunta. Perciò giustamente il Salvatore si rivestì di un corpo, affinché questo corpo, essendosi unito alla vita, non rimanesse più nella morte in quanto mortale, ma in quanto rivestito dell’immortalità, potesse poi risuscitare e rimanere immortale. Essendosi una volta rivestito della corruzione, non avrebbe potuto risuscitare se non si fosse rivestito della vita. Infine, la morte non può presentarsi in se stessa se non in un corpo. Perciò il Salvatore si rivestì di un corpo per cancellare la morte che aveva trovato in quel corpo. Il Signore, infatti, come avrebbe potuto dimostrare inequivocabilmente di essere la vita, se non avesse vivificato ciò che era mortale? La paglia, sebbene per natura sia soggetta ad essere

106 Cfr. Politico 273a.

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distrutta a contatto con il fuoco, se il fuoco si tiene lontano, non brucia più, ma rimane né più né meno paglia che teme la minaccia del fuoco, perché il fuoco per sua natura la può distruggere; se invece la si riveste di molto amianto, di cui si dice che è incompatibile con il fuoco, la paglia non teme più il fuoco, sentendosi sicura sotto quel rivestimento non soggetto a combustione. Lo stesso si può dire del corpo e della morte. Se la morte fosse stata allontanata dal corpo semplicemente con un comando, il corpo sarebbe stato né più né meno mortale e corruttibile secondo la legge dei corpi. Ma perché non accadesse questo si rivestì del Verbo di Dio, che è incorporeo, e così non teme più né la morte né la corruzione, perché la vita è il suo rivestimento e in lui la corruzione è distrutta.

45. Dunque era giusto che il Verbo di Dio prendesse un corpo e si servisse di uno strumento umano per vivificare il corpo, per operare anche nell’uomo, così come si fa conoscere nel creato mediante le opere, e mostrarsi dappertutto, senza lasciare alcun essere privo della sua divinità e conoscenza. Lo ripeto, riallacciandomi a quanto ho detto prima: il Salvatore ha fatto questo per riempire tutti gli esseri della conoscenza di lui, come riempie tutte le cose essendo presente dappertutto. Così dice appunto la divina Scrittura: «Tutta la terra fu riempita della conoscenza del Signore»107. Se si alza lo sguardo al cielo, si vede l’ordine stabilito da lui; se non si può guardare al cielo ma ci si china verso gli uomini, si vede la sua incomparabile potenza sugli uomini e si riconosce che tra gli uomini egli solo è il Dio Verbo. Se ci si volge ai demoni e ci si lascia turbare per questo, si vede che egli li scaccia e si riconosce che ne è il Signore; se ci si inabissa nella natura delle acque pensando che siano Dio, come gli Egizi che onorano l’acqua, si vede che egli ne trasforma la natura e si riconosce che il Signore è creatore delle acque. Se si scende nell’Ade e si rimane attoniti di fronte agli eroi discesi laggiù, considerandoli dèi, si vede che ha già conseguito la risurrezione e la vittoria sulla morte e si considera che anche tra di loro solo Cristo è il vero Signore e Dio. Il Signore, infatti, è venuto in contatto con tutte le parti del creato e le ha liberate e allontanate tutte da ogni inganno, come dice Paolo: «Dopo aver spogliato i principati e le potestà, trionfò su di loro sulla croce»108, perché nessuno possa più essere ingannato, ma trovi dappertutto il vero Verbo di Dio. Così l’uomo, trovandosi chiuso da ogni parte e vedendo la divinità del Verbo dispiegata dappertutto, cioè in cielo, nell’Ade, nell’uomo e sulla terra, non si inganna più nella conoscenza di Dio, ma adora lui solo e attraverso di lui conosce perfettamente il Padre. Verosimilmente anche i Greci si lasceranno impressionare da queste nostre ragionevoli considerazioni; ma se pensano che questi ragionamenti non siano sufficienti per confonderli, diano credito alle nostre parole almeno in base a ciò che si manifesta alla vista di tutti.

2. I fatti

46. Quando gli uomini cominciarono ad abbandonare il culto degli idoli se non da quando è venuto tra gli uomini il vero Verbo di Dio? Quando sono cessati e divenuti vani gli oracoli diffusi tra i Greci e in ogni luogo se non quando il Salvatore è apparso fin sulla terra? Quando cominciarono ad essere riconosciuti come semplici uomini mortali i sedicenti dèi ed eroi celebrati dai poeti, se non quando il Signore riportò la vittoria sulla morte e conservò incorruttibile il corpo che aveva preso, risuscitandolo dai morti? Quando furono disprezzati l’inganno e la follia dei demoni, se non quando il Verbo, che è la potenza di Dio, il Signore di tutti e di questi, accondiscese ad apparire sulla terra per l’infermità degli uomini? Quando cominciarono ad essere calpestate l’arte e l’insegnamento della magia, se non quando avvenne la divina manifestazione del Verbo tra gli uomini? In una parola, quando la sapienza dei Greci si è rivelata folle, se non quando si manifestò sulla terra la vera Sapienza di Dio? Prima tutta la terra ed ogni luogo erano traviati dal culto degli idoli e gli uomini consideravano dèi nient’altro

107 Is. 11, 9.108 Col. 2, 15.

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che gli idoli. Ora invece su tutta la terra gli uomini abbandonano il superstizioso culto degli idoli e si rifugiano in Cristo; e adorandolo come Dio, attraverso di lui conoscono anche il Padre che non conoscevano. E, cosa mirabile! -, sebbene i culti siano diversi ed infiniti ed ogni luogo abbia il suo proprio idolo, per cui quello che è denominato dio non è capace di passare nella regione limitrofa per persuadere i vicini ad adorarlo, che anzi a mala pena è adorato tra i suoi – nessun altro, infatti, adorava il dio del vicino, ma ciascuno custodiva il proprio idolo considerandolo il signore di tutti -, solo Cristo è uno solo presso tutti e il medesimo ad essere adorato in ogni luogo. E quello che la debolezza degli idoli non ha potuto fare, cioè persuadere gli abitanti delle regioni vicine, Cristo l’ha fatto: egli ha persuaso non solo i vicini, ma assolutamente tutta la terra, ad adorare un unico e medesimo Signore e attraverso di lui Dio suo Padre.

47. Prima tutti i luoghi erano pieni dell’inganno degli oracoli: i responsi di Delfi e Dodona, della Beozia, della Licia, della Libia, dell’Egitto e dei Cabiri e la Pizia erano ammirati dagli uomini nella loro illusione; ma ora, da quando si annuncia Cristo in ogni luogo, anche la follia di questi è cessata e non c’è più tra loro chi pronuncia oracoli. Prima i demoni ingannavano gli uomini occupando le sorgenti o i fiumi o gli alberi o le pietre e spaventavano gli stolti con i loro incantesimi; ora invece, essendo avvenuta la divina manifestazione del Verbo, questa loro ingannevole manifestazione è cessata, perché l’uomo con il semplice segno della croce109 allontana i loro inganni. Prima gli uomini consideravano dèi quelli che erano denominati dèi dai poeti, come Zeus Crono Apollo e gli eroi, e si lasciavano portare fuori strada adorandoli; ora invece, da quando è apparso tra gli uomini il Salvatore, si è compreso che quelli sono uomini mortali, mentre solo Cristo fu riconosciuto tra gli uomini come Dio, come il Dio Verbo del vero Dio. Che cosa si potrebbe dire della magia da loro ammirata? Essa, prima che venisse il Verbo, era forte ed operava presso gli Egizi, i Caldei e gli Indi e spaventava quelli che la vedevano, ma alla venuta della verità e alla manifestazione del verbo, anche questa è stata smascherata e distrutta completamente.

Per quanto poi riguarda la sapienza dei Greci e la magniloquenza dei filosofi penso che nessuno ci domandi un lungo discorso, avendo tutti davanti agli occhi questo fatto mirabile: mentre i sapienti greci hanno scritto tante opere senza riuscire a persuadere neanche pochi tra i loro vicini a credere nell’immortalità e a praticare la vita secondo virtù, Cristo da solo con parole semplici e mediante uomini che non erano sapienti nel parlare ha persuaso in tutta la terra grandi raggruppamenti di uomini a disprezzare la morte e pensare all’immortalità trascurando i beni temporali, ad alzare lo sguardo verso i beni eterni e a non dare alcuna importanza alla gloria terrena, cercando di conseguire solo la immortalità.

48. Questi nostri discorsi non sono semplici parole, ma derivano la prova della verità dalla esperienza stessa. Venga avanti chi vuole e consideri da una parte la testimonianza della virtù nelle vergini di Cristo e nei giovani che vivono una vita pura di castità e dall’altra la fede nell’immortalità nel così grande coro dei martiri. Venga, chi vuole una prova di ciò che è stato detto, e di fronte alla falsa apparenza dei demoni, all’inganno degli oracoli e ai prodigi della magia, si serva del segno della croce da loro deriso nominando soltanto Cristo110, e vedrà come per mezzo di lui i demoni fuggono, gli oracoli tacciono ed ogni magia ed incantesimo sono ridotti all’impotenza. Chi è mai e quanto è grande questo Cristo che con il suo nome e con la sua presenza ha oscurato e ridotto all’impotenza tutto in ogni luogo, che da solo ha prevalso su tutti e ha riempito tutta la terra del suo insegnamento? Ce lo dicano i Greci che lo deridono grandemente senza vergognarsene. Se è un uomo, come ha potuto un solo uomo superare la potenza di tutti i loro dèi e dimostrare con la sua potenza che non sono nulla? Se dicono che è un mago, come è possibile che da un

109 Anastasio ricorda spesso l’importanza del segno della croce per scacciare i demoni. Cfr. i capp. 28, 48 e 50 di questa opera e Vita di Antonio, 78.110 Cfr. Mc. 16, 17.

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mago sia ridotta all’impotenza tutta la magia, anziché piuttosto essere consolidata? Se avesse vinto alcuni uomini maghi o avesse prevalso su uno solo, giustamente avrebbero potuto pensare che superava l’arte degli altri con un’arte più potente. Ma se la sua croce ha riportato la vittoria su tutta la magia in senso assoluto e anche sul suo nome, dovrebbe essere evidente che non può essere un mago il Salvatore, che anche i demoni invocati dagli altri maghi fuggono come loro signore.

Chi è dunque? Lo dicano i Greci che esercitano il loro zelo solo nel deriderlo. Forse potrebbero dire che era anch’egli un demone e per questo era forte. Ma, ciò dicendo, si procureranno una grande derisione, perché basteranno le dimostrazioni precedenti a farli arrossire. Infatti, come può essere un demone colui che scaccia i demoni? Ma se avesse semplicemente scacciato alcuni demoni inferiori grazie al principe dei demoni, come gli dicevano i Giudei per oltraggiarlo111; se invece con il suo nome si allontana e si scaccia tutta la follia dei demoni, evidentemente in questo si ingannano e il nostro Signore e Salvatore Cristo non è, come essi pensano, una potenza demoniaca. Dunque, se il Salvatore non è semplicemente un uomo né un mago né un demone, ma con la sua divinità ha annientato ed oscurato le invenzioni dei poeti, le false apparenze dei demoni e la sapienza dei Greci, è chiaro – e tutti lo ammetteranno – che egli è veramente il Figlio di Dio112, essendo il Verbo la Sapienza e la Potenza del Padre. Per questo le sue opere non sono umane ma sovrumane e si riconoscono come vere opere di Dio sia a partire dai fatti stessi sia al confronto con le opere degli uomini.

49. Quando mai è esistito un uomo che si formò un corpo da una vergine soltanto? Quando mai un uomo curò malattie così grandi come quelle che curò il comune Signore di tutti? Chi restituì ciò che mancava per nascita e fece sì che acquistasse la vista un cieco nato? Asclepio fu deificato da loro poiché esercitò l’arte della medicina e scoprì delle erbe per curare i corpi ammalati, non però producendole egli stesso dalla terra ma scoprendole con la scienza che derivava dalla natura. Ma cos’è questo di fronte a ciò che fece il Salvatore, il quale non curò le ferite, ma dette l’esistenza e restaurò la creatura umana? Eracle è adorato dai Greci come dio perché combatté con uomini uguali a lui e uccise i mostri con l’inganno. Ma che cos’è tutto questo di fronte a ciò che fece il Verbo, che allontanava dagli uomini le malattie, i demoni e perfino la morte? Dioniso è onorato da loro perché ha insegnato agli uomini l’ubriachezza, mentre il vero Salvatore e Signore dell’universo, che ci ha insegnato la temperanza, è da loro deriso. Ma lasciamo stare tutto questo. Che dire di fronte agli altri miracoli della sua divinità? Alla morte di quale uomo il sole si oscurò e la terra tremò? Ecco, gli uomini muoiono adesso e sono morti nel passato; ma quando mai è avvenuto per loro un tale prodigio? Oppure, tanto per tralasciare le azioni compiute dopo la risurrezione del suo corpo, quando mai l’insegnamento di un uomo ha avuto vigore da un confine all’altro della terra, rimanendo sempre uno e il medesimo, così che l’adorazione di lui si è diffusa su tutta la terra? Oppure, perché se, com’essi pensano, Cristo è soltanto uomo e non Dio Verbo, i loro dèi non impediscono che l’adorazione di lui passi nelle regioni dove abitano loro, mentre invece il verbo viene, con il suo insegnamento fa cessare il loro culto e confonde la loro falsa apparenza?

50. Prima di lui sono esistiti molti re e tiranni sulla terra; ed è accertato che esistessero molti maghi e sapienti presso i Caldei, gli Egizi e gli Indi. Chi mai tra questi, non dico dopo la morte ma quand’era ancora in vita, poté avere tanta forza da riempire tutta quanta la terra del suo insegnamento ed allontanare dal superstizioso culto degli idoli una moltitudine così grande, come quella che il nostro Salvatore ha convertito a sé dagli idoli? I filosofi greci hanno scritto molto con capacità di persuadere ed arte letteraria, ma che cosa hanno dimostrato di fronte alla croce di Cristo? Fino alla loro morte le loro ingegnose teorie ebbero la forza di persuadere, ma anche quand’erano ancora vivi ebbero contrasti tra loro sulle dottrine che ritenevano

111 Mt. 9, 34; 12, 24; Mc. 3, 22; Lc. 11, 15; Gv. 8, 48-52.112 Cfr. 1 Cor. 1, 24; Gv. 1, 1.

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sicure e disputando contendevano gli uni contro gli altri. Il Verbo di Dio, invece – e questa è la cosa più mirabile! – insegnando con parole semplici oscurò i più grandi sofisti, annientò i loro insegnamenti attirando tutti a sé ed ha riempito le sue chiese. Ed è mirabile che, abbassandosi come uomo fino alla morte, annientò la magniloquenza dei sapienti a riguardo degli idoli. Chi mai scacciò i demoni con la sua morte? Di fronte alla morte di chi si spaventarono i demoni come di fronte alla morte di Cristo? Quando si pronuncia il nome del Salvatore113, subito si allontana ogni demone. Chi liberò gli uomini dalle passioni così che gli impudichi divenissero casti, gli omicidi non impugnassero più la spada e quanti erano dominati dalla paura divenissero coraggiosi? In una parola, chi persuase i barbari e gli uomini che abitano nella regione dei pagani ad abbandonare la loro follia e coltivare pensieri di pace se non la fede di Cristo e il segno della croce? Chi altro ha dato agli uomini la sicurezza della immortalità come la croce di Cristo e la risurrezione del suo corpo? I Greci, sebbene abbiano escogitato tante menzogne, non poterono tuttavia immaginare la risurrezione dei loro idoli, non potendo affatto concepire che sia possibile che il corpo torni ad esistere ancora dopo la morte. In questo si possono benissimo approvare, perché con queste considerazioni essi denunciarono la debolezza della loro idolatria e dettero a Cristo la possibilità di farsi conoscere da tutti in base a questo come il Figlio di Dio.

51. Quale uomo, dunque, dopo la sua morte o quando ancora viveva, ha dato insegnamenti sulla verginità pensando che quest virtù potesse esistere tra gli uomini? Eppure Cristo nostro Salvatore e re di tutti fu tanto efficace nell’insegnamento di questa virtù che fanciulli non ancora giunti all’età legale professano la verginità che è al di sopra della legge. Quale uomo mai poté andare così lontano da giungere fino agli Sciiti ed Etiopi o ai Persiani o Armeni o Goti o a quei popoli di cui si dice che abitano al di là dell’oceano o sopra l’Ircania o addirittura fino agli Egiziani e ai Caldei, popoli che praticano la magia e sono superstiziosi oltre misura e di costumi selvaggi, e predicare la virtù, la continenza e contro il culto degli idoli, come il Signore di tutti, la Potenza di Dio, il nostro Signore Gesù Cristo? Egli non solo predicò mediante i suoi discepoli, ma li persuase nell’animo ad abbandonare la brutalità dei costumi e a non adorare più gli dèi patrii, ma riconoscere lui e attraverso di lui onorare il Padre. Prima, quando adoravano gli idoli, i Greci e i barbari combattevano gli uni contro gli altri ed erano crudeli contro quelli della loro stirpe. Non era assolutamente possibile attraversare la terra o il mare senza armarsi di spade per combattere senza posa gli uni contro gli altri. Infatti, tutto il tempo della loro vita passava tra le armi; usavano la spada al posto del bastone114 e in essa riponevano tutto il loro sostegno115. Veramente, come ho detto prima, servivano gli idoli e offrivano sacrifici ai demoni, ma tuttavia coloro che pensavano così non poterono liberarsi dal superstizioso culto degli idoli. Ma quando passarono all’insegnamento di Cristo, allora miracolosamente, come se fossero stati trafitti veramente nell’animo116, abbandonarono la crudeltà delle stragi e non pensano più alle guerre, ma da allora pensano solo alla pace e non desiderano altro che l’amicizia.

52. Chi è dunque colui che ha fatto questo? Chi è colui che ha unito per la pace coloro che si odiavano gli uni gli altri se non il diletto Figlio del Padre, il comune Salvatore di tutti Gesù Cristo, il quale per il suo amore sopportò tutto per la nostra salvezza? Infatti da molto tempo era stato profetato che da lui sarebbe stata istaurata la pace, perché la Scrittura dice: «Spezzeranno le loro spade per farne aratri e le loro lance per farne falci; un popolo non prenderà più la spada contro un altro popolo e

113 Cfr. Mc. 16, 17.114 Cfr. Sal. 23, 4.115 Cfr. Prov. 14, 26.116 Cfr. At. 2, 37.

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non impareranno più a combattere»117. E questo non è incredibile, dal momento che anche ora i barbari, che hanno per natura costumi selvaggi e sacrificano ancora agli idoli, infuriano gli uni contro gli altri e non sono capaci di restare un solo momento senza spada, mentre quando ascoltano l’insegnamento di Cristo, subito anziché alle guerre si volgono all’agricoltura, anziché armare le mani con le spade le distendono per la preghiera: in una parola, anziché combattere gli uni contro gli altri, si armano contro il diavolo e i demoni per combatterli con la temperanza e la virtù dell’anima. Ora questa è la prova della divinità del Salvatore: ciò che gli uomini non hanno potuto apprendere quando adoravano gli idoli, l’hanno appreso da lui, e questa è una prova non piccola della debolezza e della nullità dei demoni e degli idoli. Appunto perché conoscevano la propria debolezza, i demoni spinsero gli uomini a combattere tra di loro perché, cessando di combattere gli uni contro gli altri, non si volgessero a combattere contro i demoni. Certamente, i discepoli di Cristo, non combattendo più tra di loro, stanno schierati contro i demoni con i loro costumi e le loro azioni virtuose, scacciano i demoni e deridono il diavolo che li guida, così che da giovani sono temperanti, nelle prove sono pazienti, nelle fatiche forti, sopportano di essere oltraggiati e non hanno paura di essere derubati; e – cosa mirabile – disprezzano la morte e divengono martiri di Cristo.

53. E per dire una cosa che è una prova mirabile della divinità del Salvatore, quale uomo mai – o mago o tiranno o re – poté impegnarsi in un’impresa così grande e combattere contro tutta l’idolatria, tutto l’esercito dei demoni, tutta la magia e tutta la sapienza dei Greci, che erano tanto potenti ed essendo ancora in pieno vigore spaventavano tutti, e opporsi a tutti con una sola mossa, come il nostro Signore, il vero Verbo di Dio, il quale confutando invisibilmente l’errore di ciascuno, da solo porta via come preda tutti gli uomini e tutti gli avversari, così che quelli che adoravano gli idoli adesso li calpestano, quelli che si erano lasciati incantare dalla magia ne bruciano i libri118 e i sapienti preferiscono a tutto l’interpretazione dei vangeli? Abbandonano quelli che adoravano prima e, confessando che è Dio, adorano Cristo che prima deridevano perché è stato crocifisso. i loro sedicenti dèi si scacciano con il segno della croce, mentre il Salvatore crocifisso è proclamato Dio e Figlio di Dio su tutta la terra. Gli dèi adorati dai Greci sono da loro rifiutati come vituperevoli, mentre quanti accolgono l’insegnamento di Cristo conducono una vita più pura di loro.

Se queste e simili gesta sono umane, dimostri chi vuole che tali furono anche le gesta compiute dai suoi predecessori, e ce ne persuadano; se queste invece non appaiono e non sono opere di uomini ma di Dio, perché gli infedeli sono così empi non riconoscendo come Signore colui che le ha compiute? Sono nella stessa condizione di chi a partire dalle opere della creazione non riconosce Dio che ne è creatore. Infatti, se avessero riconosciuto la sua divinità a partire dalla sua potenza su tutte le creature, avrebbero anche riconosciuto che le opere di Cristo compiute mediante il suo corpo non sono umane, ma del Salvatore di tutti, il Verbo di Dio. «Se l’avessero conosciuto – come dice Paolo -, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria»119.

54. Dunque, come chi vuol vedere Dio, che è invisibile per natura e non può essere affatto visibile, lo comprende e lo conosce a partire dalle opere, così colui che non vede Cristo con l’intelletto, lo conosca a partire dalle opere del suo corpo ed esamini se sono umane o di Dio. Se sono umane, le derida pure; se invece si riconosce che non sono umane ma di Dio, non rida di ciò che non deve essere deriso, ma consideri piuttosto con ammirazione che mediante una realtà così semplice sono stati rivelati a noi i misteri divini, che mediante la morte è giunta per tutti l’immortalità e mediante l’incarnazione del Verbo si è conosciuta la provvidenza universale e il Verbo stesso di Dio, che ne è il capo e l’artefice. Infatti, egli divenne uomo affinché noi fossimo

117 Is. 2, 4.118 Cfr. At. 19, 19.119 1 Cor. 2, 8.

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deificati; egli si rivelò mediante il corpo affinché noi potessimo avere un’idea del Padre invisibile; egli sopportò la violenza degli uomini affinché noi ereditassimo l’incorruttibilità. Certo, egli non riceveva alcun danno, essendo impassibile, incorruttibile, il Verbo–in-sé e Dio, ma nella sua impassibilità proteggeva e salvava gli uomini che patiscono, per i quali appunto sopportò tutto questo. In una parola, le gloriose gesta compiute dal Salvatore mediante la sua incarnazione sono di tal genere e tanto grandi che chi le volesse raccontare assomiglierebbe a coloro che, volgendo lo sguardo verso la distesa del mare, ne volessero contare le onde. Come non si possono abbracciare con lo sguardo tutte le onde perché quelle che sopraggiungono superano la percezione di colui che tenta di contarle, così colui che vuole abbracciare tutte le gloriose gesta compiute da Cristo nel suo corpo, non può comprenderle tutte nel suo conto, perché quelle che superano la sua percezione sono più numerose di quelle che crede di aver afferrato. È meglio dunque non considerare né parlare di tutte le sue gesta, di cui non si può esprimere neanche una parte, ma ricordarne ancora una sola lasciando a te di ammirare l’insieme. Tutte, infatti, sono ugualmente ammirabili e dovunque si volga lo sguardo, lì si rimane attoniti vedendo la divinità del Verbo.

55. Dopo ciò che è stato detto sopra, è giusto che tu apprenda e consideri questo come fondamento di ciò che non è stato detto, e che tu consideri con grande ammirazione che da quando è venuto il Salvatore l’idolatria non ha più avuto sviluppo e quella che rimane diminuisce e a poco a poco cessa; la sapienza dei Greci non ha più fatto progressi e quella che rimane tende a scomparire, i demoni non ingannano più con le loro false apparenze, gli oracoli e le magie, ma appena osano o tentano, sono confusi dal segno della croce. Per dirla in breve, osserva come l’insegnamento del Salvatore cresce dappertutto, mentre tutta l’idolatria e tutte le potenze che si oppongono alla fede di Cristo ogni giorno diminuiscono, perdono la loro forza e cadono. Ciò vedendo, adora il Salvatore «che è al di sopra di tutto»120 e il potente Dio Verbo, e condanna le potenze che egli abbassa e fa scomparire. Come quando arriva il sole la tenebra non ha più vigore e, se rimane in qualche luogo, viene scacciata; così da quando è giunta la divina manifestazione del Dio Verbo, la tenebra degli idoli non ha più forza, ma tutte le parti del mondo, in ogni luogo, sono illuminate dal suo insegnamento. Se un re non si fa vedere in una certa regione ma rimane nel suo palazzo, spesso alcuni sediziosi, approfittando della sua assenza, si proclamano re e ciascuno presentandosi in atteggiamento regale inganna i semplici come se fosse re; e in tal modo gli uomini si lasciano ingannare dal nome perché sanno che c’è un re ma non lo vedono, non potendo affatto entrare dentro il palazzo. Ma quando giunge e si fa vedere il vero re, allora i sediziosi ingannatori rimangono confusi dalla sua presenza e gli uomini, vedendo il vero re, abbandonano quelli che prima li fuorviavano. Allo stesso modo, prima i demoni e gli uomini ingannavano attribuendo a sé stessi l’onore dovuto a Dio; ma da quando è apparso nel corpo il Verbo di Dio e ha fatto conoscere il Padre suo, da allora l’inganno dei demoni è scomparso ed è cessato e gli uomini, volgendo lo sguardo al vero Dio Verbo del Padre, abbandonano gli idoli e conoscono il vero Dio. E questo prova che Cristo è il Dio Verbo e la Potenza di Dio. Dal momento che le potenze umane sono cessate mentre la parola di Dio rimane, è chiaro a tutti che ciò che cessa è passeggero, mentre colui che rimane è Dio e vero Figlio unigenito di Dio.

CONCLUSIONE: ESORTAZIONE ALLO STUDIO DELLA SCRITTURA E ALLA PRATICA DELLA VIRTU’

56. O amico di Cristo, eccoti esposte da me in breve queste considerazioni: quanto basta per una esposizione elementare ed una delineazione della fede di Cristo e della sua divina manifestazione a noi. Tu, prendendo occasione da queste considerazioni, se ti capiterà di leggere i testi delle Scritture, applicando ad esse veramente il tuo intelletto, da esse conoscerai più completamente e più chiaramente l’esattezza di ciò

120 Rm. 9, 5.

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che abbiamo detto. Esse, infatti, furono pronunciate e scritte da Dio mediante uomini teologi, e noi, dopo aver imparato dai maestri teologi121 che le hanno lette, i quali sono stati appunto testimoni della divinità di Cristo, trasmettiamo questo insegnamento anche al tuo desiderio di apprendere. Conoscerai anche la sua seconda manifestazione a noi, che sarà gloriosa e veramente divina, quando verrà non più nell’umiltà ma nella gloria che gli è propria, quando verrà non più per patire ma per dare a tutti il frutto della sua propria croce, voglio dire la risurrezione e l’incorruttibilità. Non sarà più giudicato ma giudicherà tutti secondo le azioni che ciascuno ha compiuto mediante il suo corpo, sia buone che cattive. Allora ai buoni sarà riservato il regno dei cieli, mentre a coloro che hanno compiuto opere cattive sarà riservato il fuoco eterno e la tenebra esteriore. Infatti il Signore stesso dice: «Io vi dico: d’ora in poi vedrete il Figlio dell’uomo assiso alla destra della potenza e venire sulle nubi del cielo nella gloria del Padre»122. Perciò è salutare il detto che ci prepara a quel giorno e dice: «Siate pronti e vegliate, poiché verrà in un’ora che voi non conoscete»123. Infatti, secondo il beato Paolo, «tutti devono presentarsi davanti al tribunale di Cristo affinché ciascuno riceva, secondo quello che ha compiuto con il corpo, il bene o il male»124.

57. Ma oltre allo studio e alla vera conoscenza delle Scritture c’è bisogno di una vita retta e di un’anima pura e della virtù secondo Cristo, affinché, camminando nella virtù, l’intelletto possa raggiungere e comprendere ciò che desidera, per quanto la natura umana può comprendere del Dio verbo. Infatti, senza un intelletto puro e una vita modellata sui santi non si possono comprendere le parole dei santi. Come chi vuol vedere la luce del sole deterge sempre ed espone alla luce il suo occhio, purificandosi in modo da divenire simile all’oggetto del suo desiderio, affinché l’occhio, divenuto luce, veda la luce del sole, oppure chi vuol vedere una città o una regione va sempre in quel luogo per vederla, così chi vuol comprendere il pensiero dei teologi, deve purificare e lavare l’anima con la sua vita ed avvicinarsi ai santi stessi con l’imitazione delle loro azioni, affinché, unitosi a loro mediante la condotta della vita, comprenda ciò che è stato rivelato loro da Dio e unitosi poi a loro, fugga il pericolo dei peccatori e il fuoco che li attende nel giorno del giudizio e riceva i beni riservati ai santi nel regno dei cieli: quei beni «che occhio non vide e orecchio non udì e in cuore di uomo non entrarono, i beni che sono stati preparati»125 per coloro che vivono secondo virtù e amano colui che è Dio e Padre in Cristo Gesù nostro Signore, per mezzo del quale e con il quale è al padre stesso con il Figlio stesso nello Spirito Santo, l’onore, la potenza e la gloria per i secoli dei secoli. Amen.

121 Atanasio sottolinea il carattere tradizionale del suo insegnamento appreso dai maestri della scuola di Alessandria. Si noti la parola teologi riferita agli apostoli e ai maestri di Atanasio.122 Mt. 26, 64.123 Mt. 24, 42-44.124 2 Cor. 5, 10.125 1 Cor. 2, 9.

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